i libri da leggere biennio

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i libri da leggere biennio
VIAGGIARE CON I LIBRI
PROGETTO A CURA DEL DIPARTIMENTO DI LETTERE
GARA DEL 25 MAGGIO 1012
Gli studenti che hanno aderito all’iniziativa dovranno leggere i libri indicati e,
divisi in gruppi, si confronteranno su domande inerenti il loro contenuto.
I LIBRI DA LEGGERE
BIENNIO
L'Iliade di Baricco
Alessandro Baricco, drammaturgo e romanziere fra i più validi del nostro panorama letterario, si è
cimentato con una reinterpretazione del capolavoro omerico, strutturando l’intera opera in ventiquattro
monologhi, in cui eroi ed antieroi si contendono la parola per spiegare i diversi sentimenti che la violenza
può suscitare. Lo stile fatato di Baricco, scarno e divorante, restituisce, antichissimi ed attuali, personaggi
che hanno vinto il tempo, tipi letterari e umani che hanno condizionato la maniera occidentale di intendere
il valore bellico.
“La lettura del poema omerico scorre attraverso il ritratto dei molti protagonisti (non solo gli “eroi”, ma
anche le figure femminili che mi sembrano felicemente delineate, in particolare la nutrice), che in
apparenza si presentano come tanti medaglioni separati, ma che al contrario si collocano all’interno di un
organico percorso di lettura in cui le ragioni della guerra sono complementari a quelle della pace,
quest’ultime particolarmente messe in rilievo dallo scrittore forse anche per suggestioni dei drammatici
eventi contemporanei. Nella premessa e nella postilla finale lo scrittore ha esplicitato il suo approccio al
testo e la sua lettura: si tratta di una rilettura molto personalizzata, basata sulla tesi di Baricco, secondo
cui il canto di guerra sarebbe un canto alla pace, riscontrabile dal fatto che largo spazio viene dedicato alla
compassione e alle “ragioni” dei vinti…” prof. Sergio Audano,
Le "Città Invisibili" di Italo Calvino
La vita di Italo Calvino è quella di
un uomo che «con la sua immaginazione e il suo lavoro» ha voluto
contribuire
«alla
autocostruzione
continua
dell'universo».
Nato a Cuba nel 1923, si trasferisce, nel 1925, con la famiglia a San Remo, dove conduce una vita tranquilla.
Partecipa alla lotta di liberazione. Nel 1947 esordisce come scrittore, pubblicando, grazie a Pavese, Il
sentiero dei nidi di ragno. A questo romanzo, con cui si rivela il più giovane e dotato tra gli scrittori
neorealisti, segue il volume di racconti Ultimo viene il corvo (1949).
Si impone nel panorama letterario
italiano, come il più originale tra i giovani scrittori, in seguito alla pubblicazione della raccolta dei Racconti
(1958), e soprattutto del volume I nostri antenati (1960), che comprende la trilogia di romanzi fantastici e
allegorici sull'uomo contemporaneo: Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957), e Il cavaliere
inesistente (1959). In questi anni pubblica anche l'importante saggio Il midollo del leone (1955), e raccoglie
e traduce Le fiabe Italiane che pubblica nel 1956, anno in cui i fatti di Ungheria provocano il suo distacco dal
PCI e lo conducono progressivamente a rinunciare a un diretto impegno politico. Il nuovo interesse per le
problematiche della semiotica e per i processi combinatori della narrativa trova espressione ne Le città
invisibili (1972), e ne Il castello dei destini incrociati (1973). Intanto cresce il suo successo e il suo prestigio in
tutto il mondo. Nel 1979 esce il romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore, che diviene subito un best
seller. Nel 1985, avendo ricevuto l'incarico di tenere una serie di conferenze negli Stati Uniti a Cambridge,
alla Harvard University, prepara le Lezioni Americane, che tuttavia rimarranno incompiute e saranno edite
solo postume nel 1988. All'inizio di settembre, infatti, Italo Calvino muore all'ospedale di Siena, colpito da
un'emorragia celebrale.
Le "Città Invisibili" è romanzo che oscilla fra il racconto filosofico e quello fantastico-allegorico; si
tratta di un libro che non ha una storia di per sé - non c'è inizio e nessuno sviluppo di personaggi ma una collezione di descrizioni delle città che Marco Polo ha visitato durante i suoi lunghi viaggi,
separati da una successione di dialoghi tra Kubilai Khan, l'imperatore orientale, e Marco Polo il
viaggiatore, il quale non è interessato a fornire a Kublai Khan un'accurata descrizione geografica
delle città, ma una più profonda conoscenza dell'impero attraverso particolari capaci di trasmetterne
l'essenza.
Nelle "Città Invisibili" non si trovano quindi città riconoscibili, ma "immagini di città felici che
continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici", per offrire al lettore
spunti
di
riflessione
sulle
problematiche
delle
città.
www.cittainvisibili.com/tuttelecitta.htm Le Città Invisibili, progetto artistico a cura di Colleen
Corradi basato sullo studio dell'opera letteraria omonima di Italo Calvino.
Nasce a Milano nel 1952 ma é vissuto tra Milano, Roma, gli Stati Uniti,
l'Australia
e
la
campagna
vicino
a
Urbino.
Otto i suoi romanzi tradotti in 18 lingue e venduti in Europa, Asia, America e Australia. "Treno di panna"
(Einaudi 1981) dal quale é stato fatto anche un film, "Uccelli da gabbia e da voliera" (Einaudi 1982),
"Macno" (Bompiani 1984), "Yucatan" (Bompiani 1986), "Due di due" (Mondadori 1989), "Tecniche di
seduzione" (Bompiani 1991) "Arcodamore" (Bompiani 1993), "Uto" (Bompiani 1995).
Per entrare bene in Due di due è importante, innanzitutto, analizzare il contesto storico in cui la
vicenda è immersa. Siamo a Milano, intorno alla metà degli anni Settanta. In quegli anni
sull’Occidente e su molti paesi dell’Est spira un vento rivoluzionario. Sono anni contrassegnati da
un impetuoso sviluppo: è aumentata la ricchezza, ma si sono contemporaneamente accentuate le
differenze tra paesi ricchi e paesi poveri e all’interno dei primi è cresciuto il divario tra le diverse
categorie sociali. Il benessere va producendo un’alienazione sottile e penetrante, di cui non tutti
sono consapevoli, ma che produce disagio e inquietudine. Da qui una situazione di malessere che
comincia a essere avvertita soprattutto dai giovani, i quali sentono l’esigenza di ribellarsi al mondo
dei genitori che pretendono di imporre i propri principi e di disegnare il futuro dei figli. I giovani
hanno voglia di dire basta a un modo di essere ipocrita, formalista ed egoista. La protesta
studentesca si esprime attraverso occupazioni di università, scuole, fabbriche; cortei e
manifestazioni di piazza si susseguono, nel corso dei quali si verificano spesso scontri con le forze
dell'ordine.
Questo è il racconto di un amicizia tra due giovani, ma soprattutto di due personalità diverse con la
stessa voglia di estraniarsi dalla realtà meccanica dell’Italia moderna.
Guido Laremi, ribelle e fuori dalle norme, è stato definito da molti come il più bel personaggio della
letteratura italiana degli ultimi anni e a giusta ragione perché è una persona dal carisma eccezionale.
Mario, protagonista e io narrante della vicenda, è inizialmente trascinato dall’entusiasmo vulcanico
di Guido ma con il tempo riuscirà ad uscire dalla sua ombra e troverà un equilibrio stabile col
mondo, lontano dalle città inquinate, da quella realtà che per troppo tempo lo ha avuto vittima ed
estraneo. Importanti sono soprattutto gli incontri, ormai saltuari, tra i due: essi sono fonte continua
di rinnovamento per entrambi.
I LIBRI DA LEGGERE
TRIENNIO
Alberto Moravia, pseudonimo di Alberto Pincherle (Roma, 28 novembre 1907 –
Roma, 26 settembre 1990), è stato uno scrittore, giornalista, saggista, reporter di viaggio e
drammaturgo italiano. Ha esplorato nelle sue opere i temi della sessualità moderna, dell'alienazione
sociale e dell'esistenzialismo.
Salì alla ribalta nel 1929 con il romanzo Gli indifferenti, grande affresco "decadente" dell'alta
borghesia che scandalizzò i ben pensanti, e pubblicò nella sua lunga carriera più di trenta romanzi. I
temi centrali dell'opera di Moravia sono l'aridità morale, l'ipocrisia della vita contemporanea, e la
sostanziale incapacità degli uomini di raggiungere la felicità nei modi tradizionali. La sua scrittura è
rinomata per lo stile semplice e austero, caratterizzato dall'uso di un vocabolario comune inserito in
una sintassi elegante ed elaborata. A proposito de Gli indifferenti scriveva ( Gli italiani non sono
cambiati, «L’Espresso», 2 agosto 1959) : «Volevo scrivere un lungo racconto che avesse una
struttura teatrale con unità di tempo, di luogo e con pochissimi personaggi. La mia ambizione era di
scrivere una tragedia, invece ne venne fuori un romanzo» e ancora «Se avevo un’idea di cui andavo
in cerca al tempo de Gli indifferenti era un’idea o una fissazione stilistica: fare uso della tecnica
teatrale
nel
romanzo».
In effetti, soluzioni e scansioni tipicamente drammaturgiche sono evidenti fin dalle parole d’esordio
del primo capitolo («Entrò Carla», come se si fosse appena alzato il sipario), influenzando gli
elementi basilari della struttura romanzesca. La vicenda, infatti, si svolge in un arco di tempo quanto
mai unitario — quarantotto ore disaminate quasi senza soluzione di continuità — dipanandosi
pressoché interamente nell’ambito di tre distinti «interni» borghesi, che di capitolo in capitolo si
succedono e ritornano esattamente come le scene di un dramma. La struttura de Gli Indifferenti è
interamente basata sulle interrelazioni di cinque soli caratteri drammatici, dei quali fin dal terzo
capitolo il lettore è in grado di individuare le psicologie, nonché di ricostruire correttamente i
reciproci
rapporti.
La prima prova di Moravia, che conserva intatti alcuni schemi narrativi del romanzo tradizionale,
propone un motivo nuovo che in altri romanzi del tempo non era stato delineato con altrettanta
efficacia: l’analisi e la rappresentazione acre dell’ambiente borghese, visto nella sua crisi di trapasso
da un’epoca all’altra, seguito da Moravia con dovizia di esemplificazioni, fino a trarne una visione
esistenzialistica, contraddistinta dalla sua "indifferenza". Tale indifferenza si traduce in inerzia
morale, incapacità a vivere la vita, superficialità con cui la società borghese si pone di fronte ai
problemi dell’esistenza. I personaggi del primo romanzo moraviano sono dunque colpiti da questa
malattia morale, da una sorta di «debolezza della volontà» e versano in una condizione di
annientamento, di perdizione, di disfatta, atta a far ritrovare nella distruzione di ogni valore, o nel
male il senso acuto dell’esistenza.
L’esile vicenda, schematicamente tracciata, non è determinante per comprendere appieno gli intenti
del primo romanzo moraviano, impostato quasi esclusivamente sul tratteggio psicologico dei cinque
personaggi e delle loro reazioni in un mondo che sta scivolando interamente sulla china della più
profonda dissoluzione. Proprio seguendo tali reazioni si potrà giungere al centro della crisi, assunta
da Moravia come segno di decadenza, come prova di un trapasso da un secolo all’altro, colmo di
malessere e di tragica impotenza.
Albert Camus (Mondovi, Algeria, 1913-Villeblevin, Francia, 1957).
Premio nobel nel 1957, deve il massimo della notorietà al romanzo La peste, del 1947. Della sua
produzione fanno parte racconti, saggi, lavori teatrali.
“Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so”. Così comincia Lo Straniero, e queste poche parole
sono sufficienti per trasmettere una sorta di sconcerto che accompagnerà ogni pagina del libro.
Meursault, il modesto impiegato di origine francese protagonista del libro, affronta infatti con la
stessa laconicità comunicata da questa prima frase una serie di episodi che lo condurranno ad un
epilogo che sarebbe tragico, se non fosse vissuto nella stessa maniera spregiudicatamente attonita.
Il cinismo, il vuoto e l’indifferenza del protagonista risultano a tratti persino scioccanti perché si
tratta di quella che potrebbe essere definita una persona perfettamente normale, ma completamente
vuota emotivamente e spiritualmente, totalmente materialista, concentrata solo sui propri piaceri.
Mersault è uno straniero nella vita, il suo pessimismo lo porta all’alienazione, all’esilio.
Lo Straniero esprime, come suggerisce il titolo, l’estraneità dell’uomo dal mondo: noi siamo estranei
a noi stessi e gli eventi accadono senza che riusciamo a comprenderne davvero il motivo.
Pubblicato nel 1942, Lo Straniero è un classico della letteratura contemporanea, un’opera difficile,
forte, che si presta, come tutti i capolavori, ad una lettura su più livelli.
Franz Kafka
è uno dei più influenti autori di narrativa della prima metà del ventesimo secolo ed i suoi scritti
vengono annoverati tra i capolavori della letteratura del ‘900. Nato a Praga il 3 luglio 1883 da
genitori della media borghesia ebrea, Franz era il maggiore di sei figli; la sua lingua madre fu il
tedesco, ma parlava fluentemente il ceco ed il francese. Lavorò per tutta la vita diligentemente,
seppur privo di entusiasmo, come impiegato, dedicandosi alla scrittura solamente nel tempo libero
per piacere personale. Kafka pubblicò solo pochi racconti mentre era in vita. Morì il 3 giugno 1924
di tubercolosi.
Gregor Samsa, commesso viaggiatore, si sveglia un mattino dopo sogni inquieti e si ritrova
trasformato in un enorme insetto. La speranza di recuperare la condizione perduta, i tentativi di
adattarsi al nuovo stato, i comportamenti famigliari e sociali, l'oppressione della situazione, lo
svanire del tempo sono gli ingredienti con i quali l'autore elabora la trama dell'uomo contemporaneo,
un essere condannato al silenzio, alla solitudine e all'insignificanza. Come scrive Luigi Forte nella
sua introduzione: «Dietro l'icona dell'insetto si nasconde l'abnegazione del figlio disposto a
sacrificarsi, ma soprattutto la sua implacabile denuncia: essere costretto a denigrarsi, rimpicciolirsi,
scomparire di fronte al potere illimitato».
Fëdor Michajlovič Dostoevskij, in russo: Фёдор Михайлович
Достоевский (Mosca, 11 novembre 1821 – San Pietroburgo, 28 gennaio 1881), è considerato uno
dei più grandi romanzieri russi dell'Ottocento e in generale di ogni tempo.
A
lui
è
intitolato
il
cratere
Dostoevskij
sulla
superficie
di
Mercurio.
Le opere che lo hanno reso maggiormente famoso sono Memorie dal sottosuolo, Delitto e castigo,
L'idiota, I demoni e I fratelli Karamàzov. Identificato dapprima come voce della corrente nichilista,
Dostoevskij capeggiò poi le file degli intellettuali russi più conservatori di fine '800.
Lo scrittore si caratterizza per la sua abilità nel delineare i caratteri morali dei personaggi che
appaiono nei suoi romanzi, tra i quali spesso figurano i cosiddetti ribelli, che contrastano con i
conservatori dei saldi principi della fede e della tradizione russa. I suoi romanzi sono definibili
"policentrici", proprio perché spesso non è dato identificare un vero e proprio protagonista, ma si
tratta di identità morali incarnate in figure che si scontrano su di una sorta di palcoscenico
dell'anima: l'isolamento e l'aberrazione sociale contro le ipocrisie delle convenzioni imposte dalla
vita comunitaria (Memorie dal sottosuolo), la supposta sanità mentale contro la malattia (L'idiota), il
socialismo contro lo zarismo (I demoni), la fede contro l'ateismo (I fratelli Karamàzov).
L'autore, nei suoi romanzi, cerca di non lasciar mai trasparire un proprio giudizio definitivo, ed è
questa una sua peculiarità, che ne pose il pensiero in vivace antagonismo con quello dell'altrettanto
contraddittorio Lev Tolstoj. Dostoevskij – proprio come Tolstoj, pur se per vie diverse – visse un
confronto continuo ed al tempo stesso un rapporto tormentoso e quasi personale con la figura di
Cristo, a cui si sentiva tanto legato da affermare: «se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori
dalla verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare
con
Cristo
piuttosto
che
con
la
verità»
Dostoevskij è definito "artista del caos" perché i suoi personaggi hanno sempre il carattere
dell'eccezionalità e permettono di avanzare in concreto quei problemi (conflitto tra purezza e
peccato, tra abbrutimento e bellezza, tra caos – appunto – e senso della vita) che la filosofia discute
attraverso termini di puro concetto; concetti che Dostoevskij incarna nei personaggi dei propri
romanzi: quindi si comprende perché il grande scrittore russo sia reputato a tutti gli effetti non solo
un autore di letteratura, ma anche un autore di filosofia contemporanea.
Il Giocatore è un romanzo autobiografico in cui Dostoevskij racconta di come il casinò e il gioco
conducono inesorabilmente all’autodistruzione del protagonista, Alesksej Ivànovic,ed è la
drammatica rappresentazione della passione per il gioco come una delle possibili dimensioni
infernali in cui si configura l’esistenza umana. E’ la storia di un progressivo inaridimento morale, il
percorso deplorevole di un giovane uomo che lentamente, ma inesorabilmente, perde interesse verso
tutto ciò che lo circonda, in nome di un’unica passione: il gioco d’azzardo.
Altra peculiarità del romanzo è la vivace ed attenta descrizione dei protagonisti del romanzo che
descrivono perfettamente l’europeo dell’Ottocento: il francese descritto come manipolatore,
l’inglese che invece si differenzia in quanto gentiluomo e ricco, l’italiano vanitoso e il tedesco
austero
e
severo.
Un giovane precettore viene posseduto dal demone del gioco d'azzardo. Il racconto diventa così la
narrazione di un'ossessione descritta con lucida genialità dal giocatore stesso. L'incalzante ritmo
narrativo segue passo passo l'incrinarsi del destino. Poi uno stacco temporale e il lettore è proiettato
d'improvviso in un'intricata matassa di rapporti di cui il protagonista cerca disperatamente il
bandolo. La tecnica narrativa procede per interrogativi, supposizioni, indizi, suscitando un'atmosfera
di autentica suspense che si risolve solo alla fine, quando il racconto perde il ritmo convulso e
permette al lettore di sciogliere dubbi ed enigmi.