STD News 28

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STD News 28
ORGANO UFFICIALE DELLA SIMAST, SOCIETÀ INTERDISCIPLINARE PER LO STUDIO DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI
N. 28/marzo 2007
Poste Italiane spa
Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1 comma 1, DCB - Brescia
STD
28
n
e
w
s
Il prof.
Giampiero Carosi
Sommario
1 Editoriale
2 Herpes genitale in
gravidanza
F. Pico,A.Volpi
6 Infezione
da Citomegalovirus
in gravidanza
Brunella Guerra
A
...
Editoriale
Giampiero Carosi e
Alberto Matteelli
Giornata mondiale
dell’aids 2006
Report da congressi
a pagina 9
Simast International
a pagine 11
Presentazione da congressi
a pagina 15
Siti Web
a pagina 15
A proposito di MST…
a pagina 16
1
Paolo Lanzafame, Sabina Cauci +, Silvia Driussi *,
Assunta Sartor, Maria Teresa Baron
S.O.C. Microbiologia Azienda Ospedaliera S.Maria della Misericordia - Udine
+ Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche –Università di Udine
* Azienda Servizi Sanitari n° 4 “Medio Friuli”
Riassunto delle linee guida sulle
Malattie Sessualmente Trasmesse
pubblicate dai CDC nel 2006
Sexually Transmitted Diseases Treatment
Guidelines CDC, 2006
I cambiamenti avvenuti rispetto alle linee guida precedenti del 2002 vengono sottolineate ed evidenziate
con il colore rosso.
SIFILIDE
La sifilide è una malattia sistemica
causata dal Treponema pallidum. I
pazienti che hanno la sifilide possono chiedere il trattamento per
segni o sintomi dell’infezione primaria (ulcera nel sito di inoculo),
secondaria (manifestazioni che includono, ma non solo, eruzione cutanea, lesioni muco-cutanee e linfoadenomegalia), terziaria (manifestazione cardiaca o oftalmica,
anormalità uditive o lesioni gommose). Le infezioni latenti (in assenza di manifestazioni cliniche)
vengono identificate con i tests sierologici. La sifilide latente acquisita entro l’anno è definita sifilide latente precoce; tutti gli altri casi di
sifilide latente sono definitivi sifilide latente tardiva o sifilide latente
di durata ignota. Il trattamento sia
della sifilide latente tardiva sia della sifilide terziaria teoricamente
può richiedere un periodo più lungo considerando che gli organismi
si dividono più lentamente; tuttavia, la validità di questo concetto
non è stata validata.
2
Considerazioni diagnostiche e
utilizzo dei test sierologici
L’esame in campo oscuro (darkfield) e i test di immunofluorescenza diretta (direct fluorescent
antibody – DFA) ottenuti sulla lesione essudativa o sul tessuto sono
i metodi definitivi per la diagnosi
di sifilide precoce. Una diagnosi
presuntiva è possibile con l’utilizzo di due tests sierologici:
1) tests nontreponemici (Veneral
Disease Research Laboratory –
VDRL e RPR)
2) tests treponemici (fluorescent
treponemal antobody absor
bed – FTA-ABS; T. pallidum
particle agglutination – TP-PA
L’utilizzo di un solo tipo di test sierologico è insufficiente per la diagnosi poiché risultati falsi-positivi
con tests nontreponemici si associano qualche volta a varie condizioni mediche non correlate alla
sifilide. I titoli anticorpali dei tests
nontreponemici solitamente correlano con l’attività della malattia
ed i risultati devono essere riportati quantitativamente. Un cambia-
mento del titolo di quattro volte,
equivalente a due diluizioni (ad es:
da 1:16 a 1:4 oppure da 1:8 a 1:32),
è considerato necessario per dimostrare una differenza clinicamente
significativa tra due risultati di
tests nontreponemici, usando lo
stesso test sierologico. In uno stesso
soggetto, i tests sierologici sequenziali devono essere effettuati utilizzando lo stesso metodo (ad es:
VDRL o RPR) preferibilmente nello
stesso laboratorio. La VDRL e RPR
sono dei tests validi equamente, ma
i risultati quantitativi non possono
essere confrontati direttamente
poiché i titoli di RPR risultano frequentemente più elevati che i titoli
VDRL. Dopo il trattamento, i tests
nontreponemici solitamente si negativizzano nel tempo; tuttavia, in
alcuni pazienti gli anticorpi nontreponemici possono persistere con
un basso titolo per un lungo periodo di tempo, qualche volta per l’intera vita del soggetto. Questa risposta è definita “serofast reaction”.
La maggioranza dei pazienti che
hanno un test treponemico positivo avranno un test positivo per il
resto della loro vita, indipendentemente dal trattamento o dell’attività della malattia. Tuttavia, il 1525% dei pazienti trattati durante il
primo stadio risulteranno negativi
dopo 2-3 anni. Il titolo anticorpale
dei test treponemici non correla
con l’attività della malattia e quindi non deve essere utilizzato per
valutare la risposta al trattamento.
Alcuni laboratori e banche del sangue hanno iniziato ad effettuare
uno screening utilizzando tests
treponemici EIA. Questa strategia
identificherà sia persone precedentemente trattate sia persone
non trattate o trattate non correttamente. Risultati falsi positivi possono presentarsi soprattutto nella
popolazione a basso rischio di sifilide. Soggetti con un test di screening positivo per i tests treponemici devono essere sottoposti successivamente anche ad un test nontreponemico con titolo anticorpale, per permettere la loro corretta
gestione clinica. Se il test nontre-
ponemico risulta negativo, per
confermare il primo test deve essere effettuato un test treponemico
differente. Se il secondo test treponemico risulta positivo, la decisione terapeutica deve essere discussa con uno specialista.
Alcuni soggetti con infezione da
HIV possono avere un risultato sierologico atipico (ad es. insolitamente elevato o basso o titoli fluttuanti). Per tali pazienti, quando i
test sierologici non corrispondono
ad una sindrome clinica suggestiva di sifilide precoce, deve essere
considerato l’utilizzo di altri test
(biopsia ed esame microscopico
diretto). Tuttavia, per la maggioranza dei soggetti con infezione da
HIV, i tests sierologici essendo accurati sono utilizzabili per la diagnosi di sifilide e per monitorare la
risposta al trattamento.
Un singolo test non può essere utilizzato per la diagnosi di neurosifilide. VDRL nel liquido cefalorachidiano (LCR) è molto specifico ma
poco sensibile. La maggioranza
degli altri tests hanno una scarsa
sensibilità e specificità e devono
essere interpretati in relazione ad
altri risultati ed alla valutazione
clinica. Quindi, la diagnosi di neurosifilide solitamente si avvale della combinazione dei risultati dei
tests sierologici, della conta cellulare o della protidoracchia nel
LCR, della positività di VDRL nel
LCR con o senza manifestazione
clinica. Nei pazienti con neurosifilide la conta dei globuli bianchi
(GB) nel LCR è solitamente elevata (> 5 GB/mm3); la conta leucocitaria è una sensibile misura della
efficacia della terapia. VDRL nel
LCR è il tests sierologico standard
da effettuarsi nel LCR e se risulta
positivo in assenza di contaminazione ematica importante del liquor, è da considerarsi diagnostico
per neurosifilide. Tuttavia, VDRL
nel LCR può risultare negativo anche in presenza di neurosifilide.
Alcuni specialisti raccomandano
di utilizzare FTA-ABS nel LCR.
Questo test risulta meno specifico
per neurosifilide rispetto a VDRL
(a causa di frequenti risultati falsi
positivi), ma risulta molto sensibile. Quindi, alcuni specialisti credono che un FTA-ABS negativo nel
LCR possa escludere la neurosifilide.
Terapia
La penicillina G somministrata per
via parenterale è il trattamento di
scelta per tutti gli stadi di sifilide.
Le preparazioni usate (benzilpenicillina benzatinica, procaina, acquosa cristallina), il loro dosaggio
e la durata del trattamento dipendono dallo stadio della malattia.
Tuttavia, né la combinazione benzilpenicillina e penicillina procaina né le preparazioni orali sono
considerate efficaci per il trattamento della sifilide.
Case reports hanno riportato un
inappropriato utilizzo della combinazione benzilpenicillina - penicillina procaina (Bicillin C-R®) al posto della standard benzilpenicillina prodotta diffusamente negli
Stati Uniti (Bicillin L-A®). Medici,
farmacisti devono essere consapevoli della similitudine dei nomi di
questi due prodotti e devono evitare l’utilizzo inappropriato della
combinazione per il trattamento
della sifilide.
L’efficacia della penicillina per il
trattamento della sifilide è stata
stabilita attraverso l’esperienza
clinica ancora prima del riconoscimento del valore degli trials clinici
controllati e randomizzati.
Perciò, quasi tutte le raccomandazioni per il trattamento della sifilide sono basate su opinioni di
esperti di MST e sono consolidate
da case reports, trials clinici e 50
anni di esperienza clinica.
La penicillina G somministrata per
via parenterale è l’unica terapia
con una documentata efficacia per
la sifilide durante la gravidanza.
Le gravide con sifilide in ogni stadio che riportano una allergia alla
penicillina devono essere desensibilizzate e successivamente trattate con penicillina. I test cutanei per
l’allergia possono essere utili in
gravidanza; questi tests sono utili
anche per altri pazienti (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina).
La reazione di Jarisch-Herxhimer è
una reazione acuta febbrile frequentemente accompagnata da
cefalea, mialgia, ed altri sintomi
che solitamente compaiono nelle
prime 24 ore dopo ogni terapia per
la sifilide. I pazienti devono essere
informati della possibilità della
comparsa di questa reazione avversa. La reazione di Jarisch-Herxhimer viene riportata spesso nei
soggetti con sifilide precoce. Possono essere utilizzati degli antipiretici, sebbene non sia stato accertato che questi prevengano tale
reazione.
La reazione di Jarisch-Herxhimer
può indurre un parto precoce o
causare stress fetale in gravidanza,
ma queste possibilità non devono
ritardare o evitare la somministrazione della terapia antibiotica.
Gestione dei partners sessuali
La trasmissione sessuale di T. pallidum avviene esclusivamente
quando sono presenti le lesioni sifilitiche muco-cutanee; tali manifestazioni sono non comuni dopo il
primo anno dall’infezione. Tuttavia, soggetti esposti sessualmente
ad un paziente affetto da sifilide in
ogni stadio devono essere valutati
sierologicamente e clinicamente e
trattati con un trattamento standard, in accordo alle seguenti raccomandazioni:
soggetti che sono stati esposti nei
90 giorni che precedono la diagnosi di sifilide primaria, secondaria o sifilide latente precoce nel partner sessuale possono essere infettati anche se i
test sierologici risultano negativi; quindi, tali soggetti devono
essere trattati empiricamente
soggetti che sono stati esposti
nel periodo che precede i 90
giorni dalla diagnosi di sifilide
primaria, secondaria o sifilide
latente precoce nel partner
sessuale devono essere trattati
empiricamente se i test sierologici non risultano immedia3
tamente disponibili e se la possibilità di seguire il paziente
nel follow-up è in discussione
per proporre la notifica del
partner ed il trattamento empirico del partner sessuale, i pazienti con sifilide di durata
ignota che hanno un titolo del
test nontreponemico elevato
(>1:32) possono essere considerati affetti da sifilide precoce. Tuttavia, i titoli dei test sierologici non devono essere
usati per differenziare lo stadio
precoce dallo stadio tardivo di
sifilide per proporre successivamente il tipo di trattamento
partners sessuali long-term dei
pazienti che hanno una sifilide
latente devono essere valutati
sierologicamente e clinicamente per sifilide e trattati sulla base dei risultati.
Per l’identificazione dei partners
sessuali a rischio, i periodi da considerare a rischio prima del trattamento sono:
1) per la sifilide primaria, 3 mesi
più la durata dei sintomi
2) per la sifilide secondaria, 6
mesi più la durata dei sintomi
3) per la sifilide latente precoce,
1 anno.
SIFILIDE PRIMARIA E
SECONDARIA
La penicillina G somministrata per
via parenterale è stata utilizzata efficacemente per più di 50 anni per
ottenere una risposta clinica (guarigione delle lesioni e prevenzione
della trasmissione sessuale) e per
prevenire sequele tardive. Tuttavia, non esistono trials comparativi condotti adeguatamente per
condurre alla scelta di un trattamento a base di penicillina ottima-
le (la dose, la durata e la preparazione). Conseguentemente, pochi
dati sono disponibili per i trattamenti non a base di penicillina.
(Terapia consigliata negli adulti
Tabella1)
Terapia consigliata nei bambini
Dopo il periodo neonatale (età > 1
mese), i bambini con sifilide devono essere valutati con un esame
del LCR per identificare casi di
neurosifilide asintomatici, e devono essere controllate la cartella clinica della madre e del neonato al
momento della nascita per valutare se si tratta di sifilide congenita o
acquisita. I bambini con sifilide acquisita primaria o secondaria devono essere valutati da personale
specializzato (servizi dedicati agli
abusi sessuali dei minori) e trattati mediante un regime terapeutico
pediatrico. (Tabella 2)
Altre considerazioni gestionali
Tutti i soggetti cha hanno una diagnosi di sifilide devono essere sottoposti al test per l’HIV. In aree
geografiche in cui la prevalenza
dell’HIV risulta elevata i pazienti
che presentano una sifilide primaria devono ripetere il test per l’HIV
dopo 3 mesi dal primo test negativo.
I pazienti che hanno una diagnosi
di sifilide e presentano dei sintomi
o segni suggestivi di patologia neurologica (ad es. meningite) o di patologia oculare (ad es. uveite, irite,
neuroretinite, neurite ottica) devo
essere valutati con una rachicentesi ed una visita oculistica. Il trattamento verrà deciso sulla base dei
risultati di queste indagini.
L’invasione del LCR da parte del T.
pallidum rappresentato da anor-
Tabella 1
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Benzilpenicillina G
IM
2.4 milioni UI
Singola
somministrazione
Tabella 2
4
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Benzilpenicillina G
IM
50,000 UI/Kg
Singola
somministrazione
malità del LCR è comune negli
adulti che presentano una sifilide
primaria e secondaria. Tuttavia, la
neurosifilide si sviluppa in un numero limitato di pazienti dopo il
trattamento con penicillina raccomandato per una sifilide primaria
o secondaria. Quindi, a meno che
non ci siano segni o sintomi di interessamento neurologico o oculare, l’analisi del LCR non è raccomandato di routine nei soggetti
con sifilide primaria e secondaria.
Follow-up
Il fallimento terapeutico può avvenire con ogni tipo di regime terapeutico. Tuttavia, valutare la risposta al trattamento è spesso difficile
e criteri definitivi di cura o fallimento non sono stati stabiliti. I titoli dei test nontreponemici possono
diminuire più lentamente nei soggetti che hanno avuto precedentemente la sifilide.
I pazienti devono essere valutati
sierologicamente e clinicamente
dopo 6 e 12 mesi dal termine del
trattamento; valutazioni più frequenti possono essere necessarie
in caso di follow-up in discussione.
Pazienti che presentano segni o
sintomi che persistono o ricorrono
o che hanno un incremento di 4
volte del titolo del test nontreponemico (confrontato al titolo rilevato
prima del trattamento o rispetto al
massimo titolo raggiunto) probabilmente hanno un fallimento terapeutico o sono stati re-infettati.
Questi pazienti devono essere ritrattati e rivalutati per l’infezione
da HIV. Poiché il fallimento terapeutico solitamente non può essere distinto da una re-infezione con
T. pallidum, è necessario effettuare una analisi del LCR. Trial clinici
hanno dimostrato che il 15% dei
pazienti con una sifilide precoce
trattati con un regime raccomandato non otterranno, ad un anno
dal termine del trattamento, una
riduzione del titolo del test nontreponemico di due diluizioni necessario per definire una risposta
completa. Il fallimento del declino
di 4 volte del titolo del test nontre-
ponemico in un periodo di 6 mesi
dopo il trattamento per una sifilide
primaria o secondaria può essere
indicativo di probabile fallimento
terapeutico.
I pazienti i cui titoli anticorpali rimangono in una condizione di serofast devono essere rivalutati per
l’infezione da HIV. Una gestione ottimale di tali pazienti non è chiara.
Come minimo, questi pazienti devono ricevere un follow-up clinico
e sierologico maggiore. I soggetti
con infezione da HIV devono essere valutati frequentemente (almeno ad intervalli di 3 mesi – 6 mesi).
Inoltre, se il follow-up non può essere assicurato, è raccomandato
un ulteriore trattamento. Poiché il
fallimento terapeutico può essere
il risultato di una infezione del
SNC non riconosciuta, molti specialisti raccomandano in tale occasione una valutazione del LCR.
Per il trattamento, la maggioranza
degli specialisti di MST raccomandano la somministrazione settimanale intramuscolo di benzilpenicillina G 2.4 milioni UI per 3 settimane, a meno che il LCR indichi la
diagnosi di neurosifilide. In rare
condizioni, il titolo sierologico non
si riduce nonostante un LCR nella
norma o un trattamento ripetuto.
In tale circostanza non sono giustificate una terapia aggiuntiva o la
ripetizione dell’esame del LCR.
Allergia alla penicillina
Dati che supportano l’utilizzo di
farmaci alternativi all’utilizzo della penicillina per il trattamento
della sifilide precoce sono scarsi.
Tuttavia, diverse terapia sono efficaci in soggetti allergici alla penicillina non gravide con diagnosi di
sifilide primaria e secondaria. La
doxiciclina (100 mg per os ogni 12
h per 14 giorni) e le tetracicline
(500 mg per os ogni 6 h per 14 giorni) sono schemi terapeutici utilizzati da anni. La compliance è migliore per doxiciclina poiché le tetracicline causano effetti avversi
gastro-intestinali. Sebbene esistano scarsi studi clinici, insieme ad
una evidenza biologica e farmaco-
logica, per cui il ceftriaxone è efficace per il trattamento della sifilide precoce, la dose ottimale e la
durata del trattamento con il ceftriaxone non è stato definito. Alcuni specialisti raccomandano la
somministrazione quotidiana di
ceftriaxone 1g per via parenterale
(IM o EV) per 8-10 giorni. Alcuni
pazienti che sono allergici alla penicillina potrebbero essere allergici anche la ceftriaxone; in tali circostanze, può essere necessario
l’utilizzo di un farmaco alternativo.
Studi preliminari suggeriscono
l’efficacia dell’azitromicina 2 g in
singola dose. Tuttavia, diversi casi
di fallimento terapeutico con l’azitromicina sono stati riportati ed è
stata documentata la resistenza all’azitromicina in diverse aree geografiche. E’ necessario un followup stretto dei pazienti trattati con
terapie alternative. L’utilizzo di
ognuna di queste terapie nei soggetti con infezione da HIV non è
stata studiata; quindi, l’utilizzo di
doxiciclina, ceftriaxone e azitromicina tra queste persone deve essere considerato con cautela.
Pazienti con allergia alla penicillina la cui compliance con la terapia
o il follow-up non possono essere
assicurati devono essere desensibilizzati e trattati con benzilpenicillina. Il test cutaneo per l’allergia
alla penicillina può essere utile in
specifiche circostanze in cui l’esecutore del test ed i reagenti sono
adeguati (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina).
sito la malattia nell’anno precedente sono classificati come affetti
da sifilide latente precoce. Tale
condizione può essere diagnosticata se, nell’anno precedente la valutazione, il paziente presentava:
Gravidanza
Terapia
Le gravide che risultano allergiche
alla penicillina devono essere desensibilizzate e trattate con penicillina (vedi Gestione dei pazienti
con storia di allergia alla penicillina e Sifilide in gravidanza).
Il trattamento della sifilide latente
non interferisce sulla trasmissione
ma permette la prevenzione della
formazione di complicanze tardiva.
Sebbene l’esperienza clinica supporta l’efficacia della penicillina, una
scarsa evidenza è disponibile per
condurre alla scelta del trattamento.
I seguenti regimi terapeutici sono
raccomandati per i pazienti non allergici alla penicillina che presentano un LCR normale (se effettuata la
sua valutazione). (Tabelle 3 e 4)
SIFILIDE LATENTE
Sifilide latente si definisce in caso
di diagnosi sierologica di sifilide in
assenza di evidente malattia. I pazienti che hanno una diagnosi di
sifilide latente e che hanno acqui-
1) una documentata sieroconversione o un incremento di 4 volte o più del titolo anticorpale
del test nontreponemico
2) sintomi di sifilide primaria o
secondaria
3) un partner sessuale con una
documentata diagnosi di sifilide primaria, secondaria o latente precoce
4) test treponemici e nontreponemici positivi in un soggetto la
cui unica esposizione possa essere avvenuta nei 12 mesi precedenti.
I titoli dei tests sierologici nontreponemici solitamente risultano più
elevati durante la sifilide latente
precoce rispetto alla tardiva. Tuttavia, la sifilide latente precoce non
può essere distinta con certezza
dalla forma tardiva esclusivamente
sulla base dei titoli anticorpali.
Tutti i pazienti con sifilide latente
devono avere una valutazione accurata di tutte le superficie mucose accessibili (ad es. cavo orale,
area perineale nella donna, area
perianale e al di sotto del prepuzio
nell’uomo non circonciso) per rilevare lesioni mucose. A tutti i pazienti con diagnosi di sifilide deve
essere richiesto il test dell’HIV.
5
Dopo il periodo neonatale, i bambini con sifilide devono essere valutati con un esame del LCR per
escludere la diagnosi di neurosifilide. Inoltre, devono essere controllate la cartella clinica della madre e del neonato al momento della nascita per valutare se si tratta
di sifilide congenita o acquisita. I
bambini di età maggiore con sifilide acquisita latente devono essere
valutati come gli adulti e trattati
con i seguenti regimi terapeutici
pediatrici (vedi violenza sessuale
nei bambini). Questi regimi sono
adeguati per bambini non allergici
alla penicillina che hanno acquisito la sifilide e che presentano un
LCR normale. (Tabelle 5 e 6)
Altre considerazioni gestionali
Tutti i pazienti con diagnosi di sifilide latente devono essere valutati
clinicamente per escludere la malattia terziaria (ad es. aortite e
gomme) o la malattia oculare (ad
es. irite e uveite). I pazienti che
hanno una diagnosi di sifilide e
che dimostrano uno dei seguenti
criteri devono avere una valutazione del LCR:
sintomi o segni neurologici o oftalmici evidenza di una sifilide terziaria attiva (ad es. aortite e gomme)
fallimento terapeutico
infezione da HIV con sifilide latente tardiva o di durata ignota
In casi particolari, in cui sia lo stesso paziente a richiederlo, anche in
assenza di tali criteri può essere effettuata la valutazione del LCR. Alcuni specialisti raccomandano di
effettuare l’analisi del LCR in tutti
i soggetti con diagnosi di sifilide
latente con un test nontreponemico >1:32 o se il paziente ha una infezione da HIV con una conta dei
CD4 uguale o inferiore a 350. Tuttavia, la probabilità di diagnosticare una neurosifilide in tali circostanze non è nota. Se, invece,
l’analisi del LCR risulta compatibile con la neurosifilide, il paziente
dovrà essere trattato per tale patologia (vedi Neurosifilide).
Se un paziente con diagnosi di sifilide tardiva dimentica una dose di
penicillina durante un trattamento
settimanale, non è nota quale sia la
gestione corretta da seguire. I farmacologi suggeriscono che per
una sifilide tardiva o latente di durata ignota un intervallo di 10-14
giorni tra due dosi di benzilpenicillina potrebbe essere accettabile
prima di dover ricominciare l’intera sequenza di somministrazioni.
Invece, la dimenticanza di una dose di penicillina in una gravida con
diagnosi di sifilide latente tardiva
non è accettabile; in gravidanza la
dimenticanza di una dose di trattamento necessita la ripetizione dell’intero regime.
Tabella 3 - Terapia consigliata negli adulti - sifilide latente precoce
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Benzilpenicillina G
IM
2.4 milioni UI
Singola
somministrazione
Tabella 4 - Terapia consigliata negli adulti - sifilide latente tardiva o di durata ignota
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Benzilpenicillina G
IM
2.4 milioni UI
alla settimana
Tre somministrazioni ad
intervalli di una settimana
Tabella 5 - Terapia consigliata nei bambini - sifilide latente precoce
Farmaco di Iª scelta
Benzilpenicillina G
Modalità di
somministrazione
IM
Dosaggio
Durata
del trattamento
50,000 UI/Kg
Singola
somministrazione
Tabella 6 -Terapia consigliata nei bambini - sifilide latente tardiva o di durata ignota
6
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Benzilpenicillina G
IM
50,000 UI/Kg
Tre somministrazioni ad
intervalli di una settimana
Follow-up
Tests sierologici nontreponemici
devono essere ripetuti al 6°, 12° e
24° mese. I pazienti con un LCR
nella norma devono ripetere il
trattamento per sifilide latente se:
1) i titoli anticorpali aumentano di
4 volte
2) un titolo anticorpale iniziale
elevato (> 1:32) che dopo la terapia non diminuisce di almeno 4 volte (2 diluizioni) in un
periodo di 12-24 mesi
3) si rilevano nuovi segni o sintomi di sifilide.
In rare condizioni, il titolo sierologico non si riduce nonostante il
LCR risulti nella norma o venga ripetuto il trattamento. In tale circostanza non è chiaro il ruolo di una
terapia aggiuntiva o della ripetizione dell’esame del LCR.
Allergia alla penicillina
L’efficacia di regimi terapeutici alternativi a quelli che utilizzano la
penicillina per il trattamento della
sifilide latente non sono stati documentati. Pazienti non gravide che
risultano allergiche alla penicillina ed hanno una diagnosi certa di
sifilide latente precoce devono effettuare trattamenti alternativi
consigliati per la terapia della sifilide primaria o secondaria. Le uniche alternative per il trattamento
della sifilide latente tardiva o latente di durata ignota sono la doxiciclina (100 mg per os ogni 12 h) o
le tetracicline (500 mg per os ogni
6 h), entrambe somministrate per
un periodo di 28 giorni. Queste terapie devono essere utilizzate solo
in associazione con uno stretto follow-up clinico e sierologico.
Scarsi studi clinici, insieme ad evidenze biologiche e farmacologiche, suggeriscono che il ceftriaxone potrebbe essere efficace per il
trattamento della sifilide latente
tardiva o la sifilide latente di durata ignota. Tuttavia, la dose e la durata ottimale di tale trattamento
non è stato definito, e le opzioni terapeutiche devono essere discusse
con uno specialista. Alcuni pazienti che sono allergici alla penicillina
potrebbero essere allergici anche
al ceftriaxone; in tale circostanza
può essere necessario l’utilizzo di
un farmaco alternativo.
L’efficacia di questi regimi alternativi nei soggetti con infezione da
HIV non è stato studiato correttamente e, quindi, deve essere considerato con cautela.
Gravidanza
Le gravide che risultano allergiche
alla penicillina devono essere desensibilizzate e trattate con penicillina (vedi Gestione dei pazienti
con storia di allergia alla penicillina e Sifilide in gravidanza).
La gestione completa dei pazienti
che presentano una patologia cardio-vascolare o le gomme è al di
fuori dello scopo di queste linee
guida. Questi pazienti devono essere gestiti da uno specialistica di
malattie infettive.
Follow-up
Sono disponibili scarse informazioni relative alla risposta clinica e
al follow-up dei pazienti che hanno una sifilide terziaria.
Allergia alla penicillina
Pazienti allergici alla penicillina
devono essere trattati in accordo ai
regimi terapeutici consigliati per
la sifilide latente tardiva.
Gravidanza
SIFILIDE TERZIARIA
La diagnosi di sifilide terziaria si
riferisce a le lesioni cardiovascolari e alle gomme ma non alla neurosifilide. I pazienti che risultano allergici alla penicillina e che non
hanno una evidente neurosifilide
devono essere trattati con il seguente regime terapeutico.
(Terapia Tabella 7)
Le gravide che risultano allergiche
alla penicillina devono essere desensibilizzate, se necessario, e
trattate con penicillina (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina e Sifilide in
gravidanza).
NEUROSIFILIDE
Terapia
Altre considerazioni gestionali
Ai pazienti che hanno una sifilide
tardiva sintomatica deve essere effettuata una valutazione del LCR
prima di iniziare la terapia. Alcuni
medici trattano i pazienti con una
sifilide cardio-vascolare con il trattamento utilizzato per la neurosifilide.
L’interessamento del SNC può avvenire in ogni stadio della sifilide. In un
paziente con diagnosi di sifilide ed
evidenza clinica di interessamento
neurologico (ad es. disfunzione cognitiva, deficit motorio e sensitivo,
paralisi dei nervi cranici e segni e
sintomi di meningite) deve essere
effettuata una valutazione del LCR.
Tabella 7
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Benzilpenicillina G
IM
2.4 milioni UI
alla settimana
Tre somministrazioni ad
intervalli di una settimana
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Penicillina G acquosa
cristallina
EV
2.4 milioni UI
alla settimana
10/14 giorni
Tabella 8
Tabella 9 - Terapia consigliata nei bambini - sifilide latente precoce
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Penicillina procaina
IM
10/14 giorni
Probenecid
x os
3-4 milioni UI/4h o infusione
continua (18-24 milioniUI/die)
2-4 milioni UI ogni 24 h
500 mg ogni 6 h
10/14 giorni
L’uveite sifilitica e altre manifestazioni oculari sono frequentemente
associate alla neurosifilide; pazienti con questi sintomi devono essere
trattati con regimi terapeutici della
neurosifilide. Una valutazione del
LCR deve essere effettuata in tutti i
pazienti per permettere di identificare quelli con anormalità che richiedono un successivo follow-up
del LCR per permettere la valutazione della risposta terapeutica.
I pazienti che hanno una neurosifilide o una malattia oculare sifilitica (ad es. uveite, neuroretinite,
neurite ottica) devono essere trattati con il regime terapeutico di
prima scelta. Se la compliance alla
terapia non può essere assicurata,
i pazienti devono essere trattati
con il regime terapeutico di seconda scelta. (Tabelle 8 e 9)
La durata di tali regimi terapeutici
per la neurosifilide risulta più breve rispetto ai regimi utilizzati per
la sifilide tardiva in assenza di neurosifilide. Quindi, alcuni specialisti
somministrano benzilpenicillina
2.4 milioni UI intramuscolo alla
settimana per 3 settimane successivamente al trattamento consigliato per la neurosifilide, per permettere una duratatotale simile di
terapia.
Altre considerazioni gestionali
Altre considerazioni per la gestione dei pazienti con diagnosi di
neurosifilide sono le seguenti:
tutti i pazienti che hanno un diagnosi di sifilide devono effettuare il test per HIV molti specialisti
raccomandano di trattare i pazienti che hanno una patologia
dell’orecchio causata dalla sifilide alla stessa maniera dei pazienti con neurosifilide, indipendentemente dei risultati dell’analisi del LCR. Sebbene la
somministrazione sistemica di
steroidi venga frequentemente
utilizzata come terapia aggiuntiva per la patologia dell’orecchio
conseguente alla sifilide, non è
stato provato il loro reale effetto
benefico.
7
Follow-up
Se inizialmente nel LCR è presente una pleiocitosi, è necessario ripetere ogni 6 mesi l’analisi del LCR
fino alla normalizzazione della
conta cellulare. Il follow-up del
LCR prevede anche la valutazione
dei cambi del titolo di VDRL o della quantità di protidoracchia; tuttavia, le modifiche di tali parametri
avviene più lentamente rispetto alla conta cellulare e la persistenza
di anormalità può risultare meno
importante.
Allergia alla penicillina
Il ceftriaxone può essere utilizzato
come trattamento alternativo per
pazienti con neurosifilide, sebbene
la possibilità di cross-reazione tra
questo farmaco e la penicillina esiste. Alcuni specialisti raccomandano ceftriaxone 2 g per via parenterale (IM o EV) ogni 24 h per 10-14
giorni. Altri regimi non sono stati
adeguatamente valutati per il trattamento della neurosifilide. Quindi, se esiste una certa preoccupazione per la tollerabilità del ceftriaxone per un paziente con neurosifilide, il paziente deve effettuare i test cutanei per confermare
l’allergia alla penicillina e, se necessario, deve essere desensibilizzato e gestito con uno specialista.
Gravidanza
Le gravide che risultano allergiche
alla penicillina devono essere desensibilizzate, se necessario, e
trattate con penicillina (vedi Gestione dei pazienti con storia di allergia alla penicillina e Sifilide in
gravidanza).
SIFILIDE NEI SOGGETTI CON
INFEZIONE DA HIV
Considerazioni diagnostiche
Nei soggetti con infezione da HIV e
sifilide sono stati riportati risultati
sierologici atipici. La maggioranza
dei casi riporta titoli anticorpali insolitamente elevati, sebbene vengano riportati anche test che si positivizzano tardivamente e risulta8
ti falsamente negativi. Tuttavia, risposte sierologiche atipiche sono
comunque rare, ed alcuni specialisti ritengono che i tests sierologici treponemici e nontreponemici
possano essere interpretati nella
solita maniera anche nei soggetti
HIV positivi.
Quando la sintomatologia clinica è
suggestiva di sifilide, ma i tests sierologici sono negativi o di difficile
interpretazione, deve essere considerato l’utilizzo di altri tests (biopsia della lesione, esame microscopico in campo oscuro, colorazione
con immunofluorescenza del materiale raccolto).
La neurosifilide deve essere considerata nella diagnosi differenziale
delle patologie neurologiche dei
soggetti con infezione da HIV.
Terapia
Rispetto ai soggetti sieronegativi i
pazienti HIV positivi con diagnosi
di sifilide precoce possono avere
un aumentato rischio di complicanze neurologiche e possono avere un elevato tasso di fallimenti terapeutici con i soliti regimi raccomandati. La dimensione di questi
rischi non è definibile con precisione ma probabilmente è minima.
Non sono stati dimostrati dei regimi terapeutici più efficaci nel prevenire la neurosifilide nei soggetti
con infezione da HIV. Un accurato
follow-up successivo al trattamento si rende necessario.
SIFILIDE PRIMARIA E
SECONDARIA NEI
SOGGETTI CON
INFEZIONE DA HIV
Terapia
Il trattamento prevede la benzilpenicillina G 2.4 milioni di UI intramuscolo in singola dose. Alcuni
specialisti consigliano un trattamento supplementare (ad es. benzilpenicillina G 2.4 milioni di UI intramuscolo ogni settimana per 3
settimane, come raccomandato per
la sifilide tardiva) in aggiunta alla
singola dose di benzilpenicillina.
Altre considerazioni gestionali
Allergia alla penicillina
Poiché alterazioni del LCR (pleiocitosi mononucleare e iperprotidoracchia) sono comuni nei pazienti
con diagnosi di sifilide precoce e
nei pazienti con infezione da HIV, il
significato clinico e prognostico di
tali alterazioni nei pazienti HIV positivi con sifilide primaria e secondaria è sconosciuta. Sebbene la
maggioranza dei soggetti con infezione da HIV rispondo appropriatamente alla terapia standard con
benzilpenicillina, alcuni specialisti
raccomandano di intensificare la
terapia quando si sospetta un interessamento neurologico. Inoltre,
alcuni specialisti raccomandano
una analisi del LCR prima di iniziare il trattamento dei soggetti
con infezione da HIV e sifilide precoce, e un follow-up del LCR post
terapia in quelli in cui il liquor risulta alterato.
I pazienti allergici alla penicillina
che hanno una diagnosi di infezione da HIV e sifilide primaria o secondaria devono essere gestiti in
accordo alle raccomandazioni per
i soggetti sieronegativi allergici alla penicillina. L’utilizzo di trattamenti alternativi alla penicillina
non sono stati studiati nei soggetti
con infezione da HIV.
Follow-up
I soggetti con infezione da HIV devono essere valutati clinicamente e
sierologicamente per escludere il
fallimento terapeutico al 3°, 6°, 9°,
12° e 24° mese dopo il trattamento.
Sebbene non sia stato provato il reale beneficio, alcuni specialisti raccomandano di effettuare una valutazione del LCR dopo 6 mesi dal trattamento.
I soggetti con infezione da HIV che
presentano i criteri di fallimento terapeutico (ad es. segni e sintomi di
persistenza o ricorrenza di malattia
o incremento di 4 volte del titolo anticorpali dei tests nontreponemici)
devono essere gestiti nella stessa
maniera dei soggetti sieronegativi
(valutazione del LCR e ulteriore trattamento). La valutazione del LCR e
la necessità di ulteriore trattamento
devono anche essere fortemente
considerati per i soggetti il cui titolo
del test nontreponemico non diminuisce di 4 volte in un periodo di 612 mesi dopo la terapia. La maggioranza degli specialisti vuole ri-trattare i pazienti con benzilpenicillina
G 2.4 milioni di UI intramuscolo ogni
settimana per 3 settimane nel caso
LCR risulti normale.
SIFILIDE LATENTE NEI
SOGGETTI CON INFEZIONE
DA HIV
Considerazioni diagnostiche
I pazienti con infezione da HIV che
hanno una diagnosi di sifilide latente devono essere gestiti e trattati in accordo con le raccomandazioni per i pazienti HIV negativi
che hanno una diagnosi di sifilide
primaria o secondaria. Ai pazienti
con infezione da HIV che hanno
una diagnosi di sifilide latente tardiva o di durata ignota deve essere
fatta una analisi del liquor prima
del trattamento.
leva una riduzione di 4 volte del titolo anticorpale dei tests sierologici nontreponemici, è necessario ripetere l’analisi del LCR a cui deve
seguire un trattamento a seconda
del risultato.
Allergia alla penicillina
L’efficacia di regimi terapeutici alternativi alla penicillina nei pazienti con infezione da HIV non sono stati studiati.
I pazienti allergici alla penicillina
la cui compliance alla terapia od il
follow-up non possono essere assicurati devono essere desensibilizzati e trattati con la penicillina.
Queste terapie alternative devono
essere utilizzate solo in associazione ad un stretto monitoraggio clinico e sierologico. Scarsi studi clinici, insieme ad evidenze biologiche e farmacologiche, suggeriscono che il ceftriaxone potrebbe essere efficace. Tuttavia, la dose e la
durata ottimale della terapia con il
ceftriaxone non sono stati definiti.
SIFILIDE DURANTE LA
GRAVIDANZA
Terapia
I pazienti che hanno una diagnosi
di sifilide latente tardiva o di durata ignota ed un esame del LCR nella norma possono essere trattati
con benzilpenicillina G 2.4 milioni
di UI alla settimana per 3 settimane. I pazienti che presentano un
LCR compatibile con neurosifilide
devono essere gestiti e trattati come pazienti con diagnosi di neurosifilide (vedi Neurosifilide).
Follow-up
I pazienti devono essere valutati
clinicamente e sierologicamente
al 6°, 12°, 18° e 24° mese dopo il
trattamento. Nel caso di sviluppo,
in ogni momento, di sintomi clinici o nel caso si rilevi un incremento di 4 volte del titolo dei test nontreponemici, è necessario ripetere
una valutazione del LCR a cui deve seguire un trattamento a seconda del risultato. Se durante i 12-24
mesi dopo il trattamento non si ri-
A tutte le gravide deve essere fatta
la sierologia per sifilide durante le
prime settimane di gravidanza. La
maggioranza degli Stati permette
lo screening sierologico della sifilide durante la prima visita prenatale della gravida. Lo screening prenatale è effettuato con i tests sierologici nontreponemici, sebbene in
alcune aree siano stati utilizzati
test sierologici treponemici. Un
test sierologico treponemico positivo eseguito durante uno screening deve essere confermato con
un test nontreponemico e quantitativo. Nelle popolazioni in cui la
cura prenatale non è ottimale, al
momento del riscontro della gravidanza viene effettuato un test RPRcard di screening e, in caso questo
risulti positivo, il conseguente trattamento. Per le popolazioni in cui
la prevalenza della sifilide è elevata o per pazienti definibili ad elevato rischio, il test sierologico deve
essere effettuato due volte durante
il terzo trimestre: tra la 28° e la 32°
settimana di gestazione e al momento del parto. Ad ogni donna
che partorisce un feto morto dopo
la 20° settimana di gestazione deve
essere offerto il test sierologico per
la sifilide. Nessun neonato deve lasciare l’ospedale senza che la rispettiva madre abbia effettuato almeno una volta durante la gravidanza un esame sierologico per sifilide.
Considerazioni diagnostiche
Gravide con una sierologia per sifilide positiva devono essere considerate malate a meno che sia documentata da un medico una storia di adeguato trattamento e che
sequenziali titoli anticorpali della
sierologia siano progressivamente
in calo. Bassi titoli anticorpali (serofast) possono non richiedere un
trattamento; tuttavia, persistenti
elevati titoli anticorpali possono
indicare una nuova infezione e richiedere il trattamento.
Terapia
La penicillina è efficace per prevenire la trasmissione materno-fetale dell’infezione e per trattare l’infezione fetale. Non esistono dati di
evidenza sufficienti per determinare specifici regimi terapeutici a
base di penicillina ottimali. Pertanto, il trattamento durante la gravidanza deve includere l’utilizzo della penicillina al dosaggio richiesto
per quello specifico stadio della
malattia.
Altre considerazioni gestionali
Alcuni specialisti raccomandano
una terapia addizionale per le gravide in alcune aree (ad es. una seconda dose di benzilpenicillina G
2.4 milioni di UI intramuscolo da
somministrarsi 1 settimana dopo
la somministrazione della singola
dose nella sifilide primaria, secondaria o sifilide latente precoce).
Durante la seconda metà della gravidanza, la gestione della sifilide
può essere facilitata da un esame
ecografico per sifilide congenita,
9
sebbene questo esame non debba
ritardare il trattamento. Segni ecografici di sifilide placentare o fetale (ad es. epatomegalia, ascite,
idrope, ispessimento della placenta) indicano un maggiore rischio di
fallimento terapeutico fetale; tali
casi devono essere gestiti in comune con un specialista ostetrico.
Non esistono dati di evidenza sufficienti per consigliare specifici regimi terapeutici in tale situazione.
Donne trattate per sifilide durante
la seconda metà della gravidanza
sono a maggior rischio di parto
pretermine e/o distress fetale, se il
trattamento provoca la reazione di
Jarisch-Herxhimer. Queste donne
devono essere informate di recarsi
dopo il trattamento presso un ostetrico, in caso di comparsa di contrazioni o se non si rilevano più
movimenti fetali. La nascita di un
feto morto rappresenta una rara
complicanza del trattamento, ma
non deve ritardare l’inizio della terapia. A tutte le gravide con sifilide
deve essere offerto il test dell’HIV.
Allergia alla penicillina
Per il trattamento della sifilide durante la gravidanza non ci sono terapia alternative alla penicillina.
Le gravide con una storia di allergia alla penicillina devono essere
desensibilizzate e trattate con penicillina. I test cutanei possono essere utili. Le tetracicline e la doxiciclina non sono utilizzate durante
la gravidanza. L’eritromicina non
deve essere usata poiché non cura
l’infezione fetale. I dati sono insufficienti per raccomandare l’azitromicina o il ceftriaxone per il trattamento della infezione materna e
per prevenire la sifilide congenita.
Infezione da HIV
L’infiammazione della placenta
derivata dall’infezione congenita
può aumentare il rischio di trasmissione perinatale di HIV. Tutte
le donne con infezione da HIV devono essere valutate per escludere
la diagnosi di sifilide e in caso contrario trattate. I dati sono insufficienti per consigliare uno specifico regime terapeutico.
Follow-up
La coordinazione di una corretta
cura prenatale e di un successivo
follow-up è essenziale. I titoli sierologici devono essere ripetuti tra la
28° e la 32° settimana di gestazione,
al momento del parto, e a seconda
delle raccomandazioni per ogni stadio della malattia. I titoli anticorpali possono essere controllati ogni
mese nelle donne ad elevato rischio
di nuova infezione o in aree geografiche in cui la prevalenza della sifilide risulta elevata. La risposta clinica e sierologica deve essere appropriata per lo stadio della malattia. La maggioranza delle donne
partoriranno prima che la risposta
sierologica al trattamento sia valutabile definitivamente. Un trattamento materno inadeguato è possibile se il parto avviene entro 30
giorni dall’inizio della terapia, se
segni e sintomi della malattia sono
ancora presenti al momento del
parto o se il titolo anticorpale è 4
volte più elevato rispetto al titolo riscontrato prima del trattamento.
10
PATOLOGIE
CARATTERIZZATE DALLA
SECREZIONE VAGINALE
GESTIONE DEI PAZIENTI
CHE PRESENTANO UNA
INFEZIONE VAGINALE
Le vaginiti sono caratterizzate da
una secrezione vaginale (leucorrea) e/o prurito e irritazione vulvare ed un odore vaginale può essere presente. Le tre malattie più frequentemente associate con la leucorrea sono la vaginosi batterica
(alterazione della normale flora
vaginale con incremento della presenza di microrganismi anaerobi,
mycoplasma e Gardnerella vaginalis), la tricomoniasi (T. vaginalis) e la candidasi (solitamente
causata dalla Candida albicans).
Le cerviciti possono qualche volta
causare una leucorrea. Sebbene la
candidasi vulvovaginale (VVC)
non è trasmessa per via sessuale, è
inclusa in questo paragrafo poiché
è un problema frequentemente riportato dalle donne valutate per
una MST.
Vari metodi diagnostici sono disponibili per l’identificazione dell’eziologia di una secrezione vaginale abnorme. I test di laboratorio
non permettono l’identificazione
della causa della vaginite in una
minoranza di donne.
La causa dei sintomi vaginali può
essere determinata dal pH e dall’esame microscopico di campioni a
fresco della secrezione vaginale. Il
pH delle secrezioni vaginali può essere determinato da un misuratore
di pH; un elevato pH (ad es. > 4.5) è
comune nella vaginosi batterica e
nella tricomoniasi ma può non essere sufficientemente specifico.
La leucorrea può essere esaminata diluendo una parte del campione in uno o due gocce di soluzione
salina 0.9% su un vetrino (soluzione A) ed un seconda parte del campione in una soluzione di idrossido
di potassio (KOH) 10% (soluzione
B). Immediatamente dopo l’aggiunta di KOH il riscontro di un
odore caratteristico (amine odor)
suggerisce la diagnosi di vaginosi
batterica. Una volta applicato due
vetrini coprioggetto sopra i due
campioni (soluzione A e B), questi
possono essere osservati al microscopio. Tale indagine effettuata sul
primo campione (soluzione A) permette più facilmente il riscontro
del T. vaginale mobile o delle clue
cells (cellule epiteliali con i bordi
riempiti di piccoli germi), quest’ultime caratteristiche della vaginosi
batterica. La presenza dei leucociti senza evidenza del T. vaginalis o
di funghi è solitamente suggestiva
di cervicite. I funghi o pseudoife
della Candida spp. sono più facilmente identificabili nel campione
contenete KOH (soluzione B). Tuttavia, l’assenza del T. vaginalis o
delle pseudoife non esclude completamente la possibilità che questi patogeni siano presenti poiché
diversi studi hanno dimostrato la
loro presenza mediante la coltura
o l’utilizzo della PCR dopo una diagnosi microscopica negativa. La
presenza di segni obiettivi di infiammazione vulvare in assenza di
patogeni vaginali, insieme alla
presenza di leucorrea, suggerisce
la possibilità di una irritazione vulvare di tipo meccanico, chimico,
allergico e comunque di una irritazione vulvare non infettiva. L’esame colturale per la ricerca del T.
vaginalis è più sensibile dell’esame microscopico. In aree dove il
microscopio non è accessibile,
tests alternativi possono essere utilizzati per la diagnostica delle vaginiti.
VAGINOSI BATTERICA
La vaginosi batterica è una sindrome clinica polimicrobica derivata
dalla sostituzione della normale
flora batterica vaginale costituita
dai Lactobacillus sp. produttori di
H2O2 con una elevata concentrazione di batteri anaerobi (ad es.
Prevotella sp. e Mobiluncus sp.), G.
vaginalis e Mycoplasma hominis.
La vaginosi batterica rappresenta
la prevalente causa di leucorrea o
odore sgradevole vaginale; tuttavia, più del 50% delle donne con
vaginosi batterica sono asintomatiche. La causa della alterazione
microbiologica non è completamente nota. La vaginosi batterica è
associata con fattori di rischio quali ad esempio avere più partner
sessuali, un nuovo partner sessuale, il lavaggio delle aree genitali
(douching) e la perdita dei lattobacilli vaginali; non è ancora certo se
la vaginosi batterica viene acquisita per via sessuale. Donne che non
hanno mai avuto rapporti sessuali
raramente soffrono di vaginosi
batterica. Il trattamento del partner sessuale non comporta un effetto benefico per la prevenzione
degli episodi ricorrenti di vaginosi
batterica.
Considerazioni diagnostiche
La vaginosi batterica può essere
diagnosticata utilizzando criteri
clinici o mediante la colorazione
Gram delle secrezioni.
I criteri clinici richiedono tre dei
seguenti sintomi o segni:
Secrezione vaginale chiarabianca omogenea, sottile, che
riveste uniformemente le pareti vaginali
• Presenza all’esame microscopico delle clue cells nella secrezione
• pH > 4.5 delle secrezioni vaginali
• odore caratteristico di pesce
(fishy odor) delle secrezioni
vaginali prima o dopo l’aggiunta di KOH 10% (whiff test)
Quando viene utilizzato l’esame
microscopico con colorazione
Gram, il metodo di laboratorio
gold standard per la diagnosi di vaginosi batterica è considerato la
determinazione della concentrazione relativa dei lattobacilli (lunghi bacilli Gram positivi), la presenza dei bacilli e cocchi Gram negativi e Gram variabili (ad es. G.
vaginalis, Prevotella, Porphyromonas, peptostreptococchi) e dei bacilli ricurvi Gram negativi (Mobiluncus), caratteristici di tale dismicrobismo.
L’esame colturale non è raccomandato per la diagnosi della G.
vaginalis poiché non è un test specifico. Tuttavia, un test PCR basato
su un’elevata concentrazione di G.
vaginalis (AffirmTM VP III, Necton
Dickinson , Sparks, Maryland) può
avere un’utilità clinica. Il Paptest
cervicale non ha alcuna utilità per
la diagnosi della vaginosi batterica
a causa della sua bassa sensibilità.
Altri test commercializzati possono essere utili per la diagnosi di vaginosi batterica: test per l’identificazione di un elevato pH, della trimethylamina (QuickVue Advance
Quidel, San Diego, California) e
della prolineaminopeptidase (Pip
Activity TestCardTM, Quidel, San
Diego, California).
•
Terapia
I benefici riconosciuti della terapia
della vaginosi batterica nelle donne non gravide sono:
1) riduzione dei sintomi e dei segni vaginali dell’infezione
2) riduzione del rischio di complicanze infettive dopo un aborto
o un’isterectomia.
Altri potenziali benefici possono
includere una riduzione del rischio per altre infezioni (ad es. infezione da HIV e altre MST). Tutte
le donne con una vaginosi batterica sintomatica necessitano della
terapia.
La vaginosi batterica durante la
gravidanza è associata a eventi avversi (outcome): rottura prematura delle membrane, parto pretermine, infezione intraamniotica,
endometriti postpartum. Il beneficio riconosciuto della terapia della
vaginosi batterica nelle gravide è
la riduzione dei sintomi e dei segni
vaginali dell’infezione. Altri potenziali benefici possono includere:
1) riduzione del rischio di complicanze infettive associate alla
vaginosi batterica durante la
gravidanza
2) riduzione del rischio per altre
infezioni (ad es. infezione da
HIV e altre MST).
I risultati di diversi studi indicano
che il trattamento delle gravide
con vaginosi batterica che sono a
maggiore rischio di parto pretermine (ad es. quelle che hanno precedentemente partorito prematuramente) può ridurre il rischio di
prematurità. Quindi, i medici devono considerare di indagare la
presenza di vaginosi batterica nelle gravide ad elevato rischio e di
trattare quelle con vaginosi batterica asintomatica.
La flora batterica che caratterizza
la vaginosi batterica è stata riscontrata nell’endometrio e nelle salpingi delle donne che hanno una
diagnosi di malattia infiammatoria
pelvica (MIP). La vaginosi batterica è stata associata a endometriti,
MIP, celluliti vaginali dopo procedure invasive quali: biopsia endometriale, isterectomia, isterosalpingografia, inserimento di uno
IUD, taglio cesareo, revisione uterina. I risultati di 2 studi trials randomizzati controllati hanno indicato che il trattamento di una vaginosi batterica con il metronidazolo
riduce sostanzialmente la comparsa della MIP dopo un aborto. Tre
trials clinici che hanno valutato
11
l’utilizzo di una copertura antibiotica antianaerobi (ad es. metronidazolo) come profilassi chirurgica
prima di un aborto e 7 trials che
hanno valutato la copertura antibiotica per donne che andavano
incontro ad una isterectomia hanno dimostrato una riduzione sostanziale delle complicanze infettive post-chirurgiche. A causa di
un aumentato rischio di complicanze infettive post-chirurgiche
associate alla vaginosi batterica,
alcuni specialisti raccomandano
che le donne che devono subire un
intervento di aborto o di isterectomia, devono essere valutate ed
eventualmente trattate per vaginosi batterica in aggiunta alla profilassi antibiotica solitamente utilizzata. Tuttavia, maggiori informazioni sono necessarie prima di raccomandare il trattamento della vaginosi batterica asintomatica prima di altre procedure invasive.
(Tabella 10)
Le pazienti devono essere informate di non assumere alcool durante
il trattamento con metronidazolo e
nelle 24 h successive. La crema di
clindamicina è a base di olio e può
alterare il condom in latex e il diaframma fino a 5 giorni dopo il suo
utilizzo. E’ necessario rivolgersi i
produttori della clindamicina per
ulteriori informazioni. Le preparazioni topiche di clindamicina non
devono essere usate nella seconda
metà della gravidanza.
I trattamenti consigliati a base di
metronidazolo hanno la stessa efficacia. Il trattamento con clindamicina intravaginale può essere meno efficace dei trattamenti a base
di metronidazolo. Un trial randomizzati che ha valutato l’efficacia
clinica del metronidazolo gel
0.75% intravaginale somministrato una volta al giorno rispetto a due
volte al giorno ha dimostrato gli
stessi tassi di cura 1 mese dopo la
terapia.
Il metronidazolo 2 g per os in singola somministrazione ha minore
efficacia per il trattamento della
vaginosi batterica e non è più raccomandato. La FDA ha approvato
le compresse di metronidazolo 750
mg a lento rilascio da somministrare una sola volta al giorno per
7 giorni e la singola dose intravaginale di clindamicina crema. Non
esistono dati pubblicati che confrontano i risultati microbiologici e
clinici ottenuti con questi trattamenti rispetto agli altri regimi consigliati.
I tassi di cura non differiscono tra
la clindamicina crema intravaginale e gli ovuli.
Diversi studi hanno valutato l’efficacia microbiologica e clinica dell’utilizzo delle supposte intravaginali di lattobacilli per restaurare la
flora vaginale e trattare la vaginosi batterica. Tuttavia, non è stata
dimostrata la superiorità microbiologica e clinica dell’utilizzo per
un mese delle supposte di lattobacilli attualmente disponibili rispetto al placebo.
Non esistono dati che supportano
l’utilizzo del douching per la riduzione dei sintomi.
Non è necessario effettuare un follow-up clinico se i sintomi scompaiono. Poiché la ricorrenza della
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Metronidazolo
x os
500 mg ogni 12 h
7 giorni
Metronidazolo
topico intravaginale
gel 0.75% singola somm. (5g)
5 giorni
topico intravaginale crema 2% singola somm. (5g)
7 giorni
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Clindamicina
x os
300 mg ogni 12 h
7 giorni
Clindamicina
ovuli intravaginali
ovuli 100 g prima di coricarsi
3 giorni
12
Management dei partner
sessuali
I risultati ottenuti dai trials clinici
indicano che la risposta alla terapia e la probabilità di recidivare o
ricorrere non dipendono dal trattamento del partner sessuale. Quindi, il trattamento sistematico del
partner non è raccomandato.
Allergia o intolleranza alla
terapia raccomandata
La clindamicina in crema intravaginale è preferita in caso di allergia o intolleranza al metronidazolo. Il metronidazolo gel intravaginale può essere considerato per i
pazienti che non tollerano il metronidazolo per via sistemica, sebbene i pazienti allergici al metronidazolo per os non devono essere
trattati con il metronidazolo intravaginale.
Follow-up
Tabella 10
Clindamicina
vaginosi batterica è rara, le donne
devono essere informate di ritornare in caso di ricorrenza dei sintomi per effettuare una terapia aggiuntiva. Un trattamento differente può essere utilizzato rispetto al
trattamento iniziale in questo caso.
Tuttavia, le donne con numerose
ricorrenze devono essere inviate
dallo specialista. Un trial randomizzato sulla vaginosi batterica
persistente indica che il metronidazolo gel 0.75% applicato due
volte alla settimana per 6 mesi in
seguito al trattamento consigliato
è efficace nel mantenere un tasso
di cura clinico per 6 mesi.
Gravidanza
Tutte le gravide che hanno una
malattia sintomatica devono essere trattate. La vaginosi batterica è
associata alla rottura prematura
delle membrane, corioamniositi,
travaglio e parto pretermine, infezione intraamniotica, endometrite
postpartum e infezione della ferita
chirurgica dopo il parto cesareo.
Alcuni specialisti preferiscono
l’utilizzo della terapia sistemica
per trattare una possibile infezione
del tratto genitale superiore subclinico.
Il trattamento della vaginosi batterica asintomatica della gravida ad
elevato rischio per il parto pretermine (ad esempio quelle gravide
che hanno già avuto un precedente parto pretermine) con un trattamento orale ha ridotto il tasso di
prematurità secondo il risultato ottenuto in 3 su 4 trials randomizzati e controllati; alcuni specialisti
raccomandano lo screening ed il
trattamento orale di queste donne.
Tuttavia, il trattamento ottimale
non è stato stabilito. Lo screening
(se condotto) ed il trattamento devono essere effettuati durante la
prima visita ginecologica.
Due trials hanno valutato l’efficacia del metronidazolo durante la
gravidanza usando un trattamento
con metronidazolo 250 mg. Tuttavia, alcuni specialisti raccomandano nelle gravide l’utilizzo di un regime a base di metronidazolo 500
mg due volte al giorno. Un piccolo
trial dimostra che il trattamento
con il metronidazolo 500 mg per os
due volte al giorno era ugualmente efficace che un trattamento con
metronidazolo gel, con un tasso di
cura del 70%. Tuttavia, questi regimi non sono efficaci nel ridurre il
parto pretermine in ogni gruppo di
donne. Diversi studi e meta-analisi hanno dimostrato una associazione tra l’utilizzo del metronidazolo durante la gravidanza e gli effetti teratogeni o mutogeni nei
neonati. (Tabella 11)
Non è chiaro se il trattamento delle gravide asintomatiche con vaginosi batterica a basso rischio per
parto pretermine riduce il rischio
di effetti avversi (outcome) durante la gravidanza. Un trial in cui la
terapia orale con clindamicina veniva usata ha dimostrato una riduzione del parto pretermine. Diver-
si trials hanno valutato l’utilizzo intravaginale della clindamicina durante la gravidanza per la riduzione del rischio di parto pretermine
e per il trattamento della vaginosi
batterica asintomatica. Un trial in
cui le donne erano trattate prima
della 20° settimana di gestazione
ha dimostrato una riduzione del rischio di parto pretermine. In altri 3
trials, l’applicazione intravaginale
della clindamicina crema è avvenuta nel periodo compreso tra la
16-32° settimana di gestazione ed
un incremento di eventi avversi
(nascita di neonato con basso peso
ed infezione neonatale) è stata osservata nei neonati. Quindi, la clindamicina crema somministrata
per via intravaginale deve essere
utilizzata solo nella prima metà
della gravidanza.
Follow-up in gravidanza
Il trattamento della vaginosi batterica nelle gravide asintomatiche
che sono ad elevato rischio di parto pretermine possono prevenire
eventi avversi (outcomes) durante
la gravidanza. In questo caso, il follow-up al primo mese dopo il termine della terapia deve essere
considerato per valutare se la terapia è efficace.
Infezione da HIV
I pazienti con vaginosi batterica ed
infezione da HIV devono ricevere
lo stesso trattamento di quelli che
non hanno l’infezione da HIV. La
vaginosi batterica appare essere
più persistente nelle donne con infezione da HIV.
TRICOMONIASI
La tricomoniasi è causata dal protozoo T. vaginalis. Alcuni uomini
infettati dal T. vaginalis possono
Tabella 11
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Metronidazolo
x os
500 mg ogni 12 h
7 giorni
Metronidazolo
x os
250 mg ogni 8 h
7 giorni
Clindamicina
x os
300 mg ogni 12 h
7 giorni
non presentare alcun sintomo, altri presentano un’uretrite definita
NGU (uretrite non gonococcica).
La maggioranza delle donne presentano sintomi caratterizzati da
una abbondante leucorrea maleodorante, giallo-verdastra, con irritazione vulvare. Tuttavia, alcune
donne possono non presentare alcun sintomo.
La diagnosi della tricomoniasi è
solitamente effettuata mediante la
valutazione microscopica della secrezione vaginale, sebbene la sensibilità di tale metodica risulta del
60-70% e richiede una analisi più
approfondita del vetrino. Altri test
approvati dalla FDA per la diagnosi della tricomoniasi nelle donne
includono: OSOM Trichomonas
Rapid Test (Genzyme Diagnostics,
Cambridge, Massachusetts), un
test immunocromatografico, e
SffirmTM VP III (Becton Dickenson, San Jose, California), un test si
amplificazione genica che valuta
la presenza del T. vaginalis, G. vaginalis e C. albicans. Tali test vengono effettuati sulla secrezione vaginale ed hanno una sensibilità
>83% ed una specificità >97%. Entrambi i test sono test diagnostici
point-of-care. I risultati del OSOM
Trichomonas Rapid Test sono disponibili in 10 minuti, mentre i risultati del test SffirmTM VP III sono disponibili in 45 minuti. Sebbene tali tests tendano ad essere più
sensibili rispetto alla valutazione
microscopica della secrezione vaginale, essi possono presentare
molti falsi positivi, soprattutto nelle popolazioni a bassa prevalenza
di infezione. L’esame colturale è il
test commercializzato più sensibile e specifico. Nelle donne in cui si
sospetta la tricomoniasi in cui
l’ipotesi non è confermata dall’esame microscopico, è necessario richiedere l’esame colturale della
secrezione vaginale.
Nell’uomo, la diagnosi microscopica non è sensibile, pertanto, per
aumentare la sensibilità è necessario effettuare l’esame colturale
del tampone uretrale, delle urine e
del liquido spermatico.
13
Una PCR approvata dalla FDA per
la diagnosi di T. vaginalis non è disponibile negli Stati Uniti, ma tale
test può essere disponibile in laboratori commerciali che hanno
creato una loro PCR. (Tabella 12)
I pazienti devono essere informati
di non assumere alcool durante il
trattamento con metronidazolo o
tinidazolo. L’astensione all’alcool
deve essere continuata per 24 h
dopo il completamento del trattamento con metronidazolo e per
72h in caso di trattamento con il tinidazolo.
I nitroimidazoli rappresentano
l’unica classe di farmaci utilizzati
per il trattamento orale o parenterale della tricomoniasi. Di questi
farmaci, il metronidazolo ed il tinidazolo sono disponibili negli Stati
Uniti e sono stati approvati dalla
FDA per il trattamento della tricomoniasi. In trial randomizzati, i regimi con metronidazolo raccomandati hanno permesso tassi di cura di
90-95%, mentre quelli a base di tinidazolo hanno permesso tassi di cura di 86-100%. Il trattamento appropriato anche dei partners può aumentare il valore dei tassi di cura.
Trials randomizzati controllati che
hanno confrontato l’utilizzo della
singola dose di metronidazolo e del
tinidazolo suggeriscono che quest’ultimo è equivalente, o superiore, al metronidazolo per quanto riguarda la risoluzione dei sintomi
ed il tasso di cura. Il trattamento dei
pazienti e dei partners sessuali permette la risoluzione dei sintomi, la
cura microbiologica e la riduzione
del rischio di trasmissione.
Il trattamento con metronidazolo
gel rispetto alla preparazione orale risulta meno efficace per il trat-
tamento della tricomoniasi
(<50%). Gli antimicrobici topici
(ad es. metronidazolo gel) non raggiungono livelli terapeutici
nell‘uretra e nelle ghiandole perivaginali; quindi, l’utilizzo del gel
non è raccomandato. Diversi altri
antimicrobici applicati per via topica occasionalmente sono stati
usati per il trattamento della tricomoniasi; tuttavia, queste preparazioni probabilmente non hanno
una maggiore efficacia rispetto al
metronidazolo gel.
con entrambi i trattamenti, i medici possono consigliare il trattamento con tinidazolo o metronidazolo a 2 g per 5 giorni. Se queste terapie non sono efficaci, la gestione
deve essere discussa con uno specialista. La valutazione deve includere la determinazione della suscettibilità del T. vaginalis al metronidazolo ed al tinidazolo. La valutazione e il test di suscettibilità di
T. vaginalis è disponibile sul sito
dei CDC (http://www.cdc.gov/std;
tel: 770-488-4115)
Follow-up
Management dei partner
sessuali
Non è necessario effettuare un follow-up per gli uomini e le donne
che diventano asintomatici dopo il
trattamento o che inizialmente
erano asintomatici. Alcuni ceppi di
T. vaginalis possono avere una ridotta suscettibilità al metronidazolo; tuttavia, le infezioni causate da
questi organismi rispondono al tinidazolo o ad un dosaggio maggiore di metronidazolo. Bassi livelli di
resistenza al metronidazolo sono
stati identificati nel 2-5% dei casi
di tricomoniasi vaginale. Elevati livelli di resistenza sono rari. Il tinidazolo ha un emivita sierica più
lunga e raggiunge elevati livelli
nei tessuti genito-urinari rispetto
al metronidazolo. Inoltre, molti
isolati di T. vaginalis hanno una
minore concentrazione minima
inibente (MIC) al tinidazolo rispetto al metronidazolo.
Se il fallimento terapeutico avviene con il trattamento di metronidazolo 2 g in singola dose e la reinfezione viene esclusa, il paziente può
essere trattato con metronidazolo
500 mg per os due volte al giorno
per 7 giorni o tinidazolo 2 g per 5
giorni. Per i pazienti che falliscono
Tabella 12
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Metronidazolo
x os
2g
Singola dose
Tinidazolo
x os
2g
Singola dose
Farmaco di Iª scelta
Modalità di
somministrazione
Dosaggio
Durata
del trattamento
Metronidazolo
x os
500 mg ogni 12 h
7 giorni
14
I partners sessuali del paziente affetto da tricomoniasi devono essere trattati. I pazienti devono essere
istruiti su come evitare rapporti
sessuali fino a che essi ed i loro
partner sessuali non siano curati
(quando la terapia è stata completata ed il paziente ed i partners risultano asintomatici).
Allergia o intolleranza alla
terapia raccomandata
Il metronidazolo ed il tinidazolo
sono entrambi nitroimidazoli. I pazienti con una allergia tipo immediata ai nitroimidazoli possono essere gestiti con una desensibilizzazione dopo valutazione specialistica. La terapia topica con farmaci
diversi dai nitroimidazoli possono
essere tentati, sebbene i tassi di cura risultino inferiori (< 50%).
Gravidanza
La tricomoniasi vaginale è stata associata con eventi avversi (outcomes) in gravidanza, in particolare:
rottura prematura delle membrane, parto pretermine, basso peso
alla nascita. Tuttavia, i dati non suggeriscono che il trattamento con il
metronidazolo ottenga una riduzione della morbilità perinatale. Sebbene alcuni trials suggeriscono la
possibilità di un incremento dei casi di prematurità o di basso peso alla nascita dopo un trattamento con
metronidazolo, i limiti degli studi
non permettono delle conclusioni
definitive riguardo i rischi del trat-
tamento. Il trattamento dell’infezione da T. vaginalis può permettere la riduzione dei sintomi vaginali
nelle gravide, può prevenire l’infezione respiratoria e genitale del
neonato ed la successiva trasmissione sessuale. I medici devono informare le pazienti riguardo i potenziali rischi e benefici del trattamento.
Alcuni specialisti posticipano la terapia nelle gravide asintomatiche
fino a superare la 37° settimana di
gestazione. Queste gravide devono
essere informate riguardo l’utilizzo
del condom e del rischio continuo
di trasmissione sessuale.
Le donne possono essere trattate con
metronidazolo 2 g in singola dose.
Il metronidazolo fa parte dei farmaci che in gravidanza sono definiti nella categoria B (studi su animali non hanno rilevato una evidenza di danneggiare il feto, sebbene non siano stati condotti degli
studi controllati nelle gravide).
Numerosi studi e meta-analisi non
hanno dimostrato una associazione consistente tra l’utilizzo del metronidazolo durante la gravidanza
e gli effetti teratogeni e mutageni
nei neonati. Il tinidazolo fa parte
dei farmaci che in gravidanza sono
definiti nella categoria C (studi su
animali hanno dimostrato eventi
avversi, e non adeguati studi controllati sono stati condotti nelle
gravide), la sua tollerabilità nelle
gravide non è stata valutata correttamente.
Nelle donne in allattamento a cui è
stato somministrato il metronidazolo non allattando durante l’assunzione della terapia e per 12-24
ore dopo l’ultima dose evitano
l’esposizione del metronidazolo al
neonato. Durante l’assunzione del
tinidazolo, è necessario interrompere l’allattamento fino a 3 giorni
dopo l’ultima dose del farmaco.
ne con infezione da HIV non sono
correlate con il loro stato immunitario.
CANDIDIASI
VULVO-VAGINALE (CVV)
La CVV è solitamente causata da C.
albicans ma occasionalmente è
causata da altre specie di Candida
o altri funghi. I tipici sintomi della
CVV includono il prurito, dolore
vaginale, dispareunia, disuria
esterna, leucorrea. Nessuno di
questi disturbi è specifico per la
CVV. Si stima che circa il 75% delle donne abbia avuto almeno un
episodio di CVV nella propria vita
e che il 40-45% avrà almeno due o
più episodi.
Sulla base della presentazione clinica, dell’esame microbiologico,
dei fattori dell’ospite e della risposta alla terapia, la CVV può essere
classificata come non complicata o
complicata. Circa il 10-20% delle
donne avrà una CVV complicata.
(Tabella 13)
CVV non complicata
Considerazioni diagnostiche
della CVV non complicata
La diagnosi di vaginite da Candida
viene suggerita clinicamente dalla
presenza di disuria esterna, prurito vulvare, dolore, edema e arrossamento. I segni includono un edema vulvare, fissurazioni, escoriazioni o una secrezione vaginale
spessa dall’aspetto caratteristico
“simil ricotta”. La diagnosi può essere fatta in una donna che ha segni e sintomi di vaginite in caso di
1) presenza di spore o pseudoife
nella secrezione vaginale sia
all’esame microscopico a fresco (con soluzione fisiologica o
KOH 10%) sia dopo colorazione Gram
2) esame colturale o altri test positivi per Candida spp.
La vaginite da Candida è associata
ad un pH vaginale normale (inferiore 4.5). L’utilizzo dell’KOH 10%
nella secrezione vaginale migliora
la visualizzazione delle spore e dei
miceli, in quanto rompe il materiale cellulare che potrebbe oscurare
i funghi. L’esame della secrezione
vaginale con l’KOH 10% deve essere effettuata su tutte le donne con
sintomi e segni di CVV e quelle che
risultano positive devono essere
trattate. Per le donne in cui l’esame microscopico risultasse negativo, è necessario effettuare l’esame
colturale. Se l’esame colturale non
può essere effettuato, e le donne
presentano segni di CVV con esame microscopico negativo, deve
essere considerato un trattamento
empirico.
L’identificazione della Candida spp.
mediante l’esame colturale in assenza di sintomi e segni non è una
indicazione ad effettuare la terapia
in quanto circa il 10-20% delle donne presentano la Candida spp. ed
altri funghi a livello vaginale.
CVV può essere presente insieme a
delle MST. La maggioranza delle
donne sane con una CVV non complicata non presentano un fattore
precipitante l’episodio.
Terapia
Trattamenti brevi con formulazioni topiche permettono il trattamento della CVV non complicata.
Gli azoli applicati per via topica sono più efficaci rispetto alla nistatina. Il trattamento con gli azoli permette la scomparsa dei sintomi e la
negativizzazione dell’esame colturale nel 80-90% delle pazienti che
completano la terapia. (Tabella 14)
Tabella 13
Infezione da HIV
CVV non complicata
CVV complicata
I pazienti con tricomoniasi ed infezione da HIV devono ricevere lo
stesso trattamento di quelli che
non hanno l’infezione da HIV. L’incidenza, la persistenza e la ricorrenza della tricomoniasi nelle don-
CVV sporadica o rara
CVV ricorrente
CVV lieve-moderata
CVV severa
Probabilmente causata dalla Candida albicans
Candidasi causata da specie
di Candida non albicans
Donne con diabete non controllato,
debilitate, immunodepresse, gravide
Donna non immunocompromessa
15
Le creme o le supposte essendo a
base di olio possono alterare il
condom in latex ed il diaframma.
E’ necessario rivolgersi ai produttori del condom per ulteriori informazioni. Le preparazioni intravaginale di butaconazolo, clotrimazolo, miconazolo e tioconazolo sono farmaci da banco.
Le donne a cui è stata precedentemente fatta diagnosi di CVV non
sono necessariamente più capaci a
riconoscere la malattia e fare diagnosi; quindi, ogni donna i cui sintomi persistono dopo l’utilizzo di
una preparazione da banco o che
hanno una ricorrenza dei sintomi
nei successivi 2 mesi, devono essere valutate con esami specifici.
Un utilizzo non necessario o improprio dei prodotti da banco è comune e può portare ad un ritardo
nel trattamento di altre eziologie di
vulvo-vaginiti, con conseguenti diversi eventi avversi (outcome) clinici.
Follow-up
Le pazienti devono essere informate di ritornare al follow-up solo
se i sintomi persistono o ricorrono
nei 2 mesi successivi l’inizio dei
sintomi.
Management dei partner
sessuali
La CVV non è solitamente acquisita per via sessuale; il trattamento
dei partners sessuali non è consigliato ma può essere considerato
nelle donne con una infezione ricorrente. Una minoranza dei partners sessuali uomini possono avere una balanite, la quale è caratterizzata da aree eritematose del
glande in associazione a prurito o
irritazione. Questi uomini beneficiano del trattamento con farmaci
antifungini topici.
Allergia o intolleranza alla
terapia raccomandata
I farmaci topici solitamente non
provocano effetti avversi sistemici,
sebbene possa comparire un irritazione o bruciore vulvare. I farmaci
assunti per via orale occasionalmente sono causa di cefalea, nausea e dolore addominale. La terapia con azoli per via orale sono stati raramente associati con un abnorme incremento degli enzimi
epatici. Clinicamente, importanti
interazioni possono avvenire
quando queste sostanze vengono
somministrate con altri farmaci:
astemizoli, antagonisti dei canali
del calcio, cisapride, cumadin, ciclosporina A, ipoglicemizzanti orali, fenitoina, inibitori delle proteasi, tacrolimus, terfenadine, teofillina, trimetraxate e rifampicina.
CVV complicata
Candidasi vulvo-vaginale
ricorrente (CVVR)
La CVVR, solitamente definita
quando in 1 anno vengono riportati 4 o più episodi di CVV sintomatica, è riportata da una piccola percentuale di donne (<5%). La patogenesi della CVVR è scarsamente
riconosciuta, e la maggioranza
delle donne con una CVVR non ha
Tabella 13
16
Farmaco topici
Modalità di somministrazione
Dosaggio
Durata del trattamento
Butoconazolo
topico intravaginale
crema 2% singola somm. (5 g)
3 giorni
Butoconazolo
topico intravaginale
crema 2% singola somm. (5 g)
singola applicazione
Clotrimazolo
topico intravaginale
(Butaconazolo 1 sustained release)
7-14 giorni
Clotrimazolo
tavolette intravaginali
crema 1% singola somm. (5 g)
7 giorni
Clotrimazolo
tavolette intravaginali
tavolette 100 mg
3 giorni
Miconazolo
topico intravaginale
tavolette 100 mg x 2
7 giorni
Miconazolo
supposte intravaginali
crema 2% singola somm. (5 g)
7 giorni
Miconazolo
supposte intravaginali
supposte 100 mg
3 giorni
Miconazolo
supposte intravaginali
supposte 200 mg
singola dose
Nistatina
tavolette intravaginali
supposte 1,200 mg
14 giorni
Tioconazolo
topico intravaginale
tavolette vaginali 100,000 U
singola dose
Terconazolo
topico intravaginale
unguento 6.5% singola somm. (5 g)
7 giorni
Terconazolo
topico intravaginale
crema 0.4% singola somm. (5 g)
3 giorni
Terconazolo
supposte eintravaginali
crema 0.8% singola somm. (5 g)
3 giorni
Farmaco sistemici
Modalità di somministrazione
Dosaggio
Durata del trattamento
Fluconazolo
x os
150 mg
Singola dose
condizioni predisponenti. L’esame
colturale deve essere ottenuto nelle pazienti con CVVR per permettere di confermare la diagnosi clinica e per identificare le specie insolite, incluse le specie non albicans, in particolare la Candida glabrata (C. glabrata non forma le
pseudoife o le ife e non è facilmente riconoscibile all’esame microscopico). La C. glabrata ed altre
specie non albicans vengono osservate nel 10-20% dei pazienti
con una CVVR. Le terapie antimicotiche convenzionali non sono efficaci contro queste specie rispetto
alla C. albicans.
mento dei partners sessuali è controverso. La resistenza della C. albicans è rara negli isolati vaginali,
ed il test di suscettibilità non è garantito per la gestione terapeutica.
Candidasi vulvo-vaginale severa
La CVV severa (ad es. un eritema
vulvare esteso, edema, escoriazioni, fissurazioni) è associata ai più
bassi tassi di risposta clinica nei pazienti trattati con brevi trattamenti
topici o orali. In questo caso viene
raccomandato il trattamento con gli
azoli topici o con il fluconazolo 150
mg in due dosi sequenziali (la seconda somministrazione 72 dopo)
per una durata di 7 o 14 giorni.
Terapia
Ogni episodio individuale di VVCR
causato dalla C. albicans risponde
alla terapia topica con azoli o con
un trattamento orale di breve durata. Tuttavia, per mantenere un
controllo microbiologico e clinico,
alcuni specialisti raccomandano
una terapia iniziale di lunga durata (ad es. 7-14 giorni) di terapia topica o fluconazolo oppure la somministrazione di 100 mg, 150 mg,
oppure 200 mg ogni terzo giorno
per un totale di tre dosi (D1, D4,
D7) per ottenere una remissione
microbiologica prima di iniziare
un trattamento antifungino di
mantenimento.
Candidasi vulvo-vaginale non
albicans
Il trattamento ottimale della CVV
non albicans rimane sconosciuto.
Opzioni includono di allungare la
terapia (7-14 giorni) con un azolico differente dal fluconazolo (topico o per os) come prima linea. Se
avviene la ricorrenza, viene raccomandato l’utilizzo dell’acido borico 600 mg capsule in gelatina da
applicare per via vaginale una volta al giorno per 2 settimane. Questo trattamento ha dei tassi di eradicazione microbiologica e clinica
intorno al 70%. Se i sintomi ricorrono è necessario inviare il paziente da uno specialista.
I tassi di colonizzazione vaginale
della Candida tra le donne con infezione da HIV sono maggiori rispetto alle donne sieronegative con caratteristiche demografiche simili
ed un comportamento ad elevato
rischio, e i tassi di colonizzazione
correlano con l’incremento della
gravità dell’immunodepressione.
La CVV sintomatica è più frequente nelle donne sieropositive, in maniera simile, correla con la gravità
dell’immunodepressione. Inoltre,
tra le donne con infezione da HIV,
l’esposizione sistemica agli azoli è
associata con l’isolamento delle
specie di Candida non albicans a livello vaginale.
Basandosi sui dati disponibili, la terapia della CVV nelle donne con infezione da HIV non deve differire da
quella utilizzata per le donne sieronegative. Sebbene una terapia profilattica long-term con il fluconazolo
200 mg una volta alla settimana sia
efficace nel ridurre la colonizzazione
da parte della C. albicans e l’emergenza della CVV sintomatica, questo
regime non è consigliato rutinariamente come profilassi nelle donne
HIV in assenza di ricorrenza CVV.
Considerando la frequenza della
CVVR nella popolazione sana immunocompetente la comparsa della
CVVR non è considerata un’indicazione per l’esecuzione del test HIV.
Terapia di mantenimento
L’utilizzo del fluconazolo per via
orale (ad es. una dose da 100 mg,
150 mg, oppure 200 mg) una volta
alla settimana per 6 mesi è il trattamento di prima scelta. Se questo
trattamento non è possibile, alcuni
specialisti raccomandano l’utilizzo topico del clotrimazolo 200 mg
due volte alla settimana, clotrimazolo supposte vaginali da 500 mg
una volta alla settimana o altri trattamenti topici utilizzati in maniera
intermittente.
Le terapie antifungine di mantenimento sono efficaci nel ridurre la
CVVR. Tuttavia, il 30-50% delle
donne avrà una malattia ricorrente una volta che la terapia di mantenimento sarà sospesa. Il tratta-
Paziente immunocompromesso
Donne con una malattia debilitante (ad es. diabete non controllato o
pazienti in trattamento cortisonico) non rispondono bene alle terapie brevi. E’ necessario cercare di
correggere certe condizioni e prolungare (7-14 giorni) la terapia antifungina convenzionale.
Gravidanza
La CVV avviene frequentemente in
gravidanza. E’ raccomandata
esclusivamente la terapia topica
con gli azoli applicata per 7 giorni.
Infezione da HIV
L’incidenza della CVV nelle donne
con infezione da HIV è sconosciuta.
17
Marco Cusini°, Antonella Colombo°, Massimo Giuliani*
°Centro MTS, UO Dermatologia, Fondazione Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena - Milano
*Dipartimento Malattie Infettive, Parassitarie e Immunomediate (MIPI)
Istituto Superiore di Sanità, Roma.
Report sul XXII Congresso
IUSTI Europe
Dal 17 al 21 Ottobre 2006 si è svolto
a Versailles (Parigi) il XXII Meeting
Europeo della IUSTI (International
Union for Sexually Transmitted Infections). La IUSTI, attiva dal 1923,
è la più antica tra le Società scientifiche internazionali nel campo delle Infezioni Sessualmente Trasmesse (STI), e si occupa degli aspetti
scientifici, dei determinanti sociali
e delle politiche sanitarie connessi
con il controllo di queste infezioni.
Il Congresso, che è stato presieduto da Michel Janier di Parigi e ha
avuto in Wilhelm Van der Mejde di
Rotterdam il Chairman del board
scientifico, ha visto la partecipazione di circa 600 delegati, provenienti da tutti i continenti.
Una prima sessione plenaria ha fatto il punto su importanti questioni
di base oggi in questo ambito; dall’epidemiologia alla formazione degli specialisti, dalle politiche di
screening a particolari approcci di
gestione clinica dei pazienti. Argomenti questi che hanno subito incontrato grande interesse nei delegati. In apertura dei lavori, Keith
Radcliffe di Birmingham ha tracciato un vasto panorama sui cambiamenti epidemiologici che le STI
hanno mostrato recentemente in
Europa, dove attualmente esistono
profonde differenze nella loro circolazione fra i paesi dell’Unione e
quelli dell’ex blocco sovietico. Nei
primi, il tasso di incidenza delle STI
ha fatto registrare un declino a partire dagli anni ’70 per tornare a crescere dalla metà degli anni ’90 e
specialmente e in alcuni gruppi di
popolazione; soprattutto maschi
omosessuali.
In questi individui si è registrata
una particolare riemergenza delle
18
STI batteriche classiche, quali sifilide e gonorrea e sono numerose le
segnalazioni in letteratura che indicano l’importanza del sesso orale
in questa ripresa. Nei paesi dell’ex
blocco sovietico, agli inizi del 21°
secolo si è assistito invece ad una
riduzione dell’incidenza delle STI
classiche; verosimilmente a causa
più di una minor efficienza dei sistemi di raccolta dei dati che di una
reale riduzione delle incidenze. In
questi paesi, alcuni rilievi suggeriscono come in questo fenomeno
sembra avere un ruolo crescente il
recente sviluppo della medicina
privata. Ciò che preoccupa molto in
questa area, e che sembra disconfermare pienamente il quadro riguardante le IST, è il dato secondo
il quale negli ultimi anni si è registrata qui la più veloce crescita dell’incidenza dell’infezione da HIV
del mondo intero.
Il Dr. Toby Maurer di San Francisco
è stato invitato a fare il punto sulla
patologia dermatologica in corso di
infezione da HIV e ha mostrato come tale quadro sia profondamente
cambiato dopo l’avvento della terapia anti-retrovirale ad alta efficacia
(HAART). Maurer ha spiegato come oggi la patologia dermatologica
del paziente sieropositivo debba essere divisa in tre ambiti clinici: 1) le
dermatosi che si riscontrano in fasi
avanzate dell’infezione da HIV con
un basso numero di linfociti CD4+;
2) le dermatosi che tendono a persistere nonostante la immunoricostituzione post-terapia; 3) le dermatosi da attribuire soprattutto all’uso della HAART. E’ evidente come questa classificazione tenga
conto del ruolo del sistema immunitario e della terapia antiretrovira-
le. La Dr. Nicole Low di Berna ha illustrato la situazione europea sui
programmi di screening per l’infezione da C. trachomatis. I dati non
sono stati confortanti; la maggior
parte dei Paesi dell’Unione non ha
protocolli nazionali di screening,
né di notifica obbligatoria o sentinella, né conduce attività sistematiche di contact tracing dell’infezione clamidiale. Questo è allarmante
anche in virtù dei dati che arrivano
dalla Svezia dove i programmi di
screening, attivi da più di vent’anni, mostrano un attuale aumento
dell’incidenza delle infezioni. L’autrice ha inoltre auspicato lo sviluppo di programmi di intervento da
parte dell’organismo comunitario
competente per la prevenzione delle malattie infettive: l’European
Centres for Disease Control
(ECDC), e l’adozione di politiche
comunitarie standard in questo settore rivolte alla popolazione di giovani donne. Al congresso grande
spazio è stato dato all’aumentato rischio IST tra gli omosessuali maschi europei e il Dr. Sebastien Foueré di Parigi ha delineato il panorama del rischio in questa popolazione, focalizzando alcuni punti
meritevoli di sviluppo e discussione:
1) massimizzare la riduzione del rischio in quei soggetti ben informati che comunque assumono comportamenti sessuali a rischio;
2) suggerire comportamenti sessuali a minor rischio piuttosto che
un’attività sessuale completamente
sicura ma di difficile attuazione;
3) migliorare la copertura degli
screening anche diffondendo l’effettuazione di test HIV su saliva disponibili “over the counter”;
4) conoscere, misurare e controllare i determinanti psicologici nel
comportamento omosessuale favorenti i comportamenti a rischio;
5) promuovere l’attività di centri
clinici dedicati esclusivamente alla
popolazione omosessuale pur considerando la potenziale discriminazione che ne potrebbe derivare.
La Dr. Anna Wald di Seattle ha in
seguito presentato un’interessante
panoramica sull’interazione tra
HIV e HSV in tutti i suoi aspetti, epidemiologici, clinici e biologici. E’
ormai noto come l’infezione erpetica a livello genitale sia ampiamente diffusa in tutto il mondo e che
HSV è la più frequente causa di patologia ulcerativa genitale. L’aumento del rischio di acquisizione
dell’infezione da HIV è di circa tre
volte in presenza di HSV-2, probabilmente a causa del danno della
barriera e del reclutamento di linfociti CD4+ in sede. L’infezione da
HIV di contro, favorisce la riattivazione di HSV con recidive più frequenti e periodi più lunghi di shedding anche durante le fasi asintomatiche. Durante le recidive erpe-
tiche sono stati dimostrati temporanei aumenti della viremia plasmatica di HIV; inoltre in vitro si è evidenziato come alcune delle proteine di HSV siano in grado di “up-regolare” la replicazione di HIV. I numerosi fattori interagenti rendono
difficile misurare la reale importanza di HSV nella acquisizione e
nella evoluzione dell’infezione; è
comunque in corso un cospicuo
numero di studi scientifici a riguardo. Nella parte terminale della sua
presentazione l’autrice ha sottolineato che, nonostante i dati della
letteratura, ancora non è raccomandato il trattamento continuati-
Paolo Lanzafame M.D.,Assunta Sartor M.D., Maria Teresa Baron
Ph.D Udine - Italy Department of Microbiology,
S.Maria della Misericordia hospital
Author responsible for correspondence or reprints:
Paolo Lanzafame M.D.
Department of Microbiology, S.Maria della Misericordia hospital
P.le S.Maria della Misericordia n° 15 - 33100 Udine - ItalyBusiness telephone ++39.432.552675
Fax ++39.432.552673
Acknowledgments for their substantive contributions:
Mrs. Revelant Rita , nurse
Mr. Michelutti Angelo, Laboratory technician
Immunoprophylaxis by autogenous
vaccine in recurrent vulvo-vaginal
candidiasis
Structured abstract
Background:Vaginal mycotic infection represent more than 50%
of all vaginitis. 20-30% of women
affected by vulvo-vaginal Candidiasis frequently develops recurrences and sometimes even chronicization. Therapy and long-term
pharmacology prophylaxis have
shown a high percentage (20%
ca.) of insuccess. Although there is
uncertainly about its role in the defence against this type of infection,
the immunitary sistem, particularly in its cellular component, is un-
doubtedly the most important defence of human organism against
mycotic infections.
Materials: Based on previous experiences on rats as well as on human subjects, a prophylactic treatment protocol with an autogenous
vaccine was elaborated. Treated
patients were women who had been suffering from at least four Candida vaginitis episodes/year for at
least 2 years. All of them had already been placed on therapy several
times as well as on long-term
pharmacological prophylaxis. 63
vo con gli analoghi nucleotidici nei
soggetti con sierologia HSV 2 positiva con infezione da HIV o a rischio
per l’infezione stessa. A conclusione della mattinata del primo giorno
di Congresso il Prof. James Bingham di Londra ha fatto il punto
sull’educazione medica in Europa
nel settore delle infezioni sessualmente trasmesse. Non stupisce che
ancora oggi in questo ambito il panorama formativo nell’Unione sia
diverso da paese a paese. In Europa
attualmente la cura delle STI è distribuita in molte specialità e in sottoposta a strategie di formazione
accademica. Per esempio nei Paesi d’oltremanica, le IST godono da
women between 20-50 years old
underwent immunopropylaxis treatment.
Results and conclusions:The initial
microbiological (84%) and clinical
(90,5%) success achieved are encouraging for the prosecution of
the study based on the immunological approach to therapy and prophylaxis in fungal infections.
Key words: Immunoprophylaxis,
Autogenous vaccine,Candida,Vulvo-vaginal
candidiasis
INTRODUCTION
Vaginal mycotic infection represent more than 50% of all vaginitis. 20-30% of women affected by
vulvo-vaginal candidiasis frequently develops recurrent episodes
and sometimes even chronicization. Therapy and long-term pharmacology prophylaxis have shown
a high percentage (20 % ca.) of insuccess. Recurrent vulvo-vaginal
candidiasis is defined as four or
more episodes of infection per year, in only a minority the pathogenesis, including uncontrolled diabetes and immunosoppressive therapy, is apparent.(1)
Cell-mediated immunity and nonspecific cellular immunity are generally believed to provide the
main defenses against fungi. The
19
importance of cellular defense mechanism is supported by the clinical observation that most invasive
fungal infections occur in individuals with defective cellular immunity.
Immunocompetent T cells are crucial in host defenses against many
pathogenic fungi including Candida albicans. CD4+ T cells are essential for host defenses and the
principal mechanism by which
they influence host resistance is by
production of cytokines. CD4+ T
cells are separated into two functional categories: T helper 1
(Th1) and T helper 2 (Th2). The
former produce IFNgamma and
IL-2 and are the primary mediators of host defenses associated
with activation of phagocytes. Th2
cells release IL-4, IL-5, IL-10 and
IL-13 that are involved in antibodies production.
CD8+ T cells, too, can be classified
according to the types of cytokines
they release.(2,3)
Another important effector mechanism is cytotoxic activity. CD8+ T
cells can damage C.albicans hyphae and kill Criptococcus neoformans directly. Another primary
contribution of T cells is the production of antibodies.(3)
Also the role of natural antibody
immunity in mucosal defense is
uncertain. IgA deficiency is not
usually associated with C.albicans
infections, nonspecific IgA enhanced adherence of C.albicans to epithelial cells, levels of vaginal IgA
and IgG to C.albicans are similar in
women with and without vaginal
candidiasis and the presence of
specific IgA in vaginal secretions
did not protects against recurrent
infections. However, several studies have shown that secretory IgA
reduced adherence of C.albicans
to epithelial cells and some antibodies can mediate protection in rat
vaginal candidiasis. Vaginal vaccination with a monoclonal antibody
specific for yeast killer toxin elicited a secretory IgA anti-idiotypic
response which protected rats
from challenge with C.albicans;
20
passive protection was demonstrated with vaginal fluid containing
antibodies to mannan constituents
and the aspartyl proteinase of C.albicans.(3,4,5,6,7,8,9,10,)
In the medical history many vaccines have ben licensed for viral or
bacterial diseases of humans but
none have been licensed for medically important fungi. The largest
clinical trial of a vaccine for a mycosis was performed by The Valley
Fever Vaccine Study Group about
fifteen years ago. Nearly 3000 subjects who were skin test negative
for coccidioidomycosis were randomized blindly to receive either
whole spherules killed with formaldheide or saline.During five
years of observatin the differences
in the groups, the vaccine recipients and the placebo controls,
was statistically insignificant and
less than 30% of vaccinated subjects manifested evidence of a response to the spherule preparation, thus it is possible that in almost 70% of subjects the vaccine
was not immunogenic.
Before the approach to fungal vaccines it is important to determine
what are the expectations for an
effective fungal vaccine. The first
goal that must be met is to create a
vaccine that can limit the ability of
the fungus to establish a latent state. The human host is most often
successful in limiting the spread of
fungal infections, but a fraction of
the infection may survive for years.
These niduses of infection may
serve as resorvoirs for reactivation
if the host immune system becomes impaired. Thus any vaccine
against fungi must prevent the
establishment of a dormant state in
the host and consequently protect
against reactivation.(4)
In recurrent vulvo-vaginal candidiasis, similarly in invasive fungal
infections, there is frequently a
dormant state of fungi in the host
and a local vaginal immune mechanism may be responsible for
the frequent relapses.(11)
Until some years ago the autogenous vaccine held pride of place in
the treatment of chronic infections. They was made use of chronic bacterial infections as recurrent urinary tract infections or staphylococcal boils. Killed bacteria
isolated from the patient’ s discharges were injected in the hope
that they would stimulate the formation of specific immunity which
would overcome the infection. The
value of autogenous vaccine therapy or prophylaxis has never been
satisfactorily investigated and may
yet be proved, in the meantime it is
used as a last resort when antibiotics and other forms of treatment
have failed.(11)
MATERIALS AND METHODS
Methods of preparation of autogenous vaccine: Vaginal discharge
were cultured in agar Saboraud
and the colonies of Candida present in the plate culture were isolated and identified and the fungi
subcultured in Trypticase Soy
Agar. After 48 hours at 37 °C the
surface of medium were very gently scraped by a calibrated plastic
loop and the spherules were washed three times with saline solution and resuspended in saline solution with an opacity of 1 Mc Farland. The solution so obtained were heated at 70°C in a water bath
for an hour for three days and tested for sterility. The spherules so
killed were separated in three vials
of 2 millilitre at the same concentration of fungi: The vials were injected in the deltoid of the patients.(12,13,14,15)
Selection of patients: 63 women
20-50 years old underwent the immunoprophylaxis treatment with
the autogenous vaccine obtained
from their Candida. 53 were affected from C.albicans infection, 3
from C.parapsilosis, 2 from C.glabrata, 3 from C.krusei and 2 from
C.tropicalis. All Candida isolated
were susceptible to the azoles, nystatine, amphothericine B and 5fluoruracyle. The patients were
women who had been suffering
from at least four Candida vaginitis
episodes per year for at least two
years not suffering of diabetes or
underwent immunosopprressive
therapy. All of them had already
been placed on therapy to mycotic
infections several times as well as
on long-term pharmacological
prophylaxis. General clinical laboratory and specific immunological
tests were preventively carried out
periodically at the end of the treatment and every two and six
months.
RESULTS
At the end of the treatment with
the autogenous vaccine sintomatology disappeared in 53 of the patients. 4 patients reported a relevant improvement, although they
still presented a modest vaginal discharge and a slight vulvar itching.
The remaining six patients reported only a modest reduction in the
intensity of symptoms.
Laboratory follow-up in this phase
showed absence of Candida in the
vaginal secretion of 54 of 57 women who reported recovery or improvement; persistence of the mycetes was checked in the six patients with only modest improvement and in three subjects considered clinically recovered, one of
these was affected by C.parapsylosis. It is possible consider these
three patients like a colonization, a
dormant state of the fungi.
One of the six women without a significant improvement was a subject with selective IgA deficiency
and in two patients was not possible to have a good compliance in
the regular administration of the
vials.
Routine hemato-chemical tests
and assessment of the immunitary
response did not vary significantly
in the general and local humoural
response, particularly was not showed any variation in the levels of
CD4+ and CD8+ T cells, of the seric IgG, IgA, IgM, C3 and C4 components of Complement, of vaginal
nonspecific IgA and of seric and
vaginal specific total Igs. A significant increase of the reaction at the
skin test with 0,4 ml of the same solution of the autogenous vaccine
was showed in 58 patients.They
showed no skin reaction before the
vaccine treatment and a large reaction ( 1-2,5 cm of diameter) 15
days after the end of treatment.
This represent the only evidence of
a cell mediated immunitary response to the stimulation by the
autogenous vaccine.
In the first year after the end of
prophylaxis relapses occurred in
19 patients (36%), one when the
patient was in the 8th week of pregnancy. In the all cases the patients
related a lesser intensity of the
symptoms than during the episodes before the autogenous vaccine
treatment and clinical as well microbiological remission occurred
without pharmacological intervention in 14 of them.
The conditions of the asymptomatic patients with Candida in the vaginal secretion did not vary a year
after the end of prophylaxis. In the
remaining six patients Candida vaginitis was still detectable.
A year after the end of the treatment other recurrent episodes did
not occur in the other patients clinically recovered.
Collateral effects did not showed
during and after the treatment except a slight muscular pain in the
sites of injections.
CONCLUSIONS
In our opinion the initial microbiological (84%) and clinical (90,5)
success achieved with the autogenous vaccine in the therapy of a
quick mucositis like vulvo-vaginal
candidiasis are encouraging for
the prosecution of the study based
on the immunological approach to
therapy and prophylaxis in fungal
infections especially in the immunocompromised host,in the invasive infections and in recurrent mucositis.
We think that in next future will be
possible to make use a vaccine not
as autogenous but with a pool of
various species of Candida and our
next work will be in this way.
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21
Paolo Lanzafame, Sabina Cauci +, Silvia Driussi *,Assunta Sartor, Maria Teresa Baron
S.O.C. Microbiologia Azienda Ospedaliera S.Maria della Misericordia - Udine
+ Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche –Università di Udine
* Azienda Servizi Sanitari n° 4 “Medio Friuli”
Nugent system to diagnose
Bacterial Vaginosis:
an adjustment having very high sensitivity
Abstract
Bacterial vaginosis (BV) is a complex microbial sindrome exhibiting considerable course variability from woman to woman. Emerging evidence highlights that the
current methods used to define BV
are partially appropriate to individuate women having a pathologic
condition. The Amsel criteria record clinically evaluable changes
of the vaginal flora (milky adherent discharge, amine malodor, ph
?4.7, clue cells on wet smear). We
enrolled fertile age women on the
basis of positivity for all the first
three clinical criteria above described. This group of women with clinical BV was statistically different
from healthy controls by sialidase
and prolidase activities. When
gram stained smears were examined we found that 20% of these
women had Nugent score 5 or 6
(corresponding to intermediate
flora according to Nugent) and were not statistically different for enzymatic activities from women
with Nugent score 7-10 (BV range
according to Nugent). We evaluated that most of underestimation of
Nugent score was due small residual presence of lactobacilli in women with massive overgrowth of
anaerobic flora and clue cells. We
elaborated a modified ranking of
points due to average numbers of
the 3 morphotypes evaluated in the
Gram stains smear by the Nugent
system: large positive rods (lactobacilli), small Gram variable coccobacilli (Gardnerella vaginalis
22
and anaerobes) and Gram variable
curved rods (Mobiluncus spp.).
Moreover we add from 0 to 2 points
for the presence of clue cells in the
Gram stained smear. In this way
we obtained a 0-12 points scale.
We consider women from 0 to 3 as
normal flora, 4 to 6 as intermediate flora, and 7 to 12 as bacterial vaginosis. The modified Nugent method compared to the Amsel criteria has a sensitivity over 95% and
the same specificity of the original
Nugent score.
Introduction
Bacterial vaginosis (BV) is a syndrome characterized by a shift of
normal lactobacillary flora to a mixed flora without signs of inflammation of the vaginal mucosa
(1,2). Several studies have associated BV with amniotic fluid infection, chorioamnionitis, postcesarean endometritis and prematurity
(1). The diagnostic approach to BV
is hampered by the lack of a precise aetiological reference and ignorance of the infective mechanism
(2).
At present we use two types of criteria to diagnose BV:
1) a clinical criterion; classified by
Amsel in 1983, it records clinically
evaluable changes of the vaginal
flora. BV is characterized by the
presence of milkly, homogeneous
vaginal discharge, elevated pH
(>=4,7), a positive amine odor test
and the observation of the clue
cells on microscopic examination;
BV is diagnosed if three of these
criteria are positive (3). However
these parameters have shown notable subjective interpretations
and may be influenced by recent
behaviour (2). Some Authors have
shown that use only two of the four
signs, particularly clue cells and
positive amine test, allows accurate and rapid diagnosis of BV without sacrificing sensitivity (4).
2) a microscopic criterion; Gram
stain of the vaginal fluid has shown
to be very good system to value the
changes of the vaginal flora and to
be significantly correlated with
Amsel criteria. Objective scoring
criteria have been developed to interpret these changes: Dunkelberg
in 1965 studied that clue cells and
dense areas of small Gram negative bacilli were correlated with clinical diagnosis of BV (5); Spiegel,
in 1983, proposed to consider the
Gardnerella morphotypes plus
other bacteria (cocci, curved rods
and fusiforms) and the Lactobacillus morphotypes (6). In the same
year Nugent proposed a score of 010 based on the quantities of Lactobacillus, Gardnerella /Bacteroides (small Gram variable coccobacilli) and Mobiluncus morphotypes. In this method scores of 0-3
represent normal flora, 4-6 intermediate flora and >=7 BV (1). Nugent score has shown a good intra
and inter-centre reliability and to
be more specific for BV than Spiegel method. However neither considers clue cells in its methodology. Clue cells are squamous epithelial cells covered with small
Gram variable coccobacilli; althout it is not necessary to see clue
cells to make the diagnosis they
are characteristic of BV (4) and some Authors proved that combining
the presence of clue cells with diminished lactobacilli morphotypes
in Gram stain may further simplify
interpretation of vaginal smears
Methods and materials
In our experience we found that
over 10% of the patients examined
with Nugent system were classified as intermediate flora. We eva-
luated that most of the underestimation of the Nugent score was
due to residual presence of lactobacilli in woman with massive
overgrowth of anaerobic flora and
clue cells or to the total absence of
lactobacilli without clue cells and
small Gram variable coccobacilli
or Mobiluncus. So we elaborated a
modified ranking of points due to
average numbers of the three morphotypes evaluated in the Gram
stain smear by the Nunget system,
moreover we change the classes of
points of the morphotypes and add
a score of 1 or 2 for the presence of
clue cells (< or > 20% of all epithelial) cells. We can consider this parameter as a conjunction, a bridge,
between clinical and microscopic
criteria.
We enrolled 588 women and classified in three groups according to
Amsel, Nugent and modified Nugent criteria. In the groups of intermediate with Amsel criteria we have considered all the patients with
two certain and one uncertain, often pH or whiff test.
Vaginal sample collection. Samples were collected from the posterior fornix or lateral vaginal wall of
nonbleeding women with an Ayre’s spatula using a nonlubricated
speculum to perform a smear on a
glass slide.
The smear was then stained according to the Gram procedure. Clue
cells and vaginal flora were evaluated on the Gram-stained smear.
(7)
Sialidase levels. Levels of sialidase
were determined by incubation of
100 Ìl of the vaginal fluid sample
with the substrate 2-(3’-methoxyphenyl)-N-acetyl-D-neuraminic
acid (Sigma-Aldrich), as described
elsewhere. After the addition of 4aminoantipyrine and potassium
ferricyanide, the adsorbance was
read at 492 nm. Specific activity
was expressed as nanomoles of
methoxyphenol produced, compared with a standard curve of pure
methoxyphenol. Intra-assay coefficients of variation were < 12 %,
and interassay coefficient of varia-
tion were < 16 %. On the basis of
previous observations, high sialidase levels were defined as ?5.00
nmol. methoxyphenol. (8,9)
Prolidase levels. Prolidase levels
were determined by incubation of
100 Ìl of the vaginal fluid sample
with the substrate L-proline-p-nitroanilide (Sigma-Aldrich). A duplicate sample without the prolidase substrate served as sample
blank. Absorbance (mOD) was read at 405 nm. Intra-assay coefficient of variation were < 10%, and
interassay coefficients of variation
were < 14%. On the basis of previous observations, high prolidase
levels were defined as those ? 200
nMD. For any of the assays described above, each sample giving an
optical absorbance of ? 2000 mOD
was diluted 1:1 with sterile saline,
the resulting value was doubled to
give the final result. (9)
Results
In the normal flora groups, agreement between both microscopic
systems, get back 2 patients classified as BV and 2 classified as intermediate with Amsel criteria and
there is a total agreement between
Nugent and modified Nugent system. In the intermediate groups
in modified Nugent system get
back 2 patients with normal flora
at Nugent system, classified as BV
with Amsel criteria, 6 BV according
to Amsel are classified in this
group of modified Nugent; like this
6 BV according to Amsel are classified to Amsel are classified as intermediate in Nugent system and 2
are classified as normal flora. In
the group of BV 38 intermediate at
Nugent turn BV in modified Nugent, 34 of these patients are classified whith Amsel criteria as BV
and 4 as intermediate; 7 of the intermediate with Amsel criteria are
classified BV with modified Nugent.
The sensivities and specificities of
the Nugent and modified Nugent
systems compared to the Amsel
criteria was, respetively: 84,8 %
and 98,8 % (Nungent) and 99,5 %
and 98,8 % (modified Nugent).
The predictive values positive end
negative was respectively: 98,64%,
and 88,68% (Nugent), 96,88 % and
97,7% (modified Nugent).
In the intermediate and BV groups
we have had mean values of 4,35
and 8,7 in the Nugent system; in
the modified Nugent the values
were 4,81 and 10,3. The median
values were 4 in the both system
for intermediate group and 8 and
10 in the BV group.
The correlations coefficients were
0,999997 between Amsel and modified Nugent, 0,975885 between
Amsel and Nugent, 0,977546 between Nugent and modified Nugent. However since we have not a
sure gold standard, but only accettable methods, for the diagnosis of
BV, we valued another objective
parameter. Sialidase activity was
estimated in the vaginal fluid and
we found that the women with BV
was statistically different from the
women with normal flora and, more important, the statistically differerences for enzymatic activities
between the group with Nugent
score 4-6 and the group with Nunget score 7-10 is more evident in
the groups of modified Nugent
than in Nugent system. This is due
to the move of the patients with
Nugent score 5-6 in the group of
BV with modified Nugent, so in the
intermediate group there are not
included patients with BV.
Conclusions
We can come to the conclusion
that the modified Nugent has a higher sensitivity, a better negative
predictive value and correlation
with Amsel criteria keeping the same specificity of the original Nugent system.
23
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