Il progetto della sicurezza stradale: i sistemi di contenimento
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Il progetto della sicurezza stradale: i sistemi di contenimento
Il progetto della sicurezza stradale: i sistemi di contenimento dei veicoli ing. Andrea Demozzi CEN (Comité Européen de Normalisation), “Road restraint systems” (TC226/WG1) UNI (Ente Italiano di Unificazione), “Barriere” 1. RIFERIMENTI NORMATIVI PRINCIPALI SUL TEMA “SICUREZZA STRADALE” 2 2. GLI INTERVENTI PREVISTI DAL PIANO NAZIONALE DELLA SICUREZZA STRADALE 3 3. SITUAZIONE ATTUALE DELLE BARRIERE DI SICUREZZA STRADALE 4 4. QUADRO NORMATIVO SULLE BARRIERE DI SICUREZZA 6 5. APPLICABILITÀ ODIERNA DEL D.M. 223/92 (E S.M.) 8 6. IL PROGETTO DELLE BARRIERE DI SICUREZZA STRADALE 10 7. IL PROGETTO DELL’INSTALLAZIONE 14 8. CONCLUSIONI 17 Ha collaborato: ing. Massimo ECCEL 1. Riferimenti normativi principali sul tema “sicurezza stradale” Negli ultimi dieci anni gli incidenti stradali hanno causato in Italia più di 72.000 morti e 2.400.000 feriti, determinando un inaccettabile costo in termini di vite umane e di dolore, ma anche in termini strettamente economici (professionalità perse, inabilità temporanee, riduzione risorse del sistema sanitario nazionale, assicurazioni, veicoli distrutti, ecc.) 1. A fronte di questa situazione, con la legge che istituisce il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (Legge 17 luglio 1999, n, 144, art. 32) l’Italia si è posta l’obiettivo di ridurre del 40% il numero di morti e feriti entro il 2010, in base alle indicazioni contenute nel secondo programma per la sicurezza stradale elaborato dalla Commissione europea2. Nell’ultimo decennio, inoltre, si è sviluppata un’intensa attività normativa e di ricerca al riguardo, sia per regolamentare il tema sicurezza stradale che per agevolarne la promozione, a livello culturale e infrastrutturale. Attualmente, i principali riferimenti normativi in Italia sull’argomento possono essere riassunti come segue: a) Norme dello Stato (leggi, decreti, circolari, ecc.), che fissano competenze e prescrizioni cogenti per i soggetti interessati (enti gestori di infrastrutture, progettisti, utenti), suddivise in 1 a.1) Norme che regolamentano la materia e/o finanziarie, in particolare: - Codice della Strada e Regolamento Attuativo (D. Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, aggiornato con D. Lgs. 10 settembre 1993 n. 360 e D.M. 4 gennaio 1995) - Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (istituito con l’art. 32 della Legge 17 luglio 1999 n. 144) a.2) Prescrizioni tecniche generali, quali (si citano solo le principali) - Costruzioni e carichi (D.M. LL.PP. 9 gennaio 1996) - Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade (D.M. Infrastrutture e Trasporti del 05.11.2001) - Classificazione delle strade (D.M. LL.PP. 1 giugno 2001) a.3) Prescrizioni tecniche particolari Ministero Lavori Pubblici, Ispettorato Generale per la Circolazione e la Sicurezza Stradale, Indirizzi generali e linee guida di attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale, Febbraio 2000 2 Commissione Europea, "Promuovere la sicurezza stradale nell'Unione europea: Programma 1997-2001", Com (97) 131 def. - Gallerie (D.M. LL.PP. 6 dicembre 1999 e D.M. LL.PP. 5 giugno 2001) Ponti (D.M. LL.PP. del 4 maggio 1990) Barriere di sicurezza stradale (D.M. LL.PP. n. 223 del 18 febbraio 1992 e successivi aggiornamenti) Segnaletica (D.M. LL.PP. n. 1584 del 31 marzo 1995 e successivi aggiornamenti) b) Norme tecniche non cogenti, da assumersi come migliore pratica di riferimento per gli stessi soggetti interessati, in merito a materiali, sistemi e attrezzature (pavimentazioni, segnaletica orizzontale e verticale, illuminazione, sistemi di ritenuta e di assorbimento d’urto, ecc.) - Pubblicazioni CNR Norme UNI Norme CEN 2. Gli interventi previsti dal Piano Nazionale della Sicurezza Stradale Le Linee Guida del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale sopra citato identificano alcuni campi di intervento e linee di azione principali, su vari livelli: - - culturale, con l’obiettivo di costruire una nuova cultura della sicurezza stradale, sollecitando la partecipazione diretta alla costruzione di una mobilità sicura e sostenibile da parte delle amministrazioni locali, delle Province o Regioni, di altri enti gestori di infrastrutture viarie, di imprese, Università, scuole, associazioni; strutturale, prevedendo interventi specifici su strutture e/o attrezzature volte a migliorare la visibilità ed il comfort per l’utente; informativo, per migliorare il servizio offerto all’utenza sia mediante i canali di trasmissione tradizionali (radio-televisione, videotel, internet) che mediante sistemi di nuova generazione, quali i pannelli a messaggio variabile (anche mobili), per il pre-avviso di incidenti, cantieri e difficoltà varie. Gli interventi strutturali possono essere in breve schematizzati come segue: a) Interventi che possono richiedere l’ampliamento del sedime attuale dell’infrastruttura stradale. Si tratta di interventi importanti, che generalmente vengono considerati in sede di programmazione triennale o superiore da parte dell’ente gestore. - Caratteristiche geometriche e funzionali di tronchi e intersezioni stradali. Modifica delle caratteristiche della sezione trasversale e dello sviluppo plano-altimetrico, allo scopo di adeguare tali caratteristiche alle funzioni svolte. - Fasce di pertinenza. Sistemazione ed organizzazione delle aree di sosta, degli attraversamenti pedonali, degli accessi e delle piste ciclabili. b) Interventi all’interno del sedime attuale dell’infrastruttura stradale. - - - - Visibilità e illuminazione. Definizione di aree libere da ostacoli, basata sui criteri di valutazione degli spazi di arresto dei veicoli. Segnaletica. Criteri di qualità intrinseca (uniformità, omogeneità, semplicità, continuità, coerenza rispetto all’uso e alle regole di circolazione) e altri criteri di qualità legati alla specifica installazione (materiali per la segnaletica verticale, prodotti per la segnaletica orizzontale, criteri di posa in opera). Sistemi di contenimento dei veicoli. Adeguamento delle barriere di sicurezza alle norme attuali; studio dell’installazione dei guardrail in base a criteri di rischio; protezione di punti singolari (pile-spalle di sovrappassi, cuspidi, inizio-fine tratti di guardrail laterale, ecc.). Manutenzione evolutiva o conservativa della sovrastruttura stradale. Progressivo miglioramento delle caratteristiche (superficiali e/o profonde) delle pavimentazioni, mediante analisi, valutazione dell’opportunità o meno dell’intervento, scelta del tipo di intervento. Con il presente articolo si intende approfondire ed esporre lo stato dell’arte di un intervento strutturale particolarmente importante, per l’innovazione tecnologica in atto e per l’attenzione del Legislatore al riguardo: i “sistemi di contenimento dei veicoli”, o barriere di sicurezza stradale. 3. Situazione attuale delle barriere di sicurezza stradale Il tema “barriere di sicurezza stradale” è stato affrontato in Italia già nel 1966 dalla Nota Ministeriale “Norme tecniche per le barriere di sicurezza in metallo” (30.07.1966). Con il Bollettino Ufficiale del C.N.R. 28.07.1980 (“Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade extraurbane”), inoltre, sono stati proposti i primi criteri tecnici per valutare il tipo e l’opportunità delle installazioni di tali sistemi lungo i bordi delle carreggiate stradali. Ciononostante, la fuoriuscita dalla carreggiata costituisce ancora oggi una tipologia d’incidente particolarmente pericolosa, causando circa il 20% dei morti dovuti agli incidenti stradali (circa il 24% in ambito extraurbano). Un dato recente (anno 1997) parla di 1.211 morti e 24.677 feriti a causa delle fuoriuscite3. 3 Ministero Lavori Pubblici, Ispettorato Generale per la Circolazione e la Sicurezza Stradale, Linee guida per la redazione dei Piani della Sicurezza Stradale urbana, 2001 I fattori di pericolo possono essere legati ad inadeguatezze sia strutturali che funzionali delle barriere. In particolare: a) Le barriere di sicurezza in acciaio installate sulle strade esistenti spesso risalgono ancora ai tempi della realizzazione delle stesse strade, con le caratteristiche geometriche e meccaniche previste dalle normative dell’epoca. In particolare l’altezza delle barriere, mediamente pari a 65cm, risulta non adeguata, con molti tratti al di sotto dei 60cm, a causa sia degli abbassamenti dei rilevati che delle ricariche successive delle pavimentazioni. A questo si deve aggiungere, per alcune zone, l’effetto corrosivo dei sali disgelanti e dei gas di scarico sia sulle lame che sui montanti. b) Dalla costruzione dei diversi assi viari ad oggi, il traffico stradale si è inoltre notevolmente modificato: sono aumentati i flussi e si sono modificati i veicoli, sia come massa, sia come velocità, sia come geometria. In particolare, i mezzi pesanti hanno considerevolmente aumentato l’altezza del proprio baricentro, rendendo ancora più inefficaci le barriere esistenti. c) Malgrado le indicazioni normative al riguarda (Codice della strada), spesso manca ancora un’adeguata protezione degli ostacoli fissi laterali, quali: alberi, pile e spalle dei sovrappassi, opere di drenaggio, supporti per illuminazione, segnaletica e cartellonistica. d) Infine, gli stessi dispositivi di ritenuta possono risultare pericolosi. Le barriere di nuova generazione, infatti, sono evolute in modo tale da costituire di fatto dei sistemi meccanici con un certo grado di complessità. Le installazioni, perciò, devono essere eseguite con particolare cura, nel pieno rispetto delle indicazioni progettuali, in modo da evitare possibili funzionamenti non corretti; ma soprattutto il progettista deve porre attenzione ad evitare eventuali “punti neri” del sistema, zone cioè di elevato pericolo in caso di urto. Esempio tipico di “punti neri” sono i “terminali – iniziali” delle barriere e le transizioni tra barriere con diverse caratteristiche. In particolare: - il terminale “a manina” (vedi figura), presenta il rischio dell’ “effetto – lancia”, per cui il terminale può entrare nell’abitacolo; - il terminale “interrato” può comportare l’ “effetto – rampa”, per cui il veicolo può salire sul sistema e capottare; - l’interruzione del corrimano superiore di una barriera da ponte, può provocare un ulteriore “effetto – lancia” ad un’altezza particolarmente pericolosa. Le moderne barriere di sicurezza metalliche, inoltre, non hanno ancora preso in considerazione la sicurezza dei conducenti di ciclomotori, che rappresentano comunque il 12% dei morti per fuoriuscita. 4. Quadro normativo sulle barriere di sicurezza Il tema “barriere di sicurezza stradale” è stato affrontato dalla normativa nazionale in modo molto intenso e spesso contraddittorio: basti pensare che negli ultimi 12 anni (1992 – 2004) sono state emesse almeno 15 disposizioni normative in merito. In particolare, alla data odierna la normativa tecnica specifica o attinente all’argomento può essere riassunta come segue: 1. Nota Ministeriale 30.07.1966, Norme tecniche per barriere di sicurezza in metallo 2. Bollettino Ufficiale del C.N.R. del 28.07.1980, Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade extraurbane 3. Circolare LL.PP. n. 2337 del 10.07.1987, Provvedimenti per la sicurezza stradale. Barriere stradali. Specifica per l’impiego delle barriere in acciaio 4. D.M. LL.PP. del 04.05.1990, Aggiornamento delle norme tecniche per la progettazione, l’esecuzione ed il collaudo dei ponti stradali 5. D.M. LL.PP. n. 223 del 18.02.1992, Regolamento recante istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza 6. Circolare LL.PP. n. 2595 del 09.06.1995, Barriere stradali di sicurezza. Decreto ministeriale 18 febbraio 1992, n. 223 7. Circolare LL.PP. n. 2344 del 16.05.1996, Autorizzazione al Centro prove per barriere di sicurezza stradali di Anagni, della Società Autostrade 8. Circolare LL.PP. n. 2357 del 16.05.1996, Fornitura e posa in opera di beni inerenti la sicurezza della circolazione stradale 9. D.M. LL.PP. n. 4621 del 15.10.1996, Aggiornamento del decreto ministeriale 18 febbraio 1992, n. 223, recante istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza 10. D.M. LL.PP. n. 4266 del 15.10.1996, Istituti autorizzati all’esecuzione di prove di impatto in scala reale su barriere stradali di sicurezza 11. Circolare ANAS n. 17600 del 05.12.1997, Progettazione, omologazione e impiego delle barriere stradali di sicurezza 12. Circolare ANAS n. 6477 del 27.05.1998, Circolare n. 17600 del 05.12.1997 – Chiarimenti 13. D.M. LL.PP. del 03.06.1998, Ulteriore aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza e delle prescrizioni tecniche per le prove ai fini dell’omologazione 14. D.M. LL.PP. del 11.06.1999, Integrazioni e modificazioni al decreto ministeriale 3 giugno 1998, recante: “Aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza” 15. D.M. LL.PP. n. 3011 del 08.05.2001, Barriere stradali 16. D.M. Infrastrutture e Trasporti del 02.08.2001, Proroga dei termini previsti dal D.M. 11.06.1999 relativo alle barriere di sicurezza stradali. 17. D.M. Infrastrutture e Trasporti del 05.11.2001, Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade. 18. D.M. Infrastrutture e Trasporti del 21.06.2004, Ulteriore aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza e delle prescrizioni tecniche per le prove ai fini dell’omologazione. 19. Direttiva D.M. Infrastrutture e Trasporti del 25 agosto 2004 n. 3065, Criteri di progettazione, installazione, verifica e manutenzione dei dispositivi di ritenuta nelle costruzioni stradali. Dopo un lungo periodo di incertezza e di dibattito, oggi il quadro normativo si sta lentamente avviando alla definizione in linea con le indicazioni internazionali. Gli ultimi aggiornamenti recepiscono finalmente il lavoro svolto dal Comitato Tecnico europeo CEN/TC/226, armonizzando di conseguenza la normativa nazionale in materia di barriere con gli standard europei (UNI EN 1317). . 5. Applicabilità odierna del D.M. 223/92 (e s.m.) Attualmente il riferimento normativo principale sul tema barriere è dunque il Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 223 del 18 febbraio 1992 e successivi aggiornamenti ed integrazioni (il più recente datato 21 giugno 2004). Come affermato più sopra, l’applicazione di questo Decreto ha avuto un lungo periodo di difficoltà, e solo di recente il quadro normativo si è sufficientemente chiarito. Le difficoltà applicative sono sorte in particolare nella gestione del periodo transitorio (art. 9), che prevedeva l’entrata in vigore del Decreto “…sei mesi dalla data di pubblicazione della circolare … (di) avvenuta omologazione di almeno due tipi di barriere per ciascuna destinazione e classe…”. Come affermato dalla Circolare Ministero LL.PP. 9 giugno 1995, n. 2595, nel periodo transitorio, di fatto, “l’unica normativa … applicabile alle barriere stradali di sicurezza (era) rappresentata dalla Circolare 11 luglio 1987, n. 2337, e dalle norme C.N.R.”, applicabili “ai soli nuovi impianti ed ai rimpiazzi” (art. 1 della n. 2337), senza indicazioni in merito dell’individuazione delle zone da proteggere Le operazioni di omologazione dei diversi sistemi da parte del Ministero hanno occupato un arco temporale molto lungo. In considerazione del perdurare del periodo transitorio, il Ministero ha pubblicato il 3 giugno 1998 un decreto di aggiornamento delle Istruzioni Tecniche, in cui si prevedeva (art. 3) la possibilità per il Ministero di pubblicare anche separatamente le circolari di cui sopra, che avrebbero di conseguenza reso operativo il decreto per le relative classi di omologazione. Ai fini della scelta tipologica delle barriere, perciò, con il decreto del 1998 si sono posti i seguenti termini: - - per classi di barriere con circolare di omologazione già pubblicata: obbligo di utilizzare barriere omologate a partire da 6 mesi dopo la data di pubblicazione della circolare stessa; per classi di barriere non omologate: obbligo di prevedere barriere comunque adeguate alle nuove norme a partire da 18 mesi dalla pubblicazione del decreto. Questo termine è stato più volte posticipato, fino al più recente D.M. 23.12.2002, che ha fissato l’obbligo a partire da 12 mesi dalla pubblicazione dello stesso D.M. (data di pubblicazione: G.U. del 24.03.2003). La situazione alla data odierna (dati aggiornati al maggio 2004), quindi, viene di seguito schematizzata. • CLASSI DI BARRIERE OMOLOGATE – Obbligo di utilizzare barriere (in acciaio o in calcestruzzo) con omologazione ottenuta nei seguenti casi: CLASSE • DESTINAZIONE pubblicazione il: in vigore da: N2 Bordo laterale 27.05.2004 27.11.2004 H1 Bordo laterale 21.12.2002 21.06.2003 H2 Bordo laterale Spartitraffico 11.06.2002 27.05.2004 11.12.2002 27.11.2004 H3 Bordo laterale Spartitraffico 11.06.2002 27.05.2004 11.12.2002 27.11.2004 H4 Bordo laterale Spartitraffico 11.06.2002 09.08.2002 11.12.2002 09.02.2003 CLASSI DI BARRIERE NON OMOLOGATE – OBBLIGO DI UTILIZZARE BARRIERE COMUNQUE ADEGUATE ALLE NUOVE NORME (INTERPRETABILE “CON ALMENO IL CERTIFICATO DI CRASH TEST ESEGUITO”) PER TUTTI GLI ALTRI CASI, A PARTIRE DAL 24.03.2004. In tale contesto, l’art. 6 del D.M. 21.06.2004 affida al progettista il compito di individuare le caratteristiche prestazionali delle barriere da adottare (classe, livello di contenimento, indice di severità, materiali, dimensioni, peso massimo, vincoli, larghezza di lavoro ecc.) tenendo conto della loro congruenza con il tipo di strada, il tipo di supporto, le condizioni geometriche esistenti ed il traffico prevedibile su di essa. Inoltre per motivi di ottimizzazione della gestione della strada, è richiesto al progettista di minimizzare i tipi di guard-rail da utilizzare (criterio di uniformità). Lo stesso articolo, inoltre, permette al progettista di utilizzare barriere o dispositivi di classe inferiore o difformi da quelli omologati, per punti singolari come pile di ponte senza spazio laterale o simili, ove risulti impossibile impiegare questi ultimi, curando in particolare la protezione dagli urti frontali su detti elementi strutturali. Sempre al progettista, infine, è demandato lo studio per l’adattamento dei singoli dispositivi alla sede stradale in termini di supporti, drenaggio delle acque, collegamenti tra i diversi tipi di protezione, zone di approccio alle barriere, punto d’inizio e di fine, in relazione alla morfologia della strada per l’adeguato posizionamento dei terminali. 6. Il progetto delle barriere di sicurezza stradale Con il D.M. 223/92 e successivi aggiornamenti ed integrazioni il problema barriere di sicurezza per la prima volta viene affrontato da un punto di vista “prestazionale”. Le norme precedenti, infatti, definivano solo caratteristiche “geometriche” dei sistemi di sicurezza in acciaio. In particolare: a) la Nota Ministeriale del 30.07.1966 determinava delle caratteristiche dimensionali - altezza del bordo inferiore del nastro da terra > 25 cm - altezza dell’asse-nastro da terra > 40 e < 50 cm - altezza del bordo superiore del nastro da terra > 60 cm - altezza del nastro > 30 cm b) la Circolare del Ministero LL.PP. n. 2337/87 determinava delle caratteristiche di qualità e dimensionali - acciaio di qualità > Fe 360, zincato a caldo con una quantità di zinco > 300g/mq - nastro: spessore minimo 3 mm, altezza > 300 mm, sviluppo > 475 mm - paletti: spessore minimo 5 mm, lunghezza 1,65m per centrale e 1,95m per laterale - bordo superiore nastro h > 70cm Secondo l’approccio “prestazionale” del D.M. 223/92, invece, la barriera deve verificare i seguenti obiettivi, calcolati mediante software di simulazione numerica e certificati mediante crash-test da eseguirsi presso laboratori autorizzati: • adeguatezza strutturale della barriera, senza distacco di elementi • contenimento dei veicolo, senza ribaltamento a scavalcamento • sicurezza per gli occupanti del veicolo • traiettoria di rinvio del veicolo < 1/3 angolo di impatto • spostamento trasversale totale della barriera da valutare in base alla destinazione Con il termine “simulazione numerica” (“computational mechanics”) o semplicemente simulazione si intende il calcolo della dinamica del sistema meccanico costituito dal veicolo, dalla barriera, dal fondo stradale con eventuali cordoli, comprese tutte le possibili interazioni, le deformazioni e le possibili rotture. Un buon calcolo deve saper tenere conto in modo adeguato di: • • • • • dinamica del veicolo prima, durante e dopo l'urto; effetto di deformazioni o rotture nelle sospensioni durante e dopo l'urto; interazioni dei pneumatici con la pavimentazione, i cordoli e le varie parti della barriera; deformazioni delle varie parti della barriera; possibili cedimenti delle giunzioni bullonate; • • • comportamenti anelastici e rotture; tutti i possibili contatti; inerzia di tutte le parti in movimento. Questo si può ottenere solo con l'impiego di modelli molto dettagliati e il più possibile vicini alla realtà fisica dei sistemi interagenti. Si utilizzano in genere modelli ad elementi finiti o modelli multi-corpo. I “crash-test”, invece, sono prove su scala reale le cui modalità di svolgimento sono definite sia dal D.M. 223/92 (e relativi aggiornamenti), sia dalla normativa tecnica europea EN 1317. Come si è già affermato, solo recentemente (D.M. 21.06.2004) le due norme (nazionale ed europea) sono state armonizzate, eliminando alcune differenze fra le procedure di crash ivi prescritte, che rendevano di fatto impossibile recepire in Italia prove sviluppate secondo la normativa tecnica europea. Di seguito si presentano brevemente i principali parametri che vengono rilevati, con particolari tecniche di misura, durante le prove, e che descrivono il comportamento della barriera. a) Livello di contenimento (Lc) Rappresenta l’energia cinetica posseduta dal mezzo all’atto dell’impatto, calcolata con riferimento alla componente della velocità ortogonale alle barriere: Lc = ½ M (v senϕ)2 (kJ) dove: M = massa del veicolo (ton) v = velocità di impatto (m/s) ϕ = angolo di impatto (deg) In base al livello di contenimento la normativa prevede una classificazione delle barriere: - classe N1, contenimento minimo classe N2, contenimento medio classe H1, contenimento normale classe H2, contenimento elevato classe H3, contenimento elevatissimo classe H4, contenimento per tratti ad altissimo rischio Lc = 44kJ Lc = 82kJ Lc = 127kJ Lc = 288kJ Lc = 463kJ Lc = 572kJ Il livello di contenimento viene verificato usando veicoli diversi, come da Tab. 1 seguente. Tab. 1: Determinazione del Livello di Contenimento (Lc) Classe Velocità (km/h) Angolo di impatto (deg) Massa totale (ton) Tipo veicolo Codifica europea N1 80 20° 1,5 Autovettura TB31 N2 110 20° 1,5 Autovettura TB32 H1 70 15° 10,0 Autocarro TB42 H2 70 20° 13,0 Autocarro/Bus TB51 H3 80 20° 16,0 Autocarro TB61 H4a 65 20° 30,0 Autocarro TB71 H4b 65 20° 38,0 Autoarticolato TB81 Fonte: D.M. LL.PP. 3 giugno 1998 e UNI EN 1317 b) Indice di severità degli impatti (ASI) Misura la severità dell’urto sugli occupanti delle autovetture considerati seduti con cinture di sicurezza allacciate: 2 2 a x (t ) a y (t ) a z (t ) + + ASI = max[ ASI (t )] = max 12 g 9 g 10 g 2 dove: - āx(t), āy(t), e āz(t) sono le componenti dell’accelerazione baricentrica mediate su una scala temporale di 50 millisecondi - g è l’accelerazione di gravità (9.81m/s2) La valutazione dell’ASI deve essere effettuata per tutte le classi (tranne la N1) mediante una prova secondo le specifiche riportate nella Tab. 2 seguente. Tab. 2: Determinazione dell’Indice di Severità degli Impatti (ASI) Classe Velocità (km/h) Angolo di impatto (deg) Massa totale (kg) Tipo veicolo Codifica europea Tutte le classi (escluso N1) 100 20° 900 Autovettura TB11 Fonte: D.M. LL.PP. 3 giugno 1998 e UNI EN 1317 Le norme UNI EN 1317 (richiamate all’art. 4 del D.M. 21.06.2004) consigliano un indice ASI minore o uguale ad 1 (severità “A”), ammettendo comunque un indice ASI fino a 1.4 (severità “B”). Sono inoltre dichiarate possibili ulteriori deroghe anche al limite di severità “B”, per zone in cui il contenimento dei veicoli deve essere categorico. Attualmente l’indice ASI è oggetto di una approfondita discussione in ambito normativo tecnico internazionale; tale indice, infatti, presenta alcune difficoltà, a livello sia di rilievo dei dati di accelerazione (la strumentazione a bordo è delicata e sensibile ai diversi possibili posizionamenti) che di interpretazione degli stessi dati (si semplifica in un unico parametro un evento complesso quale l’urto di un veicolo in svio). Per questo motivo la normativa tecnica UNI EN 1317 completa la valutazione della severità dell’urto considerando altri ulteriori quattro parametri: THIV (Theoretical Head Impact Velocity), PHD (Post-impact Head Deceleration), OIV (Occupant Impact Velocity), ORA (Occupant Ride-down Acceleration). Di questi parametri, due (THIV e PHD) sono considerati anche dal D.M. 21.06.2004 per la valutazione complessiva della severità dell’impatto. c) Larghezza utile del sistema (W) Misura la distanza tra la posizione iniziale del fronte della barriera di sicurezza e la massima posizione dinamica laterale di qualsiasi componente principale del sistema. La normativa prevede una classificazione delle barriere in base al livello di larghezza utile del sistema come da Tab. 3 seguente. Tab. 3: Classificazione in base al Livello di larghezza utile (W) Classe Livelli di larghezza utile W (m) W1 ≤ 0,6 W2 ≤ 0,8 W3 ≤ 1,0 W4 ≤ 1,3 W5 ≤ 1,7 W6 ≤ 2,1 W7 ≤ 2,5 W8 ≤ 3,5 Fonte: D.M. LL.PP. 3 giugno 1998 e UNI EN 1317 d) Indice di deformazione dell’abitacolo (VCDI) Codifica i danni subiti dal veicolo, mediante un codice che indica la posizione del danno (fronte/retro, destro/sinistro) e la quantificazione dello stesso (percentuale di riduzione di alcune misure fondamentali dell’abitacolo). Tale parametro, unitamente ad un’accurata documentazione fotografica delle principali rotture e deformazioni, contribuisce alla formulazione del parere finale. 7. Il progetto dell’installazione Fino a questo punto si sono considerati solo gli aspetti relativi alla progettazione delle diverse tipologie di barriera di sicurezza stradale. Si ritiene opportuno, ora, affrontare brevemente le problematiche relative alla progettazione dell’installazione, cioè alle modalità di identificazione delle zone da proteggere e del livello di contenimento opportuno per le stesse zone. Su tali aspetti la normativa nazionale è molto sintetica, e di fatto offre ampia discrezionalità al progettista, salvo alcune indicazioni ritenute cogenti. I riferimenti specifici sull’argomento possono essere riassunti come segue: a) Bollettino Ufficiale del C.N.R. 28 luglio 1980. Prevede che gli spartitraffico siano muniti di barriera di sicurezza nel caso di strade con carreggiate separate distanziate non più di 12 metri. Per le scarpate laterali, invece, tale norma prevede l’installazione di barriere di sicurezza nel caso di: - scarpate di altezza > 3.50m e pendenza ≥ 1/5 e < 2/3; - scarpate con pendenza ≥ 2/3. b) D.M. LL.PP. n. 223 del 18.02.1992 e successivi aggiornamenti. Riporta le indicazioni prescrittive per le installazioni di sicurvia su nuovi assi viari o su adeguamenti importanti di assi esistenti. Con questo Decreto il problema della sicurezza stradale viene opportunamente riconsiderato in base alle notevoli variazioni delle caratteristiche del traffico stradale (intensità di flusso, velocità, massa) subentrate nell’ultimo decennio. Le protezioni con barriere di sicurezza sono ritenute necessarie nei seguenti casi: - - bordo laterale di tutte le opere d’arte all’aperto (ponti, viadotti, sovrappassi, muri di sostegno della carreggiata); spartitraffico, ove presente; bordo laterale nelle sezioni stradali di altezza rispetto al piano campagna ≥ 1,00m; bordo laterale stradale nelle sezioni in rilevato con pendenza delle scarpate ≥ 2/3; per pendenze inferiori si demanda al progettista la valutazione di situazioni di potenziale pericolosità; ostacoli fissi (pile di ponti, rocce affioranti, alberature, pali di illuminazione, supporti per segnaletica, edifici, cortili). La normativa tecnica di riferimento non definisce precisamente i criteri di scelta delle barriere nelle diverse situazioni di installazione. Il D.M. sopra citato riporta solo una tabella di sintesi (vedi Tab. 4 seguente) che indica le classi minime di barriere da impiegare in funzione: - del tipo di strada (classificata o assimilata in base al Nuovo Codice della Strada); del tipo di traffico (I, II o III, a seconda del TGM e della percentuale di traffico pesante); della destinazione generale delle barriere stesse (spartitraffico, bordo laterale, bordo ponte). Tab. 4: Identificazione delle classi minime nelle diverse destinazioni Destinazione barriere Spartitraffico Bordo Bordo ponte laterale Tipo di strade Traffico Autostrade (A) e strade extraurbane principali (B) I II III H2 H3 H3-H4 H1 H2 H2-H3 H2 H3 H3-H4 Strade extra-urbane secondarie (C) e strade urbane di scorrimento (D) I II III H1 H2 H2 N2 H1 H2 H2 H2 H3 Strade urbane di quartiere (E) e strade locali (F) I II III N2 H1 H1 N1 N2 H1 H2 H2 H2 - Traffico tipo I: TGM ≤ 1000 oppure TGM > 1000 + veicoli pesanti ≤ 5% - Traffico tipo II: TGM > 1000 + veicoli pesanti > 5% e ≤ 15% - Traffico tipo III: TGM > 1000 + veicoli pesanti > 15% Fonte: D.M. Infrastrutture e Trasporti 21 giugno 2004 Rimane quindi a carico del progettista la determinazione delle caratteristiche prestazionali da adottare nelle singole specifiche situazioni, solo parzialmente elencate dalla stessa normativa e sopra riportate, nonché la determinazione di una larghezza di riferimento che individui una possibile fascia di sicurezza, oltre la quale eventuali ostacoli presenti non necessitano di protezione. c) D.M. 05.11.2001 (S.O. n. 5 alla G.U. n. 3 del 04.01.2002), “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”. Non dà specifiche indicazioni circa le barriere stradali di sicurezza, rimandando al D.M. n° 223 del 18/2/1992 e successive modificazioni ed integrazioni. In aggiunta alle prescrizioni specifiche contenute nel decreto citato viene evidenziata la necessità, per il progettista stradale, di verificare sempre e comunque che le condizioni di installazione delle barriere di sicurezza siano tali da consentirne il corretto funzionamento. 8. Conclusioni In estrema sintesi, si ritiene sicuramente positivo che la pubblicazione del D.M. 21.06.2004 armonizzi la normativa nazionale in materia di barriere di sicurezza con la normativa tecnica europea, risolvendo differenze o problemi di interpretazione che per anni hanno reso difficile l’applicazione di tali sistemi da parte degli enti gestori. D’altra parte, si paga comunque “lo scotto” di anni di inerzia sul problema dei criteri di installazione di tali stessi sistemi: la normativa europea, infatti, è molto precisa e dettagliata nelle “modalità di progettazione” delle barriere di sicurezza, ma non dice nulla sulle “modalità di installazione”, demandando tale attività ai singoli stati membri. Per chiarezza, rimangono di fatto senza riferimenti normativi problematiche quali le seguenti: - - A che distanza dal bordo della strada un ostacolo deve essere protetto? Quanto prima dell’ostacolo devo iniziare la protezione? E quanto dopo? Come proteggere ostacoli strettamente in fregio alla carreggiata, quali ad esempio le barriere antirumore? Come trattare punti singolari, quali terminali e varchi per passaggi pedonali, senza determinare punti critici? Analogamente, come trattare il passaggio da una tipologia di barriera all’altra (“transizione”)? Come risolvere il problema dell’ingombro laterale di tali sistemi, in presenza di banchine ridotte? Come verificare le strutture su cui vengono installate le barriere (cordoli, muri, banchettoni)? Come risolvere adattamenti della tipologia omologata (sicuramente necessari, in corso d’opera), relativamente ad esempio a: infissione dei montanti, passo dei montanti, altezza del sistema rispetto al piano viabile, ecc.? Come trattare lunghezze ridotte di barriera (ad esempio fra due accessi), che non ne garantiscono il buon funzionamento in continuo? In quali condizioni geometriche e/o morfologiche è opportuno l’inserimento di un corrimano-parapetto? Come proteggere i portali delle gallerie senza determinare punti critici? E, analogamente, le piazzole di emergenza in galleria? solo per citare le principali, a guisa di “check-list”… Si ritiene perciò opportuno ed auspicabile uno sviluppo dell’attività normativa anche in merito alla definizione di criteri omogenei di installazione delle barriere, soprattutto in considerazione della delicatezza dell’argomento. Difficilmente, infatti, enti gestori e progettisti si prenderanno la responsabilità di modificare o interpretare le normative in vigore, allo stato attuale molto restrittive, per cui molti snodi critici (quali quelli citati) possono rimanere irrisolti, a grave danno della sicurezza complessiva delle infrastrutture viarie. Trento, agosto 2004