Arthur Schopenhauer (1788-1860) Il mondo come volontà e

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Arthur Schopenhauer (1788-1860) Il mondo come volontà e
Arthur Schopenhauer (1788-1860)
Il mondo come volontà e rappresentazione (prima ed. 1819)
Critica dell’Idealismo:
- Contro il metodo dialettico che nasconde
la verità dietro l’illusione;
- Contro Hegel («il più grande impostore»)
il quale pretende che tutto il reale sia
razionale e conoscibile.
Afferma Schop: «Il mondo è una mia
rappresentazione». Esso dipende dal
soggetto. La materia non è nulla al di fuori
della percezione mentale.
I due aspetti della rappresentazione
sono il soggetto rappresentante e
l’oggetto rappresentato ed esistono
unicamente all’interno della
rappresentazione.
Le forme a priori danno solo una
rappresentazione onirica, illusoria e
deformata della realtà; essa è Velo di
Maya. Al di là del sogno,
dell’illusione, c’è l’essenza vera del
mondo su cui il filosofo si interroga.
Egli vuole strappare il velo di Maya,
guardare in faccia la verità.
La Volontà è padrona della razionalità,
essa diventa coscienza nell’uomo ma è la
cosa in sé, il noumeno di tutto l’universo.
È una forza cieca, irrazionale, senza
scopo, che si manifesta nelle forze della
natura (uragano) come nella condotta
ragionevole dell’uomo (diritto) che sono
solo gradi diversi della stessa Volontà.
Per Schopenhauer ogni buona filosofia è dualistica.
I suoi filosofi di riferimento sono:
- Platone che distingue tra mondo delle idee (vero) e
mondo delle cose (apparente), tra verità ed opinione.
- Kant che distingue il fenomeno dalla cosa in sé.
NB. Il fenomeno è
- per Kant: l’unica realtà accessibile alla mente umana,
oggetto della rappresentazione di qualcosa che esiste
fuori della coscienza come cosa in sé.
- Per Schopenhauer : parvenza, illusione, sogno,
«velo di Maya», rappresentazione che esiste solo nella
coscienza.
Come per Kant, per S. la nostra mente (sistema nervoso) è
corredata di forme a priori; egli però le riduce a tre: spazio,
tempo e causalità (tutte le categorie kantiane sono riconducibili
a quest’ultima). La causalità si manifesta come principio di
ragion sufficiente:
1) del divenire (necessità fisica, rapporti causali tra oggetti)
2) del conoscere (necessità logica, premesse e conseguenze)
3) dell’essere (necessità matematica, rapporti spazio-temporali
4) dell’agire (necessità morale, azioni e motivazioni)
L’uomo è un animale metafisico, può stupirsi ed interrogarsi sulla
sua esistenza, sul senso della vita, del dolore e della morte.
Egli non è solo mente (cervello), ma anche copro; non si vede dal
di fuori, ma si sente dal di dentro. Godendo e soffrendo
scopriamo che l’essenza profonda del nostro io è Volontà di
vivere (Wille zum leben), desiderio di cui il nostro corpo è solo
una manifestazione esteriore (es. stomaco che ha fame).
Essendo al di là del fenomeno e del principio
d’individuazione, la Volontà è:
- Unica, pur nella molteplicità delle sue manifestazioni .
- Eterna, energia non causata e fuori del tempo.
- Senza scopo, “vuole perché vuole”.
Miliardi di esseri non vivono che per vivere, unica
spietata verità. Non c’è un Dio che dà senso alla vita. Unico
assoluto è la Volontà.
La volontà è conflitto, è dolore tanto più forte quanto più l’uomo e intelligente e consapevole. Il conflitto
nasce dal bisogno (mancanza) che soddisfatto (piacere) porta ad una cessazione momentanea del dolore. “La
vita è un pendolo che oscilla tra dolore (desiderio) e noia (sazietà, soddisfazione), con fugaci momenti di
piacere”. La sofferenza è universale, riguarda tutti gli esseri viventi; e l’uomo soffre di più solo perché ha
maggiore consapevolezza. L’individuo è solo uno strumento della specie. La storia è cieco caso. Il progresso
un’illusione.
Anche l’amore è un’illusione. La Volontà si serve dell’amore per perpetuare la specie
attraverso l’accoppiamento. Ogni amore anche quello più nobile (es. Petrarca) ha origine
dall’appetito sessuale. Proprio lì dove pensa di realizzare il maggior piacere, l’individuo è lo
zimbello della Natura (es.mantide femmina che uccide il maschio dopo l’accoppiamento).
Una forma d’amore degna di lode è la pietà non l’eros.
X
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X X
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X (individui)
X
X X
≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈ IO ≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈
Rappr
“È meglio
non essere
nati che
vivere”
“Esistere è
soffrire”
Idee
O O O O O
O O O
WILLE
Sch. condanna il
suicidio perché:
chi si uccide:
- afferma di
voler vivere una
vita migliore.
- sopprime solo
l’individuo,
manifestazione
fenomenica della
cosa in sé
(Volontà) che
invece resta
intatta.
Le tre vie di liberazione dal dolore
- Via estetica: è la via dell’arte in cui l’artista, o lo spettatore, non vive, ma contempla la
vita nelle sue forme (“idee platoniche”), elevandosi al di là del conflitto e del dolore. A
questo livello non ci si chiede se le cose siano utili o nocive, semplicemente le si contempla
nella loro essenza ed universalità, fuori dallo spazio e dal tempo.
Nell’arte un ruolo privilegiato hanno la tragedia, autorappresentazione del dramma della
vita, e la musica, considerata la forma più alta di arte perché non riproduce le idee
mimeticamente, ma è immediata rivelazione della Volontà stessa.
In realtà l’arte non è liberazione, ma semplice conforto alla vita. Essa non libera dal bisogno
ed ha durata breve. Quel che invece bisogna fare è sopprimere in noi la “volontà di vivere”
- Via etica: si articola in giustizia, riconosco gli altri uguali a me e non faccio loro del male,
e bontà, ossia pietà, compassioni per gli uomini e per la loro infelicità, solidarietà,
disponibilità a prestare aiuto.
Ma la giustizia non annulla l’individualità (principium individuationis) e la bontà, in quanto
compatire è sempre un patire.
- Via ascetica: l’uomo cessa di volere la vita. Estirpa da sé il desiderio, si astiene dal
piacevole, mortifica la volontà attraverso il digiuno, la povertà e la castità, ideali dei saggi
indiani e dei santi cristiani. Raggiunge il Nirvana, esperienza del nulla (diverso dalla grazia
cristiana che è estasi, visione beatificante). Questo nulla al quale l’uomo perviene, come
insegnano i maestri orientali, non è il niente, bensì un nulla relativo (nihil privativum) al
mondo. Attraverso l’annullamento della volontà (Noluntas ) si raggiunge il Nirvana, un
oceano di pace, uno spazio luminoso di serenità, in cui si dissolvono le nozioni stesse
dell’«io» e del «soggetto»