Contagio da Hiv, venti nuovi casi

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Contagio da Hiv, venti nuovi casi
Latina
Il giornale di
SANITA’
LUNEDÌ 5 SETTEMBRE 2016
Preoccupa il dato relativo al primo semestre 2016
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Contagio da Hiv,
venti nuovi casi
Due infettati su tre hanno meno di trentacinque anni
La causa principale? i rapporti sessuali non protetti
di MARCO BATTISTINI
S
i profila un aumento
dei casi di Aids nel
2016. Nel primo semestre del 2016 risultano
accertate 20 nuove diagnosi.
In tutto il 2015 ne sono stati
diagnosticati meno di 30.
L’anno precedente si era evidenziata una leggera crescita (32 casi). L’Aids è una malattia virale priva tuttora di
cure e vaccino definitivi che
siano in grado di debellare la
malattia. Esistono però terapie a base di farmaci antiretrovirali che consentono
di allungare il tempo di vita
dei soggetti infetti. Dalla disponibilità di tali terapie,
che non hanno una omogeneità di distribuzione geografica nel mondo, a causa
dei diversi livelli di sviluppo
dei sistemi sanitari e dei sistemi economici, dipende
anche il tasso di mortalità da
Aids nella popolazione di un
dato Paese.
Anche gli esperti concordano su alcuni elementi da
tenere in particolare considerazione, come l’età dei
soggetti colpiti. L’aumento
dei casi è evidente, peraltro
tutti infettati per via sessuale con due pazienti su tre
sotto i 35 anni. In particolare
aumentano le donne. Può
accadere che la diagnosi si fa
nel momento della gravidanza, con un alto rischio di
contagio al neonato. Per non
parlare di altri fenomeni
preoccupanti che sembrano
riemergere con grande rapidità, come la sifilide. Questa
infezione aumenta di ben
sette volte il rischio di contrarre il virus dell’Hiv. È
quanto ha di recente riscontrato uno studio durato 25
anni e condotto a Roma, in
particolare sugli omosessuali, dall’Istituto Superiore
di Sanità con l’Istituto Dermovenereologico S. Gallicano di Roma. La ricerca
sull’Aids ha valutato il rischio di essere contagiati
dall’hiv in un periodo di 25
anni, su un campione di di
1.862 maschi che fanno sesso con maschi, dimostrando
come tra il 2001 e il 2009 ci
sia stato il maggior incremento dal 1985 dell’incidenza di questa infezione. Il
picco si è registrato soprattutto tra i più giovani e tra
chi, nel periodo di sorveglianza, aveva contratto la
sifilide, che si è dimostrata
capace di aumentare il rischio di contrarre l’Hiv di oltre sette volte. Questa malattia venerea provoca infatti delle ulcere e delle lesioni
nei genitali che fanno entra-
re più facilmente il virus. Il
fatto che la sifilide potesse
giocare un ruolo importante
nella diffusione dell’infezione era in parte noto, ma lo
studio Iss-S.Gallicano ha
misurato con precisione
l’entità di tale rischio.
In Italia la mortalità è
passata dal 100 per cento degli anni '80, anni in cui per la
prima volta si cominciò a
parlare di Aids, al 5,7 per
cento di oggi come testimonia l'Istituto superiore di Sanità (ISS). A fronte di questa
notizia positiva, secondo i
Giovani e donne
sono le categorie
più a rischio
dati messi a disposizione
dall'ISS, se ne aggiunge una
seconda di tenore negativo:
"Nel 2013 continua a crescere la quota di nuove diagnosi
attribuibili a rapporti sessuali non protetti che costituiscono l'83,9 per cento di
tutte le segnalazioni (eterosessuali 44,5 per cento; men
who have sex with men, Msm 39,4 per cento). Inoltre, il
24 per cento delle persone
diagnosticate come Hiv positive è di nazionalità straniera. L'incidenza è di 4,9
nuovi casi di Hiv per 100.000
italiani residenti e 19,7 nuovi casi di infezione da Hiv per
100.000 stranieri residenti.
Tra gli stranieri, l'incidenza
dell'Hiv è più elevata in Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna. Tra gli stranieri, la
quota maggiore di casi è costituita da eterosessuali
donne (38,3 per cento)".
L'aumento dei nuovi casi di
infezione, accoppiato alla
sola possibilità per gli infetti
di usare a vita farmaci antiretrovirali, fa presagire, in
mancanza di un'inversione
di trend per i contagi, un aumento dei costi sociali e sanitari per il nostro Paese. Il
Lazio è tra le regioni in cui si
ha un aumento dei contagi
da Hiv, in particolare, la spesa sanitaria pro capite risulta addirittura al di sopra della media nazionale mentre
la spesa media pro capite per
i dipartimenti afferenti all'area della prevenzione è inferiore a quella nazionale.
L’ALLARME
Malati depressi, rischio attacco cardiaco
Crescono le possibilità fra i pazienti di incorrere in un infarto del miocardio
La maggior durata della
vita nelle persone affette
da HIV comporta un aumento del rischio di malattia cardiovascolare (CDV). Pertanto, “c’è bisogno di urgente di individuare nuovi fattori di rischio e approcci di prevenzione primaria per
questi malati – ha scritto
su JAMA Cardiology Matthew Freiberg della Vanderbilt University di Nashville in Tennessee –
Sebbene la depressione sia
prevalente negli adulti
con infezione HIV e sia associata a problemi cardiovascolari nella popolazio-
ne generale, la sua correlazione con eventi cardiovascolari non è stata valutata nella popolazione affetta da HIV”. Per studiare
il problema, il team medico ha identificato 26.144
veterani con HIV che hanno partecipato ad un ampio studio condotto dal
2003 al 2009 dal Dipartimento degli Stati Uniti.
Questi soggetti non presentavano al momento
dell’arruolamento malattie cardiovascolari. A
4.853 di essi è stato diagnosticato un disturbo depressivo maggiore, mentre a 2.296 è stato diagno-
sticato un disturbo distimico al momento dell’arruolamento. Gran parte
dei veterani era di sesso
maschile, con un’età media di 47 anni nel gruppo
con depressione e di 48
anni nel gruppo senza de-
La prevenzione
essenziale per
tamponare il virus
pressione. Nel corso dei
sei anni di follow up sono
stati registrati 490 infarti
acuti, per lo più nei soggetti depressi. “Gli studi
futuri dovranno valutare
gli effetti dei trattamenti
anti-depressivi sui marcatori di rischio cardiovascolare e/o sugli eventi cardiovascolari nei pazienti
HIV positivi depressi – ha
detto Freiberg, che ha
condotto lo studio – Se tali ricerche produrranno risultati positivi, si potrebbe identificare il trattamento della depressione
come un nuovo approccio
per prevenire la malattia
cardiovascolare, contribuendo a ridurre la morbilità e la mortalità associata a malattia cardiovascolare nelle persone con
HIV”.