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Lectio (Che cosa dice la PAROLA in sé) “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio” (Marco 10,25) LA RICCHEZZA CHE MALE È? L’esegesi un po’ illuminata ha creduto di leggere la parola ‘cammello’ per ‘gomena’ (: grossa corda usata per i pescherecci), che sembrerebbe di più ad un filo. Ma il testo originale ha proprio ‘cammello’! Dio comanda di «possedere la terra» (Cf Genesi 1,29-30; 2,15) e noi lo benediciamo con stupore perché ha creato meraviglioso il mondo e l’ha messo in mano all’uomo. Evidentemente il male è quando l’uomo vi si abbarbica come cosa sua. La ricchezza ha la terribile proprietà di ‘ingrassare il cuore’, frammettendosi come diaframma tra la creatura e il Creatore. Il ricco epulone spendeva la vita tra lusso e banchetti. Lazzaro gli ha ricordato che anche i fratelli hanno Abramo. Ma il ricco ha giustamente obiettato che... non sono più capaci di ascoltare! L’avarizia è l’apprezzamento egoistico dei beni. Scaturisce dal peccato e per questo tocca ricchi e poveri. Il discepolo vive «lontano da quell’avarizia che offusca le realtà soprannaturali e trasforma tutto in calcolo: gli uomini, le cose, i sentimenti, il destino. Lontano da quell’avarizia che travolge tutti, poveri e ricchi, affamati e sazi. La cruna dell’ago deve impensierire tanto il ricco che irride il povero, quanto il povero che invidia il ricco» (Alessandro Gnocchi). Lectio divina/Pdv 0010 La ricchezza comporta sempre impegni temporali pesanti e può diventare un ostacolo per la testimonianza del Vangelo. Rappresenta una perenne tentazione. LA PURIFICAZIONE DALLA RICCHEZZA La Parola educa ad usare come non usassimo le cose! C’è l’economia di comunione che dà luce all’uso dei beni. La terra appartiene al Signore. Il Levitico spiega il giubileo come proprietà che, in quell’anno, ritorna al Proprietario. E’ un problema fondamentale per la salvezza. Gli apostoli, vedendo il rifiuto del giovane, sono «costernati» (Matteo), «stupefatti e sbigottiti» (Marco), tanto le ricchezze minacciano la vita (vv 23. 24. 26)! Gesù intanto riferisce la salvezza a Dio: «Tutto è possibile a Dio» (vv 27; Luca 18,18). Ma c’è anche una bella risposta nella «Chiesa, segno levato tra le nazioni per la salvezza di tutti» (S. Ireneo). Sia un ‘segno’ genuino e Dio penserà a raggiungere tutti. Ognuno, come la comunità credente nel suo insieme, è un segno di salvezza. I consacrati hanno un ruolo del tutto privilegiato. Gli Atti degli Apostoli (Cf 2,32. 44) descrivono la vita equilibrata dei primi cristiani e l’effetto sociale splendido che ne derivava. E’ un tema squisitamente ‘missionario’: lo sviluppo dei popoli, la solidarietà umana, il condono del debito... hanno nel Vangelo una luce incoraggiante. La ricchezza può passare per le mani senza contaminare, se c’è dentro la sete dell’essenziale che vale anche per l’indigenza: «Quand’anche ti trovassi a vivere in miseria piuttosto grave, potrai sempre deporre l’ira, praticare l’umiltà, pregare continuamente e riprovare i peccati, e la povertà non ti sarà mai d’intralcio» (S. Giovanni Crisostomo). MEZZE MISURE C’entra la vocazione dei discepoli, cioè di tutti gli uomini, chiamati a seguire l’Uomo Nuovo. Gesù Maestro propone il progetto divino e richiede di abbandonare tutto per lui: «Una cosa sola ti manca» (v 21). Vuol dire che ciò che Gesù propone è essenziale. Si è fatto Parola e si è fatto uno di noi, poveri e lontani da Dio. Ha assunto questa nostra vita come sua propria, immedesimandosi nella vocazione umana, che non è solo osservanza di leggi, ma soprattutto conformazione a lui. La vita umana va posta tutta nella sua. Pietro lo costata: «Abbiamo abbandonato tutto e ti abbiamo seguito!» (v 28). Pietro mostra il candore del bambino evangelico: ha compreso le parole di Gesù, che non sono solo un consiglio, ma la condizione per seguirlo. «Se vuoi essere perfetto» non minimizza la vocazione umana, come fosse facoltativa e non obbligatoria. Si tratta infatti del compimento della vocazione umana e cristiana. Certo, non senza la libertà umana! 2 Meditatio 1. 2. 3. 4. (Che cosa dice la Parola oggi e a me) E’ problema di tutti. Quel «tale» (Marco) è «un giovane» (Matteo 19,20). I giovani trovano in Gesù la più significativa proposta di formazione. Ma vale per tutti. L’uomo rifiuta. E’ l’uomo «vecchio». Non può bastare la rettitudine della vita (v 20): occorre non solo l’Antico testamento; ma Gesù. Il primo impatto può essere traumatizzante e può far fallire tutto. Quel tale «si rabbuiò» e «andò via triste, perché era ricco» (v 22). Qual è la mia posizione? Non vorrei vedermi nel cammello che tenta goffamente di entrare nella cruna dell’ago. Non c’è alternativa. La ricchezza ha un brutto nome nel Vangelo: «iniquo mammona» (Luca 16,13). In pratica mi dice: Non accumulare. Non tenere per te. Anche le mie ricchezze morali e spirituali sono proprietà di Dio e vanno condivise, per amare come ha amato Gesù. Oratio (Che cosa mi fa dire la Parola) Riparazione «Insegnami, Signore, a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore» (Salmo 89,12). Ringraziamento «Saziaci al mattino con la tua grazia: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni» (Salmo 89,14). Richiesta dello Spirito «Si manifesti ai tuoi servi la tua opera. sia su di noi la bontà del signore, nostro dio: rafforza per noi l’opera delle tue mani, l’opera delle tue mani rafforza» (Salmo 89 16s.). Contemplatio (Il Signore parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste -Salmo 32,9) «Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto..., insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna» (vv 29-30). «Dov’è il tuo tesoro là è anche il tuo cuore» (Luca 12,34). 3 Communicatio (Destinatario della Parola è il popolo di Dio) «Questa è per sempre la mia dimora. La benedirò e non le mancherà nulla: sazierò di pane i suoi poveri. Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti, di gioia esulteranno i suoi fedeli» (Salmo 132, 15ss). NATO CON LA CAMICIA Una leggenda persiana racconta di un re molto infelice. Tutto gli andava male, almeno così giudicava lui. Soprattutto, nulla gli dava soddisfazione. Non avrebbe saputo sorridere al più bel sole di primavera. I fiori, gli uccelli, le cose non gli dicevano nulla. Nessuna dichiarazione di amicizia gli arrivava al cuore. Se ne ammalò e tutto il regno ne risentiva. Un medico fantasioso, visto che nessun rimedio gli giovava, gli prescrisse di indossare «la camicia dell’uomo felice». Il re sguinzagliò un ingente numero di messi, in cerca di quell’uomo nato con la camicia. Le ricerche presso gente ricca, prosperosa, fortunata, diedero un verdetto raccapricciante: nessuno di loro era veramente felice. Un messo si imbatté in un contadino, che a dorso nudo, sotto il sole cocente, in un mare di sudore e di fatica, cantava a pieni polmoni, mentre svolgeva il suo lavoro. Nessun dubbio che quello era l’uomo felice. Gli chiese la camicia spiegandogli la destinazione regale. «Ma io non ho camicia!». «E come puoi essere felice?». Rispose: «Ho il sorriso del buon Dio, che sa tutto di me. Mi basta!». IL DOTTOR ALBERTO SCHWEITZER SI FECE MISSIONARIO Era ancora un ragazzino, Alberto Schweitzer, e stava giocando ‘alla lotta’ con un amichetto. Robusto come un torello, vinse facilmente. Si sentì rinfacciare: «Se a casa mia ci fosse da mangiare come a casa tua, te ne avrei date tante da morire!». Alberto si sentì bruciare dentro. Inutilmente il papà cercò di fargli indossare il cappotto nuovo, regalo di Natale. Preferì gli scappellotti, piuttosto che farsi vedere in giro più ricco dei coetanei. E un giorno, andò a spendere la vita in Africa, tra i poveri, per condividere tutto. 4