Sentenza del Tribunale di Rovereto del 19 marzo 2013

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Sentenza del Tribunale di Rovereto del 19 marzo 2013
TRIBUNALE DI ROVERETO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto dott. Michele Cuccaro ha
pronunciato la seguente sentenza nella causa promossa con ricorso depositato
il 1.2.2012 sub nr. 19/2012 da:
S. C. rappresentata e difesa dagli avv.ti L. S. S. e S. S. del Foro di Rovereto
giusta delega a margine del ricorso
RICORRENTE
contro
F. O. C. D. C. con sede in Rovereto rappresentata e difesa dall’avv. B. F. del
Foro di Trento e dall’avv. S. B. del Foro di Rovereto giusta delega a margine
della memoria difensiva
CONVENUTA
In punto: impugnazione licenziamento; differenze retributive; risarcimento
danni
CONCLUSIONI
Ricorrente: “ogni contraria istanza , domanda anche riconvenzionale, eccezione
reietta,
1–
accertato e dichiarato che la ricorrente ha svolto l’orario di lavoro eccedente le
40 ore come descritto nei conteggi di ricorso nel periodo aprile 2006 — aprile
2010 e quindi che ha maturato il diritto al percepimento della maggior
retribuzione per straordinario,
condannarsi la F. convenuta al pagamento della somma di € 36.035,70 ( di cui €
29.519,55 in relazione al lavoro straordinario svolto presso il bar/ servizio di
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ristoro , ed € 6.619,67 per mancati riposi nonché € 4.408,62 per apertura della
biglietteria dalle 21 alle 22 nei periodi estivi , detratta la somma di € 4.920,72
percepita per lo stesso titolo) nonché la somma di € 113.774,00 per il lavoro di
pulizia e altre attività come descritte in ricorso svolte al di fuori dell’orario di
conduzione del bar descritte, o comunque anche delle diverse somme che il
Giudice riterrà di giustizia anche in applicazione degli arti. 36 Cost. e 2099 c.c.,
2—
accertato e dichiarato che il licenziamento intimato alla ricorrente con lettera di
data 11 ottobre 2011 è da considerarsi nullo in quanto ritorsivo e quindi
assimilabile al licenziamento con carattere discriminatorio,
o comunque accertarsi e dichiararsi che il licenziamento è illegittimo per ,
pretestuosità, intempestività, infondatezza, contraddittorietà, difetto di potere o
comunque alterità rispetto alle motivazioni espresse dal Cda nel verbale doc. 20
della convenuta, possibilità di occupazione in ognuna delle mansioni come
descritte nella lettera di assunzione , violazione della normativa per il diritto dei
disabili al lavoro, violazione dei criteri di cui alla legge 223/91 e ogni altro
motivo come dedotto in ricorso e memoria 6 aprile 2012,
in via principale : condannarsi la convenuta alla reintegra della dipendente nel
posto di lavoro e alla corresponsione in via principale alle retribuzioni tutte
dalla data della cessazione del rapporto alla reintegra o in subordine di cinque
mensilità, il tutto sulla base di una retribuzione mensile di € 1.703,98 oltre alle
mensilità aggiuntive ( 13° e 14°),
in via subordinata in applicazione della legge 604/66 condannare la convenuta
al pagamento della indennità nella misura massima prevista e quindi al
pagamento della somma di € 11.927,85 ( 1.703,98 + inc. 13 e 14° x 6),
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3 -accertato e dichiarato che la ricorrente non ha effettuato il riposo settimanale nei
periodi dedotti in narrativa, così come non ha goduto delle ferie per i periodi
descritti, condannare la convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale
da liquidarsi equitativamente,
4—
accertato e dichiarato che l’aggravamento delle condizioni psicofisiche della
ricorrente come accertato alla data dell’ottobre 2010 è da imputarsi alle
condizioni lavorative, così come da imputarsi alle stesse le multiple fratture
delle coste di cui agli infortuni rispettivamente del 07 ottobre 2009 e del 3
maggio 2010, nonchè il peggioramento della espressione sintomatologica della
fibromalgia da porsi in stretta correlazione con lo stress lavorativo, condannarsi
la convenuta al risarcimento del danno nella misura che verrà accertata dal Ctu
medico legale, misura che comunque si indica in € 70.000,00 salvo diversa e
anche maggiore quantificazione all’esito della Ctu stessa,
5—
In ogni caso di condanna al pagamento di somme da maggiorarsi le stesse di
rivalutazione ed interessi.
6Condannarsi la convenuta alla rifusione delle competenze e spese di causa.
In via istruttoria ribadite le eccezioni alle prove richieste dalla convenuta per i
motivi e sulle circostanze come specificato nella memoria 6 aprile 2012, si insiste
A)nella richiesta di Ctu medico legale delle condizioni psico fisiche della
ricorrente come descritte in ricorso quanto ad aggravamento del grado di
invalidità e del peggioramento della espressione sintomatologica della
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fibromalgia e per la riconducibilità delle stesse alla situazione lavorativa
descritta,
in via subordinata:
B) nel completamento delle prove con la assunzione di tutti i testi indicati
nonché delle persone elencate sub doc. 33 della convenuta, sia sulle circostanze
di ricorso che su quelle di memoria 6.4.2012 nonché su quelle verbalizzare alla
udienza del 29 gennaio 2013 e per quanto necessario anche a prova contraria,
C) ordinarsi alla convenuta la produzione del progetto, della lettera di
assunzione, della copia della documentazione attestante le modalità di
pagamento della prestazione del signor C.
D) prova a mezzo i testi indicati suindicati sul seguente ulteriore capitolo 63)
vero che il signor C. lavora a tempo pieno in mansioni impiegatizie,
E) ordinarsi alla convenuta e/o alla Cooperativa S. di depositare il contratto
stipulato con la F.;
F) ordinarsi all’avv. P. E. L. e alla convenuta di depositare la corrispondenza
intercorsa in relazione alla posizione della ricorrente.
Convenuta: “Voglia Codesto Ill.mo Giudice del Lavoro, disattesa ogni contraria
istanza, eccezione e deduzione, così giudicare
in via principale
respingere ogni domanda formulata nei confronti della F. C. d. C. da parte di C.
S., perché indimostrata, infondata e parzialmente prescritta, per tutti i motivi di
cui in narrativa;
in via riconvenzionale
accertata la concessione alla signora S., a far data dal 1 gennaio 2006, in
comodato gratuito dell’appartamento, sito al primo piano dell’edificio in C.C.
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193 L., p.ed 223/1, sub 2, foglio 5., nel complesso della F. in Rovereto, …,
nonché l’avvenuta richiesta di restituzione dello stesso, condannare la
ricorrente al rilascio nello stato in cui era al momento della consegna, nelle
forme dell’esecuzione per consegna o rilascio di cui al titolo III del libro III del
Cod. Proc. Civ.;
−
accertata, altresì, la concessione alla signora S. in comodato gratuito del
pastore tedesco codice n. …, nonché l’avvenuta richiesta di restituzione dello
stesso, condannare la ricorrente alla restituzione;
in ogni caso
condannare la ricorrente al pagamento delle spese di lite in via istruttoria: come
in memoria difensiva”.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato il 1/2/2012 S. C. esponeva:
• di essere stata assunta dalla F. O. C. d. c. di Rovereto in data 9 settembre
2003;
• di essere stata inquadrata al sesto livello retributivo con un orario di 45
ore nel periodo da aprile a settembre e di 35 ore da ottobre a marzo con
varie mansioni attinenti alla pulizia dei locali, all'annaffiatura delle
piante del verde, all'esposizione e manutenzione delle bandiere e
similari;
• di avere spesso ricoperto il ruolo di addetto alla biglietteria, sia in qualità
di "jolly" in sostituzione degli addetti fissi, sia in loro aiuto nei momenti
di massimo afflusso dei visitatori;
• di essersi vista accrescere i compiti a seguito dell'inaugurazione,
intervenuta al 19 luglio 2004, della nuova sede della F.;
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• di avere assunto a decorrere dal 2005 - a seguito della sistemazione
dell'appartamento destinato al custode - anche l'attività di custodia,
finendo con l'essere stabilmente a disposizione;
• di essere stata addetta, a decorre dal 14 aprile 2006, alla gestione di un bar
situato all'interno della struttura che restava aperto per tutto l'orario di
accesso dei visitatori;
• di essere stata sgravata di alcuni compiti relativi alla pulizia a decorrere
dal 2008/2009;
• di avere goduto in modo saltuario delle ferie e dei riposi;
• di essersi lamentata nel 2010, anche con l'ausilio di un sindacalista,
dell'insostenibilità dell'orario lavorativo e dell'inadeguata retribuzione;
• di avere subito un aggravamento delle condizioni di salute con riduzione
permanente della capacità lavorativa al 75% e di essere, per l'effetto,
stata conteggiata come unità nell'ambito degli obblighi di riserva per i
lavoratori disabili;
• di essere stata licenziata per asserito giustificato motivo oggettivo
durante il periodo di malattia;
• di avere subito condotte ritorsive e vessatorie che ne hanno determinato
un'ulteriore peggioramento delle condizioni di salute, anche sotto il
profilo psichico
conveniva in giudizio innanzi a questo Tribunale la citata f. per sentirla
condannare:
a) al pagamento di vari importi a titolo di straordinario e mancati riposi;
b) alla reintegra nel posto di lavoro;
c) al risarcimento dei danni per mancata fruizione dei riposi e delle ferie;
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d) al
risarcimento
del
danno
non
patrimoniale
conseguente
all'aggravamento delle condizioni psicofisiche.
Nel costituirsi in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso la convenuta negava
fermamente di aver mai posto in essere condotte vessatorie nei confronti della
ricorrente; eccepiva ad ogni buon conto la prescrizione delle pretese attoree
anteriori al quinquennio dalla data di costituzione in mora (20.10.2011);
evidenziava come le mansioni svolte dalla ricorrente fossero significativamente
inferiori rispetto a quelle descritte in ricorso; negava che la ricorrente avesse
svolto il lavoro straordinario dalla stessa affermato o non avesse regolarmente
fruito delle ferie e dei riposi; evidenziava come l'alloggio le fosse stato dato in
comodato gratuito senza che vi fosse un connesso obbligo di custodia; ribadiva
la legittimità del licenziamento intimato in data 18 ottobre 2011 osservando
come esso fosse giustificato dalla significativa riduzione dei contributi
provinciali riconosciuti alla F.; in via riconvenzionale chiedeva la condanna
della ricorrente a restituire l'immobile dalla stessa abitato con la sua famiglia
nonché il pastore tedesco dalla stessa detenuto in comodato.
Esperito senza esito il prescritto tentativo di conciliazione, venivano sentiti
numerosi testi sui capitoli di prova articolati dalle parti ed ammessi dal giudice;
veniva, altresì, disposto ordine di esibizione nei confronti del centro per
l'impiego di Rovereto.
All'udienza odierna, precisate dalle parti le conclusioni in epigrafe trascritte, la
causa veniva decisa come da dispositivo letto pubblicamente e veniva
depositata la sentenza.
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Differenze retributive a titolo di straordinario e di mancati riposi.
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La ricorrente chiede il pagamento di euro 36.035,70 (di cui euro 29.519,55 in
relazione al lavoro straordinario svolto presso il bar/servizio di ristoro, euro
6619,67 per mancati riposi ed euro 4408,62 per apertura della biglietteria dalle
21 alle 22 nei periodi estivi, detratta la somma di euro 4920,72 percepite per lo
stesso titolo), nonché la somma di euro 13.774 per il lavoro di pulizia ed altre
attività asseritamente svolte al di fuori dell'orario di conduzione del bar.
La convenuta nega lo svolgimento di lavoro straordinario o la mancata
fruizione dei riposi ed eccepisce ad ogni buon conto la prescrizione delle
pretese per il periodo anteriore al 20 ottobre 2006 (ossia ai cinque anni anteriori
alla prima data di costituzione in mora da individuarsi nella lettera del 20
ottobre 2011 depositata dalla ricorrente sub doc. 23).
Va, in primo luogo, affermata la fondatezza della eccezione di prescrizione
formulata dalla convenuta, atteso che la ricorrente non ha dato prova di aver
inviato ulteriore costituzione in mora in data anteriore rispetto al 20 ottobre
2011. Né può ovviarsi a tale carenza di prova attraverso l'ordine di esibizione
nei confronti dell’avv. L. richiesto dalla S., visto e considerato che la mancata
risposta da parte del citato legale alla lettera di pari data inviatagli dall'attuale
legale della ricorrente (doc. 21) dimostra indirettamente come non vi fossero
stati atti interruttivi del corso della prescrizione anteriori rispetto a quello già
evidenziato.
La pretesa attorea non merita accoglimento neppure per il periodo successivo.
Il nucleo principale delle pretese di parte ricorrente in relazione al preteso
svolgimento di lavoro straordinario nel periodo successivo all’accertata
prescrizione ruota attorno alla sua attività di gestione del piccolo bar/punto di
ristoro situato all'interno della struttura (aperto nell’aprile 2006 e chiuso
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nell’agosto 2010).
Ella sostiene, invero, come tale attività la impegnasse per tutto l'orario di
accesso dei visitatori, con la conseguenza che i suoi restanti compiti dovevano
fatalmente essere svolti al di fuori dell'orario lavorativo.
Tale assunto è rimasto indimostrato, essendo ampiamente emerso in causa
come il “bar”:
a) fosse estremamente piccolo (circa 20-30 mq: teste M.) e niente più che un
punto di ristoro aperto ai soli visitatori della C. (testi B., B. e C.);
b) fosse aperto in via non continuativa ed a sostanziale discrezione della
ricorrente. Si confrontino sul punto le in equivoche testimonianze delle
addette alla biglietteria M. M. (“il bar veniva gestito dalla ricorrente, la
quale per altro non rispettava un orario fisso e lo pariva e chiudeva
quando voleva, senza darci alcun avviso, con la conseguenza che non
eravamo in grado di dare risposte attendibili ai visitatori”) e P. M.
(“non sono in grado di sapere gli orari del bar non essendoci lo stesso
mai stato comunicato. Ci accorgevamo se era o meno aperto a seconda
del fatto che sentivamo o meno dei rumori. A volte i visitatori ci
chiedevano se era aperto e noi non riuscivamo a dare risposte
attendibili. In nessun caso la ricorrente è uscita per aprire il bar a noi o
ai visitatori nei momenti in cui era in pausa”).
In senso contrario quanto sin qui esposto non può attribuirsi eccessivo rilievo
alle testimonianze di M. S. - dal momento che egli ha svolto compiti di
segretario il collaboratore della convenuta solo fino all'anno 2007 e, quindi, fino
a un periodo di poco posteriore all'ottobre 2006 qui in considerazione – e di M.
A., dal momento che ella non lavorava presso la C. ed aveva solo l'occasione di
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visitare ogni tanto la ex compagna di classe S.
Alla luce di quanto sin qui sintetizzato deve ritenersi che la ricorrente poteva
portare avanti in contemporanea sia la saltuaria attività di gestione del bar che
le rimanenti mansioni che le erano attribuite, senza alcuna necessità di espletare
queste ultime al di fuori dell’orario di lavoro.
La S. sostiene, poi,
che vi sarebbe stato un notevole incremento delle sue
attività lavorative a seguito della profonda ristrutturazione delle strutture della
F..
Anche tale assunto non è condivisibile, avendo la convenuta ampiamente
dimostrato come ad un incremento degli spazi espositivi sia conseguita una
correlativa diminuzione delle prestazioni richieste alla lavoratrice, visto e
considerato che:
a) la stessa è stata affiancata nei lavori di pulizia dei locali interni da C. Z. e
di quelli esterni da E. M. (collaboratore saltuario a partire dal 2007 e
dipendente dal giugno 2009): ;
b) in occasione di eventi importanti le pulizie venivano eseguite da ditte
esterne;
c) la tenuta del la verde era del pari assicurata da ditte esterne specializzate
(testimonianze M. e M.M.)
d) venne acquistata una macchina professionale “lavasciuga” idonea a
semplificare i lavori (testimonianza M. M.);
e) la pulizia degli spazi antistanti alla biglietteria veniva eseguita
direttamente dagli addetti alla stessa.
Per quanto riguarda lo svolgimento di attività presso la biglietteria va rilevato
come quella relativa all'apertura serale sia già stata retribuita attraverso il
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pagamento di euro 4920,72 (come riconosciuto dalla stessa ricorrente che ha
ritratto tale importo totale di straordinario richiesto) e come non sono risultate
dimostrate prestazioni lavorative al di fuori dell'orario di lavoro presso la
biglietteria stessa, avuto anche riguardo al fatto che a partire dal 2003 – e,
quindi, da un periodo ben anteriore a quello qui in esame - il servizio
biglietteria risultava assicurato dalla Cooperativa S..
Del pari indimostrata deve ritenersi la mancata fruizione dei riposi, visto e
considerato che il bar rimaneva chiuso nella giornata di lunedì e difettano
elementi attendibili per ritenere che la ricorrente non potesse fruire con
regolarità dei riposi spettantile.
Si impone, pertanto, il rigetto della pretesa attorea relativa alle differenze
retributive per straordinario e riposi.
Licenziamento.
La ricorrente è stata licenziata "per giustificato motivo oggettivo" in data 11
ottobre 2011 sulla base della seguente motivazione: "il Consiglio ha ritenuto non
più
sostenibile,
economicamente
e
giuridicamente,
l'ammontare
della
retribuzione complessiva che le viene riconosciuta in rapporto alle ridottissime
prestazioni lavorative da lei svolte in favore della F.. Il denunciato divario di
cui sopra si evidenzia in un periodo di particolari ristrettezze economicofinanziarie che impongono alla F. una rigorosa gestione delle risorse disponibili.
A ciò si aggiunge l'intendimento del Consiglio di adibire l'entità immobiliare da
lei attualmente abitata a sede di studio e di ricerca per conto della F.".
L'illegittimità del licenziamento discende in tutta evidenza dalla fumosità dei
motivi addotti dalla convenuta.
In primo luogo va osservato come la F. non abbia soppresso il posto di lavoro
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cui la ricorrente era addetta, ma si è limitata ad affermare che le sue mansioni
sarebbero sproporzionate per difetto rispetto all'ammontare della retribuzione
ed alla situazione economico finanziaria della F. conseguente alla riduzione dei
trasferimenti da parte della Provincia Autonoma di Trento.
Da ciò consegue che non si verte dinanzi ad una tipica risoluzione del rapporto
per ragioni oggettive – e tale da escludere la possibilità di sindacare nel merito
la scelta da parte dell’A.G. se non a fronte di evidente pretestuosità del
licenziamento -, bensì ad una “combinazione” di motivazioni di tipo soggettivo
ed oggettivo, non adeguatamente supportate sotto il profilo probatorio.
Anche il riferimento alle causali di tipo economico-finanziario appare
particolarmente generico, non essendovi alcuna evidenza certa che la riduzione
del finanziamento da parte della PAT abbia riguardato il medesimo capitolo di
spesa utilizzato per la retribuzione dei dipendenti, né che ad essa sia conseguito
un analogo calo delle complessive disponibilità finanziarie della F. (la quale può
fruire in base all’art. 3, punto 2 dello statuto anche di lasciti e donazioni).
La convenuta, infine, non ha minimamente dimostrato di avere assolto al cd.
obbligo di repechage, con la conseguenza che anche sotto questo profilo il
licenziamento appare ampiamente illegittimo.
Non può, invece, accedersi alla richiesta della S. di considerare il licenziamento
nullo in quanto ritorsivo (e, come tale, assimilabile al licenziamento
discriminatorio), non essendo stato fornito alcun elemento convincente in tal
senso ed essendo, anzi, emerso dal complesso dell’istruttoria testimoniale come
sia stata la S. a porsi con grande frequenza in contrasto con altro personale (si
confrontino deposizioni M. e P. M.) o con la stessa direttrice B. (si veda
testimonianza di quest’ultima).
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Affermata, quindi, la mera illegittimità del licenziamento, si tratta di stabilire se
si verta in ipotesi di tutela reale o obbligatoria.
La ricorrente sostiene la prima tesi e fa riferimento alla documentazione
acquisita dall’Agenzia del Lavoro di Trento a seguito dell’ordine di esibizione
disposto all’udienza del 23.10.2012..
La convenuta patrocina, invece, la seconda tesi e si richiama allo scopo al doc. 2
redatto dal suo consulente del lavoro G., dal quale emerge che alla data del
licenziamento (ottobre 2011) il personale alle dipendenze della F. – operati i
necessari ragguagli relativamente agli addetti part-time – ammontava a 14,48
dipendenti ed era, quindi, inferiore al minimo fissato dall’art. 18 st.lav.
La tesi di parte convenuta appare corretta.
La documentazione trasmessa dall’Agenzia del Lavoro (indicante un numero
complessivo di diciassette addetti):
a) fa riferimento ad un periodo successivo rispetto a quello qui rilevante;
b) non opera alcuna rettifica per i dipendenti part-time;
c) considera anche semplici lavoratori a progetto quali il C., i quali, invece, non
rientrano nel computo dei lavoratori rilevanti ai sensi dell’art. 18. Né tale
circostanza appare superabile attraverso l’affermazione di parte ricorrente
secondo la quale egli sarebbe un lavoratore dipendente a tutti gli effetti e non
un lavoratore a progetto, visto e considerato che le evidenze probatorie non
depongono affatto in tal senso.
Deve, in conclusione, affermarsi che si verte in ipotesi di semplice tutela
obbligatoria.
A ciò consegue l’obbligo per la convenuta di riassumere la ricorrente o di
risarcirle il danno versandole un’indennità che si stima equo quantificare –
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avuto riguardo principalmente all’anzianità di servizio della lavoratrice e del
comportamento complessivo delle parti - in quattro mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto, oltre accessori.
Alla luce della quantificazione operata dalla ricorrente e non oggetto di
specifica censura da parte della convenuta la retribuzione globale di fatto va
fissata nell’importo lordo mensile di € 1.987,97, per un totale riferito agli
indicati quattro mesi di € 7.952.
Risarcimento danni per asserita mancata fruizione dei riposi e delle ferie.
Si è già visto al precedente punto 1) come la ricorrente non abbia
adeguatamente dimostrato la mancata fruizione dei riposi o delle ferie.
La direttrice B. - rispondendo affermativamente ai capitoli 53 (“risulta che tutti
gli anni la signora S. della sua famiglia godessero di 15 giorni di vacanza, nel
mese di luglio, anche se non se ne trova riscontro in busta paga") e 58 della
convenuta (“nella giornata di lunedì la signora S. ha sempre goduto del suo
giorno di riposo. Ove fosse capitata qualche apertura di lunedì …. la signora S.
ha sempre goduto di altrettanti giorni di riposo compensativo in un'altra
giornata”) - ha confermato la cosa in termini inequivoci, sottolineando come ella
non avesse alcuna voce in capitolo sul punto posto che la ricorrente concordava
direttamente con altra persona - da individuarsi verosimilmente nel Reggente sia le ferie che i permessi.
Ne discende che la pretesa attorea relativa a questa voce di danno va rigettata.
Risarcimento danni per asserito aggravamento delle condizioni di salute.
La tesi di parte ricorrente secondo la quale ella sarebbe stata oggetto di condotte
vessatorie da parte dei superiori o dei colleghi, tanto prima che dopo il
licenziamento, non è risultata dimostrata in modo adeguato, essendo al
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contrario emerso in causa – secondo quanto già sopra osservato - come fosse
proprio la S. a tenere spesso e volentieri comportamenti sopra le righe nei
confronti di altri dipendenti e della stessa direttrice.
La vicenda relativa alla sostituzione delle chiavi non va enfatizzata, essendo
emerso dalla testimonianza del teste C. come la ricorrente potesse accedere
liberamente alla centralina di controllo dell'abitazione e come i disagi possono
al più essere durati per una sera.
Del pari infondata deve ritenersi la richiesta di danni per eccessivo carico di
lavoro, essendosi già vista al precedente punto 1) la totale infondatezza delle
richieste attoree relative allo svolgimento di lavoro straordinario.
Domanda riconvenzionale relativa alla restituzione del cane e della casa.
Parte convenuta ha chiesto in via riconvenzionale la condanna della convenuta
alla restituzione di un cane pastore tedesco e della casa abitata dalla ricorrente e
dalla sua famiglia.
Quanto al cane, il marito della ricorrente ha riferito che esso era stato oggetto di
dono da parte del reggente della F. il quale, interpellato “sul se intestare il
microchip alla S. o alla F.” ebbe a rispondere alla ricorrente: “intestalo a te
perché te l'ho regalato”.
Tenuto conto del fatto che non si verte in tema di donazione richiedente la
forma dell'atto pubblico e che il cane si è certamente affezionato alla famiglia
della S., appare conforme a giustizia respingere la domanda riconvenzionale
della convenuta sul punto.
A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi con riferimento all’appartamento
(p.ed. 223/1 C.C. L.), chiaro essendo come esso sia stato messo a disposizione
della ricorrente in base ad un semplice comodato gratuito e come la F. abbia ora
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titolo per pretenderne la restituzione.
Tenuto conto del fatto che la restituzione è già stata una prima volta richiesta
sin dall'ottobre 2011 e che la ricorrente non ha ottemperato all'ordine di
restituzione, non vi è alcuna ragione per concedere in questa sede un termine
dilatorio per il rilascio.
Spese.
L'esito della vertenza – che ha visto la soccombenza reciproca delle parti –
giustifica la compensazione integrale delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto, definitivamente pronunciando,
uditi i procuratori delle parti, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, così
provvede:
1.
accerta e dichiara l'illegittimità del licenziamento intimato alla ricorrente
in data 11 ottobre 2011 e, ritenuto vertersi in ambito di cd. tutela obbligatoria,
condanna la convenuta a riassumere la ricorrente ovvero a corrisponderle a
titolo di risarcimento danni l’importo lordo di € 7.952 (corrispondente a quattro
mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto), oltre interessi legali e
rivalutazione monetaria dalla data del licenziamento al saldo;
2. in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale svolta dalla
convenuta, condanna la ricorrente a restituire immediatamente alla D., libero da
persone e cose, l'appartamento contraddistinto dalla p.ed. 223/1 C.C. L.;
3. respinge nel resto il ricorso e la domanda riconvenzionale;
4. dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio;
5. sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.
Così deciso in Rovereto il 19 marzo 2013
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Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it
Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011
Il Giudice
- dott. Michele Cuccaro -
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Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it
Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011