Art.18, ecco come funziona il modello tedesco. Tre possibili cause

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Art.18, ecco come funziona il modello tedesco. Tre possibili cause
Art.18, ecco come funziona il modello tedesco.
Tre possibili cause per la perdita del lavoro.
Le cause che possono condurre un lavoratore alla perdita
del posto di lavoro sono di tre tipi: comportamento
manchevole, motivi personali e necessità aziendali.
In Germania il licenziamento di un lavoratore di un’azienda con più di 10 dipendenti è
stato regolamentato il 1° gennaio 2004 con una legge del governo rosso-verde di Gerhard
Schroeder. Le cause che possono condurre un lavoratore alla perdita del posto di lavoro
sono di tre tipi: comportamento manchevole, motivi personali e necessità aziendali.
IL CASO DI COMPORTAMENTO MANCHEVOLE - Si verifica quando un lavoratore compie atti
nocivi all’azienda, come il furto, le ripetute assenze o i ritardi ingiustificati, ma anche
l’assunzione di droghe o l’abuso di alcol, mentre recentemente si è aggiunto anche l’uso
del telefono aziendale per motivi privati e l’accesso ugualmente privato ad internet. Prima
di procedere al licenziamento, però, il datore di lavoro deve inviare una diffida scritta al
proprio dipendente per il suo comportamento riprovevole. Solo in caso di recidiva può dunque
scattare il licenziamento.
MOTIVI PERSONALI - Tra le ragioni personali che possono indurre un datore di lavoro a
privarsi della collaborazione di un dipendente figurano quasi sempre ragioni di natura
familiare, come le lunghe assenze dal lavoro causate da malattia oppure da altre ragioni
private. In questi due casi di licenziamento il lavoratore può ricorrere ad un tribunale, che
però in presenza di prove incontrovertibili da parte dell’azienda conferma quasi sempre il
licenziamento. In casi di difficile accertamento delle responsabilità il giudice invita le parti a
trovare un accomodamento, che si conclude sempre con un versamento di una “una tantum”
da parte dell’azienda da stabilire caso per caso.
MOTIVI ECONOMICI - Il terzo motivo di licenziamento riguarda la necessità economica
dell’azienda di disfarsi di una parte del personale, sia per il cattivo andamento degli
affari, sia per la chiusura definitiva o per la delocalizzazione. Quando si tratta di
licenziare una parte del personale per ragioni economiche, un datore di lavoro deve
rispettare norme molto rigide nella scelta di chi disfarsi, tenendo conto di criteri quali la
durata di appartenenza del lavoratore all’azienda, la sue età, gli obblighi sociali di
mantenimento dei familiari e l’eventuale grado di disabilità. In caso di licenziamento per
ragioni economiche all’addetto che perde il posto di lavoro viene versata una buonuscita
corrispondente a mezza mensilità per ogni anno di appartenenza all’azienda, che deve essere
però soggetta a prelievo fiscale.
Una volta perduta l’occupazione, un lavoratore ha diritto a ricevere l’assegno di
disoccupazione, per una durata che fino all’arrivo al potere del governo rosso-verde era
di 30 mesi, con un importo lordo pari al 67% dell’ultimo salario percepito. A quel punto
scattava un’altra indennità leggermente inferiore, che in pratica poteva durare a tempo
indeterminato. Con la riforma dello stato sociale voluta da Schroeder con la cosiddetta
“Agenda 2010” i tempi di percezione dell’assegno di disoccupazione sono stati drasticamente
ridotti, con l’indennità del 67% che viene versata solo se il disoccupato dimostra di essersi
seriamente impegnato nella ricerca di un nuovo lavoro.
In ogni caso per un disoccupato di meno di 50 anni la durata dell’assegno di
disoccupazione è di 6 mesi, se in precedenza ha lavorato per un anno, poi sale gradualmente
fino ad un massimo di 12 mesi per due anni di occupazione continuativa.
Dopo questo periodo chi rimane ancora disoccupato può solo fare ricorso all’assegno di
indigenza, il cosiddetto “Hartz IV”, che prevede il versamento teoricamente a tempo
indeterminato di 374 euro netti al mese, ma solo se nella famiglia non ci sono altri introiti.
Se, ad esempio, la moglie di un disoccupato percepisce un salario o uno stipendio, al
disoccupato viene negata l’indennità di indigenza. Questa non può essere ottenuta nemmeno
in caso di assenza di altro reddito in famiglia, se per esempio il disoccupato è proprietario di
un appartamento, di terreni, titoli e depositi bancari o di un’assicurazione sulla vita. In questi
casi la legge prevede che un disoccupato venda tutti i beni di cui dispone, spesso anche una
macchina, se non è un’utilitaria, e solo dopo che ha esaurito ogni risorsa può di nuovo bussare
alla porta dell’Ufficio del lavoro per chiedere il ripristino di Hartz IV, ovvero 374 euro mensili
per lui, 337 per il coniuge ugualmente disoccupato e 287 euro per i figli minorenni.