Le malghe ei loro gioielli

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NOTIZIE
Le malghe e i loro gioielli
Assistenza tecnica lattiero-casearia nelle malghe della Carnia,
Canal del Ferro e Val Canale
G. Chiopris, E. Pittino - ERSA Servizio Cooperazione Assistenza alle Gestioni Aziendali
Lo scenario della
montagna friulana,
da un punto di vista agricolo, è storicamente legato alla presenza di diversi
piccoli nuclei familiari che
“coltivano” quel territorio,
in tutti i suoi aspetti di
produzione e di tutela ambientale, così da ricavarne
i frutti possibili per sé e la
propria famiglia.
Ogni nucleo familiare
aveva storicamente due
chiavi: quella dell’abitazione di fondovalle e quella della montagna; in una
logica di transumanza, la
famiglia si trasferiva dall’una all’altra in periodi
predefiniti e legati alla maturazione dei “frutti” e al
loro utilizzo nei due periodi.
In passato si era assistito ad un lento ed inesorabile abbandono delle attività pastorali in alpeggio.
Oggi, grazie alla riscoperta delle produzioni casearie tipiche, molti allevatori alpini, anche giovani, sono stimolati a riscoprire l’agricoltura di mon-
tagna e a produrre formaggi e ricotte dalle caratteristiche inimitabili,
seguendo metodi di lavorazione locali di antica
tradizione ma sempre nel
rispetto delle norme igienico-sanitarie.
Si tratta di prodotti secolari, ricchi di sapore, di
cultura casearia, tanto
che si può affermare che
ogni vallata produce il
proprio formaggio e la
propria ricotta.
Questo dipende dal
fatto che il latte è ricco di
microrganismi detti “fermenti lattici”, il cui numero e la cui composizione
sono determinati da una
molteplicità di fattori,
quali: la natura del suolo,
l’esposizione del pascolo, il clima, l’alimentazione degli animali, le caratteristiche dei materiali e
degli ambienti di produzione. Il loro ampio numero e la loro varietà sono essenziali per lo sviluppo e la ricchezza dell’aroma di questi stupendi prodotti caseari.
L’impiego di latte crudo permette di mantenere la flora microbica e di
trasmettere al formaggio
le caratteristiche essenziali dell’ambiente di produzione, dando delle particolarità inimitabili.
tecnici, ha fornito la propria assistenza a ventisette malghe dislocate
nelle vallate della Carnia,
della Val Canale e del Canal del Ferro, effettuando
complessivamente 81 visite e svolgendo 34 lavo-
Assistenza tecnica
in malga
Durante l’estate 2002,
l’ERSA, attraverso i suoi
Tab. 1 - Elenco delle malghe
attive della Carnia, Canal del
Ferro e Val Canale (stagione
2002)
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AGAREIT CORCE
ARVENIS
CASA VECCHIA
COLLINA GRANDE
CONFIN
COOT
COSTA ROBBIA
CROSTIS
CUAR
CUARNAN
GLAZZAT
IELMA
LANZA
LAVAREIT
LOSA
MELEDIS
MONTASIO
MORARETTO
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NOVARZUTTA
PIELTINIS
PIZZUL
POCCET
POZOF
PROMOSIO
PURA
RAMAZ - LODIN
RIO SECCO
TRATTEN
TUGLIA
VALBERTAT
VALDAJER
VALUTA
VARMOST
VINADIA
ZERMULA
ZOUFPLAN
NOTIZIARIO ERSA 6/2002
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guenti a mastiti, è rappresentata da una diminuzione dell’acidità del latte
stesso. Un metodo molto
pratico che permette di
individuare la presenza di
Leucociti in numero anormale, prima che la mastite si manifesti in modo visibile, è quello del “Leucocytest Roger Bellon”
Val Resia - Malga Coot
razioni del processo di
trasformazione del latte
in formaggio di malga e
nella ricotta affumicata,
illustrando i criteri per
l’organizzazione funzionale della trasformazione
casearia in malga, la tecnologia produttiva e le
caratteristiche di questi
gioielli caseari.
Alla fine della stagione, sulla base dei dati rilevati e degli scambi di
opinioni coi malghesi, è
stata tracciata una sintesi
sui processi di trasformazione, dando a ciascuna
realtà produttiva gli opportuni suggerimenti tecnici.
Tali indicazioni possono essere così riassunte:
Mungitura
Per migliorare l’aspetto igienico-sanitario del
latte, è consigliabile allestire un impianto di mungitura esterno coperto,
con poste sopraelevate,
ed un condotto di trasferimento diretto del latte
per gravità, dalla zona di
mungitura ai locali di
conservazione e trasformazione (questo è possibile solo se la “mungitura” è più in alto rispetto
alla “conservazione” del
latte).
NOTIZIARIO ERSA 6/2002
Prove di fermentazione: la prova del lattofermentatore può essere
considerata, nella pratica
casearia, come la più importante perché permette
di constatare rapidamente quali tipi di germi e di
fermentazioni predominano nel latte stesso;
inoltre, il lattofermentatore può essere utilizzato
anche nella preparazione
del lattoinnesto naturale.
Conservazione del latte
della sera
È consigliabile l’utilizzo di apposite vasche di
raffreddamento del latte
e di affioramento della
panna, in acciaio inox a
doppia parete, con circolazione di acqua fredda,
che consentano una conservazione ottimale del
latte della sera, impedendone una maturazione
eccessiva.
Metodologia di lavorazione del formaggio
Pur tenendo conto del
fatto che negli alpeggi
visitati vengono utilizzate caldaie di vario tipo
(tradizionali in rame con
la “musse”, o tipo “Tremonti” oppure in acciaio
inox) e con vari sistemi
di riscaldamento, la lavorazione dovrebbe procedere sulla base delle
seguenti indicazioni tecniche:
Controlli qualitativi
del latte
Acidità: per una lavorazione tipica, è necessario disporre di un latte
che abbia raggiunto un
determinato grado di maturazione e non sia eccessivamente dolce o
acido, perché in tali casi
non dà la qualità desiderata. Specialmente quello
troppo acido è decisamente da evitare in quanto, oltre ad indicare cariche microbiche eccessive, dà origine a sfoglio,
pasta dura, gessosa, friabile, di colore bianco e
sapore acido.
Il controllo dell’acidità
può essere effettuato con
l’acidimetro oppure con
un altro metodo per il
controllo rapido denominato “Alizarol”.
Infezioni mastitiche:
una delle più note alterazioni del latte, conse-
• utilizzo appropriato di
lattoinnesti possibilmente naturali;
• scelta del caglio (min.
75% Chimosina e
25% Pepsina), da inserire nel latte in caldaia ad una temperatura di 33-35 °C;
• corretta rottura della
cagliata a “chicco di
riso”;
• temperatura massima
di cottura della cagliata di 48 °C;
• spinatura che trovi
conferma nei rilevamenti acidimetrici del
siero;
• adeguata pressatura
del formaggio, che dovrebbe protrarsi fino al
mattino successivo,
con almeno tre rivoltamenti di cui l’ultimo
senza tele.
Salatura: la salatura è
un passaggio importante
nel processo di lavorazione del formaggio di malga, in quanto favorisce lo
spurgo del siero, conserva il formaggio rallentandone lo sviluppo batterico, agevola la chiusura
della pasta in una massa
omogenea e rende la crosta più elastica e uniforme.
In passato, la salatura
veniva effettuata esclusivamente a secco e durava diversi giorni. Attualmente questa operazione
viene eseguita immergendo il formaggio per 24
ore in una soluzione di
acqua e sale, più o meno
concentrata.
Tenuto presente che la
salamoia invecchia, e
può essere fonte di inquinamento del formaggio, è
necessario contenere l’acidità della salamoia entro i 10 °SH/50 ml, ad una
temperatura di 12-14 °C,
con una concentrazione
Caldaia tradizionale in rame
con la “musse”
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salina pari a 14-16 gradi
Baumé (°Bé) ed un rapporto in peso formaggio/liquido di 1/4÷1/5.
Nel rispetto della tradizione e per garantire un
adeguato processo di
maturazione,
questa
operazione deve essere
completata con una salatura a secco su di un lato
e, dopo 24 ore, sull’altro.
Stagionatura: in questa fase avvengono importanti reazioni chimiche di digestione enzimatica della materia
grassa e proteica che
conferiscono al formaggio una serie di gusti,
aromi e profumi tipici.
L’andamento stagionale, caratterizzato da
lunghi periodi perturbati e
piovosi, ha causato
un’eccessiva umidità nei
locali di stagionatura degli alpeggi (media 92%
U.R. a fronte di un parametro desiderabile non
superiore a 85% U.R.).
Allo stesso tempo,
però, la temperatura media dei locali di stagionatura è stata di 14,2 °C e
ciò ha contribuito a contenere i difetti di gonfiore.
Durante le visite, è
stata valutata anche l’areazione dei “celârs”
(magazzini di stagionatura), riscontrando che la
trascuratezza di questo
importante fattore determina inevitabilmente la
formazione di muffe e
acari, sia sui formaggi
che sulle tavole delle
scalere.
In questi casi, è opportuno che il percorso
dell’aria non avvenga attraverso la porta di accesso, ma attraverso delle aperture, poste a diversi livelli, su pareti tra loro
opposte, dotate di reti
anti-insetto e serrande di
regolazione del flusso
d’aria.
Infine, per permettere
una corretta maturazione
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del formaggio, anche se
le assi di appoggio consentono una certa respirazione ed evaporazione,
occorre rivoltarlo periodicamente.
Metodologia di lavorazione della ricotta
Questo prodotto di
origine umile, dalla forma
particolare a tronco di
cono inclinato, leggermente affumicato, è tra i
più antichi prodotti alpini
della nostra Regione.
Pur essendo un sottoprodotto del latte, è pagato spesso a prezzi remunerativi, per cui acquista in malga un’importanza commerciale tutt’altro
che trascurabile.
Il nome “ricotta” deriva dal fatto che le proteine del latte, che ne sono
uno dei principali costituenti insieme al grasso,
subiscono un doppio riscaldamento: il primo in
caldaia per la produzione
del formaggio, il secondo
quando si riscalda il siero
residuo per produrre appunto la ricotta.
La tecnologia tradizionale sfrutta il principio
della coagulazione a caldo delle lattoalbumine in
un ambiente acido.
La ricotta si ottiene dal
siero dolce proveniente
dalla lavorazione del formaggio (l’acidità ottimale
del siero dovrebbe essere di 2,1-2,4 SH/50 ml).
Per migliorare la resa
e la qualità della ricotta,
al siero può essere aggiunto del latte intero
pari a 4-5 litri per quintale di siero, da aggiungersi quando il siero medesimo in caldaia ha raggiunto la temperatura di 65
°C.
Successivamente, il riscaldamento del siero
prosegue fino al raggiungimento di una temperatura variabile da un minimo di 86 °C ad un massimo di 94 °C, in quanto un
calore troppo elevato impartisce al prodotto un
sapore di “cotto”.
Poco prima del raggiungimento della temperatura desiderata, si
aggiunge una soluzione
acida preparata precedentemente, utilizzando
acido citrico o solfato di
magnesio o acido lattico
oppure “siç” o “siéç”
(siero leggermente salato
e acidificato con Acetosa
e corteccia di faggio).
Questa acidificazione
fa affiorare l’albumina,
già predisposta a coagulare dalla temperatura alta. Se l’acido viene aggiunto a temperature
troppo basse si formano
fiocchi finissimi come
polvere con difficoltà di
raccolta della ricotta.
Terminata la lavorazione, si lascia affiorare e
consolidare l’albumina e,
dopo circa 10 minuti, si
inizia la raccolta della ricotta con un mestolo forato. Essa viene collocata
in sacchetti di tela cuciti
a triangolo, muniti di
anelli, che vengono poi
appesi su un cavalletto
per circa 3-4 ore ai fini
della sgocciolatura.
Nel tardo pomeriggio,
per permettere un ulteriore sgrondo del siero dalle
ricotte, i sacchetti vengono strettamente legati
con uno spago ed ada15
giati su un piano, sottoponendoli per tutta la
notte ad una pressatura
con l’utilizzo di pesi e di
una tavola leggermente
inclinata.
Il giorno seguente le
ricotte vengono estratte
dai sacchetti che, per la
loro particolare forma e
sotto la pressione dalla
tavola inclinata, hanno
conferito alle ricotte stesse la caratteristica forma
a cuneo.
Conclusa la pressatura, le ricotte vengono
strofinate con del sale fino su tutta la superficie e
collocate in una stanza
fresca per 24 ore.
A questo punto, le ricotte sono pronte per
l’affumicatura che viene
effettuata all’interno della
cappa del camino. Il fumo deve essere prodotto
preferibilmente
dalla
combustione di legno di
faggio.
Se le ricotte vengono
consumate abbastanza
fresche, l’affumicatura
deve avere una durata di
2÷4 giorni; se invece sono destinate ad essere
grattugiate, l’affumicatura avrà una durata superiore ai 10 giorni, con stagionatura in ambiente
ventilato.
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