Lufer: in Basilicata tra le due coste

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Lufer: in Basilicata tra le due coste
PROTAGONISTI NELLA SELEZIONE
Lufer: in Basilicata
tra le due coste
di Marie Vida
L’allevamento di Palmino Ferramosca a Tramutola, in provincia di
Potenza, a metà tra le coste del
Tirreno e dello Ionio, sfrutta al meglio le sue opportunità e si pone
come realtà economicamente sostenibile e salvaguardia del territorio, confrontandosi con il mondo
globale della selezione delle vacche da latte.
“B
asilicata coast to coast” è un
film di Rocco Papaleo, attore e
regista lucano, uscito qualche anno
fa e racconta del viaggio in Basilicata
di un gruppo di artisti, a piedi e a
cavallo, appunto “da costa a costa”.
È stato girato anche a Tramutola,
proprio a metà tra le due coste, in
val d’Agri, dove si trova l’azienda di
Palmino Ferramosca. La val d’Agri è
un altopiano a 750 metri s.l.m. e lungo una ventina di chilometri, che fu
bonificato negli anni cinquanta ed è
in buona parte irriguo. Come tutta la
regione, è un territorio molto bello
dal punto di vista ambientale, ricco
di storia, di tradizione e di una fiorente produzione agricola. “Il nostro
limite – dice Palmino – è che siamo
in una zona poco densamente popolata, a 70 km da Potenza e a 100 km
sia dalle coste dello Jonio che quelle
del Tirreno. Quindi dobbiamo noi
raggiungere i mercati per vendere i
nostri prodotti.”
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Palmino Ferramosca con la moglie Esterina Bertucci ed i figli Francesco Luigi e Paolo. L’azienda Lufer si trova nella alta valle d’Agri, nel comune di Tramutola, in contrada Lagarone. Sopra: Il fertile altopiano irriguo dell’Alta Valle dell’Agri, nel sud ovest della Basilicata,
circonda l’azienda agricola della famiglia Ferramosca. Negli anni cinquanta Luigi Ferramosca, padre di Palmino, iniziò da una piccola proprietà che si è sviluppata progressivamente
negli anni con l’acquisizione di altro terreno, la costruzione di stalle, strutture e abitazioni
dei conduttori, oltre a varie innovazioni tecnologiche e scelte strategiche, come i pannelli
solari e l’impianto a biogas, che verrà costruito a breve
L’azienda agricola Ferramosca
ruota intorno all’allevamento bovino, per il quale, su 35 ettari, 21
irrigui, sono prodotti mais per insilato, triticale, due tagli di foraggio,
miscuglio di avena e loietto e cinque
tagli di erba medica. A volte, secondo
l’andamento climatico, il primo o
l’ultimo taglio vengono fasciati.
L’allevamento porta il prefisso Lufer – prefisso che nasce dalle iniziali
di Luigi Ferramosca, padre di Palmino – ed ha intrapreso con decisione
la strada del miglioramento genetico
per la sessantina di Frisone e lo stesso numero di Brune in mungitura.
Le Frisone hanno chiuso il 2012 con
una media produttiva di 10.846 kg
La stalla costruita nel 2003 è una struttura in ferro che alloggia vacche e bestiame giovane, Frisone e Brune, in numero pari. La sala mungitura 8+8 è dotata di un sistema di
rilevamento dati sensibili del latte durante mungitura, (pesatura, conducibilità, velocità di
mungitura, etc). L’azienda ha partecipato dal 2001 ad un progetto di confronto tra i vari
sistemi di rilevazione dati in mungitura svolto dall’Università della Basilicata e coordinato
da Associazione Allevatori di Potenza, che ha introdotto e impostato l’azienda sull’uso
di strumenti tecnologici per una sempre maggiore efficienza di gestione. La qualità dei
foraggi è stata un altro obiettivo intrapreso dall’azienda, oltre alla genetica e alla gestione
della mandria. Palmino Ferramosca sottolinea che i risultati raggiunti dal suo allevamento
si devono anche alla consulenza dell’Associazione Regionale Allevatori ed alla sensibilità
della Regione Basilicata, che hanno sostenuto notevoli programmi di miglioramento e che,
nonostante la situazione di crisi, continuano a portare avanti gli impegni presi
di latte – 3,57% di grasso e 3,33%
di proteine – con un trend costante
di crescita quantitativa e qualitativa
negli anni. Le Frisone sono Rank 93
con PFT medio 770 ed hanno ottimi
dati gestionali, a cominciare dal Linear score cellule di 1.99, 132 giorni
parto-concepimento e 51% di vacche gravide alla prima fecondazione.
Palmino Ferramosca sottolinea che i
risultati raggiunti, dal punto di vista
gestionale, sono frutto di grande
collaborazione con i servizi e la consulenza della Associazione Regionale
Allevatori della Basilicata, di cui è
attualmente presidente. È anche consigliere dell’Associazione Nazionale
Bruna Italiana e dell’Associazione
Italiana Allevatori.
n Quando e come è iniziata la vostra attività di maggiore selezione
genetica?
Nel 2008, l’aumento del prezzo del
latte aveva lasciato qualche guadagno in più in azienda e mi ha spinto
ad investire per poter avere in stalla
maggiore opportunità di selezione
negli animali. Mi fu proposto l’acqui-
sto di quattro embrioni di Million,
in convenzione con il programma
Royal del Ciz: fummo fortunati, con
quattro gravidanze, da cui nacquero
quattro vitelli, tre maschi ed una
femmina. I tre maschi ora sono sottoposti a prova di progenie, al Ciz e
a Inseme. La femmina è Lufer Royal
Million Beeze che ha GPFT 2104 ed
ha partorito naturalmente una vitella
di Attila. In tempi successivi acquistai un altro gruppo di embrioni di
Jordan, discendenti dal ramo canadese e da quello americano della
Leadman Mae: dal ramo canadese
è nata una vitella di Bronco Lufer,
Bronco Ellen ET, mentre dalla linea
americana, il maschio Lufer Royal
Jordan Lagarone – dal nome della
nostra contrada – è entrato al Centro
Genetico, e la femmina Lufer Royal
Jordan Lucy, che ha GPFT 2039, il
prima possibile sarà sottoposta ad
ET.
n Ha fatto test genomici ad altri
animali?
Ad una nostra vacca, Lufer Patron Patrizia, un animale di 11 anni che sta
Il caseificio aziendale lavora settimanalmente una quarantina di quintali di latte
in mozzarelle fior di latte, caciocavallo e
caciotte. Spiega Palmino Ferramosca: “La
maggior parte del latte viene conferito come latte di Alta Qualità alla cooperativa di
commercializzazione “Nuova Latte” di Eboli (Salerno), mentre il formaggio prodotto
da noi lo vendiamo direttamente ai consumatori, nel punto vendita in azienda, nei
mercatini di Campagna Amica e Italialleva
e nei negozi specializzati”
ancora in stalla e rappresenta quello
che è il mio obiettivo di selezione,
una vacca longeva, che ha partorito
ogni anno, con una mammella a
posto. I dati genomici non sono altissimi, ma mi riprometto di testare
le sue figlie. Abbiamo intrapreso la
strada della genomica e la stiamo
seguendo, allo stesso modo, anche
con la Bruna. Mi aspetto di anticipare i risultati rispetto alle prove di
progenie, che si vedono dopo 4 anni,
spero che l’attendibilità dei dati salga ancora. Tra gli obiettivi che ci eravamo posti c’è anche sviluppare un
mercato di vendita di embrioni, una
strada che sicuramente intraprenderemo in un prossimo futuro.
n Quali caratteristiche cerca nei
tori?
Lasciato da parte il latte, per il quale
tutte le Frisone hanno già raggiunto
una buona predisposizione, guardo
nel lineare dei tori la trasmissione
di mammelle corrette, arti e, come
dicevo, longevità. I caratteri sanitari
sono sempre importanti: è vero che
ci sono gli indici per misurarli, ma
credo che siano molto legati all’ambiente e, se ci sono condizioni estreme in stalla, certamente non possono fare miracoli. Quanto alla bella
morfologia, se c’è, va bene, ma la
mia selezione non va esclusivamente in quella direzione. Visto il buon
trend della nostra genetica italiana
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sto usando molto Mascalese, Eudon,
Mincio, Glauco, Attila, tori genomici
e molti figli di Shottle, Bolton, Mtoto.
n La sua vacca ideale è cambiata nel
tempo?
È cambiata la mia filosofia della vacca ideale negli ultimi anni, ora sono
contento di avere animali di taglia
media, più funzionali, rispetto a quelli di grandi dimensioni, che hanno
difficoltà nelle cuccette. Siamo passati alle cuccette con paglia dalla
lettiera permanente, quando abbiamo ristrutturato la stalla nel 2003,
e abbiamo costruito una struttura
in ferro di 2.400 metri quadri, dove
sono alloggiate insieme vacche e il
bestiame giovane. La scelta del ferro
è stata fatta perché il costo sia della
stalla che delle fondamenta era più
conveniente rispetto al cemento
armato.
n Quali sono le innovazioni che hanno maggiormente influito sulla sua
azienda?
Direi senz’altro il carro miscelatore,
con l’adozione del sistema di alimentazione unifeed, che ha cambiato in
meglio le prestazioni della mandria,
come produzione e costanza della
qualità e della quantità del latte.
L’altra è aver lavorato sulla qualità
dei foraggi, seguendo i consigli dei
tecnici della Associazione Allevatori,
che ci hanno consentito di avere foraggi che oggi sono particolarmente
curati e anche di poter monitorare
la qualità del latte, sotto l’aspetto sia
qualitativo che sanitario, e questo
aiuta moltissimo la gestione della
stalla. Ci aiuta pure il poter accedere
alle informazioni che ci arrivano dal
mondo zootecnico, tramite la stampa specializzata, specifica del settore.
n Che sfide comporta fare latte nella sua zona?
Noi produttori di latte non ci possiamo misurare con nessun altra
industria, con un prezzo del latte
predeterminato e non in mano nostra. Negli ultimi tempi non ci sono
stati aumenti, mentre tutti i costi
di produzione, dalle materie prime
all’energia alla manodopera, alla tassazione (IMU, etc) sono aumentati.
La sfida per tutti gli allevatori da latte e, a maggior ragione quelli lucani,
è migliorare la qualità e la quantità
del prodotto, abbassare il costo della
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razione e aumentare il benessere animale, che fa durare a lungo gli animali e diminuisce le perdite per patologie. Facciamo un prodotto di qualità
riconosciuta, ma chi acquista non
l’apprezza adeguatamente, anche se
noto che la grande distribuzione stia
rivedendo questo aspetto e credo
che in futuro valorizzerà sempre
più il nostro prodotto, mettendo in
evidenza la provenienza italiana. Un
aspetto sul quale possiamo ancora
lavorare è cercare di accorciare la
filiera, sul concetto del km 0, che
fornisce ottime opportunità, non ancora concretamente sviluppate. Per
quel che riguarda il mio allevamento,
destiniamo il latte alla produzione di
Alta Qualità, attraverso la cooperativa di commercializzazione “Nuova
Latte” di Eboli (Salerno) ed una parte
viene trasformata nel caseificio in
azienda in caciotte, mozzarelle, fior
di latte, che sono vendute nel nostro
spaccio, nei mercati contadini e in
negozi specializzati.
n Quali traguardi si pone per il prossimo futuro?
Conto di aumentare il benessere
degli animali e migliorare ancora la
gestione dei capi che abbiamo, senza agire sulle dimensioni aziendali,
perché questo comporterebbe investimenti in molti campi. Il concetto
di benessere animale, che a molti è
sembrato un’imposizione della Comunità Europea, ritengo sia invece
un’opportunità per l’allevatore per
migliorare le prestazioni riproduttive
e produttive della sua mandria.
Credo nelle energie alternative,
ho già un impianto solare ed ho ottenuto la connessione per un impianto
di biogas di 100 KWh, proporzionato alla misura delle deiezioni aziendali, con una minima integrazione
esterna. Sono convinto che, in agricoltura, si possa integrare il reddito
di un azienda di non grandissime
dimensioni, intervenendo su diversi
livelli, rendendo più efficiente la
mandria, facendo selezione genetica,
trasformando una parte del latte, ricorrendo alle energie rinnovabili per
la contribuzione ed il risparmio sui
costi della bolletta. Per la produzione casearia, il mio motto è “arrivare
sul mercato con la qualità”, producendo bene un prodotto di nicchia
e cercando di venderlo al meglio
possibile.