17/03/2005 sentenza Tribunale di Milano contro Banca Intesa favore

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17/03/2005 sentenza Tribunale di Milano contro Banca Intesa favore
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE LAVORO
Il Giudice di Milano d.ssa Eleonora Porcelli ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nelle cause riunite nn. 8839 e 9112 R.G. 2004 promosse da
Pier Federico Alì e Adriano Di Pede, col proc. Dom. avv. Tommaso Civitelli e Lucia
Giammarco, via San Barnaba n. 30, Milano
-ricorrentecontro
B
Banca Intesa s.p.a., col proc. dom. avv. Fabrizio Fabbri, Angelo Chiello e Cesare Bozzoli,
c.so Europa n. 13, Milano e Guglielmo Burragato e Pietro Ichino, via Mascheroni n.3l Milano
-convenutaOggetto: impugnazione licenziamento
Svolgimento del processo
Con distinti ricorsi al Tribunale di Milano, sezione lavoro, depositati in Cancelleria in data
e in data 10-11-2004, Pier Federico Alì e Adriano Di Pede hanno convenuto in giudizio la
Banca Intesa s.p.a. per sentir dichiarare la nullità o illegittimità e comunque l'inefficacia
del licenziamento loro intimato con lettera 1-3-04, con tutte le conseguenze di cui all'art. 18
S.L.
Premesso di aver lavorato alle dipendenze della convenuta con inquadramento nella
funzione di Quadro Direttivo di 4° livello e mansioni di gestore presso la filiale di Genova
l'Ali' e di addetto alla direzione presso la Divisione di Rete di Milano il Di Pede, hanno
esposto di essere stati licenziati, nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo instaurata con comunicazione del 19-12-2002 e conclusasi con l'accordo sindacale 15-103- in quanto in possesso del requisiti contributivi e di anzianità necessari per l'accesso al
Fondo di Solidarietà per il sostegno del reddito, dell'occupazione e della riconversione
professionale del personale dipendente dalle Imprese di Credito.
In punto di diritto i ricorrenti hanno esposto numerosi vizi di legittimità dell'impugnato
provvedimento tra cui, in via preliminare, l'insussistenza dei presupposti causali per il
proprio licenziamento, essendo già stato ampiamente superato, al momento del
licenziamento dei ricorrenti, il numero dei licenziamenti dei lavoratori inquadrati nella loro
categoria di appartenenza, numero indicato nella comunicazione introduttiva della
procedura di riduzione del personale.
I ricorrenti hanno dedotto, inoltre, la violazione dell'art. 4, 3° comma, della I. n. 223/91, in
relazione all'art. 5, 1° comma della stessa legge a all'art. 8 del D.M. 28-4-00 n.158, per
mancata indicazione dei profili professionali del personale ritenuto eccedente, per
mancata indicazione dei motivi che rendevano impraticabile il ricorso a misure alternative
ai licenziamenti e per genericità ed insufficienza delle motivazione; i ricorrenti hanno
sostenuto, inoltre, l'illegittimità del criterio di scelta del personale da licenziare, in
violazione dell'art. 5 1° comma I. n. 223/91 e dell'art. 8 del D.M. n.158/2000 ed in
violazione dell'art. 15 I. n. 300/70; hanno infine dedotto la violazione dell'art. 4, 9° comma
della l.n. 223/91.
Costituendosi ritualmente in entrambi i giudizi, la convenuta ha contestato la fondatezza
delle pretese avversarie, di cui ha chiesto il rigetto.
In via preliminare la convenuta ha sottolineato l'intervenuta acquiescenza prestata dai
lavoratori allo scioglimento del rapporto, con conseguente inammissibilità, improponibilità
ed infondatezza delle pretese avversarie; nel merito la convenuta ha sostenuto la piena
regolarità e legittimità dei licenziamenti sotto iI profilo del criterio unico concordato dalle
parti sociali e rigorosamente applicato.
Nel giudizio promosso dal ricorrente Di Pede la società convenuta, in via riconvenzionale
subordinata e previa chiamata in causa dell'lnps, ha chiesto l'accertamento della mancanza
di un titolo, in capo al ricorrente, per la percezione dell'assegno straordinario previsto
dall'art. 5, 2° comma, lett. b, del D.M. n. 158/2000, ha chiesto la conseguente condanna del
terzo chiamato alla restituzione di quanto dalla convenuta medesima versato al Fondo di
Solidarietà per il finanziamento del suddetto assegno e, infine, ha chiesto la condanna del
ricorrente alla restituzione di quanto percepito a titolo di trattamento di fine rapporto.
Esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione, disposta la riunione dei giudizi per
svilenti motivi di connessione soggettiva ed oggettiva, il Giudice ha invitato i procuratori
delle parti alla discussione orale e ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo in
udienza.
Motivi della decisione.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
In primo luogo e' necessario affrontare e superare la questione preliminare prospettata
dalla società convenuta e relativa alla pretesa intervenuta accettazione del licenziamento
da parte dei ricorrenti.
La tesi della convenuta si fonda sui seguenti fatti che costituirebbero, appunto, piena ed
esplicita adesione allo scioglimento del rapporto: una volta ricevuta la lettera di
licenziamento, in data 19-3-04 l'Ali' ed in data 18-3-04 il Di Pede, entrambi i ricorrenti,
rispettivamente in data 22-3-04 e 30-3-04, hanno restituito spontaneamente firmata la
"Richiesta di accesso al Fondo di Solidarietà" -il cui testo era stato allegato in bianco alla
lettera di licenziamento- con cui hanno aderito esplicitamente all'accordo sindacale 15-103, hanno esplicitamente rinunciato al preavviso ed alla relativa indennità sostitutiva,
hanno chiesto di poter accedere al Fondo con decorrenza dal 1-4-04; successivamente i
ricorrenti, rispettivamente in data 23-4-04 e 18-4-04, hanno compilato, sottoscritto e
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presentato il modulo di "domanda di assegno straordinario", rivolto al Fondo di Solidarietà
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presso l'Inps e solo in data 5-5-04 l'Alì ed in data 27-4-04 il Di Pede hanno impugnato il
licenziamento.
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La società convenuta -premessa la piena disponibilità da parte del lavoratore del
rapporto di lavoro, con la conseguenza che l'eventuale accettazione del licenziamento
non costituisce rinuncia a diritti derivanti da disposizioni inderogabili, e quindi non
impugnabili ai sensi dell'art.2113 c.c. sostiene, quindi, la configurabilita' di circostanze
concrete, precise, concordanti e concludenti che dimostrano l'intenzione dei ricorrenti di
accettare l'atto risolutivo del rapporto di lavoro, riportando in proposito quanto affermato
dalla sentenza Cass. 12-7-02 n.10193.
La S.C., nella pronuncia citata, ha infatti ritenuto che le quietanze a saldo o liberatorie
sottoscritte dal lavoratore a seguito della risoluzione del rapporto "accettando senza
riserve la liquidazione e le altre somme dovutegli alla cessazione del rapporto, non
implicano di per se' l'accettazione del recesso datoriale e la rinuncia ad impugnarlo...", ma
possono assumere tale significato negoziale in presenza delle sopra precisate
circostanze, e sulla base di "un adeguato accertamento da parte del giudice di merito,".
Ora, nel caso di specie, ritiene il giudicante che nel comportamento dei ricorrenti non sia
individuabile una espressione univoca, esplicita o per fatti concludenti, della volontà di
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accettazione del licenziamento o, comunque, un comportamento incompatibile con la
volontà di impugnare il licenziamento.
In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto nella memoria di costituzione nel giudizio
promosso dal Di Pede, nella lettera di licenziamento la società datrice di lavoro non ha offerto
"esplicitamente ai dipendente licenziato la possibilità di accedere al Fondo di Solidarietà
mediante accettazione della risoluzione del rapporto di lavoro e rinuncia all'indennità
sostituiva del preavviso": infatti nella lettera 1-3-04 si legge semplicemente che "...Ella, in
base ai requisiti di anzianità anagrafica e contributiva maturati alla data odierna, viene
ricompreso tra i dipendenti che dovranno accedere al Fondo di Solidarietà a far data dal 1°
aprile 2004 . Dobbiamo pertanto comunicarLe che il Suo rapporto di Lavoro, in corso di
esecuzione con la Società, viene risolto con decorrenza ed effetto dalla fine della giornata del
31 marzo 2004; con la conseguenza che Ella, dal giorno successivo, non farà più parte degli
organici della Società.
Nella circostanza Le facciamo presente che la Sua rinuncia
esplicita al preavviso ed alla relativa Indennità sostitutiva costituisce condizione e requisito
essenziale per il Suo accesso al "Fondo di Solidarietà per il sostegno del reddito,
dell'occupazione e della riconversione professionale del personale dipendente dalle
Imprese di Credito" ed ai relativi trattamenti."; nell'ultima parte della lettera si legge
inoltre: "Resta chiarito e confermato fin d'ora che ove non ci pervenga nel termine anzidetto la
comunicazione di cui all'allegato modulo, Ella decadrà, ad ogni conseguente effetto, dai
benefici conseguenti al Suo accesso al "Fondo di Solidarietà per il sostegno del reddito,
dell'occupazione e della riconversione professionale del personale dipendente dalle Imprese
di Credito"; l'Ufficio competente della Direzione Risorse Umane e Organizzazione della
Società sarà a sua disposizione per la liquidazione delle competenze di fine rapporto, incluso
il trattamento di fine rapporto e, all'occorrenza, l'indennità sostitutiva del preavviso. Appare,
quindi, evidente che, nella lettera in esame, l'accesso al Fondo e' prospettato come una
conseguenza necessitata ("dovranno accedere al Fondo di Solidarietà") e l'adesione al
Fondo non viene posta in alcuna relazione con l'accettazione della risoluzione del
rapporto di lavoro.
Ora se e' vero -come giustamente osservato dalla difesa della convenuta in sede di
discussione orale- che non sì può configurare un dovere della società datore di lavoro di
prospettare al lavoratore che la richiesta di accesso al Fondo avrebbe costituito
acquiescenza al licenziamento, in quanto non spetta al datore di lavoro una simile
qualificazione dei comportamenti del lavoratore, risulta d'altro canto evidente che, dalla
lettura della comunicazione di licenziamento, l'accesso al Fondo di Solidarietà, la
conseguente rinuncia al preavviso e la conseguente presentazione della domanda di
assegno straordinario vengono prospettati come comportamenti necessari e come
conseguenza logica ed ineluttabile della decisione aziendale di risolvere il rapporto di
lavoro proprio tenuto conto della accertata possibilità del lavoratore, che possiede i relativi
requisiti di anzianità anagrafica e contributiva, di accedere ai Fondo medesimo. Del resto
l'accettazione dell'indennità di mobilita' non preclude al lavoratore di impugnare il
licenziamento: si tratta di una fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio,
anche se per l'erogazione della indennità di mobilita' non sono richieste preliminari
dichiarazioni e presentazione di modulistica analoghe a quelle richieste ai ricorrenti e pur
tenendo conto della differenza dei presupposti della indennità di mobilita' e dell'assegno
straordinario, di cui si parlerà nel prosieguo.
La società convenuta sostiene che i ricorrenti abbiano ripetutamente espresso la volontà di
invocare ed utilizzare loro stessi il licenziamento, di accettarne gli effetti e di disporne addirittura
anticipandone e rafforzandone la portata e fondano tale tesi su due argomenti essenzialmente:
innanzi tutto la rinuncia la preavviso ed alla relativa indennità sostitutiva costituirebbe un atto di
disposizione proprio sugli effetti del licenziamento, di competenza
solo del lavoratore; inoltre
l'erogazione dell'assegno straordinario presuppone il licenziamento, come emerge dalla
normativa che regola il fondo di Solidarietà, per cui richiedendone l'erogazione i ricorrenti
avrebbero dichiarato di richiedere l'effetto piu' pregnante del licenziamento, vale a dire la
cessazione del rapporto di lavoro. Per quanto riguarda il primo degli argomenti sopra delineati, in
particolare la società convenuta attribuisce un significato univoco alla rinuncia al preavviso ed alla
relativa indennità sostitutiva, sostenendo che si tratta della rinuncia ad un diritto di cui si diventa
titolari solo se si accetta il licenziamento: in altri termini "se il lavoratore licenziato compie !
un
atto di disposizione del suddetto diritto, e' perche' lo ha consapevolmente acquisito nel proprio
patrimonio".
Come si cercherà di illustrare nel prosieguo, e' invece proprio questa consapevolezza che
viene a mancare nel caso di specie.
A sostegno della propria tesi la convenuta cita e allega alcune sentenze di merito. In
particolare viene invocata la sentenza 3-4/10-9-03 del Tribunale di Palermo, in base alla
quale "... la remissione del debito relativo all'indennità sostitutiva del preavviso
presuppone logicamente che i ricorrenti avessero accettato quest'ultima...", traendone la
conclusione che i ricorrenti medesimi "hanno acconsentito all'interruzione immediata del
rapporto di lavoro".
Viene inoltre citata la sentenza del Tribunale di Roma 16-2/19-2-04, nella parte in cui
ritiene che "l'atto di disposizione del diritto al preavviso implica necessariamente la
accettazione del precedente recesso datoriale da parte del lavoratore".
Peraltro la giurisprudenza della Cassazione sul punto (si vedano per tutte Cass. n,
13580/01, citata dal Tribunale di Palermo, e la più recente Cass. n. 8797/04) ha
semplicemente ritenuto che il preavviso di licenziamento comporti la prosecuzione del
rapporto di lavoro e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine di
preavviso solo nell'ipotesi in cui il lavoratore continui nella prestazione della sua attività,
mentre si verifica l'immediata interruzione del rapporto quando intervenga tra le parti un
accordo in proposito, anche manifestato per fatti concludenti, come nell'ipotesi di
accettazione senza riserve da parte del lavoratore dell'indennità sostitutiva del preavviso.
La S.C., pertanto, si e' pronunciata solo in tema di individuazione del momento di
cessazione del rapporto di lavoro nel caso di licenziamento con preavviso, e a tale limitato
fine ha attribuito una rilevanza, quale manifestazione di volontà per fatti concludenti,
all'accettazione dell'indennità sostituiva del preavviso: da tali pronunce non si può quindi
inferire alcunché in tema di accettazione del licenziamento.
Quanto alla argomentazione secondo cui, essendo il preavviso conseguenza diretta ed
immediata del licenziamento, l'atto di disposizione consapevole dello stesso equivarrebbe
! ad
una accettazione del licenziamento, perche' presuppone che il diritto al preavviso sia stato
acquisito nel patrimonio del lavoratore, si osserva in primo luogo come non sia vera la premessa
da cui si fa derivare la pretesa acquiescenza del lavoratore! infatti si può disporre anche di un
diritto che, dal punto di vista giuridico, non sia entrato definitivamente nel proprio patrimonio,
come nel caso in cui il lavoratore licenziato con esonero dal preavviso impieghi l'indennità
sostitutiva del preavviso in un acquisto o in un investimento e comunque impugni il
licenziamento, salvo restando il suo obbligo di restituire quanto percepito a tale titolo in caso di
ricostituzione del rapporto. Nel caso di specie i ricorrenti hanno disposto del diritto al preavviso
rinunciandovi perpoter accedere al Fondo.
Si aggiunga che i ricorrenti, tenuto conto del già evidenziato tenore della lettera di
licenziamento, nel momento in cui hanno accettato di rinunciare al preavviso sicuramente non
si rendevano conto di rinunciare a qualcosa che potevano acquisito nel proprio
patrimonio solo accettando il licenziamento: non e' quindi configurabile comunque
quell'atto di consapevole disposizione indicato dalla convenuta quale presupposto della
propria tesi.
Ciò viene avvalorato e confermato dal breve spazio di tempo (quindici giorni dal ricevimento
della lettera di licenziamento) concesso ai ricorrenti per l'espletamento delle !
formalità più
volte richiamate.
Non si deve dimenticare, inoltre, che la richiesta di accesso al Fondo era già predisposta e
richiedeva solo la firma del lavoratore e la scelta delle modalità di erogazione dell'assegno
straordinario, mentre la domanda di assegno straordinario era costituita da un modulo
prestampato e precompilato, datato e sottoscritto dal lavoratore e dalla Direzione Risorse
Umane e Organizzazione Servizio Relazioni con il Personale della convenuta, e destinato
all'lnps, soggetto estraneo al rapporto di lavoro tra le parti ed alla sua cessazione.
Nessun rilievo può assumere, infine, l'indicazione, nella domanda di assegno
straordinario, della data dì risoluzione del rapporto al 31-3-04: si tratta appunto di una mera
indicazione richiesta da! modulo e non di una dichiarazione che implichi una !
accettazione
della risoluzione medesima.
Passando a considerare la seconda argomentazione propugnata dalla convenuta, essa
concerne il meccanismo di accesso all'assegno straordinario che, secondo la convenuta
medesima, presupporrebbe l'accettazione dello scioglimento del rapporto: il Tribunale di
Roma ha ritenuto infatti che "il sistema configura una sorta di prepensionamento di
carattere privatistico, che presuppone l'anticipata risoluzione del rapporto (art. 10 comma!
14 e art, 11 comma 8 del D.M. 158/2000)".
In particolare la società convenuta sostiene che la l'assegno straordinario di solidarietà
abbia natura e funzione di incentivo all'esodo a fronte dell'anticipata risoluzione dei
rapporto, in quanto non spetta automaticamente ai lavoratori del settore del credito licenziati
per riduzione del personale, essendo subordinato alla sottoscrizione di un apposito accordo
a livello aziendale, e viene finanziato dal datore di lavoro mediante il contributo straordinario
previsto dall'art. 5 del D.M. n. 158/2000: da tale natura discenderebbe l'attuazione di un
patto di accettazione del licenziamento verso incentivo economico con la conseguenza che,
una volta richiesta l'incentivazione il lavoratore non può pretendere di rimettere in
discussione la risoluzione del rapporto di lavoro. ' Tale tesi non può essere condivisa per più
ragioni.
Innanzi tutto tale natura non si ricava dal Regolamento istitutivo del Fondo di Solidarietà, il
quale già nell'intitolazione del D.M. n.158/2000 risulta finalizzato al "sostegno del reddito",
come del resto ribadito dall'art. 10, 9° comma e dall'art, 5, 1° comma, lettera b), dove e'
prevista l'erogazione di assegni straordinari appunto "per il sostegno a! reddito". Il
riferimento, nella norma medesima, a "processi di agevolazione all'esodo" conferma la
natura e finalità di sostegno, mentre non comprende alcun accenno ad una incentivazione e
comunque concerne il quadro in cui si inserisce l'erogazione degli assegni straordinari,
tenuto conto dei principi per l'individuazione dei lavoratori in esubero fissati dal successivo
art.8.
Dalla normativa in materia si ricava, quindi, la natura di ammortizzatore sociale dell'assegno
in esame.
irrilevante deve ritenersi, inoltre, l'interpretazione dell'lnps che, ai soli fini previdenziali e
fiscali, classifica l'assegno in questione tra le "somme corrisposte in occasione della
cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo del lavoratore", ai sensi
dell'art. 17 T.U.I.R.
Un altro argomento sistematico contrario alla natura di "incentivo" si ravvisa nel fatto che
l'erogazione in esame e' temporalmente successiva rispetto ad un licenziamento già
intimato, ne' e' ravvisabile, per i motivi già esposti una rinuncia all'impugnazione del
licenziamento come contropartita dell'incentivo: l'incentivo rimarrebbe, pertanto, privo di
causa.
Considerazioni del tutto differenti valgono, invece, per quei lavoratori che hanno aderito
volontariamente al Fondo: per essi non e' stato, infatti necessario, un atto unilaterale di
risoluzione del rapporto di lavoro e, pertanto, l'erogazione dell'assegno straordinario e'
stata richiesta prima della cessazione del rapporto di lavoro ed in stretta connessione con
la stessa. Per quanto concerne, invece, la dedotta mancanza di convenienza per la
convenuta di sopportare i costi elevati degli assegni straordinari se fosse comunque
consentito ai lavoratori che hanno aderito al Fondo di Solidarietà di impugnare comunque il
licenziamento, si osserva che procedere al licenziamento collettivo in applicazione del
D.M. n. 158/2000 comporta l'automatica applicazione dei criteri di individuazione dei
lavoratori in esubero di cui al già citato art. 8, vale a dire il possesso dei requisiti di legge
per il diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia o la maggiore prossimità alla
maturazione di tale diritto.
Infine la convenuta sostiene che i ricorrenti, avendo chiesto di beneficiare del trattamento di
cui all'accordo sindacale del 15-1-03, una volta acquisito quel trattamento non possono
contestare l'accordo medesimo nella parte in cui prevede la cessazione del rapporto alla
data del 31-3-04, e neppure la procedura che ha portato alla sottoscrizione di quell'accordo:
ciò in base alla giurisprudenza secondo cui il lavoratore non può aderire ad un contratto
collettivo solo per la parte più favorevole e contestare l'applicabilità della
parte rimanente, in quanto la disciplina collettiva deve avere un'applicazione integrale,
senza commistione o sommatorie tra più discipline.
Nel caso di specie, peraltro, i ricorrenti non hanno accettato i termini dell'accordo 15-1-03
o comunque aderito ad esso.
Ciò non e' infatti ravvisabile nella richiesta di accesso al Fondo di Solidarietà, in cui i
ricorrenti si sono, invece, limitati a formulare la rinuncia al preavviso ed alla relativa
indennità sostitutiva, in attuazione dell'accordo in esame, e a dichiarare di avere piena
conoscenza delle clausole e condizioni definite dall'accordo medesimo.
Quanto alla richiesta di beneficiare dell'assegno straordinario, l'individuazione del Fondo
di Solidarietà quale strumento primario attraverso cui pervenire alla riduzione di personale
era avvenuta già nell'Accordo di Programma sottoscritto in data 5-12-2002, all'esito della
procedura e degli incontri sindacali previsti dall'art. 18 del c.c.n.l. di settore, ed era stata
ribadita nella lettera di apertura della procedura di riduzione del personale: tale richiesta
non implica, pertanto, alcuna adesione all'accordo 15-1-03.
Per tutte le ragioni esposte, pertanto, i comportamenti sopra descritti dei ricorrenti, ed in
particolare la rinuncia al preavviso ed alla relativa Indennità sostitutiva, la richiesta di
accesso al Fondo di Solidarietà e la domanda di erogazione dell'assegno straordinario
non si pongono in insanabile contraddizione con la successiva impugnazione del
licenziamento: in particolare non appare configurabile una volontà univoca di rinunciare
all'impugnazione medesima e di accettare lo scioglimento del rapporto.
A ciò si aggiunga che i ricorrenti, interpellati prima del licenziamento circa la volontà di
aderire volontariamente al Fondo, non hanno accettato, con ciò dimostrando
ulteriormente di non aver alcuna intenzione di risolvere il rapporto di lavoro.
Superata l'obiezione preliminare avanzata dalla convenuta e passando a considerare il
merito della controversia, il licenziamento impugnato appare illegittimo ed inefficace per i
motivi che si vanno ad esporre.
Innanzi tutto, dal punto di vista sostanziale, il meccanismo adottato dalla società
convenuta per individuare i lavoratori in eccedenza da licenziare si pone in contrasto con i
principi enunciati dalla I. n. 223/91.
In particolare, in base agli artt.4 e 5, devono in primo luogo essere determinate le
eccedenze, vale a dire il numero, la collocazione aziendale ed i profili professionali del
personale eccedente e solo in seguito, nell'ambito dei vari settori di attività e delle
posizioni lavorative così individuati e nei limiti dimensionali stabiliti, si può passare ad
individuare concretamente i lavoratori da licenziare.
La società convenuta, in violazione del meccanismo sopra descritto ed operando una sorta
di inversione dello stesso, ha semplicemente Individuato un numero complessivo di
dipendenti in esubero, operando cosi' una scelta astratta, ed aprioristica, svincolata da ogni
esame della situazione e delle concrete esigenze delle varie unita' produttive: infatti le aree
di eccedenza, oltre a non essere indicate, non risultano identificabili neppure a posteriori, in
quanto viene applicato a tutti i dipendenti indistintamente il criterio del possesso dei requisiti
per la pensione o della maggiore prossimità a tale possesso, criterio completamente
svincolato dalla collocazione aziendale e dai profili professionali del personale eccedente e,
più in generale, svincolato dalle esigenze tecnico produttive ed organizzative del complesso
aziendale, esigenze in base alle quali per legge (art. 5, comma 1 ) la determinazione del
numero dei lavoratori da ritenersi eccedenti deve essere effettuata e che giustificano le
eccedenze medesime.
In particolare, in relazione all'esigenza più volte dichiarata di contenere rigorosamente i
costi ed in particolare il costo del lavoro, già nell'Accordo di programma sottoscritto in data
5-12-02 era prevista una graduale riduzione degli organici, per un totale di 5.700 lavoratori,
da conseguire nell'arco del triennio.
L'Accordo, dopo aver individuato, come si e' già detto, nel Fondo di Solidarietà di cui al D.m.
n. 158/2000 lo strumento primario attraverso cui pervenire a tale riduzione di personale,
precisava, inoltre, che "5. l'individuazione dei lavoratori in esubero ai fini dell'accesso alle
prestazioni del Fondo avverrà secondo i criteri previsti dall'art. 8 del D.M. 28 aprile 2000 n,
158, che prevede testualmente:
1) Ai sensi di quanto previsto dall'art. 5, comma 1, legge 23 luglio 1991 n. 223,
l'individuazione dei lavoratori in esubero, ai fini del presente regolamento, concerne,
in relazione alle esigenze tecnico- produttive e organizzative del complesso
aziendale, anzitutto il personale che, alla data stabilita per la risoluzione el rapporto
di lavoro sia in possesso dei requisiti di legge previsti per avere diritto alla pensione
di anzianità o vecchiaia, anche se abbia diritto al mantenimento in servizio.
2) L'individuazione degli altri lavoratori in esubero ai fini dell'accesso alla prestazione
straordinaria di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), avviene adottando in via
prioritaria il criterio della maggiore prossimità alla maturazione del diritto a pensione
a carico dell'assicurazione generale obbligatoria di appartenenza, ovvero alla
maggiore età.
3) Per ciascuno dei casi di cui ai commi 1 e 2, ove il numero dei lavoratori in possesso
dei suddetti requisiti risulti superiore al numero degli esuberi, si favorisce, in via
preliminare, la volontarietà, che e' esercitata dagli interessati nei termini e alle condizioni
aziendalmente concordate, e , ove ancora risultasse superiore il numero dei lavoratori in
possesso dei requisiti di cui sopra rispetto al numero degli esuberi, si tiene conto dei carichi di
famiglia.". Per quanto concerne, poi, la lettera 19-12-02 di avvio della procedura di riduzione del
personale, essa precisa, in relazione al numero collocazione aziendale e profili professionali del
personale in esubero e del personale abitualmente impiegato che "...il personale ancora in
esubero, per effetto dei processi di riorganizzazione e di ristrutturazione di cui al Piano di
Impresa, ammonta, come concordemente definito dall'Accordo di Programma, a complessive
5.700 unità, come risulta dalla tabella allegata in relazione all'art. 1, comma 1, lettera a) del D.
Lgs, 26 maggio 1997 n. 151 (all. n.1). Si allega, peraltro, prospetto riepilogativo del personale in
servizio alla data del 31-10-02.-.
La società, nella comunicazione in esame, ha poi ribadito la disponibilità a ricorrere
alle prestazioni straordinarie di cui all'art. 5, 1° comma, lettera b) del D.M. n. 158/2000,
individuando quindi il personale da porre in mobilita' "tra coloro che risultino già in
possesso dei requisiti per avere immediatamente diritto alla pensione di anzianità o di
vecchiaia e tra gli altri che risultino essere in possesso dei requisiti anagrafici e
contributivi per accedere al Fondo di Solidarietà...".
Nella fattispecie in esame
manca, quindi, ogni riferimento alle concreta esigenze
riorganizzative della convenuta o ai profili professionali nell'ambito dei quali si sono
realizzate le eccedenze, essendo l'individuazione del lavoratori in esubero rimessa
soltanto ad un criterio puramente numerico.
Ne' si possono ritenere sufficienti gli allegati della comunicazione dell'avvio della procedura, nei
quali e' stata specificata l'entità della riduzione almeno per ciascun livello dì inquadramento,
indicando regione per regione il numero, la categoria di appartenenza e il livello di inquadramento
del personale eccedente e di quello abitualmente impiegato. Infatti e' pacifico che la società non ha
poi, in concreto e fin dall'inizio, mal tenuto conto di tali indicazioni, ma ha operato una selezione del
personale in esubero riguardante tutti i dipendenti, qualunque fosse il loro inquadramento e la loro
collocazione, purché nati prima del 1954.
E' pacifico altresì che il numero complessivo dei quadri direttivi, indicati nella comunicazione
iniziale di apertura della procedura di riduzione del personale, non e' stato rispettato ed era stato
ampiamente superato al momento del licenziamento dei ricorrenti.
La società convenuta si difende affermando di essersi rigorosamente attenuta ai limiti
numerici previsti dall'accordo 15-1-2003, che ha concluso l'esame congiunto, e dal
successivo accordo 11-3-2003, accordi che hanno validamente ridisciplinato il programma e
il criterio di riduzione degli organici e che hanno stabilito unicamente il numero complessivo
delle uscite con riferimento all'intero complesso aziendale e non anche il numero delle
uscite per singoli livelli di inquadramento o singole posizioni aziendali Peraltro delle due
l'una: o si ritiene che gli esuberi possano essere validamente individuati solo attraverso il
numero complessivo, e allora deve essere rispettato il numero dei lavoratori da licenziare
inquadrati come quadri direttivi, oppure si deve adottare un altro parametro di
individuazione degli esuberi, e solo allora il numero dei quadri direttivi da licenziare indicato1
inizialmente può essere ritenuto irrilevante.
Del resto l'affermazione di irrilevanza del numero complessivo dei quadri direttivi si pone in
netto contrasto con la sentenza della Cassazione n. 4140/2001, riportata nella stessa
memoria di costituzione nel giudizio promosso dal ricorrente Ali', sentenza che richiede la
chiara individuabilita' dei soggetti destinatari della procedura fin dalla comunicazione di
apertura, e si pone in contrasto altresì con l'affermata applicazione di tale principio da parte
della convenuta, che a dimostrazione di ciò, a pagina 63 della memoria citata, adduce
appunto di aver indicato, regione per regione, il numero e la categoria di appartenenza
(impiegati e quadri) del personale eccedente.
Ne' si può ritenere che il raggiungimento di un accordo sindacale su entità e modalità della
riduzione di personale renda irrilevante qualsiasi difetto, formale o sostanziale, della
comunicazione di apertura della procedura: la convenuta sostiene ciò in quanto il
lavoratore, non essendo destinatario della comunicazione di avvio della procedura, non
potrebbe poi far valere in giudizio l'inadeguatezza della comunicazione, ed in quanto
l'intervenuto accordo tra datore di lavoro e sindacato supererebbe ogni eventuale anomalia
formale attinente alle modalità di consultazione, essendo stata comunque raggiunta la
finalità perseguita dagli arti 4 e 5 della I. n. 223/991. Tale tesi non può essere condivisa.
Infatti l'individuazione del personale in esubero effettuata, come nel caso di specie, senza
alcun riferimento ai profili professionali ed alla collocazione aziendale, bensì'in modo avulso
rispetto all'organizzazione aziendale viene a compromettere una effettiva possibilità di
controllo non solo sull'effettiva esistenza di un nesso causale tra la riduzione di personale e
l'esigenza riorganizzativa dell'impresa, ma anche sulla riconducibilita' del singolo
licenziamento alla prospettata riorganizzazione.
Inoltre la sentenza delle S.U. n. 12194/2002 ha riconosciuto una funzione dì preminente
garanzia degli interessi individuali all'osservanza del procedimento fissato dalla I. n.
223/91.
Un' ulteriore profilo di inefficacia dei licenziamenti oggetto di causa si ricollega alla
violazione deIl'art. 4, 9° comma, I, n. 223/91, il quale prevede l'indicazione puntuale, nella
comunicazione che chiude la procedura per la dichiarazione di mobilita', delle modalità con
le quali sono stati applicati i criteri di scelta.
Nel caso di specie la società convenuta si e' limitata a trasmettere, con lettera 26-3-04, : l'elenco
dei lavoratori licenziati, ma senza alcuna indicazione della applicazione data in concreto al
criterio adottato, vale a dire nella comparazione della situazione dei singoli dipendenti.
Nella memoria di costituzione nel giudizio promosso dal Di Pede la convenuta afferma di avere
in precedenza fornito alle OOSS, oltre ad altre informazioni, anche le graduatorie sulle quali
sono stati individuati i dipendenti da licenziare: manca, in ogni caso, l'invio dì analoghe
informazioni agli organi amministrativi competenti indicati dalla norma in esame
e anche la
comunicazione alle OOSS non appare sufficiente e rituale, in quanto l'esplicazione delle
modalità di applicazione dei criteri di scelta deve avvenire in un momento ben preciso
(contestualmente all'esaurimento della procedura e alla comunicazione del recesso agli
interessati) e in una comunicazione contenente anche le altre indicazioni di cui all'art. 4,
comma 9 ed inviata a tutti gli organismi nella norma medesima indicati.
Nessun rilievo può assumere il fatto che il criterio di scelta concordato fosse di carattere
oggettivo e matematico e non lasciasse spazi dì discrezionalità: infatti una specificazione
delle modalità applicative in concreto era pur sempre possibile e avrebbe consentito di
verificare la correttezza dell'applicazione del criterio medesimo.
Del resto, seguendo la tesi della convenuta, la disposizione dell'art. 4, comma 9, la' dove
prescrive la "puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di
scelta di cui all'art. 5, comma 1" risulterebbe de! tutto pleonastica, in quanto superata
dall'indicazione dei criteri di scelta medesimi e dell'indicazione di nominativo, luogo di
residenza, qualifica, livello di inquadramento, età e carico di famiglia di ciascun lavoratore
collocato in mobilita', come previsto sempre dall'art. 4 comma 9,
Nella memoria di costituzione nel giudizio promosso dal ricorrente Ali', la società
convenuta ha sottolineato di aver allegato, alla comunicazione ex art. 4, comma 9 in
esame, l'Accordo di Programma nel quale era precisato che a ciascun dipendente nato
prima del 1954 sarebbe stato consegnato il cd. modello ECOCERT da compilare e
sottoscrivere: da ciò discenderebbe, secondo la convenuta, una garanzia addirittura per
accordo sindacale della valutazione comparativa tra tutto il personale potenzialmente
interessato alla applicazione dei criteri di scelta previsti.
Appare facile obiettare che l'Accordo di Programma si e' limitato a delineare, in astratto,
quale sarebbe stato il percorso che la società convenuta avrebbe seguito per individuare i
dipendenti da licenziare, ma nulla dice circa l'inserimento, in concreto, di tutti i dipendenti
in possesso dei requisiti previsti ( vale a dire tutti i dipendenti nati prima del 1954) nella
categoria da scrutinare e nulla dice circa la concreta applicazione dei criteri di valutazione
comparativa, ai fini di una valutazione della correttezza di tale applicazione,
Analoghe considerazioni valgono per l'accordo aziendale 15-1-2003, anch'esso allegato
alla lettera del 26-3-04, e che prevedeva espressamente (a comunicazione, da pare
dell'azienda alle OOSS, degli esiti del processo di raccolta dei modelli ECOCERT alio
scopo dì effettuare la verifica congiunta delle conseguenti graduatorie degli aventi diritto:
anche la suddetta comunicazione e anche l'eventuale successiva verifica non possono
sostituire la comunicazione formale prevista alla chiusura delia procedura dalla norma in
esame, allo specifico scopo di consentire ai lavoratori interessati, alle OOSS ed agli organi
amministrativi i\ controllo della correttezza dell'operazione e della corrispondenza agli
accordi raggiunti.
Poste queste premesse, la prova offerta dalla convenuta nel presente giudizio della
correttezza della scelta dei ricorrenti appare priva di rilevo, in quanto la legge prevede che la
verifica debba essere resa possibile dal datore di lavoro nei modi e nei tempi di cui all'art. 4,
comma 9.
La Cassazione ha innanzi tutto chiarito, nella sentenza 11-5-2000 n.302, che essendo la
materia dei licenziamenti di cui alla I, n. 223/91 finalizzata soprattutto alla tutela degli
interessi dei singoli lavoratori, la sanzione della inefficacia del licenziamento, di cui all'art.
5, 3° comma, ricorre anche nel caso di violazione della norma di cui al 9* comma della
norma medesima.
Nella sentenza 8-11-2003 n. 16805, proprio per quanto concerne la comunicazione di cui
all'art. 4, comma 9, la S.C. ha affermato che "A tal fine non e' sufficiente la trasmissione
dell'elenco dei lavoratori licenziati e la comunicazione dei criteri di scelta concordati con le
organizzazioni sindacali, ne' la predisposizione di un meccanismo di applicazione in via
successiva dei vari criteri, poiché vi e' necessita' di controllare se tutti i dipendenti in
possesso dei requisiti previsti siano stati inseriti nella categoria da scrutinare e, in secondo
luogo, nel caso in cui i dipendenti siano in numero superiore ai previsti licenziamenti, se
siano stati correttamente applicati i criteri di valutazione comparativa per la individuazione
dei dipendenti da licenziare.".
Anche nella sentenza 9-8-04 n. 15377 la Cassazione ha ritenuta inadeguata la
comunicazione del criterio di scelta adottato "se non e' integrato da un minimo di
specificazione che consenta al lavoratore di percepire perche' lui -e non altri dipendenti-sia
stato destinatario dei collocamento in mobilita' o del licenziamento collettivo in modo da
poter in ipotesi contestarne la legittimità sostenendo che, sulla base del comunicato criterio
di selezione, altri lavoratori -e non lui- avrebbero dovuto essere licenziati". Nella stessa
pronuncia si legge che "certo non occorre che nella comunicazione vi sia anche la
dettagliata comparazione della posizione di ciascun lavoratore licenziato con quella di tutti gli
altri lavoratori che invece hanno conservato il posto di lavoro, ne' tanto meno alcuna
graduatoria. Occorre pero' la "puntuale indicazione" -come prescrive il nono comma dell'art.
4 cit.- dei criteri di scelta e delle modalità applicative;...". Nella fattispecie in esame la società
convenuta avrebbe dovuto comunicare in primo luogo quali fossero tutti i dipendenti nati
prima del 1954 e non solo quelli destinatari del licenziamento (al fine di consentire la verifica
dell'inserimento di tutti gli interessati ne! procedimento selettivo), con la specificazione
motivata di eventuali esclusioni; avrebbe dovuto indicare, inoltre, i dati di tutti i dipendenti
esaminati, e non solo di quelli di fatto licenziati, specificando in particolare l'anzianità
contributiva.
Contrariamente a quanto sostenuto nella memoria di costituzione, era quindi ben
possibile fornire ulteriori informazioni, idonee a rendere effettivamente "trasparente" la
scelte operate e a consentire la immediata controllabilità della comunicazione del datore di
lavoro.
Del resto e' significativo che la società convenuta non abbia fornito neppure nel presente
giudizio le indicazioni omesse nella precedente procedura.
Il licenziamento intimato ai ricorrente deve quindi essere dichiarato inefficace, per
violazione degli artt.4 e 5 l.n.223/91, con tutte le conseguenze di cui all'art. 18 S.L. Deve,
infine, trovare accoglimento la 'domanda riconvenzionale proposta, in via subordinata, dalla
società convenuta nei confronti del Di Pede: la ricostituzione del rapporto di lavoro tra le
parti comporta, infatti, ii venir meno de diritto del lavoratore al t.f.r. Per quanto concerne
invece la domanda, proposta sempre in via riconvenzionale subordinata, di condanna
dell'Inps alla restituzione di quanto dalla convenuta versato a! Fondo di Solidarietà' per il
finanziamento dell'assegno straordinario in favore del Di Pede, in primo luogo la società
convenuta non ha insistito nella preliminare, e necessaria,
domanda di chiamata in causa dell'lnps e comunque non si tratta di una domanda
riconvenzionale in senso proprio, non essendo proposta nei confronti del ricorrente. il
regolamento delle spese di lite segue il criterio della soccombenza, e le stesse vengono
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando,
dichiara inefficace il licenziamento intimato ai ricorrenti con lettera 1-3-04;
condanna la convenuta a reintegrare i ricorrente nel posto di lavoro e a corrispondere loro,
a titolo risarcitorio, un'indennità pari alle retribuzioni globali di fatto dalla data del
licenziamento all'effettiva reintegrazione;
condanna la convenuta al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal
licenziamento alla reintegrazione;
condanna il ricorrente Di Fede a restituire alla convenuta quanto percepito a titolo di
trattamento di fine rapporto;
condanna la convenuta a rimborsare ai ricorrente le spese di lite, liquidate in complessivi €
4.000,00;
sentenza esecutiva.
Milano, 17-3-05
ilGiudice del lavoro
Depositato nella
della Sez. Lavoro del Tribunale
Cancelleria
OGGI 1 6 GIÙ. 2005
Ordinarlo di
Milano
C3
Dott.
Amedeo