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Quei benedetti Poeti maledetti
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Rubriche - Terzapagina... di romano augusto fiocchi
Quei benedetti Poeti maledetti
11/12/2012
La chiave di lettura suggerita da Tommaso Gurrieri è
suggestiva: Verlaine come Ferlinghetti, i Poeti maledetti
come la Beat generation. Così scrive nell’introduzione:
“Come a Verlaine si devono Rimbaud e Mallarmé (e quindi
Apollinaire, Éluard, e poi Prévert e tanti altri), a Ferlinghetti
si devono Allen Ginsberg e Gregory Corso (e Jack Kerouac,
Peter Orlovski, John Giorno, e di conseguenza, poi, Bob
Dylan e i Doors e tutto quello che di bello e sublime ancora
oggi possiamo leggere, ascoltare, scoprire)”.
È dunque un talismano delle avanguardie letterarie, un classico da leggere e
rileggere. Sto parlando dell’antologia I poeti maledetti di Paul Verlaine (1844-1896)
uscita poche settimane fa per i tipi di Stampa Alternativa-Nuovi Equilibri nella
traduzione appunto di Tommaso Gurrieri. Va subito detto che il titolo calza a
pennello perché collocato nella sezione Benedetti/Maledetti della collana Fiabesca,
dove a fare compagnia a Verlaine ci sono altri personaggi grandi ma scomodi del
calibro di De Sade, Lou Andreas-Salomé e Nietzsche.
Les poètes maudits fu pubblicato per la prima volta in Francia nel 1884.
Comprendeva il trio maledetto per eccellenza: Tristan Corbière (1845-1875), Arthur
Rimbaud (1854-1891), Stéphane Mallarmé (1842-1898). I primi due, “gioventù
bruciata” ante litteram, morti rispettivamente a trenta e a trentasette anni.
Ristampata nel 1888 con l’aggiunta di Marceline Desbordes-Valmore (1786-1859),
Viliers de l’Isle-Adam (1838-1889) e Pauvre Lelian, che altro non è se non il nome
anagrammato di Paul Verlaine, la piccola antologia è in sostanza un’inconsueta e
straordinaria passeggiata nella poesia francese del secondo Ottocento in compagnia
di quello che fu uno dei suoi maggiori esponenti. La nuova traduzione di Stampa
Alternativa-Nuovi Equilibri si rifà appunto a quest’ultima edizione del 1888.
Ma c’è anche un’altra chiave di lettura che allontana il senso collettivo dell’antologia
per concentrasi sulla personalità del suo curatore: Verlaine è un poeta maledetto
che parla di altri poeti maledetti, e alla fin fine racconta di se stesso. Le pagine su
Rimbaud non sono che pagine evocatrici del rapporto burrascoso tra i due. Non solo,
i versi di Rimbaud – dal celebre Battello ebbro alle estrose Vocali – sono filtrati
attraverso la grande sensibilità di Verlaine e la sua sconfinata attrazione per il più
eccelso dei “poeti assoluti”. Queste le parole che Verlaine utilizza per descriverlo:
“Era un uomo alto, ben costruito, quasi atletico, il volto perfettamente ovale da
angelo in esilio, capelli castano chiaro in disordine e occhi di un azzurro pallido
inquietante”. Per il resto, la vita di Rimbaud è nota: la sua omosessualità, la sua
fuga prima con lo stesso Verlaine, poi il ripudio della poesia, la fuga da solo in
http://www.tuononews.it/2012/12/11/news/benedetti-Poeti-maledetti-709899/detail.aspx
11/12/2012
Quei benedetti Poeti maledetti
Africa, l’agente commerciale in Abissinia, infine il tumore al ginocchio, che lo portò
all’amputazione dell’arto e alla morte.
Il linguaggio dirompente di Verlaine introduce e accompagna ogni citazione, che
siano versi di Rimbaud o battute teatrali di Villiers de l’Isle-Adam (nome abbreviato
per Philippe-Auguste-Mathias conte di Villiers de l’Isle-Adam). Espressioni del tipo:
“Sarebbe come tagliar un seno a una bella donna” oppure, riferito al Battello ebbro:
“entreremo nell’impero della Forza splendente dove ci invita il mago”. Ci porta così a
conoscere, oltre ai “prodigi di tenuità” del genio di Rimbaud, i versi robusti di Tristan
Corbière, bretone e marinaio. La “bruciante fantasia” di Mallarmé. I “ritmi insoliti”
adoperati con la più grande felicità da Marceline Desbordes-Valmore, la George Sand
francese. I versi “sublimi” di Villiers de l’Isle-Adam, drammaturgo ma anche poeta.
Infine i propri versi, quelli del "povero" Lelian.
C’è un grande assente, che ormai noi posteri associamo al gruppo di questi Poeti
maledetti e che Verlaine cita soltanto in merito a un articolo su Marceline Desbordes
-Valmore. Si tratta di Charles Baudelaire. Che lo si voglia o no, l’ombra de I fiori del
male aleggia su tutte le pagine de I poeti maledetti e sulla poesia di Verlaine in
particolare.
Un'ultima considerazione. Al di là di tutto, al di là degli attriti o delle sintonie tra
poetiche e visioni del mondo diverse, è una bella cosa che esistano ancora editori
con il coraggio di pubblicare poesia. Dopo aver letto un testo come questo di
Verlaine, ti accorgi di quanto il mondo abbia ancora bisogno di poeti. Per maledetti o
benedetti che siano.
Romano Augusto Fiocchi
(Paul Verlaine, I poeti maledetti, Stampa Alternativa-Nuovi Equilibri, 2012, pagine
112, traduzione dal francese di Tommaso Gurrieri)
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