FIGURE E MOMENTI DEL PENSIERO POLITICO MODERNO
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FIGURE E MOMENTI DEL PENSIERO POLITICO MODERNO
Gli scritti che qui si pubblicano intendono fornire dei sondaggi intorno al concetto di politico e alle sue trasformazioni in età moderna. Ciò che li accomuna è la ricerca delle ragioni che fondano la democrazia moderna, nonché l’analisi dei motivi dell’indebolirsi e del successivo rinascere di questa stessa democrazia nell’arco dell’ultimo secolo e mezzo (dalla crisi della democrazia liberale alla formazione degli Stati sociali su base nazionale). Adelina Bisignani, Italia Maria Cannataro, Robertino Ghiringhelli, Marcello Montanari, Francesca Russo FIGURE E MOMENTI DEL PENSIERO POLITICO MODERNO Adelina Bisignani insegna Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari. A cura di Adelina Bisignani ISBN 978-88-6611-550-2 € 15,00 editore cacucci bari FIGURE E MOMENTI DEL PENSIERO POLITICO MODERNO Saggi di Adelina Bisignani, Italia Maria Cannataro, Robertino Ghiringhelli, Marcello Montanari, Francesca Russo A cura di Adelina Bisignani editore cacucci bari proprietà letteraria riservata © 2016 Cacucci Editore – Bari Via Nicolai, 39 – 70122 Bari – Tel. 080/5214220 http://www.cacuccieditore.it e-mail: [email protected] Ai sensi della legge sui diritti d’Autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o di parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro, senza il consenso dell’autore e dell’editore. INDICE Premessa 7 Francesca Russo Grozio e il nuovo ordine internazionale 9 Italia Maria Cannataro Elementi della filosofia di Francisco Suárez nelle radici teoriche dell’indipendentismo iberoamericano 23 Francesca Russo Un interessante e inedito sguardo sulle istituzioni veneziane e sull’Europa del Seicento: il contributo di pensiero di Hieronimus Megiser 33 Adelina Bisignani Idea della religione e democrazia di massa in Tocqueville 41 Robertino Ghiringhelli Dinamiche interne e prospettiva europea in Carlo Cattaneo 63 Adelina Bisignani Ortega y Gasset: idea di Nazione e rinascita dell’Europa 71 Adelina Bisignani Carl Schmitt o la fine della modernità 85 Adelina Bisignani Benjamin e Schmit 97 Marcello Montanari Tra liberalismo e Welfare State. Momenti dell’ideologia italiana del ‘900 109 Adelina Bisignani Norberto Bobbio: il problema della guerra e le vie della pace 125 Premessa Gli scritti che qui si pubblicano intendono fornire dei sondaggi intorno al concetto di politico e alle sue trasformazioni in età moderna. Ciò che li accomuna è la ricerca delle ragioni fondative della democrazia moderna, nonché dell’indebolirsi e del successivo rinascere di questa stessa democrazia nell’arco dell’ultimo secolo e mezzo (dalla crisi della democrazia liberale alla formazione degli Stati sociali su base nazionale). Non voglio, qui, addentrarmi in questioni relative alla periodizzazione di questa fase storica, che possiamo fare iniziare con la caduta di Napoleone III e le vicende della Comune di Parigi o, per restringerci alla storia italiana, con la formazione del Regno d’Italia, ma credo che emerga chiaramente dai saggi qui contenuti che la democrazia è soprattutto rappresentanza/rappresentazione dei molteplici interessi e culture presenti entro un determinato territorio e, quando la si vuol ridurre al tema della “decisione ultima” (al “chi” decide o, come si usa dire, alla governabilità), essa si snatura e gli interessi particolari finiscono con il prevalere. Il particulare finisce con il sovrastare la res-publica (l’interesse comune). La democrazia è (e vuole essere) dialogo: costante ricerca di una crescente inclusione delle volontà più differenti attraverso il confronto tra i diversi orientamenti ideali e civili e attraverso la istituzione di garanzie per le minoranze. La politica moderna ha avuto – a me sembra – due fondamentali principiguida: 1) garantire la coesistenza tra i molteplici interessi e ideali e, quindi, creare quelle norme e quelle istituzioni capaci di governare i conflitti e assicurare la pace; 2) garantire la libera espressione intorno al modo di costruire una respublica e, potremmo dire, una “casa comune”. Accettare tali principi significa avere una concezione della politica non come esercizio della forza o come logica amico-nemico, ma come un agire che assume come proprio fine la vita e la libertà dei cittadini. Insomma, una concezione della politica non separata dalla esigenza di realizzare i valori e i comportamenti di un’etica pubblica. V’è, nel Novecento, una corrente culturale (e, forse, oggi è quella prevalente) che da Carl Schmitt a Giorgio Agamben, tende a pensare la politica come esercizio del dominio tramite la forza e immagina che lo stesso diritto non sia altro che espressione della forza politica dominante. Tale corrente, a mio avviso, entra in contrasto con la tradizione democratica moderna che, invece, immagina il diritto come limitazione del potere e neutralizzazione della forza. Se si guarda ad autori classici come Machiavelli, Grozio, Montesquieu e Tocqueville, si vedrà che essi si ispirano a questi principi. Mi rendo conto di proporre una interpretazione del concetto moderno di politica spesso messa in discussione, ma voglio esplicitare il mio orientamento. So bene che Machiavelli appare come il teorico di un realismo politico estremo e che gli viene attribuita l’affermazione secondo cui “il fine giustifica i mezzi”. Figure e momenti del pensiero politico moderno Secondo alcuni, la formazione moderna della sfera del politico sarebbe caratterizzata e segnata da questo realismo. Ma, a parte la considerazione che quella frase non si trova certo in Machiavelli, mi riesce assai difficile leggere Machiavelli come il cinico realista che giustifica e legittima l’uso della forza per la conquista e la conservazione del Potere. Mi sembra, invece, che per Machiavelli l’azione politica debba sempre essere dominata e guidata dalla virtù e dalle libertà repubblicane. Il “politico machiavelliano” è, credo, idea di una res-publica che deve unire i cittadini ed evitare che le diverse “parti” della città entrino in un conflitto permanente o che una sola parte prevalga ed escluda l’altra dalla possibilità di divenire parte governante Parimenti, l’idea della divisione dei poteri, formulata da Montesquieu, porta ad evidenziare la necessità di un reciproco controllo e di una reciproca limitazione tra le istituzione di uno Stato, per evitare il dominio di una sola parte sulle altre. E, infine, il timore che Tocqueville esprime per una “dittatura della maggioranza” mette in guardia dalla negazione-distruzione delle istituzioni che garantiscono il pluralismo politico. So bene che tutto ciò andrebbe dimostrato con rigore filologico (anche se esiste già su questi autori un’ampia bibliografia – da Quentin Skinner su Machiavelli a André Jardin su Tocqueville – che può suffragare le mie tesi), ma intendo sottolineare che il filo che tiene insieme e ispira questi interventi è, a mio avviso, una idea etica della politica, senza la quale la caduta in regimi autoritari diventa quasi inevitabile. Così è accaduto dopo la Prima guerra mondiale, quando si venne affermando l’ideologia della “politica come guerra” (guerra tra Stati e guerra tra classi), ovvero: la concezione secondo cui la politica deve corrispondere alla logica amiconemico. Così accade ogni qualvolta si sceglie la via della guerra senza sapere – come ha scritto Massimo Cacciari – per quale pace essa viene combattuta. Perché, appunto, la guerra può essere “giusta”, se il suo obiettivo è restaurare la pace e il diritto. Ma occorre essere in grado di fissare i principi etici universali che devono essere restaurati. Leggere in questa prospettiva figure come Grozio, Tocqueville, Ortega, Croce, può avere un significato se, pur situandoli nel loro tempo e nei loro specifici universi di discorso, ci restituiscono il senso e il valore di un agire politico ispirato ai valori fondativi della democrazia moderna (pluralismo, divisione dei poteri, libertà, rappresentanza democratica). Adelina Bisignani 8