Il Grido

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Il Grido
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Il grande match
Redazione · 20 luglio 2007
Estate 2002. Si disputa in Giappone/Corea la finale di coppa del mondo di calcio tra
Brasile e Germania. Tutti la vogliono vedere ma nel villaggio globale anche assistere a
una partita in tv sembra un privilegio per pochi.
Nel deserto trovare un televisore, attaccarlo a un’antenna e collegarsi a una qualche
fonte di elettricità per accenderlo sembra un’impresa più ardua che non per campioni
come Ronaldo e Cafu vincere la partita. Il grande match è la storia di tre comunità che
vivono isolate dal mondo e dalla civiltà occidentale. La loro civiltà è antica, millenaria
e resiste alle lusinghe dell’aria serena dell’ovest ma impiegheranno tutte le loro
risorse per non perdersi un evento sportivo così atteso.
Sono gli indios della giungla amazzonica,
mongoli delle catene montuose dell’Altai
e i tuareg del Sahara. Non c’è filtro tra
ciò che viene raccontato e come viene
raccontato.
Pur non trattandosi di un documentario i protagonisti sono se stessi, con una trama
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vera e propria che obbedisce alle regole di sceneggiatura ben articolate. Le storie
sono divertenti, ironiche e commoventi. E la finale dei campionati del mondo diventa
poco più che un pretesto per raccontare con sguardo onesto e semplice la vita di
questi nomadi della terra. Il regista li segue, li pedina e li muove nel loro ambiente e
registra le reazioni davanti a un’ipotesi di realtà che sia la più lontana e distante dalle
loro abitudini più quotidiane e rituali. Gli indios, i mongoli e i tuareg vivono fuori dal
tempo calati in uno spazio che sposta di continuo i propri confini. Finché un evento
dell’intrattenimento mondiale piomba come un cataclisma a rimettere in gioco i loro
schemi e pregiudizi. Imprevidibilmente, al di là di ogni teoria antropologica di
conservazione di usi, costumi e tradizioni, queste tre comunità rispondono con una
capacità di adattamento sorprendente e stupefacente.
Le tre storie si tengono insieme, pur non incontrandosi mai grazie a degli elementi in
comune che rendono il film coeso e coinvolgente. Innanzitutto il grande match che dà
il titolo al film, oggetto del desiderio dei tre gruppi e punto di convergenza delle
fatiche e sforzi per seguirla in diretta satellitare. In secondo luogo le tre storie ruotano
intorno a un personaggio isolato egli stesso all’interno di una comunità isolata rispetto
al resto del mondo. Il muto è presente in maniera determinante negli episodi dei
tuareg e dei mongoli e in quello degli indios. Non c’è
un vero e proprio alienato tra gli indios, sono
piuttosto tutti i compagni del protagonista a essere
meno coinvolti nell’impresa. Il cacciatore indios ha un
carisma e un potere d’attrazione irresistibile: corpo
completamente tatuato, sempre in guerra con le
donne, non cattura una scimmia da mesi e si ingegna
in mille modi tra cavi, spine, generatori e parabole. Il
grande e aristocratico Tuareg si rifiuta di comunicare
con chiunque non sia Tuareg perché non è degno di
avere a che fare con la nobile gente del deserto.
Mentre il giovane mongolo soffre di una rara
sindrome che lo ha rinchiuso in un mutismo
inguaribile. Ed è con i suoi occhi e con i suoi
commenti fuori campo dissacranti e compassionevoli
che seguiamo le vicende della sua famiglia bizzarra e altruista. Il ragazzo sembra
uscito da un film di Kusturika e durante la partita tra i suoi parenti e soldati
dell’esercito cinese, la sua partecipazione in porta non può non ricordare il primo
Johnny Depp dall’aria stralunata.
Girato con mano ferma e professionale da Olivares, una vita dedicata ai documentari
antropologici in giro per il mondo, Il grande Match trascina e appassiona lo spettatore
per l’intera durata del film. Ogni tanto si abbandona a qualche immagine da cartolina,
qualche tramonto fine a se stesso, con una musica enfatica un po’ grossolana che fa
tanto esotico. Ma non è mai ricattatorio, rimane un osservatore discreto e
indipendente dalla materia che tratta. Non si pone come film di denuncia né
tantomeno come critica del sistema di vita occidentale. Le genti del deserto non
subiscono una trasformazione, sono coerenti a se stesse senza tradire i propri principi.
E’ una gioia vedere ogni tanto al cinema un’opera così spensierata e leggera su
ambienti e personaggi così distanti da noi. [matteo cafiero]
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Titolo originale: La Gran Final | Regia: Gerardo Olivares | Sceneggiatura: Chema
Rodriguez | Montaggio: Rori Sainz De Rozas | Musica: Martin Meissonier | Cast: Ahmed
Alansar, Mahamadou Alzouma, Esentai Samer Khan, Khoshibai Edil Khan, Wirapitang
Kaapor, Kinchiran Kaapor | Produzione: Wanda Films, Greenlight Media | Anno: 2006 |
Nazione: Spagna, Germania | Genere: Commedia | Durata: 80 | Distribuzione: MIkado |
Uscita: 20 luglio 2007 |
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