Dall`inizio della crisi persi 26 mila posti - RendIres
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Dall`inizio della crisi persi 26 mila posti - RendIres
Copia di b3c92adf6ae54cfa5c12b895e1c4bb58 4 Primo Piano l’indagine ires MESSAGGERO VENETO DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015 Dall’inizio della crisi persi 26 mila posti Record negativo del Fvg, anche se quest’anno è scattata l’inversione di tendenza. Apprendisti in calo ◗ UDINE In Fvg dall’inizio della crisi si sono persi 26 mila posti di lavoro dipendente privato: il peggior risultato del Nordest. Dal 2008 al 2014, secondo la rielaborazione Ires Fvg su dati Inps, i lavoratori subordinati sono passati da 297 mila a 271 mila (meno 8,8%) contro il meno 6,5% del Veneto, il meno 5,1% dell’Emilia Romagna e il meno 5,6% nordestino (con il Trentino Alto Adige unica regione italiana in positivo a più 0,5%). I dati, precisa il ricercatore Alessandro Russo, riguardano il settore privato non agricolo, ad esclusione del lavoro domestico. A livello locale Pordenone, la provincia più industrializzata, mostra il passivo più pesante (meno 12,5%), seguita da Udine e Gorizia (entrambe a meno 8,9%); Trieste, per la minore vocazione manifatturiera, ha una riduzione contenuta al 2,4%. I settori maggiormente colpiti dalla crisi sono infatti industria e costruzioni. Male anche il commercio e il comparto alberghiero. Solo nel terziario si rileva una crescita complessiva dell’occupazione dipendente, in particolare nella sanità e nell’assistenza sociale, nell’informatica e nelle telecomunicazioni, nei servizi alle famiglie (lavanderie, parrucchieri, centri benessere). La perdita occupazionale si concentra tra gli operai (meno 13%, pari a 21 mila 610 unità), mentre tra gli impiegati la diminuzione è più contenuta (meno 1%). Il numero di quadri e dirigenti è invece in crescita del 10,3%. L’altra qualifica su cui si è concentrato il calo dell'occupazione è quella degli apprendisti (meno 33%). L'impatto negativo della crisi sulle generazioni più giovani si riscontra infatti nella forte diminuzione dei dipendenti under 25 (mno 45,7% tra il 2008 e 2014) e tra 25 e 35 anni (meno 32,4%). «Nonostante la riforma Fornero prevedesse la valorizzazione di questa tipologia contrattuale come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro - osserva Russo -, la crisi ha portato le imprese a preferire forme ritenute meno onerose. Si osserva invece un consistente aumento dei dipendenti con più di 45 anni, per effetto sia dell’innalzamento dell’età del pensionamento che delle dinamiche demografiche». Quanto all’orario di lavoro, le posizioni a tempo pieno sono crollate di 34 mila unità (meno 14%), mentre si sono diffusi i tempi parziali, in particolare il part-time misto (+81%), probabilmente come risultato delle esigenze organizzative delle aziende piuttosto che di richieste di conciliazione da parte di lavoratori e lavoratrici. La crisi ha colpito in proporzione soprattutto i rapporti di lavoro a tempo deter- minato (meno 13%), i primi a non essere rinnovati dalle imprese, anche se in termini assoluti pesa di più il saldo negativo dei tempi indeterminati (meno 20 mila 120 unità, pari all’8%). Infine l'analisi dei dati mostra quanto la stabilità del posto di lavoro sia correlata anche all’età. Si passa da percentuali di lavoratori a tempo indeterminato pari al 50-60 per cento del totale degli occupati dipendenti con meno di 25 anni, fino ad arrivare a valori superiori al 90 per cento per gli ultracinquantenni. Pur non essendo ancora disponibili i dati 2015, conclude Russo, «è probabile che l’anno in corso segni un’inversione di tendenza, testimoniata dal forte incremento delle assunzioni a tempo indeterminato, aumentate in Friuli Venezia Giulia di 9 mila unità nei primi nove mesi rispetto allo stesso periodo del 2014 (più 82%)».