l`intensità della domanda e dell`offerta di credito bancario come

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l`intensità della domanda e dell`offerta di credito bancario come
L’INTENSITÀ DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA
DI CREDITO BANCARIO COME FATTORE RILEVANTE
DI CLASSIFICAZIONE DELLE IMPRESE
MARCO MUSCETTOLA*
Sintesi
L’obiettivo dello studio è verificare l’esistenza di un legame tra il mercato
del credito bancario locale e l’economicità (redditività aziendale) e la struttura
del capitale (tipo e grado d’indebitamento) delle imprese residenti. L’ipotesi
da dimostrare in questo studio, quindi, sarà verificare la capacità del sistema
bancario di influenzare le dinamiche strutturali ed economiche delle imprese
locali.
Dopo aver tratteggiato le caratteristiche del mercato del credito nazionale, si suddividono tutte le provincie italiane in base all’incidenza della domanda di credito delle imprese rispetto all’offerta delle banche. Con l’ausilio
di un campione di 7.548 PMI, l’evidenza empirica mostra che sono rilevanti
i legami diretti tra l’economicità delle imprese e la capacità di indebitarsi con
le banche in territori a bassa offerta di credito bancario. Dall’altra parte, in
aree nelle quali l’offerta è maggiore, le imprese maggiormente affidate sono
le aziende con un maggior fabbisogno finanziario e una minore redditività.
*
Credit Risk Manager - Independent Researcher, Bari, Italy
Correspondence: via Generale Scattaglia, 30/B – 70010 Adelfia (Ba) – Italy.
E-mail: [email protected]
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MARCO MUSCETTOLA
Bank Credit Market and Firm Indebtedness – Abstract
This study aims to investigate the relationship between the credit market and
local firms’ performance and financial structure. We test whether and to what
extent the banking sector is able to affect local companies’ structural dynamics and
economic conditions.
After having outlined the characteristics of the Italian credit market, this research classifies all the Italian provinces based on a comparison between bank
loans demand and supply. Referred to a sample of 7,548 SMEs, our empirical
evidence shows the presence of several statistically significant direct links between
firms’ profitability and their ability to get bank loans in areas with scarce supply of
bank credit. On the other hand, in areas where bank credit availability is higher,
firms characterized by a low performance and high level of debt are more likely
to borrow.
JEL Classification: O16, G32, C51.
Keywords: Financial indebtedness, credit market, creditworthiness, corporate finance
Parole chiave: Indebitamento finanziario, mercato del credito, merito di credito, struttura
del capitale
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SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
1. Introduzione
Sono generalmente accettate le differenze tra il Nord ed il Sud Italia per
quanto riguarda i più importanti aspetti economici e sociali. Statisticamente
non sono controverse le dissomiglianze in termini di produttività media, di
tasso di occupazione, di volume di esportazioni e di ricchezza media della
popolazione residente tra le due macro aree. Cercando delle spiegazioni di
questa disparità, oltre alle differenze prettamente geografiche e territoriali del
Nord rispetto al Sud, si ravvisano anche delle disuguaglianze concernenti le
infrastrutture, le possibilità di accesso ai mercati, la politica locale e la mentalità imprenditoriale1. Tutte le summenzionate variabili hanno da sempre
generato dei livelli di produttività a due velocità (Viesti, 2003) e dei gradi di
rischiosità media delle imprese dissimili (Muscettola e Gallo, 2008), come
si nota anche leggendo le statistiche sui tassi medi degli affidamenti bancari.
L’economia di un territorio, in effetti, è frutto di un’ampia serie di fattori,
inclusi anche dei fenomeni difficilmente quantificabili come la vischiosità di
mercato, l’impatto della pressione fiscale, il malgoverno, l’accesso ai servizi
pubblici o gli investimenti in capitale umano.
A parte le generalizzazioni sopra accennate, in questo saggio si intende
studiare in modo approfondito una geografia delle provincie italiane costruita
in base al mercato finanziario inteso come incontro tra domanda ed offerta
di credito bancario. In altre parole, l’obiettivo dello studio è verificare il legame eventuale tra la quota e la qualità dei debiti bancari erogati e la struttura media delle imprese, intesa sia come redditività media sia come livello di
indebitamento aziendale, sospettando, infatti, che il sistema bancario locale
possa essere più causa (da aggiungere a quelle elencate) che conseguenza delle
caratteristiche strutturali aziendali.
Parlando di sistema bancario, è noto che gli istituti di credito favoriscono
la produzione, il commercio, lo sviluppo dei servizi che, a loro volta, sono una
fonte indispensabile per la crescita economica di un Paese o di una singola
area territoriale (Berger & Udell, 2006). Dall’altra parte, vista la rilevanza per
le imprese italiane del sostegno dei finanziamenti bancari, in considerazione
anche delle carenti alternative al credito bancario (Muscettola, 2013), è anche plausibile che le banche possano essere imprescindibilmente vincolanti
nella crescita economica di un territorio, educando e facendo cultura sulle
1 Per approfondimenti si vedano i rapporti annuali di Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel
Mezzogiorno. Per le evidenze empiriche e le statistiche, nello specifico delle differenze economiche, sociali e
industriali, è possibile consultare l’Appendice Statistica al rapporto Svimez 2014, l’appendice statistica 2 al
rapporto Svimez 2012 e la raccolta in libro SVIMEZ,”150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud 1861-2011”.
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imprese che devono, per deduzione, adattarsi al modus operandi degli istituti
di credito. L’offerta di credito, quindi, può essere vista in un’ottica positiva di
sostegno per l’economia o, dall’altra parte, può scoraggiare lo sviluppo. In un
caso o nell’altro, l’offerta di credito bancario è un fattore condizionante per la
crescita e per la sussistenza del tessuto imprenditoriale locale.
Rispetto alla letteratura esistente, il lavoro offre un duplice contributo. Da
un lato, esso analizza un esteso campione di PMI tale da garantire un’ampia
rappresentazione dell’universo di imprese che operano in Italia. Dall’altro, il
lavoro si differenzia dai precedenti studi poiché analizza con maggiore dettaglio l’influenza del mercato del credito bancario sull’organizzazione interna
delle imprese dopo aver definito, in modo più analitico possibile, la forza della
domanda e dell’offerta di credito relativamente alle singole province italiane.
Riassumendo, le ipotesi da verificare con il presente saggio sono le seguenti
due:
•• La distinzione geografica del territorio italiano in considerazione dell’intensità dell’offerta di credito bancario rispecchia una medesima distinzione
territoriale fatta mediante il livello di indebitamento medio delle imprese
(ed il conseguente grado di capitalizzazione delle aziende italiane);
•• Le imprese con una più bassa redditività delle vendite (Mol / Fatturato)
riescono con più facilità ad ottenere il supporto finanziario delle banche
(Debiti finanziari / Totale Passivo) in territori caratterizzati da un minore
impatto della domanda di credito bancario o, comunque, in aree dove è
possibile riscontrare una maggiore offerta da parte degli istituti di credito.
La tesi di questo studio, pertanto, è dimostrare il condizionamento che i
sistemi bancari locali producono sulla struttura media e sulla conformazione
delle imprese sia come composizione delle passività (grado d’indebitamento e
capitalizzazione) e delle attività aziendali (livello di liquidità e composizione
degli assets) sia come strutturazione dei cicli produttivi e commerciali. Da tale
dimostrazione ne deriva che il sistema bancario locale condiziona, molto più
di quanto immaginabile, la vita e l’andamento delle imprese italiane.
La ricerca empirica, che avvalora la trattazione, analizza il comportamento
delle imprese attraverso l’esame di dati forniti da Crif Spa. Il campione in oggetto fa riferimento a imprese italiane con un fatturato tra i 5 e 50 milioni di
euro, operanti attività commerciali o produttive. All’uopo, il database finale
comprende i bilanci ordinari, non abbreviati, consecutivi (dal 2006 al 2009)
di 7.548 imprese.
La ricerca è organizzata in sette paragrafi oltre l’introduzione. Nel secondo
paragrafo si tracciano rapidamente le caratteristiche del mercato del credito
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SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
italiano e si delineano i maggiori studi presenti in letteratura sull’argomento.
Nel terzo paragrafo si descrive il campione d’imprese adoperato per la presente trattazione. Nel quarto paragrafo si espone la metodologia impiegata. Nel
quinto paragrafo si descrivono le 16 variabili che contribuiscono a costruire le
curve del mercato del credito e si disegna il territorio nazionale suddiviso per
provincie in considerazione dell’intensità della domanda di credito bancario
rispetto all’offerta. Il sesto paragrafo è dedicato all’analisi descrittiva del campione d’imprese utilizzato nella ricerca. Nel settimo paragrafo si mostrano i
risultati dell’indagine. L’ultimo paragrafo, infine, contiene alcune riflessioni
conclusive.
2. Il mercato del credito bancario italiano durante la crisi e cenni di letteratura
L’attuale periodo di crisi ha coinvolto anche (soprattutto) l’economia italiana, che già mostrava un sistema produttivo con elementi di debolezza e
fragilità, ed ha reso ancora più importante lo studio delle dinamiche sulle
imprese derivanti dal mercato del credito bancario. Le imprese locali, infatti,
già da alcuni anni erano caratterizzate per un forte indebitamento, soprattutto finanziario, scaturente dalla relativa facilità di accesso al credito bancario
vissuto nello scorso decennio (Accetturo et al., 2011). L’esposizione bancaria
e il peso degli oneri finanziari sono sempre stati delle sfavorevoli peculiarità
delle imprese italiane (De Socio, 2010) e questo sia nei confronti di altri Paesi
europei sia nel confronto con anni precedenti. La summenzionata fragile configurazione del capitale aziendale ha provocato delle tensioni finanziarie sin
dall’inizio della crisi economica evidenziando da subito tutti i riflessi negativi
sulle stime delle insolvenze e sulla contrazione dei flussi di reddito che, poi, ha
generato il noto effetto domino di un rallentamento generale dell’economia,
in ogni suo aspetto (Gaiotti, 2011).
Proprio per dissipare ogni tipologia di dubbio sulle cause e sugli effetti del
mercato del credito, già da diversi anni si è sviluppato un crescente filone di
letteratura volto a studiare l’andamento dell’offerta e della domanda di credito. I primi studi sono partiti ed hanno ruotano attorno alle Banche Centrali
di alcuni Paesi per rispondere a delle finalità pratiche e specifiche in un’ottica di politica monetaria. In seguito le analisi hanno coinvolto anche aspetti
microeconomici. I risultati delle diverse indagini svolte in questi ultimi anni
hanno mostrato come il mercato del credito bancario sia stato influenzato
contemporaneamente da diversi fattori sia per quanto riguarda la domanda
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delle imprese sia sul piano dell’offerta di credito. Dopo tutto, ancora oggi,
non è agevole comprendere le dinamiche del mercato dei prestiti bancari o il
relativo peso dei fattori che influenzano la domanda e l’offerta (Panetta, 2002
e Muscettola, 2015b).
Precedenti studi econometrici sono stati svolti in Italia sui prestiti bancari.
Essi hanno ipotizzato, per facilità di analisi, una curva di offerta perfettamente
elastica ed un mercato del credito dipendente esclusivamente dalla domanda e
dal prezzo di equilibrio (tasso). I lavori sono basati su modelli VAR, come l’indagine di Focarelli e Rossi (1998) e di Fanelli e Paruolo (2003). Disegnando
le curve di offerta come rette orizzontali, gli autori presumono che le banche
siano disposte ad erogare tutto il credito richiesto in dipendenza del tasso di
interesse, subordinato, a sua volta, ad un tasso di politica monetaria, ad un
premio per il rischio e ad un prezzo di mercato. Chiades e Gambacorta (2004)
ipotizzano anche che le variazioni del tasso di interesse sui prestiti possano
sempre essere ricondotte al lato dell’offerta di credito definendo la domanda
meno capace di influenzare il prezzo di equilibrio.
Una curva di offerta di credito bancario inclinata positivamente, invece, è
stimata da Casolaro e Gambacorta (2005), anche se essi studiano nello specifico l’andamento delle curve di domanda e offerta di credito con riferimento
al mercato dei prestiti per famiglie. Per essi, quindi, l’offerta di credito delle
banche aumenta all’aumentare del tasso interno di rendimento degli stessi
prestiti.
Per quanto riguarda il mercato dei prestiti alle aziende è significativo il
lavoro di Casolaro et al. (2006), partendo dalle basi tracciate dal precedente
studio di Calza et al. (2003), che studia le dinamiche macroeconomiche delle
variazioni riscontrate nel mercato del credito bancario. Essi hanno dimostrato
empiricamente un legame di proporzionalità diretta tra il credito bancario e
le attività immobilizzate delle imprese ed un rapporto diretto più che proporzionale tra il credito bancario ed il rapporto tra gli investimenti fissi ed
il margine operativo lordo aziendale. Dall’altra parte essi comprovano anche
una proporzionalità inversa tra i tassi di interesse ed il credito bancario. Il
credito bancario è calcolato come stock di capitali erogati dalle banche. In
questo senso, presupposto che la curva di domanda di credito è negativamente inclinata mentre la curva di offerta è positivamente inclinata, gli autori
inducono a pensare che per variazioni di tasso sia più forte la spinta positiva
della domanda rispetto al minor vigore dell’offerta, con un risultato finale che
vede un livello di credito erogato maggiore in condizioni di tassi in discesa.
Passando al fenomeno del razionamento del credito in tempi di crisi, le
recenti indagini e le rilevazioni econometriche sono prevalentemente d’accor46
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
do nell’attribuire il maggiore fenomeno del rallentamento delle erogazioni di
credito bancario dell’ultimo periodo a fattori dipendenti più dalla domanda
che dall’offerta2 (Bonaccorsi et al., 2003). Tra le cose più condivise, infatti, c’è
sicuramente l’evidente riflesso negativo sulla domanda di credito bancario,
da parte delle imprese, provocato dalla riduzione degli investimenti aziendali. Nello specifico il più rilevante elemento condizionante dipenderebbe
proprio dalla diminuzione del fabbisogno finanziario provocato, a sua volta,
dalla decelerazione degli impieghi produttivi delle imprese3. Il calo dei redditi
e dei volumi ha infatti condotto le imprese a ridimensionare le prospettive
di sviluppo, cercando innanzitutto di salvaguardarsi dai rischi di questo momento, piuttosto che approvvigionarsi per maggiori livelli di vendita o avviare
nuovi progetti in infrastrutture e macchinari. Dall’altra parte sono aumentate
le richieste delle imprese alle banche per il sostegno del capitale circolante, a
causa di cicli monetari più lunghi, e le richieste di ristrutturazione del debito.
Sul piano dell’offerta, le tensioni dal lato della liquidità bancaria hanno
provocato un rafforzamento dei sistemi di selezione del credito ed un inasprimento delle condizioni complessive. Nello specifico, poi, si riscontra un
aumento della dispersione dei tassi applicati alle imprese (Vacca, 2011) con
l’applicazione più critica di politiche di pricing da parte degli istituti di credito; questo anche da parte delle banche di minore dimensione (Angelini et
al., 1998).
Per quanto riguarda la presente analisi, essa ricopre anche gli anni 2007
e 2008, quando si sono verificati degli shock dei mercati finanziari che hanno avuto delle dirette ripercussioni nell’offerta di credito delle banche italiane (Bonaccorsi e Sette, 2012). A seguito di forti turbolenze, che hanno reso
più complesso alle banche approvvigionarsi sul mercato interbancario, o per
il panico circa l’inadeguatezza patrimoniale delle banche dopo il fallimento
di Lehman Brothers, gli intermediari hanno ridotto il sostegno alle imprese.
Questo fenomeno è letto con una maggiore reattività da parte delle banche
meno capitalizzate o con strutture della raccolta e della liquidità meno profittevoli4.
2
Tra le metodologie più adoperate, per valorizzare il peso della domanda e dell’offerta di credito in un territorio,
c’è l’utilizzo di un approccio vettoriale all’analisi dei fattori. Le implicazioni teoriche e le mutevoli condizioni
delle variabili, infatti, determinano la necessità di adoperare un Error Vector Correction Model per identificare
le relazioni di lungo periodo tra gli aggregati macroeconomici.
3 La maggior parte degli studi che ha esaminato l’andamento della quantità di prestiti nel tempo ha generalmente
condiviso la prevalenza degli effetti della domanda nel mercato del credito. Almeno per quanto riguarda gli
aggregati di lungo periodo (Hulsewig et al, 2006), esiste una diretta relazione tra domanda di credito e crescita
del credito verso le famiglie ed imprese.
4 I risultati del lavoro di Bonaccorsi e Sette sono imputabili a due periodi attigui con moventi dissimili ma con
conseguenze riconoscibili sempre sull’offerta di credito. Nella seconda metà del 2007 le difficoltà delle banche
sono da ricercare soprattutto nell’accesso alla raccolta interbancaria non garantita. Nel 2008, per i timori circa
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Contrariamente a molte tesi, però, negli ultimi anni non si ravvede il fenomeno di credit crunch per le imprese italiane, ad eccezione di alcuni brevissimi
periodi, verificando, dall’altra parte, un’accresciuta propensione del sistema
bancario di continuare a dare credito. In questo senso, si chiarisce che non
esiste una descrizione univoca di “credit crunch” ed in questo saggio si deve
intendere per esso la significativa contrazione dei prestiti bancari ai residenti
che non rispecchia una relativa diminuzione della domanda o l’acutizzazione
proporzionale del rischio di insolvenza ma scelte e vincoli interni alle stesse
banche5. L’intensità creditizia, infatti, rapportata al PIL generato ha subito
una brusca decelerazione ma, tuttavia, non è scesa (Di Giulio, 2009), se non
in alcuni brevi periodi del 2013. Da questa affermazione è possibile concludere che il razionamento del credito alle imprese, in tempi di crisi, è stato
meno ampio in rapporto all’andamento del ciclo economico. Sul piano della
qualità del credito erogato, invece, Albertazzi et al. (2010) dimostrano che in
periodi di crisi come questo attuale il maggiore razionamento del credito lo
subisce l’impresa piccola. Il credito perso per la minore offerta delle banche
con minore capitalizzazione è solo in parte compensato dalle banche più patrimonializzate mentre in modo quasi generalizzabile è chiaro che decresce il
sostegno finanziario alle imprese finanziariamente più fragili (Abareto e Russo, 2012).
Dopo questo quadro di massima, gli altri fattori capaci di influenzare l’offerta di credito delle banche possono essere racchiusi in tre gruppi di cause:
situazioni di bilancio interne alle banche, modifiche delle prospettive economiche del territorio, variazioni dell’avversione al rischio. Come affermano Del
Giovane et al. (2010) l’alterazione dei criteri di offerta del credito, derivante
da una qualunque causa, si riflette entro sei mesi in una collegata variazione
nello stesso verso del tasso di crescita degli impieghi.
Ripercorrendo quanto descritto nei bollettini di Banca d’Italia e nelle indagine condotte per i report semestrali effettuate sempre dalle unità di ricerca
economica territoriale riconducibile alla Banca d’Italia (Regional Bank Lending Survey RBLS6) l’offerta del credito negli ultimi periodi ha presentato un
l’adeguatezza del capitale delle banche e per altre agitazioni sui mercati della raccolta, è stata soprattutto la bassa
redditività degli intermediari ad influenzare negativamente le condizioni di offerta. In un caso o nell’altro la
curva di offerta di credito è diventata meno elastica rispetto alle altre variabili.
5 In questo senso, per esserci credit crunch, l’offerta di prestiti alle imprese deve diminuire più velocemente del
fabbisogno finanziario e del PIL italiano. Riprendendo la definizione di Bernanke e Lown (1991), in caso di credit crunch c’è una traslazione verso sinistra della curva di offerta di credito bancario, a parità di tasso di interesse
reale e di merito di credito dei potenziali debitori .
6 L’indagine, partita nel 2003, è condotta dalle Banche Centrali nazionali dei paesi dell’Unione Europea in collaborazione con la BCE. L’indagine mostra sia i fattori che condizionano l’offerta di credito, e i termini e le
condizioni praticate alla clientela, sia l’evoluzione della domanda di credito con i connessi particolari.
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L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
graduale irrigidimento7 con delle contrazioni più evidenti nel Mezzogiorno,
per le imprese giudicabili più rischiose e per tutte le imprese edili. Al rallentamento economico si sono aggiunte altre sfavorevoli condizioni come la
caduta dei consumi e degli investimenti, le turbolenze dei mercati dei capitali
ed il crollo del comparto immobiliare. Tutto ciò ha, come un circolo vizioso,
danneggiato ulteriormente il merito di credito del portafoglio clienti delle
banche accentuando da una parte le tensioni patrimoniali e finanziarie delle
stesse banche e, dall’altra, allungando e dilatando gli effetti negativi della crisi
(Bernanke et al., 1996).
Quanto sinora affermato è amplificato in Italia, in un sistema finanziario
banco-centrico, dove comunemente le imprese ricercano dalle banche i maggiori capitali per le proprie attività. Per quanto riguarda, invece, i fenomeni
concernenti l’offerta, le banche italiane, diversamente da altri Paesi, hanno
risentito in minore misura degli effetti della crisi finanziaria e di liquidità che
ha investito le grandi banche americane. La ventata di instabilità del mercato
bancario internazionale, infatti, proprio perché le banche italiane sono comunemente rimaste ferme ad attività più tradizionali, non ha provocato gravi
ripercussioni nell’offerta del credito nazionale.
3. Campione di analisi
Con l’ausilio di un vasto campione di aziende, con relativi bilanci di esercizio consecutivi e non abbreviati dal 2006 al 2010, fornito da Crif Spa, s’intende discutere empiricamente le ipotesi presentate nell’introduzione.
Le aziende analizzate sono imprese PMI con un fatturato compreso tra i 5
e i 50 milioni di euro ed operative nel territorio nazionale da almeno 8 anni.
Al fine di bilanciare il campione nel modo più equilibrato possibile, si sono
estratti dal campione globale8 7.548 aziende con le caratteristiche espresse in
Tabella 1.
7
8
La domanda di nuovi finanziamenti delle famiglie è attualmente stabile essendoci un bilanciamento tra l’ascesa
del credito al consumo e la riduzione dei mutui ipotecari.
I bilanci di esercizio dal 2006 al 2010 sono stati forniti da Crif Spa. Per quanto riguarda la creazione del modello
statistico, le operazioni preliminari sul dataset, la creazione degli indici finanziari, la scelta degli outliers e la
riclassificazione di bilancio si deve fare riferimento unicamente all’autore.
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Tabella 1- descrizione del campione adoperato
DATASET
INTERO
IMPRESE
IMPRESE
CAMPIONE
INSOLVENTI
SANE
NR
%
NR
%
NR
%
IMPRESE PRODUTTIVE
4.057
53,75
166
4,09
3.891
95.91
IMPRESE COMMERCIALI
3.491
46,25
106
3,03
3.385
96,97
NORD ITALIA
4.446
58,90
160
3,60
4.286
96,40
CENTRO ITALIA
1.826
24,19
64
3,50
1.762
96,50
SUD ITALIA
1.276
16,91
48
3,76
1.228
96,24
INTERO CAMPIONE
7.548
100.00
272
3,60
7.276
96,40
Sono escluse dall’analisi, e quindi dal campione, le imprese edili, agricole,
finanziarie e di servizi. Sono state altresì escluse tutte le imprese pubbliche o
con partecipazioni pubbliche e le imprese che hanno mostrano delle compartecipazioni rilevanti in altre aziende o, dall’altra parte, dipendenti da una
società controllante. Non sono state considerate, ancora, tutte le aziende che
hanno evidenziato, leggendo l’andamento dei bilanci nel corso degli ultimi
quattro anni, delle fluttuazioni importanti (variazioni oltre il 15% rispetto
all’anno precedente o in media su quattro anni) nel volume delle vendite, nei
redditi o nelle macrovoci principali dello Stato Patrimoniale. Le suddette restrizioni hanno lo scopo di ottenere un campione di imprese sufficientemente
omogeneo per attività, dimensioni e potenzialità. In questo modo è stato possibile confrontare le imprese di cluster geografici differenti con più oggettività.
Le imprese analizzate, di conseguenza, apparterranno al gruppo delle imprese manifatturiere o al gruppo delle imprese commerciali. Lo scopo di questa scelta (Muscettola & Naccarato, 2013) rientra nella volontà di distinguere
nell’analisi empirica, all’interno del campione di analisi, le imprese che esercitano un’attività prettamente produttiva dalle imprese commerciali9.
All’interno del campione adoperato sono state comprese anche 272 imprese che si sono rese insolventi nel corso degli anni di analisi. Sono definite
imprese insolventi (Muscettola & Pietrovito, 2012a) le società su cui è stato
riscontrato un default oggettivo come da spiegazione del “Nuovo Accordo sui
requisiti minimi di capitale” firmato a Basilea, meglio noto come Basilea II10.
9 Si nota facilmente, infatti, che le imprese manifatturiere, nel confronto con le imprese commerciali, hanno
generalmente necessità di una quantità maggiore di investimenti ed infrastrutture e, quindi, maggiori fabbisogni
finanziari ricorrendo di conseguenza a maggiori debiti per sostenere il più pesante ciclo produttivo (Muscettola
2014d).
10 Questa definizione è più ristrettiva rispetto a quella generalmente applicata a modelli di rating delle banche
poiché aperta anche al giudizio soggettivo degli stessi intermediari. Per il nostro modello, invece, una società è
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L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
La presenza nello studio anche delle imprese che si sono rese insolventi non
ha generato difformità nelle osservazioni statistiche e nei risultati dell’indagine11. Per tale motivazione, al fine descrivere un campione maggiormente
rappresentativo del territorio italiano, si sono comprese nello studio anche
queste aziende.
4. Metodologia
Partendo da alcuni dei lavori più significativi in letteratura sull’argomento
e dagli studi citati di Calza et al. (2003), Casolaro et al. (2006) e Panetta e
Signoretti (2010), oltre che dalle premesse teoriche di Soresen et al. (2009), si
costruisce una cartografia dell’Italia al fine di distinguere le provincie italiane
in base all’intensità della domanda di credito da parte delle aziende locali rispetto all’offerta delle banche.
Per fare ciò si sono utilizzate otto variabili che hanno effetti più o meno
diretti sulla curva della domanda di credito e otto variabili, invece, che hanno
conseguenze sull’offerta di finanziamenti bancari. Ad ogni provincia, e per
ognuna delle sedici variabili, è stato attribuito un punteggio, da 1 a 8, in
relazione al percentile di posizionamento della stessa provincia nel confronto
nazionale. La somma di tutti i punteggi ha fissato un ranking globale di domanda e di offerta di credito per ciascuna provincia italiana. Per classificare
in senso ordinale le provincie italiane si definisce la forza della domanda di
credito bancario come la differenza tra i summenzionati due risultati (domanda meno offerta). In questo modo è stato distinto il territorio italiano in otto
fasce equamente distribuite in considerazione del mercato del credito locale
(l’area “1” è risultata la zona con la minore forza della domanda di credito
rispetto all’offerta mentre nell’area “8”, viceversa, si è riscontrato il maggiore
vigore della domanda di credito richiesto alle banche).
Si premette che alcune di queste variabili hanno certamente effetto diretto
sulla curva di domanda o di offerta di credito. Altre, invece, determinano un
impatto solo relativo o un effetto indotto da altri fattori. Riconoscere con
esattezza le origini dei mutamenti delle curve o i prezzi di equilibrio del mercato del credito è abbastanza arduo giacché i fattori elencati, in modo quasi
considerata come default-grade se in Centrale dei Rischi è segnalata l’esistenza di crediti scaduti da oltre tre mesi
senza la possibilità di inserire ulteriori dati soggettivi.
11 L’analisi è stata ripetuta senza le imprese in default, immaginando che esse potessero essere portatrici di elementi
distorsivi, con una palese scarsa redditività e diverse dinamiche finanziarie, senza modifiche di rilievo nei risultati finali.
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generalizzabile, possono variare simultaneamente generando spostamenti in
sensi contrastanti che si annullano. L’esempio dell’attuale crisi economica,
infatti, conduce ad una riduzione degli investimenti produttivi, da una parte, e un aumento dell’avversione al rischio delle banche, dalla parte opposta.
L’effetto finale dei due avvenimenti dipenderà dalla specifica forza relativa dei
fenomeni che, qualora siano di potenza uguale, potrebbero lasciare l’equilibrio di mercato di credito invariato.
Quello che in questa sede interessa maggiormente, resta la suddivisione
delle provincie italiane partendo esclusivamente da un confronto interno. In
altre parole, in questa fase, pur non riuscendo a comprendere perfettamente
il mercato del credito italiano, resta comunque possibile catalogare in cluster
ogni provincia italiana in base alla forza della domanda di credito rispetto
all’offerta, tenendo come riferimento e parametro univoco le altre provincie.
5. Cartografia dell’Italia in base all’incidenza della domanda di credito
sull’offerta delle banche
I fattori che contribuiscono a formare la domanda di credito nel nostro
sistema parametrico sono espressi nella seguente tabella:
Tabella 2 - Fattori impiegati per costruire la curva di domanda di credito bancario per le
imprese suddivise per provincia.
DOMANDA DI CREDITO BANCARIO
FATTORE
IMPATTO
FONTE
1
Fabbisogno finanziario (differenziale tra nuovi
investimenti e autofinanziamento)
POSITIVO
Elaborazioni su dati Cerved, Unioncamere,
Banca d’Italia e nostro campione CRIF Spa
2
Costo del credito
NEGATIVO
Banca d’Italia - Economie regionali12
3
Consumi finali effettivi interni
POSITIVO
Banca d’Italia - Bollettino economico13
4
Investimenti fissi lordi / PIL
POSITIVO
Banca d’Italia - Bollettino economico
5
Numero di imprese affidate in relazione al numero di
aziende presenti
NEGATIVO
Elaborazioni su dati Istat14 e Banca d’Italia
6
Dilatazione del ciclo monetario (allungamento della
dilazione media dei crediti ai clienti)
POSITIVO
Elaborazioni Banca d’Italia su dati Centrale
Bilanci15
7
Rapporto tra credito “a revoca” utilizzato e credito
accordato.
POSITIVO
Banca d’Italia - Rapporto di Centrale Rischi16
8
Credito utilizzato medio per impresa
NEGATIVO
Banca d’Italia - Rapporto di Centrale Rischi
52
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
Prima di ogni cosa, la domanda di credito bancario delle imprese è una
funzione dipendente dal fabbisogno finanziario aziendale influenzato, a sua
volta, dalla differenza tra i nuovi investimenti produttivi e l’autofinanziamento17. A tal proposito si nota come il fabbisogno finanziario medio delle
aziende di alcune provincie dipenda soprattutto dalla prima variabile (nuovi
investimenti), come nelle provincie delle Marche e dell’Abruzzo o, invece,
da uno scarso apporto della seconda variabile (autofinanziamento), come in
diverse provincie siciliane e calabresi o, per esempio, come prominente nella
provincia di Foggia.
Come affermano Kale e Shahrur (2007), la richiesta di credito dipende
anche dai tassi di mercato18, ritenendo questo parametro un fondamentale
incentivo (o disincentivo) nell’economia interna di ogni azienda. Alcuni studiosi (Friedman e Kuttner, 1992) includono nei fattori che influenzano la
domanda anche il costo ed il rendimento di investimenti alternativi al fine di
spiegare, come per l’offerta di credito, il costo opportunità delle imprese nel
farsi finanziare dalle banche. La ripartizione delle provincie, in questo, segue
perfettamente l’aspetto geografico dell’Italia. In altre parole è facilmente documentabile che i tassi medi più bassi siano assegnati ad imprese del Nord Est
d’Italia mentre spread nettamente più alti sono rilevabili tra le imprese della
Calabria, Sicilia, Campania e Molise come testimoniano i report annuali o i
bollettini periodici della Banca d’Italia.
Entrano come coefficienti della funzione della domanda di credito azien12 La serie “Economie Regionali” di Banca d’Italia è una pubblicazione che ciclicamente svolge studi sulle
condizioni e sulla struttura economica e finanziaria delle economie locali. Contestualmente sono anche
pubblicati i risultati dell’Indagine condotta dalla Banca d’Italia su un campione di circa 400 banche e relativa alle condizioni di offerta e domanda di credito.
13 E’ la principale pubblicazione, di cadenza trimestrale, di analisi della congiuntura e della politica economica della Banca d’Italia. Essa fornisce anche informazioni sull’andamento dell’economia italiana, sull’attività delle banche e sui mercati finanziari.
14 Le fonti Istat si riferiscono principalmente a “Istat, Conti economici nazionali”, “Istat, Struttura e competitività del sistema delle imprese industriali e di servizi” e “Istat, Rapporto annuale. La situazione del Paese
nel 2010”.
15 Centrale dei Bilanci è una società interbancaria costituita nel 1983 su iniziativa della Banca d’Italia, dell’Abi e
delle principali banche italiane allo scopo di promuoverne lo sviluppo dell’analisi finanziaria mediante la raccolta e l’elaborazione dei dati di bilancio delle imprese italiane.
16 I dati sono desunti dalle “Statistiche Monetarie, Bancarie e Finanziarie” della Banca d’Italia. Le informazioni relative alle “Statistiche creditizie provinciali” sono incluse nella “Base Dati Statistica” (BDS)
nell’ambito delle “Tavole mensili del Bollettino statistico”. Queste sezioni raccolgono le statistiche monetarie, bancarie, di mercato finanziario e dei conti finanziari con elaborazione dei dati di Centrale dei Rischi.
17 I nuovi investimenti sono stati calcolati come variazione in aumento degli investimenti fissi lordi, incluso le
scorte, su dati elaborati da fonte Cerved, Unioncamere ed il nostro stesso database mentre l’autofinanziamento,
calcolato su dati elaborati provenienti dalle stesse fonti summenzionate, è calcolato come differenza tra il valore
aggiunto e il costo del lavoro, gli oneri e proventi finanziari e gli altri oneri extra-caratteristici.
18 Casolaro et al (2005), nella funzione della curva di domanda di credito, identificano come costo del credito il
differenziale tra i tassi bancari applicati nel breve termine e l’euribor 3 mesi.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2 / 2015
53
MARCO MUSCETTOLA
dale anche degli aspetti legati all’andamento dell’economia locale. In questo
senso si è aggiunta una variabile capace di sintetizzare la capacità dei consumi,
internamente ad ogni provincia. Questa variabile è desunta dai bollettini della
Banca d’Italia e descrive bene un’Italia a due velocità: nell’Italia Meridionale
c’è una percentuale di consumo che supera il 100% del valore della produzione prodotta diversamente dalle zone dell’Italia Settentrionale con una produzione superiore alla quota consumata.
Un altro coefficiente in grado di distinguere le provincie italiane in considerazione dell’economia locale è il rapporto tra investimenti (fissi lordi) e
Pil prodotto. Diversamente dalla precedente variabile, però, meno chiara è la
ripartizione regionale tra investimenti fissi lordi e Pil proprio perché in alcune
zone, ad esempio Puglia e Calabria, è il denominatore del rapporto (Pil basso)
che fa aumentare questo indicatore, piuttosto che i forti investimenti produttivi aziendali (numeratore del rapporto). Anche questo fattore presumibilmente incide positivamente sulla domanda di credito bancario per le imprese.
Un’altra variabile presa in considerazione nella costruzione della domanda
di credito è la numerosità delle imprese affidate dal sistema bancario locale rispetto alla quantità di società attive nella provincia. In questo caso è possibile
notare come le imprese del Trentino Alto Adige, del Friuli o dell’Emilia Romagna siano quelle con una numerosità di imprese affidate maggiore rispetto
alla Basilicata, alla Calabria o alla Campania che si contendono gli ultimi
posti. In questo senso si presume un impatto inversamente correlato tra questa frequenza di imprese affidate e la domanda di credito. In alcune zone del
Sud Italia restano non assistite dal sistema bancario anche oltre il 60% delle
imprese. Questo fenomeno può esprimere una chiara difficoltà di accesso al
credito delle imprese locali (domanda di credito che non trova una pari offerta
bancaria disponibile nel concedere credito).
Un effetto positivo sulla richiesta (domanda) di credito bancario da parte delle imprese, invece, è riscontrabile dalla lunghezza del ciclo monetario
aziendale. In altre parole maggiore è la dilazione media concessa dalle imprese ai propri clienti (crediti commerciali) o la giacenza media delle scorte in
magazzino prima delle vendite (rimanenze) maggiore è il gap che le aziende
devono sostenere con fondi propri e, soprattutto, con capitali di terzi (affidamenti bancari)19.
Completano il quadro della domanda di credito due variabili desunte da19 È chiaro che un’impresa, per non interrompere il ciclo produttivo e commerciale, non può attendere di incassare
i crediti delle vendite prima di iniziare un nuovo ciclo. Allora, maggiore è il cash conversion cycle, cioè la differenza tra la somma dei giorni medi di incasso dei crediti commerciali e dei giorni medi di permanenze delle scorte
con i giorni medi di pagamento dei debiti ai fornitori, tanto maggiore sarà il fabbisogno finanziario da colmare
(Muscettola, 2014a) e, di conseguenza, maggiore saranno le richieste di sostegni finanziari.
54
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
gli estratti di Centrale dei Rischi di Banca d’Italia20. Il rapporto tra credito
utilizzato e credito accordato21 evidenzia che in Sardegna, Sicilia e Calabria le
imprese adoperano mediamente i crediti in conto corrente per oltre l’84% dei
limiti accordati contro alcune provincie del Lazio e del Piemonte che riescono
a rimanere sotto la soglia del 70%.
Anche l’andamento del credito medio accordato alle imprese contribuisce
alla funzione di domanda di credito ma, in questo caso, in modo inversamente proporzionale. Si suppone, a riguardo, che le imprese maggiormente
affidate dal sistema bancario locale abbiano una domanda di credito inferiore
nel confronto con imprese il cui taglio medio di affidamento è posizionato
su livelli più bassi. Dalle statistiche si nota che le imprese della Lombardia
hanno un affidamento medio maggiore rispetto alle imprese di altre regioni e,
questo, è riscontrabile sia in rapporto alla numerosità delle imprese residenti
sia rispetto alle sole imprese affidate22. Il taglio medio di affidamento bancario
(PMI), infatti, è superiore ai 600.000 euro per le imprese di Lodi contro la
media delle imprese molisane, ad esempio, che non supera i 155.000 euro.
Nella successiva tabella si elencano i fattori presi in esame che, invece, influenzano l’ammontare di offerta di credito bancario provinciale.
20 I dati sono stati estratti dalla Base informativa pubblica sul sito di Bankitalia
21 Da quando sono entrate in vigore presso tutte le banche italiane le commissioni sulla messa disposizione fondi
o le spese di istruttoria dei fidi, questa variabile è ascrivibile più ai fattori di domanda di credito che di offerta.
22 Anche se il confronto interregionale è stato verificato a parità di tipologia di impresa (in questo caso PMI), tale
fattispecie deve comunque essere rivista in considerazione della maggiore dimensione media delle imprese del
Nord Italia. Nello specifico ricordando che una PMI è definita come un’impresa con un fatturato da 2 a 50 milioni di euro o un totale attivo da 2 a 43 milioni di euro si comprende bene che all’interno di questa definizione
vi è una eterogenea presenza di imprese di disparate dimensioni. All’uopo le PMI con fatturati maggiori sono
residenti al Nord Italia e, di conseguenza alle maggiori dimensioni degli attivi, anche i sostegni finanziari relativi
seguono proporzionalmente la maggiore estensione aziendale (Muscettola, 2015a).
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2 / 2015
55
MARCO MUSCETTOLA
Tabella 3 - Fattori impiegati per costruire la curva di offerta di credito bancario per le imprese suddivise per provincia.
OFFERTA DI CREDITO BANCARIO
FATTORE
IMPATTO
FONTE
1
Rapporto tra il numero di dipendenti bancari
ed il numero di aziende
POSITIVO
Elaborazioni Banca d’Italia su Archivi anagrafici
degli intermediari23
2
Rapporto tra il numero di dipendenti bancari
e l’accordato totale delle aziende locali.
POSITIVO
Elaborazioni Banca d’Italia su Archivi anagrafici
degli intermediari
3
Quote di mercato in possesso delle banche
(indice di concentrazione HHI24)
POSITIVO
Elaborazioni Banca d’Italia su Segnalazioni di
vigilanza25
4
Avversione al rischio (rapporto tra i prestiti garantiti
ed il totale dei prestiti + costi di provvista
e vincoli di bilancio delle banche)
NEGATIVO
Elaborazioni Banca d’Italia – Rapporto di
Centrale Rischi
5
Eccesso di offerta (Tasso di decadimento
dei finanziamenti per cassa e rapporto
tra numero affidati e nuove sofferenze)
NEGATIVO
Elaborazioni Banca d’Italia – Rapporto di
Centrale Rischi
6
Costo opportunità (differenziale
tra tassi medi e rendimenti alternativi)
POSITIVO
Elaborazioni Banca d’Italia su dati Centrale
Bilanci
7
Credito accordato medio per impresa
POSITIVO
Elaborazioni su dati Istat e Banca d’Italia
8
Rapporto tra credito totale accordato e Pil
POSITIVO
Elaborazioni su dati Istat e Banca d’Italia
Per identificare la forza dell’offerta di credito, le provincie italiane sono
state enumerate innanzitutto in considerazione di alcuni fattori concernenti
la concentrazione degli sportelli bancari sul territorio, sia come rapporto tra
dipendenti bancari e credito utilizzato sia come indice di Herfindahl-Hirscaman (HHI) relativo alla concentrazione di impieghi bancari alle imprese. In
23 I dati sono desunti dalle informazioni sull’intermediazione creditizia presenti nei Bollettini Statistici di banca
d’Italia nella sezione “Dati territoriali sul credito, la finanza e i tassi di interesse bancari”.
24 L’indice utilizzato per misurare il grado di competizione sul mercato del credito è l’indice di concentrazione
di Herfindhal-Hirschman (HHI) sugli sportelli, calcolato come la somma dei quadrati delle quote di mercato
detenute da ciascun banca.
25 I dati sono tratti dalle segnalazioni statistiche di vigilanza richieste dalla Banca d’Italia alle banche. I dati sulla
concentrazione degli istituti di credito sono espressi nella I sezione della Matrice e riassunti nei Bollettini Statistici di Banca d’Italia e, nello specifico dell’indice di concentrazione, in “Economie Regionali” di Banca d’Italia.
L’indice per il mercato dei prestiti alle imprese è calcolato su base regionale; quello per i prestiti alle famiglie è
calcolato su base provinciale.
56
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
Trentino o in Friuli Venezia Giulia ci sono più di otto sportelli bancari ogni
1.000 aziende mentre per il primato della numerosità dei dipendenti bancari,
svettano alcune provincie lombarde a partire da Milano. Anche in relazione
al credito medio utilizzato dalle imprese la numerosità maggiore è attribuibile
alle provincie lombarde, seguite dal Piemonte. Sull’altro fronte, si nota come
le provincie calabresi abbiano la minore numerosità di sportelli bancari in
rapporto alle imprese (a Crotone 2 sportelli ogni 1.000 aziende). Una bassa
presenza sul territorio di banche è attribuibile anche alla provincia di Aosta,
di Isernia e di Matera che hanno, ad esclusione di Aosta, anche la minore numerosità di dipendenti bancari in relazione al credito accordato. Le provincie
calabresi, seguite dalle già citate provincie della Basilicata e del Molise, hanno
anche la minore numerosità di dipendenti bancari rispetto al numero totale di
aziende, a conferma di un’offerta complessiva di credito bancario meno forte.
Al fine di misurare l’offerta di credito bancario sono stati presi in considerazione anche degli indicatori figuranti la probabile avversione al rischio
delle banche, distinti per provincia26. In questo fattore, che influenza negativamente l’offerta di credito delle banche, rientrano due variabili calcolate
separatamente: la frequenza dei prestiti garantiti (assistiti da garanzie reali o
personali) in percentuale sul totale dei prestiti erogati27 ed i costi di provvista28
dipendenti dai più o meno pesanti vincoli di bilancio delle banche29. Entrambi questi fattori hanno un impatto negativo sulla curva di offerta. È presunta
26 Vedi statistiche di Banca d’Italia. Nello specifico si è fatto riferimento direttamente ai bollettini statisti- ci
trimestrali prodotti dalla Banca d’Italia dove sono esplicitati i dati sul credito distinti per provincia.
27 Panetta e Signoretti nel loro lavoro evidenziano come, soprattutto in termini di variazione rispetto ad un
periodo precedente, la quota dei prestiti garantiti rifletta l’aumento della rischiosità di un territorio conseguenza, a sua volta, del sentimento di avversione al rischio degli istituti di credito.
28 Meno quantificabili sono i costi di provvista distinti per provincia. Facendo riferimento alla Relazione
Annuale di Banca d’Italia 2011, i costi effettivi della raccolta delle banche sono aumentati notevolmente
rispetto al 2006 e i tassi interbancari non sono più un parametro affidabile per misurare il prezzo reale della
provvista. È possibile parametrare il costo di provvista al tasso medio pagato dalle banche sulle e- missioni
di obbligazioni di durata superiore ad un anno e verificare il differenziale con l’euribor 3 mesi. L’AIFIRM
(Associazione Italiana Financial Industry Risk Managers) ha istituito una Commissione di stu- dio della
problematica in esame che ha avviato i lavori a inizio 2013. La Commissione con l’ausilio di al- cune banche italiane ha analizzato nel dettaglio il “costo del funding” verificando il sostanziale costo aggiuntivo sul
tasso “risk free” che incorpora la percezione del maggior rischio da parte degli investitori
29 Per vincoli di bilancio si intendono le vischiosità connesse con la situazione patrimoniale e di liquidità delle
banche che, in modo indiretto, contribuiscono a frenare l’offerta di prestiti perché relativamente più costosi.
Gli intermediari con un minor livello di capitalizzazione o con un peggiore stato di salute hanno maggiori
vincoli di bilancio da rispettare e, di conseguenza, maggiori costi da pareggiare. A seguito dei regolamenti
di Basilea 2 si sono sviluppate tra le banche delle sempre più frequenti strategie di liability management. In
questo modo, con le corrispondenti strategie di asset management, le banche possono gestire le loro passività anche con basse capitalizzazioni. In momenti in cui diverse banche chiedono si- multaneamente i fondi
al mercato, il costo di tali risorse può aumentare anche molto rapidamente e con esso anche la probabilità
di non trovare la disponibilità completa dei fondi stessi. Oltre ai rischi di liquidi- tà per le banche che si
finanziano dal mercato, crescono i costi del funding e, di conseguenza, le stesse banche richiedono maggiori
rendimenti ai prenditori.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2 / 2015
57
MARCO MUSCETTOLA
una minore disponibilità del sistema bancario ad erogare denaro alle imprese
in territori dove risulterebbero aumentati i costi di raccolta o dove si evidenziano maggiori richieste di garanzie. In queste aree le banche, per raggiungere
i livelli di credito bancario del precedente periodo, richiedono delle marginalità maggiori o dei minori rischi nell’affidare le aziende locali.
Sempre nell’ambito dell’avversione al rischio delle banche, l’effetto sull’offerta di credito del tasso di decadimento dei finanziamenti di cassa è sicuramente negativo. In alcune zone d’Italia, infatti, c’è stato un importante e
repentino decadimento della qualità dei finanziamenti erogati a causa di un
generalizzato notching-down delle scale di rating che descrivono la probabilità
d’insolvenza delle imprese. Altre provincie, invece, hanno subito il peggioramento della qualità del credito erogato solo negli ultimi trimestri uniformandosi al trend generale indotto dalla crisi economica e finanziaria mondiale. A
parte i tempi ed i modi si riscopre un massificato peggioramento della qualità
dei crediti erogati che, di conseguenza, è origine della maggiore repulsione ad
erogare ancora credito da parte delle banche. Un impatto negativo sulla curva
di offerta lo ha anche l’altra variabile dello stesso fattore: il rapporto formato
dal numero delle imprese affidate presenti in provincia e le nuove sofferenze.
In questo senso, un indice basso relativo a questa variabile denota un eccesso
di offerta paragonato al rischio di insolvenza.
Tutto quanto sinora prospettato si somma alla variabile che identifica il
costo opportunità di affidare le imprese locali per la banca media presente in
provincia. Come ampiamente descritto in letteratura, tale indicatore è formato dal differenziale tra i tassi medi applicati dal sistema bancario alle imprese
nella provincia di analisi ed il rendimento lordo delle attività prive di rischio30.
Premesso che la concorrenza tra banche e la conseguente forza contrattuale
delle imprese sono tra le maggiori prerogative che formano i tassi bancari in
Italia (Muscettola, 2007), le imprese delle provincie del Sud Italia, come è palesemente noto, scontano i maggiori tassi passivi: questo per diversi fattori che
spesso prescindono l’effettivo rischio d’insolvenza. Le provincie della Liguria,
seguite poi da alcune zone della Toscana, invece, hanno il maggior rapporto tasso medio su rischio mentre, dall’altra parte, certamente sotto la media italiana, le provincie di Trento e Bolzano detengono i minori tassi medi.
Per queste ultime provincie si potrebbe immaginare una minore opportunità
d’investimento delle banche.
30 I dati considerati sono desunti dalle analisi statistiche svolte da Fernandez et al (2013) circa il Market Risk
Premium e il Risk Free Rate. Si considera il tasso d’interesse medio applicato ad affidamenti per cas- sa
di importo fino a 250.000 euro al netto del tasso d’interesse privo di rischio rappresentando una proxy del
mark-up al lordo del premio per il rischio.
58
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
Diversamente da quanto anticipato per la domanda di credito, quando si
è parlato di credito utilizzato, il rapporto tra il credito accordato ed il numero
delle imprese presenti nella provincia (credito medio accordato) determina
un fattore positivo per quantificare la forza dell’offerta di credito bancario.
Le imprese lombarde sono maggiormente affidate rispetto alle imprese della
stessa dimensione presenti in Calabria e Molise. In Veneto, Emilia Romagna o
Trentino l’affidamento medio delle PMI supera i 350.000 euro, in Piemonte,
Toscana o Friuli Venezia Giulia si attesta a circa 220.000 euro, in Puglia o
Campania l’accordato medio si attesta a circa 100.000 euro. Tutto ciò dà l’evidenza di un territorio italiano molto variegato con situazioni imprenditoriali
che spesso differiscono anche in modo lampante.
Al fine sempre di determinare il peso dell’offerta di credito, tra gli indici
più importanti di questo gruppo, sicuramente un peso rilevante lo ha anche il
rapporto formato tra il credito totale accordato alle imprese della provincia ed
il Pil relativo alla stessa area. L’eccesso di offerta di credito, in effetti, potrebbe
comprendersi da tale rapporto influenzato, a sua volta, dal deterioramento
della rischiosità dei debitori (leggibile dall’aumento relativo dei crediti garantiti) con effetti anche sul differenziale tra il tasso minimo e medio applicato ai
prestiti aziendali. Per quanto riguarda il rapporto summenzionato, la provincia di Catanzaro è in assoluto quella che mostra il credito inferiore accordato
alle imprese in considerazione del Pil prodotto all’interno del distretto seguita
dalla provincia di Vibo Valentia, Isernia, Reggio Calabria e Cosenza. Tra le
provincie più note si evidenzia il basso livello di crediti bancari ottenuto mediamente dalle imprese della provincia di Palermo, Taranto e Napoli. Dall’altro lato le provincie lombarde, seguite dalle emiliane, detengono il primato
nel contesto nazionale per avere le imprese normalmente più affidate rispetto
al PIL prodotto. Un’alta posizione di questa classifica è raggiunta anche dalle
provincie di Viterbo, Rovigo, Rieti e Latina.
L’eccesso di offerta, per riflesso, si può leggere anche da alcuni dati macroeconomici che, in un certo senso, scoraggiano le banche locali ad investire
nel proprio territorio. Questi dati ritraggono gli aspetti macroeconomici del
Paese in merito alla produttività (Pil pro-capite), alla criminalità della provincia, al reddito familiare, alla disoccupazione e alla scolarità della popolazione.
Questi indicatori potrebbero contribuire a completare la curva di offerta di
credito bancario anche se, per timore di rendere complesso il conteggio econometrico, in questa trattazione si preferisce evitare di appesantire la funzione
di offerta. Nel sistema parametrico adottato sono state escluse, inoltre, anche
le valutazioni circa le domande di nuovi finanziamenti per ristrutturazioni
aziendali, per fusioni e incorporazioni e per rinegoziazione o consolidamento
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2 / 2015
59
MARCO MUSCETTOLA
del debito anche se molti degli aspetti della crisi economica si ritraggono sia in
aspetti e fenomeni legati alla domanda sia all’offerta di questo tipo di credito.
Per quanto riguarda, infine, l’elasticità delle curve, è più facile immaginare
l’offerta di credito come la curva meno inclinata (più rigida) che trasla verso
l’alto in occasione di un generalizzato deterioramento del rischio di credito
o per problematiche legate ai bilanci aziendali con conseguenze dirette, in
entrambi i casi, sulla restrizione del credito e sulla richiesta delle banche di
maggiori mark-up ai prenditori (Ferri & Pittaluga, 1997).
Figura 1 - Cartografia d’Italia in considerazione dell’impatto della domanda di credito bancario rispetto all’offerta delle banche.
A seguito delle variabili e dei fattori che influenzano la domanda e l’offerta
di credito bancario, si disegna la cartografia dell’Italia che mostra l’intensità della domanda di credito rispetto all’offerta. A tal proposito si nota già
facilmente come l’offerta di credito sia d’impatto maggiore nel Nord Italia
60
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
rispetto al Sud. Le province della zona centrale d’Italia appaiono abbastanza
disomogenee.
6. Analisi descrittiva delle imprese del campione di analisi
In una breve analisi descrittiva si analizza in cluster il campione oggetto
dello studio al fine di verificare le peculiarità più visibili capaci di influenzare
anche il risultato finale. In quest’ottica, dopo aver suddiviso le 7.548 imprese
all’interno delle otto aree in considerazione del mercato del credito bancario
locale, con i seguenti grafici si descriverà la capitalizzazione media dell’impresa italiana, la quota di indebitamento finanziario sul totale delle passività e la
redditività media aziendale.
Il primo grafico (Figura 2) riguarda l’incidenza del patrimonio netto aziendale in percentuale sul totale del passivo iscritto in bilancio. A tal riguardo
non si osservano forti differenze tra gli otto gruppi di provincie, anche se
nell’area 6 e nell’area 7 le imprese produttive hanno mediamente una minore
capitalizzazione aziendale. Per quanto riguarda le imprese commerciali si nota
anche che le aree 3, 6, 7 e 8 hanno le imprese con un patrimonio netto medio
pari a poco oltre il 20% del totale passivo contro le imprese del cluster 1 e,
soprattutto, del cluster 2 dove le imprese risultano mediamente più capitalizzate. In definitiva, le imprese commerciali, con meno capitali propri rispetto
alle imprese produttive, hanno una maggiore mutevolezza nel confronto tra
le aree geografiche.
Figura 2 - Capitalizzazione delle imprese in considerazione del settore e dell’area di appartenenza.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2 / 2015
61
MARCO MUSCETTOLA
Il successivo grafico (Figura 3) rappresenta la quota dell’indebitamento
finanziario medio, sul totale Passivo, delle imprese studiate e suddivise per
area geografica.
Anche in questo caso la suddivisione del campione negli otto cluster, in
base al mercato del credito bancario provinciale, non determina un chiaro
andamento degli istogrammi. Le medie dei debiti bancari, infatti, passano da
quota 25% a circa il 29% del totale delle fonti senza seguire un trend univoco. Nell’area 7 e nell’ara 8 ci sono le imprese manifatturiere maggiormente
indebitate verso le banche e, dall’altra parte, le imprese commerciali meno
assistite dagli istituti di credito locali a conferma della difficile interpretazione
del grafico 3 e dell’assenza di una relazione solida tra i cluster e la quota di
indebitamento finanziario delle imprese.
Figura 3 Indebitamento finanziario medio delle imprese in considerazione del settore e
dell’area di appartenenza.
Per l’analisi della redditività delle imprese risulta interessante analizzare
anche il ruolo svolto dall’economicità (Muscettola, 2014c), ossia l’attitudine
dell’impresa a generare per un periodo di tempo stabile guadagni sufficienti
a remunerare il capitale investito (Sostero e Ferrarese, 2000). Prendendo le
mosse dallo studio di Altman e Sabato (2007) e dalle considerazioni di Dezzani et al. (2003), e annotando gli avvertimenti di De Laurentis e Maino (2009)
sulla eteroschedasticità, si sceglie come rappresentativo della redditività aziendale l’indice formato dal rapporto tra margine operativo lordo e fatturato31.
Anche l’ultimo grafico (Figura 4), che rappresenta la redditività32 delle
31 Questo indice rappresenta la propensione a generare redditi in modo percentuale sui ricavi, e raffigura uno
dei fondamentali indicatori nelle prassi dell’analisi di bilancio (Bartoli, 2008). Esso rientra tra gli in- dicatori di redditività più significativi dell’analisi di bilancio (Roggi, 2008) ed è particolarmente impor- tante
nell’analisi univariata degli indicatori di bilancio, come afferma Lo Martire (2002).
32 La redditività è espressa dal rapporto tra il margine operativo lordo ed il totale dei ricavi dalle vendite.
62
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
imprese in considerazione del cluster di appartenenza, non mostra una particolare disparità tra le imprese, soprattutto per quanto riguarda le imprese
manifatturiere che, infatti, restano in un range di valori molto ristretti. Per
quanto riguarda le imprese commerciali, invece, si può notare una maggiore
redditività per le imprese dell’area 2 contro dei più bassi valori di economicità
per le aree 3, 6, 7 e 8.
Figura 4 - Redditività media aziendale in considerazione del settore e dell’area di appartenenza.
Tutto quanto sopra descritto testimonia l’assenza di una chiara connessione tra i cluster ed il grado di indebitamento aziendale e tra i cluster geografici
e la redditività d’impresa, salvo una lieve minore redditività per le imprese
commerciali operative nelle zone meridionali d’Italia e, sempre tra le stesse
imprese commerciali, un minore indebitamento finanziario. Una generalizzata maggiore capitalizzazione, infine, è attribuibile alle imprese che operano
nelle zone del Nord Italia.
7. Risultati della ricerca
La pressione della domanda di credito delle imprese, rispetto all’offerta
delle banche, è un elemento in grado di influenzare la struttura media del
capitale delle aziende italiane anche se non perfettamente visibile dall’analisi
delle medie delle macro-aree (grafici del precedente paragrafo). L’impatto del
mercato del credito si legge, come si dimostrerà di seguito, più nello spaccato
di ogni singola area piuttosto che come media globale.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2 / 2015
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MARCO MUSCETTOLA
Per dimostrare le tesi di questo lavoro si è suddiviso ognuno dei 16 sotto-campioni adoperato (otto aree per le imprese commerciali e otto aree per
imprese manifatturiere) in 10 cluster in considerazione della distribuzione,
all’interno di ogni sotto-campione, dell’indice formato dal rapporto tra il
margine operativo lordo ed il fatturato. In altre parole si è pensato di attribuire al summenzionato indicatore la qualità della redditività aziendale indicando i più bassi tre decili della distribuzione come la fascia a bassa redditività
e i più alti tre decili come la zona che identifica l’alta redditività aziendale33.
Si precisa che i valori espressi nelle prossime tabelle sono formati da medie
di quattro anni consecutivi. Questa normalizzazione dei dati è stata eseguita
sia per quanto riguarda il valore della redditività aziendale (Mol/Fatturato) sia
per l’indice di indebitamento bancario (Debiti Finanziari / Totale Passivo).
Per evitare, poi, problematiche derivanti dalla variazione di questi indici nel
tempo o dall’eccezionalità di redditività troppo basse o troppo alte si sono
troncate le distribuzioni al primo e al novantanovesimo percentile al fine di
smussare gli effetti degli outliers (Muscettola e Pietrovito, 2012b). In questo
modo sarà possibile valutare con più coerenza ed oggettività la distribuzione
degli affidamenti bancari rispetto alla redditività d’impresa in considerazione
delle aree territoriali distinte per incidenza della domanda di credito rispetto
all’offerta.
Per facilitare la lettura, infine, della tabella 4 e della tabella 5 si è preferito
contraddistinguere le celle con un valore di debiti finanziari sul totale passivo
inferiore a 24% con il colore grigio scuro mentre le celle con un valore dello
stesso indice superiore a 29% con il colore grigio chiaro. In questo modo sarà
più rapida la percezione delle distribuzioni delle imprese maggiormente affidate dal sistema bancario locale o, dall’altra parte le imprese meno sostenute
finanziariamente.
La tabella 4 descrive la distribuzione dell’indebitamento finanziario delle imprese manifatturiere all’aumentare della redditività aziendale. In questo
prospetto, anche grazie alla diversa colorazione delle celle che identificano un
minore grado di indebitamento finanziario, si nota chiaramente che le imprese produttive meno assistite dal sistema bancario locale sono le aziende a bassa
redditività dell’area 6, 7, 8 e, allo stesso modo, le imprese ad alta redditività
dell’area 1, 2 e 3. Dall’altra parte, contraddistinte dalle celle di colore grigio
chiaro, si rileva, meno distintamente rispetto alle aziende maggiormente indebitate, che le imprese affidate in maggior misura dalle banche sono ad alta
33 La scelta sull’indice formato tra margine operativo lordo e fatturato, quale identificatore della redditività aziendale, è ricaduta anche per uniformare i risultati del presente studio con i precedenti lavori presenti in letteratura,
facendo esplicito richiamo al saggio di Casolaro et al (2006).
64
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
redditività e residenti nelle aree 6 e 7 o a bassa redditività nelle aree 2 e 3. Nelle aree centrali 4 e 5 le imprese sono ripartite nei cluster in modo più equi-distribuito non lasciando al lettore della tabella una chiara interpretazione.
Tabella 4 - distribuzione degli affidamenti bancari concessi alle imprese manifatturiere rispetto alla redditività delle imprese manifatturiere in considerazione delle aree territoriali distinte
per incidenza della domanda di credito rispetto all’offerta.
DEBITI
FINANZIARI /
TOTALE PASSIVO
BASSA REDDITIVITA’
MEDIA REDDITIVITA’
ALTA REDDITIVITA’
AREA 1
31,84
28,39
26,94
28,74
28,69
29,77
29,23
26,60
22,68
16,71
AREA 2
28,65
29,12
29,80
26,73
27,29
26,74
28,00
26,37
21,75
15,70
AREA 3
29,43
29,16
27,71
29,04
26,43
28,44
27,38
24,65
19,93
16,29
AREA 4
27,60
27,44
27,14
31,27
27,37
24,72
24,75
26,79
26,79
23,19
AREA 5
26,82
27,95
27,36
30,23
30,22
27,46
26,63
29,13
27,48
24,67
AREA 6
22,97
19,50
24,93
27,05
28,86
25,95
31,63
28,75
29,67
28,00
AREA 7
23,80
22,20
25,84
27,55
30,27
24,02
25,13
34,66
32,24
32,32
AREA 8
23,12
24,49
22,56
32,52
29,64
28,41
28,95
28,34
27,75
29,62
La tabella 5 delinea la distribuzione dell’indebitamento finanziario delle imprese, questa volta commerciali, sempre all’aumentare della redditività
aziendale. In questa rappresentazione è certamente più manifesta la distribuzione delle imprese meno sostenute dalle banche (celle celesti) sistemate nei
cluster che descrivono le imprese a bassa redditività delle aree 6, 7 ed 8 o ad
alta redditività nelle aree 1, 2 e 3.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2 / 2015
65
MARCO MUSCETTOLA
Tabella 5 - distribuzione degli affidamenti bancari concessi alle imprese commerciali rispetto alla redditività delle imprese commerciali in considerazione delle aree territoriali distinte
per incidenza della domanda di credito rispetto all’offerta.
DEBITI
FINANZIARI /
TOTALE PASSIVO
BASSA REDDITIVITA’
MEDIA REDDITIVITA’
ALTA REDDITIVITA’
AREA 1
28,76
29,72
31,97
30,01
27,51
27,63
26,55
23,54
20,22
20,62
AREA 2
27,22
29,61
30,42
28,22
30,30
26,74
26,62
25,19
23,15
16,71
AREA 3
30,96
31,17
32,29
30,27
31,03
26,40
25,71
23,98
19,28
19,34
AREA 4
29,40
26,42
25,94
29,33
26,42
26,43
29,60
26,43
26,57
26,29
AREA 5
28,67
27,16
25,76
31,52
31,84
29,82
28,16
27,72
26,73
25,62
AREA 6
23,23
25,16
26,92
30,25
30,25
28,60
34,56
31,10
29,36
27,80
AREA 7
21,58
20,45
25,09
23,59
25,01
25,68
30,80
27,09
30,69
31,32
AREA 8
22,53
21,36
23,17
25,44
31,44
32,02
27,08
30,24
29,34
29,11
L’osservazione del prospetto rispecchia quanto è stato già enunciato per
le imprese manifatturiere rappresentate nella tabella 4. Più palese è, invece,
la diagonale di celle arancioni, che descrive le imprese commerciali maggiormente esposte finanziariamente. La diagonale collega le imprese a bassa redditività delle prime aree alle aziende con una maggiore redditività media residenti nelle aree 7, 8 e 9.
Prima di riassumere le conclusioni è necessario asserire che nell’indagine
svolta non si è verificata l’ipotesi che le imprese ad alta redditività, quelle
che detengono il maggiore autofinanziamento34, sono anche le imprese meno
indebitate: per logica esse dovrebbero essere quelle che hanno meno bisogno
di capitali dall’esterno, soprattutto se onerosi (Muscettola, 2014b). L’autofinanziamento, infatti, auto-alimenta le fonti interne d’investimento aziendale
mediante i maggiori utili (maggiore redditività) non distribuiti. Nonostante
sia alquanto ragionevole che le imprese con un maggiore Mol, in relazione
al fatturato, abbiano un minore fabbisogno finanziario (Muscettola, 2014e)
e che, quindi, siano meno propense a domandare altro credito alle banche,
quanto rilevato in questo studio smentisce questa supposizione (vedi correlazione positiva tra Mol / Fatturato e Debiti finanziari / Totale Passivo in
tabella 6) spostando i presupposti delle ragioni delle scelte di indebitamento
aziendale su altri piani. Per quanto detto la scelta del grado di indebitamento
va oltre le semplici motivazioni della convenienza economica mentre, dall’altra parte, si sottolinea la rilevanza dell’offerta di credito delle banche come
variabile di peso per le decisioni interne di finanziamento delle imprese. In
34 Capacità dell’impresa di coprire il fabbisogno finanziario ricorrendo alla gestione interna dell’azienda in virtù
degli utili netti conseguiti nell’esercizio al netto delle distribuzioni ai soci.
66
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
altre parole il grado d’indebitamento aziendale deriva anche da motivazioni
riguardanti il mercato del credito locale che, in questo senso, è rilevante per
le scelte aziendali.
A tal proposito si mostra la matrice di correlazione tra alcune delle variabili
descritte nella curva di offerta di credito, la redditività aziendale ed il grado di
indebitamento finanziario delle imprese.
Tabella 6 Matrice di correlazione con le variabili rappresentative l’offerta del credito bancario.
VARIABILI
Debiti finanziari /
Totale Passivo
MOL/ Fatturato
Dipendenti bancari / Numero di aziende
0,3162
0,0610
Dipendenti bancari / Fidi accordati medi
0,0295
-0,1263
Fidi accordati / Numero imprese affidate
0,2109
0,0710
Indice HHI
-0,0906
-0,0669
Tassi medi per affidamenti da 125.000 € a 250.000 €
-0,2002
-0,1407
Credito erogato / PIL
0,2594
-0,0027
Curva di Offerta
0,2786
0,2297
Debiti finanziari / Totale Passivo
0,1648
Da questa tabella si nota come l’offerta di credito sia un fattore determinante nell’indebitamento aziendale sia come dato aggregato sia con i suoi
singoli componenti. È negativa la correlazione tra i tassi di interesse ed il livello medio di indebitamento finanziario delle imprese, a differenza di quanto
dimostrato da Casolaro et al. nel 2006 mentre è positiva la connessione tra la
quota di indebitamento medio delle imprese e la frequenza di dipendenti bancari o l’affidamento medio accordato. È positiva, soprattutto, la correlazione
tra il credito erogato nella provincia in rapporto al PIL dell’area e l’indebitamento aziendale a conferma della forza dell’offerta di credito nel plasmare la
struttura del capitale delle imprese locali.
In questo senso, proprio nelle zone dove l’offerta di credito è maggiore
(area 1, 2 e 3) si nota che al ridursi della redditività aziendale crescono gli
affidamenti bancari. Come se le banche, per impiegare le proprie attività, si
accontentassero di imprese meno profittevoli, da una parte, e le imprese con
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2 / 2015
67
MARCO MUSCETTOLA
maggiore autofinanziamento evitassero questi capitali onerosi.
Dall’altra parte, nelle zone dove la domanda di credito bancario è più forte
(area 6, 7 e 8) e, quindi, l’offerta resta limitata, le imprese maggiormente affidate dal sistema bancario locale sono, al contrario, ricercabili tra le imprese
con una più alta redditività. In questi territori la selezione del credito è più
forte e restano parzialmente estromesse le imprese con meno economicità che,
come visto, detenevano il maggiore sostegno finanziario in altre zone d’Italia.
8. Conclusioni
Da un’inchiesta ISAE-ANBP del 2003 (ISAE, 2003) su circa 4.000 imprese manifatturiere, ad una delle domande, il 10,2% delle imprese del Sud
Italia che avrebbe desiderato un maggiore credito bancario rispondeva di aver
dovuto rivedere i propri piani produttivi limitando, quindi, anche gli aspetti
economici e reddituali a causa di un’offerta di credito insufficiente. Con questa logica, pertanto, si può comprendere come le dinamiche del mercato del
credito locale possano essere degli importanti fattori per la crescita economica
delle aziende (o, di converso, dei decisivi freni per lo sviluppo) le quali, indubbiamente, sono il motore imprescindibile dell’economia di un territorio.
In un sistema finanziario bancocentrico (Ferri e Bongini, 2005) come quello italiano, le imprese devono adeguarsi agli standard richiesti dagli istituti
di credito per l’accesso al credito: l’impresa media si conforma ai parametri
suggeriti dalle banche. In questo senso, l’incrocio delle curve del mercato del
credito implica che in territori dove l’offerta è maggiore rispetto alla carente
domanda di credito le imprese hanno più forza negoziale e le banche si “accontentano” di affidare anche le imprese con uno standing qualitativo e reddituale più basso. Dall’altra parte, in regioni dove la domanda di credito supera
oltremodo le risorse che gli istituti di credito vogliono mettere a disposizione
del territorio, si ritrovano chiare le connessioni, dettate dal sistema bancario
locale, sulla configurazione media dell’impresa che, per accedere al credito,
dovrà mostrarsi maggiormente profittevole.
In questo lavoro si è cercato di dimostrare che, laddove sussistono delle differenze strutturali nel mercato del credito, la configurazione economica media
delle imprese si modifica. Entro i limiti dei dati statistici a disposizione, si è
cercato di valutare gli effetti dell’incidenza della domanda di credito bancario
rispetto all’offerta degli stessi istituti di credito su un indicatore di bilancio
rappresentativo della redditività aziendale. Questo aspetto è diventato più
68
SAGGI
L’intensità della domanda e dell’offerta di credito bancario
come fattore rilevante di classificazione delle imprese
centrale con il fenomeno di razionamento del credito che ha interessato tutte
le aziende italiane in un periodo di crisi economica e finanziaria. L’evidenza
mostra che esistono dei legami tra il mercato del credito territoriale e la redditività media d’impresa.
In definitiva, quindi, dall’analisi svolta, le imprese con una più bassa redditività delle vendite riescono con più facilità ad ottenere il supporto finanziario
dalle banche in territori caratterizzati da un minore impatto della domanda di
credito bancario o, comunque, in aree dove è possibile riscontrare una maggiore offerta da parte degli istituti di credito. Questo aspetto è stato verificato
sia per quanto riguarda le imprese manifatturiere sia per le imprese operanti
in settori prettamente commerciali. L’evidenza empirica, quindi, conferma
l’esistenza di un legame diretto tra l’economicità delle imprese e la capacità
di indebitarsi con le banche in territori a bassa offerta di credito bancario
(prevalentemente nel Sud Italia) ed un rapporto inverso in aree dove l’offerta
è sicuramente maggiore (Nord Italia).
Dimostrata la summenzionata ipotesi, è possibile concludere che il sistema bancario locale è capace di condizionare le conformazioni finanziarie ed
economiche delle imprese. A tal proposito, le complicazioni che la nuova geografia del sistema bancario può produrre dovrebbero essere approfondite con
maggiore analiticità proprio perché, in assenza di valide o economiche alternative, le imprese sono indotte ad adattarsi ai requisiti richiesti dalle banche per
essere sostenute nello specifico sviluppo. È facile constatare, per esempio, che
le risorse umane più qualificate e specializzate all’interno delle banche risiedono nelle provincie dove l’offerta di credito è maggiore e dove, quindi, non
è sufficiente fare una critica selezione a testa bassa delle imprese richiedenti
credito. Esternalità di questo tipo mettono in moto circuiti virtuosi in alcune
zone che sostengono anche l’imprenditorialità e, più in generale, lo sviluppo
della società e delle istituzioni locali. In aree meno sviluppate, dall’altra parte,
un mercato bancario più rigido fa scaturire un livello qualitativo anche delle
imprese locali generalmente più basso mentre, come dimostrano i risultati,
resta chiaramente inteso che proprio in queste aree si sente maggiormente
il bisogno di avere delle valide forze che guidino lo sviluppo dall’interno per
portare nuovi ed essenziali benefici che, poi, si moltiplicano e distribuiscono
a tutti gli stakeholders.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2 / 2015
69
MARCO MUSCETTOLA
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