ombre rosse - Partito della Rifondazione Comunista – Bergamo
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OMBRE ROSSE Partito della Rifondazione Comunista Federazione della Sinistra Circolo "Giuseppe Brighenti" di Torre Boldone/Ranica via Reich n.36 24020 - Torre Boldone - Supplemento ad "ALTRABERGAMO" - Direttore Responsabile: Ezio Locatelli Registrazione: n. 31-17/8/95 del Registro periodici del Tribunale di Bergamo. marzo 2015 http://www.prcbergamo.it/torre/ - email: [email protected] FASCISTI ….. SU MARTE JOBS ACT: RENZI FA I COMPITI ASSEGNATIGLI DALLA TROIKA. Lo scorso 21 dicembre i cittadini di Torre Boldone hanno trovato ad accoglierli, nella piazza dietro la chiesa, un banchetto di Casapound autorizzato dal comune. È la prima volta che Torre Boldone si trova a subire la presenza di un gruppo dichiaratamente neofascista. I leader di Casapound, in spregio ai valori della nostra Costituzione, si dichiarano “fascisti del terzo millennio” e intendono sviluppare in maniera organica un “progetto ed una struttura politica nuova che proietti nel futuro il patrimonio ideale ed umano che il fascismo italiano ha costruito”. Ci voleva proprio un sindaco come Sessa perché questo potesse accadere. La lotta al fascismo ora più che mai deve dispiegarsi attraverso un lavoro congiunto di tutte le forze sane di Torre Boldone: partiti, associazioni, sindacati, movimenti e semplici cittadini. Un antifascismo che si declina concretamente nella solidarietà alle classi meno agiate, agli operai, ai cassaintegrati, ai precari, ai migranti e agli emarginati. Un antifascismo che rifiuta e disprezza l’idea di chi invece propone la contrapposizioni tra le classi deboli, di chi alimenta una spregevole guerra tra i poveri e la caccia al “diverso”. Ci sentiamo in dovere di denunciare e contrastare qualsiasi forma di fascismo, autoritarismo, intolleranza, razzismo, omofobia e maschilismo, in particolare dopo quanto accaduto nel consiglio comunale del 14 novembre dedicato alle politiche di solidarietà nel nostro paese. La solidarietà purtroppo ha sbattuto contro il sindaco ed i suoi sostenitori che sta diventando una consuetudine, hanno trasformato la sala in una arena: interruzioni, urla e offese contro chiunque presentasse un pensiero diverso dalle loro convinzioni. Per questo sollecitiamo una presa di posizione chiara alle forze politiche e sociali e di tutti i cittadini che si richiamano ai valori della solidarietà e dell’antifascismo espressi nella nostra Carta Costituzionale. Mentre in Europa il governo greco cerca di aprire una breccia nelle politiche di austerità, in Italia Renzi fa i compiti assegnatigli dalla Troika: riscrive lo statuto del lavoro riducendolo a merce e cancella decenni di lotte delle lavoratrici e dei lavoratori. Ovviamente Renzi e il suo apparato propagandistico sono all’opera nello spiegare come le riforme creeranno nuovo lavoro, faranno crescere il Pil, risolveranno la precarietà e via con le magnifiche sorti e progressive. Si tratta di falsità evidenti che vanno contrastate in ogni modo. I decreti attuativi del cosiddetto Jobs Act non fanno altro che generalizzare la precarietà e riportare il lavoro alla condizione servile. Questa è la verità, come è vero che Renzi fa oggi quanto neppure i governi Monti e Berlusconi erano riusciti a compiere. E’ questa la sostanza dell’operazione, che coerentemente riceve il plauso convinto di Confindustria. I decreti confermano la cancellazione dell’articolo 18 per i nuovi assunti. Sarà sufficiente etichettare ogni licenziamento con la motivazione economica perché – anche nel caso in cui quella motivazione sia falsa e venga riconosciuta l’illegittimità del licenziamento – il lavoratore licenziato non abbia più diritto alla reintegra nel posto di lavoro ma solo ad una mancia chiamata indennità. Come si ricorderà anche la controriforma Fornero aveva provato ad aprire la strada della piena libertà di licenziamento, laddove sempre in relazione alla motivazione economica a base del licenziamento, aveva indicato la sola possibilità della reintegra nel caso in cui fosse rilevabile la “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento”: una (Continua a pagina 4) 1 V E N T I D I G U E R R A ricchezza e lusso per pochissimi. Dal benessere alla povertà Il crollo del muro e la moneta unica Il mondo occidentale sta sprofondando in un buco senza fondo. La cosiddetta “crisi”, dapprima negata dalla politica, poi utilizzata in modo cinico dal connubio mercati/politica per distruggere qualsiasi parvenza di stato sociale, ha gettato tante persone in una condizione esistenziale insostenibile. Il mantello nero della povertà ha soffocato fasce sociali che con un lavoro sicuro, casa di proprietà e reddito garantito si erano costruite un relativo benessere. Lo sguardo al futuro era tranquillo e sereno, garantito per loro e per i propri figli e nulla sembrava turbare i loro sogni. L’incubo però si è presentato inaspettato. Nessuno poteva immaginare cosa potesse significare ciò che alla fine degli anni 80, dopo la caduta del muro di Berlino, fu definito in modo “poetico” in Italia “la Milano da bere”, individuando in Milano la capitale italiana del liberismo senza paura. Liberismo selvaggio e puro che prometteva ricchezze e bella vita a tutti e che si è risolto nel suo tragico contrario: disoccupazione, miseria e povertà per tanti e bellissima vita, L’Unione Sovietica che aveva funzionato da unico deterrente per tre quarti del ventesimo secolo, è implosa; la sua economia invasa e fagocitata dal capitalismo, è diventata terra di conquista. Le mani sporche di sangue dei cosiddetti mercati, hanno potuto iniziare, senza più alcun freno, la propria azione di saccheggio. Questo oltre a scatenare subito una guerra feroce nei paesi dell’ex Jugoslavia con le connivenze e le tragedie che si è portata dietro e che ben conosciamo, ha aperto verdi praterie inimmaginabili: paesi e infrastrutture da ricostruire, armi da vendere, bandierine da issare e soprattutto manodopera a bassissimo costo, manovalanza senza alcun diritto! Manna dal cielo per gli imprenditori occidentali, che, diciamocelo, poveracci non ne potevano più di fare così poco profitto dovendo pagare salari equi per non parlare di tutti quei “lacci e lacciuoli”, (Continua a pagina 5) UN SALUTO A PUGNI CHIUSI La sera del 31 dicembre ci ha lasciati il compagno Francesco Bolognini. Aveva 83 anni Ed era stato tra i primi nel 1991 ad aderire al Partito della Rifondazione Comunista, dando vita al circolo di Torre Boldone. Già militante del Partito Comunista Italiano, fu costretto ad emigrare in Svizzera per poter lavorare e al suo rientro in Italia fu operaio alla Magneti Marelli di Sesto San Giovanni partecipando alle lotte operaie di fine anni 60 e 70. Il suo impegno politico non mancò nemmeno a Torre Boldone. Passarono alla storia le lotte dei pendolari con l’autoriduzione dei biglietti e il blocco a Torre Boldone dei pullman della SAB che destarono scalpore in tutta la provincia. Come detto fu tra i fondatori del circolo di Torre Boldone. Soffrì molto per la separazione di alcuni compagni, con cui aveva condiviso la militanza fin dai tempi del PCI, che nel 1998 passarono al Partito del Comunisti Italiani, ma il suo impegno in Rifondazione non è venuto meno. Furono gli anni delle battaglie e della sua partecipazione al comitato che si era costituito in Valle Seriana per il ripristino del Tram delle Valli. Il suo contributo, la sua passione politica, la sua esperienza sono sempre stati di stimolo per gli altri compagni del circolo. Ha continuato a partecipare agli incontri più importanti anche negli ultimi anni quando l’età e gli acciacchi hanno cominciato a pesare. Negli ultimi mesi, quando ormai non gli era più possibile uscire la sera, gli faceva molto piacere incontrarci a casa sua ed era sempre prodigo di consigli stimolandoci ad insistere nella battaglia dei comunisti per la costruzione di un soggetto unitario della sinistra anticapitalista. CIAO FRANCO, SARAI SEMPRE NEI NOSTRI CUORI. 2 LA BUONA SCUOLA DI RENZI L A S C U O L A - A Z I E N D A È S E R V I TA imprese. Non solo con l’esaltazione dell’alternanza scuola-lavoro ma con l’incredibile previsione della costituzione di “laboratori per l’occupabilità” in collaborazione con enti e imprese private attraverso “l’orientamento della didattica e della formazione ai settori strategici del Made in Italy”. Non poteva mancare, ovviamente, l’ennesima incostituzionale elargizione di fondi alle scuole paritarie private, sollecitata da un manipolo di deputati della maggioranza che, con grande spregio del senso del ridicolo, sono arrivati ad iscrivere d’ufficio nelle schiere dei sostenitori delle scuole private Don Milani, Maria Montessori e Antonio Gramsci. Altri 200 milioni di euro che si aggiungono al fiume di denaro che, direttamente o indirettamente, Stato, Regioni ed Enti Locali versano nelle casse delle scuole private. Un discorso a parte merita la questione dell’assunzione dei precari. Il documento diffuso dal governo per la finta consultazione prometteva 148.100 assunzioni tra i docenti con tanto di tabelle dettagliate a dimostrazione di una presunta accuratezza di calcolo. Dopo il tira e molla dei giorni scorsi i numeri si sono fortemente ridimensionati, arrivando, forse, si e no a 100.000 unità. Sembrano una enormità, dopo anni di assunzioni con il contagocce, ma non arrivano nemmeno a coprire tutti i posti effettivamente disponibili e, a quanto pare, potrebbero essere effettuate solo in parte per il prossimo anno scolastico mentre il resto sarebbe rinviato a quello successivo. Senza contare che una parte di queste assunzioni sarebbero legate al finto organico funzionale, con meno tutele e meno diritti. Di fatto insegnanti di serie “B”. Una beffa per i tanti precari che avevano sperato nella fine delle loro peregrinazioni da una scuola all’altra cui annualmente sono costretti per garantire il funzionamento del sistema. Infine, tra gli elementi più pericolosi contenuti nel disegno di legge c’è il ricorso alla delega per una quantità infinita di materie senza indicazioni stringenti sui limiti della delega stessa, come Dopo mesi di annunci, finte consultazioni, notizie contraddittorie, ripetuti rinvii, il governo ha varato il suo disegno di legge di controriforma del sistema scolastico. Come era prevedibile, non c’è ancora un testo ufficiale, soltanto l’immancabile profluvio di slide illustrate nell’altrettanto immancabile conferenza stampa trionfalistica del presidente del Consiglio. Ma da quello che si sa, grazie anche a qualche testo – ufficioso ma sicuramente attendibile – che comincia a circolare, è roba da rabbrividire. La scelta del governo è netta: trasformare definitivamente le nostre scuole in aziende, capeggiate da un preside-manager dotato di poteri enormi sia sulla gestione del personale che sugli stessi contenuti della didattica, con il definitivo azzeramento delle prerogative degli organi collegiali democratici ridotti al più ad organismi da “sentire” o da “consultare”. È il compimento del disegno regressivo avviato, dapprima timidamente, con l’autonomia scolastica e, in seguito, con ben maggiore determinazione con le controriforme Moratti e Gelmini. Anzi, la proposta del governo si spinge perfino oltre l’indecente disegno di legge Aprea, approvato da una delle Camere nella passata legislatura grazie all’apporto determinante del PD e bloccato dalle mobilitazioni di studenti, insegnanti e cittadini. Il potere assegnato al dirigente scolastico, infatti, è pressocchè illimitato: è lui ad elaborare il Piano dell’offerta formativa “sentito il Collegio dei docenti e il consiglio d’istituto”, è lui a scegliere per chiamata diretta gli insegnanti del cosiddetto organico funzionale da un albo distrettuale, è sempre lui il titolare della valutazione dei docenti, è ancora lui a scegliersi il suo staff e ad elargire premi economici ad una parte dei docenti. Un vero e proprio “dominus” assoluto della scuola. Concetti come partecipazione e condivisione sono in tutta evidenza sconosciuti al nostro presidente del consiglio e al suo governo, ancora più sconosciuti – o meglio, considerati pericolosi impacci da evitare – i concetto di diritti, regole e democrazia. A completare il disegno, c’è l’asservimento di interi pezzi dell’istruzione alle esigenze delle (Continua a pagina 4) 3 saldamente ancorata alla Costituzione e che per fare ciò bisogna battere il disegno reazionario del governo. Immediatamente gli studenti hanno riempito le piazze di moltissime città con una piattaforma di mobilitazione chiara e netta che, tra l’altro, dichiarava il sostegno incondizionato alla Legge di iniziativa popolare (LIPScuola), alternativa chiara, frutto di un percorso democratico e condiviso, alla scuola renziana. Il successo di queste manifestazioni è un dato confortante al quale c’è da sperare, e lavorare perchè accada, si possa aggiungere una mobilitazione ancora più larga che coinvolga gli insegnanti in un movimento di massa. Le mobilitazioni proclamate dalla FLC Cgil e dagli altri sindacati “rappresentativi” di categoria, alle quali si aggiungeranno quelle non meno importanti che sicuramente saranno indette dai sindacati di base, vanno in questa direzione. Sta a tutti essere consapevoli che la scuola è specchio del paese che si vuole, e che da lì passa il futuro delle nuove generazioni, e assumere gli impegni conseguenti. Noi di Rifondazione Comunista, come sempre, faremo la nostra parte. (Continua da pagina 3) La buona scuola di Renzi già è avvenuto con il Jobs Act. Di fatto, una delega in bianco a riscrivere l’insieme delle regole che presiedono al governo delle scuole. Tra queste, quella relativa alla “istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni” che riprende l’impostazione di un disegno di legge della Puglisi, parlamentare e componente della segreteria del PD. Con questo anche la scuola dell’infanzia, unico segmento scolastico che grazie alle lotte di insegnanti e genitori era rimasta immune dalla furia devastatrice della Gelmini, verrà di fatto trasformata in un servizio a domanda, dopo i decenni trascorsi da quando il movimento democratico aveva fatto sì che si emancipasse dalla condizione di “scuola materna” per diventare a pieno titolo parte del sistema scolastico. C’è molto altro ancora di negativo nel progetto del governo, ma già questo basta a delineare un quadro a tinte fosche. Occorre quindi apprestarsi ad una dura battaglia di opposizione, nelle piazze e nelle scuole, coalizzando le forze di quanti, e sono tantissimi, pensano che la scuola debba Frammentando, colpendo una parte e poi livellando tutti alle condizioni peggiori. Peraltro, verso la precarietà nei rapporti di lavoro fa un salto di qualità anche “in ingresso”. Il primo decreto Poletti aveva già sancito il possibile utilizzo generalizzato dei contratti a termine per le assunzioni, eliminando la necessità di indicare “la causale” cioè il motivo che giustificasse il ricorso al lavoro temporaneo. A questo si aggiunge oggi l’estensione dell’utilizzo dei voucher, i buoni-lavoro acquistabili anche dal tabaccaio, la forma massima di lavoro “usa e getta” e la licenza a impiegare le false partite IVA con grave danno per i lavoratori e per gli istituti previdenziali. Quanto alla vantata eliminazione delle collaborazioni, siamo in presenza di una nuova operazione di propaganda. Non solo le collaborazioni restano nel settore pubblico, ma il criterio indicato per l’individuazione delle false collaborazioni e per la loro riconduzione al lavoro subordinato non risolve affatto i casi in cui il lavoratore ha qualche margine di (Continua da pagina 1) Jobs Act formulazione con cui si voleva impedire ogni ruolo del giudice che non fosse di mera presa d’atto. Quel tentativo era stato tuttavia fortemente limitato proprio in sede giurisprudenziale, svuotando significativamente la controriforma del 2012. Il Jobs Act “rimedia” ai pasticci del 2012 e ne porta a compimento gli obiettivi. Il testo conferma anche la manomissione delle norme sui licenziamenti collettivi che anch’essi saranno utilizzabili per “dismettere” i lavoratori indesiderati, giacchè alla violazione di procedure e criteri corrisponderà solo il pagamento dell’indennità. Il risultato è la ricattabilità totale di ogni lavoratrice e di ogni lavoratore che pure sia assunto a tempo indeterminato, la restaurazione del dominio pieno dell’impresa nei rapporti di lavoro. Ovviamente tra qualche tempo si dirà che non è giusto che i nuovi assunti abbiano diritti inferiori ai vecchi e partirà l’offensiva per estendere le nuove norme a tutti. E’ così che è andata avanti in questi anni la sistematica distruzione di ogni diritto! (Continua a pagina 5) 4 anni. Il lungo processo di erosione dei diritti del lavoro non ha fatto altro che affermare un modello produttivo ed economico che, all’opposto della propaganda profusa a piene mani, è all’origine della marginalizzazione crescente dell’Italia nella divisione internazionale del lavoro. Il Jobs Act va contrastato in ogni modo, rilanciando le mobilitazioni e lavorando fin d’ora alla costruzione di un ampio schieramento referendario, assunto peraltro come possibilità dalla stessa Cgil nel suo ultimo direttivo. (Continua da pagina 4) Jobs Act autonomia nella concreta esecuzione del lavoro ma è dipendente di fatto, perché la propria sopravvivenza materiale è legata a quel rapporto di lavoro. I decreti infine danno il via libera alle norme gravissime sul demansionamento dei lavoratori, riscrivendo codice civile e Statuto dei diritti dei Lavoratori. Il Jobs Act non porterà un solo posto di lavoro in più, come è dimostrato dalla storia degli ultimi L’affare delle armi (Continua da pagina 2) Venti di Guerra Lo Stockholm international peace institute, think tank svedese specialista del settore, ha rilevato come, nel 2010, le cento più grandi aziende produttrici di armi del mondo, escluse quelle cinesi, abbiano intascato 411,1 miliardi di dollari (+1% rispetto all’anno prima). Una cifra tutto sommato contenuta se si pensa che i budget per la Difesa della sola area Asia-Pacifico supereranno quelli di Stati Uniti e Canada entro il 2021 per raggiungere la quota di 501 miliardi di dollari (+35% di crescita attesa) all’interno di un mercato globale delle armi dal valore stimato di 1.650 miliardi di dollari (+9,3% rispetto al 2013). Per quanto riguarda l’Italia nello scenario macroeconomico e finanziario a tinte fosche, “la quota italiana del mercato complessivo è salita dal 2,6 al 3,4 per cento”, con operatori di primo piano come Finmeccanica che si piazza al terzo posto in Europa e al nono posto nella classifica dei primi dieci operatori dell’industria mondiale della Difesa. In definitiva il commercio globale delle armi (export e import fra Paesi) sta crescendo significativamente a dispetto della crisi, aumentando al tasso del 30% fra il 2008 e il 2013 da 56,5 miliardi di dollari a 73,5 miliardi di dollari. Questo ci porterebbe a pensare che lo scenario di guerra, che sta sempre più prepotentemente affermandosi in tutto il medio oriente ma anche alle porte dell’Europa con la crisi Ucraina, sia dovuto alla necessità di utilizzare oltre che sperimentare al vivo, le nuove micidiali armi che i paesi produttori fabbricano ed esportano con tanto profitto. Sicuramente, tra le varie ragioni c’è anche questa, ma non è la sola. Difficile per noi capire a fondo tutti gli scenari di guerra aperti in vari territori. Ogni conflitto ha ovviamente una sua specificità chiamati chissà perchè “diritti”,che i lavoratori occidentali si erano conquistati e pretendevano. Iniziano in quegli anni, soprattutto in Italia, favorite dalla politica neo liberista, le cosiddette delocalizzazioni. Intere aziende che trasferiscono macchinari e produzione all’estero, creando migliaia di disoccupati difficilmente ricollocabili, gettando intere famiglie sul lastrico senza appello. Inoltre il fare soldi sui soldi, speculazioni e azzardi finanziari diventano una specie di sport che coinvolge non più solo i grandi capitalisti che con l’alta finanza ci sono sempre andati a nozze, ma anche piccoli capitalisti, arrivando al tragico paradosso di spingere i lavoratori a rischiare i propri risparmi in spregiudicate operazioni finanziare oscure ai più. La memoria ci riporta a uno dei crac più clamorosi dei nostri tempi, e cioè a quello della Parmalat. Crac devastante per l’economia di tanti piccoli risparmiatori che hanno visto letteralmente bruciare i propri sudatissimi risparmi spesso frutto di liquidazioni, pensioni o stipendi di lavoratori che sono stati mandati sul lastrico. L’arrivo dell’euro, in un’ Europa solo mercantile e non politica determina nei paesi con un’economia più fragile l’inasprimento dell’erosione dello stato sociale e dei diritti che viaggia pari passo con la disoccupazione sempre più dilagante e con la precarizzazione del mondo del lavoro. Arrivando ai giorni nostri lo scenario è ben chiaro dal punto di vista economico e sociale: crescita della povertà, disoccupazione, precarietà e tagli sempre più incisivi alla spesa pubblica, soprattutto nei settori che sono i pilastri della società democratica: istruzione e sanità. C’è un unico settore che non ha subito tagli, ma che anzi chiude sempre i suoi bilanci in attivo, ed è quello dell’industria mondiale delle armi. (Continua a pagina 6) 5 disoccupazione. In questo desolante scenario, l’unica vera soluzione che il capitale ha peraltro che si lega anche alle problematiche del territorio sempre adottato in questi casi è una guerra. ove si verifica. Le occasioni certo al capitale non mancano, intervenire o provocare conflitti in paesi poco La crisi del 29 e i giorni nostri democratici o asserviti alle grandi potenze, è gioco facile. Salvo poi farsi sfuggire di mano la Possiamo però notare che la compressione dei situazione. L’ex segretario di Stato americano, salari, la totale mancanza degli stessi, provoca un Hillary Clinton, ha rilasciato un’intervista dove arretramento dei consumi, che in una società accusa la propria amministrazione di avere prima capitalistica rappresentano la spinta economica finanziato e armato i cosiddetti Freedom Fighters, che fa avanzare una nazione. in Siria per contrastare Assad, salvo poi Nel frattempo le merci prodotte ma mai accorgersi che questa “guerriglia” era formata acquistate, si accumulano (a chi naviga in rete anche, in buon numero, da islamisti che hanno sarà capitato di vedere le immagini sconvolgenti dato poi vita (ben armati e con i soldi americani) di milioni di automobili, di tutte le marche e all’Isis che tanto ora ci fa giustamente orrore e modelli invendute e parcheggiate in enormi aree spavento. comprate o affittate, consumando tra l’altro Altro fronte aperto alle porte dell’Europa è la crisi vastissime zone di suolo, dalle varie industrie Ucraina. Crisi creata ad hoc fomentando umori automobilistiche in tutto il mondo, lasciate lì a nazionalistici mascherati da istanze europeiste. marcire perchè nessuno le acquista più). Questo Obama sta cercando in realtà di rompere gli inquietante fenomeno riguarda oggi un po’ tutti i accordi economici tra Europa e Russia perchè gli beni di consumo e si chiama Usa vorrebbero un’Europa totalmente dipendente, “sovrapproduzione”. ad esempio, sul piano energetico, dall’America. Nel 1929 il mondo precipitò, come oggi, in una C’è una crisi della globalizzazione dentro la crisi crisi generale che coinvolse i paesi capitalisti, e economica, perchè stanno emergendo potenze che determinò profonde trasformazioni nei che mettono in discussione la centralità degli Usa, rapporti tra stato ed economia. Questa fu per come la Russia, la Cina, l’India, l’America latina l’epoca una crisi diversa dalle altre che l'avevano con il Brasile. Ricostruendo le condizioni di una preceduta, per tre motivi: lunga durata, portata guerra fredda sul piano economico contro la mondiale, intensità senza precedenti. I principali Russia e la Cina, gli Usa pongono le condizioni indicatori economici crollarono fino alla metà del per una ridivisione dei blocchi che è anche 1932; seguì, fra molte oscillazioni, una lieve militare: non è un caso che Obama se ne vada in ripresa fino al 1937, ma il 1938 fu nuovamente un giro per l’Europa a dire che bisogna investire anno di crollo. Soltanto l'inizio della seconda almeno il 2 per cento del Pil in spese militari guerra mondiale porterà al superamento della crisi. L’Europa è incapace di opporre un’alternativa unitaria alla politica estera degli Stati Uniti e di La "grande depressione", così venne chiamata, esercitare una propria soggettività ma, anzi, è era in buona sostanza stata determinata da: sempre più schiacciata sulle posizioni americane. 1. salari in ritardo rispetto alla crescita economica Il riarmo di Kiev grazie all’afflusso dei capitali (la domanda non riusciva a tenere il passo americani avviene nel quadro di uno scenario dell'offerta); internazionale di forte instabilità: la pulizia 2. sovrapproduzione e speculazione. etnica dei palestinesi a Gaza, il califfato in Siria Lo stesso scenario, si presenta oggi, in un mondo e in Iraq, la destabilizzazione dell’Egitto, la globalizzato e schiacciato sulla logica del deflagrazione della Libia. Eventi ai quali si va ad capitalismo più sfrenato: sovrapproduzione, aggiungere il neo terrorismo islamico che deflazione, salari sempre più bassi e promette attentati in tutto l’occidente e che ha visto proprio nei giorni scorsi, una capitale S I A M O A N C H E S U FA C E B O O K ! europea colpita nei suoi valori di libertà di Per avere con voi un rapporto più costante espressione e di democrazia. Spirano gelidi venti di guerra, la terza guerra abbiamo creato in facebook una nostra pagina. mondiale non sembra poi così lontana … Cercate: RIFONDAZIONE TORRE BOLDONE. (Continua da pagina 5) Venti di Guerra Aggiungete: “mi piace”. Sarete costantemente informati sulle nostre iniziative! 6 Una grande donna, Rosa Luxemburg, lo aveva detto “Socialismo o barbarie!”…. non aveva poi tutti i torti!