Coppie di fatto

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Coppie di fatto
A.M.
UFFICIO FAMIGLIA DIOCESANO
Diocesi di Adria-Rovigo
Coppie di fatto: riconoscere,
regolamentare, ignorare?
Alcune riflessioni
In questo documento è riportato il testo della presentazione Power Point (275 kb) che
potete visionare e scaricare dal sito de “lla Settimana”, settimanale di informazione della
diocesi di Adria-Rovigo, all’indirizzo: www.lasettimana.ro.it
alle sezioni Documenti o Famiglie Dialogo
Questa non è una presentazione fatta per divertire.
Non è brevissima (ma neppure lunga).
Richiede un minimo di impegno.
PER FAVORE
soffermati, presta attenzione.
Comunque tu la pensi,
dopo la lettura,
potresti pensarla come prima
o cambiare idea.
Ma avrai valutato anche altri aspetti,
e la tua visuale si sarà arricchita.
Se invece ritieni che il problema
sia troppo complesso,
fuori dalla tua competenza,
prova lo stesso:
forse scoprirai che le cose
non sono poi tanto difficili da capire.
Rifletti: queste scelte
cambiano il mondo dove viviamo,
il mondo dove vivono i nostri figli,
il mondo che lasceremo in eredità
alle generazioni future.
Vuoi che tutto ciò avvenga
lasciando fare ad altri?
Se accetti questo invito
GRAZIE
E BUONA LETTURA
-1La famiglia cellula della società
La famiglia: un bene prezioso per tutti
•
La famiglia è per eccellenza il futuro della società: la società di domani nasce e cresce
nella famiglia di oggi.
• La famiglia svolge un importante ruolo sociale anche nel presente, in quanto ambiente dove
gli individui trovano ragione di essere, motivazione e sostegno per il proprio impegno nel
mondo.
La Costituzione italiana attribuisce alla famiglia un valore sociale preminente.
• Articolo 29: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata
sul matrimonio».
• Articolo 31: «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la
formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi».
In sostanza la Costituzione dice che la famiglia, società naturale fondata sul matrimonio, svolge
una funzione, quindi le agevolazioni e le provvidenze che le vengono accordate non rientrano in
una logica assistenziale (aiutiamoli perché hanno bisogno), ma sono strumenti per svolgere dei
“compiti”.
Dai principi al concreto
La famiglia "buona", quella che costituisce un ambiente adatto a far maturare uomini
responsabili ed equilibrati, e possibilmente felici, è basata su una coppia che offre amore (inteso
come affetto, tenerezza e responsabilità vicendevole), che si sforza di superare gli inevitabili cali di
passione, gli inevitabili momenti di crisi.
In questa famiglia al figlio viene garantito:
«Faremo di tutto per essere
sempre insieme, uniti, per te».
In questa famiglia il figlio non è costretto a respirare l’aria di un rapporto che si è scelto di far
nascere già precario.
Questa descrizione ideale non deve far pensare alla famiglia del Mulino Bianco, fatta di personaggi
belli sorridenti e spensierati.
Nella vita reale ogni famiglia conosce le difficoltà, la fatica, il conflitto, anche la crisi.
Ciò che caratterizza la famiglia “buona”è la capacità di far fronte a questi elementi problematici,
resistendo al dissolvimento, contando sul senso di responsabilità, senza ridurre la realtà ai bei
sentimenti.
La crisi della famiglia nella società: un danno per tutti
Esperienza non insolita in un qualunque ambulatorio pediatrico di una qualunque città del Nord
Italia: un bambino comincia ad avere mal di pancia tutte le mattine, mal di testa tutte le sere, è triste,
depresso, a volte irragionevolmente ribelle.
In un’elevata percentuale di casi dopo qualche tempo un genitore (in genere la mamma) riferisce al
pediatra che la coppia si sta separando.
Che tristezza vedere un bambino privato del padre, costretto ad accettare come padre un estraneo
che nella migliore delle ipotesi cerca di trattarlo come un amico.
Certo, una famiglia tenuta insieme solo dalla necessità di "essere in regola" non è meglio.
Ma oggi, per un malinteso pluralismo, ci si rifiuta di affermare una verità: è preferibile progettare
un rapporto solido, piuttosto che un rapporto precario nella sua stessa costituzione.
Con ciò le unioni instabili sono incentivate: e infatti stanno diventando frequentissime.
Le ricadute sociali di ciò non possono che essere catastrofiche. In Italia, “per colpa dell’azione
frenante della Chiesa oscurantista”, siamo ancora indietro sulla strada del “progresso”, ma altre
realtà europee, che hanno raggiunto livelli di “civiltà” più avanzati di noi, fanno già i conti con
situazioni allarmanti.
Alcuni spunti tratti dallo State of the Nation Report of the Family Breakdown Working Group
(Rapporto sullo stato della nazione del gruppo di lavoro sul crollo della famiglia) del Social
Justice Policy Group del Partito conservatore britannico.
15% dei bambini cresce senza la presenza del padre biologico;
70% della criminalità giovanile interessa soggetti provenienti da famiglie con un solo
genitore.
-2Possibili obiettivi di una legge
sulle coppie di fatto
Qualunque legislazione che si proponga di regolamentare le convivenze di fatto può coinvolgere tre
aspetti:
1) Il riconoscimento come matrimonio di situazioni diverse dalla coppia uomo-donna
2) Garantire i diritti individuali in situazioni connesse alla convivenza
(per esempio la possibilità di farsi assistere dal convivente in ospedale)
3) Estendere alle coppie di fatto i privilegi delle coppie sposate
(per esempio la pensione di reversibilità)
Forme di famiglia diverse
I padri della Costituzione, nel definire la famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio»,
certo pensavano al matrimonio come unione stabile tra un uomo e una donna, di regola aperti alla
procreazione, impegnati nel mutuo sostegno e nel compito di allevare ed educare i figli.
Recenti teorie negano che la differenza dei sessi sia un elemento costitutivo della persona: essere
maschio o femmina sarebbe un’evenienza accessoria, perfino modificabile in base alla preferenza
dell’individuo.
In questa prospettiva si annulla ovviamente il significato di paternità e di maternità, e si stravolge
l’essenza della famiglia.
Da chi sostiene queste teorie, ispirate ai movimenti gay, provengono sollecitazioni perché le unioni
omosessuali siano riconosciute come matrimonio.
Chi spinge in questa direzione porta di solito due motivazioni:
1) bisogna riconoscere a ciascuno la libertà di scegliere i propri modelli di vita
2) la società non ha il diritto di entrare nel merito delle scelte individuali.
Si tratta di pretesti. Le unioni differenti dal matrimonio in effetti sono già libere. Nel riconoscerle
come matrimonio, si fa ben più che rispettare la libertà, si afferma che sono un valore per tutti, e
tutti hanno il dovere di sostenerle.
È giusto allora che tutti entrino nel merito e valutino se essere d’accordo o no su
quest’affermazione.
Le proposte legislative attualmente in circolazione non sono espressamente orientate
all’introduzione del matrimonio omosessuale, ma le spinte più forti che sostengono queste proposte
provengono da forze e movimenti che vedono in queste misure, con ragione, un primo passo in tale
direzione.
Diritti individuali in situazioni connesse alla convivenza
Un esempio: uno dei due conviventi è in ospedale, impossibilitato ad esprimere la sua preferenza, e
all’altro convivente viene negata la possibilità di assisterlo.
Se vogliamo che in ospedale ciascuno possa scegliere da chi farsi assistere, e riteniamo che
attualmente questo diritto non sia sufficientemente garantito, potremo promuovere specifici
provvedimenti sull’assistenza in ospedale (così permetteremo la giusta affermazione di questo
diritto per tutti, e non solo per i conviventi).
Invece i fautori delle coppie di fatto respingono decisamente questo modo di procedere e
preferiscono affermare i vari diritti all’interno di una legge sulle convivenze.
È chiarissima quindi la volontà di spingere verso un
riconoscimento pubblico delle coppie di fatto.
Posizione legittima, ma che non deve essere portata avanti pretestuosamente. Affermare che
l'esercizio di specifici diritti richieda necessariamente un riconoscimento delle coppie di fatto è
semplicemente falso.
Infatti già ora nella giurisprudenza esistono diversi esempi di regolamentazione di specifiche
situazioni connesse alla convivenza “more uxorio”.
Concedere alle convivenze di fatto privilegi e diritti riservati alle
famiglie
Si tratta di quelle misure economiche e provvidenze previste dalla Costituzione per le famiglie
fondate sul matrimonio allo scopo di agevolarle nell’adempimento dei propri compiti.
Ciò non è senza costo: quando alla famiglia viene concesso un privilegio, altri restano svantaggiati.
Per esempio la pensione di reversibilità costa a tutti. La precedenza nell’assegnazione di alloggi
popolari priva qualcun altro di questo beneficio.
Perché questa disparità di trattamento?
La risposta è nella Costituzione, che riconosce alla famiglia un ruolo sociale, e le attribuisce
sostegni speciali per svolgere questo ruolo.
Ora qualcuno propone di imporre a tutti i cittadini un ulteriore impegno per concedere
privilegi analoghi anche alle coppie di fatto.
Vedremmo allora per esempio coppie di fatto che, a parità di reddito, per il solo fatto di vivere
insieme, scavalcano altri cittadini nell’assegnazione degli alloggi popolari.
In questo modo alle coppie di fatto sarebbe concesso un trattamento che non è di parità, ma di
privilegio!
Perché?
Prima risposta:
risposta: la Costituzione garantisce i diritti dell’uomo, come singolo e nelle
formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità (art. 2).
Però non dice che l’uomo abbia più diritti nelle formazioni sociali che da singolo.
Seconda risposta:
risposta: per sostenerli nel mantenimento dei figli.
Già sono previste garanzie per i figli nati fuori dal matrimonio: possiamo migliorarle.
Qui però si propongono privilegi non per i genitori, ma per le coppie, con o senza figli, con
l’unica motivazione che vivono insieme
Terza risposta:
risposta: anche le coppie di fatto fanno qualcosa di socialmente utile.
Quest’affermazione va dimostrata. Le coppie di fatto non hanno automaticamente diritto a
certi privilegi. Concedere loro dei privilegi a spese di tutti è giusto solo se si conviene che è un
vantaggio per tutti.
È davvero una
scelta vantaggiosa
per la società?
-3Riconoscere o no le
convivenze di fatto?
Quale famiglia tutelare?
Davvero una famiglia costituitasi con il matrimonio offre maggiori garanzie di stabilità?
La risposta è affermativa!
Le statistiche dimostrano che le coppie di fatto si separano molto più spesso e dopo tempi più brevi
(ma è poi così strano?).
La famiglia “buona” però non è quella costituita con un sacramento o con una cerimonia
civile: è quella che nasce dalla volontà dei coniugi, fatta di amore, responsabilità, stabilità;
esisteva prima che Cristo istituisse il sacramento del matrimonio e prima che esistessero le
anagrafi; può esistere anche senza il rito del matrimonio.
Però di fronte alla legge non può bastare
Per svolgere un lavoro bisogna anzitutto saperlo fare, però se uno vuole essere assunto in
un’azienda, non basta che sia competente, dovrà anche esibire una documentazione e sottoscrivere
un contratto assumendo precisi impegni.
Ciò è essenziale per una gestione corretta, tanto più se si tratta di un lavoro retribuito con il denaro
pubblico.
Quando due si sposano, dichiarano formalmente di impegnarsi (almeno sforzarsi) alla formazione
della famiglia e all'adempimento dei compiti relativi (art. 31 della Costituzione). Sono allora
considerati come nuovo nucleo familiare.
Le particolari facilitazioni cui hanno diritto non sono gentili largizioni, non sono neppure un
premio, sono strumenti che servono a meglio svolgere i propri compiti.
Poi ci sarà chi si impegna sul serio e chi no (come ci sono lavoratori più o meno diligenti).
Le famiglie di fatto “buone” esistono!
Ci sono coppie che vivono con amore e dedizione il ruolo di genitori e sposi, la loro relazione è
stabile, e tuttavia non regolarizzano la loro unione col matrimonio, pertanto non possono avere
quelle facilitazioni cui avrebbero diritto, visto che svolgono un ruolo sociale di famiglia.
Potremmo pensare che la concessione di diritti alle coppie di fatto elimini questa ingiustizia.
Ma perché non si sposano?
Evidentemente non possono (per esempio uno dei due potrebbe avere un altro legame),
o non lo trovano conveniente (per esempio per non perdere una precedente pensione di
reversibilità),
o non vogliono (per esempio per affermare il principio di un’autonomia personale rispetto alla
sfera pubblica).
Queste motivazioni che distolgono dal matrimonio si presenterebbero anche nei riguardi di altre
forme di regolarizzazione.
Quindi una legge sulle coppie di fatto non servirebbe per queste situazioni (che già trovano
nell’istituto del matrimonio la loro possibilità di riconoscimento), ma evidentemente serve a
sistemare altre situazioni.
Prendere atto
Si afferma spesso che le coppie di fatto sono ormai una realtà, e lo stato non può fare a meno di
prenderne atto.
È vero, ma “prendere atto” non significa avallare acriticamente un dato di fatto, o addirittura
incentivarlo.
Per il legislatore sensato, che ha a cuore il bene comune, “prendere atto” può anche significare
altre cose: preoccuparsi, porre degli argini; legiferare, quando è il caso, ma con saggezza e
discernimento.
Prendiamo anche atto che i privilegi concessi alla famiglia dovrebbero essere uno strumento che le
coppie usano per svolgere un compito.
Prendiamo atto che concedere gli stessi privilegi ad altri, senza chiedere un impegno analogo,
significa dire alle famiglie:
«Non è per il tuo impegno che ti
aiutiamo, ma per assistenzialismo.
Il tuo impegno non è importante.»
Prendiamo atto dell’effetto devastante che ottiene questo messaggio quando giunge alle giovani
generazioni.
«In questo modo corriamo il pericolo di minare
nei giovani la capacità di crescere,
ostacolando così lo sviluppo di affetti duraturi»
così afferma su Avvenire lo psicanalista Claudio Risé, concordando con tanti altri esperti.
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Ci meravigliamo del fenomeno degli “adolescenti” di 35 anni?
Ci meravigliamo dei giovani che non vogliono assumersi un ruolo attivo nella vita?
Ci meravigliamo che siano depressi?
«Quale mondo erediteranno da noi
le generazioni future?»
Dobbiamo prenderne atto ed
accettare ciò che viene, o vogliamo
fare la nostra parte per quanto
dipende da noi?
Se sei arrivato in fondo
Grazie
Se vuoi continuare ad approfondire l’argomento
leggi “Avvenire” del Venerdì
o collegati al sito
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