IN FIAMME UNA CLINICA P S I C H I AT R I C A - vigili del fuoco
Transcript
IN FIAMME UNA CLINICA P S I C H I AT R I C A - vigili del fuoco
IN FIAMME UNA CLINICA PSICHIATRICA La presenza di materiali altamente combustibili provoca uno sviluppo rapido dell'incendio che si rivela fatale. di René Dosne Diciotto morti costituiscono il triste bilancio di un incendio che ha devastato un’ala della clinica di Bruz, cittadina di 10.500 abitanti situata a dodici chilometri da Rennes. La mancanza di compartimentazione e di dispositivi di protezione, necessari in questo particolare tipo di edificio, figurano al banco degli imputati. Il parco della clinica risuona ancora degli echi della festa organizzata per i pazienti e le loro famiglie nella serata di vigilia di San Giovanni. I degenti sono sessantacinque e durante la notte una équipe di personale infermieristico specializzato in medicina psichiatrica li cura e controlla. Questo edificio ha una storia lunga e particolare, iniziata alla fine del XIX secolo. All’epoca, un mulino a turbine viene costruito su di un braccio deviato del fiume La Seiche, che attraversa il comune di Bruz. Il mulino, in attività fino al 1935, sarà ristrutturato e modificato nella forma attuale soltanto tra il 1959 ed il 1968. L’edificio principale, composto da due piani ed un sottotetto, nel corso degli anni e degli ampliamenti si vedrà circondato da una serie di costruzioni a tre livelli, sedi di tutte le attività di una clinica: amministrazione, cucine, sala da pranzo, sala di riposo e, naturalmente, anche 70 posti-letto ripartiti in stanze da quattro letti ciascuna. Secondo la normativa che riguarda gli edifici aperti al pubblico, il complesso, presso il quale intervengono per primi i Vigili del fuoco di Bruz, è classificato come tipo U (stabile adibito ad uso sanitario) e come 4a categoria (meno di 300 persone e oltre 20 letti). Il dramma scoppia nella stanza numero 22, locale di isolamento nel quale è stata ricoverata una paziente in stato di agitazione. Rumori, odore di bruciato e un insolito trambusto attirano l’attenzione del personale di guardia. La porta si apre su di una enorme nuvola di fumo che raggiunge la scala vicina, investe il primo piano dell’edificio principale, l’antico mulino e la scala in legno coperta di linoleum. La situazione si evolve rapidamente, troppo rapidamente. Tutto il personale si getta in un incessante via-vai per svegliare ed evacuare i quindici pazienti sistemati al primo e secondo piano, mentre il custode apre una serie di porte chiuse con il catenaccio, come impongono le regole della clinica durante la notte. L’accesso al secondo piano diventa presto impraticabile, essendo ora invaso da sbuffi di fumo bollente e da fiamme provenienti dalla camera 22. Un’infermiera non ne uscirà viva. ANTINCENDIO aprile 1995 Alcuni pazienti saltano dalle finestre Allertati alle ore 0.47 della presenza di un incendio nei locali della clinica, i Vigili del fuoco di Bruz si recano sul luogo dell’intervento con una autobotte, uno snorkel, un’autoscala e un carro polivalente. Due medici dei Vigili del fuoco, che dalla loro auto intercettano via radio i primi messaggi di soccorso, si dirigono verso la clinica. All’arrivo dei primi soccorsi, la situazione è già precipitata nel dramma. Il primo portone (chiuso con catenaccio), che si affaccia sul cortile, cede subito sotto la spinta dell’autopompa. Alcuni malati lanciano grida dalle finestre, mentre tre di essi si sono già lanciati nel vuoto. La scala è in preda alle fiamme a partire dal primo piano. I Vigili del fuoco del primo distaccamento si dividono tra le operazioni di salvataggio e le azioni di spegnimento dell’incendio. A tale scopo posizionano la lancia del naspo a livello del fuoco, ma l’incendio imperversa con forza verso il piano superiore, non lasciando più alcuna speranza agli sfortunati occupanti della clinica che ancora vi si trovano. Alle 0.54, viene inviato il seguente messaggio. “Richiesta di rinforzi massicci, persone intrappolate nell’edificio”. Dopo qual65 che minuto la prima squadra viene raggiunta da un’altra autobotte di rinforzo di Bruz, che entra subito in funzione. Mediante una seconda lancia piccola, posizionata in corrispondenza del primo piano, i Vigili del fuoco tentano di arginare la progressione delle fiamme, attuando inoltre dei sopralluoghi con l’ausilio di autorespiratori, che si rendono necessari date le condizioni dell’intervento. L’incendio progredisce velocemente ai piani superiori dell’edificio principale, mentre il tetto diviene presto preda delle fiamme. Questa via di fuga forzata moltiplica presto la violenza del focolaio. Mentre il primo medico dei Vigili del fuoco arrivato sul luogo dell’intervento si occupa di organizzare la struttura di soccorso sanitario, che si rivelerà di grandissima importanza quanto di lunga preparazione, i soccorritori vanno all’attacco dell’ala contigua all’edificio principale, lo stabile 3, i cui due piani ospitano le camere dei pazienti. L’ e d i f i c i o , che sembra essere stato risparmiato dalle fiamme per il fatto che non ne esce alcun fumo, in realtà si è trasformato in una autentica camera a gas. I pazienti sotto sedativo si trovano intrappolati nei corridoi irrespirabili perché saturi di fumo denso, anche a causa del fatto che le finestre sono bloccate da inferriate o chiuse da serrature. Mentre la lotta contro l’incendio dell’edificio principale viene r a fforzata mediante posizionamento di due lance grandi su autoscala e snorkel ed una seconda lancia piccola posta verso l’interno, il dramma assume i tratti 66 di una catastrofe mano a mano che i Vigili del fuoco penetrano all’interno dello stabile 3. I malati, ormai privi di conoscenza a causa del fumo e coperti di fuliggine unta, vengono portati in salvo dai soccorritori. Sono adesso le 1.13. I soccorsi giungono da ogni parte e l’ultimo messaggio precisa: “Violento incendio del tetto, dell’ultimo piano e del sottotetto. Vittime bloccate all’interno. Priorità di abbattere le fiamme data alle autoscale. Si tenta di dare la precedenza ai salvataggi.” Fuori le vittime si moltiplicano mentre le si smista, raduna, rianima e le si conforta tra le manichette ed i flash blu che lampeggiano sulle facciate della clinica. Il tetto dello stabile 1 viene visto scomparire in un bagliore arancione, mentre il fumo esce dalle finestre rotte o aperte dell’edificio 3. A questo punto viene fatto scattare il piano di emergenza. La struttura medica si articola attorno ad una postazione di assistenza sanitaria avanzata (impiantata in una costruzione di cantiere in cui vengono curati i feriti gravi) e a due centri di accoglienza, in cui vengono raggruppati i superstiti indenni e le persone leggermente ferite. Il bilancio e l’identificazione delle vittime, organizzato con l’aiuto della direttrice della clinica e del medico psichiatra, vengono presto effettuati insieme al direttore dei soccorsi medici. Vari casi di intossicazione Alle 1.36, il piano d’emergenza sanitaria, che implica la mobilitazione degli ospedali, è messo in ANTINCENDIO aprile 1995 azione. Comunicato poco prima delle 2.00 del sabato, il primo bilancio provvisorio non può che dare un’idea precisa della catastrofe: l’incendio è stato spento, ma si contano quindici persone decedute. Un silenzio opprimente, come di raccoglimento, aleggia sul posto nonostante la presenza di un centinaio di Vigili del fuoco. I soccorritori lavorano senza sosta attorno all’edificio nel quale il fumo bianco ha spezzato le fiamme. Alcuni malati sono scomparsi e si pensa subito al fiume, le cui acque scure scorrono ai piedi della clinica. Mentre i sommozzatori effettuano alcune ricerche nel fiume, gli agenti di Polizia controllano minuziosamente i bordi del parco. Venti minuti dopo un nuovo bilancio viene reso noto: 16 morti, sette feriti gravi soccorsi presso il posto di assistenza medica avanzata e 38 feriti leggeri o sotto shock, radunati nei punti di accoglienza 1 e 2. Lo spegnimento completo delle macerie non può essere portato a compimento a causa degli imperativi legati all’inchiesta, la quale limita le operazioni di smassamento. I rischi di crollo delle strutture dell’edificio, che rendono pericoloso l’avanzare dei Vigili del fuoco tra le rovine del secondo piano ed il sottotetto dello stabile principale, motivano l’utilizzo di mezzi aerei per dare il “colpo di grazia” all’incendio. Alle 2.50, il bilancio si rivela ancora più pesante: 17 morti, un disperso, 9 feriti gravi tra i malati della clinica ed un morto e tre feriti gravi tra il personale ospedaliero. I 40 malati usciti indenni dall’incendio vengono evacuati e inviati al reparto psichiatrico del- IN FIAMME UNA CLINICA l’ospedale di Rennes, presso il quale verranno loro somministrate le necessarie cure specifiche. Tuttavia, svariati casi di intossicazione si verificheranno nel corso della notte, ed una decina di essi necessiteranno del ricovero. Il recupero dei corpi, il trasporto ad un obitorio provvisorio, l’attività della postazione di assistenza medica avanzata, lo spegnimento degli ultimi focolai e l’andirivieni incessante delle ambulanze si susseguono fino all’alba. Alle 7.00, quando la luce del giorno rischiara l’edificio dai muri anneriti, nel quale le travi carbonizzate sono ancora fumanti, il bilancio è di 17 morti, un disperso, 35 feriti ricoverati in ospedale e 15 malati indenni evacuati presso una struttura ospedaliera adeguata. Alle 17.25, l’ultimo disperso viene rinvenuto tra le macerie per cui, ora, le cifre definitive parlano di 18 vittime. I Vigili del fuoco annunciano: “Annulliamo le ricerche e rimandiamo il personale di soccorso alle proprie sedi di origine.” Le prime famiglie si stanno già accalcando sul posto. I n s e g n a m e n t i . E’ particolarmente sconvolgente il fatto che 14 delle 18 vittime siano da contare in un edificio che non ha affatto subito alcuna aggressione da parte delle fiamme. Per spiegare questo fatto, si rende necessario riprendere all’origine il processo della propagazione. L’incendio scoppia chiaramente nella stanza 22, in prossimità della scala in legno che serve il piano superiore (camere) ed il sottotetto (archivi e farmacia). La configurazione della costruzione, la cui circolazione orizzontale e verticale non è compartimentata, e la presenza di materiali altamente combustibili (linoleum, pavimenti e strutture in legno privi di specifica resistenza al fuoco) spiegano la velocissima propagazione verso i livelli superiori. Tutti questi elementi hanno subito compromesso i salvataggi intrapresi da parte del più che determinato personale della clinica (che ha contato tra i propri ranghi un morto e tre feriti gravi), compito poi continuato dai Vigili del fuoco fino a che i locali della clinica non sono diventati del tutto impraticabili. Chiaro esempio di sviluppo verticale dell’incendio e del fumo è il seguente: nessun deceduto è stato rinvenuto, in questo edificio, al piano in cui l’incendio ha avuto inizio. Tutti gli stabili allineati che costituiscono il complesso comunicano tramite una rete di circolazione interna, che permette di recarsi da una estremità all’altra della clinica senza passare dall’esterno. Questa caratteristica, di grande comodità per gli ospiti della clinica così come per il personale, si rivela piuttosto pericolosa per il fatto che, in caso di incendio, favorisce la diffusione di prodotti combustibili. Questo è quanto si è verificato verso l’ala 3, il cui corridoio centrale, non essendo compartimentato, mette in comunicazione ognuno dei suoi piani con l’ala incendiata. Due porte, anche se prive di resistenza al fuoco (dal momento che le fiamme non hanno raggiunto quell’area della clinica), ma posizionate adeguatamente, avrebbero senza dubbio permesso di salvaANTINCENDIO aprile 1995 re dodici vite. L’edificio 3 ospita 19 camere, distribuite al primo e secondo piano, un guardaroba ed una sala TV. Il piano terra, non interessato dal fumo, è diviso in locale cucina e sala da pranzo. Nel sottotetto, accessibile tramite la scala, sono immagazzinati dei mobili, della biancheria e materiali diversi. Il sottotetto, benché situato al medesimo livello, è separato dall’edificio 1 e non vi apparirà alcuna traccia di fiamme. La scala in calcestruzzo, situata all’estremità ovest dello stabile, dispone ad ogni piano di porte che la isolano dai corridoi. Tali porte, tuttavia, sono aperte ed i fumi, dopo avere raggiunto la circolazione orizzontale, occupano questa unica scala la quale, tra l’altro, nella parte superiore non è dotata di alcun evacuatore. Per gli occupanti della clinica è stato impossibile trovare scampo attraverso le finestre, dotate di sbarre dalla parte del fiume e bloccate dalla parte del cortile. Alcune persone hanno rotto i vetri delle finestre stesse per poter respirare o segnalare ai soccorritori la propria presenza; altri hanno disgraziatamente aperto le porte facendo entrare il fumo. Tutte le stanze le cui porte sono state tenute chiuse sono immacolate, mentre sul pavimento delle camere vicine, le sagome delle vittime impresse nella fuliggine testimoniano la loro scarsa conoscenza delle più elementari regole legate alla sicurezza antincendio. Qui, come in tutti gli altri tipi di edifici aperti al pubblico, si afferma la imperiosa necessità di divulgare un messaggio semplice, ma di fondamentale impor67 IN FIAMME UNA CLINICA tanza: se l’incendio si trova nel corridoio o nelle scale, chiudete le porte! Nell’edificio principale, tuttavia a prova di incendio, due degenti sono stati trovati in vita dopo lo spegnimento dell’incendio. Si erano chiusi in tre in una piccola stanza da bagno. Dopo avere aperto i rubinetti, hanno respirato a turno attraverso un piccolo abbaino. Questa ingegnosa combinazione ha rappresentato la salvezza per due di essi. poi approvato nel giugno dello stesso anno. Il cantiere per la ristrutturazione e l’ampliamento viene inaugurato nell’aprile del 1993. Si attendeva l’apertura del primo edificio per potervi trasferire i degenti e realizzare i lavori di messa in conformità alle normative della prevenzione incendi. In condizioni di lavori perennemente imminenti, come realizzare l’installazione di dispositivi di sicurezza nei locali in attesa di essere rimodernati? La rete di circolazione interna chiamata in causa Già sollevato dai Vigili del fuoco dell’ultima commissione per la sicurezza del 1984, il problema della messa in conformità dell’edificio, o quanto meno dell’installazione di alcuni dispositivi necessari a limitare i danni in caso di incendio, è di nuovo stato preso in considerazione in occasione dell'esercitazione del 1987, alla quale hanno partecipato numerosi centri di soccorso. A partire dal 1984, viene elaborato un importante progetto di lavori di ristrutturazione, comprensivo delle nuove disposizioni relative alla sicurezza. Tra il 1986 e il 1989, il progetto rimane sospeso per ragioni amministrative e nel 1990 decade perché l’edificio sta per essere venduto. Tra la fine del 1991 e la metà del 1992, la clinica è acquistata da Médipsy (facente parte del Groupe général de santé clinique, filiale della società denominata Compagnie générale des eaux). Alla metà di aprile del 1992, viene sviluppato e depositato un nuovo progetto, 68 I medici mettono in azione un piano di emergenza La lotta contro l’incendio. Fortunatamente i Vigili del fuoco locali conoscono piuttosto bene il luogo dell’intervento. In una situazione in cui ogni secondo è di vitale importanza, ciò è stato veramente di grande utilità ed ha ottimizzato ogni azione dei soccorritori. Nel caso di questo intervento, nel quale era necessario essere ovunque in qualsiasi momento, l’azione dei Vigili del fuoco è stata particolaremente difficile. In attesa dell’arrivo dei rinforzi, i soccorritori erano combattuti tra il salvataggio delle perso- INCENDI IN SERIE NEGLI OSPEDALI PSICHIATRICI 15 luglio 1993, Lorient: quattro morti e sei feriti, tra i quali due gravemente intossicati, in un ospedale psichiatrico militare. 29 agosto 1993, Nantes: 12 degenti intossicati nel reparto psichiatrico dell’ospedale. Ogni volta il medesimo scenario: incendio volontario appiccato in una stanza, generalmente violento e confinato in quest’ultima. Altra costante: la diffusione dei fumi nei corridoi, che complicano notevolmente le evacuazioni e provocano intossicazioni più o meno gravi nei degenti le cui capacità di reazione sono rallentate dagli psicofarmaci. La rapidità dell’allarme e l’intervento immediato del personale di soccorso evita il peggio. I due edifici, infatti, erano dotati di un sistema di rivelazione nei corridoi, collegato ad un allarme situato nel locale di guardia del reparto. In entrambi questi casi, l’intero reparto era saturo di fumo, ma gli effetti del fuoco sono stati contenuti al piano del reparto stesso. A Nantes, la localizzazione dell’incendio all’ultimo piano ha limitato il volume invaso dal fumo, mentre a Lorient i tre piani che sovrastavano quello in cui aveva avuto inizio l’incendio, nonché il fumo prodotto, ha costretto all’evacuazione dei degenti verso una zona sicura. Negli edifici adibiti a cliniche psichiatriche, l’incendio volontario è assai frequente e soltanto grazie ad una scrupolosa sorveglianza dei malati più vulnerabili, ad un intervento rapido del personale curante e ad un ambiente studiato in funzione di questo rischio specifico (un semplice materasso è in grado di riempire di fumo un piano di edificio...) è possibile evitare il peggio. Nella elaborazione di un piano di intervento rimane comunque il problema delle porte e delle finestre chiuse. A Bruz, il custode aveva aperto tutte le porte ed il suo compito era chiaramente preciso e definito. A Nantes, le porte di alcune camere erano chiuse a chiave e le persiane scorrevoli si potevano aprire soltanto con un chiavistello collocato nel vano di guardia. ANTINCENDIO aprile 1995 IN FIAMME UNA CLINICA ne coinvolte e l’attacco al fuoco, azione, quest’ultima, che avrebbe molto facilitato la prima. Per fortuna, essi non hanno incontrato la difficoltà delle porte da forzare (situazione non rara in un tipo di edificio come questo), grazie alla sollecita presenza del custode della clinica. Soltanto il portone dell’ingresso secondario è stato abbattuto sotto i colpi di un paraurti. La violenza dell’incendio nella scala di legno, a partire dal primo piano, bloccava la progressione dei Vigili del fuoco equipaggiati di lance e operanti all’interno dell’edificio. Le due lance grandi posizionate su autoscala e snorkel, da sole, sono state in grado di ridurre l’intensità dell’incendio del sottotetto (sede degli archivi e della farmacia) e di bloccare la possibile propagazione delle fiamme ai sottotetti contigui. Per quanto concerne l’approvvigionamento idrico, i Vigili del fuoco disponevano di un idrante e del vicino fiume. Tuttavia, quest’ultimo ha potuto essere utilizzato solo grazie a delle motopompe manuali, a causa della presenza di cumuli di materiali di demolizione, che impedivano l’avvicinamento dei mezzi antincendio. E’ da notare, infine, che il lato posteriore dell’edificio 3, con affaccio sul fiume, era del tutto inaccessibile ai soccorritori. Soccorso sanitario e piano di emergenza. Tre medici si sono presto recati sul posto: due dei Vigili del fuoco ed uno del servizio sanitario nazionale. Essendo tutti e tre addestrati al soccorso medico in si- tuazioni di gravi disastri, sin dall’arrivo hanno subito organizzato la propria azione di soccorso in un piano di emergenza, che ha loro permesso di elaborare una precisa richiesta di rinforzi già un paio di minuti dopo essere giunti sul posto, anche se, di fatto, il loro intervento è scattato ufficialmente solo venti minuti più tardi. Circa la metà dei 64 degenti della clinica provenivano dai due edifici devastati dall’incendio e tra di essi vengono presto contate numerose vittime. I decessi sono molti ed il loro elevato numero motiva la necessità di trovare un luogo di ricovero adeguato, presto identificato nel refettorio dell’edificio 3. Gli ustionati o intossicati, che seguono per numero i decessi, sono medicati presso il posto di assistenza medica avanzata, insediato presso un prefabbricato di cantiere. Infine, mentre si contano svariati dispersi tra gli altri degenti, le caratteristiche della zona impongono la creazione di due centri di accoglienza per fornire assistenza a quanti sono rimasti leggermente feriti o sotto shock. Queste persone, benché uscite indenni dall’incendio, sono malati in terapia che è necessario inquadrare e sorvegliare, nell’attesa di trovare una struttura adeguata in grado di fornire una adeguata accoglienza. Dal momento del suo arrivo sul luogo dell’intervento, il direttore dei soccorsi sanitari, ufficiale medico dei Vigili del fuoco, insieme alla direttrice e allo psichiatra della clinica elabora un elenco preciso dei degenti e delle rispettive terapie alle quali sono sottoposti. InANTINCENDIO aprile 1995 fatti, coloro che si trovano sotto sedativi fin dalla sera precedente, devono assolutamente essere controllati da equipe specializzate prima che i sonniferi cessino il loro effetto. Verso le 4.20, gli psichiatri del centro ospedaliero di Rennes arrivano alla clinica per fornire un aiuto concreto ai colleghi già impegnati sul posto. Il compito dei medici coinvolti nel piano di emergenza si complica quando, verso le 3.30, 23 dei degenti usciti indenni dall’incendio presentano sintomi di intossicazione da fumo e si rende quindi necessario il loro ricovero in ospedale. Fortunatamente, sin dalle ore 1.36, il piano di emergenza elaborato dal servizio sanitario nazionale aveva messo in allerta gli ospedali. La postazione di soccorso medico avanzato, cellula mobile posta su di un veicolo, non ha potuto essere impiegata. La sua struttura, troppo grande tenendo conto del fatto che il luogo dell’intervento è relativamente angusto, obbliga al trasporto a braccia del suo contenuto fino al posto di soccorso medico avanzato di fortuna. Si dovrà organizzare l’utilizzo di elementi modulari trasportati da veicoli di minori dimensioni. Le uscite chiuse a chiave sotto accusa Il servizio sanitario si vede messo a disposizione una specifica frequenza radio, fatto che ne facilita i compiti. La collaborazione dei medici dei Vigili del fuoco con il servizio sanitario nazionale e gli psichiatri si rivela efficace e permette, sin dall’arrivo sul po71 IN FIAMME UNA CLINICA sto, una razionale divisione dei compiti senza alcuna difficoltà. La clinica non era, come afferma un certo tipo di mass-media, uno di quegli squallidi ospedali psichiatrici di inizio secolo, nei quali vengono confinati degli esseri dalle menti sconvolte, ormai non più di questa terra, in balia di un pugno di aguzzini. Tutte le strutture della clinica erano adeguate, confortevoli e ben organizzate e vi si trovavano malati appartenenti alle più svariate fasce d’età, che attraversavano una tappa difficile della loro esistenza. Le condizioni di tutela di questi degenti implicavano delle misure finalizzate ad evitare l’uscita dall’edificio dei malati durante la notte (porte chiuse a livello del piano terreno) e i tentativi di suicidio (finestre chiuse con catenacci o con sbarre). Quest’ultimo aspetto ha senza dubbio compromesso la sopravvivenza degli occupanti di alcune stanze nelle quali sono ben visibili i segni dei tentativi di forzare i catenacci, la cui apertura avrebbe facilitato la localizzazione, il salvataggio e l’evacuazione dei fumi. Le finestre, con vetri piccoli e spessi e prive di maniglia di apertura, sono state particolarmente difficili da forzare. Soltanto l’inchiesta in corso permetterà di definire le mancanze commesse e i responsabili di esse. A tutt’ora, tre avvisi di garanzia sono stati emessi contro i responsabili della società e dell’edificio. Se si sacrifica spesso la sicurezza, privilegiando la facilitazione delle attività, è necessario ricordare che soltanto la compartimentazione, tramezzi e pavimenti resistenti al fuoco, l’eva72 cuazione dei fumi, la scelta dei materiali, l’allarme e la chiusura delle porte tagliafuoco comandata da un sistema di rivelazione, mezzi antincendio, estintori ed autoprotettori sono in grado di impedire una tragedia come quella illustrata in queste pagine. Inoltre, è necessario sottolineare l’importanza dell’addestramento del personale e del suo ruolo in caso di incendio. Nel caso dell’incendio nella clinica di Bruz, una infermiera ha perso la vita e tre dei suoi colleghi sono rimasti gravemente feriti. Infine, si rivela fondamentale elaborare un piano di intervento, una copia del quale deve essere fornita ai servizi di soccorso. Si dice spesso che la vita è appesa a un filo... In materia di incendio, essa è legata ad una porta che si apre, non si apre o che non è dove dovrebbe essere. (da “Face au Risque”, Ottobre 1993) LA STRUTTURA DELL’EDIFICIO Posizione: accessibile dalla strada provinciale 36 e dalla ferrovia che collegano Bruz a Pont Péan, la clinica Saint-François d’Assise è posta, sul lato nord, sulle rive del fiume La Seiche (da qui la presenza originaria di un mulino). Il complesso, che si sviluppa in lunghezza con un orientamento che va da ovest a est, è costituito da edifici comprendenti da tre a quattro piani, contigui gli uni agli altri. Il corpo di edificio a forma di “T”, punto di origine dell’incendio, è circondato da due ali di costruzione originaria. L’ala est e la parte centrale sono in scisto rosso della zona ed hanno pavimenti e scale in legno, pannellatura e struttura ugualmente in legno e tetto in ardesia. L’ala ovest, più recente, costituita dal solo edificio 3, è in pietra, mentre i pavimenti e la scala sono in calcestruzzo. La struttura è in legno ed il tetto è coperto di ardesia. I diversi edifici sono collegati gli uni agli altri da corridoi di transito. L’edificio centrale ospita sei stanze al primo e secondo piano, di cui una destinata all’isolamento posta al primo piano, ipotizzata come il punto di origine dell’incendio. Nell’ala est ci sono quattordici camere, un alloggio di servizio, quattro uffici ed una stanza per il medico di turno, tutti distribuiti in due edifici. Per quanto riguarda l’ala ovest, vi si trovano diciannove camere e alcune sale di uso comune. I locali tecnici sono costituiti essenzialmente da un vano caldaia, posto al piano terra della parte centrale e con due caldaie al suo interno, da un guardaroba al primo piano dell’ala ovest, collegato ai vari livelli mediante un montacarichi. Un locale con i quadri elettrici è situato sotto la scala dello stabile 3 e si apre su di esso. ANTINCENDIO aprile 1995