Barolo Riserva Monfortino 1998
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Barolo Riserva Monfortino 1998
Divinis® Bar à Vins è lieto di aprire “IL LIBRO DEI SOGNI…” 19 novembre 2013 Il Barolo Riserva Monfortino di Giacomo Conterno Barolo Riserva Monfortino 1997 Giacomo Conterno ~ Località Ornati ~ Monforte d’Alba (CN) Barolo Riserva D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14° Barolo Riserva Monfortino 1998 Giacomo Conterno ~ Località Ornati ~ Monforte d’Alba (CN) Barolo Riserva D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14° Barolo Riserva Monfortino 1999 Giacomo Conterno ~ Località Ornati ~ Monforte d’Alba (CN) Barolo Riserva D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14,5° Barolo Riserva Monfortino 2001 Giacomo Conterno ~ Località Ornati ~ Monforte d’Alba (CN) Barolo Riserva D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14,5° Barolo Riserva Monfortino 2002 Giacomo Conterno ~ Località Ornati ~ Monforte d’Alba (CN) Barolo Riserva D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14,5° Barolo Riserva Monfortino 2004 Giacomo Conterno ~ Località Ornati ~ Monforte d’Alba (CN) Barolo Riserva D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14,5° ~ Euro 360,00 Esclusivamente in occasione della serata a chi desidera acquistare i vini per l’asporto, riserviamo uno sconto del 10%. Le nostre iniziative sono dirette a favorire un consumo moderato e consapevole del vino. Qualità e non quantità. Serralunga d’Alba Un colle fasciato da magnifici vigneti, già dei marchesi Falletti, che vi ricavarono splendidi vini per la corte di Torino. Si raggiunge da Alba, imboccando la provinciale per Barolo e, dopo Gallo, svoltando in direzione di Serralunga, dove si arriva percorrendo una panoramica strada a mezza costa. Primo impatto con la storia del paese sono, sulla sinistra, i vigneti e le cantine di Fontanafredda, volute nel 1878 da Emanuele di Mirafiori. Sapientemente restaurata, si conserva, all'interno della tenuta, la Casa di Caccia della Bela Rosin, talamo della nota tresca tra Vittorio Emanuele II e la bella popolana Rosa, diventata poi contessa di Mirafiori e moglie morganatica del re. Da qui, in una manciata di minuti, si raggiunge Serralunga, passando per la frazione Baudana. In alto svettano i tre cioché, biglietto da visita – in lingua locale – del castello più bello della Langa: nient'altro che le tre torri campanarie, una diversa dall'altra, che donano al maniero l'originale sviluppo ultraverticale. In mezzo, spartiacque tra il cotto del castello e il verde dei ben 29 cru di Barolo, il borgo medioevale, pressoché intatto e dalla caratteristica disposizione a raggiera. Costruita in laterizio tra il 1340 e il 1357 da Pie-trino e Goffredo Falletti, la fortezza fu concepita con criteri di solidità e sicurezza adatti alla tecnica bellica del tempo antecedente alle armi da fuoco. La verticalità dell'edificio, oltre a mantenere la funzione dell'avvistamento, doveva scoraggiare gli eventuali assedianti, come del resto il fossato che un tempo circondava la costruzione, accessibile solo attraverso un ponte levatoio. Inoltre, la disposizione radiale delle abitazioni intorno permetteva ai civili di potersi ritirare al sicuro in tempo utile. Allineato con gli altri castelli dei Falletti, utilizzava, in epoca antica, il semplice ma efficace sistema della telegrafia ottica: per comunicare con gli altri feudatari si usavano fiaccole notturne e drappi colorati di giorno. La semplice pianta quadrilatera è stretta agli angoli dalla torre cilindrica e dal mastio quadrato, mentre una terza torretta pensile, ispirata all'architettura medievale francese, sorge dall'affilato spigolo di nord-ovest. Il piano residenziale è segnalato dalle finestre bifore che, con tracce di merli ghibellini e fasce di archetti pensili, sono le sole decorazioni concesse al severo edificio. Nel 1950, su iniziativa dell'allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi, fu oggetto di un restauro conservativo ed è oggi di proprietà dello Stato. Vi si sale dalla parte bassa del paese, attraverso una porta tagliata nella cinta muraria e varrà la pena fare una passeggiata per il borgo, per le stradine rampanti, sotto il campanile cuspidato d'impostazione romanica dell'ex-parrocchiale. Infine, non rimane che accomodarsi a bere un bicchiere e magari brindare alla salute dei Cappellano, brillanti vinificatoci di fine secolo in quel di Serralunga. Giovanni, proprietario di un albergo albese, lanciò in paese la moda dell'uva dolcetto quale toccasana contro l'anemia, mentre il fratello farmacista, Giuseppe, confezionava (e vendeva nella sua bottega torinese) il celebre Barolo Chinato, realizzato con l'ausilio di 13 droghe orientali: digestivo e panacea contro ogni male. Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food Francia (comune di Serralunga d’Alba) Dalle Ginestre di Monforte si può ammirare il grande, regolare e compatto vigneto Francia che, sul versante ovest di Serralunga, è posto tra l’Arione e il Bosco Areto. L’altitudine tra i 420 e i 370 metri fa capire che ci stiamo avvicinando al comune di Rodino, ai limiti della zona del Barolo. In effetti, in questa zona un tempo si coltivavano prevalentemente dolcetti, freise e barbere; solo più recentemente sono strati piantati i nebbioli. I risultati sono stati e sono, a nostro avviso, eccellenti, poiché la composizione del terreno e la buona esposizione delle vigne (sud-ovest) consentono di produrre ottima materia prima. Ovviamente non avremo qui i Baroli eleganti e relativamente morbidi di Barolo, Castoglione Falletto e La Morra ma, viceversa, Barolo ricco di tannino, in grado di esprimere le sue potenzialità dopo almeno sette o otto anni di affinamento. In fondo, le presenza sullo stesso territorio comunale di cru come Francia e Gallaretto aiuta a cogliere la varietà di caratteristiche delle uve di cui è ricca Serralunga. Francia supera i 10 ettari di estensione. Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food Giacomo Conterno (1895-1971) Nel raccontare la vita di Giacomo Conterno non si può non rimanere affascinati dalla saga di questa famiglia langarola e dal ruolo che essa ha avuto nell'enologia monfortese. Giacomo Conterno nasce nel 1895 a Tucuman in Argentina, dove il padre Giovanni era emigrato. Nei primi anni del Novecento la famiglia rientra in Italia e si stabilisce nella cascina della nonna paterna in regione Le Coste. Nel 1908 Giovanni Conterno, coadiuvato dalla seconda moglie Marietta Vivaldo, apre un'osteria nei pressi della frazione San Giuseppe e inizia a produrre vino. Giacomo, assieme al fratello Franco e alla sorella Annetta, si adopera in questa piccola azienda familiare sino al momento della chiamata alle armi, con la Grande Guerra del '15-'18 che lo vede artigliere di montagna sul Carso. Con il suo ritorno a casa, la cantina Conterno inizia a produrre una buona quantità di vino che viene venduto in fusti non solo in Piemonte e in Liguria ma anche nelle lontane Americhe. Tramite la Compagnia di spedizione "Oreste Benvenuto" di Genova, partono per l'Argentina i vini di Langa per i nostri emigrati, grazie ai buoni auspici dello zio Ernesto che là risiedeva. Sono anni duri per l'economia agricola della zona, anni in cui si andava sempre più affermando una netta separazione tra il contadino viticoltore e l'industria vinicola, non esistendo ancora la figura del piccolo produttore. La discussione in quegli anni tra padre e figlio verteva principalmente sul contenitore per il trasporto, in quanto al fusto di legno il giovane Giacomo preferiva la damigiana di vetro; i Conterno concordavano però sull'esigenza di rispondere alla richiesta di un mercato che era ormai pronto per un grande Barolo. Un Barolo da produrre solo nelle grandi annate, con lunghe fermentazioni, in grado di reggere negli anni: fu così che si incominciò a imbottigliare la riserva 1920, fu così che nacque il Monfortino. Ormai Giacomo Conterno è entrato pienamente nella categoria dei produttori, visita personalmente la clientela e consolida la sua presenza sulle piazze di Torino e Genova. La maggior parte del vino è ancora venduta sfusa, ma incomincia ad affermarsi anche la bottiglia. Una pubblicità del 1938 in occasione della decima Fiera del Tartufo recita: "Conterno Giacomo - Produttori Vini - Specialità Super - Barolo - Monfortino". Quando nel '40 l'Italia entra in guerra, sono già passati sei anni dalla morte del padre e Giacomo continua a condurre la sua cantina e la piccola Osteria del Ponte dove da diverso tempo la moglie Antonia ha affiancato l'ormai leggendaria Manetta del Pont. Molti partigiani ricordano ancora oggi questi personaggi, la loro generosità e anche il notevole coraggio nell'affrontare il rischio di pesanti rappresaglie. E, forse, proprio in questa disponibilità verso gli altri, nel suo carattere socievole, vi è da cogliere uno degli elementi principali del personaggio Giacomo Conterno. Condivideva stima e amicizia con tutti, da Cappellano a Borgogno, da Giulio Mascarello a Bressano della Fontanafredda, da Scarzello dell'Opera Pia ai molti vignaioli conferitori di uve. Ai contadini egli consigliava sempre di comperare le vasche di cemento per poter vinificare in proprio e non trovarsi nella spiacevole situazione di essere costretti a svendere le uve: «Le uve devi venderle in dieci giorni, il vino c'è tempo un anno», soleva dire sostenendo gli sforzi di chi voleva iniziare a vinificare. Nel dopoguerra la spinta all'imbottigliamento fu decisiva per la cantina Conterno, anche grazie al prestigio che il vino Barolo andava assumendo. Da non sottovalutare, in quel periodo, il notevole ruolo che giocavano le forniture natalizie nella vendita del Barolo. Prima che si diffondesse l'uso dello Champagne come status symbol, la famiglia e le aziende italiane regalavano il Barolo come prodotto di prestigio. Anche Conterno, come molte aziende dell'Albese, godette di questa situazione, con notevoli ordinazioni da parte di industrie come la Fiat, la Riv e la Pirelli. Quando nel 1961 Giacomo Conterno cede l'azienda ai figli, la Cantina è ormai una prestigiosa realtà. Fino all'anno della sua morte, il 1971, manterrà saldo il suo concetto sul Barolo: «Un vino sarà riconosciuto e rispettato quando tutti lo faranno bene». Non c'è che dire, un bel messaggio in una terra caratterizzata da forte individualismo e spesso divisa da stupidi egoismi, un anticipo del miglior marketing moderno: solo una diffusa produzione di qualità darà prestigio alla Langa e ai suoi vini. Questo era Giacomo Conterno. Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food Monfortino Il vigneto Cascina Francia, impiantato nel 1974 (su una superficie di 14 ettari, esposti a sud/sud-ovest a 400-450 metri s.l.m.), è quello da cui provengono le uve sia per il Monfortino che per il Cascina Francia, ma il Monfortino è la “selezione” di quelle migliori. Il Monfortino invecchia in botte 7-8 anni, contro i 4 del Cascina Francia. La fittezza media degli impianti è di 4.000 ceppi/ha e, per quanto riguarda il nebbiolo, per ogni tralcio viene lasciato un solo grappolo d'uva, il cui peso è di circa 3 etti. I cloni di nebbiolo utilizzati sono una decina, di cui alcuni presenti in vigna da molto tempo. La tipologia di nebbiolo più utilizzata è "Lampia". Nelle annate che lo consentono, da una parte della vigna Cascina Francia viene selezionata l'uva migliore e destinata alla produzione del Barolo Monfortino. La macerazione dell'uva per il Barolo dura 3-4 settimane, per garantire una buona estrazione fenolica (il tannino viene estratto solo dalle uve e non dal legno). La fermentazione avviene parte in legno e parte in tini di acciaio, mentre l'affinamento si svolge in botti di rovere di varia misura (fino a 106 ettolitri). Il Monfortino, rispetto al Cascina Francia, ha più “peso” ed ha una predisposizione all’invecchiamento nettamente maggiore. Nel Cascina Francia, essendo più “leggero”, emergono maggiormente le note iodate. Il primo Monfortino da vigneto Cascina Francia è del 1978. Prima le uve provenivano da diversi vigneti in assemblaggio. Non è facile cogliere lo stacco pre e post ’78 perchè l’invecchiamento influenza parecchio. L’azienda utilizza lieviti selezionati tra quelli presenti sui suoi grappoli. Da una trentina di ceppi indigeni presenti, ne ha selezionati due per il nebbiolo ed uno per la barbera e per le fermentazioni utilizza quelli. I commenti di Maurizio Landi Il mio commento forse non sarà molto positivo, ma ho due scusanti. La prima è che non mi piacciono granché i Barolo di Serralunga: la loro tonalità “catramosa” mi risulta un po’ greve. La seconda è che non conosco bene il Monfortino e non ho avuto l’occasione di assaggiare annate già mature di questo vino, perciò non sono in grado di valutare più di tanto se queste annate avranno un futuro radioso. Sono mie mancanze, ma ciò nonostante, mi sento di fare considerazioni severe nei confronti di queste bottiglie. Senza nulla togliere al blasone della cantina, il prezzo in continuo aumento di queste bottiglie, mi sembra inizi ad essere imbarazzante. Se consideriamo, poi, che dei annate assaggiate, solo una è veramente all’altezza e due sono molto buone, ma difficilmente decifrabili. Mentre le altre non mi sembrano assolutamente all’altezza del nome che portano. C’è poco da stare allegri. Il 1997 in particolare, fin dall’inizio, è scarico, con un corpo esile e un po’ floscio. Purtroppo non migliora per niente nemmeno con l’ossigenazione. Forse questo Monfortino non s’aveva da fare… Il 1998 è teso, decisamente più fresco e dinamico, ma non possiede la grinta dei grandi. Il 1999 parte bene. È pieno, ricco e dinamico, anche se con l’areazione sembra un po’ afflosciarsi. Il 2001 è austero, elegante e di grande complessità. Un vino che fa venire la voglia di bere. Il 2002 è impenetrabile, chiuso, difficilmente avvicinabile. Un po’ più leggero degli altri, ma neanche tanto. Ma non avendo una grande esperienza di Monfortino, mi risulta difficile capire quale potrà essere l’evoluzione. Attualmente un magma di materia informe. Il 2004 è ricco, dinamico e teso. Con una componente aromatica affascinante, nonostante l’estrema gioventù. Più facile di altri, ma con una grande materia.