Dieta fai da te? Attenzione al blocco metabolico

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Dieta fai da te? Attenzione al blocco metabolico
S P E C I A L E
a cura di RCS MediaGroup Pubblicità
SALUTE
Dieta fai da te? Attenzione al blocco metabolico
L’esperta Dr.ssa Cimpeanu ci spiega cos’è e come attivare il metabolismo basale
E’
stato ormai
da tempo appurato che
l’equazione
“riduzione delle calorie,
uguale riduzione del peso” non è così verificata
e, soprattutto, non dà risultati duraturi nel tempo, ovvero ciò a cui tutti
ambiamo. Per spiegare
quali insidie si nascondono dietro alla dieta
“fai da te” per la nostra
salute, abbiamo parlato
con la nostra Dr.ssa
Daniela
Cimpeanu,
Doctor of Science in
Naturopathy
Major
Dietologi e Nutrizione
esperta nel benessere e
prevenzione dei disturbi
Gastrointestinali ed alimentari.
Molte persone sono
ancora convinte che
mangiare meno equivalga a una rapida ed
efficace perdita di peso. Accade veramente
questo al nostro organismo quando tagliamo il numero delle calorie?
Una restrizione calorica severa tende ad abbassare il metabolismo
diminuendo il dispen-
dio energetico e aumentando le capacità
del corpo di assorbire i
nutrienti negli alimenti.
Durante una dieta chi
prima, chi dopo va incontro ad un blocco
metabolico. In parole
povere,
l’organismo
smette di perdere peso.
La bilancia resta ferma
e non si dimagrisce più,
nonostante l’impegno
nel portare avanti la
dieta. È la fase in cui è
anche più frequente,
data l’esasperazione,
abbandonare la dieta
stessa.
Perché non si continua a dimagrire visto
che le calorie ingerite
sono minori?
Quando si ha una restrizione di apporto
energetico giornaliero,
l’organismo riduce in
modo progressivo il suo
dispendio energetico fino a bloccare la perdita
di peso. Questo momento è variabile da
persona a persona, ma
in genere avviene dopo
circa tre-quattro settimane dall’inizio della
dieta. L’organismo reagisce modificando il
suo metabolismo, che
si abbassa, attivando
un nuovo profilo ormonale. È la tiroide ad
avere il ruolo più importante in questa fase
di blocco della perdita
di peso. Si ha, infatti,
una riduzione di ormoni tiroidei metabolicamente attivi. Il blocco
della perdita di peso
corporeo è causato dalla riduzione dell’efficienza del vero ormone
tiroideo, chiamato T3.
E oltre alla frustrazione dovuta all’insuccesso della dieta, rischiamo anche di incorrere in qualche
problema di salute?
La persona sente più
freddo e stanchezza.
Spesso soffre di insonnia, ha un rallentamento del battito cardiaco,
difficoltà digestive, riduzione della memoria
e della forza. Tutti sintomi di una ridotta funzionalità tiroidea indotta da un’alimentazione
troppo severa.
Ma allora per riprendere a calare di peso
ed eliminare questi
sintomi è necessario
ridurre ulteriormente
l’apporto calorico?
No, anzi, è il peggior errore da commettere. È
sbagliato pensare: siccome il peso è fermo, occorre ridurre calorie e
alimenti per dimagrire!
Così facendo si riduce la
funzionalità tiroidea. Il
blocco si consolida, la
sensazione di freddo aumenta, la temperatura
corporea può scendere
anche sotto il livello dei
36°C. Anche gli altri disturbi peggiorano, fino
ad arrivare ad una irresistibile sensazione di
fame. È l’organismo che
si difende.
Allora come si può
uscire dal blocco del
peso?
Occorre stimolare la
termogenesi, che è direttamente legata al
metabolismo. Vari i
processi metabolici che
la influenzano. Si tratta
di tutti quelli nei quali
avviene la produzione
di energia quindi di calore. I fattori su cui agire
sono
numerosi.
Possiamo aumentare i
processi di termogenesi
semplicemente aumentando l’attività fisica,
tornando ad un’alimentazione equilibrata e
utilizzando rimedi di
origine naturale in grado di aiutare i processi
metabolici.
Quali sono le regole
per perdere peso restando in salute?
Mangiar meno e meglio
favorisce la longevità,
aiutando oltretutto a invecchiare in salute. La
restrizione calorica deve
essere associata a una
dieta bilanciata e ricca
di nutrienti, oltre che a
una regolare attività fisica, perché
ridurre le calorie
mangiando male
causa gravi malattie e accelera
l’invecchiamento. Non serve a
nulla mangiare
metà hamburger
o mezzo cartone
di patatine fritte,
né bere mezza lattina di una delle tante bevande zuccherate in commercio.
Meglio preferire ai cibi
industriali raffinati e
particolarmente elabo-
rati, quelli naturali e
meno processati quali
verdure, cereali integrali, legumi, pesce, olio di
oliva e frutta. Ridurre
pertanto l’assorbimento
delle calorie vuote e delle sostanze in eccesso
diventa un vero vantaggio per la salute.
E per risultati ancora
più efficaci?
Per accelerare il metabolismo è fondamentale
La dottoressa
Daniela
Cimpeanu
al lavoro
Nemici a tavola: mezza Italia a rischio...
riconoscere le intolleranze e prevenire i danni
Parola alla Dr.ssa Daniela Cimpeanu, naturopata ed esperta di disturbi gastrointestinali ed alimentari
M
al di testa, difficoltà
digestiva, disturbi
gastro - intestinali,
apatia, stanchezza prolungata, labilità d’umore persino
ansia: questi i disturbi più
frequenti legati ai nostri cibi
tradizionali. Sintomi facilmente attribuiti allo stress,
qualora non siano riconducibili a una patologia meglio
identificata. Spesso però, si
sottovaluta l’ipotesi che questi tipi così eterogenei di fastidi possano essere ricondotti alla reazione del nostro
organismo a un alimento.
Per approfondire questo tema, di interesse per un numero crescente di persone
(si calcola, infatti che circa la
metà della popolazione sia
intollerante verso qualche
alimento e il 10-20% allergica), abbiamo incontrato la
Dr.ssa Cimpeanu Daniela
naturopata esperta in benessere e prevenzione dei
disturbi Gastrointestinali,
Dietology e Nutrizione.
Intolleranza e allergia. Si
tratta di sinonimi o ci sono
delle differenze?
No, i due termini fanno riferimento a disturbi diversi
fra loro. Un criterio per distinguere è osservare le modalità
della
reazione.
Nell’allergia è coinvolto il
sistema immunitario che
innesca una reazione di difesa a un particolare cibo mediante la produzione abnorme di un anticorpo detto E
(Ig E). Alla presenza dell’allergene si liberano i globuli
bianchi dall’istamina che infiamma i tessuti provocando
reazioni somatiche vistose e
immediate. Nelle intolleranze invece le reazioni
dell’organismo sono molto
ritardate rispetto all’assunzione della sostanza non tollerata. Inoltre, la reazione si
può verificare fino a 72 ore
dopo l’assunzione dell’alimento, risultando cosi molto meno riconoscibile. Esse
sono riconducibili all’accumulo nel tempo delle sostanze responsabili d’ipersensibilità, fino a un livello
che a un certo punto supera
la “dose soglia”. A causa di
questo periodo di latenza,
di frequente risulta difficile
accettare e comprendere come si possa “improvvisamente” diventare intolleranti ad un cibo comunemente
introdotto o meglio pluri-introdotto quotidianamente
(frumento, lieviti, pomodori, insaccati,latticini …).
Quali sono le intolleranze
più diffuse e come riconoscerle?
Prendendo in considerazione la sostanza verso cui possiamo essere intolleranti, le
più comuni sono quelle al
lattosio e al glutine (il che significa dire addio a pane, pasta, formaggi e numerosi altri piatti della cucina mediterranea). In generale, però,
se ne distinguono vari tipi:
abbiamo, ad esempio, le intolleranze metaboliche e le
intolleranze agli additivi
chimici. Le prime nascono
da mancanza o carenza di
enzimi impiegati nel metabolizzare alcuni aminoacidi.
L’esempio classico è l’intolleranza al lattosio dovuta a
una carenza dell’enzima lattasi. In questo caso insorgono problemi nella digestione
causando disturbi gastrointestinali tra cui gonfiore,
dolori addominali, diarrea. Le seconde, invece, sono dovute ai conservanti,
dolcificanti, ed esaltatori di
sapidità presenti nei cibi che
assumiamo quotidianamente e possono produrre disturbi come nausea, mal di
testa, dolori addominali.
Dunque “intolleranti si diventa”, cosa favorisce l’insorgere dell’intolleranza
alimentare?
Esistono molti fattori che favoriscono lo sviluppo di una
o più intolleranze. In primo
luogo l’abuso, sempre più
diffuso, di farmaci(38%), come ad esempio gli antibiotici, che alterano la flora batterica intestinale. In secondo
luogo, ma non meno importante, una serie di comportamenti alimentari sbagliati
derivanti da uno stile di vita
sempre più comune e sempre
più
accettato.
Alimentazione ripetitiva, a
base di cibi sempre uguali
(34%), di cibi raffinati come
ad esempio le farine bianche, i lieviti e gli zuccheri (
che alterano la flora batterica). Alimentazione ripetitiva,
a base di cibi conservati e
congelati e scarsa assunzione di acqua sono tutti elementi che disabituano il nostro corpo a certe sostanze
contenute nei cibi, fino a far
si che non si riesca più a sopportarle. A tutto questo bisogna aggiungere quegli elementi tipici dello stile di vita
“fast food”, come lo stress fisico continuo, ritmi alimentari sregolati, periodi di sonno e veglia non regolari.
Quali sono i sintomi a cui
prestare maggiore attenzione? Come si manifestano le intolleranze una volta superata la “dose soglia”?
Di norma si parte con gonfiori addominali, cattiva digestione, anche per un semplice spuntino, mal di testa,
dermatite, disbiosi intestinale (squilibrio della flora
batterica intestinale), colite,
diarrea, stipsi, disordini del
peso corporeo, sia in eccesso
sia in difetto. Sono tutte spie
spesso ignorate per le intolleranze alimentari. Dato che
la moderna alimentazione è
basata su cibi molto “raffinati”, si verifica nell’organismo una carenza di vitamine e di sali minerali. Come
anticipato, le abitudini alimentari errate e l’assunzione smodata di farmaci ridu-
cono la capacità di filtraggio dell’intestino. Accade così che i fori delle sue pareti si
allarghino, lasciando passare particelle alimentari non
metabolizzate e quindi giudicate dall’organismo estranee e intollerabili. Da non
sottovalutare gli agenti
stressanti: il nostro sistema
immunitario è sempre più
influenzato dalla presenza
di fattori stressogeni di tipo
diverso: alimenti tossici, veleni ambientali e non ultimi,
stress di natura psicologica.
Ma come individuare, tra
tanti alimenti, proprio
quello verso cui si è intolleranti?
Un’analisi test è sempre consigliabile per accertare con
precisione
l’intolleranza.
Una volta individuato l’alimento o la sostanza che il
nostro corpo non sopporta è
necessario astenersi rigorosamente per almeno sessanta giorni dall’assunzione
del cibo incriminato.
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la detossificazione e
l’eliminazione delle tossine in deposito; in particolare sarà necessario
agire sulle funzioni
epatiche, renali ed intestinali. A completamento di tutti ciò possiamo
sempre intervenire con
la fitoterapia, che svolge
un ruolo importantissimo nel coadiuvare le fisiologiche funzioni degli organi emuntori (fegato, reni ed intestino).
Compito non così semplice
perché occorrerà evitarlo
anche nelle sue forme
più nascoste (ad
esempio, gli intolleranti al lattosio potrebbero “incontrare” il siero di latte
nel prosciutto cotto). Nello stesso
periodo verranno
eliminati anche i
cibi che possono
generare reazioni
crociate, come
latticini e carne
di manzo. Successivamente si
cerca di reintrodurli, in modo
graduale e controllato. Anche
per questo è essenziale rispettare una corretta
educazione alimentare.