Prima lezione - robertopoetichimica.it

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Prima lezione
Una candela: la fiamma - le sue origini - la sua struttura - la mobilità - lo splendore
Il mio scopo, per contraccambiare l’onore che mi fate venendo qui a vedere quali sono i
procedimenti che noi seguiamo, è di raccontarvi, nel corso di queste Lezioni, la storia chimica di
una candela. Ho già trattato questo tema in una precedente occasione e, se fosse nelle mie
possibilità, lo rifarei ogni anno tanto grande è l’interesse della questione e tanto importanti e
numerosi sono i suoi rapporti con i vari rami della filosofia naturale. Non c’è infatti legge che
governi le varie parti dell’universo che non si manifesti in questo fenomeno. E non c’è mezzo
migliore, né più efficace, per entrare nel dominio delle scienze naturali che studiare il fenomeno
fisico di una candela che arde. Spero pertanto di non avervi deluso scegliendo questo argomento
invece di uno più nuovo, che certamente non avrebbe potuto essere migliore e difficilmente
sarebbe stato altrettanto buono.
Prima di iniziare, lasciatemi aggiungere che, sebbene l’argomento sia assai vasto e io intenda
trattarlo a fondo, seriamente e filosoficamente, non penso di rivolgermi ai più vecchi tra voi. Vi
chiedo il privilegio di parlare ai più giovani, come se fossi giovane io stesso. L’ho già tentato
precedentemente e, se me lo permettete, lo farò ancora. Anche se io qui ora so già che le mie
parole saranno rese pubbliche, ciò non mi impedirà di parlare in modo semplice, familiare a coloro
che in queste occasioni sento più vicini a me.
E ora, ragazzi e ragazze, per prima cosa vi spiegherà di che cosa sono fatte le candele. Le
candele possono avere molte strane forme. Ho qui alcuni pezzi di legno, rami di alberi la cui facilità
ad ardere è conosciuta da tutti. Potete anche vedere un po’ di quella curiosa sostanza che sì
estrae nelle regioni più umide dell’irlanda e che è detta ‘legno-candela’. E un legno eccellente,
duro e solido, buono a tutti gli usi e assai resistente; nello stesso tempo brucia così bene che,
ovunque si ha la fortuna di trovarlo, viene adoperato per fabbricare schegge e torce, poiché brucia
come una candela e fa anche una bellissima luce. Questo legno ci offre uno dei migliori esempi
possibili della struttura generale di una candela. Un materiale combustibile, i modi in cui questo
combustibile dà luogo a una reazione chimica, una lenta e regolare quantità di aria , calore e luce
prodotte da una scheggia di questo legno : tutto ciò costituisce una candela naturale.
Ma ora occupiamoci delle candele che sono in commercio. Abbiamo qui due candele
comunemente dette ‘ad immersione’. Si fabbricano immergendo dei pezzi di corda di cotone,
appesi a un gancio, nel sego liquido ; poi si estraggono e si fanno raffreddare per reimmergerli
nuovamente nel sego finché attorno al cotone non si è accumulata una consistente quantità di
sego. Per farvi un’idea delle varietà di candele che si ottengono, guardate queste che ho in mano:
sono molto piccole e assai strane. Esse sono, o sono state, le candele usate dai minatori delle
miniere di carbone. Un tempo i minatori dovevano provvedere da soli alle candele e si pensava
che, utilizzando candele piccole invece che grandi, ci fossero minori probabilità che il grisù
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esplodesse ; per queste ragioni e per il loro basso prezzo, i minatori usavano questo tipo di
candele da venti, quaranta o sessanta libbre di peso. Al giorno d’oggi sono state sostituite dalle
lampade di Davy e da altre lampade di sicurezza di vari tipi. Ho qui anche una candela proveniente
dalla nave ‘Royal George”
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ripescata, come mi è stato detto, dal colonnello Pasley. Rimase in
fondo al mare per molti anni, soggetta all’azione dell’acqua marina. Ciò dimostra come una
candela possa conservarsi bene; questa, infatti, sebbene sia spezzata e rotta in vari punti, se
accesa arde regolarmente e il sego, una volta fuso, ritorna al suo stato naturale.
Mister Field , di Lambeth, mi ha fornito in abbondanza bei modelli di candele e di svariati campioni
del materiale usato, che ora esamineremo. In primo luogo ecco del grasso di bue, sego russo, io
credo, quello usato nella fabbricazione delle candele a immersione che Gay Lussac, o qualcun
altro che gli aveva rivelato il suo segreto, trasformò in quella splendida sostanza, detta stearina.
Una candela, come sapete, ora non è più un oggetto untuoso come una normale candela di sego,
bensì è un oggetto pulito, le cui gocce, se cadono da qualche parte, possono essere grattate via e
polverizzate senza alcun danno. Questo è il procedimento adottato 2 : si fa bollire il grasso o sego
con della calce viva e lo si trasforma così in sapone; poi questo sapone viene decomposto
dall’acido solforico, che porta via la calce e lascia il grasso trasformato in acido stearico, mentre
contemporaneamente viene prodotta una certa quantità di glicerina.
La glicerina — semplice zucchero o sostanza simile allo zucchero — si separa dal sego durante
questo scambio chimico. Si estrae quindi l’olio pressando la stearina, e voi vedete qui una serie di
pani più o meno compressi che vi mostrano in che modo perfetto le impurità vengono eliminate
dalla parte oleosa all’aumentare della pressione. Alla fine si ottiene quella sostanza che, liquefatta,
viene trasformata in candele simili a queste. La candela che ho in mano è una candela di stearina,
fatta cioè con la stearina ricavata dal grasso animale nel modo che vi ho detto. Osservate ora
questa candela di spermaceti, cioè fatta con l’olio che si estrae dallo spermaceti di balena. Ho qui
anche un po’ di cera di api gialla e di cera di api raffinata, con cui pure si fabbricano le candele.
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Il ‘Royal George’ naufragò e affondò a Spithead il 29 agosto 1782. Il colonnello Pasley cominciò le operazioni per
sollevare il relitto con un’esplosione sottomarina nell’agosto del 1839. Le candele mostrate dal prof. Faraday rimasero
dunque esposte all’azione dell’acqua marina per ben 57 anni.
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Il grasso animale o sego consiste in una mescolanza chimica di acidi grassi e glicerina. La calce si combina con l’acido
palmitico, oleico e stearico e separa la glicerina. Dopo il lavaggio il sapone di calce insolubile viene decomposto con
acido solforico caldo diluito. Gli acidi grassi cosi fusi vengono in superficie sotto forma di olio e si separano per
decantazione.
Vengono poi nuovamente lavati e disposti u due lastre molto sottili, che una volta fredde, vengono collocate tra stuoie e
sottoposte a una fortissima pressione idraulica, In tal modo l’acido oleico, che è liquido, viene estratto, mentre l’acido
palmitico e quello stearico, che sono solidi, rimangono li. Questi ultimi vengono purificati tramite una nuova pressione a
temperatura più alta e un lavaggio in acido solforico tiepido diluito, finché non sono
pronti per essere trasformati in
candele. Questi acidi sono più duri e più bianchi del grasso da cui sono ottenuti e nello stesso tempo sono più puliti e
bruciano meglio
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Ed ecco inoltre una strana sostanza, detta paraffina, e alcune candele di paraffina, provenienti da
torbiere irlandesi. Infine voglio mostrarvi una sostanza giunta dal Giappone, ora che possiamo
finalmente penetrare in questo remoto paese: è una specie di cera, inviatami da un mio gentile
amico, che ci fornirà un altro materiale con cui fabbricare candele.
Ma come si fabbricano le candele? Vi ho già parlato delle candele a immersione, vi spiegherò ora
come si fabbricano le candele a stampo. Immaginiamoci una di queste candele fabbricata con un
materiale che si può modellare. «Modellare! — direte voi — ma dal momento che la candela è un
oggetto che si fonde, sarà certamente possibile fonderia e modellarla senza difficoltà». E invece
non è così. E sorprendente constatare come, grazie allo sviluppo del processo di produzione
industriale di oggetti e alla continua ricerca dei più efficaci mezzi di produzione, gli oggetti prodotti
siano differenti dalla prima idea che di essi si aveva. Ebbene spesso è impossibile modellare le
candele. Non è possibile, ad es., modellare una candela di cera; essa viene invece fabbricata con
uno speciale procedimento che vi spiegherò tra qualche minuto, senza però sprecare troppo
tempo. La cera è un materiale che brucia così bene e si liquefa talmente in fretta in una candela,
che non è possibile modellarla. Ma prendiamo ora un altro materiale che può essere facilmente
modellato. Ecco una tavola forata, a cui è stato fissato un certo numero di stampi della stessa
forma di un candela. La prima cosa da fare è infilarvi uno stoppino. Eccone uno — fatto a treccia
— che non avrà bisogno di essere smoccolato. A volte si aggiunge un po’ di borace o di fosforo
per rendere fusibile la cenere. Lo stoppino scende in fondo alla forma, dove viene fissato con un
pezzetto di legno che lo tiene dritto e chiude l’apertura inferiore in modo che il liquido non possa
uscirne. Una piccola spranghetta viene fissata sulla sommità della forma in modo da tenere lo
stoppino teso e fissato alla forma. Viene poi fuso il sego e con esso si riempiono le forme. Dopo un
certo tempo, quando le forme si sono raffreddate, si lascia sgocciolare e si toglie da un lato il
grasso esuberante; quindi si tagliano le estremità dello stoppino. A questo punto nelle forme
rimangono solo le candele e basterà capovolgerle perché le candele si formino assai facilmente
dal momento che sono state modellate a forma di cono, in modo da essere più strette in alto che in
basso. Infatti, grazie a questa forma e al fatto che quando si raffreddano diventano più piccole,
basta dare una scrollatina e le candele escono fuori. Nello stesso modo vengono fabbricate le
candele di stearina e di paraffina. Il modo in cui si fabbricano le candele di cera è assai curioso da
osservare. Alcuni stoppini vengono appesi a delle strutture come quelle che vedete e coperti alle
due estremità con dei dischetti di metallo che impediscono alla cera di coprire i due estremi del filo
di cotone. Questo apparecchio viene poi avvicinato al luogo dove si scalda la cera. Le strutture a
cui si appendono gli stoppini possono girare in tondo su un perno, e mentre girano un operaio
prende un recipiente pieno di cera fusa, ne versa un po’ lungo il primo stoppino, poi lungo il
secondo, il terzo e cosi via. Dopo il primo giro, se la cera si è raffreddata, l’operaio aggiunge al
primo un altro strato, continuando così fino a che le candele non siano della grossezza richiesta.
Quando hanno ricevuto la necessaria quantità di strati, oppure hanno raggiunto la grossezza
giusta, vengono tolte e disposte altrove. Ho qui, grazie alla gentilezza di Mister Field, vari campioni
di queste candele. Eccone qui una ultimata solo a metà. Le candele così ottenute vengono poi
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levate e fatte rotolare su una pietra ben liscia; le estremità superiori, a forma conica, vengono
quindi modellate con tubi di metallo della giusta misura, mentre le estremità inferiori vengono
levigate e raddrizzate. Tutto ciò viene eseguito con tanta precisione che seguendo questo metodo
è possibile fabbricare candele da quattro libbre, o da sei o da qualsiasi altro numero vi piaccia.
Non dobbiamo tuttavia sacrificare troppo tempo alla spiegazione della semplice fabbricazione delle
candele, ma ci basta solo approfondire un minimo l’argomento. Non vi ho ancora detto niente a
proposito delle candele di lusso (perché si trova il modo di applicare il lusso anche alle candele).
Osservate i bei colori di queste candele:
eccone una color malva, un’altra color magenta e altre ancora di tutti i colori chimici, di recente
scoperti, che è possibile applicare alle candele. Osservate anche quante svariate forme: eccone
una a forma di colonna scanalata, e ho qui anche alcune candele inviatemi da Mister Pearsali,
decorate con vari disegni in maniera cosi perfetta che, quando esse ardono, vi sembrerà di vedere
un piccolo sole esplodere su un mazzo di fiori. Tutto questo, però, è senz’altro grazioso e bello, ma
non è utile. Queste candele scanalate, per quanto graziose, sono delle pessime candele e
funzionano male proprio a causa della loro forma. Tuttavia vi mostro questi esemplari speditimi da
gentili amici da ogni parte dei mondo, in modo che possiate constatare che cosa è stato fatto e che
cosa potrebbe ancora essere fatto in questa o quella direzione; tuttavia, come ho già detto, questi
abbellimenti obbligano a sacrificare la funzionalità.
Veniamo ora al problema della luce delle candele. Accendiamo una o due candele e sistemiamole
in modo che possano fare il loro lavoro. Come potete osservare, una candela è una cosa ben
diversa da una lampada a olio. Se avete a che fare con una lampada a olio, voi prendete un po’ di
olio, riempite il vostro serbatoio, vi sistemate dentro un po’ di muschio o del cotone appositamente
preparato per questo uso e infine accendete le estremità del vostro stoppino. Quando la fiamma
scende lungo il cotone fino all’olio, si spegne, ma continua ad ardere nella parte superiore. Ora,
non ho nessun dubbio che voi mi chiederete come mai l’olio, che non brucia da solo, può giungere
in cima al cotone dove si consuma bruciando. Lo spiegheremo tra poco; per ora, se ci limitiamo a
considerare il fenomeno di una candela che arde, troviamo una cosa ancora più strana di questa.
Voi avete qui una sostanza solida, senza nessun recipiente che la contenga; come può questa
sostanza solida giungere fino al punto in cui c’è la fiamma? Come questo corpo, che non è liquido
ma solido, può giungervi? E ancora: come mai, quando diventa liquido, conserva la sua aderenza?
Questa è la cosa sorprendente in una candela. Osserviamone ora una che sta bruciando da un po’
di tempo. Vi sono in questa stanza delle correnti d’aria che ci serviranno per alcune nostre
dimostrazioni, per altre, invece, ci daranno noia; cercherò ora di ottenere una fiamma regolare,
perché chi mai potrebbe studiare un certo argomento quando si presentino ostacoli a esso
estranei? Ecco qui una brillante invenzione di qualche venditore ambulante o mercante di fiera per
riparare le loro candele durante il mercato del sabato sera, quando vendono verdura, patate o
pesce. Spesso mi sono fermato ad ammirarle. Mettono una candela in un vetro da lampada,
sostenuto da una specie di canale che lo chiude e che si può abbassare o alzare a piacere. Grazie
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a questo vetro da lampada, adoperato nello stesso modo dei venditori del mercato, otterremo una
fiamma stabile che voi potrete osservare ed esaminare con cura, come spero che farete, a casa.
Voi potete osservare, per prima cosa, che sotto la fiamma si forma una bella ciotola. Quando l’aria
giunge fino alla candela, viene sollevata dalla forza della corrente che è prodotta dal calore della
candela, in questo modo gli orli della cera o del sego o di qualsiasi altro materiale combustibile
vengono mantenuti freddi, o almeno più freddi della parte centrale della candela. La parte centrale
è resa liquida dalla fiamma che scende lungo lo stoppino il più in basso possibile prima di
spegnersi, mentre la parte esterna non diventa mai liquida. Se io provoco una corrente d’aria in
una data direzione, la mia ciotola si slabbrerà da quel lato invece che da un altro e il liquido di
conseguenza straborderà — perché la stessa forza di gravità che mantiene unito l’universo,
mantiene questo liquido in posizione orizzontale —, ma se la ciotola non è più in posizione
orizzontale, allora il liquido colerà lungo la candela. Potete constatare quindi che la ciotola è
prodotta da questa corrente d’aria ascendente, meravigliosamente regolare che, agendo su tutti i
punti, mantiene fredda la parte esterna della candela. Con la esclusione del legno delle torbiere
irlandesi (che è spugnoso e contiene in se stesso di che alimentare la fiamma) non è possibile
fabbricare candele se non con materiali combustibili che rendano possibile la formazione di queste
ciotole. Comprenderete ora perché si ottengono così cattivi risultati accendendo le eleganti
candele che vi ho mostrato prima; queste infatti, essendo irregolari e di forma non compatta, non
possono dare alla ciotola quell’orlo così graziosamente plasmato che rappresenta una delle
maggiori bellezze della fiamma. Spero che abbiate capito che la funzionalità di un processo (cioè
la sua utilità) costituisce anche il suo maggior titolo di bellezza. Ciò che più ci conviene non è
l’oggetto più bello, ma quello che funziona meglio. Questa candela che ci sembra così graziosa è
quella che brucia peggio. Attorno alla candela si verificherà uno strabordamento a causa
dell’irregolarità dell’azione della corrente d’aria e dell’imperfezione della ciotola che si forma.
Potrete osservare dei bellissimi esempi (e sono sicuro che lo farete con tutta l’attenzione possibile)
dell’effetto di una corrente d’aria ascendente su una candela guardando la cera colare in gocce
lungo un lato della candela, rendendola così più grossa da quella parte. Man mano che la candela
continua ad ardere, questa escrescenza rimane al suo posto e su quel lato si forma un piccolo
rigonfiamento. Siccome quest’ultimo risulta più sporgente del resto, l’aria lo circonda più
facilmente, perciò si raffredda meglio e resiste maggiormente al calore, anche a distanza assai
ravvicinata.
Spesso i più gravi errori che commettiamo nella fabbricazione delle candele, o in altre occasioni, ci
insegnano cose che non avremmo mai imparato se non li avessimo compiuti. Non tutti studiamo
per diventare filosofi; ed è mia speranza che ogni qualvolta si produca un certo risultato (e
soprattutto se si tratta di un risultato nuovo), voi possiate chiedervi «Qual è la causa? Perché le
cose vanno in questo modo?» e spero altresì che ogni volta possiate trovare la causa.
Rimane ancora un altro punto da spiegare a proposito di queste candele: in che modo il liquido
esce dalla ciotola, raggiunge lo stoppino e arriva fino al luogo in cui avviene la combustione. Voi
sapete che la fiamma che arde su una candela di cera, di stearina o di spermaceti, non scende
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fino alla cera o a qualsiasi altro materiale combustibile e non lo liquefa, bensì rimane al suo posto.
Rimane cioè separata dalla sostanza fusa e non invade la ciotola. Non potrei offrirvi un esempio
più bello degli accomodamenti grazie ai quali le varie parti di una candela rimangono subordinate
le une alle altre fino alla fine della loro esistenza. E veramente uno spettacolo meraviglioso vedere
un materiale altamente combustibile come questo ardere poco a poco, senza lasciarsi attaccare
dalla fiamma; e ciò vi sembrerà ancora più straordinario se pensate quanto violenta sia una
fiamma e che potere di distruzione abbia nel momento in cui si impossessa della cera e come
facilmente possa cambiare la forma se solo le si avvicini troppo.
Ma in che modo la fiamma si impossessa della cera? Qui tocchiamo una questione molto
interessante: l’attrazione capillare 3. «L’attrazione capillare, — direte voi — cioè l’attrazione dei
capelli!». Bene, non facciamo caso al nome: è stato dato in altri tempi; prima che si avesse
un’esatta conoscenza di che cosa sia in realtà questa forza. E proprio grazie a ciò che viene
chiamato attrazione capillare che la cera è attratta nel posto in cui avviene la combustione e si
deposita non a caso, ma straordinariamente proprio al centro del processo che si sta verificando.
Ora vi farò uno o due esempi di attrazione capillare: si tratta di quel tipo di attrazione che tiene
unite due sostanze non suscettibili di sciogliersi l’una nell’altra. Quando vi lavate le mani, le
bagnate ben bene, poi prendete del sapone per rendere più perfetta l’adesione e scoprite che le
vostre mani rimangono ancora bagnate. Ciò avviene proprio a causa di quel tipo di attrazione di cui
vi sto parlando. Non solo, ma inoltre se le vostre mani sono sporche (e generalmente nella vita
quotidiana lo sono) e voi immergete un dito in un po’ d’acqua calda, l’acqua salirà un poco lungo il
dito, anche se probabilmente non vi avete mai fatto attenzione. Ho qui una sostanza assai porosa
— una colonna di sale: è mia intenzione versare nel piatto in cui ho già sistemato la colonna non
acqua (anche se cosi vi sembra), ma una forte soluzione di sale; in tal modo ciò che voi vedrete
non sarà l’effetto del sale che entra in soluzione. Possiamo dire che il piatto rappresenta la
candela, il sale lo stoppino e questa soluzione il sego fuso. (Ho anche colorato il liquido in modo
che possiate vedere l’effetto più chiaramente). Ora verso il liquido nel piatto e potete vedere che a
poco a poco esso penetra nel sale, salendo sempre più in alto ( Fig 1 ) : se il bastoncino di sale
non si rompe, arriverà fino alla sommità. Se questa soluzione colorata fosse combustibile e se
mettessimo uno stoppino di cotone alla sommità del sale, allora la soluzione brucerebbe
penetrando nel cotone dello stoppino. E assai interessante osservare questo strano tipo di azione,
così come le soprendenti conseguenze a esso connesse. Quando vi lavate le mani, prendete un
asciugamano per asciugarle e il tipo di processo di attrazione per cui l’asciugamano si impregna
d’acqua fa si che lo stoppino di cotone della candela si impregni di sego liquido.
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L’attrazione o repulsione capillare è la causa per cui un liquido in un tubo capillare sale o scende. Se immergiamo
nell’acqua un tubo termometrico aperto a un’estremità, il liquido salirà istantaneamente a un’altezza assai maggiore dei
suo livello esterno. Se. d’altra parte, immergiamo questo tubo nel mercurio, avremo una repulsione invece di
un’attrazione e il livello del mercurio si abbasserà considerevolmente al di sotto del livello esterno
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Conosco dei bambini e delle ragazzette sbadate (accade tuttavia anche a persone adulte di solito
attente) che, dopo essersi lavati le mani e averle asciugate con un asciugamano, lasciano
quest’ultimo sull’orlo del bacile con un lembo nell’acqua e tutto il resto che pende fuori; in tal modo
in breve tempo tutta l’acqua viene assorbita fuori del catino e si versa per terra, perché
l’asciugamano ha funzionato da sifone 4. Affinché voi possiate capire meglio in che modo le
sostanze agiscono le une sulle altre, mi sono procurato un recipiente fatto di un tessuto metallico e
l’ho riempito d’acqua: potete paragonare la sua azione a quella dello stoppino nella candela o del
lembo di asciugamano. E in effetti a volte gli stoppini sono fatti con una specie di garza. Potete
osservare che il vaso è poroso: se infatti verso un p0’ d’acqua sulla parte superiore del vaso, essa
uscirà dall’altra parte. Sareste certamente imbarazzati se vi chiedessi qual è lo stato di questo
vaso, che cosa c’è dentro e perché c’è.
Il recipiente è pieno d’acqua, eppure voi potete vedere che l’acqua entra ed esce come se fosse
vuoto. Per dimostrarvelo più chiaramente sarebbe necessario svuotare del tutto il vaso. Ecco la
spiegazione di ciò: la garza, dopo che è stata bagnata, rimane pregna d’acqua; le maglie sono così
strette che il liquido è attratto da una parte all’altra con una forza abbastanza consistente da
lasciare un po’ d’acqua nel recipiente, malgrado sia poroso. Nello stesso modo le molecole di sego
fuso salgono su per lo stoppino e raggiungono la sommità; l’attrazione reciproca fa muovere anche
le altre molecole che lentamente prendono fuoco man mano che raggiungono la fiamma.
Figura 1
Eccovi un’altra applicazione dello stesso principio. Vedete questo pezzo di bambù? Mi è capitato di
incontrare per la strada dei ragazzi che, volendo darsi arie da uomini fatti, si tagliano un pezzo di
bambù, l’accendono a una delle estremità e lo fumano come se fosse un sigaro.
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L’ultimo duca di Sussex è stato il primo, io credo, a dimostrare che a,, gambero dovrebbe essere lavato applicando
questo principio. Se la coda, dopo aver tolto le pinne. viene posta in un boccale pieno d’acqua e la testa i lasciata invece
pendere fuori, grazie all’attrazione capillare l’acqua verrà risucchiata su per la coda e continuerà a cadere fuori
attraverso la testa finché nel boccale non sarà rimasta casi poca acqua che la coda cesserà di es.servi immersa
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Possono farlo a causa utila porosità e della capillarità di questo legno. Se io colloco un pezzo di
bambù in un piatto con un p0’ di canfina (sostanza molto simile alla paraffina nelle sue
caratteristiche generali), vedremo il liquido salire attraverso il bambù, esattamente nello stesso
modo in cui la soluzione colorata penetrava nel sale. Poiché la superficie esterna non è porosa, il
liquido non vi passa, deve invece salire dall’interno. Il liquido è salito fino a raggiungere la cima del
bambù: ora posso accenderlo e servirmene come di una candela. Il liquido è salito grazie
all’attrazione capillare del pezzo di bambù, nello stesso modo in cui sale attraverso lo stoppino
della candela.
Ora la sola ragione per cui la fiamma di una candela non scende dritta lungo tutto lo stoppino è
che il sego fuso la fa spegnere. Voi avrete visto che, capovolgendo una candela, non appena la
cera si avvicina allo stoppino, la fiamma si spegne. Ciò avviene perché la fiamma non ha il tempo
di riscaldare la cera al punto di renderla capace di ardere: ma alla sommità, dove solo piccole
quantità di cera si avvicinano allo stoppino, essa subisce l’azione completa del calore.
Figura 2
C’è un altro punto riguardo alla combustione della candela che è importante farvi notare, perché
altrimenti voi non avreste una completa conoscenza del modo in cui una candela funziona: cioè la
volatilità del materiale combustibile. Lasciatemi fare un grazioso ma comunissimo esperimento,
che vi chiarirà le idee. Se soffiate abilmente su una candela, vedrete sollevarsi una piccola nube di
vapore. Altre volte avrete senz’altro sentito l’odore del vapore della candela appena spenta, si
tratta infatti di un’odore assai spiacevole; ma se riuscite a spegnere una candela con una certa
destrezza, certamente potrete distinguere bene il vapore in cui si è trasformata la sostanza solida.
Io ora spegnerò una di queste candele in maniera tale che l’aria attorno a essa non venga smossa
dal mio respiro; se metto poi un fiammifero accesso a distanza di due o tre pollici dallo stoppino,
noterete una striscia di fiamma che attraversa l’aria fino a raggiungere la candela (Fig 2).
E necessario che io sia rapido e veloce, perché se dessi al vapore il tempo di raffreddarsi, esso si
condenserebbe in un corpo liquido o solido, oppure la corrente di materia combustibile risulterebbe
disturbata.
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E ora passiamo alla forma della fiamma. E importantissimo essere ben informati sullo stato che la
materia della candela assume per ultimo in cima allo stoppino, dove brilla con quella bellezza e
quello splendore che nessuna altra fiamma o combustione può produrre. Conosciamo lo splendido
scintillio dell’oro e dell’argento, e come risplendono i gioielli ornati di rubini e diamanti, ma nessuno
di questi saprebbe eclissare la bellezza e lo splendore della fiamma. Quale brillante è capace di
brillare come la fiamma? Di notte esso deve il suo splendore alla fiamma che lo illumina. Solo la
fiamma brilla nel buio e la luce che il diamante ha in sé cessa di esistere quando la fiamma non lo
illumina più. Solo la candela brilla da se stessa e per se stessa o per coloro che l’hanno fabbricata
e accesa.
Ora osserviamo la forma della fiamma come appare guardando- la sotto vetro: è regolare e ferma
e la sua forma generale è quella rappresentata nella figura, con qualche piccola variazione dovuta
ai movimenti d’aria e alle dimensioni della candela (Fig. I). E brillante e di forma oblunga — più
brillante alla sommità che alla base —‘ ha nel mezzo uno stoppino e alcune parti più scure nella
metà inferiore, dove la combustione non è così perfetta come in alto. Ho qui uno schizzo fatto
alcuni anni fa da Hooker, nel periodo in cui si è interessato a questi problemi. Il disegno
rappresenta la fiamma di una lampada, ma può andare ugualmente bene anche per la fiamma di
una candela. La ciotola della candela è il serbatoio o la lampada; lo spermaceti fuso è l’olio e lo
stoppino è comune a tutte e due. Sopra il lucignolo Hooker ha disegnato una piccola fiamma e
attorno ha rappresentato, come è nella realtà, una certa quantità di materia che voi non riuscite a
vedere e di cui, a meno che non siate già
Figura 3
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esperti della materia, ignorate completamente l’esistenza. Egli ha disegnato anche le parti
dell’atmosfera circostante che sono essenziali per la fiamma e che sono sempre presenti. Vediamo
anche una corrente capace di sollevare la fiamma tenendola dritta e portandola a una certa
altezza, come Hooker ha mostrato nel diagramma, tramite il prolungamento della corrente. Potete
assicurarvene voi stessi prendendo una candela accesa e collocandola sotto i raggi del sole, in
modo da proiettare la sua ombra su un foglio di carta. E veramente sorprendente constatare come
un oggetto tanto luminoso da creare le ombre di altri corpi possa a sua volta gettare la propria
ombra su un foglio di carta bianca o su un cartone. Con questo procedimento potrete infatti vedere
attorno alla fiamma qualcosa che non fa parte della fiamma, ma che si innalza affianco a essa e la
obbliga a salire. Ora produrrò qualcosa di simile alla luce del sole applicando la batteria voltaica a
una lampada elettrica. Ecco il nostro sole in tutto il suo potere illuminante; mettendo una candela
tra di esso e uno schermo, otterremo l’ombra della fiamma. Osservate la forma della candela e
dello stoppino. Vediamo anche una parti scura, proprio come era disegnato nella figura, e un’altra
parte più distinta. Può sembrare sorprendente, ma ciò che a noi appare come la parte più scura
della fiamma è, in realtà, la parte più luminosa; qui potete anche vedere la corrente d’aria
riscaldata che solleva la fiamma (come nello schizzo di Hooker) fornendola dell’aria necessaria e
mantenendo freddi gli orli della ciotola formata dal sego fuso.
Voglio darvi un’altra dimostrazione di come la fiamma salga e scenda a seconda della corrente
d’aria. Ho qui una fiamma, non si tratta però di una fiamma di candela, ma voi a questo punto siete
senza dubbio abbastanza in grado di generalizzare, per poi fare il confronto tra questo caso e
qualsiasi altro. Ciò che sto per fare è trasformare una corrente d’aria ascendente che solleva la
fiamma in una corrente discendente. Condurrò facilmente a termine l’esperimento grazie
all’apparecchiatura che vedete di fronte a me. La fiamma, come ho detto, non è una fiamma di
candela, ma è prodotta da alcool e quindi non farà troppo fumo. Inoltre mischierò alla fiamma
anche un’altra sostanza
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per darle colore, cosi potrete più chiaramente vedere che direzione
prende: usando solo l’alcool non avreste potuto seguire abbastanza bene la direzione della
fiamma. Dando dunque fuoco a questo spirito di vino, produciamo una fiamma che, come voi
potete osservare, sale naturalmente nell’aria verso l’alto. Adesso vi è chiaro perché la fiamma, in
condizioni normali, sale: ciò avviene a causa di una corrente d’aria che si forma mentre è in atto la
combustione. Ma ora, soffiandovi sopra, obbligo la fiamma a scendere giù in questo piccolo
caminetto, perché la direzione della corrente è cambiata ( Fig 4 ). Prima di concludere questo
corso di lezioni vi mostrerò una lampada in cui la fiamma sale mentre il fumo scende, oppure la
fiamma scende e il fumo sale.
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L’alcool usato in questo esperimento contiene infatti del cloruro di rame: ciò rende la fiamma di un bel colore verde
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Come potete constatare voi stessi, in questo modo possiamo far muovere la fiamma in differenti
direzioni.
Figura 4
i sono ora altri punti che vorrei spiegarvi. La forma della maggior parte delle fiamme che voi vedete
cambia a seconda delle correnti d’aria che le spingono in varie direzioni, ma noi possiamo, se lo
vogliamo, produrre fiamme che sembrano immobili e possiamo anche fotografarle (e in effetti in
certi casi è veramente necessario farlo) in modo da renderle veramente immobili, e poter ottenere
una completa conoscenza di questo fenomeno. Ciò, tuttavia, non esaurisce quello che volevo dirvi.
Se io prendo una fiamma di considerevoli dimensioni, essa non conserva una forma omogenea e
uniforme, ma si suddivide con una vitalità veramente straordinaria. Ora utilizzerò un altro tipo di
materiale combustibile, che però imiterà assai bene la cera o il sego di una candela. Ho qui una
grossa pallottola di cotone, la cui funzione sarà la stessa dello stoppino nella candela. L’ho
immersa nell’alcool e l’ho accesa: in che senso è diversa da una comune candela? Ne differisce
molto sotto un certo aspetto, perché ha una vivacità e una forza, una bellezza e una vitalità che
una normale candela non potrebbe mai avere. Guardate queste lingue di fuoco che salgono verso
l’alto. La massa della fiamma ha la stessa disposizione generale verso l’alto; ma in più voi potete
notare questo sorprendente suddividersi in lingue di fuoco che non ritrovate in una candela.
Perché accade ciò? Devo spiegarlo perché solo quando lo avrete ben compreso potrete capire a
fondo quanto dovrò dirvi subito dopo. Qualcuno di voi, suppongo, avrà certamente fatto da sé
l’esperimento che io sto per compiere davanti a voi tutti. Sbaglio se dico che tutti voi avrete
sicuramente giocato a snapdragon? Non conosco una migliore illustrazione della filosofia della
fiamma, e di certi livelli che si presentano nella sua storia, del gioco snapdrogon. Per prima cosa
ecco il piatto; lasciatemi però dire che quando si gioca a snapdragon secondo tutte le regole il
piatto deve essere molto caldo e anche le prugne e il brandy devono essere ben caldi. Queste
precauzioni però io non le ho prese. Versiamo l’alcool nel piatto e cosi avremo la ciotola e il
materiale combustibile, mentre la frutta funziona come lo stoppino della candela.
Mettendo la frutta nel piatto e dando fuoco all’alcool vedrete quelle bellissime lingue di fuoco di cui
si parlava prima. L’aria che arriva, scivolando sopra gli orli del piatto, forma queste lingue. Perché?
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Perché la combustione della fiamma non è regolare e la forza della corrente è così potente da
impedire il formarsi di un getto uniforme. Il getto d’aria inoltre è così irregolare che ciò, che in altre
condizioni sarebbe stata una singola immagine, si suddivide ora in svariate parti e perciò ogni
lingua di fuoco ha una sua separata esistenza. In effetti si potrebbe dire che abbiamo qui una
quantità di candele separate. Non dovete quindi credere che, poiché voi vedete queste lingue di
fuoco tutte insieme contemporaneamente, la fiamma abbia realmente questa forma particolare.
Una fiamma di questo genere non esiste mai in un dato istante. Una fiamma, come quella che voi
vedete emanare dalla pallottola di cotone, non ha la forma con cui vi appare. Essa si compone di
un gran numero di differenti forme, che si succedono una dietro l’altra tanto rapidamente che
l’occhio umano riesce a vederle solo tutte insieme. In precedenti occasioni ho analizzato
espressamente una fiamma con queste caratteristiche generali e il disegno che vi presento mostra
le varie parti di cui è composta. Tali differenti forme però non esistono tutte nello stesso istante; è
solo perché vediamo questa forma andare e venire in una successione straordinariamente rapida,
che esse ci sembrano esistere tutte contemporaneamente ( Fig 5).
Figura 5
C’è proprio da vergognarsi a considerare che stasera non abbiamo fatto altro che il gioco dello
snapdragon; ma assolutamente non posso, per nessuna ragione, trattenervi oltre l’ora fissata. Mi
servirà da lezione, e in seguito farò meno dimostrazioni e mi atterrò più strettamente alla
questione.
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Snapdragon è un tipico gioco natalizio inglese che consiste nel cercare di pescare da un piatto della frutta immersa in
una fiammata di alcool [A/di.].