Risposte dell`autore ai quesiti presentati in occasione della giornata

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Risposte dell`autore ai quesiti presentati in occasione della giornata
Risposte dell’autore ai quesiti presentati in occasione della giornata di
studio organizzata dall’unione industriali di savona il 10 settembre
2008 (II parte)
Giuseppe Carmagnini
D – In che modo opera la sospensione “cautelare” prevista
dall’articolo 186, rispetto alle sanzioni accessorie che riguardano la
patente di guida ? (Il quesito è stato posto anche oralmente a
dirimere una questione sorta tra il dirigente della Prefettura
presente in aula, in risposta alle tesi di un legale, anche egli
presente alla giornata).
L’articolo 186 prevede l’applicazione di sanzioni accessorie che
riguardano la patente del conducente, ove questo ne sia munito e nel
caso in cui il reato sia commesso alla guida di veicoli che richiedono
tale titolo abilitativo. L’applicazione delle sanzioni accessorie della
sospensione o della revoca della patente sono regolate in via speciale
dell’articolo 223, comma 3, e dal successivo articolo 224, quando sono
conseguenza dell’accertamento di un reato previsto dal codice della
strada. La norma in parola prevede l’applicazione provvisoria, della
sospensione della patente fino ad un anno a cura del Prefetto, nelle more della conclusione del
procedimento penale che comporterà, con la sentenza di condanna o il decreto penale di condanna
divenuto irrevocabile, l’applicazione definitiva della sanzione accessoria commisurata alla gravità
del fatto da parte del giudice penale. Materialmente sarà il Prefetto ad irrogare la sanzione decisa
dal giudice, tenendo conto del periodo già applicato in via provvisoria che, ove contenuto nella
misura irrogata dal giudice, sarà sottratto e rimarrà così applicato solo il periodo di sospensione
residuale (sospensione definitiva - sospensione provvisoria). Ovviamente, ove non vi sia il
contenimento, la patente non verrà sospesa. Nei casi di revoca, il prefetto provvederà
all’applicazione della sanzione accessoria senza necessità di calcolare il periodo di sospensione
provvisoria già applicato.
Quindi, non pare possano sorgere dubbi sul fatto che il Prefetto, salva l’evidenza di errori
dell’organo accertatore, sia vincolato nell’an quanto alla applicazione della sospensione
provvisoria, rimanendo invece vincolato ai limiti edittali riguardo al quantum della interdizione, nei
limiti della motivazione e della ragionevolezza.
Il problema, oggetto del quesito, è sorto con la lettura del comma 8 dell’articolo 186, nella parte in
cui si legge che con l'ordinanza con la quale viene disposta la sospensione della patente ai sensi
dei commi 2 e 2-bis, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi
dell'articolo 119, comma 4, che deve avvenire nel termine di sessanta giorni. Qualora il
conducente non vi si sottoponga entro il termine fissato, il prefetto può disporre, in via
cautelare, la sospensione della patente di guida fino all'esito della visita medica.
Inoltre, il comma 9 prescrive ulteriormente che qualora dall'accertamento di cui ai commi 4 e 5
risulti un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, ferma
restando l'applicazione delle sanzioni di cui ai commi 2 e 2-bis, il prefetto, in via cautelare,
dispone la sospensione della patente fino all'esito della visita medica di cui al comma 8.
L’avvocato ha ritenuto che nel comma 8 si ravvisi la facoltà del prefetto di sospendere la patente,
confondendo la sospensione cautelare con quella provvisoria prevista dall’articolo 223, comma 3,
che, come ho precisato, è invece vincolata nell’an.
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
Nonostante la legittima insistenza del legale, appare evidente come da un lato sia il comma 8 che il
comma 9 fanno espressamente salva l’applicazione delle sanzioni accessorie, nel primo caso
perché la visita medica collegiale è disposta già con l’ordinanza di sospensione provvisoria della
patente e solo in caso di inadempienza il prefetto potrà (facoltà) sospendere la patente fino all’esito
positivo della verifica e nel secondo caso, anche perché è precisato che la sospensione sino all’esito
della visita medica si applica in via cautelare (obbligatoria nei casi di ebbrezza grave), ferma
restando l’applicazione delle sanzioni di cui ai commi 2 e 2 bis dell’articolo 186, tra le quali,
ovviamente, anche la sanzione accessoria della sospensione della patente (e della revoca che però
non da luogo a revisione, ovviamente).
Quindi, la sospensione provvisoria, nei casi del comma 8 (ebbrezza fino a 1,5 g/l e inottemperanza
all’obbligo di sottoporsi alla visita collegiale nei termini fissati), può concorrere con quella
cautelare sino all’esito positivo della visita in commissione medica, in quanto la sospensione
provvisoria è regolata dall’articolo 223, comma 3 come provvedimento indefettibile nell’an, e
vincolata nel limite massimo di un anno, mentre quella cautelare rimane relata nel comma 8 come
provvedimento facoltativo, in caso di inottemperanza all’obbligo di sottoporsi alla visita medica e
fino all’esito positivo della stessa. Invece, nel caso in cui l’ebbrezza sia riconducibile alla fascia più
grave (comma 2, lettera c), il comma 9 dispone direttamente la sospensione della patente in via
cautelare, sino all’esito della visita collegiale, congiuntamente alla sospensione provvisoria di cui
all’articolo 223, comma 3 del codice della strada. Vale a dire che la prima misura provvisoria è una
sospensione a tempo obbligatoria, anticipatrice di quella definitiva irrogata con la sentenza o
decreto penale di condanna, mentre quella cautelare, simile alla sospensione a tempo indeterminato
applicata dall’Ufficio provinciale della motorizzazione civile, ha una scadenza limitata al compiersi
di una determinata attività, cioè alla dimostrazione del possesso dei requisiti psicofisici richiesti per
il conseguimento ed il mantenimento della patente.
D – può un residente in Italia guidare un veicolo immatricolato nel Principato di Monaco, di
proprietà di un residente in questo Stato e temporaneamente nel nostro Paese per motivi
turistici ?
La materia va inquadrata sotto un duplice aspetto: quello del codice della strada, di diretta
competenza degli organi di cui all'articolo 12 del D.lgs 30 aprile 1992, n.285 e quello del codice
doganale, materia di pertinenza della Polizia Tributaria, alla quale vanno segnalate le eventuali
violazioni riscontrate, salvo procedere agli atti urgenti eventualmente richiesti dalla fattispecie
accertata. Sono inoltre possibili violazioni tributarie, quali, ad esempio, quella dell'evasione
dell'IVA o della tassa di circolazione.
In sostanza, il nuovo codice ripropone la disciplina degli articoli 95 e 97 del vecchio Testo Unico
del 1959, agli articoli 132 e 134, senza ovviare ad alcune lacune che già si erano evidenziate con il
vecchio codice della strada.
L'interpretazione delle due norme resta difficile, in quanto, il testo stesso degli articoli 132 e 134 e
la combinata lettura con il codice doganale forniscono motivi di dubbio, tant'è che la dottrina più
autorevole si trova in alcuni casi in contrasto.
Il regime di importazione temporanea, al quale sarebbe riconducibile in astratto il caso (ma
vedremo l’eccezione) fa riferimento alla convenzione di New York del 4 giugno 1954 (ratificata
con l 27 ottobre 1957, n.1163) che tratta la disciplina doganale dei veicoli appartenenti a persone
che hanno la loro normale residenza fuori del territorio doganale (1).
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
Quindi se si tratta del veicolo immatricolato all'estero ed introdotto in Italia in regime di temporanea
importazione, per motivi turistici o altro, da parte di cittadino residente all'estero occorre rifarsi alla
Convenzione internazionale se il mezzo appartiene a persone che risiedono fuori dal territorio
doganale.
Oltre al residente all'estero in visita turistica, possono beneficiare del regime di importazione
temporanea:
a) i rappresentanti di commercio;
b) i proprietari o affittuari di una casa in Italia, di un appartamento o di una villa, anche se risiedono
qualche mese all'anno in Italia;
c) i malati che soggiornano in Italia per ragioni di salute;
d) i cittadini italiani residenti all'estero che effettuano solo brevi soggiorni in Italia;
e) gli studenti che terminano gli studi o che seguono dei corsi;
f) le persone che si recano in Italia regolarmente o abitualmente, purché siano residenti all'estero;
g) le persone che si recano in Italia a scopo professionale;
h) le persone che visitano l'Italia per affari;
i) rappresentanti di una ditta commerciale che si rechino in Italia per sorvegliare i lavori in corso.
Non possono beneficiare del regime d'importazione temporanea:
a) le persone che sono iscritte nei registri della popolazione dei Comuni d'Italia, fatta eccezione per
i lavoratori italiani stabilmente all'estero che abbiano però mantenuto l'iscrizione nel proprio
Comune;
b) le persone che, indipendentemente dalla causa del loro soggiorno in Italia, vi esercitano una
attività professionale in modo permanente, così da poter essere considerate come aventi la loro
residenza principale in Italia (esempio: una persona che abita in una regione di frontiera di un Paese
confinante ed esercita la sua professione nella regione di frontiera italiana; una persona straniera o
italiana che esercita la sua attività professionale in Italia e che abita in un Paese vicino dove rientra
tutti i giorni o ogni settimana).
Condizione primaria è comunque la residenza fuori dal territorio doganale, riferita al titolare,
ma anche al conducente (2), che può essere parente del proprietario entro il terzo grado (3) o
persona delegata (4) (la delega non è necessaria se il titolare è a bordo) sempre residente all'estero.
La mancanza di uno o più dei requisiti che permettono il regime della temporanea importazione, ai
sensi dell'art. 216 del codice doganale, comporta la realizzazione del reato di contrabbando
(depenalizzato per l'evasione di oneri doganali inferiori a sette milioni delle vecchie lire).
Secondo la convenzione di New York del 4 giugno 1957 ratificata con L. 27 ottobre 1957, n.1163 è
ammessa la permanenza di tali veicoli (che hanno la targa del paese non comunitario in cui sono
stati immatricolati) per un periodo non superiore a sei mesi nel corso di un anno, anche non
continuati.
Non è possibile l'utilizzo commerciale (dietro corresponsione di compenso per il servizio prestato:
taxi, servizio di linea etc) del veicolo.
È ammessa la guida da parte di un residente in Italia solo in particolari casi di forza maggiore: la
Cassazione ha ritenuto insussistente il reato di contrabbando di un veicolo in regime di temporanea
importazione, ma affidato alla guida ad un conducente residente in Italia, da parte del proprietario
ricoverato presso un ospedale a causa di sopravvenuta malattia.
Venendo al particolarissimo caso del veicolo immatricolato nel Principato di Monaco, si osserva
che questo Stato, pur non essendo appartenente allo Spazio Economico Europeo, rientra nel
territorio doganale della UE sia per il regime fiscale (essendo assimilato per questo alla Francia), sia
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su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
per ciò che concerne l’importazione. Infatti, non fanno parte della UE, ma rientrano nei confini
doganali comunitari, ai sensi del regolamento comunitario 2913/92:
a) territori austriaci di Jungholz e Mittelberg
b) Principato di Monaco
c) Repubblica di San Marino
d) Dipartimenti d'Oltremare francesi (DOM - Martinica, Guadalupa, Guyana francese e
Reunion)
e) Isola di Man (Gran Bretagna)
f) Isole Canarie (Spagna)
Quindi, per il veicolo immatricolato nel Principato di Monaco non può trovare applicazione il
regime della Convenzione di New York, stante l’abbattimento delle frontiere doganali in ambito
comunitario e quindi non si realizza l’illecito di contrabbando previsto dalla Convenzione se a
circolare alla guida del veicolo vi è un residente in Italia. Ovviamente, restando comunque per le
altre discipline un veicolo non appartenente allo SEE e un veicolo immatricolato all’estero, al
conducente si applicano le disposizioni dell’articolo 207 del codice della strada, che dispone il
pagamento immediato a mani dell’agente in caso di violazioni commesse con detto veicolo, ovvero
il pagamento di una cauzione pari alla metà del massimo edittale previsto per la violazione
commessa. Dal punto di vista assicurativo, i veicoli immatricolati nel piccolo Stato, sono assimilati
ai veicoli Francesi e godono del particolare regime di presunzione di assolvimento dell'obbligo di
assicurazione, in attuazione dell'articolo 125, comma 7, del codice, per i veicoli a motore
immatricolati in Stati esteri, che circolano temporaneamente nel territorio della Repubblica italiana,
come stabilito dall’articolo 5 del regolamento 1 aprile 2008, n. 86.
(1) (convenzione di New York del 4 giugno 1954, resa esecutiva con l. 27 ottobre 1957, n. 1163) la
nozione di “residenti all'estero” è intesa come abituale residenza di lavoro; così che al cittadino
residente anagraficamente in Italia, emigrato all'estero per lavoro è concesso di importare in regime
di esenzione doganale un autoveicolo per fini personali; tale agevolazione cessa con la vendita
dell'autoveicolo.
Cass. pen., 5/10/1982
Concetto di normale residenza all'estero – si intende nel senso di abituale dimora all'estero,
caratterizzata dall'elemento della permanenza in tale luogo e da quello (soggettivo) della volontà
esplicita di abitarvi stabilmente, senza che abbia importanza il fatto che il soggetto si allontani
anche per periodi lunghi per motivi di lavoro purché lo stesso mantenga il centro dei propri rapporti
familiari e sociali e vi faccia abitualmente rientro.
Cass. pen., sez. III, 1998, n. 1933.
(2) L'affidamento a un cittadino residente in Italia di un veicolo in temporanea importazione
configura il reato di contrabbando (art. 216 d. p. r. 23 gennaio 1973, n. 43) in quanto si verifica un
uso al di fuori delle condizioni previste nell'art. 1 della convenzione di New York del 4 giugno
1954.
Trib. Palermo, 29 gennaio 1982
(3) Il conducente ed il proprietario di veicolo in importazione temporanea commettono il reato di
contrabbando nel caso in cui quest'ultimo abbia autorizzato il primo alla guida dello stesso, nella
consapevolezza che il conducente non ha la residenza normale fuori dal paese di importazione. Non
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
sono autorizzati all’uso del veicolo in importazione temporanea nemmeno i componenti della c.d.
“famiglia nucleare o cellulare”, se non residenti all'estero stabilmente (anche i figli)
Cass. pen., sez. III, 7/11/1990
(4) In base all'art. 11 della convenzione di New York del 4 giugno 1954, solo chi ha la residenza
normale all'estero può usare in Italia un veicolo in importazione temporanea previa autorizzazione
da parte del proprietario.
Cass. pen., 19/11/1985
D – infine, pur non trattandosi di un quesito, quanto piuttosto di una
contestazione, ben accetta da chi scrive, anche perché, al di là della
veemenza propria di un avvocato agguerrito, l’osservazione è stata
proposta con acume e intelligenza, ho ritenuto di trattare la questione
del conducente che, pur essendo in tutta evidenza alterato nell’azione
di guida di un veicolo, non dimostri che la sua condizione è dovuta
all’ebbrezza (anche risultando negativo all’etilometro), né che questo
stato sia da attribuirsi ad una sostanza tabellare (evidenziando
l’assunzione di sostanze che pur non essendo giuridicamente definibili
stupefacenti o psicotrope, ne hanno gli effetti, ovvero palesando uno
squilibrio grave dal punto di vista psicofisico), in modo da non potersi
a lui ascrivere la condotta criminosa dell’articolo 186, né quella
dell’articolo 187, fermo restando il suo grave stato di alterazione,
idoneo a mettere a repentaglio la sicurezza della circolazione che il
codice della strada tutela come finalità di ordine primario perseguita dallo Stato.
L’avvocato, alla mia affermazione dell’applicabilità dell’articolo 115, ovvero dell’articolo 15,
comma 1 lettera a) del codice della strada, nella sua generica previsione, ha osservato che l’articolo
115 fa riferimento ai requisiti psicofisici previsti dal regolamento e alle modalità di verifica indicate
nell’articolo 119 del codice della strada e pertanto ha ritenuto di contestare la mia modesta tesi,
sostenendo probabilmente, se ho compreso, l’inapplicabilità di qualsiasi sanzione al soggetto in
esame, sulla base del ben noto principio di legalità, ovviamente conosciuto anche dallo scrivente.
R – è indubbio che la legge non vada interpretata, almeno in via di puro principio, ma applicata
secondo il senso stretto delle parole, onde non incorrere nella tentazione di sostituirsi ad essa o
peggio ancora di procedere per analogia. Tuttavia, non pare si possa discutere sulla generica
prescrizione dell’articolo 115, comma 1 nella parte in cui richiede l’idoneità dei requisiti psicofisici
e, si badi bene, non il possesso dei prescritti requisiti, come prescritti sono invece i requisiti di età.
La distinzione non è di poco conto, se si considera che l’idoneità psicofisica è richiesta per la guida
dei veicoli, ovvero per la conduzione degli animali. È chiaro, quindi, che per guidare i veicoli non
sempre sia necessaria la patente, ovvero il certificato di abilitazione per la guida dei ciclomotori,
tanto è che esistono i velocipedi, i veicoli a trazione animale (e slitte), i veicoli a braccia, le
macchine agricole con conducente a terra e, fino al luglio del 2004, gli stessi ciclomotori. È altresì
certo che alcun titolo necessita per condurre animali da soma, da sella, da tiro, armenti, greggi e
altri raggruppamenti di animali. Quindi, come sostenere che l’idoneità alla guida va riferita ai
requisiti prescritti per ottenere la patente di guida. Quindi, un ciclista nelle condizioni del quesito
andrebbe immune da qualsiasi contestazione e ben potrebbe continuare nella sua scriteriata
condotta, visto che nessuno potrebbe ordinargli la revisione della patente che non ha e che
comunque non gli serve.
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
Sempre a mio sommesso parere, l’idoneità va rapportata, ovviamente con la dovuta prudenza, ad un
criterio di comune conoscenza di quelli che sono i requisiti per guidare in sicurezza, senza che si
possa ritenere che i requisiti necessari per il conseguimento e il mantenimento della patente siano
un parametro insuperabile per l’applicazione dell’articolo 115, quale norma residuale rispetto agli
articoli 186 o 187. Per banalizzare, in modo da spiegare l’ovvio attraverso il ricorso all’esempio
paradosso, si pensi al non vedente che guidi un velocipede; dato che il regolamento non prevede
requisiti e meno ancora visite medico-specialistiche per tale attività, allora si dovrebbe ritenere tale
condotta possibile. La risposta, almeno io così ritengo, è negativa, come è negativa quando si tratta
di conducenti abilitati affetti da evidenti stati da alterazione tali da compromettere la sicurezza della
circolazione, come chi è affetto da patologie gravemente invalidanti sotto il profilo della possibilità
di guidare, anche tralasciando chi guida con ingessature, bendature agli occhi, menomazioni o
amputazioni successive al conseguimento e precedenti al rinnovo della patente e così via
discorrendo. Ora, un conducente che non vede, è paralizzato, amputato o anche solo gravemente
alterato, anche e di più rispetto al semplice ebbro, forse necessita di una preventiva visita in
commissione medica perché si accerti la sua inidoneità, anche solo momentanea, alla guida di un
veicolo? Sempre a mio sommesso giudizio, la risposta è negativa e la fattispecie concreta è
riconducibile all’astratta prescrizione di cui all’articolo 115, comma 1 del codice della strada.
Ovviamente, tutto quanto detto in queste note, senza la pretesa di convincere nessuno.
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.