Storia del Giappone 2

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Storia del Giappone 2
Storia del Giappone 2
Compilato da Marco Piras
Capitolo quinto
L’INGRESSO DEL GIAPPONE NEL SISTEMA INTERNAZIONALE, LA NASCITA DELLO STATO NAZIONALE E LA
TRANSIZIONE AL CAPITALISMO
1. La crisi della società feudale e i prodromi dello Stato nazionale
Nell’ultima parte del periodo Edo (1603-1868) sono evidenti i sintomi di una crisi sociale ed economica:

Insurrezioni dei contadini nelle zone rurali

Proliferare di movimenti religiosi di natura messianica

Violenza nelle città
Cambia l’assetto internazionale: mutano gli equilibri scientifici, economici e militari tra l’Europa e l’Asia,
cresce il timore per la presenza degli Occidentali in Asia. Le opere prodotte nel Settecento e nella prima
metà dell’Ottocento ruotano attorno ai temi della difesa delle frontiere, della politica di limitazione dei
contatti con l’estero, della sicurezza e dell’identità nazionale.
Nel 1792 il Giappone rifiuta di stabilire rapporti commerciali con la Russia, successivamente il bakufu
provvede alla colonizzazione di Ezo (Hokkaidō), dove erano giunti i rappresentanti russi.
Nell’opera Shinron (Nuove tesi, 1825) Aizawa Seishisai formulò la teoria del kokutai (国体, sistema
nazionale), esaltando la figura e il ruolo del sovrano, condannando le dottrine straniere, e concependo
l’Occidente come un’occasione per dare al Giappone una nuova identità nazionale.
Negli ultimi anni del periodo Tokugawa, dunque:

Fermento intellettuale che conferma le profonde tensioni sociali

Il Giappone cerca soluzioni capaci di far fronte alla crisi interna e alla pressione esterna, dopo che il
bakufu si è dimostrato incapace di attuare un’efficace politica di risanamento economico

Si cercano soluzioni locali, ma manca un quadro generale di riferimento
2. La “riapertura” del Giappone, l’ingresso nel sistema internazionale e il crollo del feudalesimo
Nel 1804 il bakufu ribadisce il rifiuto di stabilire rapporti commerciali con la Russia e il divieto di accesso ai
“barbari” (Jōi 攘夷, espellere i barbari).
Agli inizi dell’Ottocento iniziano ad arrivare le navi britanniche.
Nel 1825 il governo riafferma il politica del sakoku (鎖国, paese chiuso)..
L’attenzione britannica si distoglie dal Giappone per concentrarsi sulla Cina. Gli inglesi vendono
l’oppio ai cinesi.
Perdita di valuta ed effetti deleteri sul piano sociale.
Reazione del governo di Pechino. Vengono bruciate 1300 tonnellate di oppio.
Prima guerra dell’oppio (1839-1842). Al suo termine la Cina è costretta a sottoscrivere una
serie di trattati che l’avrebbero sottoposta a un meccanismo di controllo occidentale.
Nel 1852 giunge dall’Olanda la notizia di una missione statunitense in Giappone. Tentativo di stabilire una
relazione pacifica.
Nel 1853 entrano nella baia di Edo quattro navi da guerra statunitensi, con una lettera presidenziale che
chiedeva basi di rifornimento e soccorso, e un accordo commerciale.
Urgenza di prendere decisioni in politica estera. Incapacità del bakufu di fronteggiare la crisi, si accelera lo
sgretolamento del regime shogunale. Disputa tra fautori e oppositori della riapertura del Paese.
Dopo una consultazione con i Daimyō del capo del Consiglio degli Anziani, si approva la linea del
compromesso.
Accordo finale sottoscritto a Kanagawa il 31 marzo 1854 che prevedeva l’apertura dei porti
di Shimoda al rifornimento di navi e all’assistenza di naufraghi americani, oltre all’invio di un
console statunitense a Shimoda.
Il 1854 segna l’inizio dello sfaldamento del sakoku, proiettando il Giappone verso una rapida riapertura al
mondo esterno, con profonde ripercussioni sulla vita politica giapponese.
Hotta Masayoshi, il nuovo Capo del Consiglio degli Anziani, convinto da argomenti quali i vantaggi nel
commercio e la cattiva sorte toccata alla Cina ostinata a non volersi aprire verso l’Occidente, si consulta con
il bakufu e i Daimyō. Emerge un orientamento più incline ad avere contatti con l’estero.
Disputa per la successione alla guida del bakufu. La fazione vincente dispone la conclusione delle trattative
con Harris, console statunitense in Giappone.
1958 – Trattato di amicizia e di commercio con gli Stati Uniti (trattato Harris).
Apertura di quattro nuovi porti.
Limitazione dei dazi doganali sulle importazioni.
Extra-territorialità agli americani residenti in Giappone.
Garanzia agli USA dello Status di nazione più favorita.
Trattati analoghi con Olanda, Russia, Gran Bretagna e Francia.
Effetti negativi sull’economia interna.
Aumentano i sentimenti xenofobici e il malcontento verso il governo di Edo.
Assassinio di Ii Naosuke.
Numerosi gesti di terrorismo politico, anche contro navi, edifici e individui stranieri.
Rappresaglia degli occidentali.
I vari orientamenti espressi in merito alla politica estera si intrecciano con una lotta per il potere tra diverse
fazioni.
I due più potenti feudi del Giappone occidentale, Satsuma e Chōshū, si avvicinano, costituendo il nucleo
della coalizione militare che, di lì a breve, avrebbe sconfitto i sostenitori del bakufu.
Tokugawa Yoshinobu, nuovo shōgun succeduto a Tokugawa Iemochi, accoglie l’assistenza della Francia per
modernizzare il paese.
La Gran Bretagna rafforza i propri legami con i feudi occidentali.
Si rischia lo scontro militare tra Satsuma e Chōshū, e il regime di Edo.
Mediazione: si richiede a Yoshinobu di dimettersi rimettendo i poteri civili al sovrano.
Yoshinobu accetta, nel 1867 rinuncia alla carica di shōgun.
Satsuma e Chōshū decidono comunque di muovere le proprie truppe contro i sostenitori del bakufu
e di occupare il palazzo imperiale.
Il 3 gennaio 1868 si proclama la Restaurazione del potere imperiale, assieme a un decreto che sancisce
l’abolizione dello shogunato e la privazione al capo Tokugawa di tutti i possessi della sua famiglia.
Il nuovo governo si stabilisce a Edo, ribattezzata Tōkyō, mentre l’Imperatore e la Corte prendono dimora
nella residenza che era stata degli shōgun Tokugawa.
3. La riforma delle istituzioni politiche, sociali ed economiche del primo Meiji
(*Meiji si riferisce al nome dell'era prescelto nel 1868)
Fukko (復古, ritorno al passato) / Ishin (維新, opera di rinnovamento)
Meiji Ishin (明治維新, Restaurazione Meiji)
Gli avversari del bakufu (élite militare locale, alcuni esponenti dell’aristocrazia di Corte, mercanti urbani e
contadini in ascesa) si raccolgono intorno ad alcuni obiettivi comuni:

Eliminazione del potere shogunale

Ristabilimento dell’autorità imperiale

Rafforzamento politico e militare del paese
L’opera di centralizzazione dei poteri implica il superamento del fazionalismo a favore di una nuova
concezione di Stato nazionale, in cui tutti erano chiamati a sostenere lo sforzo per rendere “ricco il Paese e
forte l’esercito” (Fukoku Kyōhei,富国強兵).
I quattro feudi principali restituiscono spontaneamente all’Imperatore i registri fondiari dei propri
domini.
Nel 1871, confisca dei poteri locali dei daimyō, abolizione dei feudi, istituzione di un sistema
provinciale (Haihan-Chiken, 廃藩置県). A capo delle province: governatori, generalmente ex
daimyō, nominati centralmente.
Lo Stato si fa onere dei debiti dei feudi e di pagare gli stipendi ai samurai. Creazione di uffici
amministrativi locali per impiegare samurai e capi villaggio.
Nel 1873, istituzione del ministero degli Interni, con a capo Ōkubo Toshimichi, capo attivo del
movimento antishogunale.
Il governo cerca un consenso più ampio e una maggiore unità nel Paese.
Nel 1868, emanazione del Giuramento sui cinque articoli (Gokajō no Goseimon,
五箇条の御誓文).
Impegno a realizzare:
• Una Costituzione
• L'unità di tutte le classi
• L'istituzione di un’assemblea
• Adozione di norme giuridiche internazionali
• Promozione della conoscenza all’estero.
Il Giuramento viene incorporato nell’articolo 1 del Documento sulla forma di governo (Seitaisho,
政体書).
Il Seitaisho assegna i pieni poteri al Dajōkan (Gran consiglio di Stato), diviso in sette sezioni,
che assumono potere legislativo, esecutivo e giudiziario.
Revisione nel 1969, si respinge l’idea della separazione dei poteri, il Dajōkan diventa
l’unico e supremo organo esecutivo.
Obiettivi dello Stato: creare fonti indipendenti di reddito, assicurare una solida forza militare, mobilitare i
fondi e la manodopera per lo sviluppo dell’industria. Provvedimenti preliminari:

Abrogazione dell’obbligo occupazionale.

Unica classe, heimin (popolazione comune) in cui vengono inseriti contadini, artigiani, mercanti,
samurai di basso rango, eta, hinin. Libertà di movimento, di assumere un cognome, di contrarre
matrimonio con classi diverse, di cedere la terra.

Introduzione da parte del generale Yamagata Aritomo (al ritorno dal suo soggiorno in Europa) della
coscrizione obbligatoria, che scardina l’assetto del diritto esclusivo di potere militare dei samurai,
gettando le basi per la creazione di un moderno esercito regolare.
o Numerose e violente rivolte da parte di samurai e contadini.
Lo Stato ha troppe spese rispetto alle entrate, e cerca di stabilizzare le proprie finanze. La penuria di capitale
è aggravata dalla scarsa cultura imprenditoriale e dalla cautela nell’investire nei nuovi settori.
Lo stato guarda principalmente all’agricoltura, che occupava quattro quinti della popolazione.
Nel 1873 si vara l’Ordinanza di revisione dell’imposta fondiaria Chiso Kaisei Jōrei ():

Tassa valutata in base al valore della terra. Difficile da evadere.
 Il singolo proprietario è il responsabile del pagamento, invece che produttore
diretto.

Pagamento in denaro invece che in beni legati alla terra.
Posizione precaria dei piccoli proprietari, spesso costretti a vendere la terra, la cui
compravendita era stata nel frattempo liberalizzata.
Si stabilizzano le entrate, e lo Stato ha capitale da investire nel processo di modernizzazione.
Costruzione di infrastrutture, creazione di industrie di base e investimenti in campo bellico.
Ammodernamento della rete di trasporti.
Rete telegrafica e sistema postale moderno.
Armamenti navali.
Acquisizione dall’estero di nuove tecnologie e impiego di esperti occidentali.
Missioni negli Stati Uniti e in Europa. Nuova consapevolezza di essere “in ritardo” rispetto
agli altri paesi in diversi campi.
4. Gli sviluppi nella politica interna ed estera negli anni Settanta e Ottanta
L’eliminazione dei privilegi della classe militare porta a gravi tensioni. Alcuni membri influenti del governo,
come Takamori Saigō, si convincono dell’opportunità di dare una dimostrazione di forza alla Corea. Saigō si
dice anche disposto ad andare in Corea per farsi ammazzare, creando un pretesto per la guerra.
La missione Iwakura (Iwakura Shisetsudan), al suo ritorno, insiste che la priorità è il rafforzamento interno
e non l’aggressione esterna.
Dibattito sull’invasione della Corea (Seikanron).
Nel 1873 si decide di accantonare il progetto, ponendo fine allo scontro tra interventisti e attendisti
e provocando l’uscita dal governo di alcuni importanti esponenti, primo fra tutti Saigō.
Il dissidio comunque era solo sui tempi e le modalità, non sull’opportunità.
D’altra parte furono gli stessi uomini ad opporsi all’invasione della Corea a muovere
le proprie flotte contro Taiwan nel 1874, a forzare l’apertura della Corea nel 1876 e a
decretare la fine del Regno della Ryūkyū e annetterlo con la status di provincia di
Okinawa nel 1879.
I dimissionari continuano a mantenere posizioni di dissenso e opposizione verso il governo.
Gli ex samurai esprimono il proprio risentimento per essere stati privati del monopolio sull’attività militare.
Nel 1873, opportunità di liquidazione. Nel 1876 viene trasformata in obbligo (Chitsuroku
Shobun,(秩禄処分 commutazione forzosa degli stipendi).
Il malcontento rimane.
Nel 1877 da Satsuma si leva una grande ribellione guidata da Saigō. Dopo mesi di scontri i
ribelli vengono sconfitti, e Saigō, come da tradizione samuraica, si suicida.
Il nuovo esercito di coscritti si rivela efficiente. Attingendo dal patrimonio etico
nazionale, inizia l’inculcamento alle reclute di un’obbedienza assoluta allo Stato e
all’Imperatore.
Alcuni altri uomini che abbandonarono il governo in seguito al Seikanron fanno opposizione politica. Nel
1874 fondano il Partito pubblico patriottico. L’anno successivo nasce il primo partito politico nazionale,
l’Aikokusha (愛国社 Società dei Patrioti).
Questi movimenti hanno un scarso seguito nella società.
I primi anni dell’era Meiji sono contraddistinti da un diffuso desiderio di nuove conoscenze e dalla
disponibilità ad accogliere le espressioni più varie della cultura occidentale.
Riforma del sistema educativo ispirata al modello francese.
Nascita (e scomparsa) di numerosi movimenti, associazioni e partiti ispirati alle idee di libertà, di
sovranità nazionale e di rappresentanza popolare provenienti dall’Occidente.
A partire dal 1883 il governo vara una serie di provvedimenti che limitano in modo sempre
più rigido l’attività dei partiti politici.
Reazione tradizionalista all’arrivo eccessivo e indiscriminato di conoscenze occidentali. Wakon Yosai
(和魂洋才 Spirito giapponese, Sapere occidentale).
Il governo Meiji deve prendere delle decisioni per trasformare il Giappone in uno stato moderno.
Nel 1881 si ha una crisi politica quando un profondo disaccordo oppone le due più influenti personalità del
governo: Ōkuma Shigenobu, propugnatore del modello inglese, premeva per un governo parlamentare da
realizzare in 2 anni, mentre Itō, difendeva l’ipotesi di un governo trascendente da realizzare in un decennio.
Uno scandalo costringe Ōkuma alle dimissioni.
Il governo annuncia l’istituzione di un Parlamento entro il 1890.
Itō nel 1882 si reca in Europa per studiare i documenti costituzionali.
Nel 1884 elabora un sistema di nobiltà articolato in 5 gradi.
Nel 1885, in sostituzione al Dajōkan, fu istituito il sistema di gabinetto, che riuniva i vari ministri
sotto la guida di un Primo ministro responsabile verso l’Imperatore. Itō diventa Primo ministro, fino
al 1888.
L’11 febbraio 1889, data solenne, si promulga la Costituzione dell’Impero del Grande Giappone.

Controllo supremo dell’Imperatore del potere politico e militare, potere legislativo
superiore al Parlamento, diritto di nominare il governo.

Parlamento composto da Camera dei Pari e Camera dei Rappresentanti.

Altri potenti organi svincolati dal ogni controllo, Consiglio Privato e ministero della Casa
Imperiale.

Al popolo si riconoscono diritti e doveri, che la legge ha il potere di limitare.
5. Ideologia e identità nazionale
La modernizzazione, essendo fondata sulla superiorità del modello occidentale, pone un serio dilemma in
relazione all’identità nazionale.
Oligarchi e anche molti esponenti del movimento liberale sono preoccupati per la diffusione di
alcune concezioni occidentali, come la libertà e l’individualismo.
Conoscenze occidentali, Yosai, ma spirito giapponese, Wakon, che è superiore.
Nella Costituzione Meiji i giapponesi sono sudditi di un sovrano divino “discendente dal
Cielo”.
Trasformato ormai in una vera e propria ideologia di Stato, lo Shintoismo svolge un ruolo primario
nella costruzione di un’identità nazionale. Viene messo al servizio dello Stato e usato come
strumento di controllo sul popolo.
Vi è un clima favorevole all’idea che il Giappone dovesse assumere un ruolo di guida per
“civilizzare” la società dell’Asia Orientale (darwinismo sociale).
Gli anni Ottanta, pertanto, sono caratterizzati da un ritorno alla tradizione, che interessa il piano politico e
ideologico, in sintonia con le scelte economiche.
Nel 1990 promulgazione del Rescritto imperiale sull’educazione. Principi di base su cui si doveva fondare
l’educazione scolastica: lealtà all’Imperatore, patriottismo, Stato come unica grande famiglia. Anche la
scuola viene dunque messa al servizio dello Stato e diventa luogo di indottrinamento.
Capitolo sesto
NAZIONALISMO E PRIMA ESPANSIONE
Nel biennio 1889-90 si assiste al superamento del feudalesimo che può dirsi definitivamente avvenuto.
Il Giappone diviene uno Stato moderno.
- Consolidamento del capitalismo.
- Formazione sviluppo degli zaibatsu (財閥), gruppi economico-finanziari, la forma giapponese dei
monopoli capitalistici. Ebbe luogo a partire dalla cessione ai privati delle imprese statali non
strategiche.
- L'economia giapponese saltò la fase del libero scambio in quanto da feudale divenne
immediatamente monopolistica.
Il Prince Matsukata Masayoshi attua una politica deflazionistica e istituisce la Banca del Giappone.
- Il successo delle sue riforme portò, nel 1886, alla fine della deflazione e all'acquisizione di una
solida base monetaria in grado di sostenere l'industrializzazione del paese.
Il Giappone diventa il massimo produttore di seta dal mondo.
Nella società giapponese mancano contraddizioni e antagonismi, i sudditi sono fedeli e pronti ad ogni
sacrificio per difendere il kokutai (sistema nazionale).
1. La revisione dei "trattati ineguali" e l'inizio dell'espansione coloniale
L'obiettivo primario diventa la piena indipendenza dell'Impero da conseguire attraverso la revisione dei
trattati ineguali.
Nonostante lo sviluppo accelerato grazie agli interventi del governo in economia, il capitalismo giapponese
viene definito un “capitalismo senza capitali”. La scarsità di fondi avrebbe posto l'imperialismo giapponese
in una situazione di fragilità rispetto agli imperialismi occidentali.
La politica espansionista, funzionale alla massima coesione della società giapponese intorno agli obiettivi
nazionalistici ed essenziale per difendere gli interessi del grande capitale, fu avviata con la guerra contro
l'Impero cinese (Luglio 1894 - Aprile 1895).
Vittoria del Giappone che aveva l'obiettivo di sostituire l'influenza cinese in Corea, parte costitutiva
della “sfera di interesse nazionale”.
Trattato di Shimonoseki (下関条約 Shimonoseki Jōyaku):

Riconoscimento dell'indipendenza della Corea.

Apertura di quattro ulteriori importi cinesi al commercio giapponese.

Cessione di Taiwan, delle isole Pescadores e della penisola del Liaodong.

Risarcimento bellico di 200 milioni di tael d’argento.
Il tentativo giapponese di ammettere il Liaodong fu contrastato dal cosiddetto "triplice
intervento" nel 1895: Russia, Francia e Germania imposero al Giappone la restituzione della
penisola con il pretesto che la cessione avrebbe danneggiato la Cina e messo in pericolo
l'indipendenza della Corea. Il governo è costretto a cedere alla pressione internazionale,
ottenendo però un aumento dell'indennità di guerra di altri 30 milioni di tael d'argento.
Il governo giapponese, con l'espansione delle sue riserve di metallo prezioso, è in
grado di adottare, nel 1897, il gold standard, con grandi vantaggi per le esportazioni
e, in generale, per l'economia.
All'inizio del novecento, il governo giapponese ebbe l’opportunità di consolidare i propri rapporti
internazionali partecipando alla repressione della rivolta dei Boxers in Cina. Questo intervento valse al
Giappone il definitivo riconoscimento da parte degli Stati occidentali.
2. La vittoria contro la Russia
I governi britannico e giapponese firmarono, in funzione antirussa, un Trattato di alleanza che entrò in
vigore il 30 gennaio 1902.
L'accordo prevedeva:
- Il riconoscimento del comune interesse ad opporsi all'espansione rossa;
- Il reciproco aiuto per la salvaguardia dei diritti degli interessi britannici in Cina e di quelli
giapponesi in Cina e Corea;
- La neutralità del partner in caso di conflitto da parte del cofirmatario, ma l'entrata in guerra al suo
fianco se il numero dei nemici fosse stato pari o superiore a due.
La stipula del trattato costituì un grande successo diplomatico politico per il Giappone.
Questa nuova legittimizzazione internazionale consentì al Giappone di porre la questione della
revisione dei trattati ineguali, che nel corso del primo decennio del novecento furono revocati da
tutti gli Stati occidentali a partire dalla Gran Bretagna.
Il 10 febbraio 1904,2 giorni dopo l'attacco giapponese alle postazioni russe nella penisola del Liaodong,
Tokyo dichiarò guerra all'Impero zarista.
Vittoria del Giappone, anche grazie alla collaborazione della Gran Bretagna che impedì l'accesso alla
squadra navale russa, la quale fu costretta a circumnavigare l'Africa.
Il 5 settembre 1905 viene siglata la pace tra le due nazioni:

Riconoscimento degli interessi militari, politici ed economici del Giappone in Corea, che
sarebbe stata annessa nel 1910.

Trasferimento al Giappone della ferrovia sud-manciuriana.

Cessione al Giappone della metà meridionale dell'isola di Sakhalin.
I termini della pace furono giudicati insoddisfacenti dal movimento nazionalista.
Questa insoddisfazione diede luogo alla rivolta di Hibiya.
3. I partiti politici tra coercizione e organizzazione del consenso
Progressivo inasprimento della repressione contro ogni forma di dissenso. I diritti civili e politici furono
limitati con vari interventi normativi, fino alla Legge di polizia per l'ordine pubblico (治安警察法, Chian
Keisatsu Hō ), che diede a polizia e magistratura la possibilità di reprimere le voci di dissenso al regime
esistente.
I partiti politici non facevano vera opposizione, parte dei loro programmi era spesso coincidente con gli
interessi del blocco di potere dominante.
Non esisteva una chiara discriminante tra i mintō (民党, partiti popolari) e i ritō (吏党, partiti
burocratici).
4. Le debolezze del sistema economico
Congiuntura negativa, determinata sia da cause interne sia da fattori esterni.
Sullo sviluppo pesano gli impegni finanziari per lo sforzo bellico.
A causa dei bassi salari industriali, del sovrappopolamento nelle campagne, della fragilità economica e della
impossibilità di assumere forza lavoro per le piccole imprese, il mercato interno giapponese rimase
estremamente ristretto. In queste condizioni, l’esportazione di merci divenne irrinunciabile per il capitale
giapponese. Tuttavia, la concorrenzialità dei prezzi poteva essere mantenuta soltanto con il contenimento
dei prezzi e la compressione delle condizioni di vita di operai e contadini.
La concessione della ferrovia in Manciuria al Giappone non riguardò soltanto l'utilizzazione del sistema dei
trasporti, ma consentì di esercitare il diritto di sfruttamento su ampie aree adiacenti alla massicciata
ferroviaria, ricche di materie prime.
Mantetsu (満鉄) = Acronimo della società ferroviaria per azioni della Manciuria Meridionale.
Superata la fase del consolidamento, dall'ultimo decennio dell'ottocento fino all'inizio della prima guerra
mondiale, l'economia giapponese entrò in una lunga fase di assestamento, caratterizzata da una crisi
endemica che ne rallentò la crescita. Oltre alle conseguenze della guerra nippo-russa, pesò il fatto che il
capitalismo giapponese fu un capitalismo senza capitale, cioè relativamente debole rispetto agli capitalismi
stranieri.
Globalmente il colonialismo stava cedendo il passo all'imperialismo. Il Giappone deve scegliere
un'espansione fondata su una via intermedia tra investimenti e vere e proprie conquiste coloniali,
una forma di dominazione che può essere definita sub-imperialismo o imperialismo coloniale.
Il capitalismo giapponese risentiva dei bassi consumi interni.
Capitolo settimo
PRIMA GUERRA MONDIALE E DOPOGUERRA
1. La crescita economica
L'alleanza con l'Intesa consente al Giappone di occupare alcuni territori cinesi e alcune isole del Pacifico
sotto la dominazione tedesca e della penisola dello Shadong.
L'abbandono dei flussi di merci verso i mercati dell'Asia a causa dell'incremento della produzione bellica da
parte dei paesi occidentali va a vantaggio del commercio dei manufatti giapponese, che invasero i mercati
asiatici e occidentali.
Tra il 1913 e il 1919 incremento della produzione e delle esportazioni tra le 300 e 400%.
Sviluppo produttivo di dimensioni enormi:

Bilancia commerciale giapponese con un saldo attivo di 3 miliardi di yen.

La flotta mercantile passa da 1,5 a 3 milioni di tonnellate (stazza).

I noli marittimi aumentano di 10 volte.

L'intero settore dell'industria pesante trae grande giovamento dalla guerra.

L'industria dell'acciaio e quella metalmeccanica aumentano il fatturato delle esportazioni.

I cotonifici diventano preminenti sui mercati asiatici.
In sintesi, la prima guerra mondiale, in virtù dell'alleanza con l'Intesa e della marginale partecipazione
militare dal Giappone al conflitto, riduce il divario dalle economie dei paesi più industrializzati.
2. Mutamenti sociali e antagonismi
In conseguenza delle trasformazioni economiche e sociali verificatesi durante il conflitto, all'inizio degli anni
20 tutta la società risulta profondamente mutata.
Migrazione dalle campagne nei centri urbani minori e nelle grandi città.
Con la crescita del settore terziario si consolida la media borghesia urbana attratta dall'ideologia del
liberalismo.
I partiti non riescono a divenire organizzazioni politiche in grado di cogliere le aspirazioni delle classi
e dei ceti sociali.
Nel 1918 si verificano i moti del riso (米騒動, kome sōdō), rivolta originata dalla brusca impennata del costo
al dettaglio per il riso, anche se le origini erano più profonde:
- Contrazione dei salari dei lavoratori industriali.
- Condizione di povertà di grandi masse di coltivatori.
Ai moti del riso parteciparono oltre 700.000 manifestanti, appoggiati dai quotidiani.
Repressione e censura.
3. Dai governi trascendenti ai “governi di partito”
La dura repressione dei moti del riso provocò la fine politica del Primo ministro, il generale Terauchi
Masatake, sostituito da Hara Takashi il 20 settembre 1918.
Importante novità: Hara è il primo e il primo “uomo di partito” non appartenente all'oligarchia.
Pur essendo il leader di un partito politico, Hara dimostrò miopia politica, non assecondando le
aspirazioni dei ceti medi urbani attratti dal liberalismo, cioè dalla richiesta di riforma della
Costituzione ed introduzione del suffragio universale.
Il blocco di potere dominante riprende il sopravvento.
Nel 1921 Hara viene assassinato da un nazionalista, in quanto la propaganda lo aveva indicato come
il responsabile del mancato successo della diplomazia giapponese alla conferenza di Pace di
Versailles.
4. Contrapposizioni al blocco di potere
Organizzazione del proletariato.
Nel 1912 Suzuki Bunji fonda la Yūaikai (友愛会, Associazione della fratellanza), la prima forma di
associazione di lavoratori.
Al ritorno dalla conferenza di pace di Versailles, Suzuki fonda il primo sindacato giapponese, la
Nihon Rōdō Sodomei-Yūaikai (日本労働総同盟 - 友愛会, Federazione generale del lavoro del
Giappone, associazione della fratellanza).
Il sindacato, nato debole per via dei tanti limiti legislativi, ebbe ridotte prospettive di crescita.
Lo sviluppo di istituzioni politiche culturali antagoniste, o semplicemente non coerenti con il sistema, fu
contrastato con azioni repressive e persecuzioni. Inoltre, gli intellettuali che propugnavano ideologie
antagoniste al capitalismo non furono capaci di elaborare analisi soddisfacenti della società e dei rapporti di
classe e di forza esistenti.
5. La pace di Versailles e la “vittoria mutilata”
Le aspettative della società giapponese in seguito alla vittoria nella prima guerra mondiale andarono in
parte deluse.
Durante il primo conflitto mondiale, il Giappone tenta di consolidare la propria egemonia in Asia orientale
prendendo il controllo dei possedimenti in Cina sotto la giurisdizione della Germania e attua una politica
finalizzata a trasformare la Cina in colonia giapponese.
Nel 1915 presenta al presidente della Repubblica cinese le “Ventuno richieste”, di cui la Cina ne
accetta 16.
Il governo giapponese partecipa alla spedizione degli Alleati in Siberia che combatteva contro i bolscevichi,
temendo che un'eventuale vittoria bolscevica avrebbe compromesso i propri interessi in Cina e avrebbe
portato a una penetrazione dell'ideologia comunista in Giappone.
L'armata giapponese viene mantenuta in Siberia fino al 1922.
Alla conferenza di pace di Versailles la delegazione giapponese, guidata da Saionji Kinmochi, non riuscì a far
accogliere tutte le richieste presentate.
Al Giappone viene assegnato il mandato di tipo C sulle isole del Pacifico ex tedesche e viene
riconosciuta l'acquisizione dei diritti sulle miniere sulla ferrovia nella penisola cinese del Jiaochou.
Mancato riconoscimento della parità razziale, cui si opposero Stati Uniti e Australia, per il timore per
la crescente immigrazione di asiatici.Sconfitta diplomatica.
All'interno del potere dominante, cresce l'opinione che le potenze occidentali intendessero
mantenere il Giappone in una posizione di subordinazione politica ed economica.
Tra le ampie masse della popolazione si accentuò l'antioccidentalismo.
Anche la conferenza di Washington delle nove potenze del 1921-1922 venne considerata una sconfitta
diplomatica.
Cresce tra la parte del blocco di potere, dei nazionalisti e della popolazione un giudizio fortemente negativo
verso gli stati dell'Intesa.
Nel novembre del 1921 un fanatico nazionalista assassina il primo ministro Hara.
6. Difficoltà economiche e crisi rurale nel Giappone dei primi anni Venti
Preoccupazioni per il blocco di potere dominante:

Rivoluzione d'ottobre in Russia, con il suo estendersi all'Asia centrale.

Nel 1919, in Corea e in Cina si verificano movimenti di massa contro la dominazione imperialista con
l'obiettivo del boicottaggio delle merci straniere e dunque anche giapponesi.

Caduta di domanda negli Stati Uniti delle importazioni di seta dal Giappone.
Inoltre:

Nel 1923, un evento catastrofico: grande Terremoto del Kantō (関東大震災, Kantō Daishinsai), con
gravi conseguenze sullo sviluppo economico.

L'eccessiva frammentazione dei campi, che limitava la meccanizzazione.

La contrapposizione tra unioni di affittuari e unioni di proprietari terrieri.
Per attenuare la crisi nelle campagne e depotenziare le lotte rurali, nel 1924 viene varata la Kosaku
Chōteihō (小作調停法, Legge per l'arbitrato dell'affittanza) che diviene un'efficace strumento dei
proprietari terrieri per opporsi alle vertenze che stavano salendo di tono.
Nel 1923 viene fondata la banca centrale per la cooperazione, che finanziò vari progetti di bonifica.
7. I “governi di partito”, la debolezza dei partiti politici e la stretta autoritaria
in un clima di tensione sociale che rischiava di incrinarne la compattezza, il Kakushin kurabu (苦心クラブ,
Club riformatore) e i partiti Keisei e Seiyū danno vita a una coalizione nella Camera bassa, una maggioranza
in appoggio al governo di Katō Takaaki, presidente del primo “governo di partito”.
Governi di partito = esecutivi operanti tra l’11 giugno 1924 e il 26 maggio 1932. In questo breve periodo i
governi giapponesi nacquero sulla base di maggioranze parlamentari.
I partiti erano pervasi da un'ideologia e svolgevano un'azione politica tutte interne agli obiettivi e agli
interessi del blocco di potere dominante, del quale erano parte integrante, seppur in una posizione
subordinata.
Non ebbero la forza né la volontà di ampliare il proprio potere.
I partiti progressisti o rivoluzionari non erano presenti nella Camera bassa.
Il 5 maggio 1925 viene approvata la legge che istituisce il suffragio generale maschile, allargando l'elettorato
da tre a circa 12 milioni di maschi con età superiore ai 25 anni. La legge tuttavia prevedeva alcune
limitazioni, tra cui l'obbligo per i candidati di versare una cauzione di 2000 yen, rendendo di fatto
impossibile la partecipazione alle consultazioni elettorali di appartenenti ai ceti popolari.
Il 12 maggio 1925, approvazione della Chian Iji Hō (治安維持法, Legge per il mantenimento dell'ordine
pubblico), un momento di svolta fondamentale nel processo politico giapponese. Legge speciale, viene
utilizzata dal ministero degli interni dalla polizia e della magistratura e applicata secondo la convenienza
politica per perseguire gli avversari del regime. Introduce il divieto di “alterare il kokutai”, termine ambiguo
a interpretazione discrezionale.
Capitolo ottavo
DAL FASCISMO AL CROLLO DELL’IMPERO
1. La repressione
Nel ventennio che seguì l'approvazione della Chian Iji Hō, il regime adottò una politica sempre più
repressiva contro i propri oppositori, diventando un regime fascista.
Repressione del proletariato e del liberalismo.
1925, incriminati gli studenti di sociologia dell'Università di Kyōto.
1928, arrestati i dirigenti e i militanti del partito comunista.
1935, caso Minobe (Tatsukichi).
1940, caso Tsuda (Sōkichi).
Misure di controllo.
Libri e riviste vietate.
Controllo sulla ricerca e sul dibattito accademico.
Il Tokubetsu Kōtō Keisatsu (特別高等警察), abbreviato in Tokkō (特高) apparato di polizia
speciale superiore, polizia segreta.
“Procuratori del pensiero”, insediati presso ogni tribunale.
Tenkō (転向, abiura della posizione ideologica), avviata dal procuratore del pensiero
6124 condanne. Al Tenkō si adeguarono oltre 6000 incriminati.
Sospensione di tutti gli scioperi per non sabotare la produzione bellica.
2. La “fabbrica” del consenso
Dal 1910 opera la Teikoku Zaigō Gunjinkai (帝國在鄉軍人会, Associazione imperiale dei riservisti).
Campagne propagandistiche, attraverso dibattiti, corsi, radiodiffusione, audizioni di massa e
preparazione paramilitare per i giovani.
La scuola ha un'importanza cruciale nella diffusione di stereotipi collettivi unificanti e non antagonistici.
Fulcro del Tennōsei (天皇制, sistema imperiale) era l'imperatore, discendente divino,
personificazione del kokutai, alla gloria del quale ogni giapponese doveva contribuire come buon
soldato e buon lavoratore.
Valori: armonia sociale, difesa del “Paese degli dei”, pietà filiale, lealtà e obbedienza.
La propaganda fu condotta anche da una miriade di club, associazioni e gruppi.
Ikki Kita , maggiore ideologo del Tennōsei fashizumu .
“Incidente del 26 febbraio” 1936, condanna a morte di 13 ufficiali e di sei civili, tra i quali Kita Ikki, con cui il
regime pone fine alla rivolta da parte dei ceti piccolo borghesi che avevano posto in essere attività
reazionarie. Ogni antagonismo con il blocco di potere dominante fu messo a tacere.
3. Il nesso fascismo-imperialismo
Il 1937 rappresenta un anno cruciale nel processo storico giapponese. Con la condanna a morte di Kita Ikki
viene definitivamente sconfitto il cosiddetto movimento fascista.
Sul piano internazionale aggredendo la Cina il Giappone avvia alla cosiddetta Guerra dell’Asia Orientale.
Tappe dell’espansionismo giapponese:

Annessione del Regno delle Ryūkyū nel 1879.

Occupazione di Taiwan.

Spartizione con la Russia dell'egemonia sulla Manciuria e acquisizione della ferrovia della Manciuria
meridionale dopo la vittoria sull'impero zarista nel 1905.

Riconoscimento, ottenuto alla conferenza di Versailles, del mandato di tipo C sulle isole del Pacifico
sottratte alla Germania e dei diritti ferroviari e minerari ex tedeschi nella penisola di Jiaochou.
Nel 1931 armata giapponese del Kwangtung invade la Manciuria, avviando la “Guerra dei quindici anni”.
L'anno successivo, nella regione cinese di nuova conquista, fu fondato lo Stato fantoccio del Manchukuo (In
giapponese Manshū-koku 満州国), cinese ma controllato da giapponesi.
Nel 1933 la Società delle Nazioni condanna l'intervento Giappone. Il Giappone si sente isolato e costretto a
subire la preponderanza navale e strategica di Stati Uniti e Gran Bretagna.
Intenso dibattito sull'esigenza di espansione. Persecuzione di ogni forma di non allineamento all’ideologia
del blocco di potere dominante.
La saldatura tra fascismo imperialismo, tra interessi della burocrazia superiore, dei partiti politici
conservatori, degli alti comandi militari, del capitale monopolistico nella forma zaibatsu e della Corte
imperiale mascherata con l'esigenza di difendere l'onore e la gloria del Paese degli dei e del Tennō, in
quanto impostazione del kokutai.
L'imperatore fu il fulcro intorno al quale ruotò l'ideologia del fascismo giapponese, ne fu il protagonista
pseudo carismatico, in quanto nel suo nome furono imposti la repressione dell'antagonista di classe,
l'aggressione imperialista, i sacrifici inflitti alla popolazione per la guerra e per la difesa della “ininterrotta
linea di discendenza divina”.
4. Il tennōsei fashizumu
Tennōsei fashizumu = fascismo del sistema imperiale, regime che si costituì tra le due guerre mondiali con
la saldatura di interessi del blocco di potere dominante formato da zaibatsu, alti comandi militari, funzionari
civili superiori, politici, Camera alta e Corte imperiale. Fu il blocco di potere che depotenziò il movimento
fascista rappresentato dalle idee di Kita Ikki.
Lo scienziato politico Maruyama Masao nel 1946 avviò un'approfondita analisi del regime giapponese tra le
due guerre mondiali, introducendo la distinzione tra “fascismo dal basso” (o “movimento”) e “fascismo
dall’alto” (o regime), indicando come il regime giapponese sia imposto dall’alto.
Maruyama individua delle peculiarità del tennoosei fashizumu.

Kazokushugi (家族主義, familismo) – tutta la razza giapponese è legata come una grande famiglia
allargata. Il Tennō è un padre benevolo.

Nōhonshugi (農本主義 , ruralismo) – la comunità agricola al centro della società, che deve
mantenere la “armonia sociale” ed essere priva di conflitti e antagonismi.

PanAjiashugi (アジア主義, panasiatismo) – mire espansionistiche velate sotto l’unione di “tutti i
popoli e i Paesi dell’Asia sotto la guida del Giappone”. L’imperialismo assunse una forma particolare,
fondato sull’occupazione di territori per garantire materie prime.
5. Gli effetti della Grande Crisi
Tutti gli anni 20 furono per l'economia giapponese un periodo percorso da un andamento altalenante tra
recessioni e riprese.
Nel 1927 lo Shōwa kyōkō (昭和恐慌 , panico del periodo Shōwa), vero terremoto finanziario, causato dalle
misure adottate allo scopo di riavviare l'economia, gravemente colpita dalle conseguenze del sisma del
Kantō.
Le misure introdotte dal governo e il fallimento di un grande numero di banche minori diedero luogo a una
riorganizzazione dell'intero sistema finanziario e del settore industriale. Molte piccole e medie imprese
fallirono. Le grandi banche dei cinque maggiori zaibatsu beneficiarono delle conseguenze del panico Shōwa.
Questo riassetto non riavviò l'economia del Giappone, ancora in recessione. Le maggiori difficoltà derivano
dalla mancata riadozione del gold standard. Lo yen era sottoposto a continue oscillazioni rispetto alle altre
monete. Molti settori economici potenti sono a favore del ritorno alla base aurea.
Il ministro delle finanze Inoue Junnosuke cede alle pressioni e annuncia che il Giappone avrebbe
nuovamente adottato la base aurea a partire dal 1 gennaio 1930. Decisione inopportuna nel momento in cui
i paesi più avanzati avevano abbandonato o stavano abbandonando il gold standard per consentire la libera
fluttuazione delle loro monete.
La crisi ebbe effetti devastanti sull'economia giapponese.
L’azione di svolta per uscire dalla crisi fu avviata dal ministro delle finanze Takahashi Korekiyo, che
abbandonò la politica liberista e accentuò l'intervento dello Stato in economia: abbandono dalla base aurea,
dilatazione della spesa pubblica, riduzione del tasso d'interesse, sostegno dell'economia rurale.
Le opportunità di sfruttamento imperialista della Manciuria, oltre che di Taiwan e della Corea, si
rafforzarono, a favore dei nuovi zaibatsu e successivamente anche dei vecchi zaibatsu, tornati con rinnovato
vigore.
6. La “guerra totale”
Nel luglio del 1937 l'esercito giapponese invade la Cina, avviando così la guerra dell'Asia orientale. Il
conflitto fu concepito come una guerra totale che comportò la progressiva ristrutturazione dell'economia in
funzione dello sforzo bellico, l'ulteriore stretta autoritaria nel controllo sulla società e la riorganizzazione del
sistema politico.
Il 1° aprile 1938 il Parlamento approvò la Kokka Sōdōin hō (国家総動員法 , legge di mobilitazione
nazionale generale). Viene meno la separazione tra potere legislativo (Parlamento) e il potere esecutivo
(governo). Il controllo dello Stato sull'economia e sulle forze sociali, in particolare sul proletariato
industriale, veniva razionalizzato e rafforzato.
Tra il 1940 del 1941 i partiti politici, sempre più privi di potere, vengono assorbiti nella Taiesei Yokusankai
(大政翼贊会 , Associazione per il sostegno della direzione imperiale).
Sul piano internazionale, il Giappone firma il Patto tripartito con l'Italia fascista e la Germania nazista e
l'anno successivo occupa l'Indocina settentrionale.
Il governo di Washington chiede al Giappone garanzie per le Filippine, colonia statunitense, il ritiro delle
truppe dalla Cina. Dopo la firma del patto di neutralità con l'Unione Sovietica, l'esercito imperiale
giapponese occupa l'Indocina meridionale, provocando la proclamazione dell'embargo totale da parte degli
Stati Uniti.
Falliti i tentativi per superare la crisi, l'8 dicembre 1941 gli aerei decollati dalle portaerei giapponesi
attaccano, prima della dichiarazione di guerra, la base statunitense di Pearl Harbor. Con la successiva
dichiarazione di guerra della Germania nazista agli Stati Uniti, la guerra diviene mondiale.
All'inizio i successi giapponesi parvero inarrestabili: furono occupate le Filippine, la Malesia, le Indie
Orientali Olandesi, la Nuova Guinea, la Birmania e fu conquistata Singapore, fortezza britannica ritenuta
inespugnabile.
7. Programmazione e controllo dell’economia di guerra
Intervento dello Stato in economia.
Incentivazione delle commesse di armamenti.
Negli anni in cui si sviluppò il dibattito sulla riorganizzazione dello Stato, in parallelo con esso, si chiarì
definitivamente il nesso esistente tra la riorganizzazione e il suo obiettivo finale: l'espansione in Asia
orientale e meridionale del Giappone in sostituzione dell'“imperialismo bianco”.
Giornalista Ryū Shintarō: il mondo era stato diviso in blocchi, uno dei quali guidato dal Giappone, cui
doveva essere riconosciuto il diritto naturale all'espansione. La sua tesi ebbe risonanza, soprattutto all'inizio
del 1941.
Dottrina Matsuoka (ministro degli Esteri): mondo diviso in quattro zone, sotto l'influenza di Stati Uniti, Urss,
Germania, Giappone. Dottrina superata dai fatti, in quanto la Germania nazista il 22 giugno 1941 invade
l'Unione Sovietica.
Intervento dello Stato in economia:
1. Massicci investimenti pubblici nel settore degli armamenti.
2. Promulgazione di una serie di provvedimenti legislativi di regolamentazione e controllo dei settori
industriale e finanziario.
Nel 1937 la Sezione del Piano stila il Piano per la mobilitazione delle risorse: vengono assegnati a Esercito,
Marina e industria privata ferro, acciaio, rame, alluminio, benzina, cherosene, petrolio grezzo, cotone e lana.
Tra il 1939 e il 1940 la sezione elabora ulteriori piani per rafforzare il controllo sul commercio, lavoro,
capitali, trasporti ed energia elettrica.
Nel 1940, fondazione della Taiesei Yokusankai (Associazione per il sostegno della direzione imperiale), nella
quale sono costretti a confluire i partiti politici e i sindacati.
Negli anni successivi al 1937, il potere dello Stato in economia si accentuò progressivamente e negli ultimi
mesi del conflitto si completò la separazione tra proprietà e management, uno dei principi fondamentali
sostenuti da Rōyama Masamichi, ispiratosi alle dottrine economiche austriaca e tedesca.
8. La “guerra totale” dei sudditi giapponesi
I sudditi giapponesi, sia militari sia civili, parteciparono attivamente alla guerra, ritenendosi tutti difensori
del tennōsei e del kokutai.
La propaganda che puntò sullo sciovinismo, sul comunitarismo e sulla unicità della razza giapponese ebbe
facile presa, tanto che non si levarono voci di dissenso.
I soldati giapponesi, oltre agli orrori della guerra, affrontarono spesso sacrifici inumani. Le atrocità
commesse sono quasi totalmente dimenticate, anche per l'azione di occultamento che ne fece il tribunale di
Tōkyō per i crimini di guerra.
La popolazione giapponese fu sottoposta al razionamento dei prodotti tessili e di prima necessità e subì
incursioni aeree e bombardamenti distruttivi.
La penuria di cibo si fa sentire fino al 1940. Molto spesso le famiglie non avevano di che sfamarsi. Fiorì il
mercato nero e furono frequenti i crimini economici, c'è la violazione della legge sul controllo dei prezzi.
A sostenere lo sforzo produttivo per la guerra totale furono chiamate ampie fasce di popolazione. Molte
donne sostituirono la manodopera maschile inviata al fronte. Tra il 1943 e il 1945 gli studenti delle scuole
superiori e delle università furono obbligati a prestare la loro opera nelle campagne e nelle fabbriche di
armamenti.
Nel 1944 le condizioni di vita peggiorarono ulteriormente. Non c'è città giapponese che non abbia
conosciuto distruzioni da bombardamenti.
Dopo la conquista di Iwo Jima (in giapponese Iōjima) (23 febbraio 1945), il 9-10 marzo Tōkyō subì
un'incursione aerea che causò 84.000 morti.
Nell'ultimo anno il conflitto, quando la sconfitta del Giappone era ormai certa, il blocco di potere non si
diede per vinto e mise il piatto ogni mezzo nel vano tentativo di ribaltare la situazione. Centinaia di giovani
continuarono a dare la vita nei corpi speciali dei kamikaze.
Dopo il termine del conflitto in Europa il Giappone continuò a combattere.
Sanguinosa battaglia a Okinawa. Il 15 agosto, dopo i bombardamenti atomici di Hiroshima (6 agosto) e
Nagasaki (9 agosto) e l'entrata in guerra dell’Unione Sovietica, Tōkyō accettò la resa incondizionata.
Nel messaggio dell’Imperatore Hirohito (chiamato in seguito Imperatore Shōwa) ai suoi sudditi, i giapponesi
avrebbero dovuto “sopportare l'insopportabile, tollerare l'intollerabile”.
Capitolo nono
L’OCCUPAZIONE E IL “MIRACOLO ECONOMICO”
1. Le riforme democratiche
L’occupazione americana del Giappone si protrasse dal settembre del 1945 all'aprile del 1952.
I paesi occupati al Giappone tornarono sotto la dominazione coloniale.
Il Giappone usciva prostrato dalla “Guerra dei quindici anni”, iniziata con l'invasione della Manciuria nel
1931:

Perdita del 70% della sua flotta mercantile.

Perdita di oltre due terzi del suo potenziale industriale.

8 milioni di senzatetto.

9 milioni di disoccupati, cui si aggiungevano altri milioni di militari rimpatriati.
Nella politica di occupazione degli Alleati, le scelte strategiche e gli interventi quotidiani furono prerogativa
degli Stati Uniti.
Tra il 1946 e il 1947 si verifica la cosiddetta “inversione di rotta”: il Giappone, da nemico sconfitto, diviene il
principale alleato degli Stati Uniti in Asia.
Processo di democratizzazione e smilitarizzazione del Giappone diretto dalle potenze alleate:

Abolizione dei ministeri della guerra, della marina, degli approvvigionamenti militari e degli interni.

I testi di propaganda sciovinista furono di atti illegali.

Dissoluazione della Taisei Yokusankai.

Liberazione dal carcere dei prigionieri politici.

Libertà di ricostruire i partiti politici e i sindacati
Vicenda della “giustizia dei vincitori”, attuata sia con l'applicazione di epurazioni sia con la costituzione del
Tribunale di Tōkyō.
Per quanto riguarda le epurazioni, inizialmente i soggetti individuati furono oltre 200.000 dei quali il 90%
militari. Tuttavia, ben presto, su insistenza di Yoshida Shigeru, leader indiscusso negli anni della
ricostruzione, furono istituite commissioni per la revisione delle sanzioni agli epurati, un gran numero dei
quali fu riabilitato.
La rete della giustizia dei vincitori verso i criminali di guerra ebbe maglie assai larghe.
Crimini di classe A: 28 “criminali contro la pace” individuati. Due muoiono prima della conclusione del
processo, uno viene dichiarato insano di mente, sette vengono condannati a morte, 18 condannati a pene
detentive.
Crimini di classe B, crimini di guerra convenzionali, e crimini di classe C, crimini contro l’umanità: furono
giudicati 5397 giapponesi, 984 condannati a morte, 475 ergastoli e 2944 pene detentive.
Non furono considerati alcuni crimini commessi dai giapponesi nei territori occupati, come il “massacro di
Nanchino” del 1938, perpetrato dall'esercito giapponese contro la popolazione civile. La stima è di 200300.000 vittime.
Furono occultati anche gli esperimenti su cavie umane dell'Unità 731 e tutta la vicenda delle migliaia di
comfort women.
2. La nuova Costituzione
Il governo statunitense, con l'appoggio britannico e tra le proteste, optò per la non perseguibilità
dell’Imperatore Hirohito. Temevano il passaggio a un regime repubblicano, il sollevamento della gran parte
della popolazione e l'indebolimento dei vertici burocratici.
L'Imperatore compensò dando dimostrazione di “sopportare l'insopportabile” alla popolazione che quindi
veniva chiamata a collaborare con gli occupanti.
Lo SCAP, il Comando supremo delle potenze alleate, riscrisse radicalmente la costituzione. La nuova
Costituzione del Giappone, ispirata ai principi della democrazia parlamentare, fu promulgata il 3 novembre
1946 ed entrò in vigore il 3 maggio 1947.
Con la nuova legge fondamentale, l’Imperatore divenne il “simbolo dello Stato e dell'unità del popolo
giapponese” e perse le prerogative previste dalla costituzione Meiji: il potere di emanare o respingere
decreti e ordinanze, il comando delle forze armate, il potere di nomina e di revoca dei primi ministri, dei
ministri e dei funzionari di massimo grado. Con l'approvazione del governo, egli può:

Promulgare le leggi e gli emendamenti alla Costituzione e i trattati internazionali.

Convocare il Parlamento.

Sciogliere la Camera alta.

Proclamare le elezioni generali.

Nominare e revocare i ministri e accettarne le dimissioni.

Ricevere le credenziali degli ambasciatori.
La nuova Costituzione prevede la netta separazione dei poteri legislativo ed esecutivo e giudiziario. Inoltre è
fortemente pacifista, perché prevede sia la rinuncia del Giappone alla guerra per la risoluzione delle dispute
internazionali, sia il divieto alla ricostituzione delle forze armate.
Nonostante questo, poco dopo l'inizio della guerra di Corea, fu istituita la Riserva di polizia nazionale i cui
75.000 uomini, tra il luglio del 1950 la fine dell'anno sostituirono i militari statunitensi nel mantenimento
dell'ordine pubblico nel 1952, su pressione degli Stati Uniti nel corso della Conferenza di pace di San
Francisco, alle forze di terra si aggiunsero unità navali e aeree. Nel 1954, per coordinare l'apparato militare
giapponese, anche oggi modernamente armato, fu istituita l’Agenzia della difesa.
3. La vita politica
Dal 1948 al 1954 fu l’era di Yoshida Shigeru, a capo del Partito liberale.
Yoshida pose come priorità assoluta la ricostruzione dell'economia che, a prezzo di immani sacrifici da parte
della popolazione, intorno alla metà degli anni 50, raggiunse i livelli del 1933-35, i più alti del periodo
prebellico.
Grande negoziatore, sotto la sua presidenza il Giappone firmò il trattato di pace di San Francisco.
In accordo con MacArthur, nel 1950 egli promosse la “purga rossa” che colpì dirigenti e iscritti al partito
comunista.
Riabilitò un gran numero di epurati. Tra i riabilitati, nel 1954 riemerse Ichirō Hatoyama che, nominato
presidente del Partito democratico, mise in minoranza il governo Yoshida con l'appoggio dei socialisti.
Hatoyama sarebbe rimasto primo ministro sino al dicembre del 1956, dopo l'unificazione di liberali
democratici nel Partito liberaldemocratico, avvenuta nel 1955.
4. La ricostruzione economica
Lo SCAP attua uno stretto controllo nell’allocazione delle risorse e impone il pagamento delle riparazioni di
guerra in valute pregiate. Ma nel 1947 viene permesso al Giappone di saldare con esportazioni e pagamenti
in yen.
Riforma agraria dello SCAP completata nel 1950: riduzione dell’affittanza delle terra dal 50% al 10%.
Il 1950 fu un anno importante per l’economia giapponese. Oltre che per il successo della riforma agraria, fin
dall’inizio della guerra di Corea (1950-53) l’industria giapponese vide aumentare la propria produzione a
seguito delle sempre maggiori commesse militari da parte degli Stati Uniti.
Investimenti nel settore industriale, pubblici e privati, indirizzati in modo coordinato verso i settori in
sviluppo.
5. Il progresso economico fino ai primi anni Settanta
Ripresa economica lenta e problematica fino al 1950.
Verso il 1955 completamento della ricostruzione economica, tornando ai livelli pre-bellici. Difficile decennio
successivo. Dal 1973 fino all’inizio degli anni 90, bubble economy.
Fattori del successo:

Ricostruire era la priorità assoluta del governo.

Grande spirito di sacrificio della popolazione, comunitarismo.

Limitata libertà sindacale.
Nella metà degli anni Settanta la bilancia dei pagamenti diventa positiva. Negli anni precedenti, politica
economica fondata su:

Limitazione delle importazioni all’indispensabile.

Trasformazione della struttura produttiva in funzione della concorrenza sul mercato mondiale.

Stimolo delle esportazioni, necessarie e compensare i flussi delle importazioni.
Nel 1955, adesione al General Agreement on Tariffs and Trade.
Sōgō Shōsha (総合商社) società commerciali internazionali che favorirono gli scambi commerciali.
Fino al 1965 la popolazione fu sottoposta a gravi sacrifici: salari bassi, consumi interni molto contenuti,
altissimo livello di inquinamento.
6. Le relazioni internazionali
1951, Trattato di pace di San Francisco e Trattato di sicurezza nippo-americano.
1952, termine dell’occupazione alleata.
1953, adesione al Fondo Monetario Internazionale.
1955, adesione al Gatt.
1956, riconoscimento internazionale del Giappone con la sua ammissione all’Onu.
1956, ristabilimento delle relazioni diplomatiche con l’Unione Sovietica.
1960, rinnovamento del Trattato di sicurezza con gli Stati Uniti, ottime relazioni diplomatiche.
1972, ritorno di Okinawa al Giappone, grazie all’accordo del Primo ministro Satō Eisaku con Richard Nixon
nel 1969.
1971, “Nixon Shock”. Nixon annuncia che si sarebbe recato a Pechino per incontrare Mao. Incontro nel
1972.
Dopo la visita di Nixon, il Primo ministro Tanaka Kakuei si reca a Pechino. Stabilimento di relazioni
diplomatiche con la Cina.
Capitolo decimo
CRISI, NUOVO SVILUPPO E RECESSIONE
1. Dalla crisi petrolifera del 1973 alla ripresa
Anni Settanta, primi segni della crisi. Cause esterne: abbandono del gold standard e riduzione delle
importazioni del Giappone da parte degli Stati Uniti.
Crisi petrolifera nel 1973, a causa della riduzione delle esportazioni dei Paesi dell’Opec. Il petrolio copriva il
77,4% del fabbisogno energetico giapponese.
Per il superamento della crisi e la ripresa dello sviluppo, radici sia endogene che esterne.
Interne: sistema economico-sociale, in cui ogni cittadino e istituzione ha un ruolo preciso per migliorare
l’impresa, e quindi per sostenere il Giappone. Al superamento della crisi contribuì l’intera nazione: politici,
burocrati, affaristi, sindacalisti, lavoratori, fornitori e cittadini.
Il governo opera attraverso Programmi redatti dall’Agenzia per la programmazione economica. Fino al 1992,
cinque Programmi.
Si contrassero le entrate, ma diminuirono anche le uscite della bilancia commerciale.
Assistenza agli imprenditori per la riorganizzazione.
Molti dei lavoratori che persero il lavoro nel settore cantieristico furono reimpiegati in altre aziende del
Keiretsu (系列). Il governo favorì le fasi di transizione del lavoro dei lavoratori disoccupati.
A partire dal 1974 in alcuni settori la crescita fu colossale: automobili, prodotti elettrici ed elettronici.
Grande esportazione di tutti questi prodotti.
Espansione di medie e piccole industrie stimolata dalla rapida crescita di questi settori.
Il termine keiretsu assume un significato più ampio: ai keiretsu tradizionali che controllavano capitali
finanziari, industriali e commerciali (come Mitsui e Mitsubishi), quelli nuovi si fondarono su apparati
produttivi integrati per la fabbricazione di un unico prodotto.
2. Alto valore dello yen e distorsioni
Stabilità economica fino al 1985, quando il Giappone entrò nella recessione endaka (apprezzamento dello
yen).
Crebbero massicciamente i consumi interni e gli investimenti esterni ed interni.
3. Gli effetti sociali
L’economia giapponese, tra fino Ottanta e primi Novanta, al di là dell’apparente floridezza ha in se i segni di
una grande fragilità.
Prestiti bancari troppo facili causano difficoltà nel recupero dei crediti. Il governo deve contenere la perdite
di singoli cittadini e imprese.
Grandi e piccole imprese riducono il personale. Aumento della disoccupazione, che passa dall’1,1% del 1970
al 5,4% del 2002. Gravi conseguenze sociali e individuali. Boom di suicidi.
4. I sistemi burocratico e politico
In Giappone le proposte di legge raramente sono di iniziativa parlamentare. In genere sono i funzionari di
medio livello dei singoli ministeri, a volte sollecitati da enti locali e associazioni, a stilare i disegni di legge.
Forte potere burocratico, di cui i politici devono sempre tenere conto.
5. I tentativi di riforma
Punti di maggiore attrito sono le riforme che riguardano la scuola e i rapporti tra politica e burocrazia.
I funzionari riescono a mantenere pressochè intatto il loro potere.
Irrigidimento e chiusura della didattica scolastica. Scuola molto selettiva.
6. Una nuova politica internazionale
Importante mantenere buone relazioni con i Paesi fornitori di materie prime e importatori di prodotti
giapponesi.
Nel loro complesso le relazioni diplomatiche del Giappone presentano parecchi punti di tensione e
difficoltà.
Ad ogni revisione dei manuali di storia si riapre la questione del mancato pieno riconoscimento delle
atrocità di guerra.