Dollar problem

Transcript

Dollar problem
Lettera finanziaria
Financial Services
12/2004
Dollar problem
La parte finale dell’anno sta ponendo investitori e policy makers di fronte al problema valutario di un dollaro
volatile e, soprattutto, in veloce indebolimento. Per la politica economica questo vuol dire potenziali, arbitrarie redistribuzioni di reddito (PIL) tra diverse aree geografiche, mentre per l’investitore diversificato il biglietto verde in caduta libera significa perdite potenziali sull’esposizione di portafoglio in dollaro. È inevitabile quindi chiedersi se e quanto questo indebolimento del dollaro possa continuare.
Non dimentichiamoci dello yen…
Nonostante la prospettiva europea ci faccia notare principalmente il deprezzamento contro l’euro, il dollaro
sta perdendo velocemente anche contro lo yen. Il Grafico 1 mostra addirittura come, dal lancio dell’euro (virtuale) nel 1998 sia stato lo yen la valuta più forte del G3, seguita dall’euro e, buon ultimo, il dollaro. Il grafico
è istruttivo perché, ricordandoci i tratti distintivi delle tre economie nel quinquennio in questione, ci suggerisce una ready-made teoria di determinazione del tasso di cambio. Questa suggerisce che, probabilmente, forti
conti con l’estero e bassa inflazione siano alla base di una valuta forte nel medio (e lungo) termine – Svizzera
docet. Tuttavia, sono vari anni che gli USA soffrono di un forte squilibrio nella bilancia dei pagamenti, ma il
deprezzamento del dollaro è avvenuto principalmente negli ultimi due anni. Quindi, alla base del dollaro debole edizione-2004 vi devono essere fattori, forse, più contingenti.
In partenza, escluderemmo che questo fenomeno abbia a che fare con la crescita economica, i differenziali
nei tassi di interesse e il livello del debito estero. Infatti, tali variabili (USA vs. EUR12) entrano nel nostro barometro valutario (modello di fair value) che attualmente suggerisce un tasso di equilibrio EUR/USD intorno a
1.07, ben sotto il livello attuale. Siccome altre variabili, incluso il deficit delle partite correnti, di per sé non sembrano avere un legame stabile con il cambio in questione, pensiamo che sia la difficoltà relativa a finanziare un
dato deficit ad influenzare l’andamento del dollaro. Infatti il Grafico 2 mostra che la cosiddetta basic balance
of payments (cioè partite correnti più flussi netti di capitale in conto FDI* e, possibilmente, quelli tramite transazioni in titoli finanziari) si è effettivamente appesantita nel biennio passato. Guardando la funzione CA* +
FDI nel grafico aumenta la preoccupazione sul dollaro. Se però a quella funzione sommiamo i flussi netti di
capitale finanziario tramite securities (CA+FDI+SF*) vediamo che la situazione appare meno drammatica.
Tuttavia, anche in questa versione più benigna, la basic balance americana è peggiorata. Dati sui flussi finanziari (SF) mostrano che, nell’ultimo anno, essi sono calati in quanto v’è stato un forte calo dei flussi di borsa, solo
parzialmente compensati da aumenti sostenuti nei flussi netti su bond (i “famosi” acquisti da parte delle banche centrali asiatiche…).
Questa ipotesi ci sembra realistica e permette di rispondere, sia pure con cautela, alla domanda su cosa
potrebbe far risalire il dollaro nel futuro prevedibile.Vediamo, al riguardo, tre scenari possibili.
Grafico 1 G3: tassi di cambio effettivi dall’introduzione dell’Euro
1,4
1,3
1,2
JPY
1,1
EUR
1,0
USD
0,9
*Legenda: FDI = Foreign Direct Investment
CA = Current Account
SF = Securities’ Financing
01.'05
01.'04
01.'03
01.'02
01.'01
01.'00
01.'99
01.'98
0,8
Lettera finanziaria
Financial Services
12/2004
1. Se è vero che il problema dollaro non dipende dalle partite correnti di per sé, ma piuttosto da quanto esse
siano finanziabili, allora un improvviso aumento dei flussi netti di capitale (miglioramento nel capital account)
potrebbe rafforzare il dollaro. Infatti, durante il periodo a cavallo fra il 2000 e il 2001, i flussi netti di capitale (FDI e altro), migliori che oggi, permisero alla basic balance di essere in surplus, e questo fu associato ad
un dollaro in ascesa. Ovviamente tale scenario richiederebbe miglioramenti nei flussi di capitale finanziario
che, fermo restando la buona tenuta (un bel se) dei flussi su bonds, richiederebbe maggior fiducia sulle prospettive di borsa. Questo è possibile ma non certo, soprattutto se, come temiamo, i prossimi mesi vedranno una decelerazione del PIL reale USA.
2. Una diminuzione del current account deficit stesso. Questo potrebbe accadere tramite una decelerazione
del PIL americano relativamente al resto del mondo. Di nuovo, questo pare possibile ma non probabile, e
forse neanche desiderabile.
Se lo scenario 1., per quanto improbabile, potrebbe verificarsi rapidamente, ad esempio tramite un calo del
premio al rischio azionario, lo scenario 2. sarebbe lento nel dipanarsi, implicando quindi dollaro debole per
parecchio tempo.V’è un ulteriore scenario, tuttavia.
3. L’allontanamento ulteriore di EUR/USD da percepiti livelli di equilibrio (sia la BCE che l’Ecofin ritengono
l’euro sopravvalutato) potrebbe scatenare forze economiche che lo spingano verso l’equilibrio. Dovesse
l’euro crescere fino a 1.35-1.40/USD non escludiamo che la BCE e la Bank of Japan (BoJ) potrebbero intervenire per difendere il dollaro, pena il rischio di recessione, soprattutto in Eurolandia, causa un cambio assolutamente non competitivo.
… né della Cina
Se 1. e 2. appaiono improbabili, almeno nel breve termine, lo scenario 3. ci pare più realistico, a condizione
che prima si risolva il nodo gordiano della rivalutazione dello yuan cinese. Infatti, le banche centrali citate non
interverrebbero se vi fosse la percezione che da lì a poco la Cina rivaluterebbe. L’intervento sarebbe invece
più probabile a rivalutazione avvenuta, o se i cinesi avessero chiarito, una volta per tutte, che la cosa non si
farà per almeno 12 mesi. La rivalutazione dello yuan permetterebbe la necessaria (quella sì, visto che il deficit americano è contro Asia, non EUR12) rivalutazione asiatica contro dollaro. A cose fatte, la BCE potrebbe
intervenire a difesa del dollaro, se non anche la BoJ nel caso il calo di USD/JPY avesse ecceduto quanto la
rivalutazione dello yuan dovrebbe ragionevolmente permettere (in cifre: USD/JPY vicino a 100 sarebbe accettabile, sotto 90 no). Siccome crediamo che la rivalutazione dello yuan potrebbe avere luogo a primavera-estate, pensiamo di conseguenza che la pressione al rialzo su EUR/USD permarrà fino ad allora.
Giorgio Radaelli
Analisi e Strategie
Grafico 2 USA: bilancia dei pagamenti “basic” (in mia di USD, media su 4 trimestri)
50
CA+FDI+SF
0
-50
CA+FDI
-100
-150
I 2004
I 2003
I 2002
I 2001
I 2000
I 1999
I 1998
I 1997
I 1996
I 1995
I 1994
I 1993
I 1992
I 1991
I 1990
I 1989
I 1988
I 1987
I 1986
-200
“Nulla di quanto contenuto in questo documento può essere interpretato come un invito, un'offerta o una raccomandazione ad acquistare o a collocare investimenti di alcun genere o ad effettuare una qualsiasi altra transazione. Le informazioni e le opinioni contenute nel documento vengono fornite da BSI esclusivamente ad uso personale e a scopi informativi e possono essere
modificate senza preavviso. Nulla di quanto contenuto nel documento rappresenta un consiglio d'investimento, legale o fiscale o di altra natura né vi si può fare affidamento per effettuare un
investimento o prendere altre decisioni. Prima di prendere qualsiasi decisione in materia di investimento si raccomanda di chiedere in proposito una consulenza specifica e professionale.”