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PRESENTAZIONE ALMANACCO 2013 ASSOC IAZION SEZIO N E N AZ ION AL E E DI B ERGAM ALPINI O R acchiudiamo in questo almanacco i fatti che hanno caratterizzato la vita della Sezione di Bergamo dell’Associazione Nazionale Alpini. A condividere con gli Alpini Bergamaschi le pagine di ALMAN ACCO questo almanacco ci sono anche gli scritti di altri Al2 013 pini, sicuramente più autorevoli per il loro ruolo, ma altrettanto accomunati nello spirito di chi porta il Cappello Alpino. Quindi un doveroso grazie al Comandante del NATO Rapid Deployable Corps - Italy Generale di C.A. Giorgio Battisti, al Presidente Nazionale dell'ANA Sebastiano Favero e al comandante del 5° Alpini, Colonnello Michele Biasiutti, che ci onorano e ci inorgogliscono per i loro scritti su questo numero. Quindi si riuniscono in questo annuario i momenti della vita alpina, quella dell’Alpino in servizio e quella dell’Alpino in congedo. Agli scritti delle figure istituzionali indicate fanno seguito articoli che riguardano il 5° Alpini, così caro ai Bergamaschi; seguono alcuni passi della nostra storia, di quegli Alpini e di quei luoghi che hanno visto le gesta di tanti ragazzi durante la Grande Guerra e le testimonianze di alcuni Reduci che hanno vissuto le traversie dell’ultimo conflitto. Le occasioni di manifestazioni Nazionali, Sezionali e locali sono la doverosa cronaca di quando ci si ritrova tutti insieme a festeggiare e a ricordare, momenti di pausa nel corso delle tante attività che vengono svolte. Le attività dei Gruppi e della Sezione rimangono comunque il nucleo centrale dell’almanacco, come lo sport, la cultura, le attività didattiche per i ragazzi ed i giovani, la solidarietà, la protezione civile e poi tutta quella miriade di iniziative solo accennate, ma che costituiscono il modo di essere e di fare di tutti gli Alpini. Forse per chi scorrerà queste pagine oggi molti argomenti saranno scontati, almeno per noi Alpini. Lo saranno forse meno per chi non ci conosce a fondo e per chi scorrerà queste pagine in futuro. La nostra speranza è che l’Annuario possa conservare traccia del nostro fare, del nostro intraprendere, nella speranza che altri, dopo di noi, sappiano fare meglio e di più, con lo stesso spirito di concretezza e semplicità che ha animato i nostri padri e che anche noi cerchiamo di portare avanti. 1 LA PAROLA DEL PRESIDENTE I l 2013 è stato un anno denso di impegni. Gli appuntamenti associativi hanno avuto la preminenza su tutto, ecco quindi l’Assemblea, l’Adunata Nazionale, quella del 2° Raggruppamento e la Sezionale di Zogno. Il ricordo dei nostri Caduti e dei Veci andati avanti lo abbiamo manifestato in occasione delle commemorazioni civili e religiose ed in tutti gli incontri di Area, Zona e di Gruppo. La gratitudine ai nostri Reduci continuiamo ad esprimerla ogni volta che li incontriamo ed in ogni occasione in cui ricordiamo le nostre radici e facciamo memoria del nostro passato, continuando nel percorso che loro hanno tracciato. Le Commissioni sezionali hanno lavorato per proseguire negli impegni assunti. Così è stato per la Casa di Endine e per le tante iniziative di solidarietà seguite dalla Sezione e dai Gruppi. Analogo discorso vale per le attività dei Cori e delle Fanfare. Così è stato per la Protezione Civile in collaborazione con Provincia, Comuni e Dipartimento P.C. ove chiamati, ma anche in tutte le periodiche esercitazioni e nei lavori dei nuclei e della Sezione. Non da meno è stato lo Sport con tutti i nostri campioni sempre ai vertici delle classifiche nazionali A.N.A. La presenza in montagna c’è stata per le cerimonie in Adamello, al Rifugio Contrin e nelle altre occasioni di importanza nazionale, ma anche nei rifugi dei nostri monti con il CAI per il Camminaorobie. Il lavoro quotidiano di manutenzione della sede della commissione Lavori, ma anche la gestione amministrativa delle varie commissioni Elettorale, Legale, i Revisori dei Conti, la Giunta di scrutinio, la gestione dell’archivio, degli iscritti, il libro verde e tutte le altre attività in sede hanno fatto sì che si rendesse possibile l’attività di tutti gli altri. Lo Scarpone Orobico, il Tricolore nelle scuole, il Museo e le varie mostre organizzate sono stati i momenti di presenza fuori sede; momenti utile a farci conoscere ed apprezzare, sì apprezzare, perché tutte le attività che noi riteniamo “ordinarie” di fatto ordinarie non lo sono poi molto. Solo la capacità, la semplicità e la concretezza degli Alpini riesce a costruire tanto e bene e credo che parlandone tra noi, questo non sia indice di presunzione, ma semplicemente la corretta rappresentazione del nostro fare. Il 2013 è stato importante nel proseguire nell’attività rivolta al nostro futuro. Non so se quanto stiamo facendo sarà poi il nostro effettivo futuro, ma di certo non siamo stati ad aspettare che altri ci utilizzino, ci propongano modelli “alternativi e creativi” in previsione di un nostro graduale ridimensionamento numerico e di un diverso impegno associativo. Saremo ancora noi Alpini, i nostri Gruppi, le nostre Sezioni e la nostra Presidenza Nazionale che scriveremo le nostre future pagine; il nostro destino scaturirà dal nostro lavoro, dalle nostre esperienze ed anche dai nostri 2 errori che sapremo doverosamente correggere. Quindi l’impegno nel collaborare con gli Alpini in servizio, particolarmente con il 5° che è stato a Bergamo, non è stato secondario. Non possiamo ricordare solo i Padri, dobbiamo lasciare qualcosa per i nostri successori, siano essi quelli in servizio o altri che saranno Alpini secondo modalità ora non conosciute. Analogamente abbiamo sperimentato a livello giovanile l’attività in San Candido in collaborazione con il 6° Alpini. Il nostro 2013 da questo punto di vista è stato ricco nel migliorare la nostra visibilità, non per vanto, ma per proporre un modello comportamentale che ha come paletti fissi l’amore per la nostra Patria, il rispetto dei nostri valori nazionali e non “nazionalistici”, la determinazione nel fare e non nell’apparire, l’impegno di non disperdere quanto ci hanno consegnato i nostri Padri, l’obiettivo di lasciare un patrimonio di giusti ideali ai nostri figli. Impegno per il 2014 sarà quindi proseguire nell’aprire la sede a chi non ci conosce, operare perché le scuole visitino il nostro museo, lavorare per portare ancora i ragazzi ad avvicinare gli Alpini in servizio, dare compimento al progetto Caserma Fior di Roccia oltre che per gli studenti, anche per gli atleti ANA, la nostra Protezione Civile, i nostri Gruppi, anche e perché no, anche per momenti di svago dei nostri associati. Avremo quindi due grandi obiettivi, il primo lavorare per i nostri giovani, il secondo lavorare per la nostra gente operando oltre che nella solidarietà, anche nella cultura. Solo sapendo da dove veniamo gli altri capiranno dove noi vogliamo continuare ad andare, senza inutili confusioni con tante -seppur spesso ammirevoli- altre iniziative, evitando che la nostra operosità venga spesso “richiesta” per non dire “pretesa” per sopperire ad incapacità altrui e dare visibilità ad altri. L’impegno per il nostro futuro sarà ancora a tutto campo. Ognuno potrà collaborare formulando proposte, prestando la propria esperienza, la propria volontà e la propria manualità, certi come sempre che lo zaino a terra per gli Alpini non esiste. A ciascuno il proprio impegno con le possibilità e le capacità del momento. Buon lavoro a tutti noi, con la speranza di poter chiudere l’Almanacco 2014 che con oggi stiamo cominciando a scrivere, con risultati anche migliori di quelli con cui siamo riusciti a chiudere questo Almanacco 2013. Carlo Macalli INTERVISTA AL GENERALE C.A. GIORGIO BATTISTI GENERALE DOPO UN ANNO DI PERMANENZA IN AFGHANISTAN, QUAL E’ LA SUA OPINIONE SULLA SITUAZIONE NEL PAESE? Questo è la mia quarta missione in Afganistan, la prima iniziò nel dicembre 2001: l’aspetto che mi colpisce più di tutto è quanto sia cambiato il Paese. Rimangono ancora sfide difficili da affrontare, e in alcune zone la situazione non è stabile per l’aggressiva presenza degli insorti, ma ritengo si stia procedendo nella giusta direzione: i miglioramenti si notano in tutti i settori della società. Vi è un chiaro progresso nel processo di stabilizzazione nazionale. Allo stesso tempo persistono evidenti criticità quali la lotta al terrorismo, alla corruzione e alla proliferazione dei narcotici, il rientro dei rifugiati, così come lo sfruttamento delle opportunità nel commercio, infrastrutture e connettività, che sono problematiche all’attenzione di tutti. L'Esercito e la Polizia dimostrano ogni giorno maggiore capacità di affrontare le sfide della sicurezza. Hanno sempre più fiducia in loro stessi e operano con riconosciuto coraggio per guadagnare la fiducia della popolazione, nonostante le pesanti perdite che subiscono ogni giorno. La loro dedizione contrasta efficacemente la campagna di terrore degli estremisti che si oppongono al processo di riconciliazione e stabilizzazione nazionale. ISAF è impegnata da tempo per sostenere le ANSF nel superare i gap capacitivi che le Forze di Sicurezza Afgane, trattandosi di Forze Armate “molto giovani”, presentano ancora in alcuni campi quali la capacità di leadership dei comandanti, l’intelligence e il supporto aereo. Queste criticità non consentono loro il pieno e autonomo svolgimento delle attività operative. Per meglio comprendere questi progressi non bisogna dimenticarsi come era la situazione della società afgana nel 2001 dopo la caduta del regime talebano. A titolo d’esempio, cito i risultati più significativi raggiunti nel corso degli ultimi 12 anni. Oltre 7.000 insorti hanno deposto le armi e sono rientrati nella società attraverso un apposito programma di reinserimento. La crescita interna è la più rapida tra i Paesi dell’Asia del Sud nei settori dello standard di vita, della salute, dell’istruzione e della formazione. Più di un terzo della popolazione usufruisce della rete energia elettrica. Le maggiori città hanno elettricità per 24 al giorno. Sono state costruite strade asfaltate per circa 32.000 chilometri (nel 2001 i km erano circa 2.500). Dal 2002 sono stati costruiti più di 4.500 edifici scolastici, formato più di 175.000 nuovi insegnanti (di cui il 30% di sesso femminile) e incrementato quasi del 50% il rateo d’iscrizione alla scuola elementare. Quasi 8 milioni di bambini frequentano le scuole elementari (2,5 milioni sono le ragazze, pari al 37% circa). Nel corso del 2009 circa 80.000 studenti (il 26% ragazze) hanno ottenuto il diploma di scuola media superiore, mentre nello stesso anno si sono laureati circa 9.800 giovani. La percentuale degli analfabeti, pari al 71,9% della popolazione nel 2006, è in costante diminuzione, grazie anche ai corsi di alfabetizzazione per adulti (frequentati dal 2007 a oggi da circa 250.000 persone). L’accesso all’assistenza sanitaria di base è passato dal 9% nel 2000 a circa 90% nel 2013; la percentuale di medici è decisamente aumentata (0,2 medici ogni 1.000 abitanti). La mortalità materna si è ridotta del 15%; la mortalità infantile è diminuita del 35%. Si è raggiunta una sensibile riduzione delle malattie endemiche (tubercolosi, malaria, morbillo, difterite, pertosse e tetano) grazie ai programmi internazionali di immunizzazione/vaccinazione (il 90% dei bambini di età inferiore a un anno è stato vaccinato contro morbillo, difterite, pertosse e tetano); l’aspettativa di vita appare in significativa controtendenza, pari a 48,5 anni per gli uomini (dato 2011; nel 2009 era di 47 anni) e di 48,8 per le donne (dato 2011; nel 2009 era di 45 anni). Il 71% della popolazione possiede un cellulare; il 52% di- 3 spone di un televisore e l’8% ha accesso a Internet. Sono presenti 175 stazioni radio, 75 canali televisivi, agenzie di stampa e centinaia di pubblicazioni, inclusi 7 quotidiani. Esiste ancora un forte divario tra il livello di sviluppo raggiunto nelle principali città e le aree rurali (che costituiscono il 70% del Paese) per le difficoltà connesse con la compartimentata morfologia del territorio, la carenza di una buona rete stradale e, talvolta, per una certa resistenza all’innovazione legata a radicate tradizioni socioculturali. La rapida diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, e in particolare la radio, contribuisce a ridurre progressivamente questo divario di “conoscenza”. Ritengo comunque che la soluzione politica sia la chiave per una stabilità sostenibile, per la sicurezza e per la prosperità economica dell’Afghanistan e di tutta la Regione. La Comunità Internazionale ha fornito i mezzi e le capacità per conseguire questi obiettivi: ora devono essere le istituzioni afgane ad operare in modo serio e cosciente per guadagnarsi la fiducia dei propri cittadini. Le elezioni presidenziali del 2014 sono la più importa sfida di questi ultimi 13 anni della vita politica dell’Afghanistan e della Comunità Internazionale: una leadership stabile, eletta attraverso elezioni trasparenti, credibili, tempestive è di fondamentale importanza per il futuro del Paese e della Regione. In conclusione, sono fiducioso nella capacità e nel desiderio di questo Paese di lasciarsi alle spalle decenni di guerre e di terrore, trovando una soluzione afgana ai problemi afgani, nel pieno rispetto della sovranità, della cultura e delle tradizioni locali. Abbiamo avuto difficoltà nel passato e sono stati commessi errori, stiamo fronteggiando un presente complesso e, sono sicuro, ci saranno ancora problemi e contrattempi nel futuro. I giovani, che rappresentano circa il 50% della popolazione, ricoprono un ruolo fondamentale e saranno il “mezzo” per far si che l’Afghanistan non possa ritornare nel periodo degli “anni bui” dei talebani. 4 COME DESCRIVEREBBE L’IMPEGNO DEI MILITARI ITALIANI IN AFGHANISTAN E DEGLI ALPINI IN PARTICOLARE? Gli uomini e donne in divisa rappresentano benissimo l’Italia e il loro contributo, anche in termini di vite umane, è riconosciuto da tutto il personale dei 49 Paesi della Colazione. In oltre 12 anni, l’ltalia è arrivata a schierare in Afghanistan fino a 5.000 soldati (oggi circa 2.800) con una presenza a ogni livello delle strutture di comando ISAF. L’impegno italiano è anche testimoniato dai quasi 4 miliardi di euro d’investimenti, oltre al completamento di un ospedale e del carcere femminile di Herat, 81 scuole, 49 strutture sanitarie, un ospedale pediatrico e un centro giovanile. Inoltre, gli Italiani hanno restaurato 20 edifici pubblici e costruito 715 pozzi, 25 strade, 20 canali e ponti in Karta e Zirko Valley. Non posso che essere orgoglioso della professionalità dei nostri soldati che operano con la dovuta determinazione e prontezza, frutto di un valido addestramento in Patria, mai disgiunte dal rispetto della cultura, delle tradizioni e degli usi e costumi locali. Come Artigliere da Montagna sono, inoltre, particolarmente fiero degli Alpini e delle Alpine delle Brigate “Taurinense” e “Julia” che si sono dimostrati in ogni circostanza degni eredi dei loro Padri e delle tradizioni delle truppe da montagna italiane! I giovani alpini provenienti da tutte le regioni d’Italia hanno evidenziato una generosità, una professionalità ed un attaccamento alla specialità per nulla inferiori a quella dei loro predecessori valligiani. I risultati ottenuti sono il frutto di una formazione militare acquisita con l’addestramento alla vita in montagna che ha messo a dura prova la saldezza fisica e morale di questi ragazzi, ma ne ha promosso la crescita professionale. Il Generale statunitense Dan McNeill, Comandante della missione NATO International Security Assistance Force dal febbraio 2007 al giugno 2008, buon conoscitore della nostra realtà militare per la sua lunga permanenza in Ita- lia, si rivolgeva ai soldati delle Brigate “Julia” e “Taurinense” operanti nell’area di Kabul chiamandoli “i miei fratelli Alpini”. L’Associazione Nazionale Alpini ha svolto un ruolo insostituibile, contribuendo ad alimentare il senso di appartenenza al Corpo e a creare un legame ed una condivisione di valori forti con le nuove generazioni, rafforzandone l’identità. COME SI È EVOLUTO L’IMPEGNO ITALIANO ALL’ESTERO DALLE PRIME MISSIONI AD OGGI? Oltre 20 anni di ininterrotte operazioni all’estero hanno determinato una significativa crescita professionale delle nostre Forze Armate, soprattutto per l’Esercito che sempre sostenuto il peso maggiore di questi impegni. Le attuali missioni internazionali presentano connotazioni “nuove”, non riscontrabili in nessuno scenario di crisi del passato, e hanno chiesto alle nostre Forze Armate di confrontarsi con realtà del tutto diverse rispetto a quelle tipiche del confronto tra i due blocchi contrapposti. Ritengo di poter affermare, senza timore di essere smentito, che le F.A. italiane operano all’estero alla pari degli altri eserciti occidentali in termini di professionalità, preparazione, qualità degli equipaggiamenti e materiali, malgrado finanziamenti sempre più oculati e contenuti. I nostri comandanti e soldati sono in grado di operare tranquillamente con i loro colleghi stranieri grazie alla conoscenza e applicazione delle consolidate procedure NATO e a una padronanza della lingua inglese sempre più diffusa (specie tra i giovani ufficiali). I militari sono in grado di assolvere i compiti più disparati e spesso diversi da quelli tradizionali, in relazione al contesto nel quale si svolge la missione, di norma caratterizzato da un iniziale clima di grandissima tensione e dall’assenza, almeno nei primi tempi, di organismi internazionali in grado di colmare il vuoto di potere determinatosi al termine del conflitto e di ripristinare una minima struttura politica e socio – economica. Ciò ha richiesto che i Soldati, oltre alla capacità di combattere, debbano possedere una vasta gamma di qualità per essere in grado di assolvere molteplici pressanti e difficili ruoli, dal diplomatico al poliziotto, dal conciliatore all’infermiere, dal direttore di ospedale all’amministratore locale, in scenari caratterizzati da elevato degrado sociale, politico istituzionale in cui, di norma, le uniche forze organizzate sono quelle militari. I nostri Soldati hanno dimostrato “sul campo” di essere veramente dei bravi professionisti, motivati e pronti ad assolvere con tempestività, determinazione e coraggio i compiti che la Nazione gli affida. Essi dispongono di un importante livello di tecnologia, non sicuramente di quantità ma di qualità, che sanno usare correttamente per abbassare il livello del pericolo, per tenere sotto controllo le situazioni, per rendere più efficaci le loro reazioni. A tutto ciò, ma non per ultimo, queste missioni, venendo a contatto con persone di tradizioni, lingue, religione diverse, hanno permesso un’incredibile crescita culturale dei nostri uomini e donne. CI RACCONTA UN EPISODIO PERSONALE, UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA SUA CARRIERA CON IL CAPPELLO ALPINO Mi è difficile in questo momento ricordare un episodio particolare della mia lunga carriera alpina. I ricordi che costellano i miei (numerosi) anni di Artigliere da Montagna sono tanti e tutti ugualmente importanti, si richiamano a un mondo di gente pragmatica, che predilige i fatti e attribuisce scarso valore alle apparenze: un mondo nel mondo, in cui lo zaino e la fatica accomunano comandanti e gregari! Preferisco ricordare uno dei periodi che mi ha dato più soddisfazioni, quello passato nella Brigata “Taurinense”, anche se ciò ha richiesto grandi sacrifici, e non solo per me ma, soprattutto, per mia moglie e per i miei figli. Ho prestato servizio in tre Brigate Alpine: Taurinense, Tri- 5 dentina e Julia. Di ognuna serbo un ricordo esaltante per le esperienze maturate che mi hanno fatto crescere come uomo e come soldato! Devo, tuttavia, riconoscere che la “Taurinense” è la Brigata in cui m’identifico maggiormente e che, ancora oggi, mi suscita le maggiori emozioni, forse perché in questa Grande Unità ho servito per circa 11 anni, iniziando la mia esperienza quale Sottocomandante (4 anni) e poi Comandante (5 anni) della 40° batteria del gruppo “Pinerolo” e, successivamente, quale Vice Comandante e poi Comandante di Brigata (quasi 2 anni). Nella 40° batteria, allora inserita nel gruppo tattico “Susa” della Forza Mobile Terrestre del Comando Alleato in Europa (AMF/L), ho vissuto esperienze uniche al comando di ragazzi eccezionali, che ringrazio per la generosità, lo spirito di sacrificio e la disponibilità che mi hanno sempre assicurato. Con questo reparto ho preso parte in 9 anni a 21 complesse esercitazioni a fuoco ed in bianco: dall’estremo nord norvegese al Caucaso turco, passando per gli stretti danesi, l’Italia del nord est, la Tracia greca e turca. La “Quaranta” era uno stile di vita del tutto particolare, un po’ guascona, con un linguaggio e una ritualità che solo i suoi componenti potevano comprendere, che generava uno spirito del tutto particolare, difficile da descrivere e capire se non si è vissuti nella batteria, che nasce solo tra Soldati che condividono le stesse difficoltà e perseguono gli stessi obiettivi. L’attaccamento a questa batteria si è mantenuto vivo anche dopo il congedo, consolidandosi nel tempo, a conferma di quanto fossero forti i legami maturati “sotto le armi”. Ne è una conferma la voglia di vedersi anche dopo anni. Dal 2003 i “Veterani della Quaranta” s’incontrano annualmente per perpetuare i propri ricordi. Questa esperienza mi è sempre tornata estremamente utile nel prosieguo della mia vita militare, soprattutto nelle missioni all’estero in quanto mi ha fornito le capacità per agire in ambienti internazionali e per affrontare adeguatamente situazioni critiche, specie in campo organizzativo e logistico. COSA LE RIMARRÀ DI TUTTE QUESTI PERIODI TRASCORSI IN AFGHANISTAN? I ricordi che ho portato e porterò sempre con me in queste quattro missioni sono tanti ma più di tutti, rimarranno impressi nella mia memoria i paesaggi sconfinati, gli occhi delle bambine e il volto e i nomi dei nostri Soldati caduti per l’Afghanistan. Laura Arnoldi Comandante del NATO Rapid Deployable Corps Generale di Corpo d’Armata Giorgio BATTISTI Il Generale di Corpo d’Armata Giorgio BATTISTI è nato a Mantova l'11 ottobre 1953. Ha frequentato il 154° corso dell'Accademia Militare di Modena (1972-74) e la Scuola di Applicazione di Torino (1974-76). Promosso Tenente di artiglieria da montagna, ha ricoperto l'incarico di Sottocomandante della 40ª batteria del gruppo “Pinerolo” della Brigata “Taurinense”. Con il grado di Capitano ha comandato dal 1980 al 1982 la 29ª batteria del gruppo “Asiago” della Brigata “Tridentina” e dal 1982 al 1987 la 40ª batteria del gruppo “Pinerolo”. Con la 40ª batteria, unità inserita nel gruppo tattico “Susa” per le esigenze dell'AMF(L), ha preso parte a 21 esercitazioni internazionali in ambito NATO. Nel periodo 1993-94, con il grado di Tenente Colonnello, ha comandato il gruppo “Conegliano” della Brigata “Julia”. Promosso al grado di Colonnello nel dicembre 1996, dal settembre 1997 all'ottobre 1999 ha comandato il reggimento allievi dell'Accademia Militare di Modena. Ha ricoperto diversi incarichi allo SM dell'Esercito tra cui Ufficiale Addetto all'Ufficio per l'informatica (1988-90), Capo Sezione di SM dell'Ufficio del Sottocapo di SME (1991-93), Capo Sala Operativa dell'Ufficio Operazioni (1994-97) e Capo Ufficio Piani e Situazione (1999-2001). Ha frequentato i corsi previsti per la specialità alpina, il 112° corso di SM ed il 112° corso Superiore di SM. Conoscitore della lingua inglese e della lingua francese. Laureato è in possesso del Master di II livello in Scienze Strategiche. Ha partecipato alle operazioni in Somalia (1993) ed in Bosnia (1997). Dal 28 dicembre 2001 al 9 maggio 2002 è stato il primo Comandante del Contingente Italiano della missione ISAF in Kabul (Afghanistan). Promosso Generale di Brigata il 25 marzo 2002, ha ricoperto l'incarico di Vice Comandante della Brigata “Taurinense” dal 18 giugno 2002, per assumerne il comando il 26 ottobre 2002. Dal 13 febbraio al 16 giugno 2003 è stato il primo Comandante del Contingente Italiano in Afghanistan, sia per la missione Nibbio 1 (nell'ambito dell'Operazione “Enduring Freedom”) sia per la missione ISAF. Il 31 ottobre 2003 ha ceduto il comando della Brigata “Taurinense” per ricoprire prima l'incarico di Vice Capo Reparto Affari Generali sino al 20 gennaio 2005 e, successivamente, di Capo Reparto Affari Generali e Portavoce dello Stato Maggiore dell'Esercito. Promosso Generale di Divisione il 28 febbraio 2006, il 5 luglio 2007 ha ceduto l'incarico di Capo Reparto Affari Generali per ricoprire quello di IT–SNR (Italian Senior Rappresentative) e Deputy Chief of Staff Support di HQ ISAF X in Afghanistan sino al 12 dicembre 2007. Dal 31 maggio 2008 al 24 giugno 2011 ha ricoperto l'incarico di Capo di Stato Maggiore del Comando delle Forze Operative Terrestri in Verona. Il 1° gennaio 2011 è stato promosso Generale di Corpo d’Armata. Il 30 giugno 2011 ha assunto l'incarico di Comandante del Corpo d’Armata di Reazione Rapida della NATO in Italia. Sposato con la Signora Simonetta, è padre di quattro figli, Alessio, Umberto, Filippo e Cecilia. Quando non è impegnato per servizio, il Generale Battisti trascorre il suo tempo con la famiglia, pratica regolarmente attività fisica a livello amatoriale e vive con sofferenza ed entusiasmo i risultati dell’Inter. 6 PRESIDENTE NAZIONALE A.N.A. SEBASTIANO FAVERO S ebastiano Favero è il presidente dell'Associazione Nazionale Alpini, eletto a maggio scorso; classe 1948 è nato a Possagno, in provincia di Treviso. La mia famiglia è alpina, mio padre lo era, il fratello di mia madre era un alpino che ha fatto la guerra. Io ho iniziato ad una certa età con la leva a 24 anni compiuti dopo la laurea in ingegneria. Ho frequentato la scuola allievi ufficiali ad Aosta nel gennaio 74 e a luglio sono stato assegnato alla Brigata Cadore settimo reggimento alpini, battaglione Pieve di Cadore, 164 compagnia mortai per nove mesi. Un'esperienza positiva, sia durante il corso sia come ufficiale durante il quale, oltre ai compiti normali, ho potuto trasformare al zona mensa in tavola calda, con possibilità per gli alpini di attendere nel corridoio interno piuttosto che all'esterno. Ho poi smontato un capannone in ferro delle dimensioni di 50 metri per 20, e rimontato a Tai di Cadore per riparare i mezzi. Quindi non solo compiti militari, ma anche attività in cui ho potuto impiegare le competenze ingegneristiche. Dalle nostre parti la tradizione alpina è forte. Gia nel momento in cui sono partito per la leva mi sono iscritto all'ANA. Mi sono impegnato subito nella sezione Monte Grappa Bassano, il cui presidente era mio zio. Ho il grande rimpianto di non aver potuto partecipare agli intervento in aiuto delle popolazioni del Friuli nel 1976 per motivi di lavoro, ma quella rinuncia mi è stata di stimolo per gli impegni successivi. Con il gruppo ho infatti lavorato per la realizzazione di un rifugio sul massiccio del Grappa sul Monte Palon, utilizzando materiale di recu- pero. Agli inizi del 2000 abbiamo sistemato 1000 metri di trincea e 300 metri di gallerie ed appostamenti che sono diventati un percorso didattico, oltre all'iniziativa della 'Notte in trincea' che portiamo avanti già da 10 anni con le scuole superiori. Ma l'esperienza più significativa è stata l'Operazione Sorriso con la costruzione dell'asilo di Rossosch, progetto che ho seguito insieme allo zio e a mio fratello minore alpino ed architetto. Mi è venuto così il “mal di Russia”, Paese in cui sono stato anche quest'anno per celebrare il ventennale. Anche l'intervento a Zenica in Bosnia Erzegovina per la costruire una scuola multietnica in collaborazione con la Caritas di Milano e di Monaco. Siamo stati per due anni a lavorare a questo edificio che ospita 400 studenti. In Mozambico nel 1994 abbiamo realizzato in un villaggio dove è stato recuperato un fabbricato per ragazze e donne in difficoltà, un centro di formazione e una struttura che funge da dispensario per per malnutriti. Obiettivo era ricordare l'ultima presenza di alpini di leva in una missione all'estero, Albatros, chiusa 10 anni prima. In Russia saremo presenti con la sistemazione di un ponte a Nikoljeska: parola magica per gli alpini, per ricordare chi ha combattuto durante la seconda guerra mondiale. L'amministrazione locale ci ha chiesto di sistemare il manufatto attraverso cui sicuramente gli alpini sono passati per ripiegare a ovest. Dovremmo iniziare il prossimo anno. Se arriveranno i dati i richiesti per la progettazione entro la primavera, allora potremo organizzare i turni di lavoro in estate. Legata a Rossosch ho anche il mio ricordo personale del grande Leonardo Caprioli. Con lui mi sono incontrato fin dall'inizio, sia in Russia che a Milano per esporre il progetto. In particolare lo rammento nell'ultima settimana prima dell'inaugurazione del 19 settembre 1993: aveva voluto condividere con i suoi alpini quegli ultimi giorni in cui si lavorava alacremente per concludere i lavori. E' rimasto nel nostro accampamento, con il suo atteggiamento che lo faceva sembrare un uomo burbero e severo, mentre era uomo di grande umanità e generosità. E' rimasto lì anche quando si facevano tre turni di lavoro dalle 6 a mezzanotte. Sempre pronto ad incoraggiare. Anche quando c'era stata qualche discussione con le autorità russe che non consegnavano i materiali, mi disse, battendomi sulla spalla: “Va bene, vai avanti così”. E' stata una grande iniezione di fiducia. Caprioli è stato soprattutto un grande alpino, tra quelli che mi hanno insegnato la disponibilità e la solidarietà. Caprioli ha fatto molto per l'ANA e per la sezione di Bergamo: le penne bergamasche con la loro alpinità hanno dato molto e stanno dando molto; non posso chiedere a questa sezione niente di più se non di continuare ad aiu- 7 tare l'associazione a trovare una soluzione per il futuro. So che per la città l'adunata del 2010 è stato un evento molto significativo e c'è chi vorrebbe tornassimo magari prima di una ventina d'anni. Io a Bergamo ho già fatto due adunate, la città ha già avuto due possibilità, anche se non ci sono limiti, dipende molto dalle condizioni oggettive anche dalle richieste. Sono Presidente nazionale da alcuni mesi e per ora i bilanci sono prematuri. Come primo obiettivo mi sono proposto di guardare e capire. Sono anni che vivo in questo mondo anche a livello dirigenziale, ma mi sono accorto che il ruolo è percepito degli alpini in un modo speciale. Mi rendo conto che devo essere responsabile ed anche prudente, mentre mi conosco come persona decisa. Certamente decisiva in questi anni è la questione sul futuro della nostra Associazione. Siamo tanti ancora, dobbiamo essere capaci di costruire un futuro, che io tenterò di realizzare insieme a tutti. Sono certo della possibilità che l'associazione possa mantenere e difendere la propria forza, che non è solo numerica, ma anche di valori ed ideali, non solo per noi alpini, ma per la società e la nostra Italia. Sarò ovviamente rispettoso della posizione di quella che sarà quella della maggioranza che si esprimerà in assemblea. Ringrazio Corrado Perona che si è confrontato con tutte le sezioni d'Italia per comprendere cosa pensano gli alpini. Credo che nessuno possa pensare semplicemente che l'ANA sia destinata a scomparire, perché si tradirebbe l'articolo due che richiama al ruolo della memoria. Anche in passato l'ANA ha saputo modificare il proprio statuto in linea con i tempi che cambiano. Per esempio all'inizio non c'erano gli artiglieri da montagna; dopo la seconda guerra mondiale ci fu una grossa discussione se ammettere i soldati di leva perché 8 inizialmente l'ANA includeva solo i reduci; poi si è discusso della durata del servizio nelle truppe alpine per essere ammessi all'associazione, fino a stabilire gli attuali 60 giorni. Oggi la leva è stata sospesa, non abolita. Ho ancora speranza che in qualche forma possa essere ripresa, non per l'ANA, ma per i nostri giovani e per il nostro Paese. Non voglio abbandonare questa strada e desidererei che chi è preposto a decidere si assumesse la responsabilità di una scelta. Credo che come oggi possiamo formare gli uomini della Protezione civile che siano alpini o no, sia pensabile una formazione dei nostri giovani che condividono i nostri valori e un inquadramento nell'associazione diverso da quello che facciamo ora tra soci e aggregati. Un tentativo c'è già stato nel 2008 individuando chi condivide più di altri i nostri valori, ma non sono stati definiti i criteri che devono essere oggettivi e stabiliti dallo statuto. La sospensione della leva ha portato in passato ad un distacco tra ANA e truppe alpine, ma la questione si è chiarita e da almeno 6/7 anni i rapporti tra alpini in armi e in congedo è strettissimo. Il prossimo anno ci attende anche il ricordo dell'anniversario della Prima guerra mondiale. L'Ana si sta preparando e coordinando con i comitati nazionali e regionali che si stanno costituendo; per noi è fondatale il momento del ricordo. Non dimentichiamo che la Grande Guerra è stata l'ultimo atto dell'Unità d'Italia che ha fatto e recuperare le terre irredente di Trento e Trieste. E' importante l'Unione europea, ma è anche vero che dobbiamo ricordare i sacrifici di chi ha voluto che l'Italia fosse una cosa sola. Questo sentimento si è diffuso per la prima volta da Nord a sud dopo la rotta di Caporetto. Lo posso dire perché questo sentimento da giovane l'ho raccolto dai i miei compaesani, le cui famiglie che vivevano sotto il Grappa, nella zona della in prima linea e molti erano stati accolti in Sicilia a Mazara del Vallo e Marsala per due anni. Potremo fare qualcosa di più grande in Europa se saremo in grado di tenere quello che abbiamo conquistato. Non dimentichiamo i nostri valori di moralità e rigore, necessari al nostro Paese in questo momento grave di crisi, che non è solo economica, ma soprattutto etica. Sebastiano Favero 86a Adunata Nazionale a Piacenza LA PRIMA VOLTA A PIACENZA Bella la città, bella la gente, bella l’adunata A nche quest’anno è arrivato il momento del nostro grande incontro annuale, che sempre uguale e sempre diverso ci unisce in un solo caloroso abbraccio. Si aspetta con impazienza che arrivi in fretta questo appuntamento e poi in un baleno se ne va lasciandoci sempre un po’ di amaro in bocca per non aver visto una tal cosa o per non aver incontrato certi amici, oppure per non essere stati presenti ad una certa cerimonia. A Piacenza non c’eravamo mai stati. Ma c’è sempre una prima volta per tutto! Quest’anno è toccato a questa città l’onore e l’onere di ospitare ed organizzare l’Adunata nazionale numero 86 nei giorni 10, 11 e 12 maggio; adu- nata che ha portato una ventata d’entusiasmo, una scossa di vita in tutta la città. Piacenza, tutta imbandierata, ci ha accolto con calore, grazie anche al carattere aperto degli abitanti. Piacenza, fondata duecento anni prima di Cristo, ha mantenuto nella parte vecchia l’impronta a scacchiera degli accampamenti romani, con molti palazzi, basiliche ed insediamenti urbani realizzati in mattoni. E che dire di quei due imponenti monumenti equestri in bronzo dei Duchi Alessandro e Ranuccio Farnese, che dall’alto dei loro piedistalli in marmo di Carrara, campeggiano in piazza dei Cavalli nel centro cittadino. Statue equestri definite le più belle del mondo! 9 Volendo, di cose da vedere a Piacenza ce n’erano in quantità: la sempre gettonatissima Cittadella militare con l’esposizione di mezzi, materiali ed armamenti in dotazione alle Truppe Alpine, musei di ogni tipo, chiese, mostre fotografiche, di uniformi, dell’IMFS; molte di queste esposizioni erano state allestite nel grande complesso dell’ex Ospedale Militare; altri eventi tradizionali come cori nelle chiese e bande musicali in giro per le strade, infine i commilitoni che si incontrano in un luogo prestabilito della città. Insomma non c’è mai da annoiarsi durante le nostre adunate, anzi non c’è proprio il tempo materiale (stanchezza a parte) per poter essere presenti a tutte le manifestazioni. Anche il fatto di ritrovarsi in compagnia a tavola, al ristorante, nell’accampamento, o sotto un tendone, fa parte del nostro essere alpini, del nostro modo tradizionale di fare Adunata in allegria, cantando e magari bevendo qualche 10 bicchiere in più del solito! Le adunate, come dicevo all’inizio si assomigliano tutte nello svolgimento rituale della parte ufficiale, ma ognuna ha vari particolari che la caratterizzano, aiutando tutti noi a ricordare anche a distanza di anni persone, date e luoghi dove si sono svolti. Castel S. Pietro - Bologna RADUNO DEL 2° RAGGRUPPAMENTO L a vasta e nebbiosa pianura bolognese ha accolto domenica 20 ottobre il Raduno del 2° Raggruppamento tenutosi a Castel S. Pietro (BO), cui fanno capo le venti Sezioni della Lombardia e dell’Emilia/Romagna, che ha visto convergere nella cittadina migliaia di partecipanti con rappresentanze e vessilli del Veneto e del Friuli. Non è più una novità ormai vedere così tanti alpini di varie Sezioni, partecipare a questo raduno, che viene al secondo posto come importanza dopo l’Adunata Nazionale e che viene a chiudere, che così si può dire, il calendario delle manifestazioni di importanza interregionale. Il tempo ci è stato amico, lasciandoci sfilare all’asciutto con qualche sporadica occhiata di sole, ma è stato più importante il clima umano e festoso che gli abitanti del luogo e del circondario ci 11 hanno esternato durante la sfilata; siamo stati accolti con vero entusiasmo e simpatia e con un paese abbondantemente imbandierato. Nel piazzale dell’ammassamento (sul palco Francesco Brighenti fungeva da speaker ufficiale) si sono svolte le cerimonie preliminari della manifestazione: l’arrivo dei Gonfaloni, del Labaro nazionale e l’alzabandiera hanno preceduto i discorsi di rito tenuti dal capogruppo locale, dalla sig.ra Sindaco e dal Presidente della Sezione Bolognese/Romagnola. E’ stata quindi la volta del nostro Presidente Favero, che con vibrate parole ha posto l’accento sul valore della parola Patria, rimarcandone l’attaccamento ad essa che gli alpini di ieri e di oggi hanno sempre dimostrato, sottolineando altresì quei valori che mai non tramontano, tra i quali il senso del dovere e la solidarietà che tutto dona senza nulla aspettarsi in cambio. La fanfara di Scanzorosciate in testa alla Sezione di Bergamo, il caratteristico striscione “Berghem de sass”, il Vessillo sezionale con l’alfiere Finotto affiancato dal Presidente Carlo Macalli, i quattro vicepresidenti Arnoldi, Facchinetti, Frigeni, Granelli, (il consigliere nazionale Giorgio Sonzogni ha sfilato scortando il Labaro nazionale), con i consiglieri Bettoni, Cuni, Alberto Giupponi, Moro, Persico, Pulcini, Quarteroni, Sangalli, Stabilini, Vavassori e Venturi precedevano gli ottantadue gagliardetti ed i circa trecento soci ben incolonnati e sfilanti in modo esemplare, dando un’immagine di compattezza e di ordine. Varie manifestazioni si erano tenute nei giorni precedenti, come deposizione di corone ai Caduti, l’inaugurazione del monumento “agli Alpini”, la S. Messa, mostre, esibizioni canore e tutto quel co- 12 rollario di iniziative che precedono sempre i nostri grandi incontri. Insomma è stato coronato dal successo anche questo Raduno d’autunno svoltosi come doveva svolgersi in amicizia ed allegri. 30a Adunata sezionale: mobilitata l’Area 2 ZOGNO IN FESTA D opo l’adunata nazionale, la manifestazione annuale più importante è l’adunata sezionale che si svolge a rotazione nelle quattro aree. Quest’anno è toccata all’Area 2 che ha proposto come sede Zogno - dove si era già svolta la prima e altre due nel corso dei trascorsi trent’anni - nella ricorrenza del 90° di fondazione del Gruppo locale. Dopo alcune manifestazioni preparatorie, l’adunata ha preso avvio venerdì 6 settembre con un concerto della Fanfara Congedati della Brigata Orobica. Nella mattinata di sabato 7 settembre si sono svolti gli onori alle lapidi e ai monumenti ai Caduti nelle frazioni del paese; nel pomeriggio si sono avute dimostrazioni di mezzi militari d’epoca, della Protezione civile e dell’Ospedale da campo. Alle 17 sono seguiti gli onori al monumento ai Caduti di Zogno capoluogo, la Messa nella chiesa parrocchiale e infine, in serata, una rassegna di cori alpini. La giornata clou è stata domenica 8 settembre con la sfilata. Presenti molte autorità, tra cui il senatore Nunziante Consiglio, il consigliere regionale Angelo Capelli, l’assessore provinciale Fausto Carrara, il vicesindaco di Bergamo Gianfranco Ceci e numerosi altri sindaci e autorità. Non potevano certo mancare gli alpini in armi, presenti in città per l’operazione “Strade sicure”, con a capo i colonnelli Michele Biasutti del 5° di stanza a Vipiteno e Luigi Rossi del 6° di stanza a Brunico. Numerose anche le rappresentanze di associazioni d’arma e di carattere sociale della zona. Il vessillo sezionale, scortato dal consiglio direttivo pressoché al completo (mancava il presidente Carlo Macalli, impedito per motivi di salute), era seguito dall’alpino Marco Caprioli, che reggeva su un cuscino tricolore il cappello del papà Nardo, accompagnato dai presidente emeriti Decio, Carobbio e Sarti e da un drappello di “veci” che negli anni hanno lavorato nella sezione a fianco del “presidentissimo”. Al suo passare gli applaudi raggiungevano l’apice e si sono visti molti occhi lucidi. Dietro c’erano i vessilli delle sezioni di Brescia, Conegliano, Cusio Omegna, Milano, Monza, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Salò Monte Suello e Valle Camonica; poi una lunga scia di 260 gagliardetti; i volontari della Protezione civile, dell’Antincendio boschivo, dell’Ospedale da campo, del nucleo cinofilo Argo; poi gli atleti e centinaia di penne nere divise per area con striscioni a tema alpino; tutti al passo cadenzato dalle Fanfare alpine sezionali e dal Corpo musicale di Zogno. Ospiti d’onore i reduci Pietro Bugada di Capizzone, Pietro Cavagna di Serina, Giuseppe Falgari di Bergamo, Romualdo Forcella di Zogno, Pasquale Paleni di Cusio e Oreste Riva di Petosino che hanno sfilato su storici mezzi militari messi a disposizione dal collezionista Gianandrea Bonaldi. Vecchie e gloriose rocce che dopo le battaglie sui fronti Occidentale, Grecia e Albania e Russia hanno dovuto subire lo sfacelo dell’8 settembre, come oggi, di settant’anni fa e anni di prigionia. Uno spettacolo degno dell’adunata l’hanno offerto le case e le vie di Zogno 13 pavesate con bandiere, striscioni, nastri e cordate di bandierine tricolori, disposte con abbondanza e gusto, con l’aggiunta di una pioggia di “mini tricolori” lanciati dai balconi sul corteo che sfilava. Non sono mancati neppure i tricolori viventi, come le tre belle ragazze davanti ad un portone con camicette di diverso colore: verde, bianco e rosso. Uno spettacolo coinvolgente, come lo è stata la partecipazione della gente, assiepata numerosa a fianco della sfilata con una partecipazione corale, appassionata ed un po’ scanzonata, come testimonia una scritta simpatica e spiritosa appuntata su una porta: “I muli danno il benvenuto ai loro conducenti”. Gli abitanti di Zogno sono soprannominati muli. La sfilata, coordinata da Giancarlo Sangalli, si è conclusa nel campo dell’oratorio dove si sono tenuti i discorsi di rito, presentati da Francesco Brighenti, nei quali si è ricordato più volte l’opera di Leonardo Caprioli che ha saputo tracciare nuove vie all’Ana. Per primo ha parlato Luigi Garofano, capogruppo di Zogno, che ha dato il benvenuto a tutti i partecipanti; Giuliano Ghisalberti, sindaco di Zogno, ha ricordato l’opera degli alpini a favore dell’amministrazione locale; i colonnelli Biasutti e Rossi hanno evidenziato la simbiosi che esiste tra Bergamo e le Truppe Alpine; il vicepresidente vicario Antonio Arnoldi ha portato il saluto del presidente Carlo Macalli e ribadito il cordiale legame della sezione con le Truppe Alpine che ha determinato la recente presenza di un reparto del 5° alpini per le esercitazioni estive in Valle Seriana. Infine il consigliere nazionale Giorgio Sonzogni ha porto il saluto del presidente nazionale Sebastiano Favero ed evidenziato quanto gli alpini siano un patrimonio indispensabile per l’Italia. A chiusura il momento più toccante, il dono del capello alpino di Leonardo Caprioli da parte del figlio Marco alla Sezione nella persona del vicepresidente Antonio Arnoldi, emozionati entrambi, perché venga conservato nel museo sezionale; un cimelio che rappresenta una vita dedicata alle penne nere di una persona che ha fatto la storia dell’associazione e che resterà per sempre un esempio per tutti gli alpini e gli uomini di buona volontà. 14 5° REGGIMENTO ALPINI 2013: Bilancio di un anno “tipico” e “straordinario” nel XXI secolo Il 5° Reggimento Alpini è un’Unità del moderno Esercito Italiano che, forte delle sue Tradizioni reggimentali, opera con efficacia al servizio dell’Italia e degli Italiani, negli scenari più delicati ove si renda necessario schierare forze militari, sia in Patria che all’estero. Il Quinto è di stanza a VIPITENO (BZ) e si compone di un comando di Reggimento, una Compagnia Comando e Supporto Logistico e del battaglione alpini “MORBEGNO”, pedina operativa dell’unità. La sua Bandiera di Guerra è decorata di un Ordine Militare d’Italia, due Medaglie d’Oro, una d’Argento e una di Bronzo al Valor Militare e una d’Argento di Benemerenza, assegnata per l’intervento a favore delle popolazioni calabre e siciliane colpite dal terremoto del 1908. Nel corso dei suoi 131 anni di storia, il 5° ha partecipato con i suoi battaglioni, legati per denominazione e reclutamento alle terre lombarde, ai principali eventi bellici della storia d’ITALIA. Durante i primi settant’anni, lo troviamo nelle campagne d’AFRICA, in ERITREA e in LIBIA, nella Prima Guerra Mondiale sul fronte alpino tenuto dalla IV Armata, nel corso del secondo conflitto mondiale, sul Fronte occidentale, sul confine greco - albanese e sul fronte russo, inquadrato nella Divisione Tridentina. Dalla ricostituzione dopo la seconda guerra mondiale, in Patria, il Reggimento e i suoi battaglioni hanno svolto e continuano a svolgere importanti operazioni di soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali (ultima in ordine cronologico l’alluvione in ALTA VALLE ISARCO nel mese di agosto 2012, che ha visto il Reggimento in concorso alle forze della Protezione Civile della provincia di BOLZANO) e operazioni in concorso con le Forze di Polizia, per la salvaguardia delle libere istituzioni, quali l’Operazione “VESPRI SICILIANI”, “RIACE”, “FORZA PARIS”, “DOMINO” e “STRADE SICURE”. Fuori dal territorio nazionale, la nostra Unità, assieme ad altre dell’Esercito e delle altre Forze Armate, è stata presente nei principali Teatri Operativi per stabilizzare aree di crisi, che hanno visto il Reggimento impegnato dal 2001 in BOSNIA HERZEGOVINA, nell’ambito della missione “JOINT FORGE”, in KOSOVO per l’operazione “JOINT ENTERPRISE” e in AFGHANISTAN la partecipazione all’operazione “ISAF”. Il 5° Reggimento Alpini, grazie alla formazione assicurata ai propri appartenenti dagli istituti dell’Esercito e al continuo addestramento sviluppato presso le numerose aree addestrative dell’Alta Valle Isarco e di altre parti d’Italia, costituisce uno strumento flessibile al servizio del popolo Italiano, in grado di svolgere tutti i compiti istituzionali previsti per le Forze Armate, sia in ambito nazionale che internazionale, sia in operazioni militari che in contesti di supporto alle Istituzioni e alle popolazioni colpite da calamità naturali. Il Quinto di oggi, conscio della sua intensa e gloriosa Storia, vive il XXI secolo nel segno di una continuità di valori che associano gli Alpini di oggi agli Alpini di ieri. Spirito di Corpo, Professionalità, Coraggio, Disciplina, Spirito di Sacrificio e Senso del Dovere permeano ogni attività e ogni operazione sviluppate dalle Donne e degli Uomini del Reggimento, in linea con i trends espressi dall’intero Esercito che è Italiano perché è un’Istituzione al servizio dell’Italia e degli Italiani. Il 2013 è stato un anno per alcuni versi “tipico”, per altri “straordinario”, ma comunque un anno di entusiasmo e soddisfazione per il Comandante e per i suoi Alpini. Per ripercorrere quanto abbiamo saputo esprimere nel corso di questi ultimi mesi, potremmo individuare tre filoni principali di azione: le operazioni, l’addestramento e i rapporti istituzionali e con le comunità locali a noi vicine, sia geograficamente sia affettivamente. Questi tre filoni, separati solo per esigenze di trattazione, sono di fatto, per molti versi, interconnessi e parti di un unico ciclo di attività che concorrono a realizzare il “prodotto 15 operativo” del reggimento, inteso come risultato della moltiplicazione degli sforzi dei singoli, dei plotoni e delle compagnie. La coesione e l’affiatamento del fuciliere, del mortaista, del cuoco, del meccanico e del furiere e la collaborazione dei loro Comandanti hanno consentito di raggiungere tutti gli obiettivi che ci erano stati assegnati e di raggiungerli in maniera che definirei più che soddisfacente. In qualità di 50° Comandante sono soddisfatto, non avrei potuto aspettarmi di più da dei professionisti preparati tecnicamente e appassionati alla loro vocazione! Ripercorriamolo, in breve, quest’ultimo anno, nel quale Voi amici dell’ANA di Bergamo avete una parte importante, sia per l’affetto manifestato, assieme alle altre sezioni lombarde, che per il contributo effettivo ad alcune delle attività addestrative, base irrinunciabile dell’efficienza operativa di qualsiasi unità militare. 1. Operazioni Il 2013 è stato un anno intenso come tipicamente avviene da almeno tre lustri. Da marzo a settembre, una compagnia di formazione su base 44^ cp. alpini ha assicurato la protezione della principale base nazionale in AFGHANISTAN, la Foward Support Base di HERAT, sede del Regional Command WEST guidato dal nostro Comandante di Brigata, il Generale Ignazio GAMBA. I nostri, inquadrati in un’unità interforze (la compagnia era alle dipendenze di un Ufficiale Superiore dell’Aeronautica Militare), devono essersi comportati molto bene perché sono tornati con molti riconoscimenti e coloro che li hanno visti operare mi hanno riportato le loro impressioni molto positive. Chi è rimasto in Italia, però, non è rimasto digiuno di operatività perché da giugno a dicembre, il Quinto è stato chiamato a concorrere alla vigilanza e alla protezione di un sito strategico nazionale di prioritaria importanza; il cantiere TAV in Val di Susa. L’esperienza è stata molto interessante e ci ha fatto ampliare la conoscenza dell’organizzazione delle Forze dell’Ordine nazionali, oltre a farci tornare, come reggimento, a Rivoli nella caserma dalla quale i battaglioni del Quinto partirono per la tragica campagna di Russia nella primavera del 1942. 2. Addestramento Il valore aggiunto dell’Alpino, oggi come ieri pur con le migliorie tecnologiche e di equipaggiamento che l’Esercito ha in questi ultimi anni acquisito, si ottiene quando i procedimenti tecnico tattici della fanteria vengono applicati nel difficile scenario operativo della montagna, che costituisce una ”palestra addestrativa” insuperabile (qualcuno, giustamente, parla di “palestra di vita”), che tempra naturalmente chi l’affronta e nel contesto della quale anche le azioni apparentemente semplici vanno valutate attentamente e affrontate con adeguata prepa- 16 razione: fisica, psicologica e tecnica. Sebbene gran parte delle attività addestrative siano finalizzate all’incremento delle capacità più propriamente combat, non viene mai trascurata la specificità delle Truppe Alpine, ovvero la capacità di muovere ed operare in un ambiente difficile, compartimentato ed in condizioni meteorologiche anche molto avverse come quello montano. E il 2013 è stato un anno intenso anche per l’addestramento che viene cadenzato da esercitazioni che segnano l’apice di una continua e giornaliera attività durante la quale l’individuo, la squadra, il plotone e la compagnia migliorano le loro conoscenze e capacità tecniche e di coordinamento. Elencare tutti i momenti addestrativi del 2013 sarebbe sinceramente impossibile in poche righe; ricordiamo solo quelli più esaltanti. Abbiamo iniziato con i CASTA durante la 1^ settimana di febbraio, dove siamo stati al centro dell’evento clou dei Campionati con l’esercitazione dimostrativa AQUILA BLU 2013 nella piana di Dobbiaco e con la vittoria del Trofeo Buffa da parte di uno splendido plotone, esemplare per la tecnica, ma soprattutto per la coesione militare che ha dimostrato. Ancora, il 5° Reggimento Alpini ha svolto, nel 2013, le escursioni invernali al PASSO DEL TONALE e quelle estive sulle OROBIE, “ospite” dell’ANA di BERGAMO. Interessantissimi gli itinerari percorsi anche se a causa dell’innevamento ancora presente sulle cime, CIMA COCA l’ha salita solo una sparuta rappresentanza con il Comandante della 107^. Ottima l’occasione per testare le capacità di supporto logistico della CCSL, accampata a CLUSONE e per provare l’equipaggiamento per il pernottamento in quota. Eccezionale, infine, l’accoglienza dell’Alta Val Seriana che ha rivisto gli Alpini in zona dopo molti anni. Più in generale, nella normale vita del reparto, l’attività di specialità svolta in ogni periodo dell’anno occupa una gran parte dei periodi addestrativi. 3. Rapporti con la Società civile L’anno è iniziato all’insegna del ricordo e della Storia del reggimento con la partecipazione della Bandiera di Guerra e di una compagnia d’onore alle celebrazioni del 70° anniversario di NIkolajewska a Brescia (26 gennaio). In quel fine settimana, a Milano presso il Comando Militare Esercito Lombardia, una rappresentanza assieme ad una folta schiera di amici dell’ANA delle province lombarde ha scoperto una targa a ricordo dei 130 anni dalla costituzione. La festa del reggimento cade l’8 giugno, anniversario dei combattimenti di MONTE FIOR e CASTELGOMBERTO (1916) dove il Battaglione “MORBEGNO” si guadagnò la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Quest’anno l’abbiamo festeggiata il 6 giugno con una grandissima adesione e concludendola con un concerto della Fanfara in Piazza Città a VIPITENO. Nel mese di novembre successivo, una contenuta rappresentanza ha partecipato ad una serie di cerimonie nella zona di FOZA e ha potuto raggiungere proprio l’area della battaglia per deporre una corona ai Caduti assieme alla Sezione ANA “Monte Ortigara”. In quell’occasione, abbiamo potuto assistere ad una interessantissima conferenza sulla Storia dei battaglioni Alpini e Bersaglieri che si aggrapparono alle pendici meridionali dell’Altopiano di ASIAGO per impedire al nemico di dilagare nella pianura veneta. Queste cerimonie, così come per tutte le altre tutte le cerimonie che riguardano il Reggimento (Colico, Lecco, Morbegno, Albino, l’adunata sezionale dell’ANA di BER- GAMO, ecc.), le relazioni con il personale in congedo sono sempre considerate di massima importanza, sia nei confronti degli ex-appartenenti al Reggimento, sia con i soci delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, in particolare con l’Associazione Nazionale Alpini. Inoltre, non meno importanti sono i contati e i rapporti con le istituzioni locali, sia del comune che ospita la sede reggimentale, sia con le Amministrazioni dei comuni e delle provincie legate alla storia del Reggimento, e a quelle legate da profonda amicizia per aver dato, nel corso della sua plurisecolare vita, alpini al glorioso Quinto. Tra queste sono da ricordare la città di Bergamo, legata da profonda amicizia e sempre presente con il gonfalone comunale alle più importanti cerimonie del 5° Alpini e la sezione ANA che non manca mai di dimostrare l’affetto e l’amicizia agli Alpini del nostro bel reggimento. Nonostante i suoi 131 anni di storia, il 5° Reggimento Alpini è un’unità dell’Esercito Italiano che sa rispondere alle sfide di un mondo in continua evoluzione. I suoi appartenenti sono Alpini d’Italia e per l’Italia, al servizio della collettività, pronti all’impiego, operativamente flessibili e tecnologicamente al passo coi tempi, efficaci perché capaci di coniugare allo stesso tempo Tradizioni, Spirito di Servizio e Professionalità. E sono Alpini da 131 anni fedeli al motto del 5°: “Nec videar dum sim”, non per apparire ma per essere. Colonnello Michele Biasiutti 17 IL 5° ALPINI A BERGAMO I i Alpini sono a Bergamo ormai da tempo, apprezzati per il servizio “strade sicure”, la città e l’hinterland sono i luoghi in cui li si può incontrare, non certamente sui monti come converrebbe a reparti che in tale ambiente dovrebbero essere presenti, non fosse altro che per il nome. Fin dall’adunata 2010 stavamo chiedendo ai Comandi interessati di potere ospitare nella nostra provincia un Reparto almeno per quello che noi abbiamo conosciuto come campo estivo o escursioni estive. Dopo vari rinvii, dovuti alle esigenze di servizio, finalmente gli Alpini sono tornati. Base a Clusone, un plotone di Alpini da poco giunti al 5° Reggimento Alpini, preceduti da una aliquota di Alpini guidati dal Capitano Massimi che hanno istallato le strutture logistiche di servizio, sono giunti a Clusone. Per essere certi di avere gli Alpini a Clusone avevamo anticipato la preparazione del campo. A ripulire l’area da rovi, stendere la ghiaia per chiudere qualche buca sulla strada e spianare alcuni dossi è stato compito di alcuni Alpini dei Gruppi dell’altipiano, Clusone in testa, sotto la guida di Aldo Consonni, cui non difettano certamente capacità, disponibilità e soprattutto determinazione. Alla Protezione civile sezionale il compito di predisporre gli allacci ai servizi tecnologici e di istallare i container per i servizi e la cucina. Manzoni, Granelli e collaboratori hanno risolto i problemi in modo egregio, nell’area resa disponibile da Padre Arturo della Casa dell’Orfano che ha consentito di effettuare anche gli allacci ai servizi tecnologici necessari. Disponibilità di cui sapremo ricordarci a tempo debito. La presenza del 5° ha interessato diversi comuni. Clusone, ove è stata allestita dal Reparto una mostra di mezzi, materiali ed atrezzature in una piazza; Onore ove Alpini del 5° e personale ANA hanno organizzato una giornata di arrampicata per i ragazzi 18 nella palestra di roccia; Castione della Presolana ove si è tenuto un concerto del Coro Brigata Alpina Tridentina in congedo attivato dal personale del Reggimento. Infine i Comuni di Fino del Monte e Rovetta hanno visto la presenza del Reparto in armi alla cerimonia tenutasi al termine della presenza del Reparto. Non è possibile dimenticare il CAI, nella persona di Piermario Marcolin, Presidente dell’Associazione che ha consentito agli Alpini di essere ospitati al Rifugio Mario Merelli al Coca, per il pernottamento durante la percorrenza del sentiero delle Orobie, con la disponibilità dei gestori del rifugio. Infine numerosi Gruppi della Sezione hanno voluto ospitare gli Alpini per una cena a fine del periodo di permanenza. Un modo per incontrare gli Alpini di adesso, capire cosa è cambiato, ricordare luoghi e persone, ma soprattutto per rinsaldare un vincolo mai venuto meno tra chi nelle caserme alpine è passato e chi ora vi si trova in servizio. È stata un’esperienza cercata, voluta e sentita, i bergamaschi aspettavano di avere conferme che il loro 5° è un Reparto forte e vitale. Un Reggimento con cui mantenere attiva la collaborazione che ha consentito di consegnare materiali e medicinali da portare in Afghanistan nel periodo di presenza in quel teatro. Un Reparto che pur con la presenza di Alpini provenienti da tutte le regioni d’Italia e non solo del territorio lombardo, continua a parlare una lingua nota, quella dell’appartenenza ad un Reggimento carico di storia e di sentimenti di intere generazioni che hanno avuto, tanti purtroppo nella sfortuna delle vicissitudini della guerra, altri nel più o meno lungo periodo del servizio militare, la possibilità di diventare Alpini. La narrazione della presenza del 5° in territorio bergamasco viene lasciata ad uno dei partecipanti, al Tenente Mondin che ha guidato sui sentieri orobici gli Alpini del 5°. CAMPO ESTIVO SULLE ALPI OROBICHE N ello scorso mese di luglio ha avuto luogo il campo estivo del 5° Reggimento Alpini sulle Prealpi orobiche a CLUSONE (BG). L’attività ha coinvolto parte della 107^ Compagnia del battaglione Alpini “MORBEGNO”, che ha costituito il grosso dell’aliquota marciante, e parte della Compagnia Comando e Supporto Logistico. Le escursioni estive rappresentano il culmine dell’addestramento di specialità in ambiente montano e quest’anno, con il suo svolgimento sulle OROBIE, ha costituito anche un “ritorno alle origini” per il 5° Reggimento Alpini, che per decenni ha avuto fra quelle montagne una delle sue zone di reclutamento storiche. La 107^ Compagnia Supporto alla Manovra, che nelle settimane precedenti al campo era stata rinforzata con personale neo assegnato alle Truppe Alpine, ha costituito la “compagnia guida” dell’attività, che ha seguito l’addestramento propedeutico dei nuovi arrivati, sia dal punto di vista della preparazione fisica che da quello della disciplina del movimento in montagna. Durante la prima settimana è stata ripercorsa parte dell’Alta Via delle OROBIE. Partiti da VALCANALE, gli alpini sono passati per il rifugio ALPE CORTE, il GEMELLI, fino al rifugio COCA e CURÒ per poi scendere a VALBONDIONE. Al LAGO DI COCA si è svolta una breve cerimonia fra Alpini, sezione ANA di BERGAMO e CAI di BERGAMO, Da Comandante della 107^ Compagnia, mi piace ricordare qui, con una punta di campanilismo, la piccola ma emozionante parentesi dell’ascesa al PIZZO DI COCA, effettuata subito dopo la cerimonia assieme all’amico Paolo VALOTI, instancabile ex presidente del CAI di BERGAMO, conosciuto qualche settimana prima durante le ricognizioni delle marce e con il quale abbiamo toccato la neve in vetta alle 20 circa, mentre un bel sole estivo splendeva sulle montagne bergamasche. Durante il fine settimana sono state svolte con l’aiuto dell’ANA, del CAI, della Protezione Civile e con il CNSAS una serie di altre attività a stretto contatto con la popolazione, come la prova di arrampicata per giovani e bambini, il concerto del coro della BRIGATA ALPINA TRIDENTINA, la Santa Messa e la cerimonia dell’Alzabandiera. Nella seconda settimana, le attività del campo hanno invece avuto una connotazione più propriamente tattica, con lo svolgimento di una esercitazione a “partiti contrapposti” nelle vicinanze di CLUSONE. La novità rappresentata dall’area addestrativa ha reso le attività ancora più reali. Dopo due settimane intense dal punto di vista addestrativo e dello sforzo logistico, colgo l’occasione per ringraziare l’ANA di BERGAMO e i suoi gruppi, la Protezione Civile dell’ANA e il CNSAS per l’aiuto nell’attività di arrampicata per bambini e il supporto tecnico durante l’attività di marcia. Ancora, il Coro della BRIGATA ALPINA TRIDENTINA che ci ha allietato con i suoi canti. Da ultimo, ringrazio a nome della mia Compagnia i gestori del rifugio COCA, che ci hanno ospitato ed il CAI di BERGAMO per il supporto tecnico nel muoverci lungo i sentieri della montagna bergamasca. Il campo estivo a BERGAMO è stata l’occasione per il ritorno in una parte delle nostre montagne che non vedeva un reparto alpino in attività dal lontano 1992. Il 5° Reggimento Alpini, impegnato fra l’altro nell’operazione “STRADE SICURE”, ha finalmente potuto raccogliere l’invito dell’ANA di BERGAMO, svolgendo le escursioni in una delle zone “storiche” di reclutamento del reparto, circondati dall’affetto di una popolazione legata da sempre ai suoi alpini. Tenente Alessandro Mondin 19 AVVICINAMENTO ALLA MONTAGNA CON IL 6° ALPINI U na settimana sui monti con gli Alpini, l’esperimento che abbiamo condotto grazie alla collaborazione del Comando Truppe Alpine a San Candido, è quanto troverete nelle relazioni che seguono, quella di una ragazza che vi ha preso parte e quella di una accompagnatrice con il ruolo di responsabile di una delle sette squadre in cui erano suddivisi i partecipanti. Doverosamente i ringraziamenti al reparto che ce ne ha data l’opportunità, il 6° Reggimento Alpini, al Comandante Col. Rossi e a tutto il suo personale, cominciando dai preparatissimi istruttori che hanno dato dimostrazione della grandissima professionalità dei nostri Alpini in servizio. Grazie agli accompagnatori dei ragazzi, capisquadra che li hanno seguiti passo passo, mettendosi in gioco con la giusta fermezza, comprensione ed anche fisicità per una iniziativa che non rientrava nella quotidianità delle singole persone. Grazie ai nostri Alpini che con il proprio lavoro ed impegno sono stati presenti 20 nella gestione del corso, ma anche a chi facendo interventi di manutenzione a Villabassa, ha dato “man forte” per la riuscita. Grazie ai ragazzi, non semplici comparse, ma attori ed attrici di una storia che hanno costruito con noi, giorno dopo giorno, con allegria, spontaneità, qualche piccola contrarietà, ma tanto, tanto entusiasmo ed accettazione di regole mai prima sperimentate. I resoconti ufficiali e le analisi le rinviamo più in là, anche se devo riduttivamente dire: esperimento positivo ed indimenticabile. Ora limitatevi a scorrere le prime note dei partecipanti, le troverete interessanti. “S u pe’ i monti, su pe’ i monti…”, come dice una famosa canzone degli alpini, è una frase che riassume in modo simpatico la nostra esperienza di avvicinamento alla montagna. Eravamo tra i monti come località montana, ma siamo stati proprio “su pe’ i monti” nel vero senso della frase! È stata una settimana molto intensa di attività. Si iniziava la giornata la mattina presto: la sveglia era alle ore 6:30; per noi ragazze che dormivamo in 14 in un’unica stanza (l’ex infermeria della caserma, oggi adibita a dormitorio femminile) era invece alle 6:10. Subito dopo ci aspettava l’adunata per la colazione e, poi l’alzabandiera, un momento importante che ci ha particolarmente colpito e coinvolto emotivamente. Noi ragazzi eravamo disposti in fila e in ordine di squadra. Ed eccoci, qualche istante dopo, tutti sull’attenti, mani diritte lungo i fianchi, sguardo rivolto verso la bandiera, pronti a cantare l’inno nazionale, mentre il militare addetto alzava il tricolore. Era commovente alla fine dell’inno (per intenderci, a: “… l’Italia chiamò: SÌ! ”) sentire quel “SÌ!” riecheggiare nel cortile della caserma; un “SÌ!” convinto, gridato all’unisono da tutti, ragazzi e militari. Chissà quante volte, soprattutto noi ragazzi, quando cantiamo questo inno non pensiamo al reale significato di questo testo che, invece, ci è suggerito dal suo vero titolo che è propriamente “Il canto degli Italiani”. L’alzabandiera che mi è rimasto nel cuore, è quello svolto da due lagunari (i militari che prestano servizio a Venezia) che hanno pronunciato durante questo rito il motto: “San Marco!”. Durante la giornata, in base al programma previsto, ci attendevano lezioni teoriche, oppure pratiche (ovvero le escursioni). Le lezioni teoriche si sono svolte in caserma. Alcune sono state tenute dal personale civile dell’A.N.A.: la protezione civile, il nucleo cinofilo, il soccorso alpino del C.A.I. di Bergamo. Ci sono state date interessanti nozioni sul soccorso in montagna con cani, sugli incendi boschivi, sui pericoli in montagna, sulle trasmissioni via radio. Altre lezioni teoriche sono state tenute da istruttori militari che, con competenza, ci hanno parlato dei pericoli della montagna e della prevenzione. Gli stessi militari, con molta pazienza e passione, ci hanno poi seguito nelle uscite. Ricordo con molto piacere le lezioni sui nodi (sono nodi basilari per fare arrampicate e ferrate) tenute dal maresciallo Beikirker (alpino del 6°) e dai suoi istruttori-collaboratori. Anche a noi, alla fine spuntava un bel sorriso quando i nodi erano ben fatti e quando il maresciallo annuiva (da immaginare con una bella pronuncia alla tedesca): “Bravi ragazzi, ben fatto!”. Non credevo che i militari fossero così disponibili e aperti con noi. Durante la nostra permanenza abbiamo potuto chiacchierare molto con i militari presenti in caserma sulle nostre impressioni e curiosità riguardo alla loro scelta di vita. Ho avuto anche l’occasione, una sera, insieme ad alcune amiche, di “intervistare” tre militari-donne. Le giornate più pesanti sono state quelle delle camminate. Anche le ferrate e le arrampicate (rigorosamente su roccia!) non erano da meno, soprattutto per chi non era tanto abituato o aveva un po’ di paura! Per fortuna i momenti delle escursioni erano intervallate da interessantissime spiegazioni sulla storia della Grande Guerra (come è accaduto durante la prima uscita in montagna). Bisogna dire, infatti, che in questi territori (San Candido, Sesto, e vicinanze) molti luoghi, sentieri e paesaggi - che si è soliti percorrere e ammirare con tranquillità - sono stati teatro, invece, di storie tragiche del primo conflitto mondiale in quanto zone di fronte italiano e austriaco. Alla fine la fatica si faceva sentire: dolori alle gambe, alla schiena e alle spalle per il peso degli zaini, le vesciche ai piedi e le ginocchia gonfie per i più “veci”! Ma lo sforzo e la stanchezza sono state ricompensate dai paesaggi mozzafiato: ovunque si volgeva lo sguardo si era circondati da un grande cerchio di vette innevate. La giornata, dopo la cena, si concludeva con la libera uscita. Ha fatto eccezione una serata, uno dei momenti più toccanti di tutta questa esperienza, in cui un militare ci ha parlato della sua esperienza in Afghanistan. Ci ha raccontato, attraverso un filmato, di come si svolge la vita in quei luoghi di guerra (sia dal punto di vista sociale che militare), di cosa fanno e di come sono organizzati, come passano le giornate e le notti. Si è soffermato anche su cose più tecniche, per esempio sui mezzi che hanno in dotazione gli italiani e che erano presenti anche in caserma a San Candido. Questa settimana è stata una delle esperienze più belle e significative che abbia potuto vivere finora (e su questo saranno d’accordo tutti i miei compagni di viaggio, almeno spero!). Ho scelto di partecipare perché mi piace la montagna e l’ho sempre praticata, ma volevo provare qualcosa di nuovo. Sono stata molto soddisfatta e sono riuscita a trovare quel “qualcosa di nuovo” che mancava alle solite vacanze. Ho riscoperto i valori dell’amicizia, della collaborazione, del rispetto e dell’adattamento alle diverse situazioni. Non dimenticherò mai i sorrisi e lo sguardo stupito di tutti i ragazzi e le ragazze che hanno vissuto con me questa settimana. Grazie a tutti, grazie agli Alpini dell’A.N.A. di Bergamo (e al suo mitico Presidente), ai militari e al personale della caserma, ma più di tutti grazie ragazzi (di tutto). 21 DALLA CASERMA CANTORE ALLA CASERMA FIOR DI ROCCIA P artiamo da due affermazioni: - Dal momento che è stato sospeso il servizio di leva è gradualmente cresciuta l’attenzione per il futuro dell’Associazione Nazionale Alpini a seguito della conseguente diminuzione dei soci. - La presenza di un gruppo di ragazzi bergamaschi alla caserma Cantore di San Candido è stato un esperimento della Sezione di Bergamo per capire se l’essere Alpini suscita ancora un qualche interesse nelle generazioni più giovani. Le due questioni non sono disgiunte l’una dall’altra, anzi sono le due facce della stessa medaglia che meritavano un’attenzione particolare, cui la Sezione di Bergamo si è dedicata nel corso del 2013. L’A.N.A. da tempo sta valutando quali sono le conseguenze della sospensione della leva e la ineluttabile contrazione nel numero degli associati. In questo senso il Presidente emerito Corrado Perona non ha perso tempo quando presenziando agli incontri con i Capigruppo organizzati in tutte le Sezioni ha voluto sentire i pareri degli Alpini sull’argomento. Sempre sull’argomento è stato chiaro il Presidente Sebastiano Favero, che ha richiamato con forza l’attenzione circa il fatto che una decisione, così importante per il futuro dell’A.N.A. non potrà essere procrastinata a lungo, anzi il Consiglio Nazionale dovrà riassumere le varie ipotesi, individuare i possibili scenari ed infine fare delle scelte. Anche gli Alpini di Bergamo hanno detto la loro e, sempre nel rispetto delle competenze della Consiglio Nazionale, pensano che il futuro associativo non può essere solo visto nell’ottica del recuperare Alpini in congedo al momento non iscritti; oltretutto anche il loro numero va diminuendo in funzione dell’età in modo coerente con la diminuzione del personale chiamato negli ultimi anni a prestare servizio di leva. Per analogia il futuro dell’A.N.A. non può essere neppure il cooptare tutti quelli che, non avendo fatto l’Alpino, ne farebbero volentieri richiesta risolvendo il problema numerico, ma scardinando anche statutariamente il principio dell’appartenenza dell’A.N.A. al 22 Caserma Cantore a San Candido novero delle Associazione d’Arma. * (nota) Negli ultimi tempi, cosa che l’A.N.A. ha sempre detto, si sono fatte più numerose le prese di posizione circa il ripristino non della leva, non di un servizio civile retribuito come quello in essere, ma di un servizio gratuito dei giovani per la collettività nazionale. Certo non un anno di tempo, ma qualche mese; non per qualcuno sì ed i furbi no. Per tutti: chi nelle istituzioni pubbliche e nei servizi sociali, chi nella protezione civile e chi nelle forze armate. Ne guadagnerebbero tutti, la collettività nazionale, ma soprattutto gli stessi giovani. Per qualche annoiato giovanotto potrebbe sembrare tempo sprecato, ma tanti incomincerebbero a comprendere che pulire muri e marciapiedi invece di imbrattarli è onesto e dignitoso, così come in qualsiasi attività svolta al servizio degli altri. Tutti avrebbero modo di vivere una esperienza a contatto con altri coetanei, portando qualcosa di sé e mutuando esperienze di altri; qualcosa di simile a quello che abbiamo vissuto noi durante il nostro servizio militare. Se poi un giovane arrivato nelle Forze Armate, in un ruolo temporaneo di servizio, maturasse il convincimento di provare ad accedere al servizio effettivo consapevole dei numeri ridotti oggi necessari nella difesa, sarebbe proprio il classico “partire dalla gavetta”. Parliamo ora del secondo aspetto indicato all’inizio. Abbiamo voluto capire se i giovani avevano interesse a partecipare ad una iniziativa che, pur somigliando Al cospetto del Monte Bianco ad una vacanza in montagna praticando attività sportive quali la palestra di roccia, l’arrampicata e le escursioni, comportasse anche il rispetto di regole, la convivenza con persone conosciute solo da poche ore, insomma passare dalle abitudini di casa propria ad una vita con i tempi scanditi da altri. Ebbene, una settimana alla Caserma Cantore in San Candido, ospiti del 6° Reggimento Alpini, è stato il riuscito banco di prova per 45 tra ragazzi e ragazze di sperimentare il convivere con altri nel rispetto di regole abbastanza desuete nella vita di un giovane, lamentando alla fine come i giorni fossero stati troppo pochi e chiedendo di poter ripetere l’esperienza. La Sezione ha così potuto valutare come ci sia ancora interesse per il mondo degli Alpini, per la loro storia, i loro ideali, ma soprattutto il desiderio e l’esigenza dei nostri giovani di avere riferimenti importanti per le future scelte di vita. È stata una bella esperienza, le giornate sono trascorse a contatto con gli Alpini del 6°Reggimento, istruttori capaci di far conoscere il modo di vivere la montagna e la natura, apprezzando anche le difficoltà fisiche personali oltre a quelle metereologiche e del terreno. Alle attività di montagna sono state alternate visite al museo di Sesto Pusteria, lezioni con personale della Protezione Civile ed anche la conoscenza di altre specialità dell’Esercito, essendo presenti in caserma anche reparti non alpini per attività di addestramento in aree di montagna. In altri articoli l’esperienza vissuta dai ragazzi viene descritta in modo più articolato. Quì riprendiamo il discorso per riferire che alla Sezione di Bergamo è rimasto il compito ancor più stimolante di saper riproporre l’esperimento, rivedendo nel caso le modalità, i tempi e il personale da coinvolgere. Allo scopo è stato anche interessante ed utile avere avuta la possibilità di avere ospite a luglio di quest’anno sulle nostre Orobie il 5° Alpini in attività addestrativa. Utile perché molti ci hanno chiesto di essere tramite con il reparto per poter partecipare a qualche escursione congiunta, piuttosto che visitare il campo base o avere gli Alpini come ospiti nei vari paesi. Specialmente i giovani ci chiedevano queste cose e questo ci conferma quanto già espresso sopra. Da queste iniziative si è consolidata l’opinione, come già avevamo pensato, che potendo disporre di una struttura adeguata, avremmo potuto proporre ad un maggior numero di giovani l’iniziativa sperimentata a San Candido, collaborando con la nostra Protezione Civile, per avvicinare i giovani all’A.N.A. Come avevamo cominciato a discutere con le Autorità militari, si è ipotizzato di poter utilizzare la caserma Fior di roccia in Val Veny a Courmayeur. L’ipotesi è di collaborare nella esecuzione di opere di adeguamento per poter poi utilizzare la struttura per le attività con i giovani, come sopra indicato, ma anche per la nostra Protezione Civile, gli atleti dell’A.N.A. e più in generale per le iniziative oltreché sezionali, anche dei Gruppi. Lo spirito non è di avere una casa vacanze di lusso, ma una struttura adeguata alle esigenze, anche un po’ spartana certamente, ma in una zona stupenda ai piedi del Monte Bianco. Sarà tutto semplice? Non possiamo saperlo, il Comandante del Centro Addestramento Alpino, Gen. Antonio Maggi, da cui la struttura dipende, in un recente incontro ci ha ribadito di non dubitare della capacità degli Alpini bergamaschi e questo giudizio non può che darci fiducia. I risultati speriamo poterli descrivere nel prossimo Almanacco. Caserma Fior di Roccia a Courmayeur * (nota) La legge 11 luglio 1978, n. 382, recante “norme di principio sulla disciplina militare”, prevede, all’articolo 20, terzo comma, che il Ministero della difesa con proprio decreto stabilisce, fra l’altro, le norme di collegamento con i rappresentanti dei militari delle categorie in congedo e dei pensionati delegati dalle rispettive associazioni. Il DM 5 agosto 1982, concernente “norme di collegamento della rappresentanza militare con i rappresentanti dei militari delle categorie in congedo e dei pensionati”, prevede, all’articolo 1, comma 1, che le associazioni combattentistiche e d’arma “che contemplano nei propri atti costitutivi l’acquisizione della qualità di socio in base al requisito dell’essere militari delle categorie in congedo o pensionati, e che prevedono tra i propri fini sociali la tutela degli interessi morali e materiali dei propri associati sono iscritte, a loro richiesta (…), in apposito albo tenuto dal Ministero della difesa” 23 INCONTRI CON GLI ALPINI IN SERVIZIO D a tempo gli alpini in servizio sono di casa nella nostra città. Nell’agosto 2009 sono arrivati per la prima volta a Bergamo per l’operazione “Strade Sicure” gli alpini del 5° Reggimento. A loro sono seguiti quelli del 2° Reggimento Artiglieria Terrestre, del 7° Reggimento Alpini, dell’8° Reggimento Alpini, del 2° Genio guastatori e di nuovo quelli del 7° Reggimento Alpini fino a al giugno 2012. Successivamente si sono alternati militari di altri Corpi sostituiti dal 22 marzo del 2013 dal 24° Reggimento di Manovra Alpino e guidati dal tenente Davide Tommasini. Dal 20 giugno sono stati rimpiazzati dagli alpini del 6° Reggimento di stanza a Brunico e del Centro Addestramento Alpino di stanza a Aosta comandati prima dal tenente Patrik Kemenater e successivamente dal tenente Baron. Inoltre nel mese di luglio nelle Prealpi orobiche ha avuto luogo il campo estivo del 5° Reggimento che ha saldato ancor di più i vincoli di amicizia. Non è mancata la partecipazione dei militari alle nostre manifestazioni ed in modo particolare a settembre quando in occasione dell’Adunata sezionale erano presenti il Col. Michele Biasiutti Comandante del 5° Alpini ed il Col. Luigi Rossi Comandante del 6° Alpini. D’altra parte il Vessillo della sezione è stato presente il: -27 gennaio a Milano per la ricorrenza del 130° di fondazione del 5° Reggimento Alpini, -8 febbraio a San Candido per i Ca.Sta. -4 aprile a Torino per la Cerimonia rientro Brigata Taurinense dall’Afghanistan -6 giugno a Vipiteno per la Festa di corpo 5° Alpini -4 ottobre a Udine per la Cerimonia rientro Brigata Julia dall’Afghanistan 24 DELL’ORTIGARA I l coro tacque, alla fine. Si spense, estenuato da quell’attesa sfibrante d'albe e di brume, in un silenzio come ammaccato e doloroso. Mossali sollevò alta la fiasca della sgnappa: avanti Savoja! Una fiasca, un'offensiva: alle fiasche di Cadorna, che si arriva a Trento! Da giorni per il reparto circolava la voce che sarebbe prossimo l'attacco. Tutto l'altopiano fumigava sporche filacce d'una bruma di stoppa e, sotto, brulicava l'opera incessante delle formiche operaie: grigioverdi e grigioazzurre, tra cunicoli e rottami arrugginiti. Una corona color di mota circondava il paciugo: denti frastagliati di quella bocca spalancata, che ingoiava le divisioni come gherigli di noce; e i nomi di quelle gengive snudate mettevano paura: Cengio, Zebio, Tondarecar, Kaberlaba, Castelgomberto...Il nome più oscuro, presagio del nulla, non era lontano, stava proprio dietro il roccione sbreccato di cima Caldiera: l'Ortigara! Di là, anzi, sporgendosi un po'dalla lunetta dell'osservatorio, la si poteva vedere, la meta puttana: insignificante in altri giorni, d'alpenstock e di marmellate al sacco, magnetica, in quel terzo giugno di guerra, per tutta la generalitudine al gran completo: parafulmine di ogni disfattismo, panacea, duemilacentoetanti metri sul mare nostrum; ben più vicina, ahimè, sporgentesi, quasi, sul mare tenebrarum, sul limitare di Dite. L'attacco sarebbe prossimo; imminente, invero, come assicurava il caporale Verduzio, crollando le cotenne, informato, proprio lui, greve di patrii taleggi, trasudante buaggine, da chissà quali empirei gallonati: dal Di Giorgio, perchè no, telepaticamente. Di Giorgio comandava la 52a divisione: penne nere di Piemonte, di Lombardia, delle Venezie, riunite tutte assieme per il gran ballo. All'inizio, il Comando 25 Truppe Altipiano aveva deciso di giocarsi la carta verso la Val Sugana, scalzando dall'orlo dell'acrocoro il gran corpo metallico dei Kaiserjaeger, l'Eiserne Korps, che sbarrava la via di Trento. Poi, molto italianamente, le azioni principali erano diventate due, sui due lati dell'altopiano: Casara Zebio e passo Portule. A cima Caldiera lo sapevano tutti che non c'era abbastanza sangue per alimentare i due scannatoi; si sarebbe dato di cozzo a casaccio, freneticamente, un po’ qui e un po’ là, dando lavoro alle regie poste, ai regi scavafosse, senza avanzare di un passo. E il tempo ultimo della loro vita scendeva limaccioso nella clessidra del destino. Con monotonia di maglio e di molino, tambureggiava, dalla sua tana, tra i boschi, l'ansante ippopotamo da 149 e sputava i suoi semi d'acciaio con ronzii regolari, sull'immenso bacile dell'altopiano. Sotto, avvicinando lo sguardo, come da una specola, frammezzo alla luminaria, braccia e teste e pacchetti di sigarette e mani e matite copiative dell’imperiale e regio esercito divenivano polta e fango e sangue: povere mogli dei Tognini! Ma, per Paolù, accovacciato tra i ciottoli puntuti di cima Caldiera, aderendovi con arte di biscia, era solo un accendersi e spegnersi, brevissimo, di fari nella nuvolaglia, laggiù, verso Gallio ed Asiago. Come aspettare il tuono, d'estate, quando fa burrasca, ed esserne sempre un poco stupiti, per i tempi lunghi e per l'ovatta dei suoni. Vedeva passare, un po'curvi, frantumi bigi d'uomini, simili ai sacconi del melgotto, silenziosi nella campana dei loro pensieri, primordiali. Lui pure, Paolù, taceva, dopo l'euforia breve del canto e ruminava di cose semplici e lontane: forse, belle solo perchè lontane. Di poca poesia è il pensiero del soldato, non vi cape la fredda determinazione: vi si trova, semmai, un'enorme, definitiva, chiarezza nel giudicare i pesi d'uomini e cose. E’ come un'ipocondria che sveli la fragilità del nostro esistere: onde si riflette sulla salute perduta, sul suo valore intrinseco, potremmo dire, e si è cosparsi, noi e tutti gli strafottuti filosofi con noi, dell'umida paura ch'è, prima o dopo, il sudario in cui l'uomo si avvolge. Anticipo della morte: del sudario definitivo. E quale malato è più grave di quello che, sano e forte (altrimenti non l'avrebbero preso: sarebbe rimasto a casa, con mammà e con fifì e con mimì), si trovi a vivere con una specie di Damocle malnato che gli penzoli sulla zucca la sua spadona? Vero è ch'egli nutre la più grande delle speranze: guarisci o muori, quasi fosse cura prodigiosissima, ma pericolosissima, l'assalto. Così Paolù pensava alle pietre tonde, sul greto secco del fiume e ad una capra che non voleva entrare nello stabbio. Ed era vivo e presente il volo 26 orbo del moscone e l'odore modesto del prezzemolo. Dormiva, a tratti, con la sensazione fredda del casco d'acciaio contro la guancia: un torpore di primavera agli sgoccioli, le rughe irregolari del moschetto sotto i polpastrelli. Percepiva, come da mondi lontani, le voci animate di Betelli e Goisis, che discutevano come veri strateghi. Intendiamoci, gli alpini mica sanno cosa decidono i veri strateghi, e che loro sono numeri sulle statistiche della morte, e che lei, paziente, affila la ranza! Sulle direttrici d'attacco a quel mammellone consunto, impietrato e sterile che doveva aprir loro la via di Passo Portule, la Val Sugana, Trento, la Val D'Isarco, Innsbruck, Berlino, il Polo Nord...Laggiù oltre le brume di giugno che sembrava un novembre, in una bella villa con le balaustre in pietra serena, qualcuno vigilava sul gran giorno: davanti a lui un plastico, con tante bandierine colorate; dietro, una fotografia appesa al muro, col ritratto di un omino baffuto che ghignava. - Vedrai che ci faran salire dal Coston dei Ponari, dal Lozze..non ce n'è d'altre vie: è un'erta ma ci si sale: ardela fogliò - faceva il gesto - è come un spigolo smussato, una polenda matta! - perorava Betelli, gesticolando largo, da sensale. E Goisis scuoteva il testone quadro, col sesto senso de'poveri nei riguardi d'ogni decisione deputata ad altri (a l'è ona ciulada!). Senza rassegnazione e senza speranza, con un rancore disilluso. - L'Agnellizza ci faranno fare, diolupo, vedrai te..l'Agnellizza! E poi che nomm, ostie, cossa gh'entrerà?Qualcuno che tentava d'assopirsi (Oh Teresina, che belle braccette che ci hai!) strillò: “Sito docà!”. Sembrava d'esser ancora in Francia, con gli altri bergamini a spaccar pietre; e ci si aggrappava al proprio dialetto per tener vivo quel po'di casa e non farsi capire dai mangiarane. Paolù si riscosse, tirò fuori dal tascapane un tocco di formaggio un po'muffoso, di quello che non manca mai nelle saccocce di un montagnino e che raduna tutti i pelucchi e le scorie di anni di fustagni indossati, ed iniziò, lentamente, a gramolarlo. Non un pensiero. Scendevano, coi loro tanghi lenti, dei bengala lividi. A Treviso, a Milano, a Bologna, i bimbi si levavano per sostenere gli esami, mangiavano pane e burro, baciavano guancie affettuose: che paura grande, l'esame! Anche Paolù andava all'esame; e la maestra era vecchia e secca, e stringeva la falce. Nemmeno un pensiero. Si dice che il principe di Condé... Sono i generaloni che strologano sulla vittoria e sulla sconfitta: a loro soli appaiono guerrieri nudi di marmo e signorine con le ali, e dei serti intrecciati tra le ceree dita; solo per loro si scomodano i presagi, quando, nell'ex “Gasthof zum Wolf”, ora pen- sione “Bel Riposo”, incarcandosi la servotta diciannovenne (un po'rozza, infine, ma procace), sciorinano sui lini sudaticci, oltre che le modeste polluzioni, frasi assai ben tornite e rime tra "storia" e "gloria". L'alpino, di fronte alla morte, non pensa. Perché, se pensasse, non uscirebbe dalla tana: vedrebbe i milioni di riformati, i furieri di sesta linea, i mercatanti, quelli che conoscono questo e quell'altro (e giù a dire: "Ma che fanno i nostri? Due anni che son lì a scavar buche!" E vacci tu, fregnone, a scavar buche, mezzo metro per due, e dentro il Tonin del Geppo, patapunf, e poi, subito, coprire, che tanto ci pensano gli obici alla riesumazione!). Oh, se pensasse, l'alpino, elegante come non mai: dietrofront e dàlli agli untori! Lo sapessi, Paolù, che siamo qui daccapo e che non sei servito a niente, tu con gli altri: il Goisis, Betelli e tutti quelli fracassati trai mughi! Lo sapessi che, in piazza, il piccolo obelisco di arenaria con la tua foto stinta non vede fiori da mezzo secolo almeno; e che, ancora adesso, dopo cento anni, continuano a ciularti! Qualcuno chiamò: - Avanti Quarantasei, al punto d'ammassamento..-Ci siamo paìs..- gridò Sambugada, volendo sembrar franco; ma si sentiva una crepa nella voce, come di vetro che stia finendo di spaccarsi. Ora, cannoneggiavano con intensità crescente: Paolù nemmeno se n'era accorto di quel diavolo a quattro che si preparava. 27 - Hanno cambiato tattica: - disse, ironico, il Cambiasi (e tu pure, Cambiasi, bauscia, sei creta spolpata!) - adesso li fanno a pezzi coi cannoni..gli alpini non servono più! E, davvero, pareva che la battaglia si decidesse a cannonate: tutto l'altopiano ribolliva d'una schiuma rovente ed il magma fluiva, pigro, nel cielo di zinco. Con rumore di deragliamento, scarrocciavano i 305, facevano loro da paggi, compresi nell'officio, i 149 A, i 149 G, gnaulavano funesti i 75, questi più vicini, come schioppetti, solo, un po'più grossi. Dietro quel muro si stava scoperchiando l'inferno: un erebo vorticante, come un altoforno che piroetti impazzito: a meno di un chilometro da loro, la roccia si sbriciolava sotto il maglio inverosimile di mille e mille bocche da fuoco. L'universo non esisteva più; era solo un frullare di scheggioni, sulle urla e sulle gavette dell’Eiserne Korps. Eppure gli Imperialregi sapevano e li aspettavano sulle quote brulle, traforate come formaggi, in attesa, pazienti, di restituire tutto quell'acciaio. A Calceranica, a Millegrobe, a decine di chilometri dal catino infernale, uscivano dai depositi giganteschi proietti; venivano carrellati tra le abetaie, verso piazzole enormi, dove attendevano mastodonti silenziosi. Le mostruose bocche d’acciaio brandeggiavano, lentamente, silenziosamente. Non lo sapevano Betelli, Paulù, Goisis, di quanto poco tempo li dividesse da quell'incubo di ferro. Acute oltre ogni dire, le pubblicazioni degli esperti 28 d'artiglieria italiani, immediatamente prima della guerra, smentivano con ironica sufficienza le allarmanti notizie sulla produzione di supercalibri da parte degli Imperi Centrali: in quel mattino di giugno, stava per arrivare la più eclatante delle smentite. Gli obici continuavano a brandeggiare, pronti a fare forcella sugli Italiani, come il pestello con una pirotta. In quel momento, il muretto a secco, che divideva la val Caldiera dall'Agnellizza, pareva un patetico ricordo di vigne a terrazza, anche se gli alpini lo consideravano un signor riparo: un rifugio coi fiocchi. Finché la si faceva a schioppettate! Di dietro quel muro, sarebbero balzati loro, quelli della balla rossa, correndo senza corpo, bellissimi e cenciosi, gridando "Savoia!", sgnappa o non sgnappa, urlando quel che risaliva dagli stomaci, in faccia alle occhiaie fulminanti delle Schwarzlose. Al suono di cornette e fischietti, per un attimo, sembrò che il gran frastuono si arrestasse, per poi riprendere con impeto rinnovato. Paolù prese il suo posto nella fila che si sgranava fino al pertugio che dava sul vallone e da cui vorticavano pallottole balenghe, schiacciandosi contro il sasso; mentre balzava in quell'imbuto folle di sangue e di fumo, gli venne alla mente la frase di Goisis.. anche lui non poté fare a meno di pensare: -Che nome, Agnellizza..! Poi sparve, per gli uomini e per il mondo, in un grido altissimo di fiamma. Il reduce racconta: BELOTTI GIUSEPPE classe 1921 - Gruppo di Sotto il Monte Fronte Russo Siamo arrivati in Russia il 22 agosto. Noi soldati avevamo l’incarico di costruire i rifugi sotto terra per ripararci dal fuoco e dal gelo. In uno di questi abbiamo passato anche la notte di Natale 1942. Il 17 gennaio è iniziata la ritirata. Prima del patatrach, il giorno prima, mi hanno mandato al comando di Rossosch. Ero vicepuntatore del cannoncino anticarro. Hanno cercato proprio me. A mezzogiorno è venuto giù un conducente per portarmi con la slitta al comando reggimento, ma là non c’era più nessuno. Ero solo, faceva un freddo boia: «Cosa faccio?». Ho trascorso la notte tra le mucche della sussistenza. Non sapevo cosa fare. Al mattino arriva la mia compagnia: «Tenente com’è ‘sta storia? Cosa faccio?» - «Vieni ancora nella mia squadra». La ritirata era come era, eri un po’ qua, un po’ là. Poi non trovavi i compagni, eri un po’ sbandato. Ho trovato aiuto e ospitalità presso le isbe. Ricordo, in particolare, una donna anziana che mi ha accolto e, dopo avermi sfamato, ha trovato un posto per farmi dormire. Le donne erano sempre pronte ad aiutare i poveri soldati italiani. La gente russa era buona con gli italiani, specialmente le donne, salutavano con queste parole: «Italianski karasciò!» (Italiani, buoni). Sai cosa dicevano quelli sulla slitta: «Dammi una fucilata!» ... chi lo faceva? ... come si fa a farlo? Il 26 gennaio, la battaglia di Nikolajewka. Quella l’ho vista tutta. Ero al cannoncino, ci volevano nove serventi per far funzionare il cannoncino anticarro. C’era una colonna più finita, non si vedeva dove cominciava e dove finiva. Il 27 gennaio sono rimasto ancora solo. Io sono tornato dalla Russia per miracolo. La prigionia A settembre ero a Rio di Pusteria. Suona l’allarme, ci fanno versare le armi: andiamo a casa? Avevamo solo il moschetto, abbiamo fatto un mucchio, con le mitraglie puntate dei tedeschi. Siamo scappati uno per cantone. Io sono scappato l’8 e mi hanno preso il giorno 13 o 14. Mi ero aggregato a 7 o 8 valtellinesi. Eravamo su in montagna, mangiavamo solo frutta. La gente del posto ci diceva: «Andate giù, consegnatevi ai tedeschi, vi mandano a casa. Hanno fatto l’accordo Hitler e Badoglio. Chi non ha sparato contro i tedeschi, sono liberi cittadini, vanno a casa». Alcuni non hanno dato retta e sono arrivati a casa. Io e altri ci siamo lasciati lusingare, siamo andati a Bressanone. C’era una tradotta che veniva da Tortona con tanti bersaglieri prigionieri, ci hanno caricato anche noi e ci hanno portato in Germania, in un campo di smistamento, poi sono stato mandato a lavorare in una fonderia. In seguito al furto di alcune patate, sono stato rinchiuso, dal proprietario del campo in una scuderia, in attesa dell’arrivo della polizia. Il contadino ripeteva più volte: «Heute keine Schlage, den du wirst kaput!» (Oggi non ti dò botte, tanto ti ammazzano). Nel pomeriggio mi hanno portato in caserma, dove sono stato processato. Grazie all’intervento del capo fabbrica non ho scontato la condanna e sono stato portato subito al campo di lavoro. Un altro episodio, vivo nella mia memoria, è l’esplosione di una bomba in un rifugio. Provocò la morte di una quarantina di internati italiani, fra i quali due che conoscevo bene: Nicoli di Albino e Rota di Almenno. Era il mese di novembre del 1944. Il 1° aprile sono stato liberato dagli americani. Sono passato poi sotto gli inglesi. Ci hanno portato in Italia a settembre. La gioia del ritorno a casa è stata subito smorzata da un gran dolore. Due persone mi riconoscono sulla strada di casa, una dice all’altra: «Chèsto l’è ol tus del póer Belòt». Così ho appreso la morte di mio padre. 29 Il reduce racconta: CARRARA BRUNO classe 1923 - Gruppo di Valpiana La prigionia La sera dell’8 settembre 1943 gli alleati tedeschi diventano improvvisamente nemici. Ci disarmano e ci fanno allineare nel piazzale dell’alzabandiera, ci privano di tutti gli effetti personali, in poche parole ci hanno fatto prigionieri. Ma perché? Nessuno lo sa, loro non ci dicono niente. Il giorno dopo ci caricano sul treno, sui carri bestiame e chiudono le sbarre, il treno parte. Ma per dove? Nessuno lo sa, loro non ci dicono niente. Dopo due giorni di viaggio, in condizioni disastrose, il treno si ferma e ci fanno scendere. Dove siamo? Nessuno lo sa, loro non ci dicono niente. Ci sistemano in un campo all’aperto: passa un giorno, passano due giorni, tre giorni. Quanto durerà questa storia? Nessuno lo sa, loro non ci dicono niente. I giorni passano e le condizioni si fanno sempre più insostenibili: giorno e notte all’aperto, sotto l’acqua, il sole, la neve nelle fredde giornate di fine autunno e inizio inverno. Ancor più lunghe e gelide notti. Ogni mattina un camion fa il giro del campo caricando i morti. Sono miei compagni di sventura il “Pioda” di Lepreno, il Bonomi Angelo e l’Angelo Carrara, entrambi di Serina. Ci disponiamo in tondo, ognuno che guarda verso un punto cardinale diverso in modo che le schiene siano una contro l’altra e riusciamo a scaldarci a vicenda. Verso la fine di dicembre vengono pronte le baracche; fredde e disadorne ma, dopo tante sofferenze e privazioni, finalmente un tetto sopra le nostre testa. Loro continuano a non dirci niente, ma noi abbiamo capito: sarà l’inferno. La fame dei vent’anni è qualcosa di incontrollabile e quando batte non ci sono tedeschi, reticolati o spari che tengano. Il rancio a Konisberg è fatto di patate bollite, rape bollite e due ettogrammi di pane, il tutto servito una sola volta al giorno. Sbirciando dal campo abbiamo visto che là fuori ci sono mucchietti di patate coperti di paglia che i contadini locali hanno da poco raccolto. Sono anche loro povera gente, ci dispiace anche un po’ ma abbiamo deciso di uscire a “fare la spesa” al buio. Il rischio è altissimo, ne va della vita stessa, una pallottola e zac è tutto finito. I fari ispezionano continuamente i reticolati che circondano il campo. Al rientro alcune sventagliate di mitragliatrici vanno fortunatamente a vuoto. Restiamo immobili, fino a quando tutto si placa. Il bottino viene nascosto sopra i pannelli di abbassamento del soffitto della camerata, l’ispezione immediata non dà nessun risultato. Per un po’ di tempo è assicurata una prelibata colazione, a base di patate crude non sbucciate, furtivamente consumate mentre le guardie ci accompagnano al lavoro. Finalmente il ritorno. Solo dopo essere scesi dal treno alla stazione di Bergamo, io e l’inseparabile Angelo Carrara abbiamo capito di essere di nuovo uomini liberi: coperti di pidocchi, sporchi, sbrindellati, impresentabili, ma liberi. Non ci sembrava vero, eppure nessun militare ci stava sorvegliando o ci diceva cosa dovevamo o cosa non dovevamo fare, semplicemente liberi! Valpiana era poi solo a 35 chilometri. Ad Ambria, dopo 20 chilometri di camminata, è venuto in nostro soccorso mio cugino Pietro Carrara, che con il suo camion ci ha portato fino a Serina. Dopo una sosta, a notte fonda, salutata la compagnia, mi sono incamminato verso Valpiana. Ero stanco ma il passo era sicuro. Alle prime case mi fermai ad osservare il paesino, non ci tornavo da più di due anni. Era così piccolo, così bello, così tranquillo... come lo immaginavo tutte le notti passate nell’angoscia del giorno dopo. Ancora trecento metri fatti in un solo fiato, il cuore in gola. Erano le tre di notte. Ero sotto la finestra dove dormivano i miei genitori: il cuore a mille, lo stomaco chiuso e le gambe che a questo punto sembrava dovessero cedere di schianto. Riesco a ripetere tre volte «Ohé!» Da dietro le imposte la voce di mio padre: «Chi éi?» ... «Só mè» ... «Ol Bruno! Ol Bruno! Carolina, l’è ché ol Bruno!» In un amen mamma e papà sono alla porta, quasi strappato lo scarnàs, il catenaccio ... ci siamo ritrovati tutti e tre abbracciati e piangenti. L’inferno era definitivamente alle spalle. 30 Il reduce racconta: MAGLI GIOVAN MARIA classe 1922 - Gruppo di Valgoglio La partenza Rimasi a Merano fino a metà maggio, poi fui trasferito ad Alpignano, là era riunito tutto il battaglione (Edolo), formato da soldati nati dal 1911 al 1922, molti dei quali sposati e con figli. Vi era anche mio fratello Francesco, classe 1911, aveva lasciato la moglie e due bambini, era sempre pensieroso e triste. Verso metà giugno venne a trovarci il parroco di Valgoglio, don Severino Tiraboschi, che si fermò con noi per una notte. La sera ci recammo all’osteria, con gran stupore della gente del posto. La mattina successiva celebrò la messa per tutto il battaglione, presenti anche gli ufficiali che lo ringraziarono. Consumato con noi il rancio nella gavetta, partì per Valgoglio. Fronte russo Noi conducenti portavamo in prima linea o viveri o munizioni. Di solito, si partiva verso le dieci di sera e si rientrava verso le due di notte. La strada era lunga e le operazioni di carico e scarico ci impegnavano per molto tempo. La mattina del 17 di gennaio ci dissero di prepararci a caricare i muli: dovevamo ritirarci, perché eravamo accerchiati. La notte fu molto rumorosa per l’arrivo ininterrotto di soldati sbandati. Vedevamo uomini ridotti a fantocci, coperti di tracci. chiedevo continuamente notizie di mio fratello Francesco, ma nessuno lo conosceva. Quando si arrivava in un paese bisognava cercare riparo. Essendo così numerosi, alla sera se non si trovava più posto al coperto, bisognava dormire all’aperto, addossati ai muri della case. Una sera mi misi vicino anch’io a una casa con i piedi nella neve. Al mattino cercai di alzarmi, non riuscivo a stare in piedi, mi pareva che gli arti mi fossero stati tagliati, erano congelati. Dovetti tagliarmi le scarpe e fasciarmi i piedi con un pezzo di coperta, legata alle gambe con del filo di ferro, ma a camminare era una fatica disumana ... A Nikolajewka eravamo esposti al fuoco continuo del nemico. Anche il capitano Grandi venne colpito al ventre. Ad un certo punto il suo attendente che conoscevo, come conoscevo il capitano Grandi, mi si avvicinò e mi disse :«Il capitano è molto grave!». Allora io con qualche altro andai a vederlo. Gli chiedemmo: «Come sta signor capitano?». Ci rispose: «Ma guarda un po’ che facce di funerale. Vedrete che io me la caverò ancora». Poi ci disse: «Cantiamo ancora una volta la canzone del Capitano, come facevamo la sera sul fronte del Don». Infatti, le sere sul Don, per cercare di scacciare la malinconia cantavamo. La intonò lui stesso: «Il Capitan della compagnia l’è ferito e sta per morir ...», noi proseguimmo, anche per non fargli sospettare la gravità della sua ferita. Più tardi, quando andammo tutti all’attacco di Nikolajewka, la slitta fu trascinata a turno da due soldati, per evitare che il mulo desse alla slitta degli strattoni, aggravando le ferite. Conquistato il paese, in una stanza al caldo, l’attendente preparò un po’ di brodo caldo e glielo diede, ma lui non riuscì a berlo. Continuava a ripetere: «Vedrete che me la caverò». Poi aggiunse: «Andate anche voi a cercare qualche cosa da mangiare e poi riposatevi. Vi vedo tanto stanchi». Il giorno dopo il capitano morì. Al mattino arrivammo al Brennero quando il sole era già alto. I soldati di servizio ci dissero che potevamo scendere dal treno perché la sosta sarebbe stata lunga. Al pomeriggio, visto che non partivamo ancora, alcuni soldati chiesero spiegazioni ai ferrovieri, i quali risposero che non potevamo partire fino a notte inoltrata. Mussolini in persona aveva dato l’ordine di non portare in Italia di giorno dei soldati in condizioni tanto pietose, dovevano portarci di notte. Dopo una sosta a Verona, partimmo a notte fonda senza sapere dove fossimo diretti. Al mattino arrivammo a Rimini dove fui ricoverato nell’ospedale. Feci due mesi d’ospedale, poi mi concessero tre mesi di convalescenza. 31 Il reduce racconta: PARIGI GIOVANNI classe 1921 - Gruppo di Cenate Sotto Fronte russo Il giorno 16 fu calmo. Uscii di pattuglia, era il mio turno di due ore. Quando rientrai ecco la grande sorpresa: trovai tutto smontato e pronti a partire. Non credevo ai miei occhi, l’ordine era di partire immediatamente. Per ogni compagnia restava una squadra in retroguardia, si sparava un po’ qua un po’ là, per far sì che il nemico non si accorgesse che stavamo ritirandoci. Io restai con la retroguardia. Appena i russi se ne accorsero che non eravamo più in linea, vennero fuori e incominciarono a inseguirci a pochi centinaia di metri, sparando all’impazzata. Noi quattro gatti a correre come matti per più di dieci chilometri, con le pallottole che fischiavano da ogni parte. Quando siamo diventati più tanti anche noi, i russi hanno avuto un po’ di paura e si sono calmati. Ci eravamo caricati di viveri, ma prima di partire gli ufficiali ci fecero buttare via tutto e prendere più munizioni possibile. Da lì cominciò la vera tragedia: niente da mangiare, niente dormire, sempre camminare a 40/45 gradi sotto zero, undici combattimenti per undici giorni. Dopo qualche giorno i piedi facevano male, erano gelati. Una sera provai a togliermi una scarpa e vidi il piede gonfiarsi a vista d’occhio, non riuscii più a rimetterla. L’altra non la toccai più, perché avrebbe fatto la stessa fin. Avendo una coperta che mi riparava dal freddo e dalla tormenta, dovetti tagliarla per fasciarmi il piede. Arrivai in Italia con una scarpa sola. La prigionia Poi arrivò l’8 settembre. Io ero fuori di servizio, quando rientrai c’erano tutti i soldati che gridavano: «È finita, siamo borghesi, andiamo a casa!». Anch’io ero contento, ma non mi sembrava una cosa normale finire così, lasciare lì tutto in una pineta e andare a casa così come niente. Dopo un momento sentii un tenente borbottare: «Gridate, gridate, ve ne accorgerete più tardi». E fu proprio così. Ci portarono in un campo di concentramento in Prussia. Là c’era pochissimo da mangiare e tanto da lavorare sulla ferrovia. Quando si poteva rubare qualche patata, era tanta grazia di Dio. Una sera, tornando dal lavoro, per strada trovai per terra una piccola patata, tutta calpestata e brutta, la presi e la misi in tasca. Al campo ci fecero la rivista e me la trovarono. Mi beccai 36 frustate e due giorni in uno sgabuzzino alto poco più di un metro e senza mangiare. Una notte sentìi che andavano a rubare le patate nel magazzino del campo. Mi aggregai anch’io. Eravamo in nove. Ci pescarono. Per primo botte, poi ad ognuno ci fecero scavare la propria fossa. Il campo era comandato da due marescialli, uno buono che si chiamava Klam e l’altro, di cui non ricordo il nome, era cattivo. Era questo che voleva ucciderci. Al mattino arrivò l’altro e ci salvò. Dopo ci portarono ad Amburgo in un piccolo campo di circa 80 persone. Arrivato il giorno di Natale non si lavorava. Giunse un vecchietto a chiedere se c’erano quattro uomini che volevano andare con lui a lavorare. Al primo momento, essendo Natale, non volevamo andare, poi in quattro siamo andati con la speranza che ci desse qualcosa da mangiare. Abbiamo camminato più di mezz’ora e siamo arrivati ad una casetta prefabbricata, perché la sua era stata bombardata. Ci fece entrare. C’era la moglie che ci aspettava con la tavola pronta e subito ci diedero da mangiare. Poi un piccolo lavoretto e arrivò mezzogiorno e di nuovo a mangiare. Al pomeriggio abbiamo lavorato un paio d’ore e di nuovo ci diedero da mangiare ed un pacchetto di sigarette ciascuno. Il vecchietto la sera ci portò al campo. È stato il più bel giorno che ho passato in Germania, quei due vecchietti avevano voluto farci fare Natale. 32 CANTI ALPINI C ome mai l’Associazione Nazionale Alpini è riuscita a raggiungere il secolo di vita, superando le vicende di regimi e sistemi diversi, e ottenere traguardi straordinari? Una risposta c’è: perché non è mai venuta meno al primo scopo espresso all’art.2 del suo Statuto, che è lo stesso del 1919: tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini. Uno dei mezzi, forse quello più semplice e appariscente, oltre alle attività concrete, è rappresentato dalla produzione del Canto Corale. Sotto la voce “Canti Alpini” stanno composizioni di origine e forme diversissime nei luoghi e nei tempi. Le “Canzoni degli Alpini” non sono tutte nate dopo il 1872, anno di costituzione del Corpo; tanti testi provengono da motivi musicali popolari che si perdono indietro nei secoli, a cominciare da “Il testamento del capitano”. Le arie intonate tra la gente delle varie regioni dell’Italia pre-unitaria vengono adattate alle più diverse condizioni, variandone le parole, per manifestare i più vari sentimenti, soprattutto in tempo di guerra, nelle trincee o sotto naia, nelle caserme e nelle osterie. Nell’esercito italiano, istituito con leva obbligatoria dopo l’unificazione, confluiscono uomini di diversa provenienza, estrazione, mentalità, cultura, lingua, dialetto; ciascuno porta “del suo”, aggiunge e toglie parole, strofe, cambia pronuncia, storpia le finali,… Non ci sono strumenti, si canta in coro. A differenza degli altri Corpi, gli Alpini hanno la caratteristica di operare nelle stesse zone da cui sono reclutati; pertanto sono più vicini alla gente e tra di loro è più facile la comunicazione. C’è un’altra motivazione più profonda: hanno in comune lo “Spirito della Montagna” che obbliga ad affrontare insieme i sentieri, i crepacci, le incognite della valanga, i pericoli della tormenta improvvisa, gli attacchi di orsi e lupi,… La vita in montagna è più faticosa. Operare in tali condizioni da soli non è immaginabile. La maestosità dell’ambiente, sulle Alpi, nelle Prealpi, sull’Appennino spinge ad essere umili, a considerare continuamente i limiti dell’uomo. Nel contempo si è in alto, vicino al cielo, alle stelle, a Dio, “sopra” gli altri che sono giù in basso. Da qui un particolare “spirito di corpo” che induce anche gli ufficiali (per la verità, non tutti), provenienti dalle classi sociali più elevate, a capire la truppa, a stare insieme ai loro sol33 dati-uomini, anche se rozzi, analfabeti, poveri economicamente, non nello spirito. Nascono così i canti della naia che diventano canti di guerra quando gli avvenimenti tragici travolgono i destini dei singoli. Questi uomini semplici e taciturni, operai, braccianti, contadini, inservienti, ai quali si aggiungono sovente i loro comandanti, si portano nello zaino la loro vita, la loro casa e cantano con parole semplici perché non conoscono i bei discorsi. La mano sulla spalla del vicino, gli occhi fissi in quelli dell’altro cercano di accordarsi, di fare coro, perché la sorte che li attende è la stessa per tutti. Scaturiscono suoni valdostani, lombardi, abruzzesi, friulani, trentini, veneti, piemontesi… italianizzati o no. Siamo negli ultimi decenni dell’Ottocento e l’Autorità cerca di diffondere la lingua ufficiale. Sono le canzoni degli Alpini che si rifanno a villotte di paese, a improvvisazioni di caserma e di tradotte, ad arie di mercenari e prigionieri di secoli addietro, a serenate antichissime sentite nei paesi. Sono versi che parlano di baite abbandonate, di Patria, di fatiche e riposi, di morte e tradimenti, di gioie e amori, di mamme e fidanzate, di proteste per l’eccessiva disciplina imposta, di prese in giro nei confronti dei superiori… mai di odio, rancore, vendetta, soddisfazione per la violenza. A volte si rivelano enfatici, baldanzosi, tracotanti, ma si sente che in quel caso sono anche goffi. Nella canta “E la nave si accosta pian piano…” (1911), durante l’impresa libica, gli Alpini fanno scappare mezzi massacrati dalle baionette i miseri Turchi gridando “Alpini abbiate pietà…” , però nell’ultima strofa gli stessi che sembravano godere ubriacati di morte hanno nel cuore l’Italia, la morosa e la mamma. Non di rado sfottono i superiori, manifestano l’intenzione di ”gettare il fucile per terra”, addirittura accennano al gesto estremo della diserzione (“Sono un povero disertore”, 1830-1840, canto molto diffuso nelle trincee della prima guerra mondiale). Naturalmente questi versi si cantano quando i superiori non 34 ci sono; si rischia grosso. Si sa che tanti testi ufficiali giunti a noi erano cantati con termini molto diversi! Comunque, quasi sempre nei soldati prevalgono l’attaccamento alla Patria, il senso del dovere, dell’obbedienza, dell’onore, la convinzione di partecipare al destino comune, anche se gli alti comandi non mostrano alcuna preoccupazione per i bisogni dei sottoposti. E’ così che si crea, dopo le esperienze nelle guerre coloniali dell’ ‘800 e del ‘900, nella prima e seconda guerra mondiale, un ingente patrimonio di canzoni di carattere militare tra le quali è sempre più difficile individuare quelle nate sicuramente tra i reparti alpini. Qualcuno dei “veci” comincia a mugugnare per l’eccessiva contaminazione. A Lecco su iniziativa dell’ ANA nel 1965 si tiene un convegno “a difesa del canto alpino”. E’ creata una commissione che compila nel 1967 una raccolta di 31 testi ritenuti sicura- mente originali e autentici, dopo aver affrontato accurate ricerche storiche fondate su documentazioni certe e con testimonianze non sempre concordi, seguite da polemiche. Lo scopo è duplice: tramandare ai giovani un patrimonio autentico e dare delle indicazioni precise ai cori che nel secondo dopoguerra stanno nascendo numerosi. Fino al secondo dopoguerra l’interesse per il canto alpino è generalmente limitato al mondo delle penne nere, dei reparti militari, delle valli di reclutamento; poi arrivano la radio, i dischi, la televisione, il registratore con un enorme allargamento dell’interesse verso il canto corale alpino negli ambienti finora poco coinvolti. Da una armonizzazione semplice, senza troppi abbellimenti, si comincia a cedere a gusti musicali moderni, con arrangiamenti e armonizzazioni che minano la semplicità originale. Troppa sofisticazione per qualcuno. Da una parte si trovano coloro che vogliono mantenersi rigidamente alle fonti autentiche, dall’altra coloro che vogliono cercare nuove varietà di espressione, sicuri di restare ancora nell’autentico spirito alpino, in una tradizione che necessariamente si rinnova. I cori, dalle osterie e dai raduni, entrano nei teatri, nelle sale degli oratori, nelle chiese. Alcuni testi nuovi “d’ autore” si diffondono negli ultimi decenni del secolo scorso e diventano repertorio delle corali alpine soppiantandone altri: “Signore delle cime”, ”Josca la rossa”, “Il golico”, “Benia Calastoria”, “Monte Pasubio”,… Non mi sembra che siano privi di “anima alpina”. Il problema vero è che, per tanti motivi, oggi non canta più nessuno. Ancora una volta gli alpini sono in trincea a difendere il loro spirito, la loro storia, il loro passato, che non è solo loro ma di tutto un popolo. Sarebbe fuori posto pensare che si riverseranno nei cori le voci femminili delle Alpine professioniste che, tornate dall’ Afghanistan, porteranno senz’altro sensibilità, temi moderni e attuali? O è più realistico pensare che il fatto di essere soldati di mestiere spazzi via anche questa tradizione tipica nostra? D’altra parte i più antichi canti alpini parlavano di mare, sabbia, deserto, ambe africane! Si provi a leggere le parole di “Mamma mia vienimi incontro” (1896). Gli Alpini di allora soffrivano per il caldo, non per il freddo. I titoli dei 31 canti considerati veramente degli Alpini A la matin bonura Aprite le porte Bandiera nera (Sul ponte di Perati) Bersagliere ha cento penne Bombardano Cortina Di qua, di là del Piave Dove sei stato mio bell’alpino E Cadorna manda a dire E c’erano tre alpin E la nave si accosta pian piano Era una notte che pioveva Eravamo in ventinove E sul Cervino E tu Austria Il testamento del capitano Il colonnello fa l’adunata Il 29 Luglio La Linda la va al fosso Mamma mia vienimi incontro Monte Canino Monte Cauriol Monte Nero Motorizzati a piè Nui suma alpin Oi barcarol del Brenta Oi cara mamma Sul cappello Sul ponte di Bassano Ti ricordi la sera dei baci Trenta sold Va l’alpin. 35 MUSEO ALPINO “H a preso così il via una idea, un progetto in continua evoluzione sul quale dovremo impegnarci molto ed a lungo.” Con queste lungimiranti parole si conclude l'appassionato articolo dedicato al Museo Alpino e apparso sull'Almanacco 2012. Anche se necessariamente a grandi linee, attraverso il presente scritto vogliamo tenervi informati sull'avanzamento dei lavori presso il nostro Museo. A chi è capitato in quest'autunno di venire alla Sede di Bergamo, non può essere sfuggito il via vai di camion e operai appartenenti all'ANA. Il Museo è stato infatti sottoposto a importanti lavori di ampliamento, adeguamento e risistemazione architettonica. Gli interventi si sono concentrati principalmente sul piano terra; un atto di fondamentale importanza è stata la decisione di inglobare negli spazi museali l'ex appartamento del custode. Gran parte della metratura resasi disponibile sarà destinata al reparto salmeria/mascalcia, una delle eccellenze del nostro Museo. Altro tassello di cruciale importanza è stata l'installazione di un ascensore; quest'ultimo permetterà anche ai portatori di handicap motori di accedere agevolmente al piano superiore del Museo. Ormai, da un punto di vista 36 espositivo, incomincia a delinearsi il percorso museale al piano terra, con il settore dedicato ai muli, uno spazio inerente all'origine degli Alpini e il nostro famoso ed ammirato diorama della Grande Guerra, un micidiale catalizzatore dell'attenzione delle scolaresche in visita (e non soltanto di loro....). Anche se è ancora assolutamente prematuro scriverne, per il piano superiore sembra invece non troppo azzardato prefigurare la presenza almeno di due settori dedicati rispettivamente alla prima e alla seconda guerra mondiale, per poi passare al dopoguerra fino a giungere ai nostri giorni. Ripetiamo però che a riguardo, più che nel campo delle previsioni, ci troviamo ancora in quello della preveggenza. Attualmente sembra un po' di trovarsi più che in un museo, in una sorta di “Wunderkammer” (espressione d'origine tedesca che indica una “stanza delle meraviglie”), con un’abbondanza di reperti e cimeli che potrà pure incantare l'occhio, ma che a volte esula da criteri di ordine logico e cronologico. Tutto ciò è comprensibile, in quanto il Museo è stato creato alla “garibaldina”, con tanto lodevole entusiasmo ma poco tempo. A questa felice intuizione bisogna però dare seguito, limando le idee e raffinando quindi progressivamente le strutture e l'organizzazione museale. Prima di chiudere questo capitolo, vogliamo comunicarvi altre due novità: la prima è che presso gli spazi della Protezione Civile è stato ricavato un deposito dove saranno raccolti tutti i reperti e i cimeli non esposti al museo, perché doppioni o non adatti. La seconda consiste nel ricordare che lungo le pareti esterne del Museo e dei restanti corpi di fabbrica della sede, stiamo cementando una serie di targhe, per lo più commemorative, provenienti da varie storiche caserme alpine. Approfittando dello spazio rimasto, vogliamo sinteticamente citare un aspetto poco noto del nostro Museo, ma che riveste un ruolo fondamentale. Dietro le vetrine di ogni museo si celano infatti molteplici, lunghe e meticolose attività, spesso poco conosciute ma d’importanza strategica e la catalogazione di tutti gli oggetti ivi conservati è una di queste. Anche il nostro Museo non sfugge a tale regola. L’intero lavoro permette non solo di svolgere una rigorosa ricognizione inventariale dei pezzi a disposizione, ma fornisce anche una più dettagliata conoscenza del patrimonio culturale del Museo. Per non apparire troppo didascalici, ci limiteremo ad illustrare l'iter di catalogazione per sommi capi. Una prima fase consiste nell’identificazione dei singoli pezzi e nella compilazione di una specifica scheda cartacea standard prestampata (è capitato anche che più oggetti di una stessa serie siano catalogati in un’unica scheda). La scheda è una sorta di carta d'identità del reperto, in quanto riporta alcune indicazioni basilari (denominazione, data- zione, nazionalità, ecc.) e ci si è essenzialmente basati sulle direttive emanate dal Museo Alpino “Doss Trent” di Trento. Le schede vengono poi trascritte in un apposito registro informatico. Infine tutti i pezzi catalogati sono fotografati ed ogni scheda “informatica” viene correlata alla sua immagine o immagini (per alcuni oggetti è stata scattata più di una fotografia). In totale le schede prodotte sono più di 650, le fotografie superano le 700 unità, mentre il Museo conserva oltre un migliaio di oggetti; per il momento, la fruizione delle schede, delle fotografie e dell’archivio informatico è riservato solo agli addetti al museo. Ovviamente, la catalogazione è un lavoro in continuo divenire, in quanto le schede vanno se necessario aggiornate, corrette, integrate, senza dimenticare poi le nuove acquisizioni di reperti, i quali vanno puntualmente catalogati. E’ doveroso ricordare che la stragrande maggioranza del materiale esposto in Museo giunge tramite donazioni o comodati effettuate da Gruppi Alpini e semplici privati, anche non alpini. Vanno poi rammentati i numerosi Gruppi Alpini e privati che hanno generosamente devoluto al Museo delle somme di denaro, oppure gli alpini che hanno gratuitamente prestato la loro opera per la sistemazione del Museo descritta all'inizio dell'articolo. A titolo esemplificativo, ci limiteremo brevemente a citare la Sig.ra Liana De Luca, vedova di Ubaldo Riva, primo Presidente della Sezione ANA di Bergamo, che ci ha consegnato le Medaglie al Valore del marito, ed il nipote Alberto, che ci ha donato il cappello d’alpino del nonno. A fianco della Sig.ra De Luca e di suo nipote, va ricordata la famiglia Calegari, discendente dei Fratelli Calvi, che, oltre alle precedenti donazioni, ha dato al Museo le tessere d’iscrizione al CAI degli illustri antenati e un quadro con i loro nastrini delle decorazioni. A queste persone e a tutte le altre che purtroppo non abbiamo potuto nominare unicamente per ragioni di 37 spazio, va la nostra più sincera e profonda stima e riconoscenza, nella speranza di potere sempre contare in futuro su quella vasta generosità ed attenzione manifestate finora da più parti nei confronti del Museo. Nonostante il percorso espositivo e didattico del Museo sia, come si è visto, ancora in fase di definizione ed allestimento, si è già registrata una buona affluenza di visitatori. Nell’ambito dell’ormai collaudata iniziativa “Tricolore nelle scuole”, soltanto nel periodo Gennaio-Maggio sono confluite al Museo 7 classi elementari e 11 classi di terza media di 7 differenti istituti scolastici, appartenenti ai comuni di Bergamo (Scuola Media Lotto), Comun Nuovo, Grignano, Gazzaniga, Predore, Valgoglio e Villa d’Adda, per un totale di circa 300 studenti ed una ventina d’insegnanti, accompagnati da rappresentanti dei Gruppi Alpini dei paesi di provenienza. Naturalmente, a fianco delle scolaresche (le nuove generazioni rappresentano una delle fasce per cui è stato principalmente pensato il Museo) è giunto anche un apprezzabile numero di visitatori di ogni età, alpini e non, spinti da motivi di studio, di interesse, dalla semplice curiosità o dalla voglia di trascorrere un pomeriggio un po' diverso. 38 Naturalmente il Museo cerca di proiettarsi all’esterno anche partecipando all’organizzazione di eventi culturali; ad esempio nel 2013 è proseguito con successo il cammino itinerante della mostra dedicata ai Fratelli Calvi. Dopo l’inaugurazione presso la Sala Simoncini del Comune di Bergamo nel Gennaio 2012 e avere toccato nel corso dell’anno i comuni di Adrara San Martino, Carvico, Gandino, Martinengo e Villa d’Adda, nel 2013 la mostra è stata ospitata a Covo, Mapello, Piazza Brembana (paese d’origine dei Calvi e dove oggi sono sepolti), Fara Gera d’Adda ed Antegnate (quest’ultimo luogo di nascita di Clelia Pizzigoni, madre dei Fratelli Calvi). A proposito di Mamma Calvi, come affettuosamente viene chiamata, il 7 Dicembre 2013 è stata a lei intitolata la Scuola Elementare di Piazza Brembana, scelta quanto mai azzeccata non solo perché il paese è indissolubilmente legato alla famiglia Calvi, ma anche perché Clelia Pizzigoni conseguì nel 1885 il titolo di maestra. Quest'anno il Museo è stato promotore anche di una seconda mostra, dedicata alla 156° Divisione di fanteria Vicenza, un’unità militare che ha condiviso con gli alpini la tragedia della ritirata di Russia e da cui ne è uscita praticamente distrutta. Si tratta di una vicenda che solo recentemente sta tornando pienamente alla luce e fra i principali artefici di questa riscoperta vi è la Sezione ANA di Brescia, la quale ha ideato e realizzato per prima tale mostra, prestandoci poi i pannelli didat- tici ed esplicativi che hanno contraddistinto il percorso espositivo. La mostra è stata tenuta a Bergamo nel mese di Marzo presso la Sala Manzù in Via Torquato Tasso ed ha registrato una notevole affluenza di pubblico. Come nel caso della mostra dei Fratelli Calvi, anche in questa occasione è stato esposto pure del materiale appartenente al nostro Museo, come armi, divise ed equipaggiamenti. Per concludere, vogliamo provare a dare una rapida occhiata a quello che ci attende nel futuro più o meno prossimo. Oltre alle anticipazioni fornite in precedenza, uno degli obiettivi di chi gestisce l'istituzione consiste nel cercare di allacciare rapporti con altre realtà museali già consolidate, fino a giungere, se necessario, a forme di consorzio. Se sapremo muoverci con scrupolo ed attenzione, facendo le scelte giuste, il nostro Museo potrebbe trarne dei vantaggi in termini pubblicitari e di prestigio, oltre che avviare una reciproca politica di scambi di prestiti di reperti, cimeli o documenti. Altro fattore di una certa rilevanza è che si potrebbe entrare in collaborazione con professionisti dallo sperimentato e qualificato curriculum, sia da un punto di vista scientifico che in termini d’esperienza, consigliabili nel processo di crescita e maturazione di una realtà ancora ai primordi come la nostra. Basti pensare all'apporto di consulenza che ci potrebbe essere fornito nell'individuazione dei bandi di finanziamento, oppure nella scelta dei criteri d'allesti- mento, nella definizione dell'arredamento, delle bacheche e dell'illuminazione da adottare, tutti settori anch'essi di estrema delicatezza. Il Museo richiederà uno sforzo materiale, di conoscenze, di competenze non indifferente ma gli Alpini sono noti per non avere paura di rimboccarsi le maniche e sicuramente sapranno farsi valere pure in questo inedito, difficile ma affascinante impegno. Come si può vedere, ci siamo incamminati lungo un percorso di graduale crescita e rafforzamento del nostro Museo; cercheremo di tenervi aggiornati, sperando di portare buone notizie, magari proprio attraverso l'Almanacco 2014... 39 LA DIVISIONE “VICENZA” IN RUSSIA CON GLI ALPINI C ome è noto, la Sezione di Bergamo dell’Ana, adesso, ha un museo: ne abbiamo parlato altre volte e non è il caso di tornarci sopra per dire sempre le stesse cose: l’importanza della memoria, il valore delle testimonianze, il recupero e la conservazione dei cimeli. Però, c’è almeno un aspetto del nostro museo che merita un’attenzione particolare, ed è la sua vocazione ad essere un luogo aperto. Normalmente, si usa dire che la scuola sia, contemporaneamente, un luogo fisico, ossia quello che ospita le aule e i laboratori, ed un concetto astratto, vale a dire, l’idea stessa di istruzione. Ecco, per un museo, le cose dovrebbero andare in modo simile: da un lato, intendere una struttura museale e, dall’altra, un’idea di diffusione e di condivisione culturale. O, almeno, è così che l’intendiamo noialtri. Per questo motivo, con cadenza periodica, che vorremmo rendere sempre più frequente, il nostro museo si trasforma in qualcosa d’altro: in polo d’attrazione, in organizzatore, in amplificatore. Capiamoci: lo fa alla nostra solita maniera, con tutti i limiti dell’organizzazione all’alpina, ma anche con tutti i suoi pregi, che sono l’onestà, l’impegno, l’umiltà e l’entusiasmo. Perciò, quando si riesce e quando ci pare il caso, organizziamo delle mostre, dapprima in un luogo fisso e degno e, poi, itinerando qua e là per la provincia, ovunque ci sia qualcuno che abbia la voglia di imparare e lo spazio per ospitarci: destinazione altrettanto degna e, in più, probabilmente più efficace, giacché il museo ve lo portiamo a domicilio, un po’ come le pizze. L’abbiamo fatto nel 2012, con la mostra sui fratelli Calvi e lo rifacciamo adesso, con quella sulla divisione “Vicenza” in terra di Russia, che ha preso il via nella sala “Manzù” di via Tasso, ma che è nata anch’essa con l’idea di essere a disposizione dei gruppi che volessero ospitarla, proprio come quella dei Calvi, che ha rappresentato un notevole successo. Se dedicare 40 una riflessione ai quattro eroi alpini bergamaschi era stato un po’ come saldare un debito di riconoscenza, questa celebrazione della fanteria, rappresentata appunto dalla “Vicenza”, appare di nuovo come un atto dovuto: quando si racconta della Russia, invariabilmente, il palcoscenico è occupato completamente dal Corpo d’Armata alpino, in virtù del suo comportamento eroico, ma, inevitabilmente, anche del peso, per così dire, mediatico, dei fanti pennuti. L’errore è quello di dimenticarsi che in Russia c’erano anche molti altri reparti, di fanteria e d’artiglieria: la “Cosseria”, la “Ravenna”, la “Sforzesca”, la “Celere”, le camicie nere, il genio. E tutti hanno condiviso l’immensa tragedia della sacca del Don, della ritirata, delle marce del “Davai!”. Ricordarli è atto di umana pietà, ma anche di giustizia storica. Noi abbiamo cercato di riparare come potevamo: con questa mostra che racconta di una grande unità che fu annientata sul fronte orientale, condividendo quasi tutta la ritirata con la Tridentina e la Cuneense, in mezzo alle quali era stata schierata sul grande fiume. Dedichiamo, perciò, questo nuovo lavoro, a quei quasi ottomila fanti che non tornarono a casa dalla Russia, e che rappresentano le decine di migliaia di soldati che furono sacrificati in quell’impresa e che non portavano la penna sul cappello. Speriamo, ora, che questo nostro pensiero sia condiviso e che molti altri vogliano impiantare un lembo del nostro museo nel loro territorio, almeno per qualche giorno. Noi siamo pronti, come sempre. RITORNO A CASA S ono tornati! Dopo ben sessantotto anni dalla fine della seconda guerra mondiale, sono ritornati a casa. Sono ritornati in quella terra che lasciarono per la guerra, giovani, nel fiore degli anni, ma non vi fecero mai ritorno lasciando nel lutto e nella disperazione i propri familiari; ora potranno finalmente riposare in quei luoghi che furono a loro cari. E` stata una cerimonia semplice, austera e velata dalla commozione quella di giovedì 26 settembre, svoltasi presso la sede del 3° Rgt. “Aquila” dell’Aviazione dell’Esercito, nell’area dell’aeroporto di Orio al Serio. Diciotto piccole casse ricoperte dal tricolore (14 bergamaschi) erano allineate nell’affollato salone riunioni della base, che a fatica ha accolto gli intervenuti a questo evento; salme rimpatriate dopo l’ esumazione dal Cimitero Militare di Amburgo a cura dell’Associazione famiglie dei Caduti e dispersi in guerra che molto ha fatto perché ciò avvenisse. Soldati, combattenti di varie Armi e Corpi, nostri fratelli bergamaschi che hanno sacrificato la loro vita per il dovere, per la Patria, riposeranno in pace nella loro terra d’origine. Erano alpini: Offredi Giacomo di Peghera, Pezzoli Santo di Leffe, Rota Gaspare di Roncola, Medolago Luigi, Medolago Pietro e Ripamonti Mario di Palazzago. Gli altri reduci rispondono ai nomi di: Guerini Bonaventura di Vertova, Angeloni Ismaele di Seriate, Martinelli Battista e Beretta Giuseppe di Romano L., Magni Luigi di Calusco, Agoni Antonio di Schilpario, Bertoletti Giulio di Caprino B.sco, Madona Aldo di Bottanuco. Rappresentanti del Comune e della Provincia di Bergamo, militari in servizio, Sindaci coi gonfaloni dei paesi dei nostri reduci, parenti e familiari, Associazioni d’Arma con bandiere e labari, cittadini, hanno ascoltato brevi e commoventi allocuzioni cui ha fatto seguito la benedizione delle salme da parte del cappellano militare don Fabio Locatelli e la Preghiera del Caduto in guerra; un picchetto armato presentava le armi e la tromba intonava tristemente il silenzio. Il comandante del 3° “Aquila” col. Daniele Durante, mentre lo speaker declamava uno per uno i nomi dei Reduci, consegnava nelle braccia dei familiari la cassetta con le spoglie. La Sezione di Bergamo non poteva certo mancare a questa doverosa cerimonia, erano presenti: il Vessillo sezionale con l’alfiere Finotto, capigruppo e gagliardetti dei paesi di provenienza dei reduci, il presidente Macalli, i vice Arnoldi e Granelli, il segretario Bertuletti, i consiglieri Persico e Venturi e lo scrivente. E sempre per quanto riguarda il rimpatrio dei caduti, giovedì 3 ottobre presso il Cimitero monumentale di Bergamo si è svolta una semplice cerimonia per il rientro dalla Germania delle spoglie del caduto Giulio Sirtoli di Città Alta; presenti il Vessillo sezionale con il vicepresidente Granelli, una dozzina di gagliardetti, alpini, labari e rappresentanti di varie associazioni d’arma, parenti e familiari. Analoghe cerimonie si sono svolte a Almenno San Salvatore, Casnigo,Costa Volpino, Cenate Sotto, Grumello del Monte, Leffe e Palazzago dove era presente il Comandante del 5° reggimento Michele Biasiutti ed un picchetto armato. E’ certo una cristiana ed umana consolazione per i parenti, per i familiari e i compaesani, che hanno atteso per anni il ritorno del loro congiunto, del loro amico, di poter finalmente recare un fiore, di poter recitare una preghiera ed anche di piangere sulla loro sepoltura. 41 L’ASILO DI ROSSOSCH UN “SORRISO” LUNGO VENT’ANNI S ono stati più di una trentina gli alpini bergamaschi che si sono recati in Russia per festeggiare il 20° dell’inaugurazione dell’asilo di Rossosch, insieme ad oltre 400 penne nere provenienti dalle altre sezioni. La delegazione era guidata dal presidente nazionale Sebastiano Favero con a fianco il nostro Giorgio Sonzogni, consigliere nazionale e responsabile della commissione Rossosch. Cronaca del pellegrinaggio Questa in sintesi il diario del pellegrinaggio in terra di Russia per il 20° della costruzione dell’asilo di Rossosch ed il 70° della battaglia di Nikolajevka. 18 settembre - Partenza da Via Gasparini per l’aeroporto e arrivo a Mosca; visita alla capitale: Metropolitana, Piazza Rossa, Grandi Magazzini GUM. 19 settembre - In serata partenza da Mosca per Rossosch con treno speciale riservato ai 400 circa alpini. Sistemazione in compartimenti da 4 posti letto. 20 settembre - Arrivo a Rossosch in mattinata e smistamento dei 400 ospiti in pullman e prima visita ai luoghi di guerra; sosta sulle rive del Don con lancio di una bandiera tricolore in memoria di tutti gli alpini nel 70° anniversario della ritirata; trasferimento presso il 42 cippo a quota “Pisello” dove si domina tutto il campo di battaglia difeso dalla Julia per oltre un mese; cerimonia con autorità e deposizione di fiori alla stele in omaggio ai Caduti russi. Sempre in Pullman abbiamo risalito tutto il fronte difeso dalle tre Divisioni alpine fino al caposaldo “Monte Bianco”, pertinenza del btg. Val Chiese. Pernottamento a Rossosch presso “La Casa dello Studente”. 21 settembre - Giornata dedicata alle commemorazioni: 20° di fondazione dell’Asilo Infantile Sorriso e 90° della battaglia di Nikolajewka. In apertura la S. Messa; presenti il labaro nazionale, numerosi vessilli e gagliardetti, tra cui il nostro vessillo sezionale e i gaglierdetti dei gruppi di Comenduno, S. Pellegrino, S.Paolo d’Argon e altri. 22 settembre - Ricognizione nelle zone storiche della ritirata a partire da Popowka, Kopanki, Postojali, Nikitowka, Arnautowo, Nicolajewka ora Livenka. S. Messa al cippo del Memoriale italiano sul luogo di una fossa comune che ha raccolto le salme dei nostri alpini e di militari russi; presenti labaro, vessilli e gagliardetti. Trasferimento al famoso sottopasso ferroviario con cerimonia e deposizione di fiori alla lapide che ricorda quelle epiche gesta. 23 settembre - Arrivo a Mosca in treno da Rossosch. Mattinata dedicata alla visita al Cremlino, poi trasferimento al treno per San Pietroburgo. 24 e 25 settembre - San Pietroburgo, vecchia capitale zarista, pulita e lucida per accogliere e meravigliare i turisti. Visite d’obbligo: l’Ermitage, la fortezza dei SS. Pietro e Paolo, il vecchio arsenale, l’incrocia- tore Aurora, che sparò sui palazzi del potere zarista dando il via alla Rivoluzione d’Ottobre, il rompighiaccio Krassin legato alla disavventura del dirigibile Italia di Nobile. Di seguito imbarco per rientro in serata a Bergamo. Ricordi del viaggio - Sono stato affascinato non tanto dallo sfarzo delle due metropoli visitate, ma dalla steppa fatta ancora di piste che tagliano a metà i piccoli villaggi, le balke, i calanchi, le isbe ancora con i tetti di paglia (poche), riportandomi indietro nel tempo, a quando i reduci ci raccontavano le loro tragiche avventure del lontano 1943. Una testimonianza particolare È stato un pellegrinaggio particolare, “unico” proprio per i luoghi visitati : dal fronte di Belogorje dove era appostato il Battaglione Edolo della Tridentina (le alture della zona portano ancora i segni delle buche e dei camminamenti degli alpini), alla famosa ansa del Don, alla chiesa di Basowka utilizzata dai nostri alpini, bergamaschi e bresciani, come osservatorio strategico per il controllo del fiume. Proprio in questa chiesa abbiamo apposto una piccola lapide donataci con gran cuore dagli alpini di Azzone di Scalve (Bg) per commemorare, attraverso una commossa cerimonia, l’alpino ventunenne Giovanni Morelli la cui morte è qui “graffiata” sul muro dell’abside della chiesa con tutti i suoi dati: “Alpino Morelli Giovanni nato ad Azzone di Scalve il 51-1921 figlio di Gregorio e Santi Paola morto per la Patria 2-12-1942 Fronte Russo. Viva i Veci del Quinto”. È stato un gesto semplice ma toccante, alla presenza dei gagliardetti della sua Terra, che ha voluto così ricordarlo e pregare per lui, come per tutti i suoi gio- vani compagni morti per la Patria in un luogo tanto lontano, sperduto e ostile…Significativa è stata anche la deposizione qui vicino nelle acque del Don di una corona di fiori con le coccarde delle bandiere russa e italiana per la commemorazione di tutti i defunti di entrambi gli schieramenti… Le celebrazioni all’asilo di Rossosch insieme a tutti gli altri pellegrini con la S. Messa e la visita al sottopasso di Nikolajewka hanno completato il nostro viaggio della memoria, già carico di forti emozioni. Non ultimo per importanza ricordiamo la visita iniziale a Tambov dei cimiteri italiani, della “foresta di Rada” e di uno dei tanti gulag dove vennero internati migliaia e migliaia di prigionieri di guerra. Per non dimenticare l’assurdità della stessa, con le sue atroci conseguenze e onorare oggi, e sempre, tutti i caduti per la Patria. 43 A 50 anni dalla tragedia L’ORRORE DEL VAJONT La testimonianza di alpini bergamaschi “V i chiamodil dovere, trovaste l’orrore, vi sostenne l’amore»: poche parole incise su una medaglia, quella che gli alpini ricevettero per l’opera di soccorso compiuta dopo l’immane tragedia del Vajont. Tra quei soldati di leva che dalle caserme alpine furono mandati subito dopo l’onda di acqua e fango che spazzodvia Longarone, Erto, Casso e Castellavazzo ci furono tanti giovani bergamaschi. Ai loro occhi si presentodveramente l’orrore che edrimasto impresso nelle menti e nei cuori per tutti questi lunghi 50 anni. Nessuno di loro ha dimenticato. «Per me edimpossibile dimenticare, ho compiuto 22 anni proprio il 9 ottobre del 1963 - racconta Guglielmo Redondi di Ponte San Pietro -. Ero nella caserma Fantuzzi a Belluno. Fummo tra i primi ad arrivare poco dopo le undici. Partimmo armati percheein un primo momento si pensodad un attentato, erano gli anni in cui gli altoatesini facevano saltare i tralicci». Nei primi giorni si temette anche che la diga potesse crollare: «Sarebbe stata un’altra strage tra i soccorritori percheenoi eravamo lidsotto» aggiunge Redondi. Anche Adriano Sergio Pezzotta di San Paolo D’Argon era in questo primo gruppo di alpini della Cadore: «Non si poteva proseguire con i camion, la strada non c’era piud, e non avevamo mezzi per illuminare. All’alba vedemmo un disastro inimmaginabile: era un deserto. In piccoli gruppi cominciammo a ricercare le persone e raccogliere gli oggetti». Edoardo Vanotti di Brembilla prestava servizio militare nel Genio alpino di Bressanone: «Arrivati, fari potenti illuminavano di fronte alla diga un’immensa distesa di fango che tutto aveva travolto. Gli autisti come me dovevano inizialmente aspettare al camion, poi sono stati coinvolti nelle azioni: tutti insieme aiutavamo a recuperare i morti. Sono immagini ancora vive, impresse nella memoria, quelle di cadaveri galleggianti nel fango». In una lettera datata 11 ottobre 1963 indirizzata a Lina, che sarebbe poi diventata sua moglie, il giovane Adriano (che a casa chiamano Sergio) scrive: «Dopo un’ora eravamo giadsul luogo del grande disastro mai visto davanti ai miei occhi, non saprei descriverti quanto ho visto, ti dico di aver visto morti, morti e morti e morti, non ho mai pianto da tutto il tempo che sono stato lontano da te, ma oggi sono stato costretto». La morte edil primo impatto duro che Lorenzo Magni del 5° Alpini ha quando arriva a Longarone il 10 ottobre: «Mi sono sentito quasi male, il primo giorno edstato terribile. Ci hanno messo a scavare e abbiamo estratto dal fango una gamba, solo una gamba con la scarpa. Avevamo pale e picconi, niente guanti. Dopo il lavoro si faceva una fila per disinfettare le mani, e altrettanto per mangiare una gavetta di pasta». Poi Magni viene spostato alla costruzione di un ponte sul Piave per collegare una frazione isolata; lidritrova un compaesano di Calusco d’Adda, Giancarlo Colleoni: «Sono rimasto lid21 giorni, si scavava nel fango, c’era gente che piangeva. Un’esperienza che non si dimentica». Vittorio Marconi, originario di Alzano Lombardo (ora abita a Sarnico), era nella Cadore: «Non era facile organizzare i soccorsi, non c’era ancora la Protezione civile». Tutti si danno da fare, ma non si edmai preparati a certe situazioni: 44 «La prima volta che ho visto un corpo estratto - rammenta Marconi - mi sono quasi sentito male. E poi c’erano i parenti che arrivavano da lontano, dall’estero, e non trovavano piud nulla. Per orientarsi tenevano il riferimento del pavimento della chiesa». C’edchi si aggira nel deserto di fango alla ricerca di un segno del paese che non c’edpiud. «Una scena racconta Redondi - mi edsempre rimasta negli occhi: a 5 giorni dalla disgrazia, mentre stavamo scavando, una ragazza si edavvicinata, aveva una valigia in mano, lo sguardo vuoto. Le abbiamo chiesto se potevamo aiutarla. Ha risposto solo che aveva perso 12 persone della sua famiglia. Lei si era salvata percheeera a servizio in un paese del veneziano. Ancora adesso mi viene la pelle d’oca». Tra i racconti di questi uomini, che a soli vent’anni si sono trovati in mezzo alla tragedia, colpisce un’osservazione sui superstiti: «Le persone rimaste non volevano che ce ne andassimo. Noi siamo partiti di notte, per non farci vedere. Ci volevano lid, come se avessero paura di essere abbandonati, di essere lasciati soli» ricordano Colleoni e Redondi. Loro, i sopravvissuti, non hanno mai dimenticato i loro soccorritori. Anche lo scorso 15 settembre li hanno invitati alla giornata a loro dedicata che si svolge ogni cinque anni. Nel Natale del 1963 i superstiti dedicarono queste parole ai soccorritori: «Siate benedetti voi che ci soccorreste nella tribolazione e ci infondeste coraggio quando ci stringeva il terrore e cercaste e seppelliste e foste i nostri fratelli quando tutto era crollato intorno a noi» da L’Eco di Bergano del 9/10/2013) Laura Arnoldi Guglielmo Redondi Vittorio Marconi Adriano Sergio Pezzotta Lorenzo Magni MADONNA DEL DON Q uando gli alpini giunsero sul fronte del Don s’accorsero subito che il popolo russo era fatto da gente come loro, quello che doveva essere il “nemico” era formato principalmente da poveri contadini che lavoravano campi e prati con fatica per un tozzo di pane. Erano quelli in alto, da entrambi le parti, accecati da una cinica brama di grandezza, che li avevano messi gli uni contro gli altri. Tra gli umili prevalse la comprensione, se non la simpatia, e le donne russe, rimaste nei villaggi, non videro nelle penne nere un nemico ma soldati che facevano la guerra, perché comandati, senza odio e senza rancore. Fu così che un giorno una vecchietta russa di Belegorije chiese agli alpini del Tirano di aiutarla a recuperare un po’ di roba tra le rovine della sua isba semidistrutta dai combattimenti. Tra di essa c’era un’icona della Vergine Addolorata con il cuore trafitto dalle spade dei sette dolori che la signora regalò al cappellano del reparto, Padre Policarpo Narciso Crosara. Questi la affisse nella sua isba che divenne la cappella degli alpini. Quella Madre celeste, divenne per quei ragazzi la figura di una mamma amorevole a cui confidare dolori e paure. Paura di non tornare a casa, dolori fisici e mentali che la guerra procurava alla loro giovane vita. Paure che aumentarono nell’approssimarsi dell’inverno 1942/43. Il generale gelo stava ghiacciando il Don e la steppa e gli attacchi russi aumentavano ogni giorno. Padre Crosara si rese conto della situazione che si faceva ogni giorno più drammatica, con il rischio che nessuno potesse tornare a baita. Allora, a metà dicembre 1942, approfittò di un alpino che aveva avuto una licenza perché sua mamma stava per morire e gli affidò l’icona perché la portasse in Italia. Il suo pensiero fu che almeno quella sacra effigie potesse essere di conforto alle tante mamme che non avrebbero più visto i loro figli tornare da quell’inferno di ghiaccio. Disse all’alpino: "Ti manda la Provvidenza! Portala a mia madre. Tu hai la fortuna di ritornare in Italia, noi non usciremo da questo inferno. Dille che la custodisca per tutte quelle povere mamme che non vedranno il nostro ritorno: così sarà loro di conforto, perché davanti a Lei hanno pregato i loro figlioli". Padre Crosara, benché ferito, sopravvisse al calvario della ritirata, ma subì la triste sorte di tanti altri e fu internato in un lager tedesco. Rimpatriato nel 1945, ritrovò l'icona, conservata dalla madre. Con le offerte delle mamme, delle vedove, degli orfani di guerra che volevano perpetuare la memoria dei loro cari, fece confezionare un’artistica cornice sbalzata in argento e oro. Diede poi avvio ad un’originale "Crociata dell'amore e del perdono" e accompagnò la sacra effigie in ottanta città d'Italia. Dopo il pellegrinaggio, durato svariati anni, la Madonna del Don fu sistemata nel Santuario dei Padri Cappuccini a Mestre. Dal 1974 le Sezioni dell'Ana offrono a turno l'olio per la lampada votiva che arde ininterrottamente davanti all'icona. Il 13 ottobre 2002, con l'atto di affidamento è divenuta protettrice degli alpini. *** Quest’anno il compito di offrire l’olio per la lampada votiva è toccato alle sezioni di Bergamo e Gorizia. Alla cerimonia, la quarantasettesima, svoltasi domenica 13 ottobre era presente una nutrita rappresentanza della nostra sezione (circa ottanta alpini e familiari ed una fanfara alpina), guidata dal presidente Macalli e composta 45 dal vice Granelli, dai consiglieri Bombardieri, Persico, Moro, Sangalli, Stabilini, Taramelli e Venturi; dal segretario Bertuletti. Al vessillo sezionale, portato dall’impeccabile alfiere Finotto, facevano da scorta una quindicina di gagliardetti bergamaschi, mentre la fanfara alpina di Trescore Balneario ha accompagnato tutta la manifestazione. A rappresentare la Sede nazionale c’era il nostro Giorgio Sonzogni. Partiti dalla sede sezionale con i pullman in ore antelucane ed un tempo da lupi, il cielo si è sempre più aperto per giungere poi a Mestre con il sole che ha riscaldato tutta la giornata. Dopo il ricevimento delle rappresentanze delle sezioni in municipio (presenti 17 vessilli sezionali ed alcune decine di gagliardetti), in piazza Ferretto c’è stato l’ammassamento e l’inizio della cerimonia, organizzata dalla sezione di Venezia e dal Gruppo di Mestre. Numerose le autorità civili e militari presenti, tra cui il ministro Flavio Zanonato, il prefetto di Venezia Domenico Cuttaia, il sindaco di Mestre Giorgio Orsoni. All’alzabandiera sono seguiti i discorsi del presidente della sezione di Venezia e del sindaco della città, seguita dalla lettura di un brano del diario di Nelson Cenci, reduce e valoroso ufficiale alpino, scomparso l’anno scorso. Si è poi formato il corteo con in testa la fanfara di Trescore ed a seguire il picchetto di alpini in armi, le corone, le autorità, i vessilli di Bergamo e Gorizia con presidenti e direttivi, gli altri vessilli sezionali con i presidenti, i gagliardetti e dietro gli alpini, circa un migliaio. Dopo la deposizione di due corone in onore ai Caduti, la sfilata è proseguite per le vie della città fino a raggiungere la chiesa dei Padri Cappuccini per la S. Messa e l’offerta dell’olio. Al termine della celebrazione della S. Messa, i presidenti di Gorizia, Paolo Verdoliva, e di Bergamo hanno rivolto parole di circostanza a tutti i convenuti. L’uno, dopo i saluti, ha fatto un po’ la storia della sua sezione, mentre l’altro, il nostro presidente, ha dato lettura di alcune testimonianze di reduci bergamaschi che hanno vissuta la drammatica campagna di Russia, compresa quella del cappellano alpino Padre Giovanni Brevi. Infine, davanti all’altare dove si trova la preziosa icona, si è svolta la solenne cerimonia dell’offerta dell’olio (offerta non solo simbolica, poiché è un concreto contributo alla chiesa dei Cappuccini) e la lettura da parte dei presidenti di Bergamo e Gorizia dell’Atto di affidamento degli alpini alla Madonna del Don, che non è altro che una preghiera: « Maria, Madre del Signore Gesù, Signora della neve e delle montagne. In quest'ora di letizia e di grazia, in cui a nome delle due sezioni di Bergamo e di Gorizia, abbiamo offerto l'olio della lampada che arderà per tutto l'anno a nome di tutti gli alpini caduti sui diversi campi per l'adempimento del dovere e di quelli che servono ora la patria (...) A te, Madre del Don, tutto il popolo degli alpini di ieri e di oggi si consacra. Sopra di esso non scenda mai la notte dell'indifferenza, della dimenticanza e dell'incredulità (...) Ci affidiamo a te, vigila su tutti noi e in particolare sui nostri alpini impegnati al di là dei nostri confini. Essi si muovono senza odio o rancore alcuno, nell'unica prospettiva della pace. » Davanti alla Madonna del Don RICORDATI I CADUTI E I REDUCI DI RUSSIA Il discorso del presidente Carlo Macalli Ricordare i bergamaschi decorati con medaglia d’oro Capitano Franco Briolini comandante della 49ª compagnia del battaglione Val Camonica del 5° Alpini, il Tenente Cappellano Don Giovanni Brevi del Battaglione Val Cismon del 9° reggimento alpini, il Sottotenente Leonida Magnolini del 2° artiglieria Gruppo Bergamo, sarebbe riduttivo. Ricordare con loro i 35 bergamaschi decorati con medaglia d’argento, i 65 decorati con medaglia di bronzo, i 92 decorati con croce di guerra al Valor Militare sarebbe ancora riduttivo. Oggi siamo qui per ricordare tutti i bergamaschi che hanno partecipato, loro malgrado, alle operazioni belliche in terra di Russia. Alpini Bergamaschi giunti in Russia nel febbraio 1942 con il battaglione sciatori Monte Cervino e poi nell’estate del ‘42 con i battaglioni Morbegno, Edolo, Tirano e con gli artiglieri del gruppo Bergamo, tutti reparti inquadrati nella divisione Tridentina, oltre a tutti gli altri casualmente finiti non solo in altri reparti alpini, ma anche in reparti non alpini che hanno dovuto condividere quelle vicende. Oggi anche noi bergamaschi siamo tornati a rendere omaggio alla Madonna del Don alla quale, come dice l’atto di affidamento: “tutto il popolo degli alpini di ieri e di oggi si consacra. Sopra di esso non scenda mai la notte dell'indifferenza, della dimenticanza e dell'incredulità”. Proprio per non dimenticare gli alpini bergamaschi hanno collocato una copia dell’icona della Madonna in una chiesetta Alpina sul Monte Castello a Miragolo di Zogno ben 40 anni fa, chiesetta che fu benedetta nell’occasione proprio da Padre Policarpo. 46 RICORDIAMO NARDO CAPRIOLI N on è facile parlare dell’Alpino Nardo Caprioli. È stato talmente importante per l’Associazione Nazionale Alpini, che si corre il rischio di cadere in una retorica poco piacevole, cosa che lui per primo sentirebbe come fastidiosa. Nelle pagine seguenti qualche spunto di riflessione lo forniscono altri che sono stati, come tutti, a lui legati da profonda amicizia alpina. Devo prendere atto della vicinanza di tantissimi Alpini, di tanti amici, delle Autorità istituzionali e di tantissima gente comune al suo funerale. Ma non posso limitarmi a constatare. Io come voi, in qualche momento di silenzio di fronte alla bara, ho fatto mente locale all’uomo che è passato in questa Sezione, nell’ANA nazionale, l’Alpino che, conosciuta la guerra, ha controbilanciato l’orrore vissuto con la sua forte solidarietà personale. Solidarietà trasmessa con fatti e con gesti a chi era con lui e a chi oggi è parte di questa nostra Associazione, senza necessità di ordini, ma con l’esempio e la dedizione. “Grazie Nardo” abbiamo scritto fuori dalla sede, ma è un limite quello della parola, almeno per me, le emozioni e i sentimenti non hanno una misura, ci sono e basta. E i sentimenti gli Alpini li hanno espressi in modo semplice, salutando con una breve visita, con il racconto di un ricordo personale, o ancor meglio con un gesto d’affetto nel carezzare quella fronte, nel fare un segno di croce, quasi sempre mascherando l’emozione e girando lo sguardo altrove per non far vedere gli occhi lucidi. Grazie signora Anna, a lei e ai suoi figli per esservi privati di un momento di intimità famigliare per dare a noi Alpini la possibilità di essere vicini a Nardo nella sua sede. La lezione di Nardo è stata da tempo compresa e gli Alpini proseguono questo percorso, cercando di individuare la strada giusta per un futuro degno di tutte le persone che come lui hanno dato speranza alla nostra Italia. Potrà quindi sembrare scortese ed inadeguato che io cambi argomento rispetto alle riflessioni di cui sopra parlando delle esperienze della nostra Sezione con i giovani. Sono però intimamente convinto che il nostro Presidente emerito avrebbe voluto sentirsi raccontare le esperienze di quel gruppo di adolescenti ai quali abbiamo dato l’opportunità di sperimentare per una settimana la vita dei nostri Alpini in caserma a San Candido. L’argomento viene raccontato in alcuni scritti che trovate nelle pagine a seguire. Di primo acchito la cosa potrà sembrare semplice, una iniziativa bizzarra, ma grazie ai tanti che hanno colla- borato, abbiamo compreso che si possono e devono dare risposte ai nostri ragazzi. Giovani che hanno “fame” di esperienze nuove, cosa comprensibile per l’età, ma che hanno anche la “necessità” di avere modelli educativi seri, utili per costruirsi un carattere e per vivere in modo meno banale la loro età. Stiamo passando, anche se non ce ne rendiamo perfettamente conto, il testimone non più solo ai nostri figli, ma alla generazione dei nostri nipoti. Alcune iniziative che stiamo sperimentando sono necessarie per capire cosa si può fare e in che modo farlo. Sia in Sezione che nei Gruppi c’è fermento e la cosa fa ben sperare. Sicuramente non stiamo aspettando che il mondo ci caschi addosso, lamentandoci della fine della leva e il venir meno di iscritti per questioni anagrafiche. Altre iniziative devono e possono essere fatte e credo saranno utili a costruire il futuro dell’Associazione. Per ricordare degnamente le persone come Nardo è quindi necessario incontrare i giovani e impegnarsi per loro e con loro se vogliamo che in futuro l’Italia pulita trovi maggior visibilità rispetto alle bassezze che troppo tengono banco. Magari non saranno Alpini i nostri giovani, ma se sapremo spiegarlo, avranno modo di comprendere ed apprezzare quello che tanti Alpini prima di noi ci hanno lasciato e che abbiamo il dovere a nostra volta di trasmettere. Forse non saranno Alpini i nostri eredi, ma dovremo aver fatto tutto il possibile per far capire loro l’utilità di essere squadra e non gang, di aver la possibilità di essere tutti comprimari e non semplici spettatori in una società in cui i modelli di riferimento che vanno per la maggiore sono solo quelli di alcune primedonne e di altrettanti furbi cicisbei. Poi chissà che non venga il tempo per tornare a un servizio civico di pochi mesi obbligatorio per tutti, argomento che dovrà necessariamente essere riconsiderato dopo aver lasciato, oltre la naja, anche qualche valore fondamentale dietro l’angolo. Ciao Nardo 47 11 giugno 1977. Inaugurazione casa di Endine Merano, 1 novembre 1980. festa del Bocia Tra i suoi alpini Bergamo, Adunata Nazionale 1986 48 Nardo Caprioli è nato a Bergamo, il 24 novembre 1920. Dopo aver frequentato il liceo classico “Sarpi”, si è regolarmente iscritto alla facoltà di medicina e chirurgia a Milano, ma, a 21 anni, ha abbandonato gli studi per arruolarsi volontario negli alpini. Alla fine del corso A.S., ad Aosta, una volta nominato sergente, è stato assegnato al 7° rgt alpini, dal quale, in seguito, è passato al 6° e, infine, superato il corso ufficiali, al 5°, con il grado di sottotenente. Quando, nel luglio 1942, è partito per la Russia, faceva parte dell’Edolo, con cui ha combattuto per tutta la campagna, pur venendo aggregato alla cp. controcarri reggimentale, a Rossosch. Durante la ritirata, dal 15 gennaio al rientro in Italia, ha comandato il plotone mitragliatrici della 52° cp., che ha condotto in battaglia, il 26 gennaio, a Nikolajevka. Nell’aprile 1943, è finalmente tornato in patria, dove ha potuto terminare l’università, laureandosi nel 1945 Due anni dopo, si è sposato con Anna Callioni, da cui ha avuto quattro figli. Regolarmente iscritto alla Sezione di Bergamo dell’Ana, ha percorso tutte le tappe del cursus honorum associativo, diventandone presidente sezionale nel 1969, alla morte di Giovanni Gori, suo predecessore. Durante il suo quindicennio ai vertici provinciali dell’Ana, Caprioli ha avuto un ruolo determinante nell’organizzazione degli aiuti al Friuli terremotato (1976). Inoltre hanno preso il via, proprio nei primi anni della sua presidenza, numerose iniziative sezionali che hanno dato una nuova impronta civile e solidale all’associazione: la nascita dei primi nuclei antincendio, embrioni del grande progetto sulla protezione civile (1974) e, soprattutto, la casa per bambini miodistrofici di Endine Gaiano (1975-1977), che ha inaugurato la filosofia voluta dal presidente di “ricordare i morti aiutando i vivi”. Nel 1984, ha abbandonato questa carica per assumere quella di presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini, incarico che ha mantenuto ininterrottamente, fino al 1998, quando, per motivi di salute, ha dovuto abbandonarlo, pur rimanendo presidente onorario. Una delle sue prime azioni da presidente nazionale è stata proprio quella, nel 1985, di modificare lo statuto associativo, inserendovi il capitolo relativo alla protezione civile, che oggi è un fiore all’occhiello dell’Ana. Tra le moltissime altre sue iniziative, va ricordata soprattutto la creazione dell’asilo di Rossosch, di cui oggi ricorre il ventesimo anniversario: simbolo stesso dell’idea costante di Caprioli di ricordare i nostri caduti per mezzo di opere utili alla gente, piuttosto che con monumenti celebrativi. Non bisogna dimenticare fra le sue iniziative che il 24 maggio 1985 a Mittenwald viene ufficialmente costituita la Federazione Internazionale Soldati di Montagna. Inoltre all’ Adunata nazionale del 1986 a Bergamo sfilano gli automezzi del nascente Ospedale da Campo ANA che riceverà il suo battesimo nel 1989 intervenendo a Spitak in Armenia in soccorso della popolazione colpita duramente dal sisma del dicembre 1988. E’ stato l’ultimo presidente nazionale ad avere partecipato personalmente ad un conflitto. In virtù delle sue molte benemerenze pubbliche, Nardo Caprioli è stato nominato prima commendatore (1986) e poi grand’ufficiale (1989) dell’ordine al merito della Repubblica. LA COSTITUZIONE ITALIANA I l Consiglio Direttivo Sezionale, nella riunione del 27 agosto 2012, ha approvato all’unanimità la proposta della Commissione Tricolore nelle Scuole che è stata denominata “Lettera ai Diciottenni”. Con questa iniziativa la Sezione chiede ai Capigruppo, in accordo con le rispettiveAmministrazioni Comunali, di consegnare a tutti i giovani, che nell’anno corrente compiono il 18° anno d’età, una copia della Costituzione Italiana, possibilmente durante una cerimonia pubblica. Questa iniziativa si prefigge sostanzialmente tre obiettivi: rivolgere a questi giovani gli auguri per il compimento della maggiore età che significa anche assunzione dei diritti e doveri di ogni cittadino; continuare ed approfondire il rapporto iniziato con l’incontro del Tricolore in terza media; presentare ai nostri ragazzi le opportunità di impiego che possono trovare nell’ambito del servizio militare alpino. Sarebbe opportuno che la consegna della Carta costituzionale avvenisse intorno alla Festa della Repubblica, a sottolineare che il 2 giugno del 1946 il nostro Paese da monarchico divenne una democrazia. La Sezione ha realizzato una edizione apposita dell'opuscolo a conferma dell’importanza di questa iniziativa, ma in molti casi la Costituzione viene offerta dai sindaci che organizzano anche la cerimonia di consegna. Dai dati in nostro possesso risulta che ben 19 gruppi (Antegnate, Azzone, Brembate Sopra, Brignano Gera d’Adda, Calcio, Calvenzano, Castel Rozzone, Cerete Alto, Cividate al Piano, Fara Gera d’Adda, Locatello, Lovere, Martinengo, Pedrengo, Pianico, Presezzo, Songavazzo, Sotto il Monte, Zambla) hanno acquistato i libretti presso la sede, mentre in altri 8 paesi (Cerete Basso, Clusone, Fonteno, Onore, Rovetta, Riva di Solto, San Lorenzo, Solto Collina) sono state donate dal Comune. 49 IL TRICOLORE NELLE SCUOLE L’ iniziativa, nata nell’anno scolastico 2004/2005, si è sviluppata nel tempo con l’adesione di quasi tutti gli Istituti Comprensivi non solo della nostra provincia, ma anche di quelli della provincia di Lecco. Se inizialmente era l'Ana a proporsi ora sono i dirigenti scolastici che all’inizio dell'anno scolastico ci contattano per avere conferma che l’iniziativa sarà ripetuta. I dati sono quanto mai lusinghieri dal momento che siamo presenti nel 90% degli istituti (nel 2012/2013 siamo intervenuti in 188 scuole, coinvolgendo 8932 alunni di 393 classi). L’impegno dei nostri relatori, la loro capacità, volontà e serietà, unitamente a quelle dei Gruppi che hanno stimolato l’incontro tra le scuole e l’A.N.A., mirano a richiamare, promuovere e ricordare ai ragazzi i valori, l’eticità delle azioni, la solidarietà gratuita che hanno caratterizzato lo spirito degli Alpini. In futuro le attività di solidarietà e di sostegno alle comunità che gli Alpini svolgono, grazie alla loro organizzazione nell’A.N.A., sono destinate a scomparire, così come i Gruppi dovranno cessare di esistere non essendoci un ricambio generazionale. Se vogliamo che i nostri valori sopravvivano e continuino a dare frutti rigogliosi, dobbiamo diffonderli tra i giovani in modo nuovo. Questa è la ragione ed il fine del “Tricolore nelle Scuole”: parlare, spiegare, insegnare ai giovani le qualità della vita, l’amore per la Patria, il senso del dovere e della solidarietà che ci impregnano e per i quali molti Alpini sono “andati avanti”. Dobbiamo cercare tutte le occasioni possibili per incontrare i giovani, molto più sensibili ed attenti di quanto comunemente si ritiene. Dobbiamo creare molte più op- 50 portunità per comunicare con loro, non solo quando sono in terza media. Anche nelle classi successive, per “rinfrescare” concetti trattati, spiegati, insegnati; far conoscere loro il senso e l’importanza dell’assunzione della “responsabilità”. Al termine del corso di “adattamento alla montagna” svoltosi a San Candido lo scorso anno, uno dei ragazzi che lo ha frequentato, congedandosi dagli organizzatori, ha asserito: “Mi avete dimostrato, parlato e fatto conoscere cose importanti che nessuno mai mi ha insegnato; ve ne sono grato”, frase che ha ampiamente ripagato degli sforzi e dell’impegno profusi dall’A.N.A. di Bergamo. Meritano apprezzamento quei Gruppi che si sono impegnati in altre iniziative indirizzate ai giovani come l'istituzione di Borse di Studio a seguito di lavori svolti dai ragazzi dopo il nostro intervento, oppure visite ai Sacrari o partecipazione a momenti di festa dei Gruppi. E molte altre sono le attività di cui non si ha notizia. Sono forse duemila i ragazzi di altre scuole che incontriamo molto volentieri, con i quali interveniamo su temi specifici che ci sono richiesti dagli organizzatori degli incontri sui temi: “Cos’è l’Italianità”, “Gli Alpini ieri, Alpini oggi” ed “Alpini e sociale”. Anche quest’anno siamo stati invitati a preparare incontri con Minitalia. Occasioni come questa sono sì promosse nell’ambito di altri fini, ma sono per noi preziose e da utilizzare per raggiungere il nostro obiettivo di parlare dei nostri valori ai più giovani, che non devono essere gelosamente nascosti. Così non servirebbero a nessuno; noi invece vogliamo che vengano riscoperti: solo così, fra cent’anni, gli Alpini esisteranno ancora. O moriranno con noi. RAPPORTI CON L’UNUCI S ono continuate anche 2013 le attività congiunte ANA-UNUCI, finalizzate al mantenimento di conoscenze e competenze di carattere pi˘ spiccatamente militare. Le attività svolte dal personale comprendono partecipazione ed organizzazione di gare di pattuglie militari, partecipazioni a gare di tiro, accademico e dinamico, partecipazione in uniforme alle cerimonie per le Feste Nazionali e cerimonie commemorative. Venendo alle attività svolte nell'anno in corso: - a fine marzo la partecipazione alla gara per pattuglie militari "Brughiera 2013",gara con il patrocinio del Comando Esercito Lombardia, quest'anno piuttosto impegnativa dal punto di vista fisico, ma completata con grande soddisfazione dei 7 elementi componenti la pattuglia. A parte la sessione di tiro , è basata su un percoso topografico diurno e notturno utilizzato per congiungere le località in cui si sono svolte le attività tattiche: primo soccorso d'emergenza, zae,imboscata e reazione rapida,evaquazione di persone da zona di pericolo.procedure di alta preparazione militare,e,valutate da personale di istanza al pronto intervento Nato a Solbiate. - A fine maggio partecipazione all'organizzazione della gara per pattuglie militari "Lombardia 2013 - Trofeo Ministro della Difesa", in cui 50 pattuglie di 4 elementi, provenienti da unità in servizio attivo o della riserva di eserciti NATO e di altri Paesi. A parte la gestione della linea di tiro per fucili, sono state gestite due prove: bivacco notturno, valutato secondo le normative previste dalle norme di sicurezza in teatro operativo. La seconda prova riguardava l'esecuzione di una imboscata e della conseguente reazione, con il condizionamento ed evacuazione dei feriti in conseguenza dell'attacco. Questo aspetto è divenuto molto importante alla luce dei frequenti rischieramenti in teatro operativo di militari occidentali; si basa quindi su precise normative mediche, di sicurezza e procedurali in grado di garantire la migliore possbilità di sopravvivenza al personale colpito. - Gara di tiro "Col.Maggi", a fine giugno a Carate Briana,strutturata su diverse linee di fuoco, finalizzata all'ottenimento del brevetto UNUCI di tiro dinamico operativo,cosa che è riuscita. - Attività logistiche a sostegno della iniziativa di avvicinamento alla montagna a S.Candido.la nostra presenza Ë stata inserita nel momento di relazione operativa didattican dei ragazzi presenti. - Partecipazione alla grata di tiro dinamico internazionale Giglio Rosso Pegaso 2013, Memorial Caduti in Afghanistan, organizzata presso il poligono TSN di Sassuolo, da UNUCI Firenze e Giglio Rosso Shooting Club di Firenze. Per quanto riguarda la partecipazione alle cerimonie, sono da segnalare: - 2 Giugno, partecipazione alla cerimonia della Festa della Repubblica. - il 1∞ novembre per il ritorno "a baita" dei tre caduti di Palazzago, alla presenza del Comandante del 5∞ Reggimento Alpini, e di un polotone di Alpini dello stesso reggimento,e,noi inquadrati nello schieramento. - 4 novembre, celebrazione della Giornata Delle Forze armate e dell'Unità Nazionale. E’ allo studio un proseguo di istruzione ,attività, tattico militare e primo soccorso. Un grazie a tutti gli ufficiali,sottuficiali e truppa che hanno condiviso le nostre attività sportive militari. Ricordo ancora che, se qualcuno ha interesse per questo tipo di attività, di rivolgersi in sede per prendere accordi con il delegato sezionale. 51 INTERNATIONAL FEDERATION OF MONTAIN SOLDIERS (IFMS) XI MEMORIALE DI LES AVELLANES (IX Giornata di Fratellanza spagnola - italiana) Dal 4 al 7 aprile la commissione della nostra sezione, unita alla commissione di Torino ed ai gruppi di Moncalieri con al seguito il loro coro ed il gruppo di Testona, si sono recati in Spagna, nelle regioni di Aragona e Catalogna, per commemorare con le locali Associazioni di Soldati Veterani di Montagna e Militari in servizio, i Caduti della Guerra Civile del 1936/1939 e coloro che sono deceduti nelle missioni umanitarie per la pace. Un intenso programma tenutasi tra le città di Jaca “situata nel cuore dei Pirenei spagnoli”, ed Avellanes Lleida, con incontri ufficiali, concerti, celebrazioni, visite a luoghi storici che, se il programma a prima vista poteva sembrare un “tour the force” per storici e fisici bene allenati, si sono poi rivelati in un indimenticabile viaggio di accoglienza, ospitalità, condivisione di memorie e valori di uomini, abbinate allo spirito comune del ricordo , portando grandi emozioni. Un ricordo che rimarrà indelebile nei nostri cuori e nei cuori dei Veterani di Spagna, uniti da sentimenti comuni di amicizia, altruismo e fratellanza, amore per la montagna e per la propria Patria. 56° MITTENWALD 2013 Sabato 4 e Domenica 5 Maggio in Germania la più Solenne Commemorazione Onor Caduti di Tutte le guerre. Il Sabato 4 sera riunione conviviale, con allocuzioni del Presidente delle GEBIRGSTRUPPE Dieter Buhrmester , con premiazioni dei meritevoli Veterani dell’Associazione. Domenica 5 mattina , un’ alba delicata, si è trasformata in un cielo azzurro, mentre la luna cedeva il posto a un sole splendente, Gli Alpini sul monte calpestavano la soffice erba ancora umida di rugiada; si preparava la 56° Cerimonia presso il Monumento Hohen Brendten. La S. Messa con la presenza della Fanfara dei militari della Brigata GEBIRGSJAEGER, seguita da Tutti in raccoglimento, ha preceduto la deposizione delle corone; quella dell’Associazione Nazionale Alpini, con fronde di pino e fiori colorati, è stata deposta dal Presidente Sambucco della Sezione di Germania, da Bombardieri Antonio e Granelli Alessio, alfiere Bono Alberto, che hanno anche rappresentato ufficialmente l’ANA e la Sezione di Bergamo. Durante la cerimonia le autorità hanno evidenziato il rapporto di Fratellanza e amicizia degli Alpini con le Gebirgstruppe. Un caloroso incontro e amicizia con gli amici il Maggiore Americano Riciard, il Tedesco capogruppo Jurghen e Josehp con un buon bicchiere di birra anno chiuso la soleggiata giornata. IL PREMIO INTERNAZIONALE I.F.M.S. Uno gli alpini se li immagina sul sagrato della chiesa: a fare bisboccia in trattoria o a sfilare per il paese con in testa la fanfara, spesso siamo proprio noi alpini a diffondere questa immagine un po’ strapaesana. Intendiamoci: non c’è nulla di male, però, in certi casi, è un’immagine un tantino ingannevole. Tanto per cominciare, le due brigate alpine sono reparti di pronto intervento europeo, e, dal punto di vista operativo, tutt’altro che strapaesane. Poi, perché l’ANA è il membro più autorevole dell’associazione che riunisce tutte le truppe da montagna del mondo, che si chiama IFMS. Anche se una buona parte degli alpini nemmeno lo immagina, tutti i soci della nostra associazione fanno parte anche della Federazione Internazionale dei Soldati di Montagna, insieme a tedeschi ed austriaci, polacchi e spagnoli, 52 sloveni e statunitensi, francesi e svizzeri: e, cosa ancor meno nota, il premio internazionale IFMS, viene assegnato ogni anno a Bergamo, promotore il Gruppo Alpini di Azzano San Paolo. Si tratta di un premio in denaro (poca roba, perché non si naviga nell’oro…) accompagnato da un trofeo artistico, che raffigura il “Pulpito”, uno dei punti più suggestivi della strada degli alpini, in Dolomiti. Nato dalla buona volontà degli alpini azzanesi, oggi questo premio è diventato una realtà importante, nel mondo delle truppe da montagna, ed aggiudicarselo è un traguardo ambito. Con il premio IFMS si vogliono premiare soprattutto due azioni, che incarnano anche due fondamentali idee circa i valori da preservare: la salvaguardia, conservazione e ristrutturazione di opere e manufatti militari di valore storico e la diffusione e la difesa della memoria e delle tradizioni militari. Il tutto, nello spirito che caratterizza il rapporto dell’ANA col passato, vale a dire l’imperativo categorico scolpito sulla colonna dell’Ortigara: “Per non dimenticare”. So già che qualcuno obietterà: guerrafondai, ma la memoria di noi Alpini è questa e non altre. Può piacere o non piacere, ma gli Alpini non sono un’associazione politica né un gruppo di preghiera: sono un’associazione d’arma. Ciò precisato, quest’anno il premio IFMS è andato al Comune di Monfalcone, che, in collaborazione con un numero enorme di enti ed associazioni, sia italiane che slovene, ha ristrutturato e trasformato in bellissimo parco tematico una porzione di 3 kmq di territorio, nelle immediate vicinanze della città, rendendo visitabili e didatticamente fruibili trincee, ricoveri, camminamenti e strutture militari di vario genere. Sabato 22 giugno, nella sede ANA di via Gasparini, alla presenza del responsabile nazionale IFMS, nella medesima cerimonia, è stato segnalato il prezioso lavoro dell’alpino Zanchi, di Bracca, che, insieme al suo Gruppo, ha raccolto in un bel volume le memorie belliche del paese, con un vasto repertorio documentale ed iconografico. Due gocce nel mare, forse, ma esempi di come si possa contribuire a mantenere viva la memoria collettiva, conservandola e preservandola per le nuove generazioni. Una bella giornata, all’insegna della cultura e della storia, dunque: tanto per smentire, una volta di più, quell’immagine solo strapaesana di cui dicevamo all’inizio. 28° CONGRESSO I.F.M.S. (un messaggio di solidarietà) Nei giorni dal 3, 4 e 6 settembre si è svolta presso la sezione di Gorizia, organizzato dall’Ana, il 28° congresso della Federazione dei Soldati di Montagna IFMS, mentre il 5 settembre l’associazione 132° Gorb della Slovenia ha organizzato la 27ª giornata dedicata alla memoria ed alla fratellanza. Presenti tutte le delegazioni: Italia, Austria, Francia, Germania, Polonia, Stati Uniti, Svizzera, Slovenia, Spagna, e l’ultima affiliata alla Federazione, il Montenegro. La sezione di Bergamo ha partecipato con il vessillo, accompagnato dal responsabile IFMS Antonio Bombardieri e dall’alfiere Alberto Bono; Alessio Granelli ha portato lo stendardo della Federazione e la bandiera IFMS dell’Ana. La delegazione nazionale Ana era presente al completo con il presidente IFMS Renato Cisilin, i consiglieri Curasì, Spreafico, Vercellino, e i membri esterni Granelli e Perosa. Si sono svolte due riunioni di lavoro dei delegati e un’assemblea generale. Si sono visitati il Museo Alpini di Borgo Castello a Gorizia e la Fortezza di Palmanova con omaggio floreale al nuovo monumento IFMS; sono state deposte corone d’alloro al Sacrario di Redipuglia e al Cimitero austro ungarico di Fogliano. Giovedì 5, tappa in Slovenia a Koboric (Caporetto), con visita allo storico Museo e omaggio al Sacrario con deposizione di una corona; poi al monumento di Log Pod Marganton con camminata lungo il sentiero della pace e visita alla fortezza de Cluse, una volta era la ”Fronte Giulia“ ove si sacrificarono migliaia di soldati degli eserciti belligeranti. Di seguito rientro in Italia a Cividale e visita alla caserma Francescotto, sede dell’8° Reggimento Alpini della Brigata Julia con deposizione di una corona al monumento della gloriosa Brigata. Venerdì 6, giornata conclusiva dei lavori con l’ammissione ufficiale del Montenegro, come nuovo federato, premiazioni con diploma d’onore e medaglia al merito ai delegati che si sono distinti per impegno e costanza nell’IFMS, per l’Ana a Lucio Vadori. Infine la comunicazione che il 29° congresso 2014 è stato assegnato alla Svizzera ad Andermat, mentre il 30° (2015) sarà ospitato dall’associazione del Montenegro. Al pomeriggio visita ai luoghi della Grande Guerra, sui sentieri del Carso e monte Sabotino. Le giornate del 28° Congresso ci hanno portato a conoscere luoghi sacri e rivivere gli eroismi di quei tragici periodi, ad onorare il valore di soldati e civili di ogni nazionalità al fine di valorizzare il profondo significato della memoria storica che è monito ed impegno per perseguire e tramandare un futuro di pace e fraternità. 53 Le motivazioni del premio PREMIO “ALPINO DELL’ANNO” I l 21 giugno scorso, presso la Sezione Alpini di Savona, l’Alpino bergamasco Giuseppe Zonca, classe 1943 di Calusco d’Adda, ha ottenuto questo importante riconoscimento per aver più che degnamente rappresentato l’Associazione Nazionale Alpini, i suoi valori, la sua riservatezza nell’aiutare i meno fortunati sia in Bosnia che in Burundi. Queste le motivazioni ufficiali del conferimento: “L’alpino Giuseppe Zonca, iscritto al Gruppo di Calusco d’Adda dal 1980, negli anni 2000 ha organizzato ed eseguito 12 viaggi per la consegna di materiali umanitari in Bosnia, su strade impervie e piene di pericoli e con mezzi di trasporto inadeguati. Ha inoltre prestato e presta tuttora la sua opera di volontariato presso le missioni delle Suore Orsoline del Sacro Cuore in Burundi, costruendo negli anni una casa di accoglienza e un forno per il pane; ha rifatto i tetti dell’intero complesso, dotandolo anche di pannelli solari e ha incanalato una sorgente lontana cinque chilometri per fornire l’intera missione di acqua potabile. Attualmente, oltre all’impegno costante in Burundi, 54 quotidianamente trasporta gli anziani di Calusco d’Adda che necessitano di esami e controlli clinici presso le strutture mediche. Chiaro esempio di altruismo e di dedizione al prossimo, Giuseppe rende onore all’Associazione e al Corpo degli Alpini ai quali è fiero di appartenere.” Prima di lui, altri otto alpini bergamaschi avevano ottenuto questo ambitissimo premio e, precisamente, Leonardo Caprioli nel 1977, Gianfranco Rota nel 1988, Domenico Giupponi nel 1995,Germano Fiorina nel 1997, Pietro Merelli nel 2000, Lucio Piccardi nel 2002, Franco Pini nel 2004 e Rino Berlendis nel 2006. Questo premio, istituito nel 1974 dal Presidente Siccardi, è un premio molto sentito: da quando si è deciso di consegnarlo un anno in città e due in provincia i Gruppi fanno a gara per farselo assegnare, mettendo in campo uomini e mezzi, perché i premiati trovino un ambiente Alpino che li metta a loro agio e che faccia loro vivere delle giornate indimenticabili. VESSILLO SEZIONALE IN TRASFERTA I n guerra, quando le cose andavano proprio male, il comandante ordinava ai soldati di raccogliersi intorno alla bandiera: quante volte, il Tricolore ha rappresentato l’ultimo baluardo di una difesa disperata, ad Adua come sul Rombon, a Cheren come sul Don. Le bandiere hanno come una vita magnetica: un’energia propria. Quando passa il nostro Labaro, lo si guarda con un misto di commozione e di religioso rispetto: quelle medaglie, quei nastrini, sono la storia viva del nostro corpo. E’ lo stesso dev’essere per il vessillo sezionale: è la bandiera degli alpini bergamaschi, intorno a cui ci raduniamo nei momenti difficili e in quelli lieti. Per fortuna, viviamo in tempi in cui i momenti lieti sono, di gran lunga, i più numerosi, e il nostro vessillo, va e li accompagna, muovendosi per tutta la provincia: anniversari, fondazioni, feste dei gruppi. Il presidente Macalli vuole fortemente questa prassi: il vessillo, dice, deve andare dove gli alpini bergamaschi lo chiamano. Con dei limiti, certo e delle restrizioni: ma, in linea di massima, l’orientamento è proprio quello di uscire, di andare tra la nostra gente, di incontrarsi di più, di conoscersi meglio. Però, nessuno deve dimenticarsi che il vessillo è una bandiera, la nostra bandiera: va rispettato ed onorato, perchè rappresenta la piccola Patria, che è il primo passo per amare la Patria più grande. Accogliamolo, perciò, con orgoglio e con gioia, come il simbolo stesso della nostra comunità umana. 26/27-01 BRESCIA 27-01 MILANO 10-02 ENEGO 70° Nikolajewka 130° Fondazione 5° Alpini 04/08-02 SAN CANDIDO-BRUNICO Ca.Sta 24-02 36° Campionato nazionale sci alpinismo 01-03 24-03 PONTE DI LEGNO UDINE ROCCARASO 78° Campionato nazionale sci fondo Cerimonia partenza Brigata Julia per l'Afghanistan 47° Campionato nazionale sci slalom 04-04 TORINO 14-04 CALVATONE 05-05 GERMANIA Raduno IFMS 01-06 CASUMARO Inaugurazione scuola materna 06-06 VIPITENO Festa di corpo 5° Alpini 06-04 LLEIDA 13/14-04 GEMONA 10-05 02-06 10/12-05 PIACENZA MARCHENO 09-06 PONTE SELVA 16-06 FORCA DI PRESTA 09-06 FRASSINARO Cerimonia rientro Brigata Taurinense dall’Afghanistan IX Giornata Fratellanza Spagna-Italia Adunata Sezionale Cremona Raduno sezionale Adunata Nazionale Adunata sezionale Brescia Adunata sezionale Milano Adunata sezionale Modena 37°Camp. Nazionale corsa in montagna a staffetta 16-06 SCURANO Adunata sezionale Parma 16-06 GARGNANO Adunata sezionale Salò 16-06 23-06 30-06 30-06 07-07 14-07 21-07 CANTU’ VARAZZE CONTRIN PIANI ARTAVAGGIO COL DI NAVA ORTIGARA PASSO SAN MARCO 21-07 PULFERO 10-08 SCERSCEN 28-07 Adunata sezionale Como Adunata sezionale Premio alpino dell’anno Pellegrinaggio Nazionale Solenne Adunata sezionale Lecco 64° raduno Sacrario Cuneense Pellegrinaggio Nazionale Solenne Incontro Alpini Bergamaschi- Valtellinesi 41° Campionato Nazionale Marcia di Regolarità a Pattuglie ADAMELLO 50° Pellegrinaggio Naz. Solenne 06-09 GORIZIA 28° Congresso I.F.M.S. 15-09 PODENZANO 08-09 VERONA Anniversario tragedia Campionato Nazionale Tiro: 44°carabina e 30° pistola Adunata sezionale Piacenza 20/21-09 ROSSOSCH 20° anniversario 29-09 ARCORE Adunata sezionale Monza 04-10 UDINE Cerimonia rientro Brigata Julia dall’Afghanistan 29-09 29-09 DOMODOSSOLA PALAZZOLO SULL’OGLIO 42° Campionato Nazionale Corsa in Montagna Individuale Esercitazione P.C. 2° Raggruppamento 06-10 SANNAZZARO DE’ BURGONDI Adunata sezionale Pavia 20-10 CASTEL S. PIETRO 13-10 04-11 23-11 MESTRE Pellegrinaggio Naz. Madonna del Don PASSO DEL TONALE Commemorazione ROMA Raduno 2° Raggruppamento Manifestazione per Marò 55 Passo San Marco 38° INCONTRO ALPINI BERGAMASCHI E VALTELLINESI E’ stata ancora di altissimo livello partecipazione la manifestazione organizzata dai Gruppi alpini di Averara e di Albaredo di domenica scorsa con l’incontro tra le penne nere delle due vallate ciu si sono aggiunti alpini e loro accompagnatori ed escursionisti provenienti da tutta la provincia e pure dal Veneto, dal Comasco e da altre regioni. All’incirca un centinaio i gagliardetti per altrettanti gruppi il che sta per almeno un migliaio di penne nere che si sono ordinatamente assiepate sotto l’altare da campo su quale è stata celebrata la Messa del ricordo, officiata da don Sergio Carrara e da don Giuseppe Bulè. Alle ore 10,30 sui due versanti della montagna si sono ordinati i due cortei –ciascuno preceduto dai labari sezionali e delle associazioni d’arma, e dal gruppo delle autorità alpine, civili e militari- che hanno marciato sul ritmo del “trentatré” eseguito dalla Fanfara alpina delle sezioni valtellinesi per incontrarsi 56 e fondersi davanti all’altare. Perfetto lo sfilamento regolato dai carabinieri in congedo della Valle Brembana e dei militari delle stazioni di Piazza Brembana e Morbegno con i comandanti Andrea Stincone ed Emilio Murciano. La manifestazione è continuata con la cerimonia del’alzabandiera e dell’onore ai Caduti ed il ricordo degli alpini andati avanti e quindi con i discorsi di rito. Hanno salutato i presenti i capigruppo Bruno Paternoster di Averara e Nevio Ravelli di Albaredo, hanno commentato il momento i sindaci Mauro Egman di Averara ed Antonella Ferlini di Albaredo, il presidente della sezione ANA di Sondrio Alberto Del Martino ed il vicepresidente della Sezione ANA di Bergamo Remo Facchinetti che ha ricordato in particolare il compianto presidente Leonardo Caprioli. “Nardo ci ha tracciato la via che dobbiamo seguire – ha affermato tra l’altro - ispirandoci ai valori dell’amicizia e della solidarietà. Ricordando come facciamo oggi i morti lavorando per i vivi nel bisogno.”. Quindi la Messa accompagnata in canto dal coro “I figli di nessuno” di San Giovanni Bianco. Il tutto in una atmosfera di profondo raccoglimento degno di un’antica cattedrale le cui mura infinite sono nel caso le montagne, le circostanti Alpi Orobie e lontane Alpi retiche ancora abbondantemente ammantate di neve. Conclusa la Messa si è continuato con il rancio nel corso del quale si è dato la stura ai tanti ricordi della naja, ai racconti dei veci ai bocia. Al rinvigorirsi di vincoli di amicizia stretti nel passato. Infine lo scambio dei saluti ed un caloroso arrivederci al prossimo anno... UNA MELA AL GIORNO, TOGLIE... C onosciamo questo detto. Sappiamo l’efficacia degli echi popolar-sapienziali. Sappiamo anche l’incidenza che hanno i vari tormentoni pubblicitari sul nostro vivere. Dove voglio andare a parare? Andando a vedere il significato etimologico di ALMANACCO ho trovato che viene dall’arabo. Significa “ CLIMA” ma anche “ Luogo” dove i cammelli sostavano per effettuare lo scarico-carico di merci/rifornimenti. Allora: abbiamo una mela e un…cammello. Cosa ne facciamo? Mi permetto di metterla sul personale. L’altro giorno ho scoperto che sono 21800 volte che…il sole si alzato sulla mia esistenza. 21800 volte che i miei occhi…su altrettante giornate. Senza fatica posso garantire che non sono corrisposte ad altrettante ‘ sveglie’ ma che tante-tantissime sono state ( a volte anche ora) ‘ dormi-veglia’. Un andar via di ore, giorni, anni…nel trascinare una esistenza annoiata perché non innamorata. Tempo subito, piatto, alla ricerca di scosse… Stò raccontando questo solo per dire ( ora passo dal me al noi… ormai certo di essere in buona compagnia) quanto potere abbiamo nelle nostre mani per fare sì che la nostra esistenza non si riduca a un noioso ‘ scaricare-caricare’. Di fatto la nostra vita è un ripetersi di cose, scadenze, preoccupazioni, paure…speranze e gioie. Il tutto può essere subito o messo in balìa dell’oroscopo e/o delle scaramanzie ( e ci diciamo…intelligenti!). Che bello. Tutti i giorni mi sveglio e posso dirmi che voglio farne. Sarò anche un cammello ma voglio che il mio scaricare-caricare abbia la mia firma. Vogliodesidero che abbia il mio odore; che sia espressione di ciò che dà senso al mio esser-ci. E qui entra in gioco la…’ mela’. Ho bisogno di ciò che fa bene a me. Ho bisogno di ciò che io nella mia libertà scelgo come faro-alimentattore di energie : senza è un bel problema. Posso, oggi, dire cosa possa essere questa ‘ mela’ che mangio? Posso fare diventare mio-oroscopo quotidiano il sapere che sono co-protagonista nel costruire una umanità più bella, più umana? Dico coprot. Perché socio del Grande Capo ( chiamato anche…Dio). Pensa che bello: scendere dal letto, oggi, ogni oggi per scoprire cosa mi regala la vita e scoprire come posso essere protagonista in questo grande gioco che è …la vita. Due certezze: il cammello c’è ( sono io, volente o no); la mela c’è: la qualità di ciò che dà senso al mio esserci. 57 CASA DI ENDINE S iamo giunti al termine di questo anno ed e’ tempo quindi di trarre le somme su quanto si e’ svolto per la casa alpini di Endine. A maggio a Santino Cuni è stata affidata la carica di responsabile e insieme ad altri alpini che compongono la commissione e all’associazione la nostra famiglia ci siamo dati da fare per far si che la casa di Endine sia sempre piu’ accogliente e confortevole per i ragazzi ospiti. Il nostro lavoro insieme e’ iniziato con la visita da parte dei ragazzi disabili alla fattoria Asperti di Bolgare. A luglio li abbiamo accompagnati, in occasione dell’ iniziativa “cammina orobie” organizzata dal Cai e dall’ Associazione Nazionale Alpini, al rifugio “Leonida Magnolini”. Abbiamo partecipato alla cerimonia celebrativa e il coro alpini valcavallina ha accompagnato la manifestazione. Quest’ estate con i ragazzi siamo saliti anche al rifugio Gemba, dove abbiamo trascorso una giornata in compagnia dei ragazzi disabili della casa dell’Angelo Custode di Predore. La bella giornata e’ stata organizzata dai gruppi alpini del basso Sebino - valle Calepio con la collaborazione dei gruppi alpini Valcavallina. 58 Oltre alle varie manifestazione natalizie a cui abbiamo partecipato, il 21 dicembre si e’ tenuto il Natale del disabile presso il laboratorio della casa di Endine , dove era presente il nostro vessillo sezionale , il presidente Carlo Macalli, i gia’ presidenti Alessandro Decio, Gianni Carobbio e Antonio Sarti, i vice presidenti sezionale , numerosi consigliere e 45 alfieri con i rispettivi gagliardetti. la manifestazione e’ iniziata con l’ alzabandiera e la celebrazione della Santa Messa presieduta da sua eccellenza mons. gaetano bonicelli, e si e’ conclusa con un rinfresco e lo scambio di auguri nei mesi di giugno, agosto e settembre ci siamo occupati della manutenzione del parco con taglio erba e di vari lavori all’ interno della casa. Ringrazio tutti i componenti della commissione ,i volontari e tutti i gruppi che con il loro contributo economico hanno reso e rendono possibile la realizzazione di alcune opere. ringrazio inoltre l’ associazione la nostra famiglia che mi ha sostenuto e aiutato in ogni iniziativa proposta. LIBRO VERDE DELLA SOLIDARIETÀ I n questa sede possiamo solamente segnalare i dati relativi al 2012 in quanto quelli del 2013 dovranno essere inviati dalle varie sezioni alla Sede Nazionale entro il 13 febbraio e di conseguenza non saranno disponibili prima di fine marzo 2013. Anche nell’anno 2012 gli Alpini si sono distinti per la grande disponibilità a donare il proprio contributo in ore lavorate ed in offerte economiche a tutti coloro che, Enti, Associazioni o singole persone, hanno richiesto il nostro intervento e la nostra solidarietà. Dal Libro Verde si evince che il totale generale della solidarietà è ammontato ad euro 7.134.828,31 euro ed 2.204.009 ore di lavoro. Per quanto riguarda la sezione di Bergamo i dati sono questi: ore lavorate 294.497; somme erogate euro 960.077,00. In questa sede vogliamo ricordare un nostro intervento al quale siamo particolarmente legati: partecipazione alla realizzazione di un importante complesso a fini pedagogici e sociali nella cittadina di Leginowo, distante circa 30 km da Varsavia. La situazione attuale evidenzia che è il secondo anno che funziona la scuola materna e che ora è stato aperto il Centro Promozione Donna. La nostra collaborazione iniziata nel 2010 sarà conclusa nel 2014. Ad oggi abbiamo operato per 23.800 ore con una spesa di circa 17.000 euro per le trasferte dei nostri volontari. Sezione e gruppi hanno partecipato fattivamente alla raccolta fondi per la realizzaziozione della scuola materna di Casumaro con 20.000 euro nel 2012 ed 51.500 euro nel 2013. Piace ricordare quanto indicato dal presidente nazionale Corrado Perona nella presentazione del Libro Verde 2012: “ In questi anni ho anche visto crescere attorno noi un consenso ed una condivisione sempre più ampi. Ad ogni nostra manifestazione, ad ogni nostro intervento sentiamo palpabile l’affetto della gente che si avvicina alla nostra realtà fatta di gesti e sentimenti concreti e non di esaltazione virtuale. Questo significa che oggi, più che mai c’è ancora bisogno degli Alpini, perché gli Alpini hanno conservato la memoria delle cose vere, dei sentimenti importanti e conoscono bene il sentiero sul quale è giusto camminare. Il nostro compito, dunque, è quello di fare in modo che quel barlume di speranza che noi oggi rappresentiamo non abbia a spegnersi mai. Lo dobbiamo ai nostri Caduti ed al loro sacrificio, ai nostri veci e all’esempio che ci hanno dato. Lo dobbiamo soprattutto ai nostri figli e nipoti ai quali dobbiamo passare questa fiaccola di speranza perché la custodiscano e la trasmettano a loro volta. 59 “CAMMINAOROBIE” LA FESTA DELLA MONTAGNA G razie al gemellaggio tra Ana e Cai di Bergamo è stata realizzata una nuova giornata all’insegna della solidarietà e amicizia sulle Orobie. Due grandi valori che in montagna vanno in stretta ‘cordata’. Proprio come la dinamica Sezione ANA di Bergamo e la vivace Unione Bergamasca delle Sezioni e Sottosezioni CAI, che nella montagna hanno ideali comuni e rappresenta un terreno per una forte alleanza in quota, come dimostrato nella manifestazione della CamminaOrobie. Domenica 7 luglio si è svolta la seconda edizione della CamminaOrobie, un’occasione per riscoprire insieme le montagne di casa, sotto una luce rinnovata in linea con la filosofia dei due sodalizi Ana e Cai: “Uno degli obiettivi comuni delle due associazioni è quello di favorire una pratica e conoscenza dell’andare per monti intelligente, curiosa e consapevole, grazie anche alla capacità di stimolare riflessioni sulla memoria, tradizioni e cultura alpina e di profondo rispetto per l’ambiente alpino e naturale”. Con queste premesse, chiaro è stato l’invito rivolto a vivere la montagna per tutte le generazioni e senza barriere, per tutti gli appassionati, i giovani e le famiglie. Gli stessi protagonisti, alpini e escursionisti che lo scorso anno avevano affollato numerosi i sentieri e i rifugi delle Orobie durante la prima edizione. I momenti clou sono stati al rifugio “M.O. Leonida Magnolini”, con molti giovani e famiglie e anche gli speciali amici disabili della Casa Alpini di Endine, al rifugio “Cesare Benigni” e al rifugio “Mario Merelli al Coca”. In particolare quest’ultimo, alla presenza della moglie Mireaia e del fratello Dino insieme a tanti amici e alpini, c’è stato un toccante ricordo dell’alpinista e sognatore nel “suo” rifugio, quello all’ombra dei giganti delle Orobie che, lo scorso autunno, gli era stato ufficialmente intitolato a pochi mesi dalla scomparsa avvenuta nel gennaio 2012 sulla punta di Scais. Al rifugio “Cesare Benigni”, in alta Valle Brembana, c’è stato invece l’incontro istituzionale, con una cerimonia di posa sulla parete esterna del rifugio di una targa in onore di Gianni Zonca, Cesare Calvi ed Enzo Ronzoni, presidenti scomparsi del Cai di Piazza Brembana-Alta Valle Brembana che hanno dedicato la loro vita alla montagna e alla costruzione del rifugio intitolato a “Cesare Benigni” il 26 agosto del 1984. Commossi i parenti presenti. “Questo è il luogo che più mi fa pensare a mio padre”, ha 60 detto Sara Calvi, che come Alessandro Zonca conosce molto bene la storia del rifugio. “Per questi tre grandi presidenti il Benigni è stato la loro casa, sono sempre nei nostri cuori”, ha aggiunto Andrea Carminati, presidente Cai Alta Valle Brembana. “È un piacere essere in montagna con amici – ha detto Carlo Macalli, presidente sezionale Ana - la tranquillità di questi luoghi permette di riflettere sul passato dei nostri padri alpini e di quanti amano la montagna per guardare al futuro”. All’interno delle iniziative per la manifestazione CamminaOrobie, è stato importante e bello portare al rifugio “Gemba” di Adrara San Martino le persone diversamente abili, e le loro famiglie, dell’istituto “Angelo Custode” di Predore e della “La Nostra Famiglia Casa degli Alpini” di Endine Gaiano, grazie agli alpini della Valcavallina guidati dal Consigliere provinciale ANA Gianpietro Vavassori e al CAI di Bergamo, con il direttore dell’Istituto Antonio Valenti che ha concluso il suo saluto alle oltre cento persone presenti: “Amo le montagne che circondano, geologicamente, sono irregolari e proprio questa “diversità” genera quell’emozione che proviamo guardandole”. 6a RASSEGNA CORI A.N.A. G razie alla grande collaborazione e disponibilità del gruppo Alpini di Zogno, con la supervisione e direzione della commissione cori e fanfare della sezione, due appuntamenti importanti hanno evidenziato le manifestazioni in programma durante la grande adunata sezionale a Zogno; sabato 31 agosto ASPETTANDO LA SEZIONALE – 6°RASSEGNA CORI ANA e sabato 7 settembre, Serata ufficiale della 30° adunata sezionale, con la 6° Rassegna cori ANA della sezione, nelle due serate 5 delle undici formazioni corali Ana della sezione si sono esibiti nella bellissima Chiesa di San Lorenzo M. di Zogno. Sabato 31, ad aprire la prima serata, si è esibito il coro FIOR DI MONTE ospite della rassegna e padrone di casa, a seguire il Coro A.N.A. VALCAVALLINA diretto dal Maestro Valceschini Mario e il Coro A.N.A. SOVERE diretto dal Maestro Vigani Sergio, la serata è stata presentata da Carlo Minelli alla presenza, in rappresentanza della sezione di Bergamo, del Vicepresidente Frigeni e del Consigliere Persico con il Sindaco di Zogno e il parroco Don Angelo. Mentre sabato 7 settembre, serata ufficiale della 30° Adunata Sezionale e della rassegna cori ANA della sezione di Bergamo, giunta alla 6a edizione, si sono esibiti il CORO VAL S. MARTINO gruppo ANA di Cisano Bergamasco, diretto da MARCO CORDINI; il CORO VERTOVA-COLZATE - gruppo ANA di Vertova, diretto da RICCARDO POLI; il CORO ANA DELL’ADDA gruppo ANA di Calolziocorte diretto da IGNAZIO DELL’ORO Per tutta la serata, presentata da Francesco Brighenti, il numeroso pubblico ha partecipato prima in attento ascolto e poi con numerosi applausi all’esibizione dei cori che con le loro cante sono riusciti a trasmettere e tener vive le tradizioni alpine, la nostra storia e la nostra alpinità. Dopo i discorsi di rito la consegna, da parte della commissione Cori e Fanfare, delle targhe ricordo alle autorità presenti; al Sindaco di Zogno, al Parroco Don Angelo, al segretario del Gruppo di Zogno, ai maestri delle forma- zioni e in particolare al Colonnello Rossi presente alla serata. Al termine il gran finale con i tre cori uniti per cantare l’Inno degli Alpini, Signore delle Cime e l’Inno Nazionale, con il coinvolgimento di tutto il pubblico presente. Un grazie particolare a Don Angelo per la disponibilità e per aver ospitato la Rassegna in Parrocchia. Un simpatico fuori programma con il consigliere nazionale Giorgio Sonzogni invitato dal coro Val San Martino a cantare El Pajon promessa fatta da Sonzogni durante l’incontro intervallare sul monte Linzone dove a cerimonia terminata, in un momento di pausa alcuni componenti del coro Val S. Martino insieme al maestro si erano riuniti per fare alcune cante e Giorgio si aggregava. In tutte e due le serate hanno partecipato Autorità civili, militari e religiose, vessillo sezionale e gagliardetti presenti (come nelle occasioni importanti alpine) ma soprattutto tanti alpini, amici degli alpini ed un numerosissimo pubblico attento e interessato. Come sempre la rassegna dei nostri cori ANA non ha disatteso le aspettative della commissione cori e fanfare e del gruppo organizzatore. 61 5a RASSEGNA FANFARE A.N.A. E ra la sera del 7 maggio quando, nel contesto della riunione dei responsabili delle fanfare ANA, svoltasi nella sede di Bergamo, coordinata dalla Commissione Cori e fanfare Sezionale, Taramelli, Facchinetti e Valle, gli alpini di Scanzorosciate propongono ed ottengono l’onore e l’onere di organizzare la rassegna delle fanfare per l’anno 2013. Importante, per noi di Scanzorosciate, era il nulla osta ad ottenere il consenso da parte di tutta l’area “fanfare” degli alpini della sezione di Bergamo. Importante e rilevante perché coincidente con la nostra festa: 80° anno dalla fondazione del gruppo alpini di Scanzorosciate e 60° anno dalla formazione della fanfara. Da quella precisa serata la macchina organizzativa si è messa in moto: a tutti un incarico, ad ognuno un compito definito…e…via comincia l’avventura. Il periodo della manifestazione è stato inserito nell’ambito della settimana della festa annuale degli alpini, logisticamente parlando si tratta di avere la disponibilità massima di spazi liberi e coperti allestiti ed idonei per il servizio cucina, distribuzione pasti e tavoli per il pranzo domenicale e la cena per tutte le serate della manifestazione. Si decide di sacrificare parte dell’area mercato adibita a parcheggio, a favore dello spazio di manovra delle fanfare ospitate: Rogno, Ramera, Trescore, Sorisole, Orobica e dalla collocazione di un certo numero di sedie prestate dagli amici di Pedrengo. Basteranno trecento sedie? …Oh…fina a mai! Lasciamo un po’ di parcheggio…tanto ghé né dé spasio…!.Viene studiato il tutto sotto la supervisione della commissione della Sezione di Bergamo, vengono distribuiti i luoghi, lontani dal punto di ritrovo, da dove far partire lo schieramento delle singole fanfare; tutto il paese risulta così coinvolto nella festa degli alpini. L’apparato “information and communication” è stato messo a dura prova: locandine piccole e grandi, manifestini, telefonate ai vari capogruppo, passa parola…tutto quello che si poteva fare per informare la gente, alpini e no. Il tricolore è ritornato a colorire le nostre strade e piazze. Ci siamo, la settimana è iniziata, la gente affolla la festa e le tavolate, il “profumo” della cucina alpina si sente a distanza come se dovesse ammaliare ed invogliare le persone a farci visita; la gente chiede, si informa, vuole sapere delle fanfare bergamasche…promette di farci visita. Ed il tempo? Come sarà…bello piano A, brutto piano B…la rassegna si farà in ogni caso…sperém! Il momento è giunto, tanti tolgono la “divisa” della cucina o del servizio piatti per mettere quella bella e stirata della Fanfara. La gente comincia a farsi vedere nelle strade e nelle piazze, la serata è stupenda, ideale per la “5^ RASSEGNA DELLE FANFARE ANA DELLA SEZIONE DI BERGAMO”. Ci si muove suonando tra le strade del paese, tra gli applausi e gli evviva sia dei bambini che degli adulti, dobbiamo convergere al piazzale del mercato. Di 62 fronte alle autorità alpine e civili ecco lo sfilamento e l’entrata delle sole fanfare, presentate dallo speaker ufficiale Francesco Brighenti, ad aprire la nostra fanfara di SCANZOROSCIATE diretta da Acerbis Francesco, a seguire: SORISOLE diretta da Locatelli Oscar; TRESCORE diretta da Brusetti Silvano; RAMERA diretta da Belotti Paolo; ROGNO diretta da Piziali Alfio; OROBICA diretta da Antonio Coter. Si fanno gli onori al Vessillo Sezionale, con l’NNO DEGLI ALPINI diretto da Piziali della Fanfara di Rogno, scortato dai Vicepresidenti Facchinetti, Granelli, Arnoldi e dai Consiglieri Sezionali Cuni, Gregis, Sangalli, Taramelli, Vavassori . Ad una ad una le fanfare presentano il loro repertorio programmato. Momenti emozionanti e di orgoglio alpino, momenti musicali significativi fatti dalla tradizione alpina e no. La gente, oltre mille persone presenti, si è riversata tutta al piazzale, posti a sedere esauriti, tutti gli spazi liberi occupati anche quello tra le auto parcheggiate, applaude si diverte, canta. Si suona e si canta e al termine, dopo i discorsi di rito e la consegna, da parte della commissione Cori e Fanfare, delle targhe ricordo alle autorità presenti e ai maestri delle formazioni, si chiude la manifestazione ufficiale a fanfare unite con i brani SVENTOLA TRICOLORE diretto da BELOTTI delle fanfara della RAMERA; l’ INNO DEGLI ALPINI diretto da LOCATELLI della fanfara di SORISOLE e l’INNO NAZIONALE diretto ACERBIS della nostra fanfara di SCANZOROSCIATE. E poi…comincia il “fanfarino” con gli amici di Rogno a farla da padrone, si suona a “fiato libero”, fuori e sotto il tendone…fino a circa le due della notte! Gli abitanti di Scanzorosciate si ricorderanno per un bel po’ di questa manifestazione, noi del gruppo la ricorderemo per la grande soddisfazione, l’impegno, il lavoro e la stanchezza…che l’è saltada fò dopo! Riteniamo che la manifestazione della rassegna delle Fanfare sia uno di quei momenti importanti e significativi assolutamente da ripetersi negli anni, momenti di sana cultura alpina, momenti rievocativi della tradizione alpina, momenti di veri …AMICI MIEI. - FANFARA ANA DI SCANZOROSCIATE PROTEZIONE CIVILE L’ L’anno 2013 si è concluso positivamente in quanto i nostri volontari non sono dovuti intervenire per emergenze straordinarie particolarmente impegnative (alluvioni e terremoti) come avvenuto lo scorso anno. Lo evidenziano i numeri visto nel 2012 i nostri volontari hanno operato per oltre 36.000 ore contro le 23.971 ore del 2013 con l’impiego a rotazione di 3488 volontari. La Protezione Civile Volontaria ANA della sezione di Bergamo (coordinata da Giovanni Ferrari e Giuseppe Manzoni) è attualmente composta da 1295 volontari ripartiti in 64 nuclei ai quali vanno aggiunti quelli delle squadre altamente specializzate e precisamente: -squadre antincendio boschivo Le due squadre sono di 2° Livello A.I.B. con responsabili Ubaldo Ravasio per Villa d’Almè e Francesco Morzenti per Tavernola Bergamasca. La primaria attività è chiaramente costituita dall’immediato intervento in caso di incendi ma subito seguita da una serie attività di ripristino ambientale, prevenzione e pattugliamento anche fuori provincia (Alassio, Gargano, Monterosso 5 Terre), formazione dei volontari e corsi di alta specializzazione AIB, partecipazione ai campi scuola per ragazzi delle scuole medie. L’organico attuale delle due squadre è composto da 40 volontari. -nucleo cinofilo da soccorso Argo di Fiorano al Serio Il nucleo è stato presente a 25 eventi e manifestazioni e partecipato alla esercitazione di raggruppamento in Val Camonica il 14 settembre, all’esercitazione a Crespi d’Adda organizzata dalla CRI il 15 settembre, alla esercitazione a Sarnico coordinata dalla provincia tramite la CROCE BIANCA di Bergamo il 19 ottobre. L’attuale forza del nucleo è di 43 volontari e si compone di: 25 unità operative per la ricerca di dispersi in superficie, 9 unità in addestramento con il 16.mo corso ACCS. Responsabile Giovanni Martinelli. -squadra alpinistica E’ inserita nel 2° Raggruppamento ed è la più numerosa dato che su un totale attuale di 32 volontari ben 28 sono bergamaschi (6 di Rovetta, 6 di Costa Volpino, 6 di Predore, 9 di Sarnico ed 1 di Serina). Varia la tipologia dei loro interventi: esercitazioni finalizzate all’esecuzione di manovre in ambiente innevato con prove ARTVA e posizionamento linea vite e manovre varie; interventi di taglio alberi ed arbusti su parete rocciose ed eventuale rimozione di parti rocciose instabili; allestimento di una linea vita lungo un tratto del fiume Oglio in occasione della esercitazione del 2° Raggruppamento. Coordinatore della squadra Claudio Giudici. In questa sede vogliamo ricordare alcuni interventi di recupero ambientale più significativi per numero di partecipanti ed impegno. Operazione Fiumi Sicuri 2013 (Regione Lombardia – Provincia di Bergamo) Gli interventi sono stati effettuati in due diversi momenti: il primo il 23 marzo, ha registrato un ottimo successo in tutti i 25 cantieri allestiti nei 12 comuni di Albano Sant’ Alessandro, Brembate Sopra, Capriate San Gervasio, Castro, Fiorano al Serio, Gorlago, Pontida, San Giovanni Bianco, Tavernola Bergamasca, Telgate. Nella loro semplicità i numeri evidenziano l’impegno profuso: 55 nuclei, 496 volontari, 2976 ore. 63 L’assessore provinciale alla Protezione civile, Fausto Carrara, ha avuto parole di apprezzamento per tutti i volontari e ha rimarcato che durante l’operazione non si è registrato alcun incidente o infortunio «segno della preparazione dei volontari». Quattro cantieri sono stati pure visitati da circa 160 alunni delle scuole primarie e secondarie, una formula propedeutica per insegnare ai ragazzi il rispetto dell’ambiente ed il valore del volontariato civile. L’intervento più notevole è stato quello che si è svolto a Tavernola, dove erano presenti un centinaio di volontari per la pulizia della valle Mondara, coordinati da Francesco Morzenti; a Castro ha lavorato anche il nostro gruppo di rocciatori. Il secondo intervento effettuato il 9 novembre nei comuni di Ghisalba e Martinengo ed il 16 novembre nei comuni di Adrara San Rocco, Adrara San Martino, Calcinate, Sarnico, Sovere, Viadanica, Villa d’Adda e Villongo ha visto all’opera: 48 nuclei, 354 volontari, 2124 ore. Esercitazione 2° Raggruppamento ANA L’intervento effettuato a Palazzolo sull’Oglio il 27/28/29 settembre aveva l’obbiettivo di ripulire le sponde del fiume Oglio. L’organizzazione dell’esercitazione era iniziata molto tempo addietro, già a primavera. Durante l’estate c’erano stati incontri di raggruppamento e sopraluoghi nei cantieri con i capi nucleo per preparare al meglio l’esercitazione. L’intera operazione riguardava ben 7 comuni; i campi della nostra sezione erano due: uno dislocato lungo il lato sinistro del fiume Oglio, in territorio bresciano con 13 cantieri; l’altro lungo la sponda destra in territorio bergamasco, in comune di Castelli Caleppio nella zona di Cividino con 2 cantieri. Il lavoro consisteva nel taglio di piante, di rovi e cespugli vari. Tutto questo lungo le sponde del fiume in modo che le acque, di eventuali piene, possano defluire senza ostacoli. In un punto molto critico sono dovuti intervenire i rocciatori alfine di tendere corde quali linee vita. Complessivamente, durante tutta l’operazione e in tutti i campi proposti, hanno partecipato circa 1.300 volontari tra alpini e altre organizzazioni di volontariato 64 Per quanto riguarda la nostra sezione i dati finali indicano: 27 sett. 80 volontari per 480 ore; 28 sett, 446 volontari per 3568 ore; 29 sett. 68 volontari per 408 ore. Nelle tre esercitazioni sovra indicate si evidenzia la partecipazione di 1444 volontari per complessive 9556 ore. Tenendo presente che complessivamente nel 2013 i nostri volontari hanno operato ben 23.971 ore possiamo anche indicare altre tipologie di interventi riguardanti le rimanenti 14.415 ore: -emergenza neve: 114 volontari per 542 ore -esercitazione rischio sismico organizzata da Provincia Bergamo: 10 nuclei, 94 volontari, 900 ore -presidio A.I.B. ad Alassio e Parco Monterosso 92 volontari per 1782 ore -esercitazione rischio sismico colonne mobili regionale e provinciale 118 volontari per 1140 ore -recupero ambientale 1037 volontari per 5984 ore –ricerca persone scomparse 109 volontari per 585 ore –campi scuola a Almenno San Bartolomeo e Tavernola Bergamasca circa 200 volontari per oltre 1600 ore. SPORT S embra doveroso fare un cenno storico dello sport e della sua organizzazione che tramite la commissione con fatica e grande forza di volontà ha sempre interpretato ed organizzato le attività sportive come strumento per l’educazione e per trasmettere valori fondamentali quali il sacrificio ed il rispetto degli avversari, in particolare Bergamo, supportata onorevolmente dalla Sezione, esprime un grande spirito agonistico, ma sempre nel rispetto delle regole e grande umiltà per lo sport. A livello nazionale, le prime manifestazioni sportive inizino nel 1923 e riguardano solo gli alpini in armi. Nel 1925 si disputa il primo Campionato Nazionale A.N.A si sci di fondo a S.Colombano in val Trompia. Nel 1967 il primo Campionato Nazionale A.N.A di sci alpino e nel 1972 il primo di corsa in montagna (a coppie), che l’anno successivo diventa individuale. Seguono in ordine cronologico gli altri campionati: - 1973 marcia di regolarità a pattuglie, tiro a segno (carabina); - 1974 sci alpinismo a coppie; - 1977 corsa in montagna a staffetta; - 1983 tiro a segno (pistola libera). Nel 1975 il C.D.N approva l’istituzione del trofeo “Antonio Scaramuzza de Marco”. Si tratta della classifica che riguarda i risultati dei Campionati Nazionali disputati nell’arco di un anno. Il trofeo è una pregevole opera in bronzo dello scultore. A.Murrer, raffigurante un alpino in marcia nella steppa russa, offerto dai familiari del generale defunto (medaglia d’oro). Cosi scrive Nico Staic sul libro Storia dell’Associazione Nazionale Alpini a proposito del Trofeo Scaramuzza. “Dando uno sguardo alla classifica delle edizioni fin qui disputate, appare clamorosa la superiorità della Sezione di Bergamo, persino sfacciata”. La forza dei bergamaschi, che non a caso si richiamano al motto “Berghèm dè sass”, si commenta da sola. Infatti dal 1976, anno della prima edizione, il trofeo è sempre stato vinto dalla nostra Sezione, ad eccezione del 2010 quando, soprattutto per problemi organizzativi, se lo si è aggiudicato Trento. Il 2013 è stato ancora un anno prestigioso per la sezione di Bergamo avendo conquistato per l’ennesima volta il trofeo “Gen. Scaramuzza De Marco” grazie agli atleti che hanno partecipato ai campionati nazionali ANA delle seguenti competizioni: 78° campionato nazionale ANA sci di fondo Enego 9-10 febbraio 2013 1° TRENTO 2° BERGAMO 3° BELLUNO 36° campionato nazionale ANA sci alpinismo Passo Tonale 24 febbraio 2013 1° TRENTO 2° BERGAMO 3° SONDRIO 65 44° campionato nazionale ANA carabina libera Verona 7-8 settembre 2013 1° UDINE 2° BERGAMO 30° campionato nazionale ANA pistola standard Verona 7-8 settembre 2013 1° VERONA 5° BERGAMO Classifica combinata 1° BERGAMO 47° campionato nazionale ANA slalom gigante Roccaraso 23-24 marzo 2013 1° TRENTO 2° BERGAMO 3° BELLUNO 1° Stefano Belingheri campione nazionale 37° campionato nazionale ANA corsa in montagna a staffetta Arquata del Tronto 15-16 giugno 2013 1° BERGAMO 2° PORDENONE 3° TRENTO 1° Danilo Bosio, Isidoro Cavagna, Luciano Bosio campioni nazionali 41° campionato nazionale ANA marcia di regolarità in montagna a pattuglie Pulfero 20-21 luglio 2013 1° BRESCIA 2° VALDOBBIADENE 3° BERGAMO 66 42° campionato nazionale ANA corsa in montagna individuale Domodossola 29 settembre 2013 1° BERGAMO 2° SONDRIO 3° DOMODOSSOLA A tutti i nostri atleti va un sentito ringraziamento per l’impegno fisico e morale che spesso nei singoli gruppi non viene messo in evidenza visto che questi atleti, “magari restii alle sfilate”, sacrificano ore e giorni nella preparazione per portare alto il nome di Bergamo nello sport. 56° TROFEO GENNARO SORA Il Gruppo di Valgoglio ha bissato il successo del 2011 nella “mitica” staffetta alpina per l’aggiudicazione del Trofeo Gennaro Sora. Accompagnata da una leggera ma continua nevicata, la 56ª edizione si è tenuta il 17 febbraio sulle nevi degli Spiazzi di Gromo. Alla partenza si sono presentate trentun pattuglie, di cui quattro di alpini di armi, formate da tre frazionisti impegnati su tre percorsi diversi: piano, salita e discesa. Partenza in linea con gli sci da fondo in tecnica classica e percorso di 5 km sulla pista “Spiazzi”, passaggio del testimone al secondo frazionista che, con sci da fondo o da sci alpinismo, ha percorso la salita che da Spiazzi, seguendo il sentiero nel bosco, raggiunge i pendii innevati di Vodala, dove il terzo ed ultimo atleta, con attrezzatura da sci alpino, si è lanciato nello slalom gigante sulla “Orsini”, riportando i concorrenti alla zona d’arrivo nella splendida conca degli Spiazzi. Da notare che tra i concorrenti c’erano anche quattro donne: una, Marica Zamboni, ha gareggiato con la squadra di “Gromo B” nella frazione di salita; le altre tre, due Vanessa e una Lucia, hanno formato la squadra B del 5° Reggimento Alpini. LE CLASSIFICHE PIANO: 1° Valgoglio "A" Pasini Fabio - 2° Zambla Bonaldi Alessandro - 3° Valgoglio "B" Chioda Daniele SALITA: 1° Casnigo "A" Lanfranchi Pietro - 2° Clusone "A" Zamboni Giovanni - 3° Valgoglio "A" Donati Riccardo DISCESA: 1° Zambla Quistini Gianluca - 2° Casnigo "A" Rossi Andrea - 3° Oltre Il Colle Ceroni Piersandro SQUADRE GRUPPI ALPINI 1ª Valgoglio "A" Pasini Fabio, Donati Riccardo, Morstabilini Luca - 2ª Zambla Bonaldi Alessandro, Pirola Corrado, Quistini Gianluca 3ª Clusone "A" Bonadei Stefano, Zamboni Giovanni, Giudici Enrico SQUADRE ALPINI IN ARMI 1ª 6° Reggimento Alpini "A" Zingerle Stefan, Seghezzi Roberto, Missi Gianluca - 2ª 6° Reggimento Alpini "B" Todesco Simone, Odoardi Daniele, Carlin Giuliano - 3ª 5° Reggimento Alpini "B" Hochgruber Ugo, Serafini Pierluigi, D'assala Ermanno - 4ª 5° Reggimento Alpini "A" Micelli Vanessa, Primon Vanessa, D'alessandro Lucia GARA VECI: 1° Rottigni Andrea - 2° Pasini Alfredo - 3° Negroni Edoardo - 4° Giudici Angelo - 5° Negroni Oscar - 6° Albrici Bortolo. 42° (7° del 3° ciclo) TROFEO NIKOLAJEWKA Ornica, un piccolo paese che ha saputo fare le cose in grande, ricordando Nikolajewka con la gara di sci nordico e la manifestazione alpina. La manifestazione è stata organizzata dal Comitato permanente di cui fanno parte tutti i gruppi alpini altobrembani, coordinato dal presidente Giovanni Curti e dal segretario Roberto Boffelli. Quest’anno il gruppo maggiormente impegnato è stato proprio quello ornicese, guidato dal capogruppo Luciano Quarteroni e appoggiato dall’amministrazione comunale. Nell’occasione, grazie alla donazione dei fratelli Marco e Renata Allevi è stato collocato a fianco del monumento ai Caduti un cippo a memoria del settantesimo, un’opera realizzata da Giuliano Ottaviani, fatta in pietra locale donata dalla Cave Gamba di Piazza Brembana. La celebrazione dell’evento ha avuto un prologo il sabato precedente nella tensostruttura eretta nel cortile dell’Oratorio con la mostra iconografica sulla ritirata di Russia commentata da Pasquale Corti reduce di Reggio Emilia che è curatore della raccolta. Sempre nella medesima serata è avvenuta la premiazione degli elaborati sul Nikolajewka realizzati in alcune scuole dell’Alta Valle. Domenica mattina ai Piani di Ceresola di Valtorta, con la partecipazione di circa duecento atleti, si è svolta la gara di sci nordico - organizzazione tecnica dello Sci club Roncobello - conclusasi per quanto concerne l’assegnazione pro tempore del Trofeo Nikolajewka al Gruppo ANA di San Giovanni Bianco che si inserisce così per la prima volta nell’albo d’oro del trofeo. CLASSIFICA GRUPPI 1° S. Giovanni Bianco (Bonaldi Alessandro, Pirola Corrado, Zampatti Fabio) - 2° Cremeno (Berbenni Roberto, Melesi Andrea, Plati Graziano) - 3° San Pellegrino (Pesenti Martino, Traini Ezio, Scanzi Massimo). CAMPIONATO SEZIONALE DI TIRO A SEGNO Come tutti gli anni, il gruppo di Ponte San Pietro, nei giorni 3, 4 e 5 maggio, ha organizzato il 40° Campionato Sezionale di tiro a segno carabina libera a terra ed il 29° Campionato Sezionale tiro a segno pistola standard. Al termine delle tre giornate di gara, i risultati finali coronano i nuovi campioni sezionali. Carabina: 1° Renato Rocca con 193 punti; 2° Bruno Piazzalunga con 191 punti; 3° Claudio Dementi con 190. La classifica dei gruppi vede al 1° posto Ponte San Pietro (Bruno Piazzalunga, Luca Pornaro, Gualtiero Nava) con 559 punti; al secondo posto Curno (Maurizio Panzeri, Renato Rocca, Mario Ubiali) con 518 punti; al terzo posto Bonate Sotto (Nicolas Brembilla, David Corna, Alessandro Locatelli) con 506 punti. Pistola: 1° Fabrizio Frigerio con 195 punti; 2° Luciano Rossi con 185; 3° Livio Alborghetti con 184. La classifica dei gruppi vede al 1° posto Ponte San Pietro (Gabriele Colleoni, Gualtiero Nava, Luciano Rossi) con 525 punti; al 2° posto Caprino Bergamasco (Fiorino Acerbis, Fabrizio Frigerio, Mauro Mazzoleni) con 470 punti; al terzo posto Villa d’Almè (Diego Chiesa, Stelio Chiesa, Paolo Salvi) con 457 punti. La Sezione ha poi partecipato l’1 e 2 giugno alla 40° edizione del Trofeo Dorligo e Serajevo Albisetti classificandosi, come squadra, al terzo posto su 23 squadre in gara, mentre Renato Rocca si è classificato al primo posto con 190 punti. Infine, una squadra sezionale, composta da otto tiratori, ha partecipato il 23 giugno a Tarcento ad una gara di tiro con “garand”, classificandosi al 3° posto con Fabrizio Frigerio, Maurizio Panzeri e Italo Tiraboschi. 67 MANIFESTAZIONI di GRUPPO 13 gennaio 2013 BARZANA Rifondazione gruppo 6 aprile 2013 BOLTIERE Inaugurazione gruppo 14 aprile 2013 ARDESIO 10° Raduno zona 18 68 MANIFESTAZIONI di GRUPPO 28 aprile 2013 ADRARA SAN ROCCO 25° di Fondazione, 2° Raduno zone 11 e12 28 aprile 2013 COVO Inaugurazione sede, 9° Raduno zone 23 e 28 26 maggio 2013 BG - S. PAOLO APOSTOLO 1° di Fondazione 69 MANIFESTAZIONI di GRUPPO 2 giugno 2013 CERETE ALTO 20° Raduno zona 17 2 giugno 2013 CORNA MARCIA 5° Raduno gruppi Berbenno, Capizzone, Brembilla, Ubiale Clanezzo 2 giugno 2013 MONTE LINZONE 6° Raduno zone Valle San Martino e Valle Imagna MANIFESTAZIONI di GRUPPO 9 giugno 2013 CORNALBA 40° di Fondazione 16 giugno 2013 RANZANICO 50° di Fondazione 23 giugno 2013 ALZANO LOMBARDO 90° di Fondazione, 4° Raduno zona 13 71 MANIFESTAZIONI di GRUPPO 23 giugno 2013 BOTTANUCO 80° di Fondazione 23 giugno 2013 BG - VIALE VENEZIA 10° di Fondazione 23 giugno 2013 MEDOLAGO 60° di Fondazione MANIFESTAZIONI di GRUPPO 23 giugno 2013 TORRE DE’ BUSI 80° di Fondazione 23 giugno 2013 VALSECCA 35° Raduno zona 9 30 giugno 2013 LEFFE 85° di Fondazione 73 MANIFESTAZIONI di GRUPPO 14 luglio 2013 NEMBRO 85° di Fondazione 21 luglio 2013 PONTIDA 80° di Fondazione 28 luglio 2013 CASAZZA 50° di Fondazione MANIFESTAZIONI di GRUPPO 4 agosto 2013 SOMENDENNA Inaugurazione monumento 4 agosto 2013 FINO DEL MONTE 30° Inaugurazione Cappelletta 4 agosto 2013 PIANICO 12° Raduno zona 21, 45° Inaugurazione sede 75 MANIFESTAZIONI di GRUPPO 4 agosto 2013 VERTOVA - COLZATE 11° Raduno zona 14 1 settembre 2013 PONTIROLO NUOVO 20° di Fondazione 1 settembre 2013 SCANZOROSCIATE 80° di Fondazione, 1° Raduno zona 12, 60° Costituzione Fanfara MANIFESTAZIONI di GRUPPO 1 settembre 2013 VAL SERINA - CURNO 33° Pellegrinaggio Santuario del Perello 15 settembre 2013 FUIPIANO IMAGNA Inaugurazione gruppo 15 settembre 2013 VILLA D’ADDA 50° di Fondazione 77 MANIFESTAZIONI di GRUPPO 22 settembre 2013 CLUSONE - GANDINO 20° incontro Capanna Ilaria 22 settembre 2013 LAXOLO Inaugurazione gruppo 6 ottobre 2013 COMUN NUOVO Inaugurazione sede MANIFESTAZIONI di GRUPPO 6 ottobre 2013 SCHILPARIO 1° Raduno zona 19 27 ottobre 2013 VIGOLO 25° di Fondazione 27 ottobre 2013 ZOGNO - MIRAGOLO Inaugurazione monumento ai Caduti di Miragolo 79 Pubblicazione edita dalla SEZIONE DI BERGAMO dell’Associazione Nazionale Alpini via Gasparini, 30 - 24125 Bergamo Coordinamento editoriale Antonio Arnoldi, Carlo Macalli Hanno collaborato all’iniziativa: Laura Arnoldi, Antonio Bombardieri, Matteo Brumana, Davide Cattaneo, Marco Cimmino, Santino Cuni, Pierluigi Dall’Angelo, Alvin De Vecchi, Dario Frigeni, Luigi Furia, Armando Gherardi, Alberto Giupponi, Alessio Granelli, Daniela Salvetti, Antonello Taramelli, Paolo Valoti, Raffaele Vitali. Si ringraziano quanti hanno inviato articoli e fotografie. In particolare l’Alpino Roberto Bezzi e Rosanna Viapiana per le fotografie, Alberto Merisio per i disegni Fotografie di coperta: Archivio fotografico sezione ANA Bergamo Prima di coperta: Aig.lles De Chamonix, Aig.lle Verte e Gh. del Gigante dal Colle della Tour Ronde, Courmayeur maggio 1917 Seconda di coperta: Sul Ghiacciaio del Gigante, a sinistra: Tour Ronde, a destra: Capucin, maggio 1917 Terza di coperta: La Tour Ronde dal Gh. del Gigante, maggio 1917 Quarta di coperta: M. Blanc du Tacul dal Gh. del Gigante, maggio 1917 Stampa San Nicolò Service - Cividate al Piano Realizzazione grafica Giacomo Pirro Vietata la riproduzione e l’utilizzo delle fotografie. Tutti i diritti sono riservati