Introduzione Z Il diritto della Comunità internazionale

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Introduzione Z Il diritto della Comunità internazionale
Edizioni Simone - Vol. 46/8 Compendio di diritto internazionale pubblico
Z diritto della Comunità
Introduzione Il
internazionale
Sommario Z 1. Nozione di diritto internazionale. - 2. Nascita ed evoluzione storica
dell’ordinamento internazionale. - 3. Diritto internazionale pubblico e
diritto internazionale privato. - 4. Le peculiarità dell’ordinamento internazionale.
1.Nozione di diritto internazionale
Il diritto internazionale pubblico, o semplicemente diritto internazionale, è quel
complesso di norme, scritte e consuetudinarie, che disciplinano le relazioni tra i
soggetti della Comunità internazionale.
Questa sintetica definizione merita alcune precisazioni:
— per «norme di diritto internazionale» devono intendersi tutte quelle regole di condotta il cui rispetto è da considerarsi obbligatorio;
— l’espressione «soggetti della Comunità internazionale», invece, fa riferimento a
tutti gli enti (prevalentemente Stati e organizzazioni internazionali) che possiedono l’astratta attitudine a divenire titolari dei diritti e degli obblighi previsti dalle
norme di diritto internazionale, che essi stessi hanno generato.
2.Nascita ed evoluzione storica dell’ordinamento internazionale
A) La pace di Westfalia
Convenzionalmente, la nascita del diritto internazionale viene fatta risalire alla pace
di Westfalia del 1648, al termine della sanguinosa Guerra dei Trent’anni: da quella
data, gli Stati affermarono la loro sovranità e indipendenza ponendo fine al dominio dell’Impero e del Papato e, assurgendo a entità politiche di pari grado superiorem
non recognoscentes, avvertirono da subito la necessità di dare vita ad una serie di
norme condivise nel tentativo di autolimitarsi e garantire la pace all’interno del sistema internazionale.
Da allora il diritto internazionale si sviluppò come «diritto degli Stati», poiché essi
erano gli unici soggetti a costituire la Comunità internazionale (che si caratterizzava,
pertanto, come ordinamento giuridico interstatuale).
Tale assetto ha conservato quasi immutate le sue caratteristiche almeno fino ai primi
anni del Novecento, e ha visto il progressivo consolidamento degli Stati nazionali, in
particolare nella forma delle monarchie (Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo).
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Introduzione
Parallelamente, i principi di sovranità, nazionalità (che costituirà la base per l’affermazione, in epoca recente, del principio di autodeterminazione dei popoli) ed eguaglianza fra Stati si sono affermati come valori fondamentali del diritto internazionale,
e quest’ultimo ha assunto una connotazione eurocentrica in ragione dell’indiscussa
supremazia dell’Europa sul resto del mondo (MONACO-CURTI GIALDINO).
La «comunità di Stati» precedente alla pace di Westfalia (cd. Respublica Christiana) era nata
dalle ceneri dell’Impero romano, ovvero da un ordinamento di tipo universalistico che, in quanto
tale, abbracciava sotto l’autorità di Roma la quasi totalità dei territori e dei popoli sino ad allora
conosciuti. Essa non presentava i caratteri della Comunità internazionale moderna, poiché le
entità di tipo statuale non costituivano figure autonome (superiorem non recognoscentes), ma
erano sottoposte alla superiore autorità del «Papa» e dell’«Imperatore» (i due «soli» menzionati
nel De monarchia da Dante).
B) La nascita delle organizzazioni internazionali e la decolonizzazione
Nella prima metà del XIX sec. una delle novità sostanziali nel quadro del diritto internazionale «classico» è stata l’istituzione di unioni internazionali per la tutela di interessi statali di varia natura (si pensi alle commissioni fluviali per il Reno e il Danubio,
all’Unione postale universale, all’Unione telegrafica internazionale); esse costituiscono il primo esempio di associazionismo tra Stati, fenomeno che alla fine del primo
conflitto mondiale (1919) ha condotto alla progressiva affermazione delle organizzazioni internazionali come soggetti di diritto internazionale.
Le principali, vale a dire la Società delle Nazioni prima e l’Organizzazione delle Nazioni Unite poi, si sono costituite come organizzazioni di tipo universale e, sebbene
abbiano formalmente promosso una perfetta pariteticità tra gli Stati (ad esempio mediante la regola «one State one vote»), di fatto hanno importato al loro interno i rapporti di forza esistenti nella Comunità internazionale (si pensi al Consiglio di Sicurezza, in cui le cinque potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale godono del diritto di veto).
Nei primi vent’anni del secondo dopoguerra, inoltre, «l’erosione dei grandi imperi
coloniali ha portato all’affermazione, in regioni e su popoli già da essi dominati o
controllati, di nuovi centri sovrani e indipendenti di potere politico» (GIULIANO); in
tale periodo, grazie soprattutto all’opera esercitata al riguardo dalle Nazioni Unite, la
decolonizzazione ha avuto un ruolo dominante in quanto ha assunto «un ritmo travolgente, trasformando profondamente la composizione della società internazionale»
(GIULIANO) e consentendo ad un folto numero di Stati dell’Africa, dell’Asia e
dell’Oceania di proclamare la propria indipendenza.
C) Il mondo diviso in blocchi
In realtà l’assetto della Comunità internazionale del secondo dopoguerra, più che
essere caratterizzato dall’esistenza di una molteplicità di Stati sovrani posti su un
piano di perfetta parità, si reggeva su un equilibrio tra blocchi contrapposti. Da un
lato, infatti, continuava ad operare il cd. blocco di Stati eurocentrici, ormai indiscuti-
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bilmente guidato dagli Stati Uniti, che aveva dominato la vita delle relazioni internazionali per tutto il XIX e per la prima metà del XX secolo imponendo i suoi valori, le
sue istituzioni e un sistema economico fondato sul capitalismo; dall’altro, accanto al
blocco occidentale se ne affiancarono altri portatori di ideologie e valori completamente diversi: intorno all’Unione sovietica si costituì il cd. gruppo dei Paesi socialisti, che
per tutto il periodo della guerra fredda si contrappose, sia sul piano militare sia su
quello ideologico ed economico, agli Stati occidentali, mentre un terzo blocco autonomo di Stati (il Gruppo dei 77) venne a formarsi con l’acquisto dell’indipendenza da
parte di numerose ex colonie, che contrastavano e rifiutavano molte regole del diritto
internazionale formatesi durante il periodo coloniale.
Questa contrapposizione tra blocchi ha, di fatto, influenzato tutto l’assetto delle relazioni internazionali almeno fino al crollo del sistema comunista tra il 1989 e il 1991.
D)La situazione odierna. Le sfide del terzo millennio
La fine della guerra fredda ha introdotto nel panorama internazionale nuovi e inaspettati cambiamenti: l’implosione dell’URSS, e l’iniziale incapacità della Russia di
«ereditare» il ruolo di superpotenza, hanno indotto molti autori a ritenere che la Comunità internazionale si fosse trasformata in un sistema unipolare, con gli Stati Uniti
unica potenza egemone sul piano politico-militare. Ciò risulterebbe confermato dall’unilateralismo della politica estera statunitense nel rispondere agli attentati terroristici
dell’11 settembre 2001 con le guerre in Afghanistan (nello stesso 2001) e in Iraq (nel
2003).
D’altro canto gli ultimi anni, contrassegnati dall’ascesa sia di nuove potenze che di ex
potenze mondiali (i Paesi cd. BRICS: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), dall’affermazione di alcune potenze regionali sul piano militare (Iran) o finanziario (Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Kuwait etc.), dal declino dell’Europa sul piano economico-finanziario, dal ruolo sempre più incisivo svolto dalle organizzazioni internazionali e dall’emergere di nuovi attori (si pensi alle ONG e alle società multinazionali),
vedono invece l’attuale assetto mondiale evolversi in senso multipolare.
In tale contesto, le nuove sfide che la globalizzazione e l’interdipendenza impongono
al diritto internazionale consistono nella salvaguardia dei beni pubblici mondiali: la
pace, la sicurezza (la cui tutela implica la lotta al terrorismo internazionale e alla criminalità organizzata), i diritti umani, l’ambiente, l’accesso all’acqua e alle altre risorse primarie, la gestione delle risorse naturali secondo i principi dello sviluppo sostenibile etc. Con riferimento ad essi si è assistito, in particolare, alla frammentazione del
diritto internazionale, ossia alla nascita di regimi speciali o autosufficienti (self-contained) di carattere settoriale che hanno assunto una certa autonomia rispetto ai principi internazionali generali (MONACO-CURTI GIALDINO).
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Introduzione
⎢⎢Dottrina
Secondo alcuni autori, l’attuale ordine internazionale non sembra essere più regolato dagli Stati, né
tantomeno dalle Nazioni Unite, ma da una nuova struttura di potere, in parte simile a quella dell’Impero romano, alla quale gli ordinamenti statali hanno progressivamente trasferito porzioni sempre più
importanti di sovranità. Tale «Impero» costituirebbe una «sintesi delle tre fondamentali forme di governo: la monarchia è impersonata dal monopolio della forza militare da parte degli Stati Uniti, dal
potere politico del G8, da agenzie militari come la NATO, nonché dagli organismi di controllo dei
flussi finanziari come la Banca mondiale o il Fondo monetario; l’aristocrazia è quella del denaro: le
grandi multinazionali che organizzano la produzione e la distribuzione dei beni e, in generale, i detentori del potere economico; la democrazia è costituita dagli organismi che tutelano gli interessi popolari: le organizzazioni non governative, non-profit, per la difesa dei diritti umani» (HARDT-NEGRI).
3.Diritto internazionale pubblico e diritto internazionale privato
Il diritto internazionale privato (d.i.p.), contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è una disciplina completamente distinta dal diritto internazionale pubblico, in
quanto costituisce un ramo del diritto interno.
Il termine, infatti, indica il complesso delle norme giuridiche che lo Stato produce, in
riferimento a quei rapporti privatistici collegati ad altri ordinamenti, per stabilire i casi
in cui vada applicato il diritto interno o quello straniero.
Si tratta pertanto di norme interne che non riguardano affatto la Comunità internazionale, potendo essere applicate esclusivamente nello Stato in cui vengono prodotte. La
connotazione di «internazionalità» consiste nella semplice circostanza che il d.i.p.
regola rapporti e fattispecie caratterizzati da punti di contatto (cittadinanza, luogo di
svolgimento del rapporto etc.) con ordinamenti giuridici stranieri.
Da quanto detto, sembrerebbe più corretta la definizione «diritto interno in materia
internazionale».
In Italia il testo normativo di riferimento è la legge 31 maggio 1995, n. 218, che si
pone come un vero e proprio codice, per la prima volta raccolto in un unico testo di
legge, del diritto internazionale privato e processuale italiano.
4.Le peculiarità dell’ordinamento internazionale
L’ordinamento internazionale presenta alcune peculiarità che lo differenziano da
quelli nazionali:
— mentre l’ordinamento statale è organizzato in modo gerarchico, poiché esiste un
ente sovraordinato (lo Stato-apparato) che stabilisce le regole applicabili alla comunità sottostante, il sistema internazionale presenta una struttura orizzontale in
cui tutti i soggetti sono considerati «enti sovrani» (qui superiorem non habent)
e sono posti, almeno sotto il profilo giuridico formale, su un piano paritario (benché i rapporti di potere esistenti a livello internazionale compromettano di fatto
tale parità giuridica);
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— l’assenza di un ente superiore, ovvero di una sorta di «governo mondiale», induce
gli stessi soggetti dell’ordinamento a provvedere autonomamente alla produzione e all’esecuzione di norme di diritto internazionale. Manca, in altre parole, un
«foro legislativo di natura rappresentativa che adotti regole obbligatorie per tutti
i membri della società internazionale» (TANZI);
— in caso di violazione di tali norme, non esistono organi giurisdizionali internazionali che accertino le infrazioni commesse, né organi di polizia internazionale
indipendenti dagli Stati e dotati di poteri coercitivi e sanzionatori. In diverse occasioni sono stati istituiti Tribunali e Corti internazionali, talvolta a carattere permanente, ma l’accettazione della loro giurisdizione è facoltativa, perché dipende da
una preventiva dichiarazione di volontà da parte degli Stati;
— nonostante l’esistenza di meccanismi di risoluzione pacifica delle controversie
previsti in ambito ONU, il rispetto delle norme nell’ordinamento internazionale,
ancora oggi, è affidato all’istituto dell’autotutela: lo Stato, detentore del monopolio della forza legittima (WEBER), provvede da sé a tutelare e difendere i propri
diritti all’interno della Comunità internazionale (self-defence).
Da quanto appena detto deriva il basso tasso di giuridicità strutturale dell’ordinamento internazionale rispetto a quelli statali, in quanto «le funzioni di produzione,
accertamento ed esecuzione forzata del diritto non vengono di regola esercitate in
termini istituzionalmente organizzati e sovraordinati rispetto ai soggetti dell’ordinamento» (TANZI).
Questionario
1. Cosa si intende per «diritto internazionale pubblico»? (par. 1)
2. A quando viene fatta risalire, convenzionalmente, la sua nascita? (par. 2)
3. Quando hanno iniziato a svilupparsi le prime forme di associazionismo tra
Stati? (par. 2)
4. Quali sono le nuove sfide che il diritto internazionale si trova a fronteggiare?
(par. 2)
5. Quali sono le peculiarità dell’ordinamento internazionale? (par. 4)
Diritto
internazionale pubblico
Parte prima
Le fonti
del diritto internazionale
Capitolo 1 Le norme della Comunità internazionale . ....................................................... Pag. 13
1. Un ordinamento giuridico atipico. - 2. La classificazione delle fonti internazionali. - 3. Lo Statuto della
Corte Internazionale di Giustizia (art. 38).
Capitolo 2 La consuetudine e il processo di codificazione ........................................................... Pag. 16
1. Nozione ed elementi costitutivi. - 2. L’elemento oggettivo: la diuturnitas o usus. - 3. L’elemento oggettivo:
l’opinio juris. - 4. Eccezioni alla generale applicabilità delle consuetudini: consuetudini particolari, Stati
persistent objectors e Stati di nuova formazione. - 5. Consuetudini e risoluzioni delle Nazioni Unite. - 6. Il
diritto consuetudinario cogente. - 7. La codificazione del diritto consuetudinario. - 8. I rapporti tra il diritto
consuetudinario e gli accordi di codificazione.
Capitolo 3 I trattati............................................ Pag. 23
1. Nozione e classificazione. - 2. La Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. - 3. Il procedimento di
formazione del trattato. - 4. La ratifica di un trattato nell’ordinamento italiano. - 5. La competenza a stipulare
e l’eccesso di potere. - 6. L’entrata in vigore del trattato. - 7. L’adesione. - 8. Le riserve. - 9. Le dichiarazioni
interpretative. - 10. Emendamenti e modifiche dei trattati. - 11. L’interpretazione del trattato. - 12. L’estinzione
dei trattati. - 13. Le cause di invalidità. - 14. L’applicazione dei trattati tra le parti. - 15. L’applicazione dei
trattati tra loro incompatibili. - 16. L’applicazione dei trattati agli Stati terzi. - 17. La successione degli Stati
nei trattati. - 18. Consuetudine e trattato.
Capitolo 4 Gli atti delle organizzazioni internazionali. ......................................................... Pag. 42
1. Nozione, classificazione ed efficacia. - 2. Atti a rilevanza interna. - 3. Atti a rilevanza esterna.
Capitolo 5 Le altre fonti del diritto internazionale ........................................................ Pag. 46
1. Generalità. - 2. I princìpi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili. - 3. La dottrina e la giurisprudenza. - 4. L’equità. - 5. I princìpi costituzionali. - 6. Gli atti unilaterali. - 7. Il soft law.
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Parte primaLe fonti del diritto internazionale
Capitolo 1 Le
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norme della Comunità
internazionale
Sommario Z 1. Un ordinamento giuridico atipico. - 2. La classificazione delle fonti
internazionali. - 3. Lo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia (art.
38).
1.Un ordinamento giuridico atipico
L’ordinamento giuridico internazionale può essere considerato un sistema atipico,
dal momento che non vi è alcuna autorità sovraordinata o assemblea legislativa preposta alla produzione delle norme giuridiche, né esiste un organo giudiziario a carattere obbligatorio che garantisca il rispetto di tali norme sanzionandone eventuali violazioni (la funzione giurisdizionale internazionale, infatti, è essenzialmente di natura
arbitrale).
La produzione delle norme giuridiche, dunque, è affidata agli stessi soggetti che
ne sono destinatari (ovvero, in primo luogo, agli Stati) e alla loro libera volontà
comune di porre in essere condizionamenti reciproci.
⎢⎢Giurisprudenza
Come risulta da una sentenza emessa dalla Corte permanente di giustizia internazionale (caso The S.S.
Lotus, Francia c. Turchia), «il diritto internazionale disciplina i rapporti tra Stati indipendenti. Le
norme che vincolano gli Stati originano dalla loro libera volontà come si manifesta in trattati o
consuetudini … al fine di disciplinare i rapporti tra comunità indipendenti che coesistono oppure
nell’ottica di perseguire obiettivi comuni».
2.La classificazione delle fonti internazionali
Nonostante non esista una classificazione univoca in dottrina, è possibile distinguere
le fonti del diritto internazionale in:
— consuetudini. Si tratta di norme non scritte che costituiscono il diritto internazionale generale, nel senso che vincolano tutti i soggetti della Comunità internazionale. Le prime ad essersi formate sono state consuetudo est servanda e pacta sunt
servanda.
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Parte prima Le fonti del diritto internazionale
Una tipologia particolare è rappresentata dai princìpi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili, che per alcuni autori, invece, costituiscono una categoria autonoma di fonti a cui spetterebbe rango primario (QUADRI);
— trattati. Sono fonti del diritto internazionale particolare, in quanto vincolano i soli
soggetti che hanno concorso alla loro formazione (cd. parti contraenti). Sono altresì atti di natura volontaria, che trovano il fondamento della loro obbligatorietà
nella consuetudine pacta sunt servanda.
Nel linguaggio internazionalistico, i termini trattato, accordo, patto e convenzione
possono essere utilizzati indistintamente. I termini Carta o Statuto, invece, si riferiscono ai soli trattati istitutivi di organizzazioni internazionali;
— atti vincolanti delle organizzazioni internazionali. Si tratta di fonti previste
dall’accordo istitutivo di un’organizzazione internazionale, e hanno efficacia per
i soli Stati membri. Ne sono un esempio i regolamenti dell’Unione europea.
In relazione alla definizione di una gerarchia delle fonti, non sussistono dubbi sul
fatto che le consuetudini, a differenza dell’ordinamento statale (in cui le fonti non
scritte hanno un valore per lo più secondario e integrativo) costituiscono fonti di primo grado.
Non vi è, invece, unanimità in dottrina circa il rapporto tra consuetudine e trattato:
per alcuni (BARIATTI, LEANZA-CARACCIOLO), essi costituiscono entrambi
fonti di primo grado, con la conseguenza che le fonti previste da accordi si qualificherebbero come fonti secondarie; per altri (CONFORTI), l’accordo è da considerarsi una fonte secondaria poiché deriva la propria obbligatorietà dalla norma consuetudinaria pacta sunt servanda (in tale ottica, gli atti delle organizzazioni internazionali assumerebbero il rango di fonti di terzo grado).
Gli autori che sostengono la tesi secondo cui consuetudini e trattati hanno la medesima forza
giuridica (con l’unica precisazione che, in virtù del principio di specialità, una consuetudine non
può derogare ad un trattato) concepiscono quello delle fonti internazionali come un «sistema
orizzontale», che tuttavia, dal secondo dopoguerra, sarebbe oggetto di una parziale e tendenziale verticalizzazione (LEANZA-CARACCIOLO) per i seguenti motivi:
— da un lato, il consolidamento di alcune norme generali (i principi generali di diritto e le norme
di jus cogens - v. Cap. 5, par. 2 e Cap. 2, par. 6) che, costituendo regole fondamentali dell’ordinamento internazionale, sono dotate di una forza giuridica superiore;
— dall’altro, la costituzione di un numero sempre crescente di organizzazioni internazionali, la
cui produzione normativa, come già accennato, consiste nell’emanazione di atti aventi rango
gerarchicamente inferiore rispetto alle consuetudini e ai trattati.
3.Lo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia (art. 38)
L’art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) è spesso considerato come la chiave di lettura del sistema internazionale delle fonti.
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Capitolo 1 Le norme della Comunità internazionale
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Esso dispone che la Corte, nella soluzione delle controversie che le sono sottoposte,
applicherà:
— le convenzioni internazionali, sia generali che particolari, contenenti norme
espressamente riconosciute fra gli Stati in controversia;
— la consuetudine internazionale, quale prova di una pratica generalmente accettata come diritto;
— i princìpi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili;
— subordinatamente a quanto previsto dall’art. 59, le decisioni giudiziarie e la dottrina degli autori più altamente qualificati delle varie nazioni, in qualità di
strumenti sussidiari.
Ai sensi dell’art. 59 dello Statuto «la decisione della Corte non ha valore obbligatorio che fra
le parti in lite»; si è in tal modo esplicitamente escluso che possa applicarsi il principio dello
stare decisis, caratteristico dei Paesi di common law, secondo il quale la precedente decisione di una giurisdizione superiore è vincolante per le giurisdizioni inferiori, che sono tutte
tenute a conformarvisi onde assicurare uniformità di orientamento giurisprudenziale.
Queste disposizioni non pregiudicano il potere della Corte di giudicare un caso ex
aequo et bono, se le parti sono d’accordo.
Tuttavia, il suddetto articolo opera una mera ricognizione delle fonti, senza fornire
alcuna gerarchia delle stesse. Bisogna dunque negare che abbia un valore pseudo-costituzionale, sottolineando piuttosto che si tratta di una norma operativa, indicante i
criteri adoperati dalla CIG nel procedimento di risoluzione delle controversie.
A conferma di tale tesi, fu eliminata una precedente stesura del testo contenente
un’esplicita successione delle fonti menzionate all’art. 38: la Corte deve, quindi, prendere simultaneamente in considerazione tutte le fonti citate, tenendo altresì conto
delle loro interrelazioni.
È, infine, da notare che l’articolo in esame non contiene una lista esaustiva delle fonti a cui ricorrere nella risoluzione delle liti internazionali: a titolo di esempio, la Corte
ha sovente richiamato nelle sue pronunce atti di organizzazioni internazionali (in particolare risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite) che, come visto, non
figurano nell’elenco sopra esposto.
Questionario
1. A chi è affidata la produzione delle norme giuridiche internazionali? (par. 1)
2. Quali sono le fonti del diritto internazionale? (par. 2)
3. Esiste una gerarchia di tali fonti? (par. 2)
4. Cosa prevede l’art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia? Qual
è il suo valore? (par. 3)