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LA LOGISTICA NELLE PMI.
ELEMENTI DI CRITICITA’ ECONOMICOFINANZIARIA E POSSIBILI LINEE EVOLUTIVE
Giovanna Mariani *
Abstract
All’interno del sistema economico internazionale la rivoluzione dell’e-business ha
innescato un processo di cambiamento radicale, in cui l’efficienza ed efficacia nella gestione
della logistica all’interno delle imprese sono diventati fattori determinanti sul piano
competitivo. In questo confronto le pmi, soprattutto per quelle operanti in settori tradizionali,
particolarmente penalizzate da una gestione dei flussi logistici poco sviluppata, hanno
attivato processi di managerializzazione radicali. In certi casi, invece, alcune di esse ha
deciso di rispondere all’aumento della complessità del sistema esclusivamente manovrando le
scorte, introducendo, quindi, meri interventi tampone. In quest’ottica l’articolo esamina gli
elementi di criticità che i diversi orientamenti strategici sulla gestione del sistema logistico e
delle scorte possono generare all’interno delle piccole imprese sul piano gestionale, ma
soprattutto in relazione agli effetti economico-finanziari. Le conclusioni, tratte da un’analisi
empirica svolta su tre contesti aziendali, dimostrano i “vantaggi di costo” che interventi di
miglioramento nella gestione dei flussi logistici e del magazzino, possono rappresentare per
tali imprese. Il recupero di efficienza, l’utilizzo di tecniche internet, il tutto unito agli assets
consolidati che le piccole imprese della Old economy possono ancora vantare rispetto al
mondo della New economy, potrebbero rappresentare la via per il raggiungimento di buone
posizioni nel nuovo scenario competitivo, fortemente condizionato, al momento, dalle nuove
regole imposte dalle imprese della New Economy.
Key words: logistica, gestione delle scorte, PMI
The e-business revolution has started a process of radical change within the international
economic system. In this change the efficiency and efficacy of the logistic management in the
companies have become determinant from a competitive point of view. At this regard, some
traditional companies, particularly damaged by a management with less developed logistic
flows, have started up radical processes reorganization, but it has often dealt with stopgap
interventions aiming to the management of the system complexity increase by rigging the
stock.
The article examines the critical elements on the management side which the different
strategies of the logistic system and stock management can create within the small companies
but, above all, the economic-financial effects.
*
Ricercatore di Finanza Aziendale - Università degli studi di Pisa
e-mail: gmariani@ec. unipi. it
sinergie n. 56/01
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The conclusions, which have been drawn from an empirical analysis on three companies,
demonstrate the “ cost advantages” which such companies might have by improving the
logistic flows and warehouse management. The efficiency recovery, the use of internet all
gathered with consolidated assets which the small companies of the Old Economy still have
compared to the New Economy World could be the way to reach good positions on the new
competitive scenario, strongly affected by the new rules of the New Economy companies.
Key words: logistic, inventory management, small business
1. Premessa
In questi ultimi anni le imprese hanno dovuto progressivamente modificare il
proprio atteggiamento nei confronti della gestione delle attività logistiche.
Da semplice funzione deputata alla gestione della distribuzione fisica delle merci
negli anni ‘60, basata sulla logica di stock, la logistica ha visto gradualmente
crescere il suo impegno all’interno delle imprese, soprattutto in quelle di grandi
dimensioni, nell’ambito della pianificazione dei fabbisogni della produzione, della
gestione degli stock, degli acquisti, dei sistemi informativi, nella definizione del
packaging, nella progettazione dei magazzini, nell’elaborazione delle specifiche
degli impianti di produzione, nella definizione ed attivazione di nuove politiche
commerciali, in sostanza, verso un’ottica integrata delle attività di
approvvigionamento, di supporto alla produzione e di distribuzione fisica.
L’esplosione dell’e-business e dell’e-commerce, in particolare, nonostante il
clima di delusione che attualmente pervade il mondo Internet dopo i tracolli
borsistici ed i fallimenti a ripetizione, ha definitivamente sancito il ruolo della
logistica a driver competitivo, sia per le imprese della New Economy che per le unità
di tipo tradizionale. E’ anzi opinione diffusa che, nei prossimi anni, superata la fase
rivoluzionaria della digitalizzazione dell’economia, i modelli di business che
sopravviveranno e prospereranno saranno quelli derivanti dalla convergenza tra
economia tradizionale e Nuova Economia. Le imprese dell’economia tradizionale,
difatti, avendo percepito le potenzialità legate alla e-economy (potenzialità di
incrementare i ricavi, di ridurre il magazzino ed i relativi rischi, contenere i costi
distributivi, aumentare il livello di soddisfazione del cliente, etc.), dovranno, di
conseguenza, rivedere i propri processi aziendali, rendendoli più snelli e soprattutto
più reattivi rispetto al mercato, e sviluppare le attività on-line che consentano loro di
competere con i nuovi concorrenti. Il just in time produttivo e l’innovazione di
prodotto, ad esempio, impongono oramai al sistema manifatturiero tradizionale un
nuovo modo di concepire sia i flussi in entrata ed in uscita sia la gestione del
magazzino.
D’altra parte, le imprese dell’economia digitale tenderanno a consolidare la
propria posizione e a sviluppare modelli di business integrati con l’economia reale:
soprattutto per le unità che commerciano in prodotti fisici, queste dovranno
progressivamente piegarsi alle dure regole della razionalizzazione degli acquisti,
GIOVANNA MARIANI
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della gestione delle scorte, del packaging, delle consegne e, soprattutto, delle
relazioni con il cliente. Vi sono, infatti, già realtà aziendali1, in particolare quelle che
operano nell’e-commerce, che si stanno progressivamente avvicinando alle
tematiche relative ai sistemi di gestione dei magazzini, poiché per tali unità la
distribuzione si sta presentando come il tallone di Achille del canale virtuale. In
sostanza a tutte le imprese, siano esse della New Economy che dell’economia
tradizionale, di piccola e grande dimensione, si impone dunque la necessità di
ripensare i processi logistici e produttivi: qualità e personalizzazione dei prodotti
significano anche prontezza, affidabilità e flessibilità nelle consegne, il tutto
mantenendo, però, uno stretto presidio sui costi.
2. Il posizionamento delle nostre imprese nella “sfida” della logistica
Nonostante che tale paradigma sia definitivamente riconosciuto a livello
internazionale in Italia la logistica appare a tutt’oggi come un sistema che stenta a
decollare, frenato da una struttura distributiva ancora molto frammentata, nonostante
gli sforzi di integrazione che negli anni si sono avvicendati tra produttori e aziende
commerciali. A tutto ciò devono essere aggiunti i soliti problemi infrastrutturali del
sistema complessivo che sembrano sempre più difficili da risolvere. Questa
debolezza sul piano della gestione logistica del sistema rischia di penalizzare le
nostre imprese nel confronto con i mercati internazionali, in considerazione anche
del fatto che, in un’ottica prospettica, la rivoluzione dell’e-commerce, porterà altresì
ad un ulteriore sviluppo della movimentazione delle merci e alla ricerca di una
maggiore efficienza organizzativa complessiva.
In alcuni studi effettuati2 sullo stato di evoluzione del settore logistico domestico
emerge tra l’altro una fotografia alquanto differenziata all’interno del sistema
economico italiano, riproponendo una sorta di “dualismo dimensionale dello
sviluppo” che negli ultimi vent’anni sembrava destinato ad attenuarsi.
Da un lato le grandi imprese in Italia dimostrano di aver raggiunto una certa
performance nella gestione della logistica, conseguendo anche interessanti economie
sul piano dei costi logistici soprattutto delegando progressivamente tale competenza
ad unità specialistiche esterne, tra le quali primeggiano i grossi gruppi logistici di
respiro europeo, che hanno, da parte loro, gradualmente modificato il proprio ruolo.
Questi si stanno, difatti, offrendo non più come meri “fornitori di servizi di
1
2
Si può riportare come caso significativo a tale proposito l’esperienza Amazon, la quale
nonostante avesse incentrato il suo business sulla gestione di una libreria totalmente
virtuale, a causa delle difficoltà che sta incontrando relativamente alla possibilità di
garantire consegne tempestive, si è dovuta recentemente dotare di magazzini fisici per
riuscire a far fronte alla domanda dei propri clienti.
Per approfondimenti, si vedano, tra gli altri: P. Evangelista a I. Velleco, “La gestione delle
attività logistiche nelle piccole imprese calzaturiere italiane”, Piccola Impresa/Small
Business, n. 2, 1997; P. Pagano, F. Schivardi, “Temi di discussione”, Banca d’Italia,
aprile, 2001.
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movimentazione”, ma come “integratori logistici”, una figura cioè che detiene il
contatto con il cliente e coordina tutti i flussi dalle fabbriche ai ricevitori finali;
possedendo forti capacità organizzative, questi, concertano i diversi attori
specializzati. Oramai sono numerosi i casi in cui l’operatore è addirittura partner del
produttore: egli non provvede solo alla consegna di pezzi o prodotti finiti, ma
realizza e/o coordina anche l’assemblaggio o il confezionamento.
Dall’altra parte si pongono le piccole e medie imprese, le quali da sempre hanno
rivestito un ruolo basilare all’interno della nostra economia, anche per il fatto che, se
non si trovano all’interno di un indotto specifico, hanno di frequente sviluppato un
modello aggregativo di particolare importanza, il modello del distretto industriale.
Tale modello, per le particolari caratteristiche e per l’importante ruolo che svolge
all’interno del sistema economico italiano, ha richiamato l’interesse anche di
studiosi stranieri3. Tale architettura organizzativa, composta di un insieme di piccole
e medie unità, altamente specializzate per fasi di lavorazione, operanti in un
medesimo sottosettore economico ed integrate e interagenti fra loro, ha consentito
nel tempo lo sviluppo di sistemi produttivi con forti gradi di flessibilità e di
adattabilità al proprio interno, raggiungendo alte performance anche sui mercati
internazionali. Ma questa architettura distrettuale, prevalentemente orientata al
manufacturing, soffre ora in modo critico di grosse inefficienze proprio sul piano
logistico, lungo tutta la supply chain. Il funzionamento di un network di rapporti
stabili, come quello sopra delineato, necessita difatti di un’organizzata gestione dei
flussi logistici dei materiali (spedizione delle materie, coordinamento delle
lavorazioni, tempi di riconsegna, improvvise modifiche in termini di quantità e
modelli), ma soprattutto di una perfetta e tempestiva circolazione dei flussi
informativi, dati anche i ristretti tempi di risposta che il mercato impone alle
imprese. Le diverse unità, invece, tendono ad operare secondo una visione
esclusivamente riferita al proprio contesto produttivo, o addirittura soltanto ad alcuni
aspetti della gestione, ignorando, di frequente, ogni attività di programmazione che
coinvolga l’intero ciclo: esse sono soprattutto guidate da una logica di gestione
dell’immediato.
Inoltre tali realtà, ad eccezione del caso in cui esse appartengano ad un sistema in
cui la regia è in mano ad una grande impresa capofila con certe caratteristiche di
leadership e grandezza, come unità singole spesso non trovano interlocutori utili tra i
grandi gruppi logistici che si sono sviluppati a livello europeo, a causa del fatto che i
piccoli volumi che esse esprimono non sono appetibili, convenienti per questi
operatori. Queste inefficienze lungo la catena logistica rilevabili all’interno della
filiera producono importanti effetti negativi di natura economico-finanziaria in ogni
singola unità del sistema complessivo, sia per quanto attiene il raggiungimento di un
certo livello qualitativo delle produzioni, che per il rispetto dei tempi del prodotto e
3
A tale proposito si vedano, tra gli altri: P. Jennings, G. Beaver, “The performance and
competitive advantage of small firms: a management perspective”, in International Small
Business Journal, 15,2, 98, F. Pyke, G. Becattini, W. Senenberger, Distretti industriali e
cooperazione fra imprese in Italia, Banca Toscana, Firenze, 1991, M. E. Porter: Il
vantaggio competitivo delle nazioni, Mandadori, Milano, 1991.
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nella gestione delle scorte, i cui riflessi arrivano, comunque, a ripercuotersi sulla
competitività dell’intero settore4, dato che ogni impresa rappresenta un anello della
catena logistica complessiva. La mancanza di una visione integrata lungo la supply
chain, soprattutto per quello che attiene la gestione delle informazioni da e per il
mercato e la definizione delle previsioni e degli ordini, può generare, infatti, per le
imprese errori nella progettazione e nella programmazione delle attività, le cui
conseguenze sul piano economico-finanziario possono essere di notevole portata. Un
effetto economico immediato al mancato raggiungimento della qualità attesa, ad
esempio, è misurabile attraverso i costi della non qualità, connessi alla gestione
interna del difetto (rilavorazioni, riparazioni, declassamento, etc.), ma il costo della
difettosità può essere di gran lunga superiore nel caso in cui la non conformità sia
rilevata direttamente dal cliente5.
Lo scarso sviluppo delle attività di planning all’interno di tali contesti può
generare, comunque, i suoi maggiori effetti negativi proprio sui “tempi” del
prodotto, dal momento che la gestione separata delle attività del ciclo comporta un
allungamento del time to market complessivo, soprattutto in relazione al tempo di
attraversamento, a causa dei ritardi e tempi di fermo che si possono generare durante
le varie fasi del ciclo.
Non meno importante sul piano degli effetti sui costi è la necessità di detenere
elevati quantitativi di scorte nei diversi stadi del ciclo per prevenire le conseguenze
di questa inadeguata sincronizzazione dei flussi. Nella fase di approvvigionamento,
in primo luogo, le scorte sono chiamate a svolgere la funzione “tampone” a fronte
delle classiche imperfezioni del mercato di fornitura, ma anche per fronteggiare le
eventuali disfunzioni interne al ciclo produttivo dell’impresa. Lungo il ciclo stesso
ed in fase distributiva, il magazzino può diventare essenziale in situazioni gestionali
in cui vi sia la mancanza di una corretta programmazione delle attività e/o per
l’assenza di informazioni provenienti dal mercato, nonché per asincronie funzionali
esistenti con alcuni operatori del canale distributivo. Un aumento dell’investimento
in scorte si traduce, naturalmente, in un incremento dei costi di gestione del
magazzino6.
4
5
6
Per un approfondimento in merito alle problematiche della logistica nell’ambito dei
contesti distrettuali si veda: G. Mariani, “La gestione competitiva dei flussi logistici nelle
imprese distrettuali: riflessi strategici ed economico-finanziari. Il caso di un’impresa
calzaturiera”, in Finanza, Marketing e Produzione, Anno XVIII, N. 4, Dicembre 2000.
Per un approfondimento sulla tematica dei costi della qualità si vedano tra gli altri, M.
Saita, Economia della qualità, Isedi, Milano, 1991; C. L. Musgrove, M. J. Fox, Quality
costs: their impact on company strategy and profitability, Technical Communications
Ltd, 1991; G. Mariani, “I costi della qualità:ancora un mondo da scoprire”, in Sportello
Qualità Informa, IVL, 20 marzo 1992, G. Mariani, “Verso un nuovo modello di gestione
di costi della qualità”, in Flashes... da Qualital, n. 3/93, G. Mariani, “Il rilevamento dei
costi della qualità nella PMI: un caso applicativo”, in Piccola impresa/Small Business, n.
3/94.
Giova ricordare a tale proposito che nella letteratura in materia si associano alla gestione
delle scorte tre macrocategorie di costo, la cui somma, appunto, esprime il costo totale. La
detenzione di scorte, siano esse materie prime, semilavorati o prodotti finiti, genera dei
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LA LOGISTICA NELLE PMI
In linea generale si può osservare che le inefficienze del sistema logistico
possono arrivare a minare la stessa competitività dell’impresa, penalizzando sia
eventuali manovre di riduzione dei prezzi che la possibilità di realizzare vantaggi di
differenziazione rispetto ai concorrenti, influendo, quindi, sul livello del servizio
offerto alla clientela.
3. Gli effetti economico-finanziari di diversi orientamenti strategici sulla
gestione del sistema logistico
In conseguenza alla crescente complessità della gestione delle imprese, quindi,
l’ottimizzazione delle attività logistiche assume oggi un rilievo fondamentale. Ciò è
vero soprattutto per le piccole e medie imprese, per le quali la razionalizzazione
delle procedure e l’utilizzo di corrette politiche di pianificazione dei fabbisogni di
materiali e della produzione rappresenta anche per queste, oramai, una via obbligata.
Come sopra evidenziato le imprese di piccola dimensione si trovano di nuovo a
dover registrare purtroppo un gap rispetto alla grande unità, dal momento che il
mercato richiede sempre più prodotti con alti standard qualitativi, disponibili in
tempi brevi e a costi sostenuti. Per le unità con cicli produttivi deverticalizzati,
inseriti in un contesto distrettuale, la possibilità di rispondere positivamente ai tre
paradigmi del mercato passa necessariamente attraverso lo sviluppo di forme di
partnership con i diversi attori della filiera, ma anche le singole imprese devono in
primo luogo attivare processi di riorganizzazione interna dei flussi materiali ed
informativi, fondamentali per il raggiungimento di una sincronizzazione del sistema
costi di mantenimento, con i quali si misurano tutti quei componenti negativi di reddito
rilevabili per gli spazi occupati, per il personale occupato, per le attività di
movimentazione, per i trattamenti necessari a mantenere inalterate le caratteristiche
merceologiche. A tali costi di natura esplicita, presenti quindi normalmente nella
contabilità, si devono aggiungere quei componenti negativi di reddito di tipo implicito,
connessi al capitale investito nelle scorte. Particolare rilievo assume, in questo contesto,
proprio il calcolo del costo del capitale investito nel magazzino che può essere espresso in
diversi modi, utilizzando il Wacc, il Roi aziendale, o altri parametri, a seconda della
situazione economico-finanziaria che l’impresa presenta ed in base allo scopo della
valutazione. I costi di ordinazione, invece, sono generati dalle attività di preparazione ed
emissione dell’ordine, di ricevimento della merce e per il controllo di conformità, per la
movimentazione e per la gestione amministrativa. I costi di deficit, o per rottura di stock,
esprimono la misura economica di situazioni di inefficienza dovute alla mancanza di
scorte, che possono generare effetti negativi all’interno della gestione ma anche
penalizzare il rapporto con il cliente. Per approfondimenti, si vedano, tra gli altri: J. F.
Magee e D. M. Boodman, Programmazione della produzione e controllo delle scorte, F.
Angeli, Milano, 1992; G. U. Tinarelli, La gestione delle scorte nelle imprese commerciali
e di produzione, EtasLibri, Milano, 1992; E. L. Magad e J. M. Amos, Total Materials
Management, VNR, New York, 1992; A. Grando, “La gestione delle scorte”, in G.
Brugger, La gestione del capitale circolante, Egea, Milano, 1993; G. Mariani, Elementi di
gestione economico-finanziaria delle scorte nelle imprese manifatturiere, Il Borghetto,
1999.
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logistico complessivo.
Vi sono diversi modi per soddisfare queste esigenze di riorganizzazione interna.
Alcune imprese più lungimiranti interpretano questa esigenza secondo uno schema
di rivisitazione completa del sistema, ponendo in essere provvedimenti che puntano
ad un’ottimizzazione completa del ciclo. In questo modo le unità, partendo da
un’attenta analisi di tutti gli elementi di criticità del ciclo, decidono di attuare
interventi di miglioramento di più ampio respiro, con investimenti ad hoc, pronte a
“sacrificare” la possibilità di rilevare degli effetti di tipo immediato sul mercato e sul
piano interno, per realizzare, invece, dei risultati più duraturi e consolidati in futuro.
Si tratta in questa ipotesi di soluzioni di effettiva ristrutturazione del ciclo.
In altri casi, invece, le imprese per rispondere alle richieste del mercato pongono
in essere soluzioni “tampone”, senza rivisitare il proprio ciclo in modo completo e
puntando alla risoluzione dei problemi logistici soprattutto esercitando manovre sul
fronte delle scorte, lasciando al magazzino il compito di assorbire sia le asincronie
della produzione che le fluttuazioni del mercato. In tal caso le imprese possono
ottenere anche risultati immediati di tipo positivo sul piano della customer
satisfaction, ma con effetti negativi sull’economicità complessiva del sistema, la cui
rilevanza si potrà evidenziare in tutta la sua gravità soprattutto nel lungo periodo.
Ad esemplificazione di quanto detto sopra, si presenta di seguito un’analisi per
punti essenziali di due realtà dello stesso settore, quello della rubinetteria e del
valvolame, proprio per cercare di verificare come due scelte differenti sul piano
strategico - competitivo si possano riflettere sulla gestione del sistema logistico e
delle scorte7.
Si tratta di due imprese, per certi versi “concorrenti” e di un settore in cui la
competizione si gioca soprattutto sulla qualità del prodotto, sia per quello che attiene
la sua capacità di rispondere alle specifiche tecniche richieste, ma anche
relativamente al livello del servizio garantito, per il quale la capacità di contenere il
time to order riveste un aspetto di grande rilevanza. La gestione della catena
logistica e delle scorte assumono, difatti, in queste imprese, un rilievo strategico.
Come anticipato le Rubinetterie Alfa e Rubinetterie Beta8 operano nel settore della
rubinetteria e valvolame, un settore questo che in Italia vanta una tradizione
secolare, originariamente con un’impostazione produttiva di tipo artigianale. Dal
dopoguerra, il settore ha però progressivamente vissuto uno sviluppo imprenditoriale
particolarmente concentrato in alcune aree del territorio italiano, dando così origine
al fenomeno dei distretti industriali9. La configurazione distrettuale di questo
contesto competitivo ha certamente favorito il processo di crescita del sistema locale
7
8
9
Nel presente lavoro si riportano i caratteri salienti del caso in oggetto. Per un
approfondimento si veda: G. Mariani (2000), op. cit.
Nel proseguo del lavoro indicheremo la ragione sociale delle imprese con nomi generici,
sia per esplicita richiesta del management che per gli obblighi di riservatezza imposti da
provvedimenti legislativi in materia.
In particolare, i due poli distrettuali dove si è concentrata questa crescita
dell’imprenditoria sono quello di Novara, Vercelli e la Valsesia, ed il secondo soprattutto
all’interno della provincia di Brescia (la Val Trompia).
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LA LOGISTICA NELLE PMI
attraverso la gemmazione di molte realtà imprenditoriali di diversa dimensione,
spinte anche dal fatto di poter beneficiare delle “economie esterne” tipiche del
distretto.
Le imprese del settore dopo un iniziale periodo di forte price competition, e
quindi proteso alla ricerca di leadership di costo, dagli anni Ottanta hanno dovuto
spostare gradualmente la competizione sulla strategia di differenziazione, puntando
sull’innovazione tecnologica, sul design, ma anche su elevati standard qualitativi, in
linea con le prescrizioni internazionali ISO. Caratteristiche, queste, che hanno
consentito alle imprese italiane di interpretare correttamente i gusti del consumatore
attraverso la creazione di un mix di prodotti in grado di offrire un indiscusso valore
estetico e al contempo un alto livello tecnologico e qualitativo, conquistando così
spazi interessanti sul mercato internazionale, dominato da grandi gruppi tedeschi.
Per le unità domestiche, quindi, la sfida competitiva si giocherà sempre più sulla
capacità di differenziazione della produzione ma anche sul piano dell’economicità,
dal momento che le grandi imprese leader, potendo contare su elevate economie di
scala ed avendo al contempo sviluppato sistemi produttivi flessibili, possono essere
interessate a competere anche all’interno di piccole nicchie di mercato, una volta
esclusivo dominio delle unità di minore dimensione. In conseguenza di ciò, quindi,
l’intero settore italiano è chiamato ad un processo di riorganizzazione volto sempre
più alla strategia di differenziazione, ma cercando di “guadagnare” competitività
anche sul piano dei costi, soprattutto in un’ottica di recupero di efficienza dei sistemi
produttivi. L’ottimizzazione del sistema logistico risulta, di conseguenza,
particolarmente importante proprio per le piccole unità che, per contenere i costi di
gestione, in modo da essere concorrenziali con i grandi gruppi, devono porre
particolare attenzione alle possibili soluzioni di ottimizzazione delle loro attività.
Pienamente consapevole di questo must la Rubinetterie Alfa ha deciso di
rivisitare il proprio ciclo logistico.
La società Alfa10 ha sempre cercato di distinguersi rispetto alle grandi
concorrenti attraverso l’adozione di strategie che potessero conferire all’impresa
un’immagine di alta qualità, non solo per quello che attiene il prodotto in senso
stretto, ma anche per la sua flessibilità ed adattabilità alle richieste del mercato,
garantendo tempi di consegna tempestivi ed in progressiva riduzione. Sempre per
quello che attiene il servizio alla clientela l’impresa vanta al momento attuale una
10
Si tratta di un’impresa attiva nel settore da circa cinquanta anni e dopo un iniziale periodo
di operatività nell’area milanese ha deciso, negli anni Sessanta, di trasferirsi all’interno
del polo distrettuale bresciano, per sviluppare maggiormente il suo core business, attratto
dalla presenza in quest’area di innumerevoli unità specializzate nelle attività di servizio
alle imprese. Dal punto di vista dimensionale Alfa rappresenta, all’interno del contesto
italiano del settore, una realtà media, dal momento che negli ultimi tre esercizi essa ha
realizzato un fatturato annuo medio di circa 30 miliardi, impegnando 200 addetti. Pur
riconoscendo la relativa significatività dei parametri di fatturato ed addetti per la
definizione di dimensione di impresa, si ritiene che nel caso specifico si possa asserire che
la realtà presa ad analisi è una media impresa considerando che la più grande azienda del
settore in Italia, la Zucchetti, fattura circa 90 miliardi, con 300 addetti.
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buona adattabilità dell’offerta grazie ad un sistema produttivo altamente flessibile
nel breve termine e quindi capace di adattarsi, con costi contenuti, alla mutevolezza
del mercato. L’impresa ha comunque sempre cercato di conciliare la ricerca di una
migliore customer satisfaction con il mantenimento di una certa solidità sul piano
economico-finanziario. In considerazione di ciò essa ha deciso di intervenire
rivisitando il proprio ciclo logistico interno, sia per migliorare ulteriormente la
flessibilità sul piano produttivo, che per meglio sincronizzarsi con gli attori posti a
monte e a valle del processo, il cui contributo è basilare per il raggiungimento di
determinate performance del prodotto finale. Alfa ha ritenuto opportuno di
intervenire già a livello di progettazione del prodotto sviluppando la ricerca della
così detta modularizzazione11. In sostanza essa ha segmentato il suo ciclo produttivo
in due tronconi (fig. 1).
La prima parte del ciclo, segnata dalle fasi siglate nello schema da A a K ha
come output il rubinetto base: un semiterminato che presenta uno stato di
lavorazione tale che con ulteriori trasformazioni può consentire all’impresa di
realizzare un prodotto finale rispondente alle richieste specifiche del mercato. Il
punto K rappresenta, in sostanza, il punto di disaccoppiamento, cioè in esso si forma
il magazzino che fa da polmone a questi due tratti del sistema produttivo, con
l’obiettivo di rendere il meno vulnerabile possibile quella parte della produzione che
risente in modo pesante delle turbolenze del mercato.
Ne deriva che il punto K è considerato come il punto di maggiore criticità,
soprattutto perché è in corrispondenza di esso che si concentra la più grossa quantità
di semilavorato, che prenderà la forma definitiva soltanto dopo aver attraversato gli
ultimi quattro step di questa catena produttiva. A questo proposito occorre
sottolineare che il punto K rappresenta anche un momento in cui si modifica
l’approccio programmatorio. Fino ad esso, infatti, il prodotto procede sotto la spinta
di una programmazione di tipo classico, impostata su dati previsionali di domanda,
secondo una logica push. Dal punto K in poi, invece, il prodotto subisce
sostanzialmente una spinta di tipo pull, quindi le successive lavorazioni saranno
impostate sulla base degli ordini effettivi. Con il secondo segmento produttivo
l’impresa ha, infatti, cercato di realizzare una dipendenza più diretta con il mercato:
sono gli stessi ordini, infatti, che sollecitano e muovono il flusso produttivo relativo
al secondo segmento. Nel primo segmento, invece, il legame è indiretto perché sono
le previsioni di domanda ad attivare il flusso fisico e non gli effettivi ordini.
11
In poche parole ciò significa scomporre il prodotto in parti elementari che accoppiate tra
loro, con combinazioni diverse, danno luogo a prodotti differenti. Per fare ciò è necessario
individuare nei differenti prodotti offerti le componenti che possono essere accomunate e
che costituiscono la base di tali prodotti. Cfr. R. Lanzara, Le strategie di flessibilità
produttiva, Giappichelli editore, Torino, 1988.
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D
I
C
A
B
E
F
K
L
M
N
O
J
H
Fig. 1: Schema del flusso all’interno della Rubinetterie Alfa
Legenda:
A fase di costruzione dell’anima
B fase di realizzazione del getto di fusione
C fase di realizzazione della barra mediante stampaggio a caldo
D lavorazione barra su torni multimandrino
E lavorazione su ripresa su macchine transfer
F smerigliatura
G prima lucidatura
H verniciatura
I stampaggio ad iniezione di materie plastiche
J LAVORAZIONE ESTERNA
K magazzino particolari ed assemblati
L seconda verniciatura, lucidatura e cromatura
M montaggio e collaudo
N confezionamento
O magazzino finiti e spedizioni
Fonte: ns elaborazione su dati aziendali
L’introduzione di un sistema di programmazione del ciclo di tipo formalizzato
consente inoltre ad Alfa di poter trasmettere le informazioni utili agli altri operatori
posti lungo il ciclo complessivo e di gestire il sistema di fornitura in modo più
organizzato. Il fatto poi che i flussi siano gestiti con una logica push, il primo, e con
una logica pull, il secondo, testimonia la differente tipologia dei due legami.
Quest’ultima parte della produzione, grazie proprio alla modularizzazione del
prodotto e al fatto che gran parte di questo non ha ancora raggiunto una definizione
superficiale definitiva, quando raggiunge il punto K, ha ancora la capacità di
soddisfare il carattere mutevole della domanda, con livelli di efficienza ed efficacia
che riescono a rendere l’azienda competitiva nella sua globalità.
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Risulta evidente, quindi, che la differenziazione di prodotto12, in risposta alle
reali esigenze di mercato, non nasce esclusivamente dalla diversa combinazione dei
componenti comuni. A questa fase di assemblaggio si associano anche una serie di
lavorazioni che scattano sulla base delle indicazioni che provengono dal mercato
attraverso le ordinazioni, le quali riportano con esattezza quale tipologia del prodotto
deve essere realizzata. Per essere più precisi la società Alfa mette in atto un classico
esempio di “anticipo di produzione”, cioè tende a precedere la domanda di mercato,
nel segmento del processo produttivo compreso tra l’inizio ed il punto “K”. E’
abbastanza evidente che, in questo modo, nel punto K si vengono a creare delle
scorte di semilavorato che, nella realtà aziendale in oggetto, sono identificabili nelle
diverse serie di rubinetto base. Queste giacenze, in genere, dovrebbero sostare per
brevissimo tempo in questo magazzino. Esse, infatti, sono realizzate in previsione di
una domanda che dovrebbe concretizzarsi brevemente e quindi contribuire alla loro
definitiva finitura e assemblaggio, trascinandole lungo l’ultimo segmento del
sistema logistico e poi successivamente verso la spedizione ai clienti che ne fanno
richiesta.
Ciò equivale ad affermare che Alfa tendenzialmente non produce per il
magazzino nel senso classico del termine, cioè essa non produce al fine di realizzare
enormi stock di prodotto finito, ma di semilavorato che è in attesa di un’ulteriore
definizione sulla base delle ordinate dettate dal mercato. In questo modo l’impresa
evita di accumulare merce che potrebbe rimanere invenduta perché non rispondente
alle specifiche di prodotto che in un certo momento il mercato desidera, ma al
contempo riesce ad avere un time to order contenuto. Alfa, non ha puntato ad una
totale eliminazione delle scorte, secondo una logica just in time della produzione, ma
riesce ad “anticiparle” verso monte, più precisamente in quel famoso punto “K”
ritenuto assai critico da parte dell’azienda. Tale criticità risiede nel fatto che nel
punto “K” si accumulano ingenti risorse di capitale investito13, con i diversi oneri
impliciti ed espliciti che a questi si associano, questi ultimi soprattutto generati dalle
attività di monitoraggio che devono essere attuate. Tale monitoraggio assume un
doppio scopo: da una parte, infatti, l’impresa riesce ad evitare che si formino
eccessive scorte e quindi un incremento della rigidità della struttura, soprattutto sotto
il profilo economico; dall’altra essa, dalle esistenze di semilavorato, è in grado di
rendere consapevole il commerciale sulle possibilità di evasione degli ordini.
Questa politica implica tra l’altro un investimento di capitale in scorte di
semilavorati che hanno un minor valore aggiunto inglobato rispetto a quelle
costituite da prodotti finiti, dal momento che nel punto “K” troviamo prodotti in
attesa di definizione, i quali devono ancora attraversare un tratto importante della
catena del valore di questa azienda, fosse altro per il minor rischio di obsolescenza
che i semilavorati presentano rispetto ai prodotti finiti.
12
13
In questo caso con l’espressione differenziazione non si intende far riferimento specifico
all’orientamento strategico, ma soprattutto esprimere quel segmento produttivo che
attraverso determinate lavorazioni e con il successivo assemblaggio rende il prodotto
differente nel senso stretto del termine.
Si veda nota 6.
218
LA LOGISTICA NELLE PMI
Il minor investimento in scorte, come sarà meglio evidenziato di seguito,
consente all’impresa di poter realizzare una struttura del capitale circolante più
snella ed ovviamente di conseguire importanti benefici sul piano economico e
finanziario in accordo con l’obiettivo di solidità finanziaria che l’impresa si è posto.
In sostanza l’impresa vuole evitare che vi sia un costante progressivo incremento del
finanziamento del magazzino, spinto dalle esigenze di tipo tecnico- produttivo
imputabili ad una gestione dei flussi di approvvigionamento e del processo
produttivo di tipo improvvisato e delle eccessive fluttuazioni del mercato.
Come si è avuto modo di anticipare le imprese possono intraprendere politiche
alquanto differenti, sul piano della gestione logistica, per rispondere alle esigenze
del mercato.
La Rubinetterie Beta, infatti, ha deciso di porre alla base della sua mission
unicamente la soddisfazione delle richieste del mercato, cercando di recuperare la
flessibilità esercitando manovre essenzialmente sul “volano” delle scorte,
considerando solo in via secondaria i riflessi economico-finanziari che tale politica
produce.
La Rubinetterie Beta14, anch’essa operante nel settore della rubinetteria da circa
cinquant’anni, dalla sua costituzione ha scelto però di non ubicarsi all’interno dei
due distretti specializzati, ma di insediarsi in Toscana. Pur potendo essere
considerate le due imprese in oggetto concorrenti in base al portafoglio prodotti che
esse offrono e per il tipo di lavorazioni svolte all’interno, vi sono però tra le due
alcuni importanti elementi di differenziazione, in particolare per quello che attiene
l’organizzazione interna del sistema logistico.
L’impresa in oggetto a differenza di Alfa, che rivolge più della metà della sua
produzione al mercato estero attraverso grandi distributori, vende, invece, alle
classiche sale mostre le quali, dato l’ampio e profondo assortimento che esse
usualmente gestiscono, operano con basse scorte in magazzino. In considerazione di
ciò per soddisfare le richieste dei clienti, le sale mostre impongono ai fornitori tempi
di evasione dell’ordine piuttosto contenuti. Inoltre Beta per ottenere buoni spazi di
display in queste imprese commerciali cerca di instaurare con esse relazioni
durature, fondate soprattutto sulla forte tempestività, adattabilità e buona qualità.
Tentando una sorta di graduatoria delle leve competitive su cui si fonda il successo
della Rubinetterie Beta la prima posizione è detenuta indubbiamente dal servizio
offerto. L’impresa, infatti, riesce a garantire tempi di evasione dell’ordine piuttosto
contenuti sia rispetto a quelli di Alfa che del settore. Il time to order della
Rubinetterie Beta oscilla da un minimo di 24 ore ad un massimo di 7-10 giorni, per
quei prodotti in cui è richiesta una particolare finitura, rispetto ad un dato medio di
Alfa pari a circa 30 giorni. Grazie soprattutto al fattore della tempestività, elemento
questo che per il settore, come si è avuto modo di specificare in più occasioni,
presenta un fattore di estrema criticità, l’impresa Beta si presenta sul mercato con un
prezzo superiore, in media, rispetto a quello di Alfa e delle altre concorrenti dirette.
14
L’impresa Beta presenta dimensioni più contenute rispetto ad Alfa. Essa ha rilevato un
fatturato medio degli ultimi anni pari a 15 miliardi ed occupa 88 addetti.
GIOVANNA MARIANI
219
A differenza di quanto evidenziato per la Società Alfa la buona tempestività
dell’impresa non è stata ottenuta, però, attraverso una politica di ottimizzazione
dell’intero ciclo logistico, intervenendo sul lato degli approvvigionamenti e del ciclo
di trasformazione interna. Ma la capacità di contenere il time to order e di migliorare
la customer satisfaction in generale è stata ottenuta da Beta soprattutto intervenendo
sul piano delle scorte, attraverso una politica basata su alti magazzini, sia di prodotti
finiti che di semilavorati. La decisione in merito al livello di capitale da investire in
scorte, più precisamente negli stock di semilavorato e di prodotti finiti, diventa una
diretta conseguenza delle scelte che essa attua in merito al livello di servizio che
vuole offrire al mercato: questo rappresenta per Beta il principale obiettivo
gestionale. Beta non ha ritenuto necessario adottare interventi di sincronizzazione
all’interno del sistema logistico, ma di “guadagnare” in termini di flessibilità solo
attraverso manovre di magazzino.
Da questa breve analisi dei due contesti aziendali si può osservare che le due
imprese invertono l’ottica di analisi del processo decisionale. La prima, la
Rubinetterie Alfa, partendo dall’obiettivo interno dell’equilibrio finanziario
definisce di conseguenza i termini del servizio che intende garantire alla clientela.
La Direzione, infatti, in questo modo vuole evitare di “gonfiare” gradualmente il
magazzino nel tentativo di rincorrere il mercato, ed assicurarsi, invece, una struttura
patrimoniale ed economico-finanziaria tendenzialmente equilibrata. Per tale impresa
la strategia di miglioramento della customer satisfaction è stata, infatti, percorsa non
ricorrendo esclusivamente a manovre di magazzino ma intervenendo all’interno
della catena logistica per ottenere, quindi, una reale maggiore flessibilità del sistema.
In questa direzione rientra, infatti, l’applicazione di un sistema di programmazione
della produzione che si propone una gestione della produzione di tipo misto, pushpull.
La Rubinetterie Beta, invece, realizza una gestione del magazzino
sostanzialmente guidata dall’obiettivo assoluto di soddisfare le richieste del mercato,
in un’ottica di tempi di evasione dell’ordine sempre più contenuti, e solo in via
consuntiva l’impresa considera i riflessi economico-finanziari che tale politica
produce. Essa basa la sua strategia di differenziazione proprio sul servizio al cliente,
in particolare per quello che attiene la tempestività nella consegna, senza farsi
influenzare dai riflessi che tale scelta potrebbe avere sulla gestione del magazzino
prima, e sull’economicità complessiva, poi.
Da una breve disamina di alcuni dei principali indicatori di bilancio, espressivi
della “qualità” della gestione del magazzino, è, infatti, possibile evidenziare alcuni
degli effetti delle differenti politiche adottate. La società Beta, ad esempio, presenta
una maggiore rigidità del magazzino espressa appunto da un indice di rotazione
delle scorte più basso ed un valore delle giacenze medie superiore rispetto ad Alfa,
anche se in termini dinamici è rilevabile un relativo miglioramento.
220
LA LOGISTICA NELLE PMI
Indici di bilancio
Indice di disponibilità del magazzino15
Indice di rotazione (n.volte)
Giorni di scorta media
Magazzino/fatturato
ALFA
BETA
1998
1999
1998
1999
25%
23%
29%
27%
5,9
5,9
4,3
4,8
62
62
85
70
11%
11%
43%
45%
Tab. 1: Indici delle scorte delle Rubinetterie Alfa e Rubinetterie Beta
Fonte: ns elaborazione su dati bilancio
Un altro aspetto degno di nota è l’alto peso del magazzino sul fatturato che per la
prima arriva a rappresentare quasi la metà del totale delle vendite, il tutto,
naturalmente con indubbi effetti sul costo di gestione del magazzino, soprattutto in
relazione al costo opportunità del capitale complessivamente investito.
Le differenze strategiche arrivano naturalmente a generare i loro effetti anche sul
piano della redditività (tab. 2), dal momento che Beta pur presentando un
orientamento strategico di tipo evoluto, protesa cioè alla massimizzazione della
soddisfazione della clientela, traduce tale obiettivo sul piano interno in modo troppo
“avventato”, ricorrendo, infatti, quasi esclusivamente a manovre sul magazzino (tab.
1). La redditività del capitale investito (Roi) risulta per essa, infatti, inferiore rispetto
alla Alfa, e tra l’altro anche con un trend decrescente a fronte, invece, di una
tendenziale crescita dell’indicatore per l’altra impresa in analisi.
Rubinetterie Alfa
Rubinetterie Beta
1998
1999
8,2
9
8
7,4
Tab. 2: Valori della redditività del capitale investito (Roi in termini percentuali)
Fonte: ns elaborazione su dati di bilancio
Come si è avuto modo di indicare in diverse parti di questo lavoro gli interventi
di ottimizzazione dei flussi logistici e della gestione delle scorte possono comunque
rappresentare per le singole imprese possono rappresentare interessanti opportunità
di miglioramento dell’efficienza.
Un evidente riscontro delle possibilità di miglioramento delle performance
aziendali che un’impresa può conseguire tramite interventi, anche “minimali”, per la
15
L’indice di disponibilità del magazzino, in un determinato periodo di tempo, è il peso
delle giacenze sul capitale investito. L’indice di rotazione esprime il numero delle volte in
cui si compie il totale rinnovo delle scorte, sempre all’interno di un lasso temporale di
analisi. Con l’indice dei giorni di scorta media si indica, invece, il tempo medio di
permanenza dei beni in magazzino e quindi la durata dell’investimento nel magazzino e
del relativo ciclo economico.
GIOVANNA MARIANI
221
razionalizzazione dei flussi logistici, è fornito dall’esame di un’impresa, anch’essa
operante all’interno di un ambiente distrettuale16. Anzi il caso in oggetto rappresenta
un certo rilievo dal momento che Gamma, a differenza dei due casi precedenti, si
configura come un contesto produttivo altamente deverticalizzato, per il quale la
sincronizzazione dei flussi logistici interni si rende particolarmente critico per il
funzionamento del network complessivo ed il raggiungimento di determinate
performance in termini di prodotto-servizio.
L’impresa in analisi rappresenta una realtà significativa per il settore
calzaturiero, settore questo che ha storicamente costruito il suo successo
internazionale proprio sulla struttura distrettuale, risultando uno dei calzaturifici più
grandi del Valdarno Inferiore e tra i primi cinquanta a livello italiano, in termini di
addetti e di fatturato, con circa 50 miliardi di fatturato ed impegnando direttamente
150 addetti. Nonostante che l’azienda in oggetto presenti una “dimensione” elevata
per la media del settore essa, comunque, ha mantenuto pienamente le sue
connotazioni di impresa familiare, dal momento che tutti i centri decisionali sono
sotto il controllo diretto dei membri delle famiglie dei soci.
L’azienda produce, quasi esclusivamente per commessa, una calzatura di pelle da
donna, su una fascia qualità/prezzo medio-fine, gestendo, però, internamente
soltanto le fasi di definizione del campionario, di preparazione della produzione
delle componenti da far fare all’esterno, di assemblaggio e di rifinizione finale, fasi
di lavorazione, comunque, che maggiormente incidono sul livello qualitativo del
prodotto calzatura finito.
La particolare composizione del mercato di sbocco17, decisamente export
oriented, ed il prodotto di segmento medio-fine, pone a tale impresa la necessità di
introdurre interventi di miglioramento del servizio, espresso questo soprattutto in
termini di riassortimenti frequenti, con tempi di consegna sempre più ridotti e con
un’alta puntualità nell’evasione dell’ordine; il tutto comunque nella ricerca anche di
economicità, dal momento che il tipo di clientela è altresì sensibile alle politiche di
prezzo. Eventuali interventi di miglioramento per tale impresa devono quindi
soddisfare questi tre aspetti.
Partendo da un’analisi del contesto aziendale, al fine di individuare i punti di
maggiore criticità su cui rivolgere le azioni correttive più pressanti, è emersa, infatti,
la presenza di alcune inefficienze, sia sul piano interno che su quello esterno alla
compagine aziendale.
In primo luogo è stato possibile quantificare, seppur a livello approssimativo, dal
momento che l’impresa non esegue una rilevazione contabile ad hoc, un livello di
costi della non qualità stimabili per l’anno in corso, ma pressoché costanti negli
ultimi tre esercizi, pari a circa il 5,14% del fatturato. Di questi circa l’1%, come
confermato dallo stesso imprenditore, è da imputare a scarti e/o rilavorazioni
effettuate sulle non conformità, rilevate dall’impresa sulle lavorazioni fatte svolgere
16
17
Cfr nota 8.
La parte preponderante della produzione (80%) è venduta all’interno della Comunità
Europea, con un 20% destinato al mercato domestico. Il rimanente 20% del totale è
distribuito sul mercato statunitense.
222
LA LOGISTICA NELLE PMI
all’esterno, ma anche sulle parti realizzate internamente (costi della difettosità
interna). Il rimanente 4,14% è, invece, classificabile come costi di difettosità esterna,
in quanto relativi a resi da clienti. Tali costi sono in parte generati dalla gestione
delle non conformità del prodotto in senso stretto (1,5%), ma una buona parte di essi
è relativa al pagamento di penali ai clienti e/o la concessione di sconti soprattutto
ascrivibili al mancato rispetto dei tempi di consegna. Ai costi della non qualità di cui
sopra dovrebbero, inoltre, essere aggiunti i costi della qualità, inerenti cioè ad
attività di prevenzione e controllo, relativi, nel caso specifico, allo stipendio di un
impiegato dell’Ufficio approvvigionamenti, la cui mansione principale è proprio
quella di fare opera di expediting continua nei confronti dei fornitori “non precisi”
(l’incidenza di tali attività è stata quantificata nell’ordine dello 0,5% del totale delle
vendite). In considerazione a quanto sopra evidenziato per l’impresa in analisi è
rilevabile, in conclusione un costo della qualità complessivo pari al 5,64% del
fatturato.
Il passo successivo è stato quello di procedere ad un approfondimento
dell’analisi al fine di risalire alla causa determinante di queste “disfunzioni”,
all’interno delle quali, il non rispetto dei tempi sembrava giocare un ruolo di primo
piano. La misurazione dell’indicatore dell’efficienza esterna, infatti, inteso come
scostamento tra la data di consegna richiesta dal cliente e quella di evasione effettiva
dell’ordine, ha rilevato un ritardo medio delle consegne di ben 11 giorni, rispetto ad
un time to order che si attesta nell’intervallo 60-90 giorni. Tale risultato assume un
significato ancora più importante se consideriamo l’ampia variabilità dei valori
rilevati, che vanno da un massimo di 58 giorni di ritardo, a fronte di casi in cui vi
sono stati anche 17 giorni di anticipo nella consegna. Un’ulteriore fase dell’analisi
ha cercato di individuare quali potessero essere i “fattori” responsabili di questi
frequenti scostamenti tra data di consegna richiesta e quella di evasione effettiva.
Secondo il top management, e come avviene di frequente nel settore, la
“responsabilità” era soprattutto da ricondurre al sistema di fornitura. In realtà
l’indice di efficienza della rete di fornitura18 ha evidenziato un ritardo medio delle
consegne di circa 30 giorni, fino ai 36 giorni delle tomaie. La causa delle
“inefficienze” sembrava, quindi, individuata: l’impresa si trovava a dover subire un
classico esempio di imperfezione dei mercati di subfornitura che, oltre agli effetti
negativi sui tempi del prodotto, comporta, generalmente, anche l’obbligo di
prevedere un elevato magazzino di quei semilavorati e/o componenti considerati
critici per l’attività.19
Sottoponendo ad un’accurata analisi l’intero ciclo ordine-produzione-spedizione,
in sostanza, quell’insieme di attività di carattere primario all’interno della catena del
valore dell’azienda in oggetto, il cui svolgimento concertato determina il time to
order e quindi il livello di servizio che l’impresa riesce a garantire al cliente, sono
però emerse disfunzioni interne di notevole portata, che, per certi versi, possono
18
19
L’indice di efficienza della fornitura esprime, in questo caso, la differenza tra la data di
consegna pattuita per un determinato componente e/o lavorazione, rispetto a quella
effettiva.
Cfr. nota 5.
GIOVANNA MARIANI
223
essere considerate esse stesse corresponsabili delle non elevate performance dei
fornitori relativamente al rispetto dei tempi di consegna. E’ risultata evidente, infatti,
la mancanza di una seppur minima razionalizzazione delle singole attività da parte
dello stesso calzaturificio, guidato, prevalentemente, da un criterio di gestione
dell’immediato.
L’impresa Alfa, infatti, tende ad organizzare la sua attività in base alle date di
consegna dei singoli clienti, scomponendo la richiesta in specifiche bolle di
lavorazione (si hanno diverse bolle per cliente), ognuna delle quali viene però
soddisfatta come se fosse un’unità a se stante. Tutto il ciclo guidato da una logica
push, prende avvio da tale scheduling, senza che vi sia una precedente verifica di
concreta fattibilità sul piano interno. Esiste per l’impresa un importante collo di
bottiglia alla fine della lavorazione, in corrispondenza della fase di montaggio.
L’effettiva capacità produttiva giornaliera del calzaturificio è, infatti, determinata
proprio da questa fase, dal momento che è il numero delle forme disponibili, e tutti i
componenti e/o semilavorati giunti presso questa fase terminale, che delimitano il
numero di paia realizzabili e quindi il grado di soddisfacimento degli ordini. A
quanto sopra, si aggiunge il fatto che il calzaturificio adotta una logica del
contingente anche nell’evasione degli ordini al sistema di fornitura: si ordinano
soltanto i componenti ed i materiali in base alle bolle che risultano più urgenti. Gli
effetti di queste distonie nella gestione dei flussi sono molteplici. Di tipo immediato
sono i notevoli tempi di fermo che si verificano durante la fase di montaggio a causa
della mancanza della forma - o anche solo di un componente - con un’immediata
traduzione di tale disfunzione sul piano economico, in termini di costi di non utilizzo
delle risorse20 che si verifica in questo lasso temporale di attesa, oltre all’aumento
dei costi di giacenza per gli altri componenti work in process. Poiché le richieste di
consegna da parte della clientela si concentrano in uno spazio temporale ridotto, data
la brevità dei tempi di risposta con cui deve abitualmente operare l’impresa, queste
perdite di tempo subite inizialmente costringono, poi, ad una forte accelerazione
successiva del ciclo, al fine di poter recuperare tempo e contenere il ritardo che il
sistema produttivo ha accumulato. Ne risultano ingorghi e punte di produzione, con
omissione delle operazioni di controllo, e quindi un aumento delle non conformità,
nonché disfunzioni sull’intero sistema. Le maggiori perdite di tempo si hanno,
comunque, nella fase di lancio della produzione, nelle serie successive l’impresa si
“premunisce” con scorte aggiuntive di quegli elementi di provenienza esterna
maggiormente critici per il montaggio. Anche da questo intervento di “prevenzione”,
come sopra già evidenziato, consegue, comunque, un appesantimento dei costi per il
maggior impiego di capitale circolante che esso richiede.
E’ pacifico che l’inefficiente circolazione delle informazioni di cui sopra
contribuisce ad alimentare quell’imperfezione del mercato di fornitura che, in linea
con quanto osservato in precedenza, è sovente denunciato dalle imprese calzaturiere,
20
Il costo di non utilizzo delle risorse rappresenta un costo opportunità. Esso si propone, in
genere, di quantificare il rilievo economico della perdita subita dall’azienda per una
situazione di subottimo, come ad esempio, nel caso specifico, per la “produzione perduta”
a causa della sosta imposta al processo produttivo. Cfr. G. Mariani (1994) op. cit.
224
LA LOGISTICA NELLE PMI
dal momento che i diversi attori non possono contare su corretti, attendibili ed
immediati input basilari, invece, per una efficace programmazione delle proprie
attività. Tutti gli attori sono, quindi, protesi all’ottimizzazione del proprio obiettivo
di breve termine, anche se ciò può andare a scapito del risultato finale dell’intera
Filiera e quindi della competitività complessiva.
Nella società Gamma, in particolare, il processo di miglioramento globale deve
essere preceduto da un primo intervento di riorganizzazione delle attività interne,
soprattutto per quello che attiene la capacità di programmazione, al fine di rendere
fluida la gestione di tutti i flussi, materiali ed informativi, interni ed esterni.
Si impone, dunque, per l’impresa in oggetto, l’individuazione di un parametro
che colleghi perfettamente la programmazione con il manufacturing e che consenta
soprattutto una perfetta sincronizzazione del ciclo ordine-forniture-produzione.
L’introduzione di un sistema di “programmazione della produzione per forme”, di
più ampio spettro rispetto a quella attuale - legata ai singoli ordini dei clientidovrebbe inoltre consentire al calzaturificio di ottimizzare gli ordini per le
lavorazioni e/o componenti esterni, dal momento che le ordinazioni potranno essere
effettuate in relazione all’intero fabbisogno dei materiali e componenti, generato da
tutte le richieste della clientela per l’intera collezione, e non solo limitatamente alle
esigenze contingenti. Si tratterà, in sostanza, di trasmettere un piano di ordine
globale al fornitore, ma scadenzato a seconda delle diverse necessità produttive del
montaggio e della consegna. Il fornitore, di conseguenza, potrà a sua volta attivare
un sistema di programmazione interna in base al quale, e grazie all’ottenimento di
commesse non solo ad evasione immediata, poter conseguire economie di scala e il
raggiungimento di un lotto economico. In questa situazione, inoltre, le forniture
dovrebbero essere evase puntualmente, essendo venuta meno quella produzione “al
buio”, additata dalle stesse unità fornitrici della società Gamma come il maggior
ostacolo per il rispetto dei tempi e dello standard qualitativo.
Analizzando, attraverso una simulazione, i possibili riflessi economico-finanziari
che tale intervento di razionalizzazione dei flussi logistici potrebbe arrecare
all’impresa e ponendoli a confronto con quelli relativi alla situazione attuale, è stato
possibile evidenziare, con le dovute cautele trattandosi di un’operazione simulata,
importanti margini di miglioramento per tutti e tre gli aspetti (gestione delle scorte,
livello qualitativo e tempi del prodotto) su cui, come si è avuto modo di analizzare in
precedenza, si riflettono le inefficienze del sistema logistico (Tab. 3).
Dalla ricostruzione dei dati effettuata tramite la simulazione è in primo luogo
emerso che il miglioramento lungo la supply chain potrebbe portare ad una
riduzione del tempo medio di consegna pari al 25% circa rispetto a quello attuale,
con indubbi effetti anche sul time to order complessivo della società Gamma che,
grazie anche alla diminuzione del lead time interno, passerebbe dai circa 70 giorni
medi attuali per soddisfare le consegne a 50.
GIOVANNA MARIANI
Aree di
miglioramento
Tempi del
prodotto
Livello
qualitativo
Gestione scorte
Elementi di analisi
Valori
Ex ante
Time to order
Costi della qualità
Costi di gestione delle
scorte (in milioni):
a)Costi di ordinazione
b)Costi
di
mantenimento espliciti
b1)Costo
di
immobilizzo
delle
scorte
COSTO TOTALE
225
Valori
ex post
70 gg.
50 gg.
5,64% fatturato
Materie prime e Prodotti
semilavorati
finiti
Totale
51
Tendono a 0
Materie
prime e
semilavorati
51
36
102
12
114
71
612
_____
765
75
____
87
687
_____
852
428
_____
535
Tab. 3: Gli effetti dell’intervento di miglioramento
Fonte: ns elaborazione
La possibilità di poter contare su un miglior coordinamento interno e sulla
maggiore affidabilità dei fornitori potrebbe, inoltre, tradursi automaticamente per
l’impresa in una riduzione di tutti quei costi totali della qualità associati all’attuale
gestione di tipo “estemporaneo”, che, come già visto, arrivano, nel complesso, ad
assorbire il 5,64% del fatturato (4,14% per costi della difettosità esterna, 1% per
difettosità interna e lo 0,5% per prevenzione e controllo).
Per quello che attiene, infine, la gestione delle scorte l’intervento di
razionalizzazione del ciclo potrebbe consentire una prima riduzione del magazzino
intorno al 30%, soprattutto in relazione a quella quantità detenuta per prevenire
ritardi e disfunzioni (quindi soprattutto per le materie prime e semilavorati) con un
risparmio di ben 229 milioni (30% di 765 milioni), ma con ulteriori possibili
riduzioni nel futuro. Per quello che attiene i prodotti finiti, mantenendo l’ottica
altamente prudenziale adottata in tutta l’analisi, si è ritenuto opportuno di non
considerare una riduzione del magazzino, poiché l’intervento di miglioramento
ipotizzato potrà avere effetti sulle scorte di questi beni solo in un momento
successivo.
In sostanza gli effetti di un limitato intervento di razionalizzazione lungo la
catena logistica, come quello in oggetto, potrebbe generare un potenziale spazio di
recupero di efficienza quantificabile, in termini economico-finanziari, intorno al 6%
del fatturato che, per un’impresa pressata anche dalla price competition, può
rappresentare un interessante spazio di manovra.
LA LOGISTICA NELLE PMI
226
4. Osservazioni conclusive
La rivoluzione dell’e-business ha innescato un processo di cambiamento
all’interno del sistema economico in generale, in cui l’efficienza ed l’efficacia
logistica diventano fattore determinante e carta decisiva per conquistare e mantenere
i mercati. Le imprese tradizionali, da tempo presenti sul mercato, si sono trovate a
dover gestire una crescente mobilità delle merci e soprattutto a ridurre sempre più i
tempi di risposta alle richieste del mercato.
E’ evidente che le principali sfide sono prevalentemente connesse alle difficoltà
di gestione delle numerose interazioni e/o la scarsa qualità e tempestività dei relativi
flussi informativi, in sostanza all’adozione da parte delle imprese di una logica unica
che guidi il processo di pianificazione, di assegnazione e di controllo delle risorse
finanziarie ed umane nelle operazioni di distribuzione fisica, di supporto alla
produzione e di approvvigionamento che interessi l’intero ciclo di sviluppo del
prodotto, travalicando il confine aziendale. E’, in effetti, la “logistica integrata” che,
attraverso il sistema operativo nella sua globalità, deve provvedere a far sì che si
ottenga un passaggio fluido e coordinato dei materiali e delle informazioni, al fine
ultimo di soddisfare le esigenze della domanda ma realizzando, al contempo,
l’ottimizzazione dei costi operativi. Il suo approccio allargato a tutte le componenti
del sistema logistico, siano esse unità interne che esterne, può, infatti, consentire
all’impresa di realizzare una mediazione delle diverse esigenze, talvolta tra loro
diametralmente opposte, con l’obiettivo di massimizzare, invece, il risultato globale.
L’ottica gestionale deve essere guidata al raggiungimento di obiettivi strategici di
sistema, piuttosto che alla ricerca di soluzioni tampone ai singoli problemi operativi.
Mentre le grandi imprese pienamente consapevoli di ciò stanno, quindi,
terziarizzando velocemente per focalizzare maggiori risorse sul core-business e
soprattutto per contenere i costi logistici, le piccole aziende si trovano ancora in una
situazione in cui esse stesse devono promuovere strutture esterne di tipo consortile
per centralizzare i servizi di logistica difficilmente decentrabili nel contesto attuale.
Non si nascondono le difficoltà, soprattutto sul piano culturale, ed in particolare per
quello che attiene la circolazione delle informazioni.
In questa direzione le tecniche Internet diventano strumenti di basilare
importanza proprio per le piccole unità. Il digital market21 rappresenta, infatti,
un’opportunità di grande rilievo per queste unità dal momento che grazie alla
diffusione del mercato digitale queste possono trovare un’infrastruttura abilitante
che consente il by pass di certi vincoli dell’economia tradizionale, tra cui spicca
maggiormente la gestione dell’informazione. Con l’obiettivo di ottimizzare i margini
ed i profitti le imprese diventano soggetti attivi dei mercati digitali (anche con
meccanismi simili a quelli delle aste) veicolando su questi un insieme di
informazioni che generano opportunità di business, come la possibilità di risolvere i
21
Con il termine digital market si indicano le piattaforme sulle quali convergono fornitori
specializzati per categorie merceologiche e si realizza l’incontro tra domanda ed offerta
per determinati beni e servizi, senza alcuna limitazione ex ante alla possibilità di
parteciparvi.
GIOVANNA MARIANI
227
picchi di domanda e di poter gestire velocemente situazioni di rimanenze in esubero,
anche se la partecipazione a una sorta di comunità on line da parte di piccole e
medie imprese determina un radicale cambiamento o re-ingegnerizzazione dei
processi interni. E’ necessaria l’adozione di sistemi informatizzati (come il Webenabled) che realizzano, per esempio, collegamenti dell’azienda con il cliente e i
fornitori per lo scambio di informazioni, ordini di acquisto, pagamenti e altro. Le
diverse unità della supply chain possono gestire i propri acquisti via Internet
inviando e processando automaticamente gli ordini verso i fornitori (e-procurement),
dando visibilità in tempo reale sulle proprie scorte di magazzino, sui ritmi di
produzione; è possibile, inoltre, condividere documenti e progetti tra gruppi di
lavoro lontani tra le diverse imprese coinvolte nella realizzazione di un prodotto,
oppure, ancora, offrire il customer service on line. Per poter applicare con successo
il modello Web-enabled, un’azienda deve però innanzitutto individuare le aree della
propria supply chain che costituiscono effettivamente fonte di forti criticità e
concentrare su queste aree il primo sforzo di applicazione delle nuove tecnologie.
Non si deve, infatti, dimenticare comunque che le aziende tradizionali e
consolidate, nonostante registrino un forte ritardo nei confronti dell’utilizzo dell’ elogistics possono, comunque, vantare una serie di assets di grande valore anche
rispetto al mondo della New Economy: queste hanno marchi conosciuti, relazioni
consolidate con i fornitori e clienti, risorse collaudate, processi avviati e rodati,
disponibilità finanziarie ingenti. In queste è però necessario attivare processi di
managerializzazione che mirino al recupero di efficienza operativa e di produttività,
anche attraverso rinnovamenti tecnologici e gestionali, evitando interventi tampone,
che puntino alla gestione dell’incremento della complessità esclusivamente
aumentando le scorte. Le imprese potrebbero scoprire al loro interno interessanti
spazi di manovra per recuperare “vantaggi di costo” e poter guadagnare, proprio
grazie agli assets consolidati, buone posizioni nel nuovo scenario competitivo,
fortemente condizionato, al momento, dalle nuove regole imposte dalle imprese
della New Economy.
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