ITALO CREMONA: BIOGRAFIA

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ITALO CREMONA: BIOGRAFIA
ITALO CREMONA: BIOGRAFIA
(Cozzo Lomellina 1905 – Torino 1979).
Figlio di un medico, nel 1911 la famiglia lo trasferisce a Torino. L’adolescenza è segnata dalla
tragica morte del padre, caduto durante la Prima Guerra Mondiale. Terminati gli studi classici, nel
1927 si laurea in Giurisprudenza. Intanto, frequenta gli ateliers dei pittori Mario Gachet e Vittorio
Cavalleri e i corsi serali della Scuola di Nudo, presso l’Accademia Albertina di Belle Arti. Esordisce a
Torino nel 1927, esponendo uno Studio di oggetti alla XXVIII Esposizione delle Società degli ‘Amici
dell’Arte’. L’anno dopo partecipa alla LXXXVI Expo di Belle Arti della Società Promotrice di Torino,
con due opere: Allo specchio e Paesaggio ferroviario. Intanto, conosce Felice Casorati e i giovani
artisti che frequentano il suo studio. Nel 1931 espone alla Quadriennale d’Arte di Roma
(parteciperà anche alle successive edizioni). Dal 1932 è presente alla Biennale di Venezia. Nel
1933, presentato da Michele Guerrisi, tiene una ‘personale’ al Cenacolo di Genova. A partire dalla
metà degli anni trenta, inizia una proficua collaborazione con il Teatro e soprattutto con il Cinema,
impegnandosi quale sceneggiatore, scenografo, arredatore, costumista e assistente alla regia.
Contemporaneamente scrive su alcune delle più prestigiose riviste dell’epoca (Il Selvaggio,
Emporium, Primato, La Fiera letteraria, Paragone, Il Caffè, ecc.). Nel secondo dopoguerra insegna
prima alla Scuola di Decorazione dell’Accademia Albertina, a Torino, e successivamente (1956)
costituisce l’Istituto d’Arte per il Disegno di Moda e Costume che dirige per quasi vent’anni.
Continua a dipingere e a scrivere, pubblicando romanzi e studi critici. In Italia è tra i primi a
rivalutare il Liberty con il saggio Il tempo dell’Art Nouveau (Vallecchi, Firenze, 1964).
Capace di dare vita sulla tela a deliri dalle campiture controllatissime che creano una distonia
costante con i suoi soggetti e i suoi colori brillanti, quasi psichedelici. Danze macabre, nudi di
donna, demoni e figure animalesche, forme che si plasmano e si ricreano, in omaggio a Savinio, il
più “dionisiaco” dei fratelli De Chirico. Se il gusto di una definizione minuziosa degli oggetti - in
antitesi alle correnti di derivazione impressionistica - e la capacità di trarre dagli oggetti e dagli
ambienti rappresentati suggestioni di quasi onirica magia effettivamente possono accostarlo al
surrealismo, lo fa decisamente diverso sia il ripudio delle tendenze ideologiche che dei surrealisti
erano state proprie, sia il senso, quanto mai concreto, delle cose rappresentate, "raccontate" sì
con inventiva ricca anche di allusioni fantastiche, ma sempre con lucidissima e distaccata ironica
intelligenza. Sapeva mantenere intatta la propria indipendenza di visione e di gusto. Questa
indipendenza lo tenne ben distinto dai due principali gruppi "d'avanguardia" operanti allora a
Torino: i "secondi futuristi" e i "sei pittori di Torino" patrocinati da Persico e Lionello Venturi, in
una posizione singolare e personalissima. Si attenuano, negli anni Cinquanta e Sessanta, gli aspetti
più icasticamente "provocatori" della sua pittura e il senso del "racconto", in favore di una pacata
visione obiettiva, in cui la suggestione "magica" scaturisce meno dall'imprevedibilità dei soggetti
che dalla loro finissima, assorta, resa pittorica. Importante, in questi anni, specialmente dopo il
'63, l'attività di incisore: una tecnica in cui Cremona trovava particolare occasione per esprimere,
in un segno nitido e preciso, quell'allucinato senso della forma, il gusto dell'invenzione fantastica
accoppiata alla minuziosa definizione del particolare, che gli era proprio.