IN FIAMME UNA CLINICA P S I C H I AT R I C A - vigili del fuoco

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IN FIAMME UNA CLINICA P S I C H I AT R I C A - vigili del fuoco
IN FIAMME UNA CLINICA
PSICHIATRICA
La presenza di materiali altamente combustibili provoca
uno sviluppo rapido dell'incendio che si rivela fatale.
di René Dosne
Diciotto morti costituiscono il triste bilancio di un incendio che ha
devastato un’ala della clinica di
Bruz, cittadina di 10.500 abitanti
situata a dodici chilometri da
Rennes. La mancanza di compartimentazione e di dispositivi di
protezione, necessari in questo
particolare tipo di edificio, figurano al banco degli imputati. Il parco della clinica risuona ancora
degli echi della festa organizzata
per i pazienti e le loro famiglie
nella serata di vigilia di San Giovanni. I degenti sono sessantacinque e durante la notte una
équipe di personale infermieristico specializzato in medicina psichiatrica li cura e controlla.
Questo edificio ha una storia
lunga e particolare, iniziata alla
fine del XIX secolo. All’epoca, un
mulino a turbine viene costruito
su di un braccio deviato del fiume La Seiche, che attraversa il
comune di Bruz. Il mulino, in attività fino al 1935, sarà ristrutturato e modificato nella forma attuale soltanto tra il 1959 ed il 1968.
L’edificio principale, composto da
due piani ed un sottotetto, nel
corso degli anni e degli ampliamenti si vedrà circondato da una
serie di costruzioni a tre livelli,
sedi di tutte le attività di una clinica: amministrazione, cucine, sala
da pranzo, sala di riposo e, naturalmente, anche 70 posti-letto ripartiti in stanze da quattro letti
ciascuna. Secondo la normativa
che riguarda gli edifici aperti al
pubblico, il complesso, presso il
quale intervengono per primi i Vigili del fuoco di Bruz, è classificato come tipo U (stabile adibito ad
uso sanitario) e come 4a categoria (meno di 300 persone e oltre
20 letti).
Il dramma scoppia nella stanza
numero 22, locale di isolamento
nel quale è stata ricoverata una
paziente in stato di agitazione.
Rumori, odore di bruciato e un
insolito trambusto attirano l’attenzione del personale di guardia.
La porta si apre su di una enorme nuvola di fumo che raggiunge la scala vicina, investe il primo piano dell’edificio principale,
l’antico mulino e la scala in legno
coperta di linoleum. La situazione si evolve rapidamente, troppo
rapidamente. Tutto il personale
si getta in un incessante via-vai
per svegliare ed evacuare i quindici pazienti sistemati al primo e
secondo piano, mentre il custode
apre una serie di porte chiuse
con il catenaccio, come impongono le regole della clinica durante la notte. L’accesso al secondo piano diventa presto impraticabile, essendo ora invaso
da sbuffi di fumo bollente e da
fiamme provenienti dalla camera
22. Un’infermiera non ne uscirà
viva.
ANTINCENDIO aprile 1995
Alcuni pazienti saltano
dalle finestre
Allertati alle ore 0.47 della presenza di un incendio nei locali
della clinica, i Vigili del fuoco di
Bruz si recano sul luogo dell’intervento con una autobotte, uno
snorkel, un’autoscala e un carro
polivalente. Due medici dei Vigili
del fuoco, che dalla loro auto intercettano via radio i primi messaggi di soccorso, si dirigono
verso la clinica. All’arrivo dei primi soccorsi, la situazione è già
precipitata nel dramma. Il primo
portone (chiuso con catenaccio),
che si affaccia sul cortile, cede
subito sotto la spinta dell’autopompa. Alcuni malati lanciano
grida dalle finestre, mentre tre di
essi si sono già lanciati nel vuoto. La scala è in preda alle fiamme a partire dal primo piano. I
Vigili del fuoco del primo distaccamento si dividono tra le operazioni di salvataggio e le azioni di
spegnimento dell’incendio. A tale
scopo posizionano la lancia del
naspo a livello del fuoco, ma l’incendio imperversa con forza verso il piano superiore, non lasciando più alcuna speranza agli
sfortunati occupanti della clinica
che ancora vi si trovano.
Alle 0.54, viene inviato il seguente messaggio. “Richiesta di
rinforzi massicci, persone intrappolate nell’edificio”. Dopo qual65
che minuto la prima squadra viene raggiunta da un’altra autobotte di rinforzo di Bruz, che entra
subito in funzione. Mediante una
seconda lancia piccola, posizionata in corrispondenza del primo
piano, i Vigili del fuoco tentano di
arginare la progressione delle
fiamme, attuando inoltre dei sopralluoghi con l’ausilio di autorespiratori, che si rendono necessari date le condizioni dell’intervento. L’incendio progredisce velocemente ai piani superiori dell’edificio principale, mentre il tetto
diviene presto preda delle fiamme. Questa via di fuga forzata
moltiplica presto la violenza del
focolaio.
Mentre il primo medico dei Vigili del fuoco arrivato sul luogo
dell’intervento si occupa di organizzare la struttura di soccorso
sanitario, che si rivelerà di grandissima importanza quanto di
lunga preparazione, i soccorritori
vanno all’attacco dell’ala contigua all’edificio principale, lo stabile 3, i cui due piani ospitano le
camere dei pazienti. L’ e d i f i c i o ,
che sembra essere stato risparmiato dalle fiamme per il fatto
che non ne esce alcun fumo, in
realtà si è trasformato in una autentica camera a gas.
I pazienti sotto sedativo si trovano intrappolati nei corridoi irrespirabili perché saturi di fumo
denso, anche a causa del fatto
che le finestre sono bloccate da
inferriate o chiuse da serrature.
Mentre la lotta contro l’incendio
dell’edificio principale viene
r a fforzata mediante posizionamento di due lance grandi su autoscala e snorkel ed una seconda lancia piccola posta verso l’interno, il dramma assume i tratti
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di una catastrofe mano a mano
che i Vigili del fuoco penetrano
all’interno dello stabile 3. I malati,
ormai privi di conoscenza a causa del fumo e coperti di fuliggine
unta, vengono portati in salvo dai
soccorritori. Sono adesso le
1.13. I soccorsi giungono da ogni
parte e l’ultimo messaggio precisa: “Violento incendio del tetto,
dell’ultimo piano e del sottotetto.
Vittime bloccate all’interno.
Priorità di abbattere le fiamme
data alle autoscale. Si tenta di
dare la precedenza ai salvataggi.” Fuori le vittime si moltiplicano
mentre le si smista, raduna, rianima e le si conforta tra le manichette ed i flash blu che lampeggiano sulle facciate della clinica.
Il tetto dello stabile 1 viene visto
scomparire in un bagliore arancione, mentre il fumo esce dalle
finestre rotte o aperte dell’edificio
3. A questo punto viene fatto
scattare il piano di emergenza.
La struttura medica si articola attorno ad una postazione di assistenza sanitaria avanzata (impiantata in una costruzione di
cantiere in cui vengono curati i
feriti gravi) e a due centri di accoglienza, in cui vengono raggruppati i superstiti indenni e le
persone leggermente ferite. Il bilancio e l’identificazione delle vittime, organizzato con l’aiuto della direttrice della clinica e del
medico psichiatra, vengono presto effettuati insieme al direttore
dei soccorsi medici.
Vari casi di intossicazione
Alle 1.36, il piano d’emergenza
sanitaria, che implica la mobilitazione degli ospedali, è messo in
ANTINCENDIO aprile 1995
azione. Comunicato poco prima
delle 2.00 del sabato, il primo bilancio provvisorio non può che
dare un’idea precisa della catastrofe: l’incendio è stato spento,
ma si contano quindici persone
decedute. Un silenzio opprimente, come di raccoglimento, aleggia sul posto nonostante la presenza di un centinaio di Vigili del
fuoco. I soccorritori lavorano senza sosta attorno all’edificio nel
quale il fumo bianco ha spezzato
le fiamme. Alcuni malati sono
scomparsi e si pensa subito al fiume, le cui acque scure scorrono
ai piedi della clinica. Mentre i
sommozzatori effettuano alcune
ricerche nel fiume, gli agenti di
Polizia controllano minuziosamente i bordi del parco. Venti minuti dopo un nuovo bilancio viene
reso noto: 16 morti, sette feriti
gravi soccorsi presso il posto di
assistenza medica avanzata e 38
feriti leggeri o sotto shock, radunati nei punti di accoglienza 1 e 2.
Lo spegnimento completo delle
macerie non può essere portato
a compimento a causa degli imperativi legati all’inchiesta, la
quale limita le operazioni di
smassamento. I rischi di crollo
delle strutture dell’edificio, che
rendono pericoloso l’avanzare
dei Vigili del fuoco tra le rovine
del secondo piano ed il sottotetto
dello stabile principale, motivano
l’utilizzo di mezzi aerei per dare il
“colpo di grazia” all’incendio.
Alle 2.50, il bilancio si rivela
ancora più pesante: 17 morti, un
disperso, 9 feriti gravi tra i malati
della clinica ed un morto e tre feriti gravi tra il personale ospedaliero. I 40 malati usciti indenni
dall’incendio vengono evacuati e
inviati al reparto psichiatrico del-
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UNA CLINICA
l’ospedale di Rennes, presso il
quale verranno loro somministrate le necessarie cure specifiche.
Tuttavia, svariati casi di intossicazione si verificheranno nel corso della notte, ed una decina di
essi necessiteranno del ricovero.
Il recupero dei corpi, il trasporto ad un obitorio provvisorio, l’attività della postazione di assistenza medica avanzata, lo spegnimento degli ultimi focolai e
l’andirivieni incessante delle ambulanze si susseguono fino all’alba. Alle 7.00, quando la luce del
giorno rischiara l’edificio dai muri
anneriti, nel quale le travi carbonizzate sono ancora fumanti, il
bilancio è di 17 morti, un disperso, 35 feriti ricoverati in ospedale
e 15 malati indenni evacuati
presso una struttura ospedaliera
adeguata.
Alle 17.25, l’ultimo disperso
viene rinvenuto tra le macerie
per cui, ora, le cifre definitive
parlano di 18 vittime. I Vigili del
fuoco annunciano: “Annulliamo
le ricerche e rimandiamo il personale di soccorso alle proprie
sedi di origine.” Le prime famiglie
si stanno già accalcando sul posto.
I n s e g n a m e n t i . E’ particolarmente sconvolgente il fatto che
14 delle 18 vittime siano da contare in un edificio che non ha affatto subito alcuna aggressione
da parte delle fiamme. Per spiegare questo fatto, si rende necessario riprendere all’origine il
processo della propagazione.
L’incendio scoppia chiaramente
nella stanza 22, in prossimità
della scala in legno che serve il
piano superiore (camere) ed il
sottotetto (archivi e farmacia). La
configurazione della costruzione,
la cui circolazione orizzontale e
verticale non è compartimentata,
e la presenza di materiali altamente combustibili (linoleum, pavimenti e strutture in legno privi
di specifica resistenza al fuoco)
spiegano la velocissima propagazione verso i livelli superiori.
Tutti questi elementi hanno subito compromesso i salvataggi
intrapresi da parte del più che
determinato personale della clinica (che ha contato tra i propri
ranghi un morto e tre feriti gravi),
compito poi continuato dai Vigili
del fuoco fino a che i locali della
clinica non sono diventati del tutto impraticabili. Chiaro esempio
di sviluppo verticale dell’incendio
e del fumo è il seguente: nessun
deceduto è stato rinvenuto, in
questo edificio, al piano in cui
l’incendio ha avuto inizio. Tutti gli
stabili allineati che costituiscono
il complesso comunicano tramite
una rete di circolazione interna,
che permette di recarsi da una
estremità all’altra della clinica
senza passare dall’esterno. Questa caratteristica, di grande comodità per gli ospiti della clinica
così come per il personale, si rivela piuttosto pericolosa per il
fatto che, in caso di incendio, favorisce la diffusione di prodotti
combustibili. Questo è quanto si
è verificato verso l’ala 3, il cui
corridoio centrale, non essendo
compartimentato, mette in comunicazione ognuno dei suoi piani
con l’ala incendiata. Due porte,
anche se prive di resistenza al
fuoco (dal momento che le fiamme non hanno raggiunto quell’area della clinica), ma posizionate adeguatamente, avrebbero
senza dubbio permesso di salvaANTINCENDIO aprile 1995
re dodici vite.
L’edificio 3 ospita 19 camere,
distribuite al primo e secondo
piano, un guardaroba ed una sala TV. Il piano terra, non interessato dal fumo, è diviso in locale
cucina e sala da pranzo. Nel
sottotetto, accessibile tramite la
scala, sono immagazzinati dei
mobili, della biancheria e materiali diversi. Il sottotetto, benché
situato al medesimo livello, è separato dall’edificio 1 e non vi apparirà alcuna traccia di fiamme.
La scala in calcestruzzo, situata
all’estremità ovest dello stabile,
dispone ad ogni piano di porte
che la isolano dai corridoi. Tali
porte, tuttavia, sono aperte ed i
fumi, dopo avere raggiunto la circolazione orizzontale, occupano
questa unica scala la quale, tra
l’altro, nella parte superiore non
è dotata di alcun evacuatore.
Per gli occupanti della clinica è
stato impossibile trovare scampo
attraverso le finestre, dotate di
sbarre dalla parte del fiume e
bloccate dalla parte del cortile.
Alcune persone hanno rotto i vetri delle finestre stesse per poter
respirare o segnalare ai soccorritori la propria presenza; altri hanno disgraziatamente aperto le
porte facendo entrare il fumo.
Tutte le stanze le cui porte sono
state tenute chiuse sono immacolate, mentre sul pavimento delle camere vicine, le sagome delle vittime impresse nella fuliggine
testimoniano la loro scarsa conoscenza delle più elementari regole legate alla sicurezza antincendio. Qui, come in tutti gli altri tipi
di edifici aperti al pubblico, si afferma la imperiosa necessità di
divulgare un messaggio semplice, ma di fondamentale impor67
IN FIAMME
UNA CLINICA
tanza: se l’incendio si trova nel
corridoio o nelle scale, chiudete
le porte! Nell’edificio principale,
tuttavia a prova di incendio, due
degenti sono stati trovati in vita
dopo lo spegnimento dell’incendio. Si erano chiusi in tre in una
piccola stanza da bagno. Dopo
avere aperto i rubinetti, hanno
respirato a turno attraverso un
piccolo abbaino. Questa ingegnosa combinazione ha rappresentato la salvezza per due di
essi.
poi approvato nel giugno dello
stesso anno. Il cantiere per la ristrutturazione e l’ampliamento
viene inaugurato nell’aprile del
1993. Si attendeva l’apertura del
primo edificio per potervi trasferire i degenti e realizzare i lavori di
messa in conformità alle normative della prevenzione incendi. In
condizioni di lavori perennemente imminenti, come realizzare
l’installazione di dispositivi di sicurezza nei locali in attesa di essere rimodernati?
La rete di circolazione interna
chiamata in causa
Già sollevato dai Vigili del fuoco dell’ultima commissione per la
sicurezza del 1984, il problema
della messa in conformità dell’edificio, o quanto meno dell’installazione di alcuni dispositivi
necessari a limitare i danni in caso di incendio, è di nuovo stato
preso in considerazione in occasione dell'esercitazione del 1987,
alla quale hanno partecipato numerosi centri di soccorso. A partire dal 1984, viene elaborato un
importante progetto di lavori di ristrutturazione, comprensivo delle
nuove disposizioni relative alla
sicurezza. Tra il 1986 e il 1989, il
progetto rimane sospeso per ragioni amministrative e nel 1990
decade perché l’edificio sta per
essere venduto. Tra la fine del
1991 e la metà del 1992, la clinica è acquistata da Médipsy (facente parte del Groupe général
de santé clinique, filiale della società denominata Compagnie
générale des eaux). Alla metà di
aprile del 1992, viene sviluppato
e depositato un nuovo progetto,
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I medici mettono in azione
un piano di emergenza
La lotta contro l’incendio. Fortunatamente i Vigili del fuoco locali conoscono piuttosto bene il
luogo dell’intervento. In una situazione in cui ogni secondo è di
vitale importanza, ciò è stato veramente di grande utilità ed ha
ottimizzato ogni azione dei soccorritori. Nel caso di questo intervento, nel quale era necessario
essere ovunque in qualsiasi momento, l’azione dei Vigili del fuoco è stata particolaremente difficile. In attesa dell’arrivo dei rinforzi, i soccorritori erano combattuti tra il salvataggio delle perso-
INCENDI IN SERIE NEGLI OSPEDALI PSICHIATRICI
15 luglio 1993, Lorient: quattro morti e sei feriti, tra i quali due gravemente intossicati, in un ospedale psichiatrico militare. 29 agosto 1993,
Nantes: 12 degenti intossicati nel reparto psichiatrico dell’ospedale. Ogni
volta il medesimo scenario: incendio volontario appiccato in una stanza,
generalmente violento e confinato in quest’ultima. Altra costante: la diffusione dei fumi nei corridoi, che complicano notevolmente le evacuazioni
e provocano intossicazioni più o meno gravi nei degenti le cui capacità di
reazione sono rallentate dagli psicofarmaci. La rapidità dell’allarme e l’intervento immediato del personale di soccorso evita il peggio. I due edifici,
infatti, erano dotati di un sistema di rivelazione nei corridoi, collegato ad
un allarme situato nel locale di guardia del reparto. In entrambi questi casi, l’intero reparto era saturo di fumo, ma gli effetti del fuoco sono stati
contenuti al piano del reparto stesso. A Nantes, la localizzazione dell’incendio all’ultimo piano ha limitato il volume invaso dal fumo, mentre a Lorient i tre piani che sovrastavano quello in cui aveva avuto inizio l’incendio, nonché il fumo prodotto, ha costretto all’evacuazione dei degenti verso una zona sicura.
Negli edifici adibiti a cliniche psichiatriche, l’incendio volontario è assai
frequente e soltanto grazie ad una scrupolosa sorveglianza dei malati più
vulnerabili, ad un intervento rapido del personale curante e ad un ambiente studiato in funzione di questo rischio specifico (un semplice materasso è in grado di riempire di fumo un piano di edificio...) è possibile evitare il peggio. Nella elaborazione di un piano di intervento rimane comunque il problema delle porte e delle finestre chiuse. A Bruz, il custode aveva aperto tutte le porte ed il suo compito era chiaramente preciso e definito. A Nantes, le porte di alcune camere erano chiuse a chiave e le persiane scorrevoli si potevano aprire soltanto con un chiavistello collocato
nel vano di guardia.
ANTINCENDIO aprile 1995
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UNA CLINICA
ne coinvolte e l’attacco al fuoco,
azione, quest’ultima, che avrebbe molto facilitato la prima. Per
fortuna, essi non hanno incontrato la difficoltà delle porte da forzare (situazione non rara in un tipo di edificio come questo), grazie alla sollecita presenza del custode della clinica. Soltanto il
portone dell’ingresso secondario
è stato abbattuto sotto i colpi di
un paraurti. La violenza dell’incendio nella scala di legno, a
partire dal primo piano, bloccava
la progressione dei Vigili del
fuoco equipaggiati di lance e
operanti all’interno dell’edificio.
Le due lance grandi posizionate
su autoscala e snorkel, da sole,
sono state in grado di ridurre l’intensità dell’incendio del sottotetto
(sede degli archivi e della farmacia) e di bloccare la possibile
propagazione delle fiamme ai
sottotetti contigui.
Per quanto concerne l’approvvigionamento idrico, i Vigili del
fuoco disponevano di un idrante
e del vicino fiume. Tuttavia, quest’ultimo ha potuto essere utilizzato solo grazie a delle motopompe manuali, a causa della
presenza di cumuli di materiali di
demolizione, che impedivano
l’avvicinamento dei mezzi antincendio. E’ da notare, infine, che il
lato posteriore dell’edificio 3, con
affaccio sul fiume, era del tutto
inaccessibile ai soccorritori.
Soccorso sanitario e piano
di emergenza.
Tre medici si sono presto recati
sul posto: due dei Vigili del fuoco
ed uno del servizio sanitario nazionale. Essendo tutti e tre addestrati al soccorso medico in si-
tuazioni di gravi disastri, sin
dall’arrivo hanno subito organizzato la propria azione di soccorso in un piano di emergenza, che
ha loro permesso di elaborare
una precisa richiesta di rinforzi
già un paio di minuti dopo essere
giunti sul posto, anche se, di fatto, il loro intervento è scattato ufficialmente solo venti minuti più
tardi.
Circa la metà dei 64 degenti
della clinica provenivano dai due
edifici devastati dall’incendio e
tra di essi vengono presto contate numerose vittime. I decessi
sono molti ed il loro elevato numero motiva la necessità di trovare un luogo di ricovero adeguato, presto identificato nel refettorio dell’edificio 3. Gli ustionati o intossicati, che seguono per
numero i decessi, sono medicati
presso il posto di assistenza medica avanzata, insediato presso
un prefabbricato di cantiere. Infine, mentre si contano svariati dispersi tra gli altri degenti, le caratteristiche della zona impongono la creazione di due centri di
accoglienza per fornire assistenza a quanti sono rimasti leggermente feriti o sotto shock. Queste persone, benché uscite indenni dall’incendio, sono malati
in terapia che è necessario inquadrare e sorvegliare, nell’attesa di trovare una struttura adeguata in grado di fornire una
adeguata accoglienza. Dal momento del suo arrivo sul luogo
dell’intervento, il direttore dei
soccorsi sanitari, ufficiale medico
dei Vigili del fuoco, insieme alla
direttrice e allo psichiatra della
clinica elabora un elenco preciso
dei degenti e delle rispettive terapie alle quali sono sottoposti. InANTINCENDIO aprile 1995
fatti, coloro che si trovano sotto
sedativi fin dalla sera precedente, devono assolutamente essere
controllati da equipe specializzate prima che i sonniferi cessino il
loro effetto. Verso le 4.20, gli psichiatri del centro ospedaliero di
Rennes arrivano alla clinica per
fornire un aiuto concreto ai colleghi già impegnati sul posto.
Il compito dei medici coinvolti
nel piano di emergenza si complica quando, verso le 3.30, 23
dei degenti usciti indenni dall’incendio presentano sintomi di intossicazione da fumo e si rende
quindi necessario il loro ricovero
in ospedale. Fortunatamente, sin
dalle ore 1.36, il piano di emergenza elaborato dal servizio sanitario nazionale aveva messo in
allerta gli ospedali. La postazione di soccorso medico avanzato,
cellula mobile posta su di un veicolo, non ha potuto essere impiegata. La sua struttura, troppo
grande tenendo conto del fatto
che il luogo dell’intervento è relativamente angusto, obbliga al
trasporto a braccia del suo contenuto fino al posto di soccorso
medico avanzato di fortuna. Si
dovrà organizzare l’utilizzo di
elementi modulari trasportati da
veicoli di minori dimensioni.
Le uscite chiuse a chiave sotto
accusa
Il servizio sanitario si vede
messo a disposizione una specifica frequenza radio, fatto che ne
facilita i compiti. La collaborazione dei medici dei Vigili del fuoco
con il servizio sanitario nazionale
e gli psichiatri si rivela efficace e
permette, sin dall’arrivo sul po71
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UNA CLINICA
sto, una razionale divisione dei
compiti senza alcuna difficoltà.
La clinica non era, come afferma
un certo tipo di mass-media, uno
di quegli squallidi ospedali psichiatrici di inizio secolo, nei quali
vengono confinati degli esseri
dalle menti sconvolte, ormai non
più di questa terra, in balia di un
pugno di aguzzini.
Tutte le strutture della clinica
erano adeguate, confortevoli e
ben organizzate e vi si trovavano
malati appartenenti alle più svariate fasce d’età, che attraversavano una tappa difficile della loro
esistenza. Le condizioni di tutela
di questi degenti implicavano
delle misure finalizzate ad evitare l’uscita dall’edificio dei malati
durante la notte (porte chiuse a
livello del piano terreno) e i tentativi di suicidio (finestre chiuse
con catenacci o con sbarre).
Quest’ultimo aspetto ha senza
dubbio compromesso la sopravvivenza degli occupanti di alcune
stanze nelle quali sono ben visibili i segni dei tentativi di forzare i
catenacci, la cui apertura avrebbe facilitato la localizzazione, il
salvataggio e l’evacuazione dei
fumi. Le finestre, con vetri piccoli
e spessi e prive di maniglia di
apertura, sono state particolarmente difficili da forzare. Soltanto l’inchiesta in corso permetterà
di definire le mancanze commesse e i responsabili di esse. A
tutt’ora, tre avvisi di garanzia sono stati emessi contro i responsabili della società e dell’edificio.
Se si sacrifica spesso la sicurezza, privilegiando la facilitazione
delle attività, è necessario ricordare che soltanto la compartimentazione, tramezzi e pavimenti resistenti al fuoco, l’eva72
cuazione dei fumi, la scelta dei
materiali, l’allarme e la chiusura
delle porte tagliafuoco comandata da un sistema di rivelazione,
mezzi antincendio, estintori ed
autoprotettori sono in grado di
impedire una tragedia come
quella illustrata in queste pagine.
Inoltre, è necessario sottolineare
l’importanza dell’addestramento
del personale e del suo ruolo in
caso di incendio. Nel caso
dell’incendio nella clinica di Bruz,
una infermiera ha perso la vita e
tre dei suoi colleghi sono rimasti
gravemente feriti. Infine, si rivela
fondamentale elaborare un piano
di intervento, una copia del quale
deve essere fornita ai servizi di
soccorso. Si dice spesso che la
vita è appesa a un filo... In materia di incendio, essa è legata ad
una porta che si apre, non si
apre o che non è dove dovrebbe
essere.
(da “Face au Risque”, Ottobre 1993)
LA STRUTTURA DELL’EDIFICIO
Posizione: accessibile dalla strada provinciale 36 e dalla ferrovia che
collegano Bruz a Pont Péan, la clinica Saint-François d’Assise è posta,
sul lato nord, sulle rive del fiume La Seiche (da qui la presenza originaria
di un mulino). Il complesso, che si sviluppa in lunghezza con un orientamento che va da ovest a est, è costituito da edifici comprendenti da tre a
quattro piani, contigui gli uni agli altri. Il corpo di edificio a forma di “T”,
punto di origine dell’incendio, è circondato da due ali di costruzione originaria. L’ala est e la parte centrale sono in scisto rosso della zona ed hanno pavimenti e scale in legno, pannellatura e struttura ugualmente in legno e tetto in ardesia. L’ala ovest, più recente, costituita dal solo edificio
3, è in pietra, mentre i pavimenti e la scala sono in calcestruzzo. La struttura è in legno ed il tetto è coperto di ardesia.
I diversi edifici sono collegati gli uni agli altri da corridoi di transito.
L’edificio centrale ospita sei stanze al primo e secondo piano, di cui una
destinata all’isolamento posta al primo piano, ipotizzata come il punto di
origine dell’incendio. Nell’ala est ci sono quattordici camere, un alloggio
di servizio, quattro uffici ed una stanza per il medico di turno, tutti distribuiti in due edifici. Per quanto riguarda l’ala ovest, vi si trovano diciannove camere e alcune sale di uso comune. I locali tecnici sono costituiti essenzialmente da un vano caldaia, posto al piano terra della parte centrale e con due caldaie al suo interno, da un guardaroba al primo piano
dell’ala ovest, collegato ai vari livelli mediante un montacarichi. Un locale
con i quadri elettrici è situato sotto la scala dello stabile 3 e si apre su di
esso.
ANTINCENDIO aprile 1995