Mugnai:«Sullefoibenonpossiamoabbassare

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Mugnai:«Sullefoibenonpossiamoabbassare
Mugnai: «Sulle foibe non possiamo abbassare
la guardia, è una questione di dignità nazionale»
ANNO LXII N.35
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Annamaria Gravino
Per un attimo, parlando del Giorno
del Ricordo, Franco Mugnai dismette i panni istituzionali di presidente della Fondazione An e
spiega: «A parlare di quella tragedia ancora mi commuovo, per questo mi accaloro». Poi, dopo
esplicita richiesta, racconta: «Alla
fine degli anni Sessanta, durante
la mia giovinezza anagrafica e di
militanza ho conosciuto tanti esuli,
che portavano viva sulla loro pelle
la dimensione di quel dramma. Mai
a nessuno di loro ho sentito pronunciare parole dʼodio. Ho sempre
sentito solo parole dʼamore per
lʼItalia. Anche uno dei miei migliori
amici proviene da quella tragedia…». È storia personale, quella
di Mugnai, ma insieme è anche
storia collettiva perché, come lui,
generazioni di giovani militanti del
Msi prima e di An poi hanno vissuto il dramma delle foibe come un
dramma dellʼitalianità, quindi come
un dramma che li riguardava direttamente in quanto italiani. Non a
caso proprio allʼiniziativa di An si
deve lʼistituzione, dieci anni fa, del
Giorno del Ricordo.
Presidente, come le sono sembrate le celebrazioni di questo
decimo anniversario?
Segnate ancora da moltissime
ombre. Ci sono stati momenti di
autentica commozione, come il
concerto di Uto Ughi al Senato, ma
registro ancora una forte resistenza psicologica, un persistente
negazionismo. Questa è una ferita
ancora viva non solo nel ricordo,
ma anche nella carne, nel sangue,
nelle lacrime di coloro che hanno
vissuto quella tragedia, rei soltanto
di essere italiani.
Cosa si può fare per contrastare
questi fenomeni?
Direi cosa si deve fare… continuare a parlarne, a raccontare, a
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far emergere quella verità che per
troppi anni è stata tenuta sotto una
coltre di silenzio. Per questo, come
Fondazione An, abbiamo deciso che
il Giorno del Ricordo, per noi, durerà
unʼintera settimana. Abbiamo aspettato la fine delle commemorazioni
istituzionali, ritenendo doveroso non
sovrapporci, ma ora vogliamo mettere in campo una serie di azioni di
convinto, non retorico omaggio alle
vittime di quel dramma, che – voglio
ribadirlo – fu un dramma dellʼitalianità, di tutta la nazione.
In cosa consisteranno queste
}
Il Dramma vissuto
dagli “italiani dell’Est”
non è finito totalmente
nell’oblio grazie
al Msi e ad An
d’Italia
azioni?
Innanzitutto in un lavoro di informazione e sensibilizzazione. Un lavoro
che, di fatto, sta anche nel nostro
mandato di Fondazione. Il fatto che
il dramma vissuto dagli “italiani
dellʼEst” non sia finito totalmente
nellʼoblio si deve al Msi e ad An, si
deve alla destra italiana. Lʼistituzione del Giorno del Ricordo è stato
un successo della nazione firmato
dalla destra, ma quello che è accaduto in questi giorni dimostra che
non si può abbassare la guardia,
che cʼè ancora chi cerca di riportarci
agli anni in cui le foibe erano solo
“cavità carsiche”. Per questo, in collaborazione con il Secolo dʼItalia,
abbiamo deciso di continuare ad approfondire il tema dei massacri e
dellʼesodo. Continueremo a fare
quello che abbiamo sempre fatto,
unʼoperazione verità, che è dovuta
alle vittime, al Paese e anche alla
nostra storia politica.
Non crede che questo rischi di
alimentare la schematizzazione
per cui il ricordo delle foibe sarebbe “di destra”?
Guardi, oggi leggevo unʼintervista di
Pansa in cui giustamente ricordava
come per decenni si è accettata la
vulgata titina per cui tutti gli italiani
erano collusi col fascismo e quindi,
di per sé, non solo da considerare
mercoledì 12/2/2014
nemici, ma da perseguitare in ogni
modo. Quello che è avvenuto è
stato un tentativo di cancellare ogni
traccia di italianità da quelle terre,
che storicamente e culturalmente
erano italiane. Io sono cresciuto in
un partito che faceva dellʼamor di
patria e della dignità della nazione il
proprio faro. Fu in questʼottica che il
Msi e An si impegnarono, alla fine
riuscendo nel proprio intento, perché
quella tragedia non venisse dimenticata. Qui non si tratta né di parti politiche, né di retoriche nazionaliste.
Qui si parla della dignità del nostro
popolo, del fatto che tutti gli italiani
possano finalmente sentirsi parte di
una medesima comunità nazionale,
in cui tutti gli orrori sono orrori e tutti
sono da ricordare e condannare,
senza cercare strumentalizzazioni a
fini politici. Mi auguro che si possa
trovare la serenità necessaria per
arrivare a questo obiettivo. Certamente, è quello che cercheremo di
fare noi come Fondazione An.
Le sembra che lʼItalia di oggi sia
un Paese che difende la dignità
del suo popolo?
Pensiamo alla vicenda dei marò,
anche quella è – a suo modo, con le
sue dimensioni – una tragedia dellʼitalianità. Anche lì vediamo lʼincapacità di difendere la dignità del
nostro popolo. Vedere degli appartenenti alle forze armate italiane che
rischiano di essere sottoposti a una
normativa scritta per i terroristi è
qualcosa che qualunque Paese non
solo non può accettare, ma non dovrebbe nemmeno lasciar ipotizzare.
Quindi, mettiamola così, mi sembra
che lʼItalia, oggi, sia un Paese in cui
ognuno deve fare la sua parte per
difendere la dignità del nostro popolo. È quello che cerchiamo di fare
anche noi, come Fondazione. Perché è vero che non siamo più un
partito, ma è vero anche che manteniamo un ruolo politico.
Un consigliere di Milano su Facebook:
nelle foibe cʼè ancora posto
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Secolo
d’Italia
MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014
Elkann a Della Valle:
«Hai unʼazienda nana».
La replica: «Vieni
a farci uno stage,
almeno lavori»
Redazione
”Nelle foibe cʼè ancora posto”: è
il messaggio choc lasciato su
Facebook, alla vigilia del Giorno
del Ricordo delle vittime, dal capogruppo della Sinistra per Pisapia in Consiglio di Zona 9 a
Milano, Leonardo Cribio. ”Sono
frasi decontestualizzate, non mi
riferivo ai martiri”, si difende Cribio. Il post è stato cancellato
dallʼamministrazione del social
network, ma non è sfuggito a un
esponente di Zona della Lega
che ha fotografato le scritte.
”Facebook – scrive lo stesso
Cribio in un altro messaggio
sulla sua bacheca – cancella un
mio stato perché qualche fascistello è rimasto turbato dalla verità sulle foibe. Non so siano più
patetici gli amministratori o il coglione in questione”. Sempre di
quei giorni è un altro post: ”A
tutti quelli che piangono per
qualche infame finito nelle foibe.
Un parente legato a mio nonno
(partigiano e di famiglia socialista-comunista) fu fucilato in
quanto fascista. Sai che vi dico?
C…i suoi, giusto così. Peccato
non lʼabbiano ammazzato
prima, il maiale, amen”. A denunciare il fatto è stato, sempre
sul web, Alberto Belli, consi-
gliere di Zona in quota Lega, che
ha fotografato i messaggi e li ha
pubblicati. ”Mi vergogno di sedere nello stesso Consiglio con
persone che esternano e istigano allʼodio – afferma lʼesponente del Carroccio -, auspico
che la Presidente del Cdz 9
prenda provvedimenti, e non
solo lei”. ”Sono frasi decontestualizzate – spiega al telefono
Cribio – da una discussione che
ho avuto con alcuni fascisti. Mi riferivo ai collaborazionisti. Da
parte mia non cʼera nessuna intenzione di offendere i martiri
delle foibe. Sono frasi uscite in
una discussione online con alcuni fascisti che strumentalizzavano il Giorno del Ricordo”. Una
giustificazione che non convince
nessuno, visto che subito dopo
Cribio ha rivendicato il post che
avrebbe turbato qualche “fascistello”. Per non parlare del fatto
che, sempre su Fb, si vanta nel
giorno del Ricordo di onorare la
memoria del maresciallo Tito,
grande “presidente del popolo”.
E ancora sostiene che il 10 febbraio è la giornata giusta per ricordare i crimini dei fascisti
italiani. E tanto per sottolineare il
concetto rilancia il delirante comunicato dei Giovani comunisti
di Milano contrari a ricordare le
vittime delle foibe perché “non
tutti i morti sono uguali”. Un
degno erede dellʼantifascismo
militante. La stessa ottusità, gli
stessi avvilenti pregiudizi.
Francesco Signoretta
La verità, solo la verità, nientʼaltro
che la verità. Senza processi sommari e tribunali del popolo. Solo la
pura e semplice verità perché tutti
hanno il diritto di sapere che cosa
sia accaduto in Italia in quegli
oscuri mesi del 2011, prima del
crollo, prima della spallata, prima
del maledetto spread di cui, fino a
qualche giorno prima, nessuno sapeva niente e poi, per mesi, chiunque ne parlava con gli occhi
sbarrati – al bar, nei circoli e persino in curva allo stadio – senza
avere la minima idea di che cosa
fosse. È bene che qualcuno parli,
anche solo per eliminare sospetti,
non cʼè cosa peggiore – in una democrazia – del temere che le re-
gole non siano state rispettate e
che ci siano stati grandi manovratori, di cui si fanno i nomi e che
danno risposte poco convincenti.
Di fronte a uno scenario così di
fuoco è impensabile cavarsela con
il fumo, solo fumo esclamato da
Napolitano. Comodo, troppo comodo. Ormai è famoso il ragionamento fatto a Monti nel giugno
dellʼannus horribilis, che può essere sintetizzato in poche parole –
«tieniti pronto per sostituire Berlusconi» – e che quindi è uno scacco
matto irrituale, un golpe bianco,
perché un presidente del Consiglio
eletto con i voti della maggioranza
degli italiani non può essere mandato via attraverso una congiura di
palazzo. Così comʼè irrituale, anzi
gravissimo che un presidenmte
della Repubblica faccia consultazioni segrete. Alla fine le rivelazioni
del libro di Alan Friedman non
sono stati solo ceffoni in pieno viso
a tutti i “congiurati” ma hanno fatto
giustizia. Perché chi allʼepoca parlava di complotto era etichettato
come matto o come servo del padrone. E invece alla fine quei servi
si sono dimostrati liberi, mentre i liberi si sono dimostrati sudditi. Non
solo della Merkel, non solo dei poteri forti, ma soprattutto della loro
pochezza. Perché, come dimostrano le Idi di Marzo, nella storia
resta chi è stato vittima della congiura e non chi ha pugnalato, fregandosene del quoque tu Brute, fili
mi.
Chi organizzò la congiura contro Berlusconi
confessi. Per rispetto degli italiani
Redazione
«Non posso pensare che Della Valle
abbia preoccupazioni su Rcs, penso
che la Todʼs lo preoccupi. La Todʼs
va male, è giù del 20 da inizio anno.
Rispetto ai suoi concorrenti Prada,
Armani, Lvmh e Kering è un nano.
Unʼazienda di dimensioni piccole e
non sta andando bene». Risponde
a brutto muso il presidente della Fiat
John Elkann, dopo lʼiniziativa su Rcs
dellʼimprenditore marchigiano filtrata
nei giorni scorsi. Della Valle ha infatti inviato una lettera al consiglio di
amministrazione di Rcs in cui minaccia azioni legali stigmatizzando
la recente gestione del gruppo editoriale, dallʼaumento di capitale, allʼaccordo sulla gestione della
pubblicità nazionale della versione
cartacea e online della Stampa,
passando per la recente cessione
dellʼimmobile Rcs in centro a Milano. Fiat è il primo azionista della
casa editrice del Corriere della Sera
con il 20,5% del capitale. Della Valle
ne possiede il 9%. A margine di una
iniziativa della Fondazione Agnelli
con le scuole, Elkann si è detto invece «molto soddisfatto» del piano
Rcs, «come lo sono e dovrebbero
essere tutti gli azionisti di Rcs. Da
quando lʼaumento di capitale è avvenuto il titolo è cresciuto del 25%,
le azioni del management sono
state molto efficaci, la società oggi è
gestita bene, il cda è indipendente e
prende decisioni nellʼinteresse della
società». Piccata la replica di Mr
Todʼs che invita Elkann in azienda:
«Potrebbe anche rimanere per uno
stage, visto che ha molto tempo libero, così potrà imparare cosa vuol
dire lavorare per davvero». Lʼattacco è nei confronti di tutta la famiglia Agnelli: «Con un Paese che vive
una situazione drammatica, invece
di essere pronta a dare il massimo
appoggio, è scappata nella penombra per sistemare al meglio i propri
affari personali. Chi si comporta in
questo modo non merita nessun rispetto». La sintesi più efficace su
questo scambio di convenevoli arriva da Gad Lerner, che su Twitter
ha commentato: «Gli scambi di insolenze vanagloriose, al limite del
bullismo, fra Elkann e Della Valle, rivelano lo stato di salute del capitalismo italiano».
Si fa strada lʼipotesi di una staffetta
Letta-Renzi: si decide tutto in 48 ore
MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014
Secolo
3
d’Italia
Crosetto (FdI):
dal governo
nessun sussulto
di dignità politica
Luca Maurelli
«Il governo così com'è aiuta le riforme o no? Il tema è politico". All'indomani del colloquio al
Quirinale con il presidente Giorgio
Napolitano, Matteo Renzi accelera
i tempi di una decisione del Pd sul
destino dell'esecutivo di Enrico
Letta. Anticipa a domani la riunione
della direzione Pd, inizialmente
convocata per il 20, per fare "chiarezza" sul prosieguo della legislatura. Mentre alla Camera il Pd,
"vista la delicatezza" del momento,
chiede un rinvio di 48 ore sulla
legge elettorale. In mattinata il presidente del Consiglio è salito al
Colle per un "rapido incontro" sulle
"questioni urgenti del governo"
prima della partenza di Napolitano
per il Portogallo, dove si tratterrà
fino a domani. «Nelle prossime ore
- ha poi rilanciato Letta da Milano presenterò una proposta di patto di
coalizione che convincerà tutti i
partiti, anche il Pd con al centro il
"rilancio dell'economia». Ancora
"ogni scenario è aperto", spiegano
i renziani all'ora di pranzo, mentre
il segretario è di ritorno nella sua
Firenze. Ci si trova davanti a un
bivio: conferma del sostegno del
Pd a Letta o approdo di Renzi a
Palazzo Chigi. Si annunciano 48
ore di contatti tra i partiti e i leader.
Angelino Alfano oggi riunirà i suoi.
Mentre i due protagonisti, Renzi e
Letta, potrebbero sentirsi già in serata. Nell'attesa di dipanare la nebbia che avvolge le sorti del
governo, si va intanto verso un rinvio della legge elettorale. La richiesta arriva proprio dal Pd, che finora
aveva insistito per ritmi sostenuti.
Il capogruppo in commissione
Emanuele Fiano chiede 48 ore di
tempo prima dell'inizio delle votazioni in Aula alla Camera. La partita parlamentare del resto è
delicata, per il rischio che deriva
dalle decine di votazioni segrete
che potrebbero far saltare l'accordo tra Renzi e Berlusconi sull'Italicum. Di buon mattino, in
un'assemblea con i deputati Pd,
Renzi ha avvertito: «Mi fido del Pd.
Il Pd ne esce solo come una squadra unita. Se non portiamo a casa
questo passaggio salta l'Italia e
l'Italicum». Il segretario ha ribadito
che il testo "non può essere modificato in modo unilaterale". E alla
minoranza che insiste sull'emendamento Lauricella, per vincolare
la legge elettorale alla riforma del
Senato, ha risposto: "All'esigenza
di tenere insieme legge elettorale
e riforme non basta rispondere con
un emendamento. La domanda è:
il governo così com'è aiuta le riforme?". Ancora 48 ore per una risposta.
Redazione
Cacciato dal Parlamento, per non
uscire di scena Antonio Di Pietro è
tornato ad indossare la toga di avvocato. E come sempre il nemico
da combattere, in Parlamento
come in aula di giustizia, è Silvio
Berlusconi. L'ex-deputato si è presentato ieri mattina al tribunale di
Napoli per assistere l'Italia dei Valori che si è costituita parte civile al
processo contro il Cavaliere per la
presunta compravendita di senatori. «Rimetto la toga dopo Mani
pulite – ha detto in aula – sto per la
prima volta dallʼaltra parte come difensore di parte civile. Ed è anche
il primo processo con il Senato
parte civile. Mi piacciono le prime, è
come i tempi di Tangentopoli». Nellʼaula 110 del tribunale partenopei
si sono costituiti anche i pm Henry
John Woodckock e Francesco Vanorio. La prima udienza è stata dedicata alle schermaglie procedurali.
I legali di Silvio Berlusconi, imputato con Valter Lavitola e Sergio De
Gregorio, hanno evidenziato problemi di mancata notifica di atti. Gli
avvocati del Cavaliere, Niccolò
Ghedini e Michele Cerabona,
hanno eccepito una serie di presunti difetti di notifica. Secondo gli
avvocati le irregolarità si riferiscono
al fatto che la notifica dell'udienza
è avvenuta ad Arcore e non a palazzo Grazioli, dove di recente il
Cavaliere ha trasferito la sua residenza. Inoltre l'atto è stato consegnato nelle mani di Marinella
Brambilla, segretaria di Berlusconi.
Di Pietro rivitalizzato dal ruolo ha
sostenuto che a suo avviso c'è
stato addirittura un "eccesso" di notifiche, visto che l'atto è stato ricevuto dai due avvocati del Cavaliere
e che la Brambilla è da vent'anni la
sua segretaria. Durante la pausa
dellʼudienza, mentre i giudici si
sono ritirati in camera di consiglio
per decidere sulle eccezioni della
difesa, l'ex-pm ha giocato a fare la
star e ha puntato dritto agli obiettivi
delle telecamere per "concedersi"
ai microfoni, ai flash di fotografi e
alle troupe televisive.
Di Pietro torna ad indossare la toga. Contro Berlusconi
Redazione
«Il governo Letta è giunto al
capolinea. Vergin di servo encomio, come Fratelli d'Italia
vorremmo astenerci da un facile e codardo oltraggio. Il presidente del Consiglio prenda
atto di ciò che sta accadendo
fuori da Palazzo Chigi ed
abbia un sussulto di dignità
politica ed umana», ha affermato il coordinatore nazionale
di Fratelli d'Italia, Guido Crosetto. «Esiste una maggioranza formale ma ormai le
uniche forze politiche che lo
sostengono sono Scelta civica, peraltro spacchettata, e
Nuovo Centrodestra. Tutte le
altre forze, in primis il Pd,
danno tutti i giorni segnali di insofferenza su ogni tema e,
cosa grave, non consentono
all'esecutivo di poter assumere alcuna decisione. E poiché un governo senza
possibilità di governare è una
contraddizione in termini –
prosegue – non capisco cosa
stia aspettando Letta. O meglio lo capisco perfettamente
ma non posso accettarlo: sta
cercando di allungare la sopravvivenza per gestire centinaia di nomine importanti. Se
si ostinerà, qualcuno, chi può,
deve staccare la spina. E solo
uno può farlo, il segretario del
principale azionista di questa
strana maggioranza: Matteo
Renzi. Tanto più che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha iniziato dei
“colloqui” che assomigliano
molto a delle consultazioni, ma
che sono chiamate in un altro
modo per poter escludere
qualcuno».
Effetto-valanga in Europa dopo il referendum
sugli immigrati votato dagli svizzeri
4
Secolo
d’Italia
Antonio Pannullo
Effetto-valanga in Europa dopo il
referendum in cui la Svizzera ha
detto «no» all'immigrazione incontrollata: ora il Partito del Progresso,
una delle due formazioni che compongono il governo di destra della
Norvegia, ha chiesto ufficialmente
la tenuta di un referendum analogo
alla consultazione che in Svizzera
ha visto prevalere i favorevoli ad
una restrizione dei flussi. Il portavoce per l'immigrazione della formazione populista guidata da Siv
Jensen, Mazyar Keshvari, ha rivelato al giornale Vg di essere favorevole a una consultazione in stile
elvetico anche se, ha precisato, «il
partito non ha ancora una posizione precisa sulle quote.... ciò di
cui sono sicuro però - ha aggiunto
- è che una buona metà dei norvegesi è certamente favorevole ad
una restrizione dei flussi migratori». Cavallo di battaglia della destra
norvegese,
la
lotta
all'immigrazione è stato uno dei
temi più discussi delle ultime elezioni politiche che in autunno
hanno scalzato i socialdemocratici
di Jens Stoltenberg – al potere da
quasi un decennio – per instaurare
un governo di destra. La Norvegia
non è membro Ue, ma è legata al
resto del continente da accordi derivanti dalla sua appartenenza allo
Spazio economico europeo e al
trattato di Schengen: in questo
senso l'eventuale tenuta di un referendum restrittivo sull'immigrazione non presenterebbe problemi
concreti per il resto dell'Europa,
ma darebbe un segnale alle altre
formazioni che hanno esultato per
il risultato del voto svizzero. Anche
l'estrema destra austriaca invoca,
sull'esempio svizzero, un referendum anti-immigrazione anche per
l'Austria. «Sarebbe ragionevole
fare un referendum come quello in
Svizzera'', ha detto Heinz-Christian
Strache, capo del partito Fpoe in
un'intervista sul tabloid Oesterreich. Il leader del Fpoe Strache si
è detto convinto che il risultato in
Austria sarebbe simile a quello che
si è registrato in Svizzera. «Lo
scopo - ha continuato - è evitare
una immigrazione di massa dei cittadini extraeuropei». D'altra parte
lunedì anche la Lega Nord aveva
manifestato analoga opinione:
«Vorrei che una simile iniziativa si
facesse anche da noi, perché chi
governa deve sempre fare i conti
con la realtà che cambia», anche
se «quello della libera circolazione
tra persone è un principio di civiltà
acquisito e da cui non si può tornare indietro». Così infatti il presidente della Lombardia, Roberto
Maroni, ha detto alla Radio della
Svizzera Italiana dell'esito del referendum elvetico sull'immigrazione.
Maroni ha parlato di grande rispetto per il voto popolare anche
se costringe le istituzioni italiane a
intervenire a tutela dei lavoratori
transfrontalieri. Il governatore lombardo ha ribadito la sua richiesta di
essere coinvolto nel tavolo di trattativa Roma-Berna e ha chiesto al
governo italiano «di concedere alla
Lombardia la possibilità di istituire
delle zone franche dal punto di
vista fiscale» per rendere competitiva l'economia.
Redazione
Era già noto da mesi che in Siria vi
sono migliaia di mercenari europei
qaedisti che combattano contro il
governo di Damasco, ma finalmente
se ne ha l'ufficialità: le autorità di
Londra hanno infatti confermato che
il primo terrorista suicida britannico
si è fatto esplodere in Siria. Secondo la Bbc, l'uomo si sarebbe lanciato la scorsa settimana con un
camion imbottito di esplosivo contro
il carcere di Aleppo. La notizia era
già stata diffusa nei giorni scorsi da
alcuni media britannici. Il volontario
jihadista, conosciuto solo col nome
di battaglia di Abu Suleiman al-Britani, dovrebbe arrivare dal Sussex,
Inghilterra del sud-est. Su internet
sono stati pubblicati video e foto del
camion corazzato, con lui probabilmente alla guida, che si è scagliato
contro i cancelli della prigione ad
Aleppo, liberando, secondo fonti dei
ribelli siriani, centinaia di detenuti. I
mercenari stranieri attuano una lotta
terrorista, con attentati esplosivi in
luoghi pubblici e mezzi lanciati contro obiettivi governativo, costringendo il regime di Assad a un giro di
vite sul piano della sicurezza. Intanto il mediatore internazionale per
il conflitto in Siria, Lakhdar Brahimi,
incontrerà venerdì prossimo a Ginevra i rappresentanti di Stati Uniti e
Russia, prima di recarsi a New York
per fare rapporto al Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. Lo ha
detto a Ginevra lo stesso Brahimi in
una breve conferenza stampa al termine del secondo giorno del nuovo
round di colloqui tra le delegazioni
siriane nell'ambito di Ginevra 2.
«Venerdì avremo un incontro trilaterale con il vice ministro degli esteri
russo Gennady Gatilov e il sottosegretario Usa per gli affari politici
Wendy Sherman. E la settimana
prossima, o in ogni caso molto presto, sarò a New York per fare rap-
porto al Segretario generale dell'Onu
e anche, probabilmente, al Consiglio
di sicurezza», ha aggiunto Brahimi.
Dopo una prima tornata di colloqui
tra le delegazioni del governo e dell'opposizione alla fine del mese
scorso, lunedì è cominciato un secondo round di discussioni. Ma già
l'opposizione, che sul campo, ossia
in Siria, è dilaniata da combattimenti
intestini, ha avvertito che non parteciperà a una eventuale terza tornata
di riunioni se non verrà compiuto
alcun progresso. «Se non ci saranno
progressi, penso che sarebbe una
perdita di tempo prendere in considerazione un terzo round di negoziati», ha detto il portavoce
dell'opposizione, Louay Safi, spiegando che la sua delegazione ha
sollevato la questione con il mediatore delle Nazioni Unite, Lahkdar
Brahimi, all'inizio della secondo tranche di negoziati.
Siria, è ufficiale: terrorista suicida inglese
si è fatto esplodere ad Aleppo
MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014
Iraq, l'Onu lancia
lʼallarme: centinaia
di migliaia di profughi
per i combattimenti
Redazione
Sono 300.000 gli iracheni che
hanno dovuto abbandonare le
loro case in Iraq a causa dei
combattimenti delle ultime sei
settimane nell'ovest del Paese
tra insorti qaedisti e di altri
gruppi sunniti e le forze governative. Lo ha reso noto
l'Unhcr. I rifugiati sono stati costretti a lasciare le loro case a
causa delle violenze intorno
alle città di Falluja e Ramadi,
nella provincia di Al Anbar, che
dall'inizio dell'anno sono state
investite da un'offensiva dei
miliziani qaedisti dello Stato
islamico dell'Iraq e del Levante
(Isis). I 300.000, che si aggiungono a una popolazione
già esistente di 1,1 milioni di rifugiati interni, sono ospitati in
maggior parte presso scuole,
moschee, edifici pubblici e
hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria, sottolinea
il comunicato dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati. Si è appreso poi che 15
soldati sono stati uccisi in un
attacco di miliziani armati contro una caserma nel nord del
Paese. L'assalto, ha precisato
una fonte della polizia, è avvenuto a Hammam al Alil, 20 chilometri a sud da Mosul. I corpi
decapitati dei 15 soldati sono
stati trovati da una pattuglia
della polizia in un piccolo distaccamento dell'esercito. La
località si trova nella provincia
di Ninive, che insieme a quella
di Al Anbar, è tra le più colpite
dall'offensiva delle forze qaediste dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante e di altri
gruppi armati sunniti che si
battono contro le forze governative del primo ministro sciita
Nuri al Maliki.
Salta lo stop alle cartelle esattoriali
per le aziende che hanno crediti con la Pa
MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014
Secolo
d’Italia
Redazione
Salta lo stop alle cartelle esattoriali
per le aziende che hanno crediti
con la Pubblica Amministrazione
ma un successivo decreto attuativo
dovrebbe permettere la loro compensazione nel 2014. Lo stabilisce
un emendamento al dl Destinazione Italia approvato alla Camera
con 395 voti a favore e 7 contrari e
che ha ricevuto il voto favorevole
del governo e di tutti i partiti.
Il nuovo articolo demanda ad un
decreto attuativo del ministero dell'Economia le modalità per la compensazione delle cartelle esattoriali
per i crediti «non prescritti, certi, liquidi ed esigibili». In particolare,
nel nuovo testo viene sottolineato
che il decreto dovrà essere emanato «entro 90 giorni» dall'entrata
in vigore della legge e «nel rispetto
degli equilibri di finanza pubblica».
Ovviamente la compensazione ha
luogo «qualora la somma iscritta a
ruolo sia inferiore o pari al credito
vantato» dalle aziende nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Con lo stesso decreto il ministero
del Tesoro individuerà «gli aventi
diritto, nonché le modalità di tra-
smissione dei relativi elenchi all'agente della riscossione».
L'emendamento, riscritto dalla
Commissione Bilancio per esigenze di "copertura", modifica la
precedente formulazione che bloccava le cartelle.
L'aula della Camera, dopo i rilievi
arrivati dalla Ragioneria Generale
dello Stato, ha infatti approvato un
emendamento, su indicazione
della Commissione Bilancio, che
"depotenzia" in parte la norma originariamente inserita nel decreto
Destinazione Italia durante i lavori
delle Commissioni Finanze ed Attività produttive.
Un emendamento approvato la
scorsa settimana, a pochi minuti
dal via libera definitivo delle Commissioni, stabiliva infatti per quest'anno la sospensione delle
cartelle esattoriali per le imprese titolari di crediti con la Pubblica Amministrazione.
Una
norma
apertamente bocciata dalla Ragioneria, secondo la quale la sospensione avrebbe comportato «minori
entrate per il 2014 non quantificate
e prive di copertura finanziaria», tali
da non far avere alla disposizione
«ulteriore corso».
La sollecitazione della Ragioneria
Generale dello Stato era stata immediatamente recepita in Parlamento. Governo e Commissione
Bilancio avevano infatti optato per
una riformulazione che anziché la
sospensione prevedesse appunto
la compensazione tra cartelle e
crediti e rigorosamente «nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica».
Redazione
Se “bad bank" sarà, non sarà a carico né dei contribuenti né dell'Unione Europea. Dopo 48 ore si
delineano meglio i contorni di un
possibile progetto per un veicolo di
sistema dove convogliare la
massa dei 300 miliardi di crediti
deteriorati, di cui oramai le sofferenze hanno superato i 150 miliardi. Il Tesoro in una nota
chiarisce di apprezzare l'idea di
consorzi fra banche private e promette l'appoggio del governo ma
avvisa che l'impiego di fondi pubblici o europei, come visto in Spagna, «non è necessario». Nella
sua “apertura" a una bad bank di
sistema, sabato al convegno degli
operatori finanziari Forex il governatore della Banca d'Italia era
stato generico e si era limitato a
chiedere più ambizione nelle ini-
ziative per cedere i crediti deteriorati in modo da liberare risorse
senza entrare nel dettaglio. Sin da
subito comunque era trapelato che
una soluzione con fondi pubblici
era difficile sia per lo stato dei conti
pubblici sia per i paletti dell'Ue la
quale richiede condizioni rigide e
un sistema di controlli periodici
come è avvenuto nel caso della
Spagna dove i 40 miliardi Ue sono
stati usati per nazionalizzare le
banche e conferire gli attivi, specie
immobiliari, a un veicolo pubblico
(Sareb). Aiuti che comunque
hanno impattato sul debito statale
di Madrid mentre il Sareb stenta
ancora a decollare vista la continua crisi del mercato immobiliare
spagnolo che solo ora mostra
segni di ripresa. In più le grandi
banche si erano mostrate tiepide
quando non addirittura contrarie
come nel caso dell'ad di Unicredit,
Ghizzoni, che sotto al palco del
Forex aveva sin da subito detto
che le grandi erano in grado di fare
da sole. Un concetto espresso in
maniera più tranchant a Genova:
serve per le medie a noi no, «noi
andiamo avanti per la nostra
strada» che, secondo le indiscrezioni, vede un progetto comune
con Intesa Sanpaolo. Al quadro si
era aggiunto anche l'Ft che domenica, citando fonti di Palazzo Chigi,
aveva riportato la contrarietà del
premier, preoccupato per possibili
riflessi sul rating sovrano.
Il Tesoro approva la “bad bank”
(ma niente fondi pubblici)
Chrysler è tutta della Fiat,
non ci sono più impegni
in sospeso
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Redazione
Chrysler è tutta di Fiat, con il
fondo Veba non ci sono più impegni in sospeso. Sergio Marchionne l'ha sottolineato
annunciando il regolamento
delle operazioni di finanziamento per 5 miliardi di dollari e
il rimborso integrale dell'obbligazione a a favore del Veba
Trust. Il risparmio di costi per
interessi che il Lingotto si attende di realizzare è pari a
circa 134 milioni di dollari
annui, per il periodo dal 2014
al 2016. «Questa operazione
– ha detto Marchionne – porta
a positivo compimento e prima
del previsto il percorso che ha
condotto i governi statunitense
e canadese, lo Uaw e il Veba,
insieme a Fiat, ad assumersi il
compito di fare sì che Chrysler
tornasse ad essere una
azienda automobilistica vitale.
Con l'integrale e anticipata restituzione dei finanziamenti
governativi nel 2011, l'acquisizione da parte di Fiat della partecipazione del Veba in
Chrysler a gennaio di quest'anno e la totale monetizzazione dell'obbligazione verso il
Veba circa nove anni prima
della sua scadenza, Fiat e
Chrysler hanno insieme soddisfatto tutti gli impegni finanziari
che furono assunti per Chrysler nel 2009. Nessuno rimane
in sospeso». Per il manager
del Lingotto, «tutto ciò è semplicemente la testimonianza
del duro lavoro delle persone
di Chrysler negli ultimi cinque
anni e pone le basi per una
nuova fase di rafforzamento
della nostra presenza a livello
globale come parte di Fiat
Chrysler Automobile».
Piano sanitario della Toscana: via
alla bozza Scaramuccia ferma da tre anni
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Secolo
d’Italia
Redazione
Pugno di ferro di Enrico Rossi –
e pure senza guanto di velluto –
sul Piano sanitario e sociale integrato della Regione Toscana
(Pssir), approvato l'altra sera da
una Giunta con la sordina innescata, che ha dato il via sostanzialmente alla vecchia bozza
Scaramuccia, datata 2011 e che
già allora appariva obsoleta. Figuriamoci adesso. Eppure...
«Incalzato dagli atti, con un nostro question time che chiedeva
tempi e modi per superare lʼormai intollerabile ritardo sulla programmazione
sanitaria,
denunciato negli ultimi giorni
con forza anche dal presidente
del Consiglio Monaci, e dinanzi
a un conflitto istituzionale senza
precedenti – analizza il presidente del gruppo Nuovo Centrodestra Alberto Magnolfi – Rossi
si è sentito punto sul vivo e ha
pensato di poter mettere una
toppa formale sulla questione.
Questo gli consentirà di risponderci in aula con una carta in
mano. Ma che carta? Possibile
che un piano, rimasto in sonno
per quasi tre anni perché già
poco convincente e superato dai
fatti, ritrovi oggi grazie al solo
corredo di sette linee-guida (che
in realtà lo bignamizzano e
basta) uno smalto così fulgido
da esser varato in fretta e furia,
quasi alla chetichella?. È chiaro
– prosegue Magnolfi – che su
questa operazione esprimiamo
le più vive riserve sia di merito,
per i contenuti specifici che non
calzano di sicuro sulla realtà attuale, sia di metodo, dal momento che quanto approvato
dalla Giunta è esattamente ciò
che il Consiglio (presidente, opposizione e buona parte della
maggioranza) chiedeva di non
fare. Siamo davanti allʼennesimo sgarbo istituzionale, secondo una condotta non nuova
a Rossi ma che noi abbiamo
sempre stigmatizzato, così
come tante volte avevamo denunciato in sede politica lʼassenza di programmazione
sanitaria divenuta adesso anche
una questione di relazioni istituzionali. Oggi Rossi può dire di
avere le carte in regola, lasciando la sostanza alle ortiche.
È la stessa pratica che quattro
anni fa gli consentì di fondare la
sua campagna elettorale da governatore sul vanto di una contabilità sanitaria in pareggio,
proprio mentre si stava sviluppando la voragine nelle casse
della Asl 1 di Massa Carrara, in
seguito non rimasta caso isolato
pur senza raggiungere quelle dimensioni di dissesto. Chi si contenta gode. Ma noi no davvero».
Redazione
«Durante le analisi dei terreni
prelevati nei cantieri della Tav vicino Brescia sono state rinvenute
ingenti quantità di scorie nocive
contenenti nichel, cromo esavalente e arsenico, tutte sostanze
che possono causare gravi danni
alla salute umana e all'ambiente
circostante. La direttrice dell'Arpa
della stessa città ha dichiarato
che nel caso del cromo la concentrazione presente nel sottosuolo sarebbe addirittura 1.400
volte oltre il limite consentito. La
Commissione Europea ne è al
corrente?». Lo chiede Sergio
Berlato, deputato al Parlamento
europeo del Ppe/Fi in unʼinterrogazione alla stessa Commissione in merito allo smaltimento
illegale di rifiuti tossici nei pressi
della linea ferroviaria ad alta velocità Lione–Trieste e precisa:
«Sono state le Procure della Repubblica di Brescia e di Treviso
ad avviare un'indagine volta a
verificare l'esistenza del reato di
smaltimento illegale di rifiuti tossici in prossimità di alcuni importanti tratti autostradali e ferroviari
italiani, in particolare, appunto, rispetto all'autostrada A4 e al tratto
ferroviario Milano-Venezia, che
fa parte del Corridoio europeo
Tav n°5 Lione-Treviso». Berlato
domanda poi se, «trattandosi dei
cantieri riguardanti un tratto del
Corridoio europeo, la Commissione sia in grado di intervenire
per verificare il corretto utilizzo
dei fondi europei e l'assenza di il-
legalità. Per ciò che concerne la
salute pubblica e la tutela dell'ambiente – conclude il deputato europeo di Forza Italia – la
stessa Commissione può infine
assicurare, di concerto con le
autorità italiane, la rimozione di
tutte le sostanze nocive?».
Smaltimento di rifiuti tossici nei cantieri
della Tav a Brescia: interrogazione alla Ue
MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014
Roma, doppio cantiere
sulla Gianicolense:
traffico insostenibile
Redazione
«È aperta la caccia al genio che ha
autorizzato l'apertura di due cantieri paralleli sulla circonvallazione
Gianicolense, in prossimità della
stazione Trastevere, a Roma, che
stanno causando un congestionamento del traffico senza precedenti. Un cantiere è aperto nella
corsia preferenziale per la sostituzione delle rotaie del tram, l'altro è
uno scavo laterale per il passaggio
dei cavi, posto sulla carreggiata diretta verso viale Trastevere. Questo assetto comporta che,
assieme al traffico veicolare imbottigliato in una sola corsia, si aggiungano anche gli autobus,
compresi i mezzi della linea sostitutiva del tram 8 colmi come i carri
bestiame». Lo dichiara Marco Giudici, consigliere di La Destra e presidente
della
commissione
Trasparenza del Municipio XII, che
aggiunge: «Non è possibile continuare ad aprire cantieri senza un
criterio, senza incrociare le
agende delle società private che
operano sulle strade con quelle
degli uffici tecnici che realizzano le
opere pubbliche. Accade troppo
spesso che le strade vengano
asfaltate dall'amministrazione e
dopo poco vengano riaperte dalle
società di servizi e riasfaltate da
queste con materiali di dubbia
qualità. Questo meccanismo genera danni enormi alle amministrazioni. Perciò invito l'assessore
Improta a rimediare a questo problema e a spiegare ai cittadini perché in Campidoglio non si sono
accorti della presenza di due cantieri».
Addio a Shirley Temple, insuperabile
“bambina prodigio” degli anni Trenta
Secolo
MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014
d’Italia
Priscilla Del Ninno
Con la morte di Shirley Temple, avvenuta a
Woodside, in California, per cause naturali, se
ne va uno dei miti della Hollywood in bianco e
nero, entrata a passi di tip tap nell'immaginario collettivo cinematografico. L'attrice si è
spenta a 85 anni, dopo una vita di impegno
su più fronti, da quello spettacolare a quello
politico, vissuta sempre nel segno di una proverbiale discrezione. Una riservatezza che
non ha certo sminuito il suo successo conquistato grazie a quella sua eterna smorfia birichina. A quel suo sorriso smaliziato. A quei
boccoli biondi che le incorniciavano il visetto
paffuto e impertinente, e che avrebbero indotto i cultori dei suoi film a ribattezzarla proprio “Riccioli d'oro”. Un'immagine, insomma,
distante da quella della Shirley Temple adulta,
al debutto nella sua carriera politica, intrapresa alla fine degli anni Quaranta. Anni in cui
i fotogrammi di quel faccino accigliato, da monella imbronciata e sorridente, hanno abdicato a quello sguardo diplomatico, a quella
postura ingessata in castigati tailleur, che le
cronache del periodo ci hanno consegnato,
con l'attrice ormai lontana dal set, alle prese
con il suo ruolo di ambasciatrice. Delegata
degli Stati Uniti allʼAssemblea Generale dellʼOnu nel 1969, la Temple è diventata ambasciatrice Usa in Ghana nel 1974, pronta ad
assumere solo due anni dopo, il ruolo di capo
del protocollo alla Casa Bianca, nominata dal
presidente Gerald Ford. Lei, espressione di
quell'America ingenua e pudica, avrebbe portato nel mondo il suo rassicurante sorriso e
l'impegno di un'amministrazione repubblicana
fermamente tradizionalista. Del resto, anche
quando era una diva in erba di Hollywood non
ha mai destato scalpore. Semmai ha creato
scompiglio tra i suoi adulti colleghi. Divi del
calibro di Clark Gable, Bing Crosby, Carole
Lombard, Robert Taylor, Gary Cooper e Joan
Crawford, hanno dovuto contendersi infatti la
scena e l'amore del pubblico con quella irresistibile enfant prodige che aveva debuttato
nel 1932 con un cortometraggio di una serie
per bambini Our gang, che rivelò subito le caratteristiche del suo personaggio. Un perso-
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naggio che sarebbe poi esploso in tutto il suo
potenziale spettacolare in pellicole come Riccioli d'oro e Shirley Aviatrice, o come La reginetta dei monelli e Zoccoletti olandesi,
strepitosi successi che, si disse all'epoca,
contribuirono al salvare la Twenty Century
Fox dal fallimento rischiato in seguito alla
Grande depressione. Uno dei tanti meriti di
Shirley Temple, amata protagonista del Novecento americano.
Patty Pravo in scena a Roma, tra Vasco Rossi,
Lou Reed e Paolo Conte
Bianca Conte
Successi di ieri, brani di sempre. E
tra ricordi e omaggi, la scaletta del
concerto di Patty Pravo all'Auditorium Parco della Musica di Roma
ha rievocato un mondo musicale
intramontabile. Uno stile personalissimo che l'ex ragazza del Piper
ha saputo negli anni declinare a
nuovi linguaggi melodici, a diverse
contaminazioni di generi. L'ultima
dimostrazione l'esibizione dell'altra
sera, in cui Patty Pravo si è presentata sul palco della capitale in
look total black, con uno spolverino laminato dai riflessi argento
(poi sostituito con uno rosso), circondata da luci stroboscopiche e
dalla band che la accompagna nel
tour La luna. Ed è stata proprio la
canzone omonima, scritta per lei
da Vasco Rossi, una delle più applaudite del concerto, insieme a E
dimmi che non vuoi morire e Un
senso: tris di capolavori che portano la firma del rocker di Zocca,
che Patty ama definire il suo «alter
ego maschile». Tra ospiti vip e
fans appassionati, in mezzo agli
striscioni, sempre più rari ai concerti, specie nei teatri, appariva in
evidenza la scritta: «La leonessa
di Venezia, orgoglio italiano». In
scaletta, allora, non solo Vasco,
ma anche Unisono di Giuliano
Sangiorgi, Les etrangers con testo
di Lucio Dalla, I giardini di Kensington, cover di un brano di Lou
Reed, e ancora Tripoli '69, scritta
per lei da Paolo Conte, e il ricordo
di Lucio Battisti con Io ti venderei:
alcuni dei momenti più intensi della
serata. E ancora Se perdo te, La
bambola in versione spagnola,
Ragazzo triste («forse è una delle
ultime volte che la canto», ha annunciato l'artista, con evidente disappunto del pubblico) e così via,
fino alla travolgente Il Paradiso,
sulle cui note anche le prime file
hanno ceduto alla tentazione di alzarsi in piedi e ballare cantando.
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Antonio Triolo
Ugo Lisi
Pensiero stupendo ha chiuso la
scaletta del concerto ma, prima
del bis, Patty ha cercato di portare
sul palco Gregorio, un fan di soli
sei anni che le ha scritto una email raccontando che a casa
ascolta solo le sue canzoni. La sua
preferita? Pazza idea, come noto.
Il bis, naturalmente, è stato dedicato al più giovane fan della sala
Sinopoli, simbolo di un successo
che non conosce soste.
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7 agosto 1990 n. 250