Prefazione a cura di Edo Patri…

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Prefazione a cura di Edo Patri…
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Prefazione
Nel corso degli ultimi venti anni, il profilo di quello che un tempo si chiamava “associazionismo” è andato progressivamente ridisegnandosi. Il panorama originario del Terzo Settore italiano, costituito esclusivamente da
fondazioni, associazioni e comitati, è divenuto più complesso e ricco di
nuove forme.
Dagli anni ‘80 in poi, infatti, il legislatore ha disciplinato e ridefinito il settore introducendo nuove qualifiche “operative” (come le Organizzazioni
Non Governative nel 1987, e le Associazioni di Promozione Sociale nel
2000) e fiscali (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale, 1997). Inoltre, nel 1991, nasce una tipologia associativa del tutto nuova, quella delle
Cooperative Sociali. Una serie di innovazioni, dunque, accomunate dal perseguimento del bene comune o, come viene esplicitato nel decreto delle
ONLUS, di “finalità di solidarietà sociale”.
In questo nuovo paesaggio, affollato da una varietà di organizzazioni diverse
per ambiti e tipologie, pervaso dal capillare sistema di sempre nuovi media,
per ogni soggetto diventa fondamentale parlare con una voce distinguibile.
Ogni organizzazione, quindi, ha la necessità di comunicare adeguatamente
la propria identità, in primo luogo con gli strumenti della comunicazione visiva, largamente prevalenti su tutti gli altri.
Se tale scopo viene perseguito con successo, si possono centrare alcuni obiettivi essenziali. Con la giusta strategia comunicativa, prima di tutto, l’organizzazione contribuisce a chiarire l’ambito di attività e i servizi svolti (ad
esempio, una Ong si occuperà di cooperazione internazionale, progetti di
educazione allo sviluppo, e così via).
In secondo luogo, facilita i rapporti con le istituzioni, sia sotto l’aspetto progettuale che nell’ambito più generale della rappresentanza politica.
Infine, un soggetto disposto ad investire nella definizione e comunicazione
della propria identità, indirettamente afferma la volontà di relazionarsi col
mondo e, dunque, l’attenzione a tutti i suoi possibili interlocutori.
Il presente contributo, unico nel suo genere sullo scenario editoriale che da
sempre si occupa di Terzo Settore, senza troppa enfasi ma con grande merito, traccia la via sulla quale le organizzazioni del non profit italiano dovranno sempre più attestarsi se vorrano mantenere intatta la fiducia che
ancora tantissimi cittadini accordano loro. La comunicazione della propria
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Prefazione
identità, e la sua cura, racconta un mondo di valori vissuti nella vita quotidiana, racconta un mondo di persone e comunità impegnate nella solidarietà, racconta un mondo ricco di passione civile e di capacità di dono. Un
mondo, quello del non profit, che sa e vuole rendere conto di ciò che fa e
di come lo fa. Altri soggetti, pubblici e privati che siano, su questo fronte si
mostrano troppo reticenti, non sanno rendere conto o peggio non vogliono
farlo. Rendicontabilità, trasparenza, accessibilità: sono tre parole chiave che
l’Agenzia per il terzo settore ha utilizzato nel costruire le sue linee guida, da
quella sulla raccolta fondi a quella sul bilancio di esercizio, dal sostegno a distanza a quella sul bilancio sociale. Tre parole chiave capaci di costruire fiducia tra cittadini e organizzazioni non profit, ma che hanno senso e
concretezza solo se supportate e accompagnate da una adeguata strumentazione di comunicazione.
La comunicazione diverrà uno dei core business delle future strategie organizzative delle associazioni del Terzo Settore, a condizione che anch’esse
escano da quel pregiudizio piuttosto consolidato, e un po’ moralistico, secondo il quale il bene si comunica da sè e ha bisogno della sola testimonianza. A me pare che questo pregiudizio non porti da nessuna parte, anzi
configuri un vero e proprio “peccato di omissione”: il bene va comunicato,
è un dovere civile, direi un obbligo morale. Il bene-comunicato-bene diventa una occasione di maturazione per tanti e una possibilità di mobilitazione di risorse umane ed economiche altrimenti impossibile. Diventa altresì
una occasione di fraternità, del sentirsi cioè dentro una comunità di uomini
e donne impegnate nel bene, più numerosa di quanto si creda, più numerosa di quanto ci mostra il racconto quotidiano svolto dai media.
Agli autori va il mio ringraziamento per la grande professionalità con la
quale hanno indagato il non profit italiano, e per la passione e l’interesse
che hanno mostrato – neppure troppo velatamente - per le vicende che lo
riguardano. Un arcipelago plurale e variegato che rappresenta la buona società civile italiana, una vera e propria dorsale strategica senza la quale è assai
difficile immaginare un futuro di crescita per il paese. L’auspicio è che questo contributo qualificato e assai prezioso contribuisca ad accrescere la consapevolezza nel Terzo Settore e riavvii un dibattitto al suo interno finalmente
maturo e al passo con i tempi. Perchè il bene, oltre che farlo bene, va anche
comunicato, e comunicato bene.
Edoardo Patriarca
Membro del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro