Dal Nicaragua alla Thailandia, dal Brasile a Santo

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Dal Nicaragua alla Thailandia, dal Brasile a Santo
Dal Nicaragua alla Thailandia, dal Brasile a Santo Domingo: questi i paesi dove, con 800 euro al mese, si può stare
benone. Comprando una casa con vista mare, mangiando aragoste e contando su una buona assistenza sanitaria. Le
storie, raccontate a Panorama, degli italiani che, finita l'età lavorativa, hanno deciso di cambiare vita spendendo meno
della metà.
È un sogno che molti cullano in silenzio in quegli interminabili pomeriggi d'inverno, prigionieri di una scrivania: un
sussulto d'avventura per non arrendersi a una routine defatigante, ma soprattutto un modo per ricominciare a godersi la
vita. Spendendo soltanto 800 euro al mese. Sulla scia dei coetanei americani, inglesi e tedeschi, anche i pensionati
italiani stanno scoprendo che il mondo offre molte opportunità per un buen retiro. Fenomeno che sfugge alle statistiche e
racchiude storie che hanno come sfondo l'Asia e i Caraibi, il Centro e il Sud America, il Nord Africa e l'Australia.
«Mancava poco alla pensione e mi sono ritrovato a pensare: cosa faccio adesso? Passo le giornate al bar a giocare a
carte? L'idea mi deprimeva» confessa Valerio De Martino, ex tecnico dell'Enel, napoletano. «Così sono scappato in
Brasile, nel Natal. Ho investito la liquidazione (200 milioni di lire) in una casa su due livelli a 50 metri dalla spiaggia che in
Italia mi sarebbe costata almeno 1 milione di euro. Qui ho il sole per 360 giorni all'anno e la sera esco ad ascoltare
musica popolare».
Il Brasile, soprattutto le spiagge del nord-est, è particolarmente attraente. «A Bahia e Porto Seguro il clima è ottimo e
non c'è il livello di violenza di altre aree del paese» spiega Marco Ronchetti, titolare di www.casenelmondo.net, agenzia
specializzata nel trovare case all'estero. «Il costo della vita è un terzo di quello italiano e con 30 mila euro si può
comprare un appartamento da 100 metri quadrati arredato». Per ottenere un visto permanente bisogna provare di avere
una pensione di almeno 2 mila dollari al mese e una dichiarazione della banca che i soldi possono essere trasferiti in
Brasile.
Risalendo idealmente il mappamondo si arriva in alcuni paesi dell'America centrale che, grazie a una discreta stabilità
politica e a uno scaltro sistema di incentivi all'immigrazione dorata, sono diventati meta prediletta per gli
ultracinquantenni americani. Il Belize promuove le sue spiagge bianche su siti internet specializzati come un paradiso
per chi ha smesso di lavorare. E lo fa anche concretamente, concedendo a chi chiede il permesso di soggiorno da
pensionato l'esenzione completa delle tasse sul reddito generato all'estero e quelle sull'importazione dei beni personali.
Certo il paese non è ancora molto sviluppato, di sicuro meno di alcune aree del confinante Messico dove, però,
soprattutto lungo la riviera Maya, i prezzi hanno avuto un'impennata.
Condizioni decisamente favorevoli si strappano invece a Panama, che orfana dei dollari spesi dai militari di stanza nelle
basi statunitensi smantellate sta cercando una fonte alternativa di valuta. «Tutto ciò di cui si ha bisogno per ottenere il
visto è dimostrare di avere una qualunque pensione (anche di invalidità o sociale) di almeno 500 dollari al mese, 600 nel
caso di una coppia» spiega Mandy Faircloth, di International Living, una pubblicazione inglese che da 25 anni segnala e
promuove occasioni per trasferirsi all'estero. Lo status di pensionato a Panama dà diritto a sconti consistenti su cinema,
teatri, hotel e trasporti.
In quell'area un altro eden emergente è il Nicaragua che, archiviata la guerra civile, sta cercando di far scoprire le sue
coste. La tendenza dei pionieri, americani, è di acquistare un terreno sul Pacifico e farsi costruire la villetta da imprese
locali al costo di circa 600 dollari al metro quadrato. Struttura antisismica e finiture in mogano e marmo incluse.
La vita in Nicaragua costa la metà del confinante Costa Rica che vanta, però, una pace sociale di più lungo corso. E
un'ormai radicata presenza italiana. «Io e mia moglie abbiamo riflettuto a lungo, atlante alla mano, su dove trasferirci»
ricorda Giuseppe Tarnero, ex manager. «Poi abbiamo digitato "retirement heaven" (paradiso per pensionati) su Google e
la risposta ricorrente era Costa Rica.
La temperatura non scende mai sotto i 19 gradi e, anche se la vita è più cara, è più tranquilla rispetto ad altri stati del
Sud America. Io vivo in una villa da oltre 400 metri quadrati a 1.100 metri d'altitudine, con giardino e vista magnifica, che
mi è costata 400 mila dollari. Gioco a golf tre volte alla settimana e recensisco ristoranti per un giornale». Case di lusso
si possono avere anche per la metà, assicura Luigi Ciserna, presidente del locale comitato degli italiani all'estero. «Con
1.500 dollari al mese una coppia può vivere benissimo».
Chi sogna i Caraibi doc si orienta invece su Santo Domingo, e i connazionali che hanno scelto questa metà dell'isola di
Hispaniola sono almeno 25 mila. Non tutti in pensione, ma di sicuro tutti attratti dalla cordialità dei dominicani. «Sentirsi a
casa qui è molto più facile che in Thailandia» osserva Paolo Stefanini, autore della guida Vivere e investire a Santo
Domingo. «Le differenze culturali e religiose di fatto non esistono. Capita che ci siano turisti che arrivano con il pacchetto
e ammaliati dall'atmosfera decidano di fermarsi. Troppo in fretta. Io consiglio a tutti di prendersi sei mesi di tempo e stare
in un residence, valutando bene le offerte immobiliari. Ci sono truffatori e a volte sono pure italiani». Giuseppe Varesi, 65
anni, meccanico in pensione, ha risolto comprando per 35 mila euro una casetta a Boca Chica che sta restaurando da
solo. «Non faccio il pascià, ma con 7-800 euro al mese vivo bene. Non devo pagare Ici e tassa sui rifiuti, spendo 25 euro
ogni tre mesi per la tv via cavo e 100 per l'assicurazione sanitaria, che mi garantisce il ricovero in cliniche con televisore
e aria condizionata».
All'altro capo del mondo Franco Cavaliere, bancario in pensione e console onorario di Phuket, dove vivono 700 italiani,
rilancia. «La Thailandia sorprende. È proprio vero che è la patria del sorriso. Qui arrabbiandosi non si ottiene nulla,
meglio adeguarsi e rasserenarsi. Certo la lingua è complicata, gli usi diversi, ma il paese è bellissimo. Io che pure sono
un sub appassionato, non mi immergo praticamente più, distratto dalle foreste, dai templi o dalle semplici piantagioni
d'ananas. Il primo anno ho percorso 40 mila chilometri in macchina tutti sull'isola di Phuket e senza annoiarmi». Del
resto, la benzina si paga 40 centesimi al litro.
La tragedia dello tsunami che ha scoraggiato molti turisti, tenendoli lontani dall'Oceano Indiano, ha anche raffreddato i
prezzi degli immobili. A Phuket, la zona più sviluppata e quindi più costosa, una villetta di 120 metri quadrati con
giardino, che prima si comprava con 200 mila euro, ora si può avere a 180 mila. Diventare direttamente proprietari di una
casa in Thailandia è però praticamente impossibile. E per avere un visto (annuale) bisogna depositare 16 mila euro in
una banca locale o garantire di avere un reddito della stessa cifra. Ostacoli burocratici che si affrontano con la
prospettiva di poter cenare al ristorante con 4 euro e contare su un'assistenza sanitaria di primo livello e a prezzi
contenuti. Nessun rischio? «Molte persone in cerca di avventure dimenticano che qui si diventa maggiorenni a 20 anni»
specifica Cavaliere. «Ed essere pescati in compagnia di un minorenne può costare un giro nelle prigioni thailandesi che
è meglio evitare».
Più a sud, affacciata sullo stesso oceano, un'altra isola amatissima dagli italiani. Bali: tranquilla enclave induista in
un'Indonesia scossa da un islamismo crescente. Lì da 10 anni si è trasferito con la moglie Stefano Sguinzi, 68 anni, ex
pubblicitario e scrittore milanese. «La vita costa un quarto dell'Italia» sottolinea. «E si trovano carne e vini australiani di
qualità e un'ottima assistenza medica di scuola occidentale e tradizionale. In casi gravi si può usufruire di un pacchetto
volo e ricovero in clinica a Singapore o Bangkok per circa mille euro».
Agli amici che gli chiedono come faccia a non annoiarsi, Sguinzi risponde sorpreso che le giornate non bastano mai:
«Abbiamo scoperto la natura e incontrato persone straordinarie».
La signora Elke Casolasco, moglie di Cristiano, ex orefice di Chiavari, a 60 anni ha deciso di cambiare nome e farsi
chiamare Happy «felice», soprattutto di una cosa: aver deciso di andare a vivere in Nuova Zelanda. Per la precisione a
Bay of Island, arcipelago a nord di Auckland. I Casolasco hanno la barca a vela ormeggiata in fondo al giardino e
passano le giornate a pesca incontrando delfini, pinguini e seppie giganti. Una casetta da quelle parti si può comprare
con 150 mila euro o affittare per 400 al mese. Meno conveniente, ma non meno attraente l'Australia che ora, grazie a
una recentissima sentenza della corte federale, permette ai quasi 200 italoaustraliani tornati in Italia nel dopoguerra di
rientrare. Giorgio Anselmi, ex manager, ha scelto Sydney, «perfetta anche pensando al futuro di nostra figlia che ora ha
14 anni». Ma la maggior parte dei pensionati, soprattutto americani, va nel Queensland, «lo stato del sole», dove le case
possono arrivare a 400 mila euro, ma la vita costa poco. «In Australia si sta bene» avverte Anselmi «ma chi non ha mai
vissuto all'estero dovrebbe riflettere bene prima di fare le valigie, lo sradicamento da amici e abitudini può avere effetti
devastanti».
Per questo motivo molti italiani preferiscono paesi che sono a poche ore d'aereo da casa, dove passare anche soltanto
pochi mesi l'anno. Come Capo Verde, il grappolo di isole al largo del Senegal, piccola mecca del turismo all inclusive
che sta diventando un rifugio invernale per i pensionati in fuga dalle città. «Non ne potevo più del caos e del traffico»
ricorda Giuseppe Titteri, 66 anni, ex commerciante fiorentino, che vive sull'isola di Sal insieme alla compagna. «Capo
Verde mi è sembrato il posto giusto per scappare almeno sei mesi all'anno, non è troppo lontano, ha un ottimo clima e
una cultura vicina alla nostra».
Italiani sono stati anche, negli anni Ottanta, i primi insediamenti turistici a Malindi, dove ora risiede una piccola comunità
di connazionali che ha il privilegio di mangiare un'aragosta al ristorante con poco più di 7 euro. «Per vivere bene bastano
850 euro al mese» rivela Arturo Lucchini, 72 anni, ex funzionario romano che ha imparato anche lo swahili «più facile
dell'inglese», ma la sera resta in casa perché la sicurezza «è ancora un problema».
Anche i paesi nordafricani hanno maturato una spiccata vocazione ad accogliere quelli che scappano dai ruvidi inverni
europei. «Andavamo in Liguria poi, agli inizi degli anni Novanta abbiamo scoperto il Marocco. Era ancora un paese molto
povero» racconta Franca Molari, 71 anni, che con il marito Felice Vigo, ex macellaio, gira il mondo in camper. «Adesso è
in crescita, ma la vita costa comunque poco. Con la sola spesa del riscaldamento a Milano (1.250 euro) ci manteniamo
bene là per quattro mesi. Nei parcheggi attrezzati per camperisti, vicino ad Agadir, bastano 100 euro al mese per avere
acqua ed elettricità».
E se molti francesi, scoraggiati dagli alti prezzi della Costa Azzurra, svernano in Tunisia, gli italiani fanno altrettanto in
Egitto. A Sharm el-Sheik, che sta strappando il ruolo di «paradiso dietro casa» alle Canarie, penalizzate dall'euro. «Ho
viaggiato molto con mio marito» racconta Clara Pasini, 62 anni, ex commerciante romagnola. «Quando siamo arrivati a
Sharm ci siamo innamorati dei posti, della cordialità degli egiziani. Ora sono vedova, ma ho deciso di restare qui, per
almeno otto mesi l'anno. Ho il mare sotto la finestra e la comodità di trovare tutto al supermercato». La città sul Mar
Rosso ha un ospedale nel quale prestano servizio anche luminari del Cairo. «E in Egitto» dice il console onorario Faiza
Frigido «non si chiedono limiti di reddito per concedere il visto. Del resto per vivere a Sharm bastano anche 800-1.000
euro al mese».
di Franca Roiatti
(Hanno collaborato Silvia Greco e Angelo Sica)