Oltre la Soglia della Città Perduta
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Oltre la Soglia della Città Perduta
OLTRE LA SOGLIA DELLA CITTA' PERDUTA Discesa tra i segreti sepolti dalle sabbie Avventura liberamente ispirata al racconto “La Città Senza Nome” di H. P. Lovecraft “Ciò che il deserto prende, il deserto restituisce.” Ambientazione: Regno d'Osiride Periodo: Maggio 1956 Basato sulla creazione di Matteo Cortini e Leonardo Moretti: “Sine Requie Anno XIII” Il materiale presente in queste pagine è di proprietà dell'autore: Stefano “Alas” Di Silvio. In queste pagine si possono trovare riferimenti a ideologie politiche e a visioni intolleranti e violente della religione. Si ricorda che questo è solo un gioco e non è concepibile nient'altro che la condanna di queste ideologie. Nessuna di queste ideologie può essere seriamente presa in considerazione da una persona intelligente. 1 ANTEFATTO Il Sogno di Imhotep 2 Il Cairo, Aprile 1956 Imhotep, Visir del Basso Egitto, sedeva nel suo studio all'interno del Tempio di Thoth immerso tra i suoi libri, aggirandosi tra quelle pagine come un esperto e sicuro marinaio nelle acque dell'oceano. Fuori Nut si stendeva sul Cairo, la Capitale del Regno Eterno d'Osiride, e l'oscurità che dominava sul mondo addormentato era rischiarata solo dalle stelle in cielo e dalle lanterne della città in terra, come fuochi che si specchiano nell'acqua. “Colui che viene in pace” però era lontano con la sua mente dallo spettacolo di quella notte, perso nella sapienza custodita da quei libri che sembrano inghiottirlo. Ma la sua ricerca volgeva ora al termine! Oltre un anno prima Imhotep si era imbattuto, nei suoi studi, in alcune tracce riguardanti qualcosa che avrebbe superato ogni attuale conoscenza umana: un libro dal titolo ricorrente nei racconti e nelle leggende, ma circondato dal più fitto mistero: il “Necronomicon”, detto anche “Al-Azif”. Da quel giorno il Visir del Basso Egitto cercò avidamente ogni indizio ed imboccò ogni strada possibile, nel tentativo di mettere le mani sul quel libro. Non negli sconfinati oceani delle sue carte però trovò la risposta alla sua domanda, ma in una visione misteriosa... un'esplosione di immagini che invase la sua vista e la sua mente. In un bieco scherzo del destino, Al-Azif era tornato nel luogo oscuro dove Adb al-Azred lo concepì: la Città Senza Nome. A metà del XVI° Secolo, il Necronomicon nell'unica versione originale era finito nelle mani di uomo, Abdel 'Adil Amjad, brillante studioso ed astronomo alla corte del Sultano Solimano il Magnifico dell'Impero Ottomano. Abdel era un uomo straordinario del suo tempo eppure il suo nome è successivamente sparito, inghiottito da una trappola del tempo che egli stesso preparò. Abdel 'Adil è stato l'unico uomo di cui si conservi memoria a non aver perso il proprio senno tra le pagine di Al-Azif. Egli riuscì a leggere quel terribile tomo e a comprendere l'immenso rischio che esso rappresentava per l'umanità intera. Decise allora di celare per sempre quel sapere agli occhi degli uomini, ma si rese anche conto che nessun nascondiglio sarebbe stato abbastanza sicuro. Al-Azif doveva tornare dove era stato creato, perché la stessa città che lo aveva generato lo nascondesse in eterno. Abdel partì dunque per le infinite sabbie del deserto del Sahara, tra le cui rosse dune incandescenti la Città Senza Nome sorgeva silenziosa. Prima di partire volle distruggere ogni prova scritta della sua vita, perché con il suo nome 3 sparissero anche le tracce dell'ultimo viaggio del Necronomicon. In accordo con un amico molto fidato, provvedé affinché nessuno potesse ricordare la propria esistenza. Lunghi anni di cammino e di sete straziarono il viso di Abdel 'Adil, ma alla fine riuscì nell'impresa: nascose il Necronomicon nelle profondità della Città, nella piccola stanza sotto la lunga scalinata oltre la soglia di pietra. Sopraffatto dagli stenti, Abdel decise che egli stesso avrebbe custodito il Necronomicon per l'eternità. Si chiuse allora in un sarcofago nella stanza, con il libro stretto tra le mani, e spirò. In sogno, ad Imphotep fu mostrato tutto questo... in una visione di trame danzanti incandescenti ed oscure. Egli credette che Thoth in persona avesse deciso di indicargli la strada per il suo proposito. Nei lunghi mesi successivi, infervorato dalla certezza di avere una volontà divina a guida delle proprie azioni, il Visir concentrò le proprie energie in una ricerca frenetica, per trovare la via per la Città Senza Nome... e quella notte di Aprile, tra libri antichi, trovò il modo di raggiungerla. Eppure quella spedizione era a lui interdetta dalle circostanze. Raggiungere la Città richiedeva settimane e molti pericoli sbarravano la strada per i suoi segreti, se il Faraone si fosse accorto dell'assenza del suo Visir, i piani di Imhotep sarebbero rapidamente crollati come foglie d'autunno sotto le frustate del vento. Fu allora che decise di servirsi dei Topi del Deserto: uomini disposti ad affrontare qualsiasi pericolo per il giusto compenso. I Topi vivevano lontani dagli occhi di Ramesse, tra le crudeli sabbie del Sahara, e si erano più volte dimostrati competenti nel loro pericoloso lavoro. Dopo aver elaborato attentamente il suo piano, Imhotep mandò un messo nel deserto a cercare uno dei più valorosi Topi del Deserto, famoso per le sue doti e tuttavia non troppo in vista tra i ranghi della compagnia. Deserto del Sahara, 11 Maggio 1956 Nelle vicinanze dell'Oasi di Bahariya, Husam Ed Din, uomo di fiducia del Visir Imhotep, cavalcava deciso il proprio cammello, quando finalmente riuscì a scorgere la compagnia dei Topi del Deserto. Per giorni aveva seguito le loro tracce. Galoppò allora verso i soldati e, con una scusa plausibile, riuscì ad ottenere un colloquio privato con l'uomo che stava cercando. Husam riferì allora, che Imhotep in persona lo convocava a Tell el Amarna per conferire con lui. Il Visir lo avrebbe atteso alle luci dell'alba 4 del settimo giorno nella Piazza dei Bazar, sotto la Stele di Confine di Akhenaton. Husam spiegò anche la ragione del colloquio: il Visir voleva affidare lui un importante lavoro, per cui sarebbe stato ricompensato con più oro di quanto egli potesse immaginare, ma si trattava di un compito molto rischioso. Il messo puntualizzò anche la volontà di Imhotep di tenere il resto dei Topi all'oscuro, in quanto l'oggetto della missione richiedeva massima segretezza, e chiese che solo un piccolo manipolo di uomini fidati seguisse la spedizione. Al termine del breve colloquio, Husam Ed Din si congedò e cavalcò via oltre le dune, sulle quali le pallide tenebre della sera iniziavano a stendersi. Tell el Amarna, 18 Maggio 1956 Il manipolo di Topi del Deserto oltrepassava la maestosa Porta della Città, mentre il Sole alle loro spalle calava veloce oltre l'orizzonte. Tell el Amarna innanzi ai loro occhi sorgeva nel suo rinnovato splendore. Sotto la guida del Faraone Ramesse III, la piccola città si era tramutata in una sontuosa e ricchissima capitale, epicentro delle rotte commerciali. Al suo interno sorgeva il più grande tempio dedicato al Dio Thoth di tutto il Regno d'Osiride, al cui interno Imhotep li attendeva. 5 ATTO UNICO Sussurri di un Antico Sapere 6 Scena I: Una notte a Tell el Amarna. Il gruppo era appena giunto nella capitale del Nomos, sul fare della sera. Mancavano ancora molte ore all'alba e all'incontro con Imhotep e tutti erano molto stanchi per la lunga giornata di cammino. Tell el Amarna: Il Nomarca di Tell el Amarna è Rajab Tunfali, un vivente. La divisione dell'esercito stanziata nella città è quella della “Lince”, che provvede alla sicurezza dei cittadini. La situazione nella capitale, che sorge gloriosamente intorno al fiume Nilo, è molto tranquilla, ma ai confini del Nomos gli attacchi dei Tuareg sono molto frequenti, attirati dalle ricchezze che scorrono nelle rotte commerciali, come il sangue scorre nelle vene, verso la città. In città è possibile reperire qualsiasi merce, grazie alla grande quantità di mercanti e bazar che vi dimorano. Fioriscono anche molti Café, a causa del costante afflusso di persone; ce ne sono per tutte le tasche: dai tuguri più puzzolenti a locali lussuosi di gusto orientale, che oltre ai posti letto offrono anche droghe leggere e donne ai propri clienti. La gente del luogo è abituata a vedere stranieri, per cui nessuno fa troppe domande e sono tutti molto aperti mentalmente. L'Incontro con Imhotep: Poco prima del sorgere del sole, la piazza dei Bazar era completamente deserta. Solo una figura incappucciata ne squarciava il volto, ergendosi dritta sotto la Stele di Confine di Akhenaton. Dalla corporatura che emergeva dalla tunica, si poteva supporre che fosse un uomo non troppo robusto. Teneva in mano una torcia, che gettava lunghe ombre intorno a sé, guizzanti come la fiamma che le generava. Aspettava immobile. Quando il gruppo si avvicinò, prese la parola. Disse di essere un Sacerdote Minore di Thoth, mandato da Imhotep a riceverli nel luogo d'incontro per condurli al suo cospetto. L'uomo era silenzioso, glaciale nei suoi brevi pronunciamenti. Non disse il suo nome, ma, tenendo la torcia alta innanzi a lui, fece strada. Sotto la sua guida, il gruppo si addentrò in un buio sottoscala lungo l'argine del fiume Nilo, per poi entrare in una fognatura tetra e dall'odore asfissiante. Solo allora la figura parlò nuovamente: “Il Visir si scusa per l'inospitalità, ma la segretezza della vicenda rende queste misure necessarie.” Dopo interminabili minuti di cammino nel buio fetido, il 7 gruppo risalì verso l'aria pulita della superficie. Pochi passi oltre una scalinata, gli uomini emersero in un vicolo mal illuminato. Alla sinistra si ergeva monumentale la parete dorata del Tempio di Thoth, mentre dietro il Nilo scorreva silenzioso ed inesorabile. L'uomo incappucciato proseguì il cammino ancora per pochi metri, fino ad una piccola porta che si affacciava dal tempio. Oltre la soglia di quello che presumibilmente era un ingresso secondario, si ergeva fiero ed impassibile Imhotep. Dopo aver salutato e chiesto nuovamente venia per i metodi poco convenzionali, il Visir condusse il gruppo in una delle stanze sacerdotali. Il piccolo ambiente era avvolto da un totale silenzio, ma arredato in modo fastoso ed abbondante. Tra le mura sicure di quel tempio, Imhotep spiegò: Il Visir voleva che i Topi del Deserto recuperassero delle ricchezze nascoste nelle profondità di un luogo misterioso: La Città Senza Nome, un posto per molti frutto di superstizioni o dell'eccessiva fantasia di alcuni folli. Ma Imhotep assicurò che quel luogo esisteva davvero e che nascondeva qualcosa per cui valeva la pena cercare nelle aspre sabbie del Sahara. Dopo aver illustrato la singolare richiesta, il Visir asserì che era il Faraone stesso ad esserne il mandante, ma egli non poteva loro spiegare le ragioni di questa segretezza. Aprì poi un baule, mostrando una ingente quantità di denaro e dicendo: “Questa è solo la prima parte del vostro pagamento, che vi prego di accettare come anticipo, se vi dichiarerete disponibili ad intraprendere questo compito rischioso. Il resto vi verrà poi consegnato a lavoro svolto.” Dopo aver puntualizzato ripetutamente l'importanza della segretezza di questa spedizione, Imhotep rivelò di aver trovato la strada per la Città Senza Nome. Secondo testimonianze trovate in molti libri antichi, le tribù degli Imohag, anche detti Tuareg, hanno custodito il segreto per lunghi millenni: una roccia marchiata, nascosta da qualche parte nel deserto, è la chiave per raggiungere la Città ed i suoi misteri. Essa indica la strada. Imhotep chiese dunque al manipolo di Topi di trovare l'ingresso e recuperare i tesori custoditi dalla Città Senza Nome. Il punto di partenza della loro missione sarebbe stato quello di corrompere gli Imohag, per farsi condurre dall'Amenokal, l'anziano saggio che guida la tribù. Proprio gli Amenokal infatti si sono tramandati la conoscenza del luogo dove si nasconde l'Antico Marchio. 8 Scena II: Il Deserto degli Uomini Liberi. Il colloquio fu breve, ma perentorio e dettagliato. Il Visir Imothep consegnò l'ingente somma di denaro ai Topi, come anticipo ed assicurazione sulla segretezza della missione. Oltre al denaro, l'Illuminato fornì loro anche un baule molto pesante, contenente un piccolo tesoro per corrompere gli Imohag, ed assegnò alla compagnia un Sacedote di Thoth, anch'egli un Illuminato (Homo Mortuus Insciuus), perché mettesse le proprie conoscenze a disposizione della missione. Finito l'incontro con il Visir, il gruppo di Topi del Deserto si incamminò verso Est. → Ibis in volo: Dal momento in cui il gruppo lascia Tell el Amarna, Imhotep invierà su di esso diversi dei suoi Ibis per controllare le mosse dei Topi del Deserto. Tramite gli Ibis, il Visir potrà vedere tutto. Nel cielo dunque ci sarà sempre almeno uno di questi uccelli. → Trovare i Tuareg: Quello Imohag è un popolo di nomadi che vivono nascosti nel deserto. L'unico modo per trovare un loro accampamento è quello di esservi scortati dagli Imohag stessi, poiché seguire questi uomini nel deserto non è un'impresa affrontabile, a causa della loro conoscenza superiore dell'ambiente. Ci sono diversi modi utilizzabili per incontrare un Imohag: – Percorrere le strade delle carovane: Le strade più lontane dalle grandi città e dagli uomini dell'esercito del Faraone sono spesso oggetto di assalti dei Tuareg. – Il mercato nero: In molti paesi periferici il mercato nero è una pratica consolidata e molto florida. Non è facile da trovare, ma sicuramente tra i frequentatori di questi commerci illeciti ci sono molti Tuareg. – Estorcere informazioni: Molti mercanti sono a conoscenza delle zone dove i Tuareg sono più attivi, ma difficilmente ne faranno parola. Temono che se provocati, essi possano reagire con ritorsioni e saccheggi più crudeli... eppure tutti hanno un prezzo e i Mercanti sono per natura molto interessati al denaro. I Tuareg sono per natura molto violenti verso gli estranei, per cui è molto probabile che il denaro non basterà ed il gruppo dovrà usare le maniere forti. → Possibile scontro con i Tuareg. 9 L'Amenokal: Non senza difficoltà, il manipolo di Topi venne scortato attraverso le dune dorate, fino ad un ammasso di tende, montate in un luogo scelto con cura che impedisse ad occhi indiscreti di imbattervisi per caso. Lo stupore brillava nello sguardo dei nomadi e faceva da cornice silenziosa all'ingresso di quegli uomini estranei nell'accampamento. L'Amenokal li ricevette subito. Il suo nome era Iyad Hani Hadi. La vecchiaia trionfava sul viso e sulle membra di quello che un tempo era stato un guerriero molto potente, mentre ora solo un lascito restava dello splendore perduto di quella incredibile possanza. L'uomo si mostrò meno ostile di quanto era ragionevole aspettarsi, domandando agli stranieri il motivo che li aveva condotti da lui. Terminate le spiegazioni, l'Amenokal condusse gli uomini nella propria tenda, dove al sicuro dalle orecchie del suo popolo disse: “Siete qui per trovare la porta della città perduta, dunque. Fummo noi Imohag a trovarla, molti millenni fa, e da altrettanto tempo la teniamo nascosta, perché nessuno sprovveduto possa trovarla. Noi custodiamo il segreto e sta a no decidere con chi condividerlo, tuttavia non sarei il primo Amenokal a vendere questa informazione... I miei padri mi raccontarono che altri tre uomini cercarono la Città, ma nessuno di essi poi ha mai fatto ritorno. Pochissimi tra gli uomini sanno che gli Amenokal custodiscono questo segreto, nemmeno gli Imohag stessi ne sono a conoscenza... mentre chi cerca la Città non lo fa con l'intento di rivelarne l'esistenza, per cui sotto un giusto compenso sono disposto a dirvi ciò che volete sapere. Prima però, ciò che vi chiedo è: siete a conoscenza di ciò che vi attenderà oltre la sua soglia?” Dopo le insistenze e l'accordo sul compenso, Iyad Hani Hadi spiegò che la Pietra Marchiata è solo il primo di molti passi. Essa è conosciuta da tutti gli Imohag, ma è ritenuta un semplice luogo di culto: il punto in cui venne eretto il primo accampamento del loro popolo. In realtà solo pochi sanno che, nei lontani tempi in cui l'Egitto aveva da poco abbandonato la propria religione per l'Islam, la pietra fu marchiata da un antico Amenokal, Fa'ez Fathi, con il preciso scopo di segnare la via per la Città Senza Nome. Secondo le leggende, Fa'ez Fathi fu un uomo le cui conoscenze oltrepassavano quelle dei mortali, per cui nascose ciò che non doveva essere trovato, ma fece in modo che chi dovesse trovarlo ci riuscisse. Tramandò un enigma attraverso i millenni. “I miei padri” disse Iyad Hani Hadi “hanno portato l'enigma da Fa'ez Fathi a me, attraverso le sabbie del 10 tempo. Esso è la chiave che apre la porta, ma prima che io ve la consegni sappiate... Fa'ez Fathi ha posto su queste parole una maledizione.” “Nessuno dovrà divulgare l'Enigma né alle masse, né ai singoli a meno che non siano loro stessi a venire a cercarle. Solo chi già cerca la Città, può trovare la sua chiave. Solo chi ne è degno, potrà poi tornare.” Questo disse l'Amenokal, spiegando poi che, secondo la leggenda, chiunque provi a contravvenire a questo divieto viene colto da una morte così improvvisa da spezzargli le parole in gola, impedendogli di divulgare l'enigma. Dopo questo avvertimento, Iyad pronunciò l'enigma: “Alla destra dell'Antico Marchio, quando lo Scarabeo Sacro nasce, i Tre Re mostreranno la via tra le sabbie, dove la città perduta può essere ritrovata. Chi l'ingresso della Città Senza Nome vuole percorrere, segua le orme dei Re fino all'arrivo di Ra.” Qui ebbe termine l'incontro, l'Amenokal si alzò in piedi ed uscì dalla tenda invitando gli altri a seguirlo. Fuori regnava una strana calma. Gli uomini e le donne erano impegnati nei propri compiti, ma tutti si muovevano in modo innaturale per il forte disagio che gli stranieri infondevano. Bisbigliando all'orecchio di un guerriero Tuareg, l'Amenokal ordinò lui di condurre il gruppo alla Pietra Marchiata e di farlo senza domande. Preceduti dall'obbediente e fiero guerriero Imohag, i Topi del Deserto lasciarono l'accampamento. La via per la Città Senza Nome: Dopo due intensi giorni di viaggio, il gruppo di uomini venne condotto dal guerriero Tuareg fino ad un piccolo complesso roccioso tra i veli ondulati delle sabbie sahariane. Legati i cammelli, il silenzioso soldato accompagnò quegli stranieri che tanto disprezzava sulla cima di una roccia, seguendo un costone facilmente scalabile. Su quella roccia, davanti alla quale si stendeva sinuoso l'intero deserto fino a perdersi all'orizzonte, era stato scolpito un simbolo. I colpi dello scalpello erano piuttosto rozzi e scavavano a fondo la pietra rossastra dell'altura, disegnando in modo piuttosto abbozzato le linee di un viso. Dopo aver mostrato loro il Marchio, il Tuareg si congedò per sparire poco dopo oltre le dune arroventate dal sole. → La chiave per trovare la via risiede nell'Enigma: “Alla destra dell'Antico Marchio, quando lo Scarabeo Sacro nasce, i Tre Re mostreranno la via tra le sabbie, dove la città perduta può essere ritrovata. Chi l'ingresso della Città Senza Nome vuole percorrere, segua le orme dei 11 Re fino all'arrivo di Ra.” La soluzione è la seguente: Ad Est dell'Antico Marchio dei Tuareg, quando il sole sorge, le tre stelle della Cintura di Orione mostreranno la direzione per la Città Senza Nome. Chi vuole entrare nella Città, cammini lungo la strada indicata dalle stelle fino allo scoccare del Mezzogiorno. – Alla Destra: Il marchio è rivolto ad Est ed il riferimento non è alla – – – – destra fisica del marchio. L'enigma si riferisce piuttosto alla Rosa dei Venti: l'Est, il punto cardinale dove sorge il Sole. Scarabeo Sacro: Uno tra i simboli più noti che gli Antichi Egizi avevano attribuito al Sole. E' il nome di Amon-Ra all'alba. I Tre Re: Le tre stelle che costituiscono la “Cintura” nella costellazione di Orione, sono anche conosciute sin dall'antichità con questo nome. Orme dei Re: La direzione indicata dall'asse formata dai tre punti della Cintura d'Orione è la strada per raggiungere la Città Senza Nome. L'arrivo di Ra: Il Dio Solare Amon-Ra ha tre nomi: al sorgere del sole si chiama Kephri, mentre a mezzogiorno è Ra. Nell'enigma, l'arrivo di Ra indica di proseguire nella direzione indicata fino a Mezzogiorno. Nota del Cartomante: Le costellazioni si “muovono” durante l'anno a causa del moto terrestre, ma questo fatto non implica un errore logicoscientifico nella scrittura dell'enigma. Come spiegato in seguito infatti, la Città Senza Nome descritta in questa avventura non risiede in un luogo fisico, ma misteriosamente si sposta secondo delle leggi sconosciute. 12 Scena III: Oltre la Soglia della Città Perduta. Affondando passo dopo passo i piedi stanchi nelle braci sahariane, con il sole crudele che menava frustate incandescenti sulle loro fronti, il gruppo di uomini finalmente vide apparire qualcosa oltre le dune. Con un turbinio maestoso di sabbia e vento, dal nulla una città era apparsa, dove pochi secondi prima solo altro nudo deserto giaceva. Innanzi ai loro occhi ancora increduli, la loro meta si era manifestata come un miraggio... eppure quelle mura e quei ruderi erano veri. Avevano raggiunto la Città Senza Nome. Aspetto: La città si stendeva irta tra le dune, puntellata da una vasta distesa di ruderi molto antichi, che si arrampicavano sulle pendici lievi di un'escrescenza collinare. Ciò che restava di quelle sventrate case rocciose non permetteva un'analisi più dettagliata, che permettesse di collegare quell'architettura ad una civiltà di qualsiasi sorta. Quei cumuli decrepiti di sassi, ricoperti dalle ferite dei secoli, sembravano addirittura appartenere a qualche civiltà primitiva. Dalle costruzioni in buono stato, si poteva notare che le strutture avevano tutte dei soffitti estremamente bassi, troppo bassi anche per le civiltà più antiche. Sulla collina, che si ergeva appena visibile dalla massa informe delle case affogate nelle sabbie, resisteva alle ingiurie del tempo la traccia di una piccola cinta muraria. → Tempo e Spazio: Nella Città Senza Nome non valgono le normali leggi del tempo. Tra le rovine secche e terribili di questo rudere incognito, esso darebbe ad un uomo l'impressione di essere perennemente immobile... eppure le giornate sono visibilmente più corte. Le fasi diurne e notturne sembrano rincorrersi in una corsa esasperata, ma al contempo non seguono apparentemente una logica nel loro alternarsi. Se si potesse misurare scientificamente la durata del giorno e della notte, si scoprirebbe che, nell'arco di ventiquattro ore convenzionali, nella Città Senza Nome il sole sorge due o addirittura tre volte. Questa misurazione non sarebbe però eseguibile, a causa di un ulteriore coincidenza inquietante: qualsiasi strumento artificiale di misura del tempo si blocca nei confini della Città. Come se questo non fosse già abbastanza strano, ventiquattro ore trascorse all'interno della Città Senza Nome corrispondono a quattro giorni normali. Anche lo spazio si comporta in modo estremamente confuso. La Città in realtà non sorge in un luogo fisico, ma si sposta continuamente seguendo 13 probabilmente una logica cosmica incomprensibile. Durante l'arco di una giornata normale essa viaggia nel deserto, tenendosi lontana dalla vista dei viventi, come se diretta da una volontà propria. Vi è un solo punto fisso nel suo moto caotico: ogni giorno a mezzogiorno per circa un ora, essa emerge in un turbinio di vento e sabbia nel punto indicato dalla retta disegnata dalle stelle della cintura di Orione, seguendo anche i suoi spostamenti. Infine, apparentemente non è possibile uscire dalla Città Senza Nome quando al suo interno cala la notte. Chi volesse trovare la via d'uscita durante le ore notturne finirebbe per vagare invano tra i ruderi e carcasse di quelle strutture inquietanti e mutilate. Anche i metodi più ingegnosi per segnare la strada percorsa e ritrovare il proprio cammino falliscono. In qualche modo è la Città stessa che muove le proprie rovine per imprigionare chi vi è all'interno, generando un labirinto infinito, come un serpente con spire di pietra. → Un Vento Gelido: Ad ogni alba delle deformi giornate che governano la Città Senza Nome dalla sommità nascosta della collina nasce un frastuono. Come annunciato da una tromba dal suono profondo, un improvviso vento polare si diffonde come un morbo tra le case distrutte. Le sue spire si trascinano verso l'esterno della Città e con forza disumana si abbatte su ogni cosa, travolgendo e tuonando come una gigantesca onda anomala. Quando il sole tramonta poi, nuovamente quel vento oscuro spazza con rabbia le rovine della Città in una sorta di risucchio, che ha il suo epicentro nella caverna nella parte alta della Città. → I Morti: Nel corso dei dodici anni trascorsi dal Ritorno di Osiride, la Città Senza Nome ha raccolto fortuitamente molti Reietti dalle sabbie del Sahara, intrappolandoli nel proprio meccanismo infernale. Una volta entrati, essi non sono più capaci di uscire, poiché, una volta dentro i confini della Città, anche il Fiuto dei Morti non è in grado più di vedere oltre: appena varcata la soglia della Città Senza Nome, un Morto non riuscirà più a percepire i viventi all'esterno delle sue mura. Molti Reietti, Uomini-Cane e Ciechi si nascondono nella Città Senza Nome, imprigionati ed affamati. → Scontro con i Morti. I Segreti Sepolti: Tra le rovine e le mura della città alta, chiusa nella 14 cornice di ciò che resta di antiche mura, si nascondeva una strana conformazione rocciosa... come una piccola collina frastagliata e tagliente. La roccia scura si sollevava dal manto sabbioso sottostante. Alla sua base si apriva in verticale, come una ferita, una fessura alta circa due metri, sopra la quale era inciso l'inquietante Antico Marchio: la forma del viso urlante. La ferita nella roccia era la fonte ed il rifugio del misterioso vento gelido che ghermiva la Città, risalendo e scendendo da quella che sembrava essere una stretta e ripida scalinata, fatta di gradini appena la metà di un piede umano. La scalinata scendeva a strapiombo verso il basso, tra le tenebre e l'abbraccio stritolante della roccia nuda. Il gruppo dei Topi, seguendo ciecamente la via mostrata da indizi oscuri, si addentrò nella terra. La discesa era semplice e gli appigli sicuri, ma le pareti strette della roccia intorno trasmettevano la sensazione di essere pronte ad inghiottire e stritolare gli ignari uomini, che si dimenavano al suo interno percorrendo quella sorta di gola mostruosa. La claustrofobia era palpabile, si era fatta contingente. Si poteva annusare l'odore acre della paura e del sudore nell'aria stantia di quel cunicolo. La discesa sembrava eterna, le scale infinite. Eppure una strana eccitazione e volontà di proseguire si insinuava nelle menti di quegli ignari tombaroli, come un verme che lento e silenzioso corrode sempre più il frutto di cui è ospite. La discesa durò due ore, ma nessuno se ne rese conto, complici le distorte leggi del tempo che governavano la Città Senza Nome. Finalmente i Topi toccarono terra. Nel buio più oscuro e nella polvere più antica si apriva un piccolo ambiente vuoto, sul cui fondo si apriva però, strisciando a terra, un ulteriore cunicolo alto appena trenta centimetri. Sopra l'ingresso nuovamente ricorreva l'effigie di un volto senza nome piegato nella smorfia del terrore. Immobile e granitica quella faccia fissava gli intrusi. Oltrepassato anche questo stretto passaggio particolarmente breve, quegli uomini spaventati trovarono finalmente la tomba che stavano cercando. La stanza era claustrofobica: forse tre metri per lato, con un soffitto di poco superiore ai due metri. Le luci elettriche, sollevando il manto dell'oscurità, rivelarono solo un sarcofago ricavato in una pietra grezza e brutale. Al lato opposto rispetto al cunicolo, si apriva invece una porta, con degli strani simboli incavati nel metallo e alcuni misteriosi meccanismi. Sul sarcofago era stata scolpita una scritta in tre lingue: ieratico, arabo ed... inglese moderno: 15 “Sono il Servo Giusto più Glorioso, Sulla lapide della mia prigione scrivo ora l'avvertimento nella lingua del passato, del presente e del futuro. Nel silenzio della morte, la venuta dei Topi guidati dall'Ibis attendo. Del libro sono il custode e da un tempo remoto provengono le mie ossa. Alla sua follia la mia mente è sopravvissuta, solo 29 imitarmi potranno, gli altri 42 non potranno seguirmi. Voi che nel 12° anno giungete nella Città Senza Nome, non sollevate questa pietra, sotto la quale io vi attendo.” Nota del Cartomante: Abdel 'Adil Amjad, in arabo significa “Servo Giusto più Glorioso”. In numerologia il 29 è il numero che indica ciò che è oltre il velo, oltre l'illusione. Il numero 42 nella cabala indica la schiavitù della mente. In questo contesto, Abdel 'Adil Amjad volle avvertire coloro che avessero deciso di recuperare il Necronomicon: solo coloro che si sarebbero rivelati capaci di vedere oltre la realtà celata dal velo dell'illusione avrebbero conservato la propria sanità mentale, mentre quanti fossero schiavi della propria mente sarebbero stati destinati a perdere il senno. Dentro il Sarcofago: Quando gli uomini spostarono il pesante masso che copriva il sarcofago, una visione agghiacciante li investì, gelando il sangue nelle loro vene. Nella tomba giaceva uno scheletro, che stingeva stretto un libro al petto. La copertina era una faccia urlante di pelle bruna. Il volto urlante ricordava l'Antico Marchio in modo molto chiaro, ma, ciò che ad una analisi più accurata sconcertò di più gli spettatori di tale macabro spettacolo, fu lo scoprire che la pelle di cui esso era rivestito era pelle umana. Quando gli uomini tolsero il libro dall'abbraccio funebre dello scheletro nero, una scena disgustosa si dipinse innanzi a loro: esso improvvisamente iniziò a ricomporsi. La carne sbocciava sulle ossa e come una muffa si diffondeva, veloce come un treno in corsa. Poi gli organi e gli occhi e la bocca riapparirono. Il Morto si alzò di scatto ed urlò dal profondo della sua nera cassa toracica putrescente. → Scontro con il Morto. → Al-Azif: Il libro recuperato dal sarcofago è la copia originale del Necronomicon, scritto da Adb al-Azred. Oltre l'orrida copertina, un testo 16 malsano e misterioso scorre come un fiume velenoso. Nella prima pagina, solo un distico affoga nel vuoto della carta ingiallita: “Non è morto ciò che può vivere in eterno, e in strani eoni anche la morte può morire.” Nota del Cartomante: In questa avventura, al fine di facilitare la godibilità della storia, le regole per leggere il Necronomicon saranno diverse da quelle riportate nel manuale “Regno d'Osiride”. Non saranno necessari 5 gradi nelle lingue ieratico ed arabo per comprendere quanto scritto al suo interno; basterà invece conoscere l'arabo. Leggere anche solo l'inizio del libro per un personaggio significa, a meno di un doppio successo in due test di Volontà con modificatore -10, vedere il proprio punteggio di Equilibrio Mentale scendere a 3. Il Personaggio aggiungerà poi Ossessione tra i disturbi mentali: Egli sarà per sempre ossessionato dal libro. Il personaggio cercherà di leggere in disparte l'intero il libro e tenterà in ogni modo e con ogni mezzo, anche violento, di impedire agli altri di mettervi le mani sopra. La Porta a Meccanismo: Il meccanismo sulla porta era un nero pentacolo inciso sul duro e scuro metallo. Esso aveva la punta verso l'alto ed intorno al cerchio che chiudeva la stella correva un altro cerchio concentrico esterno. Nello spazio tra i due cerchi, all'estremità delle cinque punte, vi erano poi cinque incavi, in cui erano alloggiate cinque pietre con dei simboli dorati. Sullo stipite di metallo ambrato e robusto della porta vi era anche una scritta in arabo e ieratico, che recitava così: “Oltre me si raggiungono i Tre Re in Terra e la Città si abbandona con salvezza di corpo e anima. Solo un uomo completo può però passare oltre la mia soglia: chi da un lato domina la mente e dall'altro abbraccia le 17 passioni, mentre dall'alto della sua testa egli costantemente guida gli opposti impulsi.” → Occultismo: Il Pentacolo inciso nel metallo è un simbolo esoterico dell'essere umano: la punta in alto rappresenta la testa, le altre gli arti. I simboli nelle pietre corrispondono a cinque pianeti, a cui vengono associate qualità dell'essere umano in Astrologia. Questi sono i simboli ed il loro significato: – Pietra 1 – Saturno: Il Lavoro, il simbolo della Serietà. – Pietra 2 – Mercurio: La Creatività, il simbolo dell'Allegria. – Pietra 3 – Marte: Il Dinamismo, il simbolo dell'Uomo. – Pietra 4 – Giove: L'Ordine, il simbolo della Logica. – Pietra 5 – Venere: L'Amore, il simbolo della Passione. Nota del Cartomante: L'ordine giusto in cui disporre le pietre per aprire il meccanismo è, a partire dalla testa e procedendo in senso orario: Marte (3), Giove (4), Saturno (1), Mercurio (2), Venere (5). In questo modo alla destra della figura saranno disposte le qualità logiche, mentre alla sinistre quelle creative, seguendo la logica degli emisferi cerebrali (il simbolo dell'uomo deve essere infatti pensato speculare rivolto verso lo spettatore). Dopo aver incastrato le pietre nel giusto ordine, la porta di metallo si spalancò e solo il buio seguì. Quando i superstiti riaprirono gli occhi, innanzi a loro si stendeva maestosa la Piana di Giza, dove le tre antiche piramidi si slanciavano granitiche verso il cielo notturno, sedendo nel silenzio immanente ed eterno del loro mistero. 18 Epilogo: Un oscuro destino. Non è possibile e non è giusto predeterminare cosa succederà infine al gruppo, poiché ritengo più opportuno lasciare il finale all'arbitrarietà delle loro azioni. Tuttavia i disegni cosmici in cui essi si sono imbattuti non saranno clementi riguardo loro sorte. Qui di seguito sono riportate le tracce di possibili finali per le vicende di questa avventura: 1) I giocatori potrebbero decidere di riportare il pericoloso Necronomicon da Imhotep, che li attenderà nel Tempio di Thoth di Tell el Amarma con una ricompensa funesta: la morte. Con così tanto in gioco, il Visir non vorrà rischiare di lasciare traccie e non permetterà certo che i superstiti restino in vita per raccontare la propria sconvolgente avventura. 2) Diversamente, la lettura del Necronomicon potrebbe aver fatto sprofondare uno o più giocatori nella follia. L'ossessione per il libro potrebbe metterli l'uno contro l'altro, in una feroce lotta fratricida da cui nessuno uscirà vincitore. 3) Uno o più superstiti potrebbero decidere di abbracciare la follia racchiusa nelle pagine di Al-Azif. Dopo uno studio sempre più profondo nei meandri della disperazione e della demenza che grondano dalle sue pagine, entreranno a Giza guidati ormai solo dall'ossessione del libro e privi di ogni loro volontà, per professare il rituale dell'Oscura Soglia. Quando il rituale sarà compiuto, Cheope sbucherà dall'ombra per tuffarsi oltre la Soglia, che si chiuderà dietro di lui. Poco dopo Imhotep in persona, trovati i personaggi grazie ai suoi Ibis, entrerà nella piramide ed ucciderà i personaggi, impossessandosi del Necronomicon. Nota del Cartomante: L'ultimo finale ipotizzato si incastra molto bene con quanto riportato nel manuale “Regno d'Osiride”. Come lì descritto dagli autori Matteo e Leonardo, nel 1956 Imhotep venne in possesso del Necronomicon e, nel buio della Piramide di Giza, Cheope oltrepassò l'Oscura Soglia, per poi tornare cambiato per sempre. 19