Leggi tutto nel file PDF - Parrocchia S.Maria Assunta

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LA FEDE NELLA NOTTE
Donaci, Signore, la tua presenza di pace..."
è l'invocazione che fa da ritornello al salmo responsoriale di questa domenica, ma è anche
l'invocazione, spesso inespressa, che l'uomo porta nel cuore, lungo il corso della vita,
quando la sua ricerca di serenità, di sicurezza, di verità, di giustizia, e di tutto ciò che
potrebbe costituire, per lui, felicità piena, diventa faticosa salita, solitudine pesante, o,
peggio, oscurità, che evoca paura, e dolore. E' la storia di ogni uomo e di ogni donna, del
passato, del presente, e lo sarà, anche nel futuro; è, anche, la storia del profeta Elia, che
oggi, la liturgia nella prima lettura, ci ricorda.
Il profeta, perseguitato dalla regina Gezabele, fugge, per mettersi in salvo, ma il suo cuore,
in angoscia per l'infedeltà del popolo, è colmo del desiderio di incontrare Dio:" Ardo di
tanto zelo, sono le parole del Profeta, per il Signore...". Dopo aver camminato nel deserto,
per quaranta giorni e quaranta notti, Elia raggiunge il monte di Dio, l' Oreb, e, qui, ascolta
la voce del Signore, che lo invita a fermarsi alla sua presenza; il profeta attende di vivere
questa intensa esperienza di Dio, quel Dio, le cui manifestazioni avvenivano, o erano
percepite, attraverso gli sconvolgimenti della natura, quelle che il Salmista così descrive:
" Il Signore tuona sulle acque,
il Dio della gloria scatena il tuono
Il Signore schianta i cedri del Libano
Il Signore scuote il deserto di Kades
e spoglia le foreste...."
Ma, questo stesso Signore, continua il Salmista:
"....darà forza al suo popolo,
benedirà il suo popolo nella pace."Sal. 28)
Sarà, appunto, quest' ultima, l'esperienza di Elia, dopo aver atteso, invano, la rivelazione del
suo Signore nel "vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti", nel terremoto, e nel
fuoco; il Signore, infatti, non si fa percepire attraverso quegli eventi terrificanti; Egli è il
Dio della pace, e il profeta lo incontra nel "mormorio di un vento leggero".
L' esperienza di Dio è, dunque, un'esperienza intensa di pace; è la certezza di un'
accoglienza che mai vien meno, di un rifugio sicuro, e incrollabile come una roccia, perché
la presenza di Dio è tenera e forte insieme, come quella di una madre, che tiene tra le
braccia il suo bambino, e lo segue nei suoi primi passi, incerti e vacillanti, pronta a
risollevarlo, se cade, e a ridargli fiducia, perché riprenda a camminare sicuro. E' questo il
Dio che chiama alla conoscenza, all' amicizia e alla comunione con sè; Egli non cessa mai
di rivelarsi, attraverso segni, finché nella " pienezza dei tempi", si farà incontro all'uomo,
nella persona del Figlio: Gesù di Nazareth, il figlio di Maria, che si mostrerà al mondo col
volto di un bambino: l'essere più tenero e indifeso.
In Gesù di Nazareth, il Cristo, Dio si rivelerà pienamente, e mostrerà la sua vicinanza
all'uomo, facendosi fratello, amico, compagno nel cammino della vita, per condurre ognuno
alla salvezza eterna. E' quello che ci dice il passo del Vangelo di oggi, nel racconto del
Cristo che cammina sulle acque del lago di Tiberiade, e che tende la mano a Pietro, il quale
cammina, anche lui, sull' acqua, incontro al suo Signore. "Dopo che la folla si fu saziata,
recita il testo di Matteo, subito, Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo
sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla."
Mentre il Maestro si ritira a pregare in solitudine, la barca dei discepoli prende il largo,
scossa dalle onde; un evento molto frequente, specie nelle giornate più calde della stagione
estiva, quando, sul lago, si scatenano, improvvisi e violenti, i temporali; insolita fu, invece,
l'apparizione di una figura umana, che camminava sulle acque:" un fantasma!", gridarono, in
preda alla paura, quei poveri pescatori; ma la loro paura cessò, quando udirono chiaramente
la voce di Gesù che diceva: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». La visione del Maestro
che cammina sull'acqua, ricorda l' apparizione del Risorto, nella narrazione di Luca, anche
allora i discepoli, " sconvolti e pieni di paura, credettero di vedere un fantasma", ma la voce
del Maestro li rassicurò:" Perché siete turbati?...sono proprio io!". (Lc.24,37-39) L'evento
prodigioso, che il passo del Vangelo di oggi racconta, sembra un fatto insolito; sappiamo,
infatti, che Gesù non compie mai miracoli spettacolari, ma solo gesti straordinari, che hanno
lo scopo di offrire, con la salvezza fisica, quella spirituale; e, questa volta, il Maestro non ha
da guarire, né da sfamare nessuno. Il significato dell'improvvisa, prodigiosa apparizione di
Cristo che cammina sull'acqua, ha tuttavia un significato profondo: si tratta, infatti, di una
teofania, una rivelazione della divinità di Gesù, Figlio di Dio, Signore del Creato e
Salvatore dell'uomo; «Tu sei veramente il Figlio di Dio!», esclameranno, infatti, i discepoli
che erano sulla barca, prostrandosi davanti a Lui. Ai suoi, che lo avevano scambiato per un
fantasma, e gridavano impauriti, Gesù aveva detto quelle parole rassicuranti: «sono io, non
abbiate paura!»; ad esse, però, fa eco la domanda di Pietro: «Signore, se sei tu, comanda che
io venga da te sulle acque»; è una domanda che assomiglia ad una sfida, o, semplicemente,
a un modo di rassicurarsi, ma, in tutti i casi, è la richiesta di un miracolo, che Gesù accetta;
ed ecco Pietro camminare sull'acqua: un' esperienza, sicuramente, esaltante, fino a che non
si sente affondare. Pietro non sapeva, che la sua domanda, un po' puerile, aveva un
significato più profondo, non si trattava di far giochi da circo, si trattava di riuscire a
camminare, indenne, tra le onde dell'esistenza, tra le insidie del male, questo, infatti,
significano le acque agitate, tra le quali si deve camminare, senza affondare, senza venir
tragicamente travolti. Solo Dio, può tenderci la mano e trarci in salvo, e Cristo Gesù, con
questo evento prodigioso, ce lo insegna. Si, Gesù è il Figlio di Dio, che salva, che ci
consente di raggiungerlo, anche quando tutto sembra dividerci da Lui, ma ciò è possibile
solo nella fede, se viviamo affidati a Lui, come tenuti per mano da Lui, il Signore, che non
ci lascia affondare tra le pericolose acque del male, che, sempre, insidiano la nostra vita. Un
giorno i discepoli chiederanno al Maestro:"...chi, dunque riuscirà a salvarsi?", e lui
risponderà: "Per gli uomini, ciò non è possibile; ma tutto è possibile a Dio." (Mt.19,25-26);
se, infatti, è il Figlio di Dio, il Buon Pastore, a tenderci la mano, possiamo anche camminare
sulle acque, possiamo, fuor di metafora, attraversare, le tempeste della vita, che non fa
sconti a nessuno, e raggiungere la salvezza, nell'abbraccio rassicurante del Padre. Si dice
che il bambino, che inizia a camminare da solo, se guarda davanti a sé, verso la madre o un
altro viso familiare, non cade, ma se il suo sguardo si volge altrove, o verso il basso, perde
l'equilibrio e, allora, cade, e si spaventa. Così è per ogni uomo: se il suo sguardo è fisso su
Gesù, maestro e guida, si può procedere nel percorso della vita, cavalcando anche le onde
più violente ed alte, ma, se si distoglie lo sguardo da lui, e si punta soltanto sulle proprie
capacità, se l'affidamento a Lui non è totale, è facile crollare, o affondare, quando la vita si
fa difficile, la paura ci assale, e il dolore sembra travolgerci.
" Non abbandonarci alla tentazione, ci fa pregare Gesù, ma liberaci dal male"(Mt.6,13); e a
questa richiesta, Lui risponde, sempre, prendendoci per mano, finché non abbiamo
raggiunto la meta finale della salvezza.