FARINE

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FARINE
FARINE
La farina è il prodotto ottenuto dalla
macinazione di cereali o di altri prodotti.
La semola è una farina di granulometria
maggiore dove i singoli componenti sono
di forma arrotondata e con presenza di
poca polvere. es.: zucchero semolato, e
semola di grano duro.
Nell'uso comune, il termine farina serve ad indicare quella di grano e in particolar modo quella di grano tenero,
mentre si usa la parola semola per la farina di grano duro. Per il loro ruolo nella fabbricazione di pane e di pasta,
queste sono infatti le più diffuse nel mondo, tutelate dalle leggi dei diversi paesi.
Farina di Grano tenero
Il grano tenero, o frumento, è la specie di frumento che, per il suo largo impiego
nella panificazione e nella produzione di paste alimentari fresche, assume maggior
importanza fra i cereali in coltivazione oggi. I frumenti teneri comprendono
diverse varietà ed hanno estensione colturale più ampia rispetto ad altri frumenti
perché, per la loro buona resistenza al freddo, sono i soli in coltivazione nei paesi
nordici.
Le seguenti varietà sono quelle coltivate maggiormente oggigiorno:
• Salmone: varietà coltivata da diversi anni. Sensibile alle malattie fungine,
necessita sempre di un trattamento fungicida al momento della spigatura.
• Zena: varietà di taglia bassa con ottima resistenza all'allettamento. Abbastanza
sensibile alla necessità di un trattamento fungicida.
• Aztec: varietà francese tardiva. È dotata di un'ottima fertilità di spiga che
permette di compensare l'eventuale ridotto accestimento. Sensibile, deve
essere assolutamente trattata con un fungicida.
• Bolero: grano "bianco", di notevole stabilità produttiva. Appartiene alla categoria commerciale dei grani "fini"
grazie alle caratteristiche qualitative: elevato contenuto proteico.
• Guadalupe: frumento con rese elevate che si adatta anche alle semine tardive. Ha un discreto contenuto in
proteine.
• Tibet: specie di media precocità con ottimi potenziali produttivi e buona resistenza all'allettamento e al freddo.
Caratterizzato da una granella ovoidale e giallo chiaro.
• Bologna: uno dei teneri più produttivi nel Nord-Centro Italia, si registrano rese di oltre 8 t/ha in media, ha
granella rossa, rientra nella categoria dei panificabili superiori, molto resistente alle fitopatie e risponde bene ad
abbondanti fertilizzazioni.
• Aubusson: frumento tenero panificabile più venduto in Italia, da pochi anni sul mercato spicca per le sue rese
fino 9-9,2 t/ha, si distingue dagli altri per la sua stabilità sia fisiologica che areica, ottimo in ogni valore
molitorio, ha la capacità genetica di adattarsi ad ogni tipo di terreno e areale di produzione.
Il grano tenero è particolarmente adatto alla produzione di farine per pane e pasta e in commercio ne esistono
diversi tipi adatti per il prodotto che si vuole preparare. L’industria molitoria assorbe gran parte del prodotto per la
riduzione di farine utilizzate nella panificazione.
Dalla macinazione del grano tenero si ottiene una resa in farina che
oscilla tra il 70 e l'82%; il rimanente 18-30% è costituito da cruschello,
farinaccio, granito, e crusca per uso zootecnico. La percentuale di
farina estratta dal chicco dipende, oltre che dal tipo di grano, anche dai
parametri chimico fisici impostati durante la macinazione. I mulini
moderni sono ormai automatizzati. Le aziende del settore sono
innumerevoli.
Il processo di macinazione del grano tenero inizia con la bagnatura del
grano, che se ha un valore W (la cosiddetta forza della farina) uguale o
minore di 300 consiste nel portare l'umidità del chicco a 15,5% per 24
ore, mentre se il W ha valore maggiore a 300 a 16,5% per un massimo
di 48 ore. Successivamente il frumento viene indirizzato nei mulini che iniziano a spogliare il chicco della parte
esterna, che mediante sistemi pneumatici viene depositata in appositi silos. Il risultato finale sarà una farina con
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caratteristiche fisiche conformi alla lavorazione attesa. I prodotti di scarto come il cruschello, la crusca e il farinaccio
possono essere usati per scopi zootecnici se non trattati secondo i termini di legge, altrimenti per scopo umano.
Nella produzione dei prodotti
dell'Arte Bianca si utilizzano farine
di
cui
alcune
additivate
volontariamente,
mediante
l'aggiunta di: agenti di trattamento,
agenti antiagglomeranti, coadiuvanti
tecnologici (enzimi come le xilanasi,
le lipasi, le transglutamminasi, le
alfa-amilasi, le glucosio-ossidasi,
ecc.) o glutine vegetale secco, acido
ascorbico (E300), L-cisteina per migliorarne le caratteristiche tecnologiche. Gli additivi consentiti dall'attuale
normativa sono pertanto: glutine secco, acido ascorbico (E300), L-cisteina (E920), biossido di silice e silicati (E551 E559), acido fosforico di - tri - polifosfati (E338 - 452), oltre chiaramente a tutti gli enzimi.
Le farine derivate da basse estrazioni (abburattamento del 70-75%) provengono principalmente dalla parte centrale
del chicco e si contraddistinguono ad occhio nudo per la loro purezza e candore; sono denominate in Italia farina
tipo 00. Al contrario, una farina ad alto tasso di estrazione (circa 80%) sarà meno chiara in quanto contiene anche la
farina proveniente dalla parte esterna del chicco (strato aleuronico); in relazione al contenuto in ceneri (minerali)
possono essere denominate farina tipo 0, tipo 1 o tipo 2. Quando la percentuale di estrazione giunge al 100% si ottiene
la cosiddetta farina integrale, cioè uno sfarinato comprensivo anche di crusca.
La tabella seguente riassume le principali caratteristiche delle farine di grano tenero in commercio in Italia, e le
equivalenti classificazioni statunitensi, tedesche e francesi:
Umidità
Ceneri
Ceneri
Italia
Proteine min USA
Germania Francia
max
min
max
Farina di grano tenero
14,50%
tipo 00
–
0,55%
9,00%
pastry flour
405
40
Farina di grano tenero
14,50%
tipo 0
–
0,65%
11,00%
all-purpose
flour
550
55
Farina di grano tenero
14,50%
tipo 1
–
0,80%
12,00%
high
flour
812
80
Farina di grano tenero
14,50%
tipo 2
–
0,95%
12,00%
first clear flour 1050
gluten
110
Farina integrale di grano
white
whole
14,50%
1,30%
1,70%
12,00%
1600
150
tenero
wheat
Nota: tabella contenuta nel DPR 9 febbraio 2001, n. 187. Valori delle ceneri e proteine calcolati sul secco. Umidità
consentita fino al 15,50% se indicato in etichetta. Proteine: azoto Kjeldahl * 5,7
Determinazione della forza della farina
La proprietà più importante della farina è la sua forza, cioè la
capacità di resistere nell'arco del tempo alla lavorazione. La forza
della farina deriva dalla qualità del grano macinato per produrla,
quindi dal suo contenuto proteico, in particolare di quello di unità
proteiche insolubili in acqua gliadine e glutenine. Queste proteine
semplici poste a contatto con l'acqua e grazie all'azione meccanica
proveniente dall' impastamento, formano un complesso proteico
detto glutine che costituisce la struttura portante dell'impasto. Si
tratta di un complesso viscoelastico stabilizzato da legami di natura
covalente (ponti di solfuro, etc.) e non (legami idrogeno, ionici,
iterazioni di tipo idrofobico, forze di Van der Waals, entaglements
etc.) che trattiene sia i componenti dell'impasto, microrganismi compresi, sia i gas, metaboliti secondari etc. che si
sviluppano all'interno nella struttura.
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In base alla proprietà reologiche della massa si parlerà di: Stabilità (S), tempo di sviluppo (T), caduta, forza (W),
resistenza (P) ed elasticità (L) che permettono di classificare le farine in base all'utilizzo finale. Farine con elevati
valori di S e W saranno farine in grado di sopportare tempi lunghi sia di impastamento sia di fermentazione e/o
maturazione e quindi varierà anche il tempo necessario per la lievitazione.
Alveografo di Chopin, W area di panificabilità, P resistenza, L elasticità.
Leader mondiale nella produzione di sistemi per determinare la Forza
della farina è la Chopin col suo Alveografo. Tale macchina è in grado di
determinare il fattore di pianificabilità W, cioè l'area del tracciato finale
che disegna l'Alveografo dato dalla resistenza P e dall'elasticità L.
La metodologia consiste nell'impastare 250 g di farina con acqua
leggermente salata per otto minuti, ricavare da questo impasto cinque
"pastine" rotonde. Queste riposeranno 15 minuti circa a 25° C in un
apposito scomparto dell'Alveografo, per poi venire poste su un sistema
di insufflaggio di aria che ne testerà la resistenza. Le "pastine" si
gonfieranno e in base al volume della sfera ricavato, si avrà il P, L e il W
della farina. Va da sé che, più grande sarà la sfera, più forza avrà la farina.
Un alto valore di W indica un alto contenuto di glutine; questo vuol dire che la farina assorbirà molta acqua e che
l'impasto sarà resistente e tenace, e che lieviterà lentamente perché le maglie del reticolo di glutine saranno fitte e
resistenti. Viceversa, un W basso indica una farina che ha bisogno di poca acqua e che lievita in fretta, ma che darà
un impasto (e un pane) leggero e poco consistente.
Ecco un indice di massima:
• Fino a W 170 (deboli): per biscotti, cialde e dolci friabili; anche per besciamella e per rapprendere salse.
• Da W 180 a W 260 (medie): pane francese, panini all'olio, pizza, pasta: assorbono dal 55% al 65% del loro peso
in acqua.
• Da W 280 a W 350 (forti): pane classico, pizza, pasta all'uovo, pasticceria a lunga lievitazione: babà, brioche.
Assorbono dal 65% al 75% del loro peso in acqua.
• Oltre i W 350: in genere fatte con particolari tipi di grano, vengono usate per "rinforzare" farine più deboli,
mescolandovele, oppure per prodotti particolari. Possono assorbire fino al 100% del loro peso in acqua.
Le farine in commercio al dettaglio hanno una forza variabile. Solitamente quella delle farine 0 e 00 generiche si
aggira sul W 150, quella delle 00 specifiche per prodotti non lievitati (creme, torte a lievitazione chimica come il
plum cake, biscotti, crostate) dal W 80 al W 150, quella delle 00 e 0 specifiche per pizza dal W 200 al W 280, quella
delle 00 specifiche per dolci lievitati intorno al W 300. Le farine vendute come manitoba (quasi tutte 0) riportano il
nome di una varietà di grano appunto Manitoba (specifica zona in Canada di origine della varietà utilizzata) ma non
identificano il valore della forza per cui non è detto che siano più forti di altre varietà.
Sfarinati di Grano duro
Il grano duro (Triticum durum Desf., Triticum turgidum L. subsp. durum) è un
frumento tetraploide, largamente coltivato per la trasformazione in farina.
Una caratteristica che distingue il grano duro dal grano tenero (Triticum aestivum,
esaploide, 2n=42, genomi AABBDD) è che a maturazione le cariossidi si presentano
vetrose e non farinose. Questo è dovuto alla particolare composizione proteica del
grano duro, che quindi dà prevalentemente semole e non farina. Le proprietà delle
proteine del grano duro fanno sì che le masse che si ottengono impastando le semole
con acqua sono particolarmente indicate per la produzione di paste.
Tuttavia nel Mezzogiorno d'Italia da secoli le semole, rimacinate per ridurne la granulazione, sono utilizzate per la
produzione di pani tipici, tra i quali il Pane di Altamura, primo prodotto nell'Unione Europea appartenente alla
categoria merceologica "Panetteria e prodotti da forno" a fregiarsi del marchio DOP, il Pane di Matera, prodotto di
lunga tradizione ottenuto con un antico sistema di lavorazione, avente il marchio IGP ed il Pane di Laterza, la cui
ricetta è tutelata dal Marchio Collettivo di Qualità. I pani di grano duro hanno particolare consistenza, colore
giallognolo per una più elevata presenza di carotenoidi, e resistono meglio all'invecchiamento, restando appetibili
per un tempo maggiore dei pani fatti da farina di grano tenero.
Oltre alla diffusissima pasta, molti alimenti mediterranei sono basati sul grano duro, tra i quali i più noti sono il
cuscus ed il bulgur, tipici l'uno della cultura del Nordafrica l'altro del Medio Oriente ed oggi diffusi anche al di là
delle zone di origine rispettive. Il cuscus siciliano, chiamato cùscusu, affonda le sue radici nella dominazione araba
della Sicilia nei secoli IX-XII. Quello carlofortino deriva invece dalle influenze con la vicina isola di Tabarka.
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Varietà
• Triticum durum var. affine
• Triticum durum var. hordeiforme
• Triticum durum var. reichenbachii
Lo sfarinato proveniente dal grano duro viene denominato semola.
Tradizionalmente era prodotta prevalentemente nelle regioni del sud Italia,
ma adesso la sua produzione ha una distribuzione nazionale. Essa si
distingue da quella di grano tenero sia per la granulometria più accentuata
che per il suo caratteristico colore giallo ambrato, colore che si ripercuote
anche sui prodotti con essa ottenuti. Questa farina si utilizza
prevalentemente per la produzione di pane e pasta (sia casereccio che
industriale) ma anche per dolci tipici.
Macinando ulteriormente la semola si ottiene la "semola rimacinata" o "rimacinato". Questo prodotto è contraddistinto
dal caratteristico colore giallo ambrato proprio della semola ma con una granulometria meno accentuata rispetto alla
materia d'origine. Il rimacinato viene prevalentemente impiegato per la panificazione puro o mescolato con farine di
grano tenero, il prodotto che si ottiene è un pane a pasta gialla molto saporito e a lunga conservazione.
La tabella seguente riassume le principali caratteristiche delle farine di grano duro in commercio in Italia:
Denominazione del prodotto Umidità max Ceneri min Ceneri max Proteine min
Semola *
14,50%
–
0,90%
10,50%
Semolato
14,50%
0,90%
1,35%
11,50%
Semola integrale di grano duro 14,50%
1,40%
1,80%
11,50%
Farina di grano duro
1,36%
1,70%
11,50%
Cereali
Pseudocereali
14,50%
Graminacee
Polygonacee
ALTRE FARINE
Avena
Fonio
Mais (granturco)
Miglio
Orzo
Riso
Segale
Sorgo
Triticale
Lacrime di Giobbe
Teff
Zizania
Frumento (grano)
Grano tenero
Grano duro
Khorasan
Farro
Amaranthacee
Grano saraceno
Fagopyrum tataricum
Amaranto
Chenopodiacee
Lamiacee
Quinoa
Chia
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Amaranto Caudato
A. cruentus
A. hypochondriacus
Piccolo farro
Farro dicocco
Spelta
Farine da cereali
• Farina Atta: è un tipo di farina integrale di grano, importante nella cucina indiana, essendo utilizzata per parecchi
tipi di pane come il roti e il chapati.
• Farina d’avena:
E' una pianta che appartiene alla famiglie delle Graminacee, coltivata dall'uomo fin dai tempi
antichi sia per la sua alimentazione che per quella del bestiame. La sua appartenenza geografica
è contrastante, i Paesi che si contendono il merito sono India, Cina ed Egitto. L'avena è
composta per 8,5% di acqua, il 14% di proteine e il rimanente 65% da carboidrati e fibre.
L'avena ha innumerevoli proprietà. Grazie al sua alto contenuto di fibre è da considerarsi un
ottimo lassativo, la crusca di cui è ricoperta invece possiede proprietà depurative per tutto
l'organismo. Viene usata in cucina, sotto forma di fiocchi, per cucinare dolci e zuppe. Ottima
anche per tenere a bada il colesterolo "cattivo" se assunta tutti i giorni, con la sua capacità di
attirare l'acqua, è in grado di abbassare il colesterolo nel giro di poco tempo. Non a caso la
vecchia tradizione popolare riteneva che l'avena fosse un tocca sana per la salute dell'uomo.
• Farina di enrik:
In natura esistono differenti "famiglie" del cereale triticum monococcum nate spontanee e
l'enkir è una selezione di alcune di queste: una "popolazione di semi" che negli ultimi due
decenni si è adattata naturalmente al nostro territorio mantenendo la propria biodiversità.
Per chi spera che nella diversità si possa trovare un prodotto autentico e migliore.
La farina di Enkir, contiene poco glutine ma possiede un alto contenuto proteico, in
media il 18% (con punte fino al 24%) ed un elevata quantità di carotenoidi che hanno
importanti ruoli nelle funzioni cellulari e che sono efficienti antiossidanti infatti la farina è di colore giallo naturale.
Essendo un cereale molto gustoso esalta tutto il suo sapore nelle preparazioni semplici.
• Farina di farro:
è il prodotto della macinazione del farro. Il farro rappresenta
il più antico tipo di frumento coltivato ed è utilizzato
dall’uomo come nutrimento fin dal Neolitico. Contiene
glutine.
• Farina di Kamut:
Kamut è un marchio registrato di qualità, di proprietà
dell'azienda americana Kamut, fondata nel Montana da Bob
Quinn, dottore in patologia vegetale e agricoltore biologico. Il nome preserva e designa esplicitamente una
particolare varietà, mai ibridata né incrociata, prodotta e garantita da agricoltura biologica dall'azienda statunitense,
di grano della sottospecie Triticum turgidum ssp. turanicum. La cultivar è nota anche con il nome generico di grano
Khorasan, dal nome della regione iraniana dove fu descritto per la prima volta, nel 1921, e dove ancora attualmente
si coltiva. Il grano prodotto dalla cultivar, registrata nel 1990 all'USDA (U.S. Department of Agriculture) col nome
ufficiale di QK-77, veniva inizialmente venduto nelle fiere agricole del Montana col nome di "grano del faraone
Tut". La parola Kamut deriva dal relativo ideogramma geroglifico e significa "grano". Con la direttiva 9180.60
dell'USDA, in data 30 dicembre 2003, la cultivar è definita con il termine generico Khorasan. Il Khorasan può
essere coltivato liberamente da chiunque e dovunque, ma solo il consorzio di agricoltori che fa capo all'azienda
americana proprietaria del marchio registrato Kamut può usare la denominazione Kamut attraverso la quale intende
garantire determinati standard qualitativi e l'assenza di ibridazioni. Il grano khorasan a marchio Kamut viene
coltivato con metodo biologico esclusivamente nelle grandi pianure semi aride del Montana, dell'Alberta e del
Saskatchewan. Studi scientifici recenti dimostrano che ha qualità e proprietà superiori al comune frumento ma,
essendo un antenato del grano duro, ha capacità allergeniche simili al grano comune e non è adatto ai celiaci poiché
contiene glutine. Dato l'alto tenore proteico, si presta alla preparazione di paste alimentari ed è molto versatile in
cucina. È inoltre utilizzato per la preparazione di pilaf, in aggiunta ad insalate e minestre.
• Farina di mais:
ottenuta dal mais, è popolare in Italia, negli U.S.A. e in Messico. La farina di mais sbiancata con la
soda caustica è chiamata masa harina ed è usata per la preparazione di tortillas e tamales nella
cucina messicana. In Italia sono molto utilizzate farine di diversi tipi di mais, più o meno raffinate
e disponibili in granulometrie diverse: dalla cosiddetta farina "bramata", a grana più grossa, usata
soprattutto nel nord per la polenta, alla farina "fioretto", usata anche per la panatura dei fritti e per
la preparazione di dolci della tradizione contadina, al cosiddetto "fumetto", una farina a grana
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finissima ricavata dalla parte più interna dei chicchi di mais, usata anche in pasticceria e, raramente, per panificare.
Non contiene glutine.
• Farina manitoba:
La farina manitoba è una farina di grano tenero (Triticum aestivum) del Nord America di ottima
qualità. Viene definita una farina "forte" per distinguerla da altre farine, più deboli. La forza della
farina viene indicata dal valore del coefficiente "W" misurato con alveografo di Chopin: più alto è
il valore, più la farina è forte. Una farina debole ha un valore W inferiore a 170 mentre la manitoba
ha un valore W superiore a 350.
Questo tipo di farina prende il nome dalla zona di produzione dove inizialmente cresceva un grano
forte e resistente al freddo: Manitoba, vasta provincia del Canada, che, a sua volta, prende il nome dall'antica tribù
Indiana che l'abitava. Attualmente si definiscono come manitoba tutte le farine con W > 350 qualsiasi sia la zona di
produzione e la varietà di grano con la quale viene prodotta.
La caratteristica principale di questa farina è di contenere una grossa quantità di proteine insolubili (glutenina e
gliadina) che, a contatto con un liquido nella fase d'impasto, producono glutine. È quindi una farina ricca di glutine
e povera di amidi. Il glutine forma una tenace rete che, negli impasti lievitati trattiene i gas della lievitazione
permettendo un notevole sviluppo del prodotto durante la cottura; nel caso delle paste alimentari trattiene invece gli
amidi che renderebbero collosa la pasta e permette una cottura al dente. Si trova in confezioni industriali e anche in
pacchi per uso domestico; viene usata dal fornaio, dal pasticciere, in pizzeria. In Italia per legge la pasta destinata al
consumo interno (salvo la pasta fresca) si può produrre esclusivamente con il grano duro, ma in altre nazioni la
farina Manitoba è adoperata anche nell'industria della pasta all'uovo. I mulini spesso l'adoperano per "tagliare" altre
farine, aumentando in questo modo il coefficiente W totale della farina. L'impasto fatto con la manitoba risulterà
più elastico e più forte, adatto per la lavorazione di pane particolare (baguette francese, panettone e pandoro), della
pizza a lunga lievitazione, delle ciacce o torte al formaggio pasquali e di particolari paste alimentari.
Ideale anche per la preparazione del Chapati, un pane indiano. La farina Manitoba viene utilizzata anche come base
per la preparazione del Seitan, alimento che viene anche definito come "Carne Vegan".
• Farina di miglio:
ottenuta dal miglio. Non contiene glutine.
• Farina di riso:
ottenuta dal riso, è di grande importanza nella cucina orientale. Da
essa è possibile ottenere anche carta di riso commestibile.
Principalmente la farina di riso è estratta dal riso bianco ed è
essenzialmente amido puro, mentre è disponibile in commercio
anche la farina ottenuta dal chicco intero. Non contiene glutine.
• Farina di riso glutinoso:
ottenuta dal riso glutinoso, è utilizzata nelle cucine asiatiche orientali e sudorientali per preparare il tangyuan, etc.
• Farina di segale:
ottenuta dalla segale, è utilizzata per cucinare il tradizionale pane a lievitazione naturale di
segale in Germania, in Scandinavia, alta Lombardia, Trentino Alto Adige, Piemonte etc. In
genere il pane di segale è preparato mescolando farina di segale e di frumento perché la segale
ha un basso contenuto di glutine. Il pane di segale (come ad esempio il pumpernickel e il
ruisreikäleipä) è solitamente preparato solo con segale e contiene un misto di farina di segale e
grano di segale.
• Farina Tang: è un tipo di farina di grano utilizzata principalmente nella cucina cinese
per preparare lo strato esterno degli gnocchi e del pane dolce.
• Farina di teff:
è ricavata dal cereale teff, ed è di considerabile importanza nell'Africa orientale
(particolarmente attorno al Corno d'Africa). Da notare che è l'ingrediente principale
nell'ingerà, un importante componente della cucina etiope. Non contiene glutine.
FARINE DA NON CEREALI
• Farina di amaranto:
è una farina ottenuta dal grano amaranto, della famiglia delle Amarantacee. Era
usata nella cucina pre-colombiana e meso-americana e oggi sempre più diffusa in
negozi specializzati. Non contiene glutine.
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• Farina di canapa:
è ottenuta da piante del genere Cannabis, della famiglia delle Cannabaceae.
Come altri numerosissimi prodotti di questa pianta officinale, ha subito
negativamente gli effetti della lotta contro lo spaccio di "droghe leggere"
ricavabili dalla stessa pianta. Recentemente, in seguito a miglioramenti
normativi, sta tornando in auge con nuovi prodotti, oltre che tessili e
farmaceutici, anche alimentari: ne è esempio la pizza di canapa anche se di
scarsa importanza nutrizionale. Non contiene glutine.
• Farina di grano saraceno:
dai semi del grano saraceno, che fa parte della famiglia delle Poligonacee, si ricava una
farina utilizzata per la preparazione dei pizzoccheri, prodotto tipico della Valtellina, e
della polenta taragna. Non contiene glutine.
• Farina di moringa:
è ottenuta da una pianta appartenente alla famiglia delle Moringaceae. Non contiene
glutine.
• Farina di quinoa:
è ottenuta generalmente dalla quinoa bianca. La quinoa, appartenente alla famiglia delle
Chenopodiaceae, è originaria di Perù, Bolivia e America meridionale ed è alimento base
del popolo andino da secoli. È stata introdotta in Italia nel 2009 ed utilizzata per la
prima volta nel settore della panificazione nel 2010 nel prodotto Quite. La FAO OMS
ha proclamato il 2013 anno della Quinoa. Elevatissima importanza nutrizionale
soprattutto per l'apporto di aminoacidi essenziali. Non contiene glutine.
FARINE DA LEGUMINOSE
• Farina di ceci
(chiamata anche gram flour o besan): ottenuta dal cece, è di grande importanza
nella cucina indiana, e in Italia, dove è utilizzata in Liguria per preparare la
farinata, a Palermo per preparare le panelle, a Livorno per preparare la "torta di
ceci", a Pisa per preparare la "cecina", a Sassari per preparare la "fainè".
• Farina di fagioli: è una farina ottenuta da un fagioli essiccati e polverizzati.
• Farina di fave: è una farina ottenuta dalla fava.
• Farina di piselli: è una farina prodotta da piselli gialli arrostiti e polverizzati.
• Farina di soia: è una farina ottenuta dalla soia.
FECOLE
• Farina di castagne:
è ottenuta da castagne, popolare in Corsica, nelle regioni francesi della zona del
Massiccio Centrale e in alcune aree appenniniche d'Italia. InItalia è principalmente
usata per la preparazione di dolci tra cui il celebre castagnaccio, le frittelle, i necci in
Toscana, eccetera. Sia in Corsica sia in Italia la farina di castagne è usata anche per
preparare la tradizionale varietà di polenta dolce, che ha a lungo costituito
l'alimento-base delle popolazioni di montagna in numerose zone dell'Appennino.
• Farina di mandorle
Regina della frutta secca, la mandorla è impiegata anche per la preparazione di farine,
assai utilizzate nell'industria dolciaria. Tant'è vero che la farina di mandorle è
l'ingrediente basilare per la preparazione di moltissimi dolci tradizionali (marzapane)
ed innovativi. La mandorla è il seme di Prunus communis (Fam. Rosacee), pianta
arborea dall'altezza di 12 metri. La mandorla non è il frutto della pianta omonima: i
frutti sono drupe verdi, ovali e poco carnose contenenti i semi (le mandorle,
appunto), commestibili. A tal proposito è doverosa una distinzione: sono
commestibili solo le mandorle dolci, perché la varietà amara contiene composti
cianogenetici velenosi. In commercio, esistono due tipologie di farina di mandorle:
Farina ottenuta da mandorle sgusciate
Farina ottenuta da mandorle sgusciate e pelate
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Al fine di abbattere i costi sul prodotto finale, generalmente la farina è ricavata a partire dalle mandorle spezzate - o
comunque non perfette - durante la selezione delle intere, destinate al consumo diretto. Il pregio delle farine di
mandorle consiste anche nell'origine delle materie prime: le farine ottenute da mandorle italiane vantano
sicuramente maggior valore rispetto a quelle estere.
Nutrienti e proprietà
Essendo un seme oleaginoso, è comprensibile come il potere calorico di specialità culinarie a base di farina di
mandorle sia particolarmente elevato: 100 grammi di mandorle (o di farina di mandorle) apportano ben 603 Kcal,
corrispondenti a 2.523 Kjoule. Le mandorle essiccate sono ricche di grassi (55,3 g/100 g di prodotto), di proteine
(22 g/100 g di prodotto), e povere di acqua (solo 5,1 g ogni 100 g di mandorle).
Per questi motivi, le mandorle rappresentano un alimento assai energetico; inoltre i semi, interi e macinati, sono
fonte di sali minerali (proprietà rimineralizzanti), soprattutto calcio, utile nei processi sia di calcificazione ossea, sia
di regolarizzazione dell'attività cardiaca. Inoltre, le mandorle vantano proprietà antisettiche, lassative ed emollienti;
mostrano anche blande proprietà antidepressive.
• Farina di manioca
(o farina di tapioca): ottenuta dalla manioca (o
tapioca).
• Fecola di patate:
è ottenuta riducendo le patate ad una poltiglia ed
eliminando le fibre con lavaggio in acqua. Il prodotto
essiccato è essenzialmente amido ma contiene anche
qualche proteina.
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