Progetto - Centro Pastorale Familiare

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Progetto - Centro Pastorale Familiare
BISOGNI EDUCATIVI E RISORSE NEL CICLO DI VITA DELLE FAMIGLIE
Itinerario di ricerca sulle giovani coppie e sulle famiglie
nella realtà di Verona
Marzo 2012- Marzo 2013
Direzione scientifica: Prof.ssa Maria Luisa De Natale
Già Pro-Rettore dell’Università Cattolica S. Cuore Professore Ordinario di Pedagogia della
Famiglia presso l’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano
Progetto operativo
1. INTRODUZIONE
2. LE CARATTERISTICHE SOCIALI E CULTURALI DELLA NOSTRA SOCIETÀ
3. BISOGNI E RICHIESTE EDUCATIVE DELLE FAMIGLIE
4. RAPPORTO CISF 2011 “LA RELAZIONE DI COPPIA OGGI. UNA SFIDA PER LA
FAMIGLIA”
5. ALCUNI DATI SULLA CONDIZIONE DELLA FAMIGLIA NELLA PROVINCIA DI
VERONA
6. METODOLOGIA
 obiettivi della ricerca
 soggetti
 strumenti metodologici di rilevazione
 tempi
 partner della ricerca
1. INTRODUZIONE
La necessità di una ricerca e di una riflessione sui “bisogni e le aspettative delle famiglie” del
territorio di Verona nasce dalla consapevolezza che la famiglia oggi si presenta a vivere in un
contesto sociale, valoriale ed economico molto diverso rispetto a pochi anni fa e che pur in presenza
di questa situazione essa rimane l’asse portante della società e del suo futuro.
Di questo sono consapevoli e convinti sotto diversi aspetti e per diverse motivazioni molti attori che
possono giocare un ruolo per lo sviluppo della famiglia: enti pubblici e privati, la Chiesa.
La premessa è che l’educazione alla relazione e alla vita di coppia, alla genitorialità, alla famiglia,
oggi si rende necessaria, vista la diminuzione dei matrimoni e l’aumento delle separazioni. Solo nel
2009 ci sono stati nel nostro Paese 85.945 separazioni e 54.456 divorzi, dati in netta crescita negli
anni, a fronte di un costante calo di matrimoni, che nel 2010 sono stati 217.076 (di cui il 37.5% di
matrimoni civili).
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Il progetto di questa ricerca nasce da questa consapevolezza e dalla volontà di mettere insieme varie
esperienze e sensibilità: l’Opera don Calabria con il nuovo progetto “Il colle per la famiglia”
recentemente avviato presso la collina di San Giacomo a Vago di Lavagno (Vr), insieme con il
Centro Diocesano di Pastorale Familiare.
Entrambi trovano le loro motivazioni nella lunga tradizione della Chiesa italiana, confermata dai
recenti Orientamenti pastorali indicati dalla Conferenza Episcopale Italina (CEI) per il decennio
2010-2020 dal titolo “Educare alla vita buona del Vangelo”. La CEI ha scelto il tema
dell’educazione perché ad essa attribuisce un’assoluta importanza per il presente e per il futuro della
vita di ogni persona e dell’intera società. Negli Orientamenti la CEI individua e riconosce i
problemi e le difficoltà della famiglia che considera la “prima e indispensabile comunità educante”
e si impegna ad essere di supporto e di sostegno. In tale azione essa fa riferimento all’educazione
alla vita affettiva, alla preparazione al matrimonio, alla formazione alla vita familiare e alla cura
delle giovani coppie.
L’U.L.S.S 20 di Verona, Consultori Familiari-Area Famiglia, con i suoi servizi e la sua struttura ha
nel sostegno alla famiglia una delle principali finalità.
Del resto la stessa Regione Veneto nel Dgr. N. del 26 luglio 2011 (Disegno di Legge di Iniziativa
della Giunta Regionale concernente Piano Socio-Sanitario Regionale per il Triennio 2012-2014)
sostiene il valore della famiglia affermando che “la famiglia, quale fonte di sostegno, di educazione,
di cura della salute, di protezione, richiede di essere valorizzata e debitamente sostenuta”.
E ancora: “Le politiche per l’infanzia, la famiglia, i minori ed i giovani devono, infatti, prevedere
azioni volte al sostegno della genitorialità in tutte le sue fasi, in una visione complessiva dei servizi
che ponga al centro il ruolo della famiglia e che sviluppi una forte integrazione socio-sanitaria, una
valida sintesi tra famiglia, bambini/minori, servizi e rete della comunità. A tal fine risulta strategica
la collaborazione con tutti i soggetti pubblici e privati del territorio, valorizzando il principio di
sussidiarietà.”
Il Consultorio Familiare pubblico si caratterizza per una visione della coppia e della famiglia molto
ampia. Le realtà familiari che accedono al Servizio sono infatti molteplici e svariate: vi sono
coppie-famiglie
sposate con rito religioso , coppie – famiglie di fatto, famiglie monoparentali, famiglie separate,
famiglie ricomposte a seguito di separazione - divorzio. Diventa costruttivo il confronto con le altre
due realtà partners del progetto, orientate invece dai principi della Chiesa cattolica .
L’ultimo rapporto famiglia CISF 2011 (La relazione di coppia oggi. Una sfida della famiglia)
riporta i dati di una ricerca condotta su un campione nazionale delle coppie italiane volta a capire
perché nascono nuovi conflitti e vuoti di coppia, perché cresce l’incapacità di stabilire legami
significativi e duraturi, e che cosa possa aiutare i giovani e i meno giovani a vivere in una coppia
che sia una risorsa e una condizione di vita felice, non una gabbia, una prigione o un luogo dove si
sta malvolentieri.
L’Università Cattolica del Sacro Cuore - Cattedra di Pedagogia della Famiglia, sede di
Milano, che ha già svolto ricerche analoghe sui temi della famiglie e dell’educazione, collaborerà
per la Direzione scientifica della ricerca.
Il focus della ricerca è quello di studiare la coppia in tre fasi del suo ciclo vitale:
a) la coppia-fidanzati,
b) la coppia-in attesa di un figlio
c) la coppia-famiglia.
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Si ritiene che queste siano le fasi in cui si può lavorare molto sulla stabilità della coppia per creare
reti e supporti nei momenti di difficoltà, per prevenire situazioni di separazione conflittuale.
La ricerca non vuole essere solo teorica ma si pone anche l’obiettivo di elaborare delle proposte
concrete, quali:
1) Suscitare una riflessione sulla preparazione al matrimonio, individuando possibili nuovi
percorsi, con particolare riguardo a forme di sinergia tra Parrocchie ed Enti Pubblici e
Privati.
2) Proporre la sperimentazione di una forma di educazione alla famiglia per i matrimoni civili o
i conviventi di fatto.
2. LE CARATTERISTICHE SOCIALI E CULTURALI DELLA NOSTRA SOCIETA’
Le caratteristiche sociali e culturali della nostra società (società post-moderna) possono essere
sintetizzate come segue (P. di Nicola, U.Beck, Z. Bauman):
- società della globalizzazione, caratterizzata da una intensificazione di scambi e comunicazioni di
qualsiasi tipo e genere all’interno di una rete di comunicazione mondiale e da sistemi sociali tra loro
fortemente interdipendenti.
- società dell’incertezza e del rischio, vengono a mancare i punti di riferimento, delle regole fisse e
valide per tutti; l’estrema pluralizzazione delle possibilità di scelta e alternative resituisce oggi un
senso di profonda incertezza, inadeguatezza e disorientamento;
- società dell’individualismo, prioritario è l’interesse individuale, poi viene quello del gruppo;
- società della vulnerabilità, oggi l’individuo si sente più debole;
- tramonto della società del lavoro: il mercato del lavoro è sempre più instabile e c’è una crescente
flessibilità e precarietà. Oggi una persona che “mette su famiglia” incontra notevoli difficoltà a
causa dell’instabilità del mercato del lavoro, i vissuti delle giovani coppie che affrontano le nuove
responsabilità di genitori restituiscono nuove ansie e percezioni di insicurezza che derivano alla
precarietà professionale.
- società della formazione permanente, nel nostro sistema produttivo la competenza e l’esperienza
diventa una dimensione sempre più prioritaria e che richiede un processo continuo di
riprogrammazione e riqualificazione in tutto l’arco della vita.
La famiglia stessa non è percepita più come un rifugio sicuro, ma rientra in quel complesso sistema
di insicurezza che caratterizza la nostra società. La relazione affettiva e il matrimonio vengono
rinegoziati giorno per giorno, in una dimensione di temporaneità.
Il livello normativo connesso ai ruoli di marito e moglie è sempre meno prescrittivo e sempre più
incerto e indefinito.
In questo contesto le separazioni e i divorzi non vanno considerati né come eventi eccezionali né
come eventi patologici, bensì come transizioni altamente probabili nella nostra società e nel ciclo
vitale di ognuno di noi. E’ una delle esperienze più difficili che una famiglia si trova a fronteggiare.
Questo evento ha degli effetti forti e dirompenti sulle biografie individuali: c’è destabilizzazione e
grande sofferenza, le persone non sanno come comportarsi in questi frangenti.
Le separazioni sono un fenomeno in aumento, mentre stanno calando i matrimoni.
La situazione degli uomini e delle donne che vivono la separazione è diversa. Sono soprattutto le
donne a chiedere la separazione. I vantaggi percepiti sono: poter uscire da una relazione
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insoddisfacente, conflittuale e penalizzante nella vita quotidiana. Le criticità sono: perdita di status,
sovraccarico funzionale soprattutto per quanto riguarda la gestione dei figli, ridefinizione del ruolo
rispetto alla parentela, agli amici, a sé stessi e ai figli, difficoltà a stabilire nuove relazioni di coppia.
Ancora oggi l’identità della donna si gioca sul ruolo di moglie e madre.
In generale gli uomini “subiscono” la separazione, in quanto i vantaggi che traggono da un
matrimonio, per quanto non “felice”, sono superiori agli svantaggi derivanti dalla vita in famiglia.
I vantaggi sono comunque anche per l’uomo l’uscire da una relazione insoddisfacente e conflittuale.
Gli svantaggi sono: perdita della casa, necessità di dover riorganizzare il quotidiano, difficoltà nel
rapporto con i figli, ridefinizione del ruolo rispetto ai figli e, soprattutto, alla donna, necessità di
ristabilire una relazione di coppia e scegliere di nuovo. Sono soprattutto gli uomini che chiedono il
divorzio. Gli uomini dopo la separazione tornano, infatti, anche psicologicamente nella condizione
di celibi. Recuperano la rete amicale, intensificano la vita relazionale, hanno nuove e spesso
frequenti relazioni affettive, un nuovo matrimonio e considerano quello precedente chiuso.
Tendono poi ad allentare i rapporti con i figli, anche perché spesso non hanno la possibilità
materiale di vederli e frequentarli nella loro vita quotidiana. I padri spesso sperimentano il tormento
di giornate trascorse con i figli al cinema, allo zoo ai giardini, in pizzeria ecc. In generale, tuttavia,
l’uomo tende ad occuparsi dei figli che sono in casa: è più facile che si occupi dei figli della nuova
compagna che non dei propri.
Le donne, invece, dopo la separazione spesso si isolano, restringono le reti amicali anche perché
hanno meno tempo, si appoggiano alla rete parentale, tornano quindi nella condizione di “figlie”,
con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso. Hanno maggiori difficoltà a stabilire nuove relazioni
affettive, sia perché hanno meno tempo sia perché il loro “mercato” matrimoniale si restringe. In
generale tendono a non considerare chiusa la partita con l’ex marito.
I genitori, invece, nella separazione hanno difficoltà a capire che ruolo coniugale e ruolo genitoriale
sono disgiunti: non c’è più coppia, ma si è ancora genitori. Hanno difficoltà a comprendere che la
separazione non riguarda solo gli adulti, ma anche i figli. Hanno rancore per il partner che non si
prende cura dei figli e per il figlio se ama e preferisce l’altro genitore. Il figlio spesso viene usato
come arma di ricatto contro l’ex partner o come “grimaldello” per trarre vantaggi dall’altro
genitore.
Per i figli il conflitto tra i genitori è fonte di stress. Durante il conflitto si verifica spesso disaccordo
sulle direttive educative che porta grande incertezza e senso di smarrimento per i figli e un’ampia
sintomatologia in relazione all’età dei bambini e/o degli adolescenti. Nel periodo successivo alla
separazione dei genitori i figli cambiano vita, routine e a volte devono affrontare situazioni di
maggior difficoltà economica. Le capacità di adattamento del bambino alla nuova situazione
dipendono dal tipo di relazione che rimane tra i due genitori, dalla permanenza o meno di una
elevata conflittualità, dalla capacità o meno del genitore non convivente di mantenere una relazione
significativa con il figlio.
3. BISOGNI E RICHIESTE EDUCATIVE DELLE FAMIGLIE
La ricerca “Storie di famiglie” di Iori e Rampazi (V.Iori, M.Rampazi, Storie di famiglie. Bisogni e
risorse nei racconti di vita familiare a Reggio Emilia, in Strumenti n° 3, dicembre 1998, Guerini
Ed., Milano) mette in luce aspetti dei vissuti familiari dei nostri tempi e la presenza di alcuni
bisogni profondi di natura personale e relazionale:
- bisogno di riconoscere il disagio, sia quello manifesto sia quello strisciante nella vita quotidiana,
non come elemento di colpevolizzazione ma come situazione che può trovare all’interno ed
all’esterno del nucleo familiare un supporto nell’elaborazione dei vissuti e nell’attivazione delle
risorse (intervento curativo terapeutico).
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- bisogno di reinventare il progetto familiare, soprattutto di fronte agli eventi che chiedono alla
famiglia un maggior investimento di energie perché implicano una ristrutturazione degli equilibri
interni e della relazione con l’esterno.
I genitori in sostanza si trovano sempre più soli, chiusi nel proprio guscio, spesso disorientati
rispetto ai piccoli grandi problemi che crescere un figlio comporta. In questa carenza di confronti e
di persone a cui fare riferimento, gli interrogativi che orientano le scelte educative fanno fatica a
trovare risposte, i piccoli disagi assumono proporzioni inquietanti, cresce il senso di inadeguatezza
e precarietà, aumentano le domande d’aiuto agli esperti (psicologi, psicoterapeuti …), col rischio di
leggere, così, attraverso il filtro della patologia o della eccezionalità negativa, ciò che invece in un
contesto di “genitorialità e responsabilità diffusa” potrebbe essere affrontato con serenità.
In generale diverse sono le iniziative possibili per fare fronte a questa situazione: la riflessione
pedagogica ma soprattutto l’esperienza educativa ha ampiamente dimostrato in questi anni gli effetti
positivi:
• dei gruppi di auto e mutuo aiuto tra le famiglie
• delle conferenze a tema per piccoli gruppi
• dei gruppi di discussione guidati
• degli interventi e sperimentazioni nel segno della domiciliarità.
- bisogno di avere un contesto relazionale esterno di socialità, delle reti su cui contare nel contesto
della vita quotidiana. A questo fa riferimento il tema della “nostalgia dei cortili”: il quartiere
rappresentava un luogo di socializzazione informale e di relazione per bambini e adulti ed il cortile
diventava per i bambini un luogo privilegiato di scoperta dove si esercitava quella che è stata
definita “genitorialità diffusa”. Questo modello viene spesso rievocato con nostalgia dai genitori in
contrapposizione alla situazione attuale, in cui i bambini non trascorrono il tempo insieme a giocare,
sia perché il cortile non è più considerato come uno spazio tranquillo e sicuro controllato dagli
adulti del vicinato, sia perché i bambini stessi non hanno più tempo libero dal momento che le loro
giornate sono piene di impegni ed attività strutturate.
La ricerca M.L. De Natale/F. Bracci “La famiglia come comunità di apprendimento. Saperi
genitoriali e pratiche educative”, Ed Insieme, 2012, ha offerto un contributo innovativo per lo
studio dei processi di mutamento e trasformazione nelle storie familiari, con l’utilizzo di una
metodologia qualitativa recentemente apprezzata e condivisa dagli esperti della Columbia
University di New York.
La ricerca ha risposto ad alcune specifiche domande che caratterizzano le relazioni familiari in
chiave educativa: “a quali condizioni si apprende dalla pratica familiare? A quali condizioni la
partecipazione a pratiche familiari consente di apprendere e, soprattutto, a quali condizioni la
partecipazione a pratiche familiari permette alle comunità di evolversi e trasformarsi? Quali
pratiche di azione riflessiva è necessario coltivare per apprendere dalla propria esperienza in
prospettiva trasformativa? Quali dispositivi educativi possono essere adottati per accompagnare i
processi di crescita familiare e personale? Che cosa significa per i genitori riconoscersi come
soggetti epistemici, portatori di una razionalità riflessiva e costruttori di una conoscenza situata?
Come coltivare i processi di autoformazione?”
“La famiglia rappresenta un luogo privilegiato di relazioni umane, di apprendimenti valoriali e di
stili di rapporto interpersonali e sociali, dai quali dipende anche la possibilità di progresso sociale e
culturale alle sue dinamiche, ai suoi bisogni formativi (M.L. De Natale)”.
Nell’ambito dei Master Universitari di primo e secondo livello in Consulenza Interdisciplinare
per Operatori nella Cura Educativa della Persona e della Famiglia diretti dalla stessa Prof.ssa
M.L. De Natale, i progetti operativi emergenti dai project work hanno confermato la necessità di
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aprire nuovi ambiti progettuali in termini di contenuti e di metodi per osservare e supportare
educativamente la famiglia in questo millennio. “I profondi mutamenti strutturali della famiglia,
rintracciabili nella crescente pluralizzazione tipologica delle forme familiari, a seguito dei processi
di mutamento socio-demografico che hanno reso altamente articolato il tessuto sociale e i contesti
culturali di riferimento, hanno comportato l’esigenza di rispondere, nella pratica professionale, con
adeguati paradigmi osservativi e interpretativi adatti a coglierne le traformazioni in atto” (Daniela
Santoro in M.L. De Natale, La consulenza per la famiglia. Progetti operativi, Educatt –
Università Cattolica S. Cuore, Milano 2012).
Inoltre l’esperienza emergente dai numerosi Laboratori di riflessione educativa condotti dal
Creada presso le diverse realtà del territorio nazionale e che hanno coinvolto le famiglie, gli
insegnanti, gli operatori di consultorio ecc… (cfr. www.creada.it ), ha consolidato la convinzione
che oggi la famiglia esprime nuovi bisogni e richiede nuove strategie di intervento.
Un lavoro su e con le famiglie non può altresì trascurare un ambito di osservazione che coinvolge
l’aspetto della conciliazione famiglia-lavoro.
“Nella società odierna, gestire efficacemente il tempo di vita nelle organizzazioni significa porre in
equilibrio il tempo del lavoro con quello familiare. Talvolta i problemi del lavoro spesso influiscono
sulla qualità di vita familiare. Se in passato il tempo di vita lavorativa era totalmente scisso da
quello familiare, oggi le difficoltà per l’adulto dipendono dal saper conciliare i diversi ruoli,
impegni e funzioni educative familiari. Il ruolo femminile emerge come parte soggetta a una
maggiore conflittualità nella conciliazione tra lavoro e famiglia.
Tuttavia le trasformazioni familiari dovute al cambiamento dei tempi del lavoro e della
professionalità riguardano anche il fenomeno delle famiglie dove entrambi i coniugi aspirano alla
carriera dedicando più tempo al lavoro e sottraendo risorse educative alla famiglia”. (Alessandra
Gargiulo Labriola, Adulti e lavoro, Ed Insieme, Bari, 2011, pp. 157-192).
“Le transizioni percepite come più difficoltose nelle traiettorie di vita delle famiglie coincidono
nella maggioranza dei casi con la nascita dei figli e il rientro al lavoro dopo il congedo di
maternità/paternità. In tale fase si rileva la necessità di poter disporre di una maggiore flessibilità
oraria, turni di lavoro più regolari e confortevoli, che consentano di gestire le nuove esigenze
familiari. Sebbene in molte realtà organizzative siano presenti misure di flessibilità oraria, il criterio
di accesso a tali agevolazioni si basa tuttavia sull’anzianità di servizio, non considerando dunque
con adeguate valutazioni che i bisogni conciliativi riguardano invece proprio le fasce di età più
giovani, che hanno da poco costituito un proprio nucleo familiare con figli piccoli.
Appare evidente la necessità di costruire servizi di welfare maggiormente individualizzati, tenendo
in opportuna considerazione le diverse fasi del ciclo di vita e un quadro differenziale dei bisogni
conciliativi per fasce di età e specificità di caso.
Anche i servizi degli asili nido aziendali presentano spesso importanti limiti nella possibilità
effettiva di utilizzo per un ridotto numero di posti e una loro dislocazione in sedi di difficile
raggiungimento” (Daniela Santoro, Abstract intervento presso il Convegno Tempi del lavoro,
tempi della famiglia – Presentazione dei primi esiti di una ricerca diretta dalla Prof.ssa Maria
Luisa De Natale, Evento collaterale al VII Incontro Mondiale delle Famiglie, Abbazia di
Mirasole 29 maggio 2012, Milano).
Da tali considerazioni emerge la necessità di:
• valorizzare e diffondere le buone pratiche educative
• investire nella qualità delle relazioni
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• moltiplicare i progetti e le sedi in cui le persone possono semplicemente incontrarsi, frequentarsi,
scambiarsi esperienze e confrontarsi.
- bisogno di farsi risorsa per altre famiglie, di trovare nuove forme di dialogo e reciprocità con altri
per poter dare e ricevere aiuto.
La sfida è cogliere i cambiamenti come risorsa positiva, come occasione di innovazione e creatività
progettuale. Quindi è di fondamentale importanza individuare non solo il malessere delle famiglie
rispetto al quale è fondamentale un intervento sinergico di istituzioni (pubblico, privato sociale e
volontariato), ma anche evidenziare le condizioni di serenità e benessere relazionale familiare, sulle
quali di solito le politiche sociali non investono perché c’è un’economia tesa al risparmio di risorse
finanziarie ed umane.
È chiaro che lavorare per il benessere significa fare prevenzione, ma rispetto alle problematiche
delle separazioni, divorzi e affidamenti dei figli, sempre in maggior aumento, anche l’educazione
familiare diventa uno strumento di prevenzione del disagio dei figli.
A questo proposito, le prospettive di dialogo che l’educazione familiare apre consentono
un’espressione più matura del diritto di assumere con consapevolezza la responsabilità di decisioni
importanti che riguardano la propria vita e quella delle persone affettivamente più vicine e
coinvolte.
In particolare l’educazione familiare fornisce ulteriori strumenti di confronto in una delicata fase di
trasformazione della storia di una famiglia, ed offre soprattutto un’occasione di crescita culturale e
sociale collettiva, che si esplicita nel tentativo di:
• promuovere una cultura dell’educazione familiare tesa a gestire il confronto e a prevenire il
conflitto;
• attivare occasioni di riflessione congiunta per la promozione di una “genitorialità sociale”, in cui
una ristabilita serenità di genitori e figli sia avvertita come preoccupazione generale e condivisa.
• contrastare pregiudizi e stereotipi che vedono nei figli dei separati “soggetti a rischio” o
persone irrimediabilmente compromesse sul piano degli affetti.
4. RAPPORTO CISF 2011 “La relazione di coppia oggi. Una sfida per la famiglia”
Il Rapporto CISF 2011 affronta alcune importanti tematiche relativamente a quali sono i progetti di
coppia oggi (un Io che incontra difficoltà a diventare un noi) e quale sarà il futuro della coppia,
approfondendo alcuni specifici aspetti.
a) La coppia sta diventando un’alternativa alla famiglia?
Il nuovo Rapporto Cisf 2011 sulla famiglia italiana ha voluto verificare l’ipotesi, sostenuta da
un’opinione oggi molto diffusa, circa il fatto che la coppia stia diventando una sfida per la famiglia
nel senso di costituire sempre di più un modo di vita alternativo alla famiglia. L’indagine è stata
condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana (4053 interviste), nella quale
risulta che il 50,5% vive in coppia. Se si sta ai dati strutturali socio-demografici, che sono anche
quelli su cui si basano le analisi dell’Istat, sembra che l’ipotesi sia confermata, in quanto cresce il
numero delle coppie non sposate, aumentano le coppie senza figli o con un solo figlio, e in generale
le famiglie si restringono di numero, si privatizzano sempre di più e la famiglia vede diminuire il
suo valore pubblico, sociale, istituzionale.
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Ma questa descrizione può risultare fuorviante, in quanto è piuttosto vero che nella popolazione c’è
una divaricazione, uno split, fra le coppie che vanno nella suddetta direzione - diventando sempre
più liquide, fragili e bisognose di aiuti dall’esterno-, e le coppie che invece mantengono e rinnovano
il loro progetto di vita in comune, puntano sulla stabilità e i figli, sentono il valore sociale della
famiglia.
b) La coppia odierna: fine dell’amore romantico?
La ricerca ha verificato che il cosiddetto ‘complesso dell’amore romantico’, inteso come
idealizzazione sentimentale del rapporto con il partner che si sottrae alle costrizione delle famiglie
di origine e alla pressione delle tradizioni culturali, è effettivamente ormai tramontato. Cosa lo
sostituisce? Emerge un divario fra due tipi di amore di coppia. Da un lato emergono le coppie
postmoderne, in cui l’amore diventa una sorta di condivisione dei problemi, il sentire che ciò che è
problema per un partner lo è anche per l’altro partner. Entrambi, nella relazione cercano la
soddisfazione personale, e l’amore persiste finché è sentito. Dall’altro, si osservano invece le coppie
in cui l’amore assume il carattere di una vera e propria relazione di vita in comune, la quale tocca
tutte le dimensioni dell’esistenza quotidiana. Qui l’amore diventa uno scambio di reciprocità
quotidiana, che si concretizza negli affetti così come nella cura dei figli, nel dono reciproco, nella
volontà di realizzare una solidarietà che non è solo sentimentale, ma anche pratica e materiale.
c) Quali sono i principali tipi di coppie oggi in Italia?
La ricerca ha evidenziato una forte differenziazione fra i tipi di coppie. Per semplificare, emergono
due tipi ben caratterizzati: le coppie relazionali e le coppie postmoderne. L’indagine descrive in
modo analitico le caratteristiche di queste coppie, la loro influenza sui differenti tipi di famiglia che
ne conseguono e gli effetti sulla società. In breve, la coppia tradizionale sente e accetta i
condizionamenti del mondo vitale che segnano le distinzioni fra i modi accettabili e non accettabili
di fare famiglia. La coppia postmoderna, invece, rende più indifferente il suo mondo vitale, nel
senso che, diventando più permissiva, rifiuta di fare distinzioni fra i modi di fare famiglia e accetta
un pluralismo indifferenziato dei modi di fare coppia. Il fatto di aprirsi al mondo dei possibili
dovrebbe condurre la coppia a possedere una riflessività più relazionale come coppia, ma non e
cosi.
Mentre la coppia tradizionale ha una riflessività che, pur essendo maggiormente dipendente dal
contesto locale, ha una certa solidità e coerenza, la coppia postmoderna va incontro ad una
riflessività fratturata o impedita.
d) La crisi della coppia modifica il ‘genoma familiare’?
Per la stragrande maggioranza della popolazione, l’ideale della famiglia rimane attraente e
costituisce ancora il punto di riferimento di una vita felice. Ma il punto è che cresce la tendenza a
intendere questo ideale in modo sempre più soggettivo. Di conseguenza, la crisi della famiglia
appare sempre di più come originata dal modo privatistico e soggettivizzato, al limite narcisistico,
di intendere e di vivere la coppia. Tuttavia proprio in questo processo si rivela il fatto che la
famiglia si forma ed esiste laddove riesce a esprimersi il suo genoma originario, cioè il fatto che la
famiglia si qualifica rispetto a tutte le altre forme sociali per essere l’espressione di una relazionalità
basata sul dono, la reciprocità, la sessualità di coppia e la sua generatività vissute insieme. È chiaro
che, se il genoma familiare viene modificato su grande scala, tutta la società va incontro ad un
processo storico di morfogenesi senza precedenti, il che vorrebbe dire in pratica la mancanza di figli
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(mancherebbe il ricambio fra le generazioni) e l’avvento di forme sempre più deboli e fragili di
famiglie, bisognose di assistenza più che essere fonte di capitale sociale e umano per uno sviluppo
equilibrato e sostenibile.
e) L’amore nella coppia: sentimento liquido o pietra angolare della famiglia e della società?
La ricerca distingue fra le coppie in cui l’amore si basa prevalentemente sulle emozioni e i
sentimenti, e le coppie in cui l’amore consiste nella cura delle relazioni, quella sponsale e quella
genitoriale intrecciate fra loro. Le prime sono chiamate coppie aggregative, perché sono
sostanzialmente aggregazioni di individui che cercano la realizzazione del proprio Sé attraverso la
relazione; qui la relazione è un interesse prevalentemente orizzontale fra i partner, è sostanzialmente
una proiezione delle singole individualità. Le secondo sono chiamate coppie generative, non solo
perché desiderano più figli e si prendono maggiormente cura delle relazioni intergenerazionali, ma
essenzialmente perché vivono la famiglia come un intreccio fra la relazione orizzontale di coppia e
la relazione verticale della genitorialità, al punto che, in questi casi, si può dire che sono i figli che
generano e realizzano la coppia; la coppia viene all’esistenza e diventa matura perché la relazione
orizzontale si completa e si fonde con quella verticale delle generazioni.
f) Dove va la coppia italiana?
Il Rapporto affronta questo interrogativo in modo originale ponendo per la prima volta una
questione di grande portata: cioè il fatto che il senso e il futuro della coppia dipende dal tipo e dal
grado di riflessività dei partner e della relazione di coppia. Diminuiscono le forme di riflessività che
hanno caratterizzato il passato, cioè sia la riflessività comunicativa di chi affronta la relazione
consultandosi con altre persone significative, sia la riflessività autonoma di chi decide per proprio
conto, in totale autonomia. Aumentano le forme di riflessività che sono dette fratturate e impedite,
perché sono caratterizzate dalla incapacità di decidere (non si sa se sposarsi o no, se avere figli o no,
ecc.) o dal blocco totale della riflessività (quando si dice: non ci posso neppure pensare). La coppia
italiana è caratterizzata da un deficit strutturale di capacità riflessiva, quella che guarda al bene della
relazione di coppia come un bene in sé da cui dipendono i beni relazionali della intera famiglia (la
fiducia reciproca, il senso della comprensione profonda dell’altro, il donarsi reciproco, l’essere
felici quando gli altri sono felici, sentirsi in debito piuttosto che sempre in credito con gli altri, ecc.).
Per questo motivo, sul piano della cultura e della formazione, il Rapporto raccomanda di orientarsi
ad aumentare la capacità meta-riflessiva della coppia italiana. Si tratta di far crescere la capacità
delle persone di realizzare un ‘Noi’ (la We-relation della coppia) in cui ciascuno realizzi la propria
autenticità, cioè senta di essere autenticamente se stesso, e nel medesimo tempo si prenda cura della
relazione come bene da cui dipendono non solo i beni di ciascun familiare, genitori e figli
innanzitutto, ma anche i beni della comunità intorno.
5. ALCUNI DATI SULLA CONDIZIONE DELLA FAMIGLIA A VERONA
La situazione della famiglia nel territorio veronese non si discosta di molto da quella nazionale, pur
ovviamente con diversità a seconda delle caratteristiche locali (città, provincia, zona sud/nord, zona
lago, zona collinare, etc.). Secondo alcuni parametri specifici, quali numero dei matrimoni e crisi
coniugali, il trend segnala, addirittura, una situazione critica più accentuata.
Per quanto riguarda Verona città-capoluogo, il numero dei matrimoni è passato da 1.558 del 1990,
a 1.264 nel 2000, per arrivare a 969 nel 2009 (meno 37.8% rispetto al 1990).
A livello nazionale il calo nello stesso periodo è stato del 16.7% (XVI Rapporto su Verona della
Curia Diocesana, Quaderno n.37, 2010).
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Nello stesso intervallo, si è assistito a un forte aumento dei matrimoni civili che, sempre nel
capoluogo, hanno praticamente superato quelli religiosi: erano il 24.1% nel 1990, il 38.7% nel 2000
e sono stati il 53.7% nel 2009 (idem).
Per quanto riguarda la crisi di coppia, nel 1° semestre del 2009, a livello nazionale ci sono state
298 richieste di separazione ogni 1.000 matrimoni e 234 richieste di divorzio. Nel Veneto, tali cifre
sono rispettivamente di 302 e di 250 (Dati Ministero della Giustizia – Sole 24 Ore – febbraio
2010).
A Verona, a livello provinciale, si è passati da 1.106 separazioni nell’anno giudiziario 1994/95
(periodo da 01/07 a 30/06), pari a 13.9 separazioni ogni 10.000 abitanti (15.8 a livello Veneto, 14.1
livello nazionale), a 1.610 nell’anno 200/01 (rispettivamente 19.4 – 21.5 – 18.8 ogni 10.00 abitanti)
per arrivare a 1.749 nel 2006/07; che corrispondono a 19.9 ogni 10.000 abitanti (Veneto 16.6 –
Italia non riportato). (XIV Rapporto su Verona della Curia Diocesana, Quaderno n.34, 2008).
Negli stessi anni i divorzi sono passati da 641 (8.0 ogni 10.000 abitanti, in confronto a 7.6 del
Veneto e del 7.9 dell’intero Paese). Cinque più tardi, 2000/01, gli stessi dati sono stati
rispettivamente 1.008 (12.2 – 9.7 – 8.6), per arrivare nel 2006/07 a 1.294 (14.7 – 11.4 – non
riportato) (idem).
6. METODOLOGIA
Obiettivi della ricerca
“La diffusa e spesso “retorica” crisi della famiglia, esige che si individuino con attenzione i reali
bisogni educativi della famiglia stessa che si differenziano nello stesso ciclo di vita familiare, dal
progetto coniugale, all’attesa ,alla vita familiare … in itinere.
L’ipotesi del progetto di ricerca-intervento, intende rendere protagonisti alcune coppie da prendere
a campione nei tre momenti fondamentali : della preparazione al matrimonio, della attesa del primo
figlio, e della vita familiare già consolidata con un figlio in età scolare per procedere a delineare con
metodi di ricerca quantitativa e qualitativa i bisogni di natura educativa e formativa. In questa
prospettiva la rete di istituzioni sopra delineate garantisce la complementarità degli apporti e la
felice coniugazione di pubblico e privato.” (M.L. De Natale).
Obiettivi generali
• introdurre ad una nuova cultura della famiglia in cui la responsabilità educativa della coppia si
declini con la centralità dei servizi per la persona e la famiglia;
• individuare i fattori di benessere nelle coppie prima del matrimonio e nei primi anni di
matrimonio.
• avviare attività che realmente rispondono ai bisogni delle famiglie;
• lavorare per il benessere delle famiglie;
• prevenire le situazioni di conflittualità;
• creare una rete di istituzioni che si mettano in sinergia tra loro sia per una conoscenza reciproca,
sia per collaborare e creare buone pratiche, sia per evitare inutili sovrapposizioni di attività;
• proporre iniziative di preparazione al matrimonio in sinergia tra Parrocchie ed Enti del Pubblico e
Privato
• sperimentare forme di educazione al progetto di vita familiare per i matrimoni civili o per i
conviventi
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Obiettivi specifici
• individuare i valori di riferimento delle giovani coppie e delle famiglie coinvolte, i sistemi di
attese/aspettative e responsabilità reciproche percepite e quelle messe in atto nei vissuti quotidiani;
• rilevare i bisogni educativi e le risorse nel corso delle differenti fasi del ciclo di vita delle famiglie,
individuando nella realtà di Verona gli attori istituzionali, di servizi e del tessuto sociale in grado di
offrire supporto e promozione delle competenze educative e relazionali.
Target
TARGET Partecipanti Individuate da:
1 coppia – fidanzati 15 coppie Centro Pastorale Fam. Verona
2 coppia in attesa del primo figlio 15 coppie Consultorio Familiare ULSS 20 -Verona
3 coppia – famiglia con bambini 15 coppie Opera Don Calabria
Strumenti metodologici di rilevazione
L’indagine sarà sia di tipo quantitativo che qualitativo.
A livello quantitativo: costruzione di schede di intervista strutturata, di taglio differente per i tre
target da somministrare in forma cartacea.
A livello qualitativo per ogni target sono previsti due momenti di incontro con proposte
differenziate che rendano i protagonisti partecipi responsabili della ricerca. Per es. le coppie in
attesa possono essere coinvolte nella progettazione dell’educazione del figlio che arriva, le coppie
di fidanzati nella responsabilizzazione, anche giuridica della loro scelta per tutta la vita, le famiglie
possono essere coinvolte in qualche specifico problema di conduzione familiare.
Le metodologie attive per i due momenti di incontro previsti per ciascun target saranno precisate
successivamente (giochi di ruolo, interviste, bilancio di competenze, focus group, …. ).
Tempi
 Dicembre 2011 – Marzo 2012 STEP 1: Creazione rete istituzionale ed equipe di lavoro;
definizione degli obiettivi della ricerca e del piano operativo.
 Aprile 2012 – Agosto 2012 STEP 2: Definizione del progetto; ricerca finanziamenti;
costruzione della scheda di intervista strutturata da somministrare; selezione delle unità del
campione per ogni target; contatti con le realtà istituzionali coinvolte nella selezione del
campione.
 Settembre – Dicembre 2012 STEP 3:
_ PLENARIA di presentazione del progetto e contestuale distribuzione delle schede di intervista
strutturata.
_ Realizzazione dei due incontri per ciascun target.
 Gennaio 2013 – Marzo 2013 STEP 4: Elaborazione statistica dei dati, quantitativa e
qualitativa; conclusioni e proposte operative; stesura del report
 Aprile 2013 STEP 5 Convegno conclusivo di presentazione dei dati e conclusioni del
progetto.
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Partner
Le Istituzioni che in sinergia collaborano alla realizzazione della Ricerca sono:
1) U.L.S.S 20 – Area Famiglia - Consultori Familiari –
2) Diocesi di Verona, Centro Pastorale Familiare
3) Opera don Calabria “Colle per la famiglia”
4) Università Cattolica Sacro Cuore, Cattedra di Pedagogia della Famiglia – sede di Milano
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