CRESCERE NELL`AMORE AD AMARE SI IMPARA

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CRESCERE NELL`AMORE AD AMARE SI IMPARA
CRESCERE
NELL’AMORE
ovvero
AD AMARE SI
IMPARA
Portare doni a qualcuno è segno di gratitudine e di
stima, ma specialmente di amore. L’amore infatti è
essenzialmente
“dono di sè all’altro o agli altri”, è offerta
totale, apertura incondizionata verso il prossimo,
condivisione piena. L’amore dunque si oppone all’egoismo
e alla chiusura in se stessi. Ogni forma di amore
autentico è espressione dell’amore stesso di Dio
che, amando ogni singola persona, le fa dono del suo
bene più grande: Gesù Cristo salvatore.
Omnia vincit amor!
Virgilio
Grazie, SIGNORE,
perchè ci hai dato l’amore,
capace di cambiare la sostanza delle cose.
DIO ha concesso
una sola via alla vita: l’amore,
una sola via al successo: l’amore,
una sola via alla felicità: l’amore.
Non c’è che una vecchiaia:
quella che nasce dal rifiuto dell’amore.
Madre Teresa di Calcutta
01.
DIO È L’AMORE
Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato”.
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle
sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani…
ISAIA 49, 14-6
Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che
Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore
dimora in Dio, e Dio dimora in lui.
1.a LETTERA DI GIOVANNI 4, 16
Non ti sorprendere se partiamo da lontano per un discorso sull’amore che si farà, via via, sempre più vicino:
partiamo da Dio!
Ed è ovvio, perchè non si può capire l’amore senza conoscere la natura di Colui che ha creato l’uomo,
modellandolo sul suo modo
- di essere,
- di vivere,
- di agire.
Parliamo di Lui, prendendo atto di ciò che ha detto e fatto, e, soprattutto, di ciò che Egli è.
E’ la Bibbia a rivelarci tutto questo!
Noi vogliamo percorrerla, non tanto per citare episodi e versetti, quanto per cogliere la sostanza di quel
messaggio che cercheremo di tradurre in termini semplici e vicini alla nostra vita.
Questo messaggio è contenuto in alcune significative espressioni, cariche di esaltanti conseguenze:
Dio è l’Amore
- ha creato l’amore,
- ci ha creati per amore,
- ci ama di un amore
- infinito,
- eterno,
- disinteressato,
- personale.
Cerchiamo di entrare nel mistero, senza stupirci delle difficoltà che rendono ardua la comprensione di una così
grande realtà.
L’amore di Dio dunque:
- è infinito: senza difetti e senza limiti. é un amore “la cui misura - dice S. Agostino - “ quella di amarci senza
misura”.
é un amore la cui estensione e intensità non hanno confronti, e sono irraggiungibili, anche se, per ipotesi,
potessimo assommare tutti gli affetti più puri della terra.
Per intenderci: non si ottiene il calore del sole sommando tutte le fiamme che bruciano sulla terra… perchè il
sole supera qualitativamente il loro calore, e la loro somma non può raggiungere il calore del sole…
che è tutta un’altra cosa!
E così è dell’amore di Dio, che è
- qualitativamente diverso,
- quantitativamente superiore a ogni umano affetto, per quanto grande e sublime!
- è eterno: dall’eternità il Signore ha previsto e voluto tutta la creazione e, in essa, ogni singola persona
vivente.
Ha previsto quindi anche te!
Sei a Lui presente da quando Egli esiste, cioè da sempre.
Ti ama da sempre e ti amerà per sempre.
Sei quindi, in certo modo, eterno come Lui.
- è disinteressato: è un amore la cui essenza è quella di dare e non di ricevere; contrariamente a quanto
avviene in noi, che, nulla, ordinariamente, facciamo senza averne o sperarne un contraccambio.
Dio ha ed è tutto!
Creandoti, non ha aumentato la sua felicità, ma ha voluto comunicare a te quella felicità che Egli possiede
pienamente dall’eternità.
- è personale: Dio ama con tutto se stesso ogni singola creatura; l’ama come se al mondo non ci fosse che lei
sola, perchè il suo amore è infinito e quindi indivisibile.
E tale è il suo amore, anche se nel mondo sono vissuti, vivono e vivranno miliardi e miliardi di persone.
Dio non ama in serie,
- non si dirige agli uomini in blocco,
- non ha rapporti rivolti alla massa,
e quindi impersonali e superficiali, al punto da ignorare le vicende personali di ognuno...
Di ciascuno invece conosce
- il nome,
- i sentimenti,
- le inclinazioni,
- il carattere,
- le aspirazioni,
- le gioie,
- le ansie,
- ciò che appare,
- ciò che gelosamente nascondiamo,
- il passato,
- il futuro.
Ti conosce non per quello che gli altri vedono, ma per quello che sei nella realtà più intima e segreta.
Ti conosce come nessuno ti conosce.
Ti ama come nessuno ti ama, e proprio come sei e per quello che sei:
- con le tue particolari qualità e deficienze;
- con i tuoi limiti e con le tue riserve;
- con le tue innumerevoli infedeltà;
- con i tuoi slanci di generosità e di bene.
Creando, Dio non si ripete.
I modelli che gli escono dalle mani sono sempre nuovi e originali, per quell’infinita fantasia che
contraddistingue i suoi atti creativi.
Tu sei quindi un esemplare unico e irripetibile, che Lui, e Lui solo, conosce completamente, fino nei minimi
particolari.
Ti conosce e ti ama personalmente, senza mai confonderti con nessun altro.
Nessuno pronuncia il tuo nome con l’interesse e il calore coi quali lo pronuncia Lui, come nessuno sa
pronunciare il nome del figlio con l’intensità d’amore di una mamma!
Si può dunque affermare che c’è un solo vero innamorato di te, ed è il tuo Dio!
Per Lui, nonostante tu sia un piccolo uomo o una piccola donna confusa nel mondo, sei “termine fisso d’eterno
consiglio”.
Sei la cosa che incredibilmente lo affascina più di ogni altra.
Sei la sua vera, grande passione!
E per dimostrartela tutta, ti ha donato ciò che aveva di più caro e di più prezioso: il suo Figlio Gesù.
E’ difficile capire l’amore di Dio che ci trascende e sembra tanto lontano da noi!
Ma questo amore, in Gesù, si è fatto
- più comprensibile,
- più accessibile,
- più concreto,
- più vicino,
perchè Gesù, pur restando vero Dio, si è fatto in tutto uomo come noi ed è diventato nostro fratello.
Cerca allora, attraverso Gesù, di risalire a Dio e di scoprire questo unico grande Amore, che mai ti tradirà.
Se riuscirai a sentirlo vicino,
- troverai l’orientamento sicuro,
- incontrerai la Persona più amabile,
- troverai il modo per non essere
- mai solo,
- mai scoraggiato,
- mai perduto.
Capirai il vero senso della vita e la potrai godere in tutta la sua inimmaginabile ricchezza e nella sua affascinante
bellezza.
02.
TI HA CREATO
PERCHE’ TI AMA
«Maestro, qual è il più grande comandamento
della Legge?». Gli rispose: «Amerai il Signore
Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima
e con tutta la tua mente. Questo è il più grande
e il primo dei comandamenti. E il secondo è
simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te
stesso. Da questi due comandamenti dipende
tutta la legge e i Profeti».
MATTEO 22, 36- 40
Non abbiate alcun debito con nessuno, se non
quello di un amore vicendevole; perchè chi
ama il suo simile ha adempiuto la legge.
LETTERA AI ROMANI 13, 8
Dio, dunque, ti ha creato perchè ti ama; ti ha creato per amore.
E quale legge poteva darti se non l’amore?
Ed ecco il ben noto comandamento: «amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
anima, e con tutta la tua mente, e il prossimo come te stesso».
«Amerai il Signore Dio tuo...»: Dio ha il primato assoluto: deve essere amato sopra ogni cosa!
E non può essere diversamente, perchè di ogni creatura Egli:
- è causa efficiente: essa è stata creata da Lui;
- è causa esemplare: è stata modellata su di Lui;
Creandoti per amore e a sua immagine, Dio non poteva assegnarti che uno scopo degno della tua nobile
natura: Se Stesso!
Ne consegue allora che:
- l’unico tuo fine è Dio!
- l’unico oggetto degno di te è Lui!
- l’unico senso della vita: un viaggio per arrivare a possederlo!
Sei stato creato
- per conoscerlo,
- per amarlo,
- per servirlo in questa vita,
- per goderlo, nell’altra, in Paradiso.
Così stando le cose, ogni errore di valutazione e di impostazione della vita, può divenirti fatale.
- Se devii da questo fine, dai alla tua vita un senso assurdo;
- se ami sregolatamente le creature, proverai fastidio e delusione;
- se rifiuti l’amore al Sommo Amore,
- sbagli la tua vita,
- la rendi infruttuosa,
Come il fiore cerca il sole, come la terra riarsa l’acqua fresca, come l’occhio la luce, così il nostro cuore anela
irresistibilmente a Dio.
«Signore, dice S. Agostino, ci hai creati per Te, ed è inquieto
il nostro cuore fino a quando non riposa in Te!».
Sai perchè la maggior parte degli uomini
- è vuota,
- triste,
- inquieta,
- angosciata,
Perchè non ha ancora spalancato il proprio cuore a questo Dio d’amore, che, solo, può appagare il cuore
umano fatto esclusivamente per Lui.
Può il tuo stomaco saziarsi di pietre, di fieno, di fiori, di gioielli?
No, perchè esso è fatto per accogliere determinati cibi che non sono sostituibili con oggetti anche preziosi!
E così è del cuore, che essendo stato creato per accogliere l’Amore assoluto, non può appagarsi di sole realtà
terrene, anche se valide e buone.
Per questo, i soli veramente felici, in questo mondo, sono i Santi, i quali, spesso poveri e tribolati, hanno avuto
la saggezza di fare la scelta migliore, e vivono pienamente abbandonati all’Amore appagante del loro Signore.
Non c’è dunque che una felicità sulla terra: questa!
Non c’è che una cosa del tutto interessante e seria: amare Dio!
Non c’è che una risposta adeguata alla proposta di Dio: quella di amarlo!
Al gesto del Signore che, prendendo l’iniziativa, ti offre il suo Amore, deve corrispondere il tuo amore, perchè
una dichiarazione senza risposta è inutile e assurda.
L’offerta divina sollecita una contro-offerta: non una qualsiasi, ma quella voluta dall’offerente: Dio offre Amore
e vuole amore.
E poichè non c’è amore più vero e completo del suo, non c’è che un oggetto meritevole di tutto il tuo amore:
Dio!
Per questo Gesù non pone limiti e confini: «amerai con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta
la tua mente...».
Non dice:
- studia,
- lavora,
- guadagna soldi,
- diventa importante,
- vinci i nemici,
ma unicamente e semplicemente: ama!
Ecco perchè Paolo dice: «la pienezza della legge è l’amore».
E Giovanni: «Dio è amore, e chi sta nell’amore, sta in Dio».
Sei dunque al mondo solo per amare.
La tua vera, unica, insostituibile occupazione è quella di amare.
Non hanno importanza l’età o la professione, ma l’amore col quale ti impegni in ogni cosa.
Ti realizzi solo nell’amore.
Sarai cresciuto solo nella misura in cui avrai realizzato l’amore.
Ti meravigli perchè tanta gente adulta non è ancora cresciuta?
Per questo semplice motivo: perchè non ha ancora imparato ad amare!
Non ha ancora compreso che a nulla serve
- negare,
- contestare, il sole che vuole splendere nell’intimo della casa, preferendo il flebile barlume di una piccola
candela.
Dio, Dio solo è il Sole della vita!
Solo la sua luce può illuminare senza ombre il tuo cammino.
Solo il suo calore può riscaldarti come desideri!
Non pensare però che sulla terra non vi siano altri oggetti da amare all’infuori di Dio. Il mondo e le creature
sono state volute da Dio per noi, subordinatamente a Lui. Possiamo e dobbiamo amare la famiglia, il lavoro, la
donna, l’uomo, le splendide cose della natura, dell’arte...
La stessa felicità del Paradiso non consisterà nell’esclusiva visione di Dio, ma anche nella felice compagnia di
coloro che amiamo. Si vuole qui solo dare risalto all’assoluta precedenza che Dio deve avere nella nostra
considerazione, e alla necessità di vedere ogni cosa in Lui e come mezzo per raggiungerlo.
Egli però non ti forza.
Non ti si impone con minacce e paure.
Non ti obbliga ad accoglierLo.
Continua solo, con una tenerezza e con una fedeltà che rasentano la follia, a ripeterti in molti modi la sua
incredibile dichiarazione d’amore.
Fa come l’innamorato che non desiste dal suo intento, perchè è sicuro che quella porta, prima o poi, si aprirà.
03.
LA LEGGE
È L’AMORE
Questo è il suo comandamento: che crediamo
nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci
amiamo gli uni gli altri...
Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo
gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore
di lui è perfetto in noi...
Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio
di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio.
Noi amiamo perchè egli ci ha amati per primo...
Questo è il comandamento che abbiamo
da lui: chi ama Dio ami anche il suo fratello.
I LETTERA DI GIOVANNI 3, 23- 4, 12. 15. 19. 21
Ma qui sorgono due difficoltà:
- come possiamo amare un oggetto che non cade sotto i nostri occhi, un Dio che non vediamo?
- e come possiamo dimostrargli concretamente questo amore?
Vi sono due modi, diversi e complementari.
Il più semplice è quello di unirci a Dio attraverso le forme di comunicazione proprie delle persone umane.
Si ama Dio, dicendogli con semplicità: Signore, ti amo!
- parlandogli,
- confidandogli i nostri problemi,
- ringraziandolo,
- pregandolo,
- invocandolo,
- offrendogli le azioni della giornata,
- donandogli le pene quotidiane,
- uniformandosi serenamente alla sua volontà, e, soprattutto, divenendo una sola cosa con Lui nella
Comunione eucaristica.
Vi è poi un secondo modo, più comprensibile e concreto, ma estremamente difficile e, per tanti aspetti, spesso
irrealizzabile: quello di amare Dio riconosciuto presente nella persona dei fratelli.
Ed è l’aspetto che queste pagine vogliono illustrare.
Tutto nasce dalle parole di Gesù:
- «ama il Signore Dio tuo... e il prossimo tuo, come te stesso»;
- «tutto quello che fate a uno di questi piccoli, lo fate a me».
Queste due affermazioni rispondono in modo diretto ed esauriente alle domande iniziali: l’amore a Dio si
concretizza nell’amore al fratello.
Se il Signore ritiene fatto a sè quello che si fa al fratello, ciò significa che il fratello
- è l’immagine vivente di Dio,
- è l’involucro dentro al quale si nasconde Dio,
Dio e fratello sono due termini che
- si richiamano,
- si equivalgono,
Tu arrivi a Dio attraverso il fratello,
- servi Dio, servendo il fratello,
- ami Dio, amando il fratello;
e reciprocamente:
- se vuoi aprirti a Dio, devi aprirti al fratello,
- se vuoi incontrare Dio, devi incontrare il fratello,
- se vuoi camminare con Dio, devi camminare con il fratello.
L’incontro col fratello è incontro con Dio: lungi dal nasconderlo e da fargli da schermo, egli
- lo avvicina,
- lo rende tangibile,
- lo fa presente.
E anzi, l’amore al fratello diviene indice ed espressione dell’amore che portiamo a Dio, e insieme misura della
sua intensità.
Nei tuoi rapporti con gli altri, pensi Dio assente e lontano: è invece sempre presente, e sempre personalmente
interessato.
Gesù dice: «ama il Signore, Dio tuo... e il prossimo tuo come te stesso...».
Potremmo ora più verosimilmente dire così: «ama il Signore nel prossimo tuo», perchè l’oggetto dell’amore è
uno solo: Dio!
- Dio amato in se stesso,
- Dio amato nei fratelli.
L’amore ai fratelli diviene la condizione inderogabile per amare, in modo autentico e concreto, Dio.
E i due comandamenti sono tra loro indissolubilmente legati e indivisibili, perchè sono le due facce del
medesimo comandamento: ama il Signore, Dio tuo!
04.
“HAI VISTO IL FRATELLO:
HAI VISTO DIO!”
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria
con tutti i suoi angeli, si siederà sul suo trono
della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui
tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri...
Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra:
Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità
il regno preparato per voi... Perchè io ho avuto fame
e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi
avete dato da bere... ero forestiero... nudo... malato
e mi avete visitato... Allora i giusti gli risponderanno:
Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato
e ti abbiamo dato da mangiare... da bere?...
Quando ti abbiamo ospitato... vestito... malato...
e siamo venuti a visitarti? Rispondendo il re dirà
loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto
queste cose a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l’avete fatto a me.
MATTEO 25, 31- 40
Due sono le dimensioni dell’amore:
- l’una verticale, che sale fino a Dio;
- l’altra orizzontale, che si dilata verso gli altri:
- quelli che Gesù chiama prossimo,
- e Giovanni chiama fratelli.
Gli altri, i fratelli, il prossimo...
E chi sono?
A chi possiamo e dobbiamo attribuire il nome di fratello?
La risposta è semplice, perchè non vi possono essere divisioni ed esclusioni: tutti sono nostri fratelli!
Fratello da amare è quello che la Provvidenza, attimo dopo attimo, ti mette vicino, cioè ti fa prossimo.
È colui che ti passa accanto,
- che si ferma con te,
- che lavora,
- che studia,
- che gioca,
- che soffre,
- che grida,
- che invoca,
- che maledice,
- che vive,
- che muore...
accanto a te.
Fratello è il padrone di casa, l’inquilino che abita vicino a te, l’agente delle tasse, chi ti siede accanto in treno, il
fruttivendolo, il cliente, il professore, l’amico, il parente...
È il ricco e il povero, il bello e il brutto.
È colui del quale tu dici:
- quanto mi è antipatico!
- non posso più soffrirlo!
- ne ho fin sopra i capelli!
- potessi eliminarlo!
È colui che dice male di te,
- che non dà di te un giudizio benevolo,
- che ride soddisfatto dei tuoi insuccessi.
È colui che ti è indifferente, perchè i tuoi sguardi non si sono mai incontrati con i suoi e le tue strade non si
sono mai incrociate con le sue.
Fratello è
- il nero e il giallo,
- il ricco e il povero,
- colui che condivide la tua fede politica,
- o milita sotto un’altra bandiera,
- il credente convinto e l’ateo militante...
Gesù non ha detto: ama il prossimo simpatico, benemerito, utile ai tuoi scopi.
E neppure ti ha autorizzato a fare le divisioni che vengono così spontanee:
- questo è simpatico... quello è antipatico;
- questo mi piace... quello mi ripugna;
- questo merita... quello non merita nulla...
Ti dice solo di amare, e di amare quelli che ti fa incontrare, qualunque sia il loro volto, e comunque siano
le loro azioni.
Hai visto il fratello: hai visto Dio!
Questa espressione di Tertulliano ti indica l’operazione mentale che continuamente sei chiamato a compiere:
spogliare ogni persona che vai incontrando dei suoi connotati fisici, morali ed estetici, per rivestirla
dell’immagine di Dio.
Ogni fratello
- è Dio in effigie,
- racchiude il Signore,
- è sua immagine fedele,
- te lo rappresenta in termini visibili e concreti.
Non interessano il suo nome, le sue tendenze, il suo passato.
Non preoccupa il fatto che sia riconoscente o sensibile.
Una sola cosa ti deve interessare:
vedere in lui il volto del Signore e subito preoccuparti di amarlo.
In questa maniera, diventa facile l’incontro con Dio:
unendoti al fratello nel suo amore e per suo amore, ti unisci immediatamente a Lui, stabilisci il circuito
infallibile attraverso il quale passa il Signore.
Ogni luogo diventa così una chiesa; ogni rapporto, un rapporto religioso.
Ed è il fratello colui per mezzo del quale Dio
- si esprime,
- ti chiama,
- ti arricchisce,
- misura il tuo amore.
Nel fratello, il Signore abita nel tuo palazzo, lavora nel tuo cantiere, siede con te a tavola, ti è vicino a scuola,
in autobus, allo stadio, nel carcere, in ospedale, sulla spiaggia, in convento, nel campo... ovunque c’è un
uomo o una donna, per quanto piccoli e insignificanti.
Per mezzo di lui, Dio viene a vivere con noi,
Per mezzo di lui, operiamo la nostra santificazione,
Per mezzo di lui, raggiungiamo il fine della vita, che è l’amore.
Dio non si pu. vedere; non gli si possono rendere diretti servizi... Dio allora, in una infinita risorsa d’amore, ci
pone davanti il fratello, che è un oggetto più adatto alle nostre visite e ai nostri servizi.
È incredibile!
Trattiamo con Lui, attraverso l’interposto fratello, pareggiamo i conti con Lui, pareggiandoli con il fratello,
otteniamo il suo perdono, perdonando al fratello.
Ogni fratello
- è dono di Dio,
- è mezzo di comunicazione con Lui,
- è ponte di collegamento,
- è strumento di divina salvezza,
- è vicario e rappresentante del Signore.
Ha un titolo divino al nostro amore, e quindi un diritto sovrano.
Ogni atto, ogni pensiero rivolto a lui, è un atto compiuto e pensato per Dio, il quale ci restituisce, in volume
divino, lo stesso comportamento.
Non è quindi inutile e infruttuoso un gesto d’amore anche quando sembra privo di successo.
Il fratello che ti passa accanto è spesso sgradevole e fastidioso.
Non disprezzarlo, e, pur potendolo fare, non allontanarlo.
Sforzati di accoglierlo con amore: non è per una fatalità che ti è venuto accanto, ma per un superiore disegno
d’amore di Chi vuole il tuo bene.
Te lo ha inviato il Signore, perch. con lui e per mezzo di lui, tu possa
- crescere,
- santificarti,
- salvarti.
La tua salvezza passa solo attraverso la strada obbligata del fratello!
05.
CON TUTTI GLI ALTRI
Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele,
tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so.
Sono forse il guardiano di mio fratello?».
GENESI 4, 9
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà
.. Purch. questa libertà non divenga un
pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante
la carità siate a servizio gli uni degli
altri... Ma se vi mordete e divorate a vicenda,
guardate almeno di non distruggervi gli uni
gli altri.
LETTERA AI GALATI 5, 13-15
Dio non ti ha creato come individuo isolato, ma come persona destinata a una convivenza con Lui e con
l’intera comunità.
Devi aprirti a Dio, che nel suo amore non solo ti fa esistere, ma desidera che tu ti unisca e ti trasformi in Lui.
Devi aprirti agli altri, per conoscerli ed amarli, per arricchirti delle loro multiformi esperienze, per unirti ad essi
nell’amore.
Alcuni pensano: non c’è bisogno di Dio,
basta unirsi a tutti gli uomini,
in una universale fraternità.
È un’illusione: come ci possono essere dei fratelli, se non c’è un Padre comune?
Non può esistere una fratellanza, se non c’è una paternità.
Si è veramente fratelli quando si accetta di essere figli dello stesso padre.
Lontano da Dio (Padre), l’uomo è lontano dagli altri uomini (i fratelli)!
E per questo, ogni forma di ateismo è
- anti-sociale,
- anti-umana,
- anti-comunitaria,
perchè, separando gli uomini da Dio, viene a separarli anche fra di loro.
L’amore al prossimo è più comprensibile e immediato, ma l’amore a Dio è più importante, perchè ne è
all’origine; è la fonte di esso! È anzi la componente indispensabile per conoscere fino in fondo chi è l’uomo!
Ne è controprova l’inferno, ove i dannati, per sempre privati del Sommo Amore, non possono essere legati da
vicendevole amore e da reciproca solidarietà.
Altri pensano: basta unirsi a Dio,
senza occuparsi degli altri uomini!
Ma ci si chiede: come si può essere figli del padre, senza accettare di essere fratelli di tutti gli altri figli?
Non si può amare il padre, rifiutando anche uno solo di essi!
Non si può amare Dio, separandolo da quelli che Egli ama!
Gesù lo ha apertamente affermato. Infatti:
- il ricco Simone non pu. amare Dio, se non accetta la peccatrice pentita che bacia i piedi del Salvatore;
- i farisei non possono amare Cristo, se non vogliono sedere con i pubblicani e i peccatori;
- il figlio primogenito non pu. amare suo padre, se si rifiuta di accogliere il fratello, il figliol prodigo che è
tornato a casa...
Le due dimensioni dunque, quella dell’amore a Dio e al prossimo, si intersecano e si completano.
Non si può dimenticare l’una senza danneggiare l’altra; non si può sopprimere la prima senza rendere vana e
illusoria la seconda.
Non si possono amare i fratelli, senza amare Dio; e neppure amare Dio, senza amare i fratelli: anzi solo
l’amore di Dio rende vero e autentico l’amore dei fratelli.
Dice Giovanni: «se uno dice: io amo Dio e poi odia il prossimo, costui è un bugiardo».
E Agostino: «dire che si ama Dio quando non si ama il prossimo, è come se si abbracciasse qualcuno,
pestandogli i piedi!».
Una persona sola, autosufficiente,
separata da tutte le altre è impensabile!
Se vuole esistere, se vuole riuscire, se vuole essere veramente se stessa, e cioè completa, deve
necessariamente aprirsi, oltre che in direzione verticale (Dio), in direzione orizzontale (i fratelli).
Deve:
- considerarsi parte di un tutto,
- sentirsi uno dei tanti,
- aprire con loro un dialogo,
- chiedere e offrire
- solidarietà,
- aiuto,
- collaborazione.
Ogni persona, per quanto in s. completa e responsabile, non è autosufficiente.
È nella comunità che si perfeziona e si matura.
È nel contatto vivo con il prossimo che si arricchisce e si comprende.
Perchè potesse comunicare con gli altri, Dio le diede i sensi e la parola.
Perchè potesse allargare e perpetuare la comunità umana, le diede l’impulso all’amore e alla generazione.
La comunità la aiuta gradatamente a svilupparsi e a crescere
- nella famiglia naturale,
- nella scuola,
- nelle varie associazioni,
- nella comunità nazionale,
- nella comunità internazionale...
L’uomo così cerca incessantemente l’altro,
- prima per chiedere,
- poi per dare,
- e ancora e sempre per richiedere e ridare.
Vivere è ricevere e dare; è accogliere e partecipare di una ricchezza incalcolabile di bene e di esperienze, un
prezioso tesoro che è costituito dalle ricchezze degli altri, di tutti gli altri!
Siamo così una sola cosa, un corpo solo.
Un vincolo indissolubile ci lega, quello della natura, che è il legame naturale più valido e indistruttibile.
Non siamo individui sovrapposti, ma legati gli uni agli altri.
Il nostro successo è legato al successo degli altri; la nostra riuscita al pieno inserimento nella loro vita!
Non possiamo in alcun modo prescindere dai nostri simili, cos. come la parte non pu. prescindere dal tutto.
Chiuderci in noi stessi, separandoci dagli altri, significa
- immiserirci,
- svuotarci,
- perderci,
perchè la nostra salvezza è salvezza operata per gli altri e con gli altri.
Il Signore, pur amando tutti e ciascuno, nell’Antico Testamento si è alleato con un popolo, e, nel Nuovo, ha
fondato la Chiesa, che è per definizione una comunità, un corpo.
La grandezza di un uomo si misura dal suo potere di comunione.
Occorre allora
- incontrare gli altri,
- accoglierli,
- conoscerli,
- unirsi a loro,
- portarli nel proprio cuore...
e amarli.
Sarai immensamente ricco e completo solamente quando sarai riuscito ad accogliere liberamente in te tutto
Dio e tutta l’umanità!
06.
UN SOLO CORPO
Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha
molte membra e tutte le membra, pur
essendo molte, sono un corpo solo, così
anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo
stati battezzati in un solo Spirito per formare
un solo corpo...
Se il piede dicesse: «Poichè io non sono
mano, non appartengo al corpo», non per
questo non farebbe più parte del corpo...
Voi siete corpo di Cristo e sue membra,
ciascuno per la sua parte.
I LETTERA AI CORINTI 12, 12-13. 15. 27
Un solo corpo, un solo Spirito, come una
sola è la speranza alla quale siete stati
chiamati... un solo Signore, una sola fede,
un solo battesimo.
Uno solo Dio Padre di tutti...
LETTERA AGLI EFESINI 4, 4-6
Non si possono capire l’uomo e la storia senza considerare il peccato originale, che fu l’atto di nascita dell’odio
e della divisione fra gli uomini.
Adamo, suggestionato da Satana, rifiutò a Dio l’obbedienza e la sottomissione.
Infranse l’amore in senso verticale e conseguentemente anche quello orizzontale: il primo peccato, dopo la
colpa di origine, fu quello di un fratello (Caino) che uccise un fratello (Abele).
Nacquero da allora
- le inimicizie,
- i dissensi,
- le contestazioni,
- gli egoismi,
- le guerre...
Non più armonia, unione e solidarietà, ma lotte e divisioni.
L’uomo, creato per amare, rotti i legami che lo tenevano unito al Creatore, si mise contro i suoi simili, e segnò
la sua storia di dolorose contese...
Ma il Signore non abbandonò la sua creatura, e seppe, dal male, trarre un bene più grande.
Nel tempo stabilito, mandò sulla terra il suo Figlio Gesù, perchè riscattasse dal peccato l’uomo perduto e
ricomponesse nell’amore ci. che era infranto e diviso.
Gesù, pur restando vero Dio, non disdegnò di farsi anche vero uomo.
Si inserì perfettamente nella storia umana e la permeò, dall’interno, della sua azione divina.
Non si accontentò di scendere fra noi, ma volle divenire uno di noi, volle unire alla natura divina la natura
umana.
Divenne così, a motivo della sua dignità,
- il primo uomo,
- il primo fratello.
Assunse la natura umana non solo per liberare l’uomo dal peccato, ma anche per elevarlo all’incredibile
dignità di figlio di Dio.
Dice Origene: «Dio, in Cristo, si fece uomo perché l’uomo potesse diventare Dio».
Fece di noi non solo
- degli uomini perdonati, ma anche e soprattutto
- degli autentici figli,
- degli esseri divinizzati.
L’Incarnazione di Gesù fu quindi:
- la divinizzazione dell’uomo,
- l’atto supremo dell’amor di Dio,
- l’innesto dell’uomo nella vita trinitaria.
Ma c’è di più!
Elevando l’uomo, Dio lo volle inserire in uno straordinario organismo, che è la Chiesa.
Essa è Popolo di Dio, e soprattutto Corpo di Cristo.
Non è soltanto un’aggregazione di persone divinizzate, ma anche un corpo, il Corpo mistico di Cristo.
Questo mistero è spiegato dall’Apostolo Paolo con l’immagine del corpo umano.
Ogni corpo è formato di cellule, di organi e di membra.
Tutte sono diverse e distinte, ma formano insieme un unico corpo.
Questo corpo ha una testa che lo dirige tutto; e forma, con le membra, un’unica realtà indivisibile.
E così è del Corpo mistico: tutti i battezzati hanno diversi scopi e funzioni, ma sono distinti l’uno dall’altro e
formano insieme un solo Corpo, di cui Cristo è il Capo.
Questo unico e indivisibile Capo:
- dà la vita al Corpo, infondendo luce, forza, santità a tutte le singole parti, a seconda delle loro funzioni
e necessità.
La vita circola nelle varie parti se sono unite al Corpo, come il tralcio alla vite, e la vite alla radice:
- tiene unite le parti fra di loro, infondendo lo Spirito Santo come elemento di amore e di coesione;
- guida l’intero Corpo al raggiungimento degli scopi propri della Chiesa: la liberazione dal peccato e la
santificazione dell’uomo.
Lo Spirito Santo è presente in ogni singolo membro, come la vita è presente in ogni cellula del corpo umano.
Cristo dona il suo Spirito perchè l’intero Corpo sia fortemente legato, cos. che nulla risulta più solidamente
unito di Cristo con ogni battezzato, e di
tutti i battezzati con Lui e fra di loro.
Noi battezzati siamo dunque una sola cosa con Cristo e fra noi.
Siamo fra noi uniti da un vincolo di coesione divina.
Siamo parte di un Tutto nel quale circola la vita di Dio.
Con due incredibili conseguenze:
- ciascuno di noi può dirsi in certo modo Cristo, così come il braccio di Paolo è Paolo anch’esso;
- ogni battezzato è, con gli altri battezzati, legato da una parentela più intima di quella che lo lega alla
propria madre; perchè dalla madre, pur avendo in comune il sangue, resta diviso, mentre con gli altri
battezzati forma un unico, indivisibile corpo.
Siamo incorporati a Cristo e agli altri.
Veniamo a partecipare alla vita divina, e, insieme, diventiamo organi di trasmissione di essa.
Se ci uniamo a Cristo, riceviamo la sua vita, e, automaticamente, la comunichiamo agli altri, che sono a noi
indissolubilmente uniti, come parte del nostro corpo.
E se, in nome di Cristo, ci uniamo a un fratello, attraverso lui, subito ci inseriamo in Cristo, che
- è parte,
- è Capo dell’intero Corpo.
Il peccato
- ci fece schiavi,
- disgregò la famiglia umana,
- e ci divise.
Ma Gesù, con la sua Redenzione,
- ci liberò dal giogo,
- ci fece suoi figli,
- ci riunì in una grande e bella famiglia: che è la Chiesa.
Come uomini, siamo una comunità ove il bene personale si attua nella solidariet. con la vita e con il bene
degli altri.
Come cristiani, siamo un Corpo unito, ove circola la vita di Dio e dove, insieme, realizziamo la profonda
comunione che per. sar. perfetta e definitiva soltanto in cielo.
Sia a livello umano, che a livello cristiano, deve valere l’antica e famosa frase dei «Tre Moschettieri»:
- tutti per uno,
- uno per tutti.
07.
AMARE
NON È PROVARE SOLO
ISTINTIVA SIMPATIA
Figlio, nella tua attività sii modesto,
sarai amato dall’uomo gradito a Dio.
Quanto più sei grande, tanto più umiliati;
così troverai grazia davanti al Signore...
Fatti amare dalla comunità...
SIRACIDE 3, 17-18; 4, 7
Un uomo collerico suscita litigi
e l’iracondo commette molte colpe.
L’orgoglio dell’uomo ne provoca
l’umiliazione, l’umile di cuore
ottiene onori.
PROVERBI 29, 22-23
Ora veniamo al concreto: entriamo nella pratica della vita, per tentare di calare i principi sopra esposti nella
trama dei nostri rapporti quotidiani.
Il primo ritrovarsi, fra persone normali, in un comune ambiente di attività e di svago, si svolge generalmente in
un clima di gentilezza e di sorrisi.
Il rivedersi fra studenti dopo mesi di vacanza, l’incontrarsi per la prima volta fra colleghi di ufficio e di lavoro, il
conoscersi fra soldati che approdano alla stessa caserma, fra ammalati di una stessa corsia... Ë sempre un
fatto simpatico e cordiale.
Ci si presenta, ci si riconosce, ci si parla.
Incominciano i primi approcci, i primi slanci.
Nasce spontaneo un sentimento di fratellanza e di solidarietà.
Affiorano, istintive, simpatie e preferenze.
Si dice:
- mi va a genio quel compagno perch. ha i miei gusti!
- mi interessa la sua conversazione!
- mi piace questo amico perchè va d’accordo con me!
- collaboro volentieri con lui (con lei), perchè
- mi segue,
- mi capisce,
- forse mi apprezza!...
Fioriscono le esternazioni spontanee:
- sono a tua disposizione!
- disponi di me come credi!
- sempre al tuo servizio!
- siamo fatti per stare insieme!...
Quella casa, quell’edificio, quel condominio, quella scuola sembrano il regno dell’amore!
Se ne parla con entusiasmo. Si dice con soddisfazione:
è la sistemazione ideale! di meglio non potevo pensare e trovare!
Ma di solito si tratta di una luna di miele molto breve e passeggera.
I pareri e gli umori mutano rapidamente.
Le prime simpatie diventano bruscamente antipatie, lo slancio diviene ripulsa, la benevolenza si cambia in
avversione.
E subito si afferma:
- quanto è antipatico!
- lo credevo migliore!
- ha un carattere impossibile!
- è perfido!
- non voglio dargliela vinta!
- voglio che sia lui il primo ad inchinarsi!...
Che cosa è successo?
Il cielo limpido dei primi giorni si è coperto di nuvole, e l’orizzonte si è fatto scuro e minaccioso.
Il motivo è evidente: l’amore di partenza era fondato su basi instabili e semplicemente naturali: accordo di
temperamenti, orientamento comune, istintiva simpatia,
attrazione fisica...
Era fondato, soprattutto, su un grande egoismo: gli sono amico perchè
- ha i miei gusti,
- mi può essere utile,
- mi ascolta,
- mi segue,
- mi ubbidisce,
- condivide le mie idee...
È evidente che il centro di valutazione e di attrazione sono io, resto io, e non c’è altro che il mio io!
A questo punto, l’altro se ne accorge e si ribella.
Si rifiuta di essere assorbito da noi; di essere assoggettato ai nostri gusti, di essere più o meno ridotto al
nostro servizio, conformato ai nostri piani.
Difende allora la sua identità e la sua personalità.
Vuole salvare la sua libertà, la sua indipendenza, i suoi gusti, le sue idee... e si fa aggressivo.
Rifiuta di essere nostro e rifiuta anche noi!
E basta un nonnulla per far scoppiare la rivolta!
Gli egoismi si scoprono e si affrontano.
Tutto il gioco delle simpatie e delle convenienze naturali è posto in discussione e sfocia nel conflitto.
Per poterne uscire non ci sono che tre vie:
1. ci si chiude in se stessi, e si rifiuta ogni contatto col prossimo: è la via di molti.
2. si accetta una convivenza convenzionale e artificiosa: è la via più comune.
3. ci si sforza di amare nel modo cristiano, con il quale scopriamo lentamente che Dio ci attende negli altri
e ci spinge ad amarli in Lui, e che il prossimo è per noi il mistero di Dio: è la via degli autentici cristiani!
La via dell’isolamento, egoista e sprezzante, è, come si è detto, innaturale e infeconda.
Isolarsi dagli altri significa immiserirsi e perdersi; vuol dire, come dice Giovanni, rimanere nella morte.
L’individuo isolato è:
- sul piano umano, un fallito;
- nel disegno divino, un morto.
La via dei rapporti convenzionali è la via dell’insincerità e dell’apparenza.
I sentimenti interiori permangono e ci si preoccupa soltanto di nasconderli.
Si nasconde ciò che si prova e si cerca di dimostrare quello che è più conveniente e utile.
Non ci si sforza di purificare il cuore, ripieno
- di avversione,
- di antipatie,
- di rancori,
- di insincerità,
ma di offrire studiati saggi di cortesie e di gentilezze, col solo scopo di giungere a coronare i propri intenti.
Non c’è un’apertura genuina e sincera; non vi è un gioco franco e aperto.
Le apparenze sono buone, ma il terreno è infido e scottante; non si sa fin dove c’è amore e sincerità.
Non ci si può fidare mai! Si cerca un volto e si trova una maschera!
Quante rivalità e avversioni in certe relazioni ufficiali, sotto le apparenze della più perfetta affabilità e della più
cordiale devozione!
Politica, diplomazia, convenienza... sono termini che quasi sempre nascondono, sotto un’apparenza
gradevole, uno sconcertante miscuglio di egoismi e di divisioni feroci.
Al di là delle formali cortesie, resta ancora vero il detto latino: «homo homini lupus: l’uomo è lupo per l’altro
uomo».
Non rimane allora che la terza via: quella dell’amore vero e sincero: quella della carità cristiana.
Il termine carità cristiana esprime il modo nuovo e originale di amare il fratello alla maniera di Dio.
Non è che ci nascondiamo la realtà; non è che non vediamo quanto siamo lontani e opposti gli uni agli altri,
ma con un atto di volontà, sostenuto dalla Grazia, operiamo una rapida operazione spirituale e cerchiamo di
vedere il fratello nella luce di Dio e al centro della sua attenzione.
Con grande sforzo, alziamo un generoso velo
- sui difetti,
- sui limiti,
- sull’antipatia,
- sulla meschinità
di chi ci sta davanti, e diciamo: io non l’amo perché è questo o quello, ma principalmente
- perchè in lui c’è Dio,
- perchè lo ama Dio.
Un simile modo di amare non attenua le difficoltà, e non richiede che noi abbiamo la medesima familiarità ed
intimità con tutti quelli che ci circondano.
Continueremo anzi a sceglierci gli amici che ci sono più congeniali, e praticare le persone con le quali più
facile è il dialogo e più semplice la collaborazione.
Ma a tutti porteremo
- benevolenza,
- rispetto,
- attenzione,
con quella riverenza che si deve a un essere dotato di così alto potenziale di dignità divina.
Non è facile amare in questo modo!
Non vi si giunge in un momento: è il termine di un lungo allenamento, sostenuto dalla volontà e dalla
preghiera.
La preghiera è indispensabile perchè questo amore non è raggiungibile con le sole forze umane.
È anzi un dono di Dio, concesso a chi lo chiede con semplicit. e costanza.
Più cresce l’amore a Dio, e più aumenta in noi l’amore ai fratelli.
Più il Signore entra in noi con la sua grazia, e più il nostro cuore si dilata e sa accogliere tutti.
E per questo nessuno è più vicino al fratello del santo, che è totalmente unito a Dio!
Solo la carità cristiana crea rapporti
- essenziali,
- genuini,
- stabili,
- sinceri.
Solo l’amore cristiano è in grado di instaurare un rapporto nuovo, originale, veritiero.
È un amore che ci introduce in un mondo totalmente superiore.
È il passaggio
- dall’egoismo alla generosità,
- dall’interesse personale alla pura gratuità,
- dalle attrattive fisiche alla carità,
- dall’umano al divino.
Il fratello, l’altro, qualsiasi altro, viene cos. ad assumere un ruolo importante e insostituibile.
Da opposto ci diviene complementare: da nemico o indifferente si fa compagno di viaggio, nel cammino della
vita.
Con lui, costruiamo e camminiamo.
Accettando e amando lui, realizziamo lo scopo della vita, che è l’amore.
Con lui, nella sua tensione, ci muoviamo incontro a Dio, e lo raggiungiamo con un così scomodo
intermediario.
Nulla è più grande e meritorio di un atto di amore cristiano, perch. esso viene da Dio ed è riferito a Dio.
Tutte le gentilezze del mondo, a livello umano, non valgono insieme un solo atto di carità.
La carità cristiana passa per un’altra via.
La via di Dio!
08.
AMARE È DARE FIDUCIA
Una risposta gentile calma la collera,
una parola pungente eccita l’ira.
Una lingua dolce è un albero di vita,
quella malevola è una ferita al cuore.
La mente del giusto medita prima di rispondere;
la bocca degli empi esprime malvagit..
Uno sguardo luminoso allieta il cuore;
una notizia lieta rianima le ossa.
PROVERBI 15, 1. 4. 28. 30
Amare il fratello significa entrare con lui in comunione di pensiero e di azione.
E ogni comunione inizia con un reciproco atto di fiducia nella possibilità di un dialogo e di un’intesa.
Incomincia di qui: offri, per primo, la tua amicizia dicendo con sincerità:
- ho piena fiducia in te!
- sono sicuro che ci comprenderemo!
- confido pienamente nella tua buona volontà!...
L’altro si meraviglierà, perchè, forse, nessuno gli ha mai detto queste cose e ti guarderà subito con amicizia.
Ti spalancherà con fiducia le braccia e il cuore.
La simpatia si conquista così: muovendoci per primi; andando coraggiosamente incontro a colui (o a
colei) che ci sta davanti; sforzandoci di offrire, noi per primi, ci. che poi desideriamo da lui.
La fiducia
- va offerta, prima che pretesa;
- va donata, prima che elemosinata e richiesta!
Il fratello ti darà la sua fiducia, se tu gli darai la tua; verrà incontro a te, se tu per primo saprai andare incontro
a lui.
Iniziando un rapporto, non essere, in partenza, negativo e pessimista.
Tendi al fratello la mano con calore, donandogli quel sorriso aperto e buono che comunica simpatia immediata
e sincera.
Devi amare,
- amare subito,
- amare del tutto gratuitamente.
Fa’ subito leva sulle virtù e sulle qualità che certamente esistono, perchè in tutti, pur fra mille difetti, vi è
qualcosa di piacevole e di valido, anche se non è evidente!
Non cominciare rinfacciando duramente ci. che disonora e dispiace.
Non metterti subito in cattedra, sentenziando e giudicando con arroganza le reali o presunte deficienze del tuo
interlocutore.
Non discutere mai dicendo:
- non capisci nulla!
- sei completamente fuori strada!
- con te è assolutamente impossibile ragionare!
- sei proprio uno sciocco!
- per te non c’è più nulla da fare!...
L’altro, così duramente aggredito, ti negherì la sua amicizia e non ti dirà più nulla.
Sar. costretto a rinchiudersi in se stesso e a convincersi che nessun dialogo potr. essere possibile.
Incomincia sempre con un discorso alla pari.
Non guardare nessuno dall’alto in basso.
Non dire mai: io sono superiore a te;
ma invece: in questa o quella cosa tu sei superiore a me!
Così facendo, non umilierai il fratello e non acuirai il suo complesso di inferiorità.
Non lo porterai a dire: ha ragione, io non valgo proprio nulla!
Non gli toglierai la fiducia in se stesso, non gli tarperai le ali per la sua riuscita.
Gli darai anzi la possibilità di superare tanti suoi complessi e di trovare, finalmente, la sua strada.
L’amico ha avuto un suo piccolo successo?
Fagli subito le congratulazioni!
Digli di cuore: vedi, anche tu sei capace! sì, anche tu, proprio tu!
La lode ha sempre un potere magico!
Digli quella parola buona che per te è nulla, ma che per lui è tanto, è tutto!
Se si sente deriso, compassionato, disprezzato, sarà portato a chiudersi in se stesso e forse per sempre; ma
se si vede riconosciuto nei propri successi, anche se modesti, si sentirà spinto a camminare più speditamente,
e a dare una svolta nuova alla sua vita!
Sei costretto a fare qualche osservazione?
Incomincia felicitandoti per qualcosa di buono, per qualche progresso, per quell’unico aspetto positivo che hai
notato.
Il rimprovero, da solo, inasprisce, urta, scoraggia.
Perchè sia costruttivo, deve rivolgersi a una persona disposta e preparata a riceverlo, e la migliore
preparazione è quella che le hai creato, incoraggiandola e facendole notare le sue possibilità.
Davanti a un fratello che ti sembra irrecuperabile, non avvilirti e non avvilirlo.
Non dirgli:
- sei un essere ignobile!
- sei un disonesto!
- sei un disgraziato!
- sei proprio irrecuperabile!
Le tue spietate affermazioni gli toglieranno immediatamente ogni fiducia in se stesso e lo porteranno a dire:
per me è finita... è finita per sempre.
Sforzati invece di dirgli:
- non disperare!
- anche per te c’è speranza!
- nessuno è totalmente cattivo!
- c’è in tutti una inimmaginabile possibilità di riscatto e di salvezza!
Ricorda che non hai diritto di negare la tua fiducia e il tuo amore l. dove Dio non cessa di profondere la sua
fiducia e il suo amore!
In ciascuno di noi il Padre comune ha generosamente riversato una mirabile varietà di doni e di talenti: brilla in
tutti, anche se tenue, il riverbero della luce che promana da Lui.
Occorre avere fiducia: siamo destinati tutti, volendo, ad essere dei grandi e dei santi!
Occorre dare fiducia: dal nostro incoraggiamento, da un nostro piccolo gesto di fiducia e di amore, dipende, il
più delle volte, il balzo del fratello verso un traguardo prima ritenuto impossibile o irraggiungibile!
09.
AMARE È DONARSI
Un dottore della legge si alzò per metterlo
alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare
la vita eterna?». Gesù gli disse: «Un uomo
scendeva da Gerusalemme a Gèrico e incappò
nei briganti che lo spogliarono, lo percossero
e poi se ne andarono, lasciandolo
mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva
per quella medesima strada e quando lo
vide passò oltre dall’altra parte. Anche un
levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò
oltre. Invece un samaritano, che era in viaggio,
passandogli accanto lo vide e n’ebbe
compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le
ferite versandovi olio e vino...
Va’ e anche tu fa’ lo stesso».
LUCA 10, 25-37
Vi è più gioia nel dare che nel ricevere.
ATTI DEGLI APOSTOLI 20, 35
Gli uomini tutti cercano amore, soprattutto l’amore!
Molti chiamano amore ciò che è il contrario!
Molti coprono, con questa dolce e comoda etichetta, la maschera dell’egoismo!
Tanti credono di soddisfare il cuore, mentre in realtà non soddisfano che i sensi, e lasciano il cuore vuoto!
Le relazioni umane - ce ne accorgiamo presto! - si svolgono in massima parte sotto l’insegna dell’equivoco e
dell’inganno.
Tutto nel mondo parla d’amore,
- esalta,
- canta,
- piange l’amore;
ma il più delle volte l’uomo non sa amare: crede di amare l’altro, e non fa che amare se stesso!
L’amore non è
- una bella parola,
- un sogno,
- un romanzo,
- un’avventura...
Amare non è
- provare ammirazione,
- simpatia,
- attrazione fisica,
- ebbrezza,
- passione,
- esaltazione sessuale...
Tutto questo è semplicemente istinto, emotività, impulso naturale, animalità.
Amare è ben altra cosa!
- è volontà del bene effettivo dell’altro,
- è desiderio della sua felicità,
- è scomodarsi,
- è impegnarsi,
- è sacrificarsi,
- è servire,
- è donarsi.
Donarsi: questa è la parola che, meglio di ogni altra, esprime il senso profondo della più magica parola del
mondo.
La parola che, senza equivoci, addita ad ogni cammino d’amore il suo vero e definitivo traguardo.
Spesso diciamo:
- questa disgrazia mi commuove fino alle lacrime...
- questo racconto mi commuove fino a star male...
- sono profondamente colpito, toccato, impressionato...?
-sono profondamente colpito, toccato, impressionato...
Si tratta di sentimenti comuni, frutto di quel diffuso senso di bontà che, più o meno, abita nel cuore di tutti,
ma non sono ancora l’amore!
Tutte quelle sensazioni sono spesso il risultato di complesse componenti psico-fisiche, quali il carattere, la
buona o cattiva digestione, il facile o difficile funzionamento di determinati organi... ma sono ben distanti
dall’autentico contenuto della parola amore!
Vi sono persone le quali, per la loro affascinante conformazione fisica e per il loro carattere felice, appaiono
buone e generose agli occhi di tutti.
Sono persone sostanzialmente fortunate!
Ve ne sono altre che, costituzionalmente antipatiche e spesso condizionate da fattori psico-fisici, appaiono
sgradite e cattive.
Esse sono invece solo sfortunate!
Ma l’amore non si confonde col carattere piacevole e con la fortunata costituzione fisica.
Non si misura dalle belle parole o dai forti sentimenti.
Non è
- fisiologia,
- retorica,
- poesia,
ma generosa e amorosa dedizione all’altro, a tutti gli altri.
Ovviamente, a livelli e in forme diverse, ma sempre nello stile di un impegno che si traduce nel nobile dono
- della propria persona,
- del proprio cuore,
- del proprio tempo,
- del proprio amore.
Il discorso, teoricamente facile e condivisibile, sul piano pratico diventa difficile e umanamente irrealizzabile.
Perchè?
Semplicissimo: perchè, per natura, siamo invincibilmente egoisti ed egocentrici.
Pensiamo a noi, solo a noi, e a pochi altri, ma sempre dopo di noi!
Tutto vediamo in funzione del nostro io, di questo io che sfacciatamente si impone, reclama attenzione, vuole
in tutti i modi essere appagato.
E amare invece vuol dire farsi violenza; vuol dire:
andare contro la nostra naturale inclinazione.
Significa orientarsi in senso decisamente opposto all’istintivo volgersi dei nostri sentimenti e dei nostri affetti.
Comporta il percorrere una strada a senso unico, che parte sempre da noi e cammina verso gli altri, e mai
viceversa.
L’amore esige la completa armonia della nostra persona con la persona dell’altro, un adeguarci alle sue
situazioni concrete:
- il piangere con chi piange,
- il godere con chi gode,
- il farsi tutto a tutti...
Non ti illudere di amare, se doni oggetti, strette di mano, un abbraccio, un bacio, un po’ del tuo tempo, senza
donare te stesso!
Amare non è tanto donare, quanto donarsi!
È unirsi ai propri doni, anche i più materiali.
È mettere in essi
- tutto se stessi,
- il proprio cuore
- e la propria vita!
Ovviamente un simile dono comporta distacco e rinuncia: un distacco da te e dalle tue cose.
Comporta la rinuncia ai tuoi gusti, alle tue preferenze, ai tuoi desideri, per aderire a ci. che piace all’altro.
Potrai dire di amare pienamente il fratello, quando saprai rinunciare al tuo modo di vedere, anche legittimo,
per lasciare a lui la gioia di un successo, forse del
suo primo incredibile successo.
Sarai certo di amarlo quando ti sarai votato al suo servizio
- senza interessi,
- senza riconoscimenti,
- senza etichette e pubblicità,
- e senza ricevere neppure un semplice grazie!
Se ti doni lealmente e disinteressatamente, non ti arrenderai mai.
Non ti preoccuperai, se la ricompensa non sarà adeguata.
Non ti chiederai, in partenza, se la persona potr. comprendere e ricambiare il dono offerto, perchà hai già
compreso che tu, come tutti, sei chiamato a compiere un servizio, il tuo servizio; e sai di doverlo compiere per
il Signore, e per Lui solo.
Sai quindi che da Lui solo puoi attendere l’amoroso ricambio!
Sei misconosciuto?
Sei criticato?
Sei deriso nel tuo servizio di carità?
Ben vengano le indifferenze e le ingratitudini!
Sono uno strumento prezioso per richiamarti ad amare nel vero senso cristiano; e cioè a cercare e a servire
Dio nella persona del fratello, e non l’appagamento del tuo egoismo meschino.
È difficile amare così!
È anzi inconcepibile, se si resta su un piano puramente umano.
Conosciamo infatti la natura di questa disinteressata dedizione al fratello, solamente da quando Dio,
attraverso il suo Figlio Gesù, ci ha insegnato ad amare alla maniera divina, e ci ha offerto un saggio di
offerta totale di sè.
Il Signore ci ha detto:
- ama il prossimo come te stesso;
- amatevi come io vi ho amati;
e perchè tu possa far questo,
- ti aiuto personalmente,
- ti sostengo con la mia Grazia,
rendo possibile ciò che con le sole tue forze non riusciresti a fare.
Solo con l’aiuto divino puoi amare fino in fondo, fino alla morte; cioè fino al dono supremo della vita.
Come ha fatto Gesù, che, col suo olocausto consumato sulla croce, ha salvato il mondo!
10.
AMARE E’ ASCOLTARE
Sii pronto nell'ascoltare,
lento nel proferire una risposta.
Se conosci una cosa, rispondi al tuo prossimo;
altrimenti mettiti la mano sulla bocca.
Nel parlare ti puoi procurare onore o disonore;
la lingua dell'uomo é la sua rovina.
SIRACIDE S, 11-13
Non rispondere prima di avere ascoltato,
in mezzo ai discorsi non intrometterti.
SIRACIDE 11, 8
Il cuore dell'uomo è un mistero che solo Dio conosce fino in fondo.
Per definirlo, il Manzoni non trovò espressione più completa di questa: un guazzabuglio.
Un guazzabuglio di pensieri, di simpatie, di affetti, di rancori, di gelosie, di finzioni...
E chi può penetrarlo?
È più semplice comprendere ciò che cade sotto i nostri occhi, di ciò che confusamente intuiamo dentro di noi.
Eppure abbiamo tutti un insopprimibile bisogno
- di esprimerci,
- di confidarci,
- di parlare delle nostre cose,
- di farci compiangere,
- di farci incoraggiare,
- di farci accettare.
Cerchiamo lo sfogo, l'appoggio, e, soprattutto, il confronto con gli altri.
Siamo portati ad indagare, con morbosa curiosità, se dietro il paravento ufficiale del loro volto si nascondono i
problemi che tormentano noi.
Non ci par vero di poter dire:
ma guarda, anche lui (anche lei!),
come me e più di me
- soffre,
- è solo,
- è infelice,
- è deluso, amareggiato, preoccupato.
Non lo si direbbe, e invece!...
Basta avvertire una piccola comunanza di sentimenti e di situazioni, per essere portati a uscire dal nostro
isolamento e ad avere più forza.
E non è difficile capire che
- i nostri dolori sono i suoi dolori,
- le nostre pene sono le sue pene,
- i nostri tormenti sono i suoi tormenti,
- le nostre angustie sono le sue...
È solo questione di saperle esprimere e di poterle confidare con lealtà e coraggio!
In fatto di confidenze, sono tipici i due opposti atteggiamenti di chi parla molto, e di chi non riesce ad
esprimersi.
Vi sono persone che, nei loro racconti prolungati e dettagliati, divengono insopportabili fino alla noia.
Non sanno che pronunciare un monosillabo: io!
Non sanno che raccontare, con compiaciuta insistenza, le proprie imprese e solo queste.
Sono persone piene soltanto di se stesse; persone che non pensano minimamente di dover dimenticare il
proprio io, per accogliere l'altro che domanda un attimo di interessamento e di ascolto
Vi sono, al contrario, persone del tutto chiuse, che non vogliono o non possono aprirsi.
Con grande sofferenza, covano un'infinità di pensieri e di problemi, che vorrebbero comunicare, ma che non
sanno come e con chi.
Mancano
- il coraggio,
- l' unùltà, e forse
- la fiducia,
in un prossimo che per il passato ha procurato così forti delusioni.
Ma non si può vivere così!
Occorre, ad ogni costo, cercare uno sfogo, trovare un interlocutore attento, incontrare un amico sensibile e
disposto ad aprire un dialogo.
Chiunque sia il fratello che ti chiede di parlare, qualunque sia l'argomento che viene ad esporti, renditi
disponibile per ascoltarlo.
Saper ascoltare è uno squisito atto di bontà.
È, a volte, un faticoso esercizio di pazienza; è, spesso, un difficile atto di dominio dei nostri nervi.
Non scomporti, non perdere il controllo, anche quando il tuo potere di sopportazione sembra giungere al limite.
Mai dire con disprezzo così:
- basta!
- non mi interessa!
- vattene!
- mi hai stancato!
- ho ben altro da pensare!
Così facendo, tradiresti ancora una volta il tuo invincibile egoismo e la tua scarsa sensibilità... e sarebbe
estremamente triste!
Ascoltare vuol dire tacere: chi sa ascoltare sa tacere a tempo e a luogo.
Sa tacere ciò che non è bene dire,
- ciò che fa male,
- ciò che umilia,
- ciò che offende...
Sempre il silenzio è d'oro, e il saper tacere è molto più prezioso che saper parlare.
Il fratello si dilunga in un discorso noioso e prolisso?
Invitalo dolcemente all'essenziale, ma lascia
- che parli lui,
- che si sfoghi liberamente,
- che possa dire, senza paura,
tutto quello che gli preme e lo tormenta.
Non interromperlo! Non mettergli limite alcuno!
E, soprattutto, non togliergli la parola per dire: guarda, ciò che mi racconti è proprio ciò che capita a me! Il tuo
problema è il mìo, e te lo racconto tutto!
Egli è venuto per confidarti il suo problema, e tu gli racconti il tuo, dîmostrandogli chiaramente che le sue
difficoltà non ti interessano affatto, e che, al centro dell'attenzione, resti tu, sempre e solo tu!
Fingí di pensare a lui, ma, in realtà, pensi a te stesso!
Ascoltare vuol dire interrogare.
Interrogare non vuol dire porre domande impertinenti e urtanti, ma sollecitare, con discrezione, i chiarimenti
indispensabili per inquadrare il problema di chi viene a parlare.
Il dialogo rischia di diventare un penoso monologo, se non lo si anima con sollecitazioni caute e delicate.
Bisogna incoraggiare l'interlocutore a parlare. Bisogna spingerlo con decisione a vincere il suo carattere
introverso e riservato.
Lo so: à un'arte complessa quella di dialogare con certe persone difficili e spesso impossibili!
La si raggiunge con una buona conoscenza delle leggi fondamentali della pedagogia e della psicologia, e
soprattutto con una grande carica di bontà e umanità.
Ascoltare è prestare attenzione.
Prestare attenzione significa concentrare mente e cuore per far tuo il problema del fratello.
Molto spesso non ti domanda che questo.
Non desidera risposte e ricette di vita: è già contento che tu l’abbia ascoltato per qualche minuto!
Saper ascoltare è prova di autentica santità.
Il giorno nel quale sarai riuscito a dimenticare te stesso totalmente per accogliere e ascoltare l’altro, sarà il
giorno nel quale avrai fatto un notevole passo avanti.
Saper parlare, è un dono di molti.
Saper tacere, è una saggezza di pochi.
Saper ascoltare, è una generosità di pochissimi.
Gli uomini hanno un grande bisogno di parlare.
Ma più ancora di qualcuno che li ascolti!
11.
AMARE
È ESSERE CORTESI
Se anche parlassi le lingue degli uomini e
degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona,
o un cembalo che tintinna...
La carità è paziente, è benigna... non è invidiosa..., non si vanta e non si gonfia, non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia,
ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta... Queste dunque le tre
cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità.
I LETTERA Al CORINlI 13, 1. 4-6.13 91
Il vero amore ha un solo inconfondibile nome che è di autentica marca cristiana: carità.
Il corrispondente termine greco, agàpe, fu scelto dagli autori del Nuovo Testamento per esprimere il senso
dell'insegnamento nuovo, e per contrapporlo al termine èros, che indica varie forme di pseudo-amore, che
sono tante.
La carità, secondo l'insegnamento di S. Paolo, risulta composta di nove elementi:
- pazienza: «l'amore tutto sopporta»;
- benevolenza: «è benevolo»;
- generosità: «non è invidioso»;
- umiltà: «non si gonfia»;
- cortesia: «è rispettoso»;
- altruismo: «non cerca il proprio interesse»;
- buon carattere: «non cede alla collera»;
- magnanimità: «non sospetta il male»;
- sincerità: «non gode dell'ingiustizia, ma la verità è la sua gioia».
Sono nove virtù, nove aspetti di un'unica grande virtù umano-divina: l'amore cristiano.
Se consideriamo i termini usati dall'Apostolo, notiamo che egli non descrive solo la natura, ma anche la forma
del vero amore; non soltanto le componenti interiori, ma anche quelle esteriori, quelle cioè che rendono la
carità
- amabile,
- piacevole,
- simpatica.
È vero che non sono né il carattere, né la simpatia naturale a costituire l'amore, ma è certo che queste
componenti gradevoli la sostengono e la completano. Vi sono persone profondamente impegnate nella realizzazione della carità, ma che sono isolate e malviste da tutti perché
- il loro carattere infelice,
- il loro costante malumore,
- i loro attacchi d'ira,
- le loro espressioni dure,
- le loro parole offensive
frenano le loro migliori intenzioni e creano diffidenza. Non hanno amici!
Non sanno farsi, e soprattutto mantenersi, un compagno, un confidente, un collaboratore.
Ed è spesso solo questione di forma, più che di sostanza!
L'amore cristiano si esprime in forme di cortesia e di rispetto.
A tutti dà un trattamento conveniente e rispettoso.
A tutti il riconoscimento
- del loro grado,
- dei loro titoli,
- del loro avere.
Vuoi aprire un dialogo?
Vuoi entrare nel cuore del fratello?
Incomincia a trattarlo bene, dolcemente, delicatamente.
Sforzati di salutare per primo la persona che incontri,
- di non parlate mai ex cathedra, anche se sei uno importante,
- di non usare quel certo tono di superiorità,
- di non essere mai arrogante e offensivo,
ma cerca di essere con tutti dolce, buono e cortese.
Essere buoni é meglio che essere sapienti e ricchi.
Impégnati ad esserlo ad ogni costo!
Preoccupati non solo di amare, ma di amare bene!
Perché solo quando avrai donato con amore, il dono diverrà gradito e prezioso.
Non basta amare: bisogna saper amare!
Non basta donarsi: bisogna che il dono di noi sia desiderato e gradito!
Chiama, intanto, ciascuno coi suo nome!
Evita i vezzeggiativi, le storpiature, le sdolcinature.
Guardati dai toni canzonatori e dalle irrisioni.
E fa' attenzione agli scherzi.
Lo scherzo è espressione di amicizia e di fraternità, ma non vi insistere troppo, anche se il fratello sorride e
sopporta.
E subito troncalo, se ti accorgi che il tuo atteggiamento lo tocca nella sua profonda sensibilità.
Se gli dai l'impressione di essere - deriso da chi lo conosce,
- il costante bersaglio di tutti,
- l'ultimo della compagnia,
si chiuderà in se stesso, e diffiderà sempre di te, anche se gli protesterai la tua amicizia.
La conoscenza del carattere di chi ti vive accanto è del tutto indispensabile per realizzare una stabile
convivenza nella carità.
Ogni uomo è un mondo a sé.
Bisogna conoscere questo uomo, questo carattere, fin nelle sue più piccole sfumature.
Bisogna conoscere temperamenti e inclinazioni, mentalità ed esigenze, e poi agire di conseguenza.
Non dire subito:
- che pessimo carattere!
- che brutta persona!
- deve cambiare sistema!
- lo farò cambiare io!
Devi prendere il fratello così com'è, con i suoi difetti e le sue antipatie, e non pretendere di cambiarlo subito!
Non ti illudere che egli si adatti al tuo modo di vivere, specialmente se è anziano e consolidato nelle sue abitudini!
Adattati tu al suo, anche se... non ti sembra giusto!
Prendi coraggiosamente l'iniziativa:
- trattalo bene,
- taci quando inveisce,
- sorridi quando ti maltratta,
- prevedi sempre ciò che gli potrà far piacere,
- ringrazialo per ogni servizio e cortesia ricevuta,
- chiedigli umilmente scusa quando l'hai offeso.
Basta una parola per addolcire e smorzare situazioni apparentemente irrimediabili...
E basta una sola espressione inopportuna per operare fratture e divisioni insanabili!
Non ti pentirai mai
- di essere stato prudente,
- di aver usato delicatezza,
- di aver taciuto una parola di offesa,
- di essere stato dignitosamente superiore a certe meschine manifestazioni che tradiscono il vuoto e lo
squilibrio dì chi crede di dominarci.
Addestrati nel corretto uso dei vari termini!
La scelta delle parole giuste è indispensabile per una convivenza armonica e tranquilla
Volendo, ad esempio, ragguagliare un amico sulle reazioni che suscitano taluni suoi atteggiamenti non
affrontarlo così:
- sapessi cosa dicono di te!
- tu non sai quanto sei malvisto!
- nessuno ti può vedere!
- tutti ridono alle tue spalle!
Un simile modo di parlare lo umilia e lo distrugge.
Non otterrai nulla di positivo... e nemmeno ti conserverà l'amicizia, perché subito penserà: se mi volesse bene,
non mi infliggerebbe questa mortificazione!
E poi... queste affermazioni non sono mai completamente vere!
Il giudizio di alcune persone non è il giudizio di tutti.
Riferisci sempre solo quello che fa piacere... e ciò che dispiace, dillo dopo, quando il cuore è già pronto e
aperto alla fiducia.
Nessuno ha il diritto di umiliare il fratello!
Dal buon carattere dipende quasi completamente la piena riuscita della vita.
Devi studiare non solo quello degli altri, per trattarli convenientemente, ma anche, e soprattutto, il tuo.
Approfondiscilo con l'aiuto di chi ti conosce e ne sa cogliere i lati difettosi e stridenti.
Ed esercitati
- a cambiarlo,
- a miglioralo,
- ad affinarlo.
Spesse volte il carattere è significativo, perché è l'espressione di una realtà interiore che non siamo ancora
riusciti a scoprire.
Da certi scatti nervosi, possiamo così risalire alla fonte e scoprire ciò che si annida nel fondo della nostra
natura.
Il Vangelo, nella celebre parabola, ci parla di due fratelli che addolorano profondamente il padre: il figliol
prodigo perché abbandona la casa e sciupa nel vizio la vita; il fratello maggiore perché esce in risentite
espressioni di ribellione e di invidia
Due atteggiamenti diversi: l'uno pecca, sostanzialmente, di impurità, e l'altro contro la carità.
Noi mettiamo in evidenza gli errori del primo, ma anche il secondo ha le sue grandi responsabilità; col suo
malumore e col suo atteggiamento turba e rattrista la festa del ritorno.
E chi l'avrebbe mai pensato?
Dietro quella facciata di persona per bene, quanto disordine e quanta invidia!
Bisognava che ci fosse l'occasione propizia per far esplodere una realtà che lui non conosceva e neppure il
padre, che lo giudicava perfetto!
Solo quando avremo riempito il cuore di autentico amore, sapremo esprimerci con equilibrio e con
moderazione!
Impégnati a mostrare un costante buon umore.
Esèrcitati nel delicato uso delle parole che fanno bene e rasserenano.
Abituati a sorridere, a sorridere sempre, perché il sorriso diventi abituale sulle tue labbra.
Evita di mostrarti seccato e scontento,
- di rispondere subito e sempre di no a chi ti chiede qualcosa,
- di esplodere in gesti e parole di contrarietà e di offesa.
La nostra vita è piena di comportamenti sbagliati. Abbiamo uno scadente rapporto con la maggior parte delle
persone che ci vivono accanto.
Tutto questo perché non sappiamo trattarle nel modo giusto e conveniente.
E basterebbe tanto poco per essere dolci e gentili con tutti!
12.
AMARE E' VIVERE
E COMUNICARE LA GIOIA
Il cuore dell'uomo cambia il suo volto, o in bene o in male.
Indice di un cuore buono è una faccia gioiosa...
SIRACIDE 13, 25-26
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri
nemici e pregate per i vostri persecutori... se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non
fanno così anche i pubblicani?
E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i
pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
MATTEO 5, 43-48 101
C'è nel profondo del cuore un'ansia perenne che non ti permette di vivere in pace.
Vuoi vivere la tua vita, ma in realtà non la vivi come vorresti, e ti spiego il perché: non hai ancora imparato
- ad accogliere,
- a valorizzare,
- a gustare,
- a vivere
l'attimo presente, che è la sola realtà che hai nelle mani.
Pensi sempre che la vita sia per il domani, e quindi tutto è in funzione del tuo futuro...
- domani farò...
- domani avrò...
- domani sarò...
E così attendi domani per vivere la tua vita; vivi l'oggi inseguendo un futuro che non conosci, e che certamente
sarà del tutto diverso da come l'hai pensato.
Ti angosci per il futuro e ti aggrappi al passato, che ti sembra importante perché l'hai vissuto; ma oggi non
hai più alcun potere su di esso.
Il futuro ti può affascinare perché in sogno puoi modellarlo a tuo piacere, ma poi la realtà è diversa e ti
preoccupi per nulla.
Il presente è tanto breve che non gli attribuisci alcun valore, eppure esso soltanto è in tuo potere, e la tua
vita è fatta soltanto degli attimi presenti.
Credi di avere davanti a te la felicità, la gioia, l'amore, Dio?
È un'illusione!
Dimentichi che Dio è accanto a te,
- nel luogo preciso in cui ti trovi,
- nell'attimo che vivi,
e che Egli tiene tutto nelle sue mani.
Se vuoi realizzarti e vivere la tua vita in modo pieno e felice,
- affida il tuo passato a Dio misericordioso,
- consegnagli con fiducia il futuro,
- vivi con consapevolezza e con gioia l'attimo presente.
Non essere l'eterno inquieto pellegrino che lascia un bene concreto sul ciglio della strada, per inseguire un
sogno.
L'attimo presente
- è lieve e non ti schiaccia,
- è ristretto e non ti inquieta,
- passa rapidamente e non ti stanca,
- ha una dimensione umana e puoi dominarlo.
Solo l'attimo presente esiste e ti fa vivere!
E Dio ti aspetta proprio ora e qui, in questo attuale momento, che diventa il Suo punto di inserimento nella tua
vita.
È in questa situazione concreta, che attende la tua risposta d'amore, ed è solo questo il momento nel quale
puoi essere felice, vivere nella gioia.
La gioia è l'aspirazione suprema di ogni essere umano, e quindi anche la tua.
È dono divino e insieme conquista personale.
Non è legata
- alla buona salute,
- all'età giovane,
- al successo personale...
ma a valori insostituibili che possono anche prescindere da queste fortunate situazioni.
Sei felice:
- quando sei in grazia di Dio e vivi nella certezza di essere avvolto dal suo amore dolcissimo;
- quando sei distaccato dalla tua volontà e vivi pienamente uniformato alla sua, in qualunque modo essa
si manifesti;
- quando accetti la vita come dono prezioso e sei attento ad accogliere con amore tutto ciò che essa ti
offre;
- quando sai trasmetterla ad altri, chiamandoli a condividere la ricchezza del creato;
- quando sai rivestire di preziosità le piccole e povere cose di cui hai il possesso nel momento presente;
- quando vivi senza rancori e non ti lasci trascinare da facili invidie e rivalità;
- quando sai perdonare ed essere in pace con tutti e con ciascuno.
A proposito: hai imparato a dire: tutto è grazia, tutto è dono, grazie, Signore!
Tutto è grazia:
- la gioia e il dolore,
- i successi e gli insuccessi,
- le carezze e gli insulti,
- ciò che piace e ciò che fa male...
E tutto è fonte di gioia, quando è accettato come dono prezioso di Colui che ben conosce ciò che giova al tuo
vero bene.
E ora, una preziosa indicazione per un traguardo di grande gioia:
- non giudicare! perdona: perdona tutto, perdona subito!
Non giudicare nessuno, perché vi è un Giudice solo, e non altri: Dio!
Non giudicare perché non conosci
- le persone,
- il movente di ciò che fanno,
- le circostanze che hanno portato a quell'azione,
- le cause attenuanti e aggravanti,
- il mistero di ogni cuore e di ogni uomo. Non ergerti a giudice di nessuno.
Non pretendere di poter emettere giudizi su tutto e su tutti!
Non procedere mai con arroganza e spregiudicatezza!
Prima di emettere un giudizio,
- pensaci molto,
- ripensaci ancona,
- chiedi consigli,
- confrontati con chi ti può illuminare.
Non ti pentirai di avere agito con prudenza e di aver saputo aspettare!
Accetta questo segreto infallibile di felicità:
- prova a non parlare di quel difetto che renderebbe il fratello ridicolo;
- a non rivelare quel certo aspetto negativo che lo squalificherebbe;
- a rivelare di lui gli episodi e i particolari che attirano l'attenzione sulla tua persona;
- a dire di lui solo le cose belle che gli arrecano buona considerazione, tacendo quelle che lo potrebbero
rovinare
Provaci, addestrati in questi atti generosi e proverai sensazioni uniche e mai conosciute!
La cosa più impegnativa è il perdono!
È tanto difficile, che non lo si può attuare senza un particolare aiuto soprannaturale.
Quante volte hai detto con amarezza:
- questa non me l'aspettavo!
- che traditore!
- che Giuda!
- non gli perdonerò mai!
- se non mi chiede scusa per primo, in ginocchio...
E nella migliore delle ipotesi: posso anche perdonare ma dimenticare... mai!
Quanto malessere, quale tormento in queste situazioni, che finiscono per creare tante amarezze... e in tante
persone!
E come uscirne?
Chi deve fare il primo passo?
Ascolta questo consiglio maturato in una lunga esperienza di vita:
incomincia tu!
Inchinati per primo,
- digli tu la prima parola,
- digli umilmente: scusami, la colpa è mia, facciamo pace!
In una parola: buttati! Anche se il torto è suo, anche se dovrebbe essere lui a muoversi per primo!...
Vuole avere ragione? Dàgliela!
Vuole essere superiore a te? Làsciagli questa soddisfazione!
Vuole averla vinta? Lascia che sia così!
La gioia non nasce dall'aver avuto ragione,
dall'essere stato superiore o vincitore,
ma dall'essere stato capace di vincere te stesso;
dall'essere riuscito a fare un gesto di umiltà.
Pochi riescono a capire e a fare queste scelte, ma sono queste le sole che possono far felice il cuore umano
che si sazia solo di cose autentiche e pure.
Quando sarai riuscito
- a non giudicare nessuno,
- a perdonare tutti e subito,
- a essere interiormente libero, senza rancori, senza gelosie,
sarai pieno d'amore, e quindi anche di gioia.
E quando sarai riuscito a riempirti di gioia, diverrai automaticamente un irresistibile portatore di gioia. Per la
felicità di chi ti vive accanto!
E stai pur certo che non troverai solo persone da dover perdonare, ma anche tante che riusciranno ad accordare il perdono a te!
13.
DOVE SI IMPARA
AD AMARE?
Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva
proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno
tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e
semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno
aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
ATTI DEGLI apostoli 2,44-47
Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di mali
gnità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha
perdonato a voi in Cristo.
LETTERA AGLI EFESINI 4, 31-32
Dove si impara ad amare?
Incredibile: partecipando assiduamente alla Messa e cercando di comprenderla e di viverla nella sua
inesauribile ricchezza.
Lo so che, per te e per tanti, essa è ancora un'ora di noia, un peso obbligato del quale faresti volentieri a
meno... ma se riuscirai a capirla e a viverla, essa diverrà il tuo punto di riferimento più atteso e gioioso!
La Messa è:
- il punto di incontro fra il cielo e la terra;
- il supremo atto religioso;
- il momento nel quale, nel cuore sanguinante di Cristo crocifisso, si attua l'anelito espresso da Gesù
nell'ultima cena: la perfetta unione
- di Dio con gli uomini,
- degli uomini con Dio,
- degli uomini fra di loro.
Nulla più della Messa esprime e realizza la comunione perfetta voluta da Dio!
La Messa è un'azione vasta e complessa che si articola in tre momenti successivi:
1. il Signore ci chiama e ci riunisce nell'ascolto della sua parola;
2. accoglie la nostra offerta di pane e di vino, e ce li ridona trasformati nel Corpo e Sangue di Gesù, che si
fa presente in stato di vittima, per offrire a Dio il sacrificio perfetto;
3. ci invita a sedere a tavola con Lui e a mangiare un Cibo divino: le nostre offerte divenute suo Corpo e
suo Sangue.
Sono tre diverse parti di un'unica grande azione, nella quale il Signore
- prima parla,
- poi si offre
- e infine si dona
Di tutta questa azione divino-umana Dio non è l'unico Attore, ma solo il Protagonista: agisce per noi e con
tutti noi.
Dio ci vuole attivi e collaboratori; nulla fa senza la nostra collaborazione amorosa.
La Messa è il grande atto comunitario per eccellenza!
Non è solo l'incontro di Dio con una singola persona, ma anche e soprattutto il suo incontro
- con una grande famiglia,
- con un popolo,
- col Suo popolo,
a ciò abilitato e preparato attraverso il Battesimo e la Cresima che ci consacrano alla funzione specifica di
essere, con Cristo, sacerdoti e offerenti.
Tutto nella Messa si compie insieme!
Essa è un'assemblea unita
- che ascolta,
- che confessa le proprie colpe,
- che offre,
- che si offre,
- che partecipa all'unica mensa,
- che diventa cosa sola con Gesù, il quale autorevolmente ci rappresenta e ci fa da tramite col Padre.
Dice il Concilio Vaticano Il: «La Messa è il culmine e l'origine di tutta la vita cristiana... di tutta
l'evangelizzazione».
«Essa comunica ed alimenta l'amore verso Dio e verso gli uomini»; «rappresenta e realizza l'unità dei
fedeli».
Da queste parole emergono
- l'importanza della Messa nella vita della Chiesa e del cristiano;
- il suo ruolo fondamentale per capire e vivere la comunione.
La Messa è veramente tutto!
E nessun altro gesto o momento significa e realizza la piena comunione con Dio e con i fratelli.
Scoprire e vivere la Messa, è scoprire e vivere in gioia il dono della comunione.
La Messa
- è comunione con la Parola di Dio,
- è comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo,
- è comunione con i fratelli.
La Comunione eucaristica significa e realizza al massimo la comunione non solo con Dio, ma anche con gli
altri;
- è segno di comunione con i fratelli, perché
- siamo tutti insieme attorno alla mensa del Signore,
- ci muoviamo insieme,
- ci accostiamo insieme a ricevere il pane consacrato,
- esprimiamo la comune fede pregando e cantando insieme;
- realizza questa comunione, perché il pane che riceviamo è l'unico pane che il Padre spezza per tutti, e
mentre ci unisce a Sé, ci unisce profondamente fra di noi.
Diventiamo così una sola cosa con Lui e fra di noi!
E proprio per significare questa duplice comunione, prima della comunione eucaristica, ci rivolgiamo a
Dio dicendogli:
Padre nostro!
e ci rivolgiamo ai fratelli con un gesto d'amore, dicendo:
la pace sia con te!
La Messa termina col noto congedo:
«La messa è finita, andate in pace!».
Si scioglie l'assemblea, ciascuno ritorna a casa, ricomincia la sua vita.
Il cristiano che, nella Comunione eucaristica, ha raggiunto la totale incorporazione a Cristo e ai fratelli, da
questo momento è chiamato a vivere e ad agire secondo quanto si è compiuto in lui.
Deve tradurre nelle sue azioni quell'amore fraterno del quale la Messa è stata simbolo e inizio.
Deve concretamente far seguire alla Messa il dopo-Messa.
Alla Messa deve dunque seguire la vita.
Messa e vita sono due tempi diversi di un'unica grande azione comunitaria:
- andiamo a Messa, per prendere insieme coscienza della nostra realtà e dei nostri doveri;
- usciamo da Messa, per tradurre questi doveri nella pratica di ogni momento, nella vita di ogni giorno.
Questa continuità e coerenza fu espressa in uno dei primi documenti della Chiesa: la Didachè, con le note
parole:
«se condividiamo il pane celeste, come non condivideremo il pane terreno?».
I primi cristiani seppero passare
- dall'altare, dove spezzavano il pane celeste,
- alla mensa comune, dove dividevano materialmente il pane terreno.
E il loro amore fu il più travolgente esempio.
La Messa è finita: andate in pace!
Queste parole di congedo esprimono l'impegnativo compito di chi esce dalla celebrazione eucaristica:
- deve andare, cioè deve diffondere nel mondo l'amore e la gioia che ha ricevuto nella comunione con
Cristo;
- in pace, deve cioè portare ovunque quella pace che ha accumulato nel cuore.
E così:
- anziché essere egoista, deve essere aperto e comprensivo;
- anziché arrabbiarsi, deve diventare paziente;
- anziché litigare, deve fare pace con tutti;
- anziché seminare discordie e malumori, deve aiutare tutti a vivere in pace.
In una parola, deve portare e realizzare la pace! Stando così le cose, l'espressione: «la Messa è finita»
potrebbe cambiarsi nell'altra: la Messa continua!
Continua e si sviluppa ogni giorno e in ogni istante.
E solo quando l'avremo fatta efficacemente continuare, avremo raggiunto l'amore, perché vivere la Messa
significa davvero imparare ad amare.
Andiamo così in chiesa per amare Dio e ne usciamo per amare i fratelli.