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LE DONNE DEL RISORGIMENTO
di
Angelo Ciofi Iannitelli
Del Risorgimento si conoscono i nomi delle battaglie e quelli dei grandi personaggi
come Garibaldi, Cavour, Mazzini etc quasi tutti di sesso maschile. Poco si sa invece
della partecipazione femminile a quel grande processo storico che portò all’Unità
d’Italia.
Vediamo allora, per quanto possibile, di colmare questa lacuna. L’elenco sarebbe
lungo. Cercheremo perciò in queste note di ricordare solo alcune di queste figure
femminili che più si distinsero in quel periodo.
Prima di tutto fu durante le Cinque Giornate di Milano del marzo 1848, in cui i
milanesi riuscirono a cacciare dalla città i 16.000 austriaci del Maresciallo Radetzky,
che le donne insieme ai piccoli Martinitt (gli orfanelli dell’Orfanotrofio maschile
utilizzati come portaordini da una barricata all’altra) si distinsero negli scontri. Ecco
come lo racconta Carlo Cattaneo nel suo “Archivio triennale delle cosa d’Italia
dall’avvenimento di Pio IX all’abbandono di Venezia”.
“Rilevante fu il contributo delle donne, attestato anche dal numero di quelle che
rimasero uccise o ferite (quasi cento), alcune forse per caso, ma molte per ‘coraggio
e per amore’. Moltissime di queste donne collaborarono al successo dell’insurrezione
preparando cartucce, caricando fucili, approntando bende e filacce per i feriti. Ma
non mancarono quelle che combatterono animosamente a fianco degli uomini come
Giuseppina Lazzaroni che da sola mise fuori combattimento alcuni militari austriaci
o Luigia Sassi Battistotti che, strappata di mano una pistola ad un austriaco, intimò
ad altri cinque di arrendersi. Fattasi poi conduttrice di circa cento uomini, inseguì
una mano di fanti e cavalieri; e questo sotto una pioggia di palle, che dal campanile
di Sant’Eustorgio cadevano sul bastione tra Porta Ticinese e San Celso. Recatasi nel
Borgo della Fontana sostenne, unita a varj pompieri una lunga fucilata contro i
croati colà stanziati”.
Anche durante l’epopea della Repubblica Romana del 1849 in cui Roma fu
sottoposta per due lunghi mesi ad un duro assedio da parte dei francesi di Oudinot,
vi furono episodi di grande eroismo femminile. Come con Cristina Trivulzio di
Belgioioso che su incarico di Mazzini radunò duecento donne che nel ruolo di
improvvisate infermiere prestarono la loro opera a favore dei feriti e dei moribondi
presso le “ambulanze” allestite negli ospizi, conventi, perlopiù vicini ai luoghi dei
combattimenti come alla Trinità dei Pellegrini, al Fatebenefratelli all’Isola Tiberina,
al San Giacomo, a San Pietro in Montorio, alla Madonna dei Sette Dolori.
Queste antesignane di Florence Nightingale e Henry Dunant, che creeranno più
tardi la Croce Rossa Internazionale, dovettero operare in condizioni di grande
precarietà mancando del necessario per curare i feriti e dovendosi inoltre muovere
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in mezzo a mille difficoltà e sospetti. Tutto mancava, dalle bende ai medicinali.
Racconta il professor Filippo Zamboni:
“In ogni notte giravano a Roma i carri gridando chi li accompagnava ‘panni per i
feriti’. Era una voce cupa e monotona che metteva ribrezzo nell’ossa. Da mani
ignote, in quelle tenebre, era gittato giù dalle finestre quanto ciascuno poteva, cioè
lenzuola, coperte, fasce etc. Entrando in uno di quei luoghi di dolore, tu non sentivi
che grida strazianti. Moribondi col rantolo della morte, vivi che piangevano sui
cadaveri ancor caldi, gente cui veniva amputato un braccio o una gamba. “
Le patriote che assistevano i feriti furono oltretutto oggetto di alcune accuse
infamanti. I giornali del Regno di Napoli le definirono “Meretrici infami”. Anche la
Roma papalina non fu da meno. Basterebbe ricordare il fatto che in quell’epoca agli
studenti di medicina e chirurgia era proibito fino alla laurea di assistere ai parti.
Chi si distinse soprattutto in questa generosa opera di assistenza fu la scrittrice
Margaret Fuller che operò e si distinse nel opera di soccorso ai feriti presso
l’ospedale Fatebenefratelli.
Questa americana nata nel Massachusetts nel 1810 può essere definita il primo
reporter di guerra della Storia. Essa infatti, che aveva conosciuto Mazzini a Londra,
si era talmente appassionata alle nostre vicende risorgimentali che volle trasferirsi a
Roma durante le drammatiche giornate della Repubblica Romana del 1849.
Testimone di quei drammatici avvenimenti, ne inviava la cronaca al suo quotidiano
il New York Tribune.
Ecco come descrive in modo indimenticabile l’uscita di Garibaldi da Roma dopo la
resa della città:
“I lancieri di Garibaldi passarono in galoppo. Fosse stato di nuovo al mondo Sir
Walter Scott per vederli ! Erano tutte figure snelle, atletiche, risolute, molti con le
forme della bellezza meridionale maschile più splendida, tutti illuminati dallo spirito
e resi nobili dal coraggio decisi a osare, agire, morire. Li seguimmo fino a Piazza San
Giovanni in Laterano. Mai vidi spettacolo tanto splendido, tanto romantico, tanto
triste. Ho visto i feriti, tutti quelli che potevano andare, caricati sui carretti delle
masserizie; alcuni erano già cerei e quasi sul punto di venir meno, ma volevano
andare egualmente con loro. Ho visto molti giovani, nati con ricche eredità, portare
in un fazzoletto tutti i loro beni mondani. Le donne erano pronte; anche se tristi, i
loro occhi erano risoluti. La moglie di Garibaldi lo seguiva a cavallo. Lui stesso si
distingueva per la tunica bianca; sembrava in tutto e per tutto un eroe medievale. . .
. . . Più che mai mi ha colpito l’eroico valore del NOSTRO popolo. – Lasciate che lo
chiami così ora e sempre; poiché, dovunque io vada in futuro, un’ampia parte del
mio cuore rimarrà per sempre in Italia. Spero che i figli di questo popolo sempre
riconosceranno in me una sorella, anche se non sono nata qui.”
Sono parole da cui trapela il grande amore e la passione per la causa italiana che
animò la grande scrittrice americana. I romani riconoscenti, in occasione del 150°
anniversario della sua scomparsa, vollero collocare una targa commemorativa sul
prospetto della sua abitazione romana in Piazza Barberini 2. L’iscrizione la ricorda
così:
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“Attiva sostenitrice degli ideali mazziniani
Giornalista e coordinatrice delle infermiere negli ospedali romani
Contribuì alla fraternità politica e democratica
Tra l’Italia risorgimentale e gli Stati Uniti d’America”
Durante il suo soggiorno romano conobbe il Marchese Ossoli di cui si innamorò e da
cui ebbe un figlio. Con la sconfitta dei difensori e il conseguente ingresso dei
francesi e il ritorno del Papa Pio IX a Roma la Fuller si trasferì a Firenze con marito e
figlio. Nel 1850 decise di tornare negli Stati Uniti con la famiglia con l’intenzione di
pubblicare presso il suo editore tutta la documentazione che aveva raccolto durante
la sua permanenza romana e di far conoscere al mondo i problemi dell’Italia.
Partirono da Livorno su un vecchio mercantile il 19 maggio, ma il 20 luglio la nave
fece naufragio in vista di New York a causa di una forte tempesta. Purtroppo
perirono tutti e tre e con loro andarono perduti tutti i preziosi documenti contenuti
in un baule. I corpi non furono più ritrovati.
A Roma vi fu anche chi, tra le donne, si battè sulle barricate come Colomba
Antonietta Porzi.
Questa donna di ventun’anni, nativa di Bastia Umbra, partecipò alla difesa di Roma
combattendo vestita da soldato insieme col marito, il tenente Porzi. Colpita da un
colpo di cannone al fianco perse la vita il 13 giugno del 1849. Quando cadde a terra
ferita mortalmente i commilitoni scoprirono che sotto la divisa militare vi era una
donna. Al Gianicolo è ricordata con un bellissimo busto. L’unico di una donna tra gli
84 che attualmente ornano il colle.
Tra le protagoniste del nostro Risorgimento merita di essere ricordata anche la
famosa Contessa di Castiglione.
Famosa a quel tempo per la sua bellezza fu inviata dal cugino Cavour a Parigi per
sedurre e convincere Napoleone III a entrare in guerra a fianco dell’Italia contro
l’Austria per quella che sarà la seconda guerra d’Indipendenza nel 1859. Questa
donna che offrì il proprio corpo alla patria, non nel senso che solitamente si
intende, dopo “l’eroica impresa” visse gli ultimi anni della sua vita sola e
dimenticata .
Un'altra donna straordinaria fu Jessie White Mario.
Questa ardimentosa inglese nata nel 1832, denominata Miss Uragano per la sua
irruenza, conobbe Mazzini e Garibaldi in Inghilterra e si appassionò talmente alle
vicende italiane da farsi promotrice di raccolte di fondi per acquistare armi e
munizioni per i combattenti italiani. In Italia conobbe e si innamorò di un bellissimo
ufficiale garibaldino, Alberto Mario, che poi sposò e con il quale divise molte
battaglie. Partecipò alla Spedizione dei Mille, alla III Guerra d’Indipendenza, fu a
Mentana e persino alla guerra franco-prussiana con Garibaldi nel 1871.
Scrisse due notevoli biografie su Mazzini e Garibaldi e varie altre opere sul nostro
Risorgimento.
Non tutti sanno che tra i valorosi Mille che salparono da Quarto il 5 maggio del 1860
vi era anche una donna: Rosalia Montmasson Crispi.
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Nata nell’Alta Savoia conobbe e si innamorò di Francesco Crispi con cui volle
condividere molte imprese risorgimentali. La sua richiesta di partecipazione alla
spedizione fu inizialmente respinta da Garibaldi che alla fine cedette alle sue
insistenze, forse vedendo in lei una nuova Anita. La Montmasson si distinse
soprattutto nell’opera di infermiera curando i feriti della battaglia di Calatafimi.
Abbandonata successivamente da Crispi che le preferì la più giovane Filomena
Barbagallo visse gli ultimi anni della sua vita in estrema solitudine. Dopo la morte di
Crispi ottenne, grazie all’interessamento di alcuni patrioti, una modesta pensione.
Morì in un piccolo appartamento in Roma a Via Torino 7 ed è attualmente sepolta in
un modesto loculo al Verano.
Vi furono anche donne che meritano di essere ricordate per aver donato alla Patria i
propri figli. A questo riguardo merita di essere ricordata soprattutto Adelaide
Cairoli che perse per la causa risorgimentale ben quattro dei suoi cinque figli
maschi.
Ernesto morì nella Seconda Guerra d’Indipendenza nel 1859, Luigi morì di tifo
durante la Spedizione dei Mille, Enrico morì a Villa Glori nel 1867 e Giovanni in
conseguenza degli scontri di Villa Glori morì due anni dopo per le ferite riportatevi.
L’unico figlio maschio superstite fu Benedetto che divenne poi Presidente del
Consiglio.
I più grandi ricorderanno il famoso film “La famiglia Sullivan” che raccontava la
tragica morte di cinque marinai tutti fratelli che, nella Seconda Guerra Mondiale,
perirono nell’affondamento della loro nave da parte dei giapponesi. Parafrasando
un recente film verrebbe in mente di dire “Salvate il soldato Cairoli” !
L’episodio dei fratelli Enrico e Giovanni Cairoli sacrificatisi a villa Glori è collegato
storicamente ad un altro grande personaggio femminile distintosi in quei giorni:
Giuditta Tavani Arquati.
Nel 1867 Garibaldi tentò per l’ennesima volta con le battaglie di Monterotondo e
Mentana di liberare Roma dal dominio papale. In città vi furono alcune iniziative che
avrebbero dovuto supportare l’azione di Garibaldi. Vi fu l’episodio di Villa Glori che
finì, come sappiamo, tragicamente e l’attentato alla Caserma Serristori operato da
Monti e Tognetti che ebbe come risultato la morte di 22 zuavi appartenenti peraltro
alla banda musicale di quel corpo e che costò la testa ai due patrioti. Vi fu poi
l’assedio al lanificio Ajani in Trastevere dove operavano e tramavano vari rivoltosi.
La mattina del 25 ottobre 1867 diverse centinaia di zuavi circondarono l’abitazione.
Alcuni difensori riuscirono a fuggire attraverso i tetti. Rimasero in 15 a proteggerne
la fuga. Vi fu uno scambio di intensa fucileria tra le case circostanti e i difensori i
quali, terminate le munizioni, si difesero con tutto quello che capitava tra le mani
come sedie, tavoli e ogni altro oggetto. Entrati nell’edificio gli zuavi irruppero al
piano superiore dove massacrarono a colpi di baionetta i difensori tra cui Giuditta
Tavani Arquati, che fu l’anima della difesa, peraltro incinta, il figlioletto di 14 anni e
il marito.
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Ma in questa breve rassegna di eroiche figure femminili che rifulsero nel nostro
Risorgimento non può mancare Anita Garibaldi. La sua è la storia di una donna che
volle legare al suo uomo il proprio destino.
Venuta dal Brasile insieme a Garibaldi con il quale aveva condiviso mille battaglie e
al quale aveva già dato quattro figli, Anita il 26 giugno 1849 giunse da Nizza per
raggiungere il grande Eroe e sostenerlo negli ultimi giorni della disperata difesa di
Roma dall’assedio francese. Con lui volle affrontare, poi, quel lungo viaggio verso
Venezia nel quale, per il suo avanzato stato di gravidanza, perse la vita in
circostanze tragiche.
Roma la volle ricordare nel suggestivo monumento che sorge sul Gianicolo, opera di
Mario Rutelli (autore anche della bellissima Fontana delle Naiadi in piazza della
Repubblica a Roma) sotto il quale riposano le sue ceneri.
Vorrei concludere con le parole di Lucio Villari:
“Un Italia dolente, notturna, divisa, risvegliata alla libertà. Le armi, le parole di un
popolo che scopre se stesso dopo secoli di servitù. Giovani che hanno combattuto
per l’unità e l’indipendenza della nazione. Questo è stato il Risorgimento.”
È bello pensare che a questo meraviglioso momento della nostra Storia Patria
abbiano dato il loro contributo anche moltissime donne spesso a prezzo della vita.
Bibliografia:
- “Una donna fra i Mille” di Renato Composto, Edizioni Novecento
- “Garibaldi – l’invenzione di un eroe” di Lucy Riall, Ed. Laterza
- “La meravigliosa storia della Repubblica dei Briganti” di Claudio Fracassi, Ed.
Mursia
- “Italiane – il lato segreto del Risorgimento” di Antonio Spinosa, Bibl.Storica de’il
Giornale
- “Gli americani e la Repubblica Romana del 1849” autori vari, Gangemi Editore
- “Garibaldi e i suoi tempi” di Carmelo Calci, Bardi Editore
- “Milano nel Risorgimento” di Franco Della Peruta, Ed. Comune di Milano
- “Un’americana a Roma – 1847-1849” di Margaret Fuller, Edizioni Studio Tesi
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