23 aprile 2012 - Circolo Che Guevara

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23 aprile 2012 - Circolo Che Guevara
Il "Che Guevara"
controlacrisi.org
di 23 aprile 2012 - 23 aprile 2012
miogiornale.com
LA MAREA ROSSA FRANCESE. LA SINISTRA RADICALE ARRIVA AL 15%
RADDOPPIANDO I VOTI DEL 2007
23/04/2012
Da molti commentatori e giornali della stampa italiana il risultato di Mèlenchon viene oscurato,
si passa dal "deluso" all'oscuramento cha va a favore del risultato di Marie le Pen. Ma è davvero
così? No! Per nulla, la sinistra radicale nel suo complesso ottiene il 15% raddoppiando i voti dal
2007. Il vero risultato politico è inoltre dato dalla capacità riaggregante del modello federativo del
Front de Gauche. Segnaliamo questa approfondita analisi di Gennaro Carotenuto pubblicata nel
suo blog.
Soffermiamoci su di un aspetto particolare del primo turno delle presidenziali francesi. È andato bene o male
il candidato del Front de Gauche Jean-Luc Mélenchon con il suo 11% abbondante dei voti e quattro milioni di
francesi che lo hanno votato? Nei titoli dei giornali, che giustamente si soffermano sull’imminente ballottaggio,
sull’incollatura di vantaggio di François Hollande su Nikolas Sarkozy e sull’agghiacciante trionfo dell’ultradestra
di Marine Le Pen, Mélenchon viene liquidato spesso come delusione. Ma è proprio così?
Partiamo dalle definizioni. Definiamo per comodità "sinistra radicale" tutte quelle candidature collocabili alla
sinistra del Partito Socialista. In Francia, come spesso nel mondo, non esiste quella beota corsa italiana ad un
centro politico nominalistico. Sarkozy è destra, Hollande è sinistra e ciao.
Nelle elezioni presidenziali del 2007 la sinistra radicale ottenne circa l’8.5% dei voti. Spiccò il solo Olivier
Besancenot che ottenne 1.3 milioni di voti, pari al 4% dell’elettorato. Dietro di lui i vari Buffet, Laguiller,
Schivardi e Bové si suddivisero il resto. In particolare la candidata ufficiale del Partito Comunista Marie-George
Buffet non arrivò al 2%.
Dopo quel passaggio viene fondato il Fronte delle Sinistre che, sempre per comodità, collochiamo a sinistra
del partito socialista e a destra del mondo trotskista, dal quale provenivano Besancenot e Laguiller, riunito nel
Nuovo Partito Anticapitalista. Nel 2009 il Front de Gauche si presenta alle elezioni europee. La novità cambia
i rapporti di forza dentro la sinistra radicale francese e il Front de Gauche (che ingloba il PCF) supera il 6%,
eleggendo 5 parlamentari, superando il Nuovo Partito Anticapitalista (4.8%, nessun eurodeputato).
Quei risultati erano un po’ drogati dal risultato di Europe Écologie, gli ambientalisti capaci di pareggiare il
risultato del Partito socialista al 16%. Nelle presidenziali 2012 i verdi di fatto non hanno alcun ruolo. Eva Joly,
prestigiosa magistrata franco-norvegese, famosa per le inchieste sui crimini ambientali delle multinazionali,
è una comparsa che prende appena un voto su otto di quelli che il suo movimento aveva raccolto nel 2009.
Secondo alcuni studi tra la metà e i due terzi dei voti persi da Joly sono andati a rafforzare François Hollande.
Al debutto la candidatura di Jean-Luc Mélenchon parte dal 5% nei sondaggi. È ben di più del 2% della Buffet ma
è perfino meno di quanto il partito aveva fatto alle europee. Numericamente il suo compito principale è vincere
il solito gironcino di sinistra con il candidato dell’NPA Philippe Poutou, Eva Joly, Nathalie Arthaud. Nessuno
prevedeva, anche solo un paio di mesi fa, che potesse avvicinare il candidato centrista, François Bayrou.
Non andrà così. La candidatura di Mélenchon prospererà fino a riempire la piazza della Bastiglia e a proporre
probabilmente un modello europeo di aggregazione a sinistra dei grandi partiti, il PS ma anche il PSOE, l’SPD,
il PD. Il Front de Gauche, che piaccia o no, riesce a monopolizzare la vasta quanto litigiosa sinistra francese e
ad espanderne i confini. A un certo punto i sondaggi lo danno in competizione con Marine Le Pen per il terzo
posto. È un miraggio, ma se i sondaggisti hanno sbagliato e per alcuni fin dal primo turno ha prevalso il voto
utile anti-Sarkozy, sarebbe non solo errato ma anche in malafede parlare di delusione per Mélenchon.
Erano 31 anni, dal canto del cigno del Partito Comunista Francese, quando Georges Marchais superò il 15%
aprendo le porte dell’Eliseo a François Mitterand, che un candidato della sinistra radicale non superava il 10%.
Alla sinistra di Mélenchon, Joly, Poutou, Arthaud, sono marginalizzati ma sommano un altro 4%. Ciò vuol dire
che la sinistra radicale nell’insieme in cinque anni quasi raddoppia i propri voti passando dall’8.5 al 15%. Quasi
un nuovo inizio per chi critica il modello vigente.
La generosità e la lealtà senza infingimenti con la quale Mélenchon ha immediatamente appoggiato Hollande
per il ballottaggio del 6 maggio testimoniano la possibile saldatura tra una Francia e un’Europa civile e la
Francia di Sarkozy che per vincere il 6 maggio si appiattirà sulla spazzatura neo-fascista di Marine Le Pen.
23 aprile 2012
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Come ha scritto Vittorio Zambardino, il voto a Le Pen è così grave che è come se Casa Pound (il livello è quello)
avesse preso il 20% in Italia.
Secondo i sondaggi oltre i quattro quinti degli elettori di Mélenchon non ha dubbi sul voto ad Hollande. Tale
generosità rende pleonastico il dibattito sul condizionamento a sinistra di Hollande lasciandogli mani libere per
quello che si prospetta come uno scontro di civiltà. Un regalo prezioso che solo da una posizione di forza la
sinistra può fare. E questa sarebbe una sconfitta?
Gennaro Carotenuto su http://www.gennarocarotenuto.it
FERRERO (PRC): OTTIMO RISULTATO DEL FRONT DE GAUCHE. SINISTRA UNITA
TORNA A LIVELLI ANNI 80
23/04/2012
Brindiamo al risultato del Front de Gauche. Il risultato francese vede la sinistra unita tornare ai livelli che aveva
all'inizio degli anni '80, un risultato ottimo che sarà decisivo per battere le destre nel secondo turno e per
modificare le politiche economiche. Il Front de Gauche da indicazione di voto per Hollande ma mantiene intatta
la sua autonomia politica e non apre alcuna trattativa su governo e contenuti. La destra estrema segnala una
volta in più la sua forza: la destra si batte solo attraverso la costruzione del conflitto e di una soggettività di
massa anticapitalista.
Caro Bersani, piu' che applaudire Hollande dovresti provare vergogna
23/04/2012 di PIOBBICHI FRANCESCO
C'è una cosa che detesto nella politica italiana. L'ipocrisia. La detesto ancora di più quando questa coinvolge
personalità politiche che la stampa colloca nella sinistra. Ho letto che ieri sera Bersani ha applaudito il risultato
di Hollande dicendo che ora è possibile modificare le politiche europee. Ci vuole coraggio ad affermare una
cosa del genere da parte di un segretario di un partito che la settimana prima fa approvare dai suoi senatori negando al popolo italiano la presa di parola – l'inserimento del vincolo di bilancio in costituzione. Sia chiaro,
le dichiarazioni di Hollande sono state ambigue rispetto al Fiscal Compact ed al vincolo di bilancio. Hollande ha
detto che se non sarà inserito il riferimento alla crescita non voterà queste norme. Come scriviamo da tempo
su questo blog, è impossibile mettere insieme il rigore del Fiscal Compact con la crescita. Almeno per ora però,
Hollande in Francia, in una logica emendativa, permette di tenere aperto un ragionamento sull'Europa che in
Italia il PD ha contribuito a chiudere definitivamente scassando la nostra costituzione, le pensioni e il contratto
del lavoro. Più che applaudire Hollande in Francia Bersani dovrebbe provare vergogna per quello che ha fatto
in Italia negli ultimi mesi.
Brancaccio e Cavallaro: Art.18, pulizie di primavera
22/04/2012 di Emiliano Brancaccio e Luigi Cavallaro (il Manifesto)
La riforma del mercato del lavoro è solo «il primo tempo» di una partita che non sarà chiusa senza l'estensione
delle nuove norme anche al pubblico impiego.
Ha detto così il ministro per la Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, in un'intervista pubblicata lo
scorso 19 aprile sul quotidiano Avvenire.
L'obiettivo del governo è infatti quello di riorganizzare le pubbliche amministrazioni secondo le esigenze della
spending review sulla spesa pubblica e dunque di definire in tempi brevi «il quadro delle eccedenze del
personale in servizio»: «Se un'amministrazione non ha bisogno di 500 dipendenti, ma può andare avanti bene
con 400», ha spiegato infatti Patroni Griffi, «deve poter essere messa nella condizioni di operare con quei 400».
Quanto agli esuberi, si proverà a riqualificarli per riutilizzarli in altri settori, e se questa possibilità non dovesse
sussistere «l'unica strada rimarrà quella del licenziamento».
Al di là delle rituali smentite dopo i primi malumori sindacali, è quanto mai significativo che il ministro
abbia individuato nei licenziamenti per motivi economici l'unico terreno su cui si avvierà il confronto per
l'armonizzazione tra la disciplina dell'impiego privato e quella dell'impiego pubblico. Ciò significa infatti che,
nell'opinione del governo, la nuova versione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori contenuta nel disegno
di legge in discussione al Senato è destinata a operare per forza propria nell'ambito del pubblico impiego,
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senza alcun bisogno di una specifica «iniziativa normativa» futura.
Può sembrare una forzatura, visto che nell'art. 2 del disegno di legge sta scritto espressamente che
l'armonizzazione della disciplina dei pubblici impiegati ai principi e criteri fissati dalla riforma governativa
avverrà in seguito e previo confronto con i sindacati del settore.
Ma la forzatura è solo apparente, perché l'art. 14 del disegno di legge, modificando i primi sei commi dell'art.
18 dello Statuto, incide su una norma che è già applicabile alle pubbliche amministrazioni in virtù della
disposizione generale contenuta nell'art. 51 del Testo unico sul pubblico impiego ("La legge 20 maggio 1970,
n. 300, e successive modificazioni e integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal
numero dei dipendenti"). E se così è, bisogna concludere che l'art. 14 rappresenta una di quelle previsioni che
statuiscono «espressamente» sul rapporto di lavoro dei pubblici impiegati e che proprio per ciò - come si legge
nello stesso art. 2 - non necessitano di alcuna ulteriore iniziativa normativa per trovarvi attuazione.
Basti pensare che, se così non fosse, l'effetto paradossale del disegno di legge governativo sarebbe quello di
creare due articoli 18, uno (quello modificato) valevole per l'impiego privato e l'altro (quello... non modificato,
che però non esiste più) per il pubblico impiego.
Comprendiamo bene che l'intentio lectoris del sindacato possa coincidere con un simile paradosso, ma se
abbiamo ragione a suggerire che l'intentio operis che traspare dal disegno di legge è un'altra si potrebbe
dedurre che sia un'altra anche l'intentio auctoris, cioè la volontà del governo. Il nuovo rialzo dello spread tra i
Bund e i nostri Btp e le parole del ministro Patroni Griffi confermano che non avevamo visto male a supporre
che il ribasso delle scorse settimane fosse dovuto all'inondazione di liquidità decisa dalla Bce, piuttosto che
ad un'intrinseca «credibilità» del governo in carica, e ad individuare nel taglio degli organici del pubblico
impiego una delle possibili contromisure governative («I dipendenti pubblici rischiano eccome», 24 marzo).
Retrospettivamente, ne verrebbe spiegata anche la determinazione con cui il governo ha voluto confinare il
reintegro nei licenziamenti per motivi economici al solo caso di «manifesta insussistenza del fatto posto a base
del licenziamento per giustificato motivo oggettivo»: cosa c'è di meglio, quando si annunciano le pulizie di
primavera?
Populismo e popolo
21/04/2012 di Norma Rangeri (il manifesto)
Con l’ennesimo, accorato appello del presidente Napolitano «a risollevare la politica dall’impoverimento
culturale che ne ha segnato la decadenza» e le frasi di Berlusconi sulle feste di Arcore descritte dall’anziano
leader come eleganti «spettacoli di burlesque», ieri sembrava di essere tornati nel vecchio, putrescente mondo
politico italiano. Invece è peggio, molto peggio.
Tra i morsi feroci della crisi economica e gli scandali nauseanti della corruzione politica, siamo dentro un default
democratico pieno e violento. Tanto da rendere moneta corrente il dibattito sull’abolizione dei partiti, senza se
e senza ma.
La domanda sull’utilità di tenere in vita questi rappresentanti del popolo è stata rivolta al pubblico della Rete
l’altra sera, durante il programma di Santoro dedicato allo sfascio della politica. Scontato e inarrestabile il
risultato: un plebiscito di consensi. Il sintomo di un sentimento diffuso, maggioritario. Facile prevedere che se
un referendum pro o contro i partiti uscisse dai sondaggi e venisse calato nella realtà, di questi partiti non
resterebbe traccia. Piuttosto meglio un uomo forte, un angelo vendicatore capace di toglierci dalla palude della
corruzione, del privilegio, dell’impunità che le forze politiche, di destra e di sinistra, non hanno sconfitto
essendone complici e, spesso, la quinta essenza.
La rabbia, l’odio, la disperazione si sommano e accendono il fuoco purificatore in un paese sballottato tra un
finanziamento pubblico tradotto in lingotti d’oro e una crisi economica segnata dai suicidi, tra tesorieri infedeli
e lavoratori ridotti a rifiuti del mercato. Distinguere tra cause (il dominio assoluto di un capitalismo barbaro) ed
effetti (una politica ridotta a tecnica amministrativa) diventa sempre più faticoso, la logica del «sono tutti
uguali», acquista la forza poderosa del pollice verso, fa volare l’audience dell’antipolitica, ingrassa il consenso,
mortifica l’analisi, accoglie con fastidio il lavoro di quanti nei partiti lavorano con impegno e onestà.
I comizi di Grillo sono l’ultima moda dello spettacolo politico, l’osso leghista è spolpato dal santone con un
miscuglio di proclami contro l’euro e contro la cittadinanza ai figli degli immigrati. L’imperativo è moltiplicare
l’indignazione popolare e fare un bel falò di questa classe dirigente, incapace e corrotta. Pazienza se poi ci
toccherà sopportare per un altro ventennio qualche salvatore della patria, sobrio e presentabile, prodigo di
promesse sul paese da ricostruire come un’azienda. In fondo di Berlusconi ci saremmo già dimenticati, se ogni
tanto non tornasse lui a ricordarci perché siamo giunti a questo crollo di credibilità del sistema.
In tribunale per il processo Ruby, davanti alle telecamere, l’ex re d’Italia ha spiegato che le donne sono un po’
esibizioniste, che si trattava di uno spettacolino di burlesque, e non c’è niente di male. Perfino patetico, ma fino
a ieri era il presidente del consiglio che chiedeva al parlamento della repubblica l’umiliante voto per la nipote di
Mubarak. Uno spogliarello istituzionale e definitivo. Oggi raccogliamo le macerie e gridare contro l’antipolitica è
un inutile. Specialmente se tra i suoi più assidui critici figurano in prima fila gli stessi che hanno consegnato le
chiavi del governo a chi taccia di populismo le più elementari aspirazioni popolari.
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Lidia Menapace: La riforma sul mercato del lavoro colpisce prima di tutto le
donne
21/04/2012 di Lidia Menapace (rifondazione.it)
Non è un caso che alle manovre inique sul mercato del lavoro si aggiungano colpi intesi a cancellare lo stato
sociale (che già quasi non esiste più): di questa decisione bisogna dare anche una lettura di genere.
Lo stato sociale, una invenzione europea, è la forma di stato più avanzato, il massimo di socialità statuale
che si possa avere nel capitalismo. E' fondato sull'idea che i bisogni storicamente emersi diventano diritti,
e come tali vengono realizzati universalmente: sono il lavoro, la salute, la scuola ecc.ecc. Diventano diritti
comuni. Sono caratterizzati dall'universalità e debbono essere alimentati col fisco. Obbligano a una struttura
della spesa pubblica e del bilancio dello stato che privilegi i bisogni-diritti dei cittadini/e e non la guerra ecc.
L'Europa del capitalismo in crisi cambia priorità e lede l'autonomia degli ordinamenti nazionali, come si è
visto. Draghi dichiara che lo stato sociale non può continuare e nei vari documenti si profila un ritorno
all'indietro con una netta violazione dell'uguagliaza: infatti l'accesso ai diritti viene sottoposto alle leggi di
mercato, la scuola ridiventa classista con il suggerimento di fermarsi alla preparazione al lavoro dipendente
manuale attraverso l'apprendistato, la salute sottostà ai tickets e alla medicina privata a pagamento, i servizi
sociali sono a pagamento. Per chi è in difficoltà economiche viene rilanciato lo stato assistenziale, affidato alla
"supplenza permanente " della Chiesa.
Tutto ciò colpisce il diritto di cittadinanza in modo molto forte, ma in particolare colpisce le donne che debbono
accollarsi il doppio lavoro (domestico e sul mercato) e vedono anche ridursi la possibiiità di lavoro, dato che
la domanda delle donne ha sempre privilegiato i lavori della riproduzione, insegnanti professioni mediche o
paramediche, pubblico impiego.
Il rischio è che il Governo, il nuovo centro moderato e le tradizioni rilancino la famiglia e in essa il servizio
sociale onnicomprensivo non pagato, cioè il casalingato. Le donne vengono tendenzialmente rinviate a casa
,il che renderà anche meno frequente la scolarizzazione femminile; inoltre il rilancio della famiglia tenderà a
ripristinare il ruolo domestico delle donne, che ridiventeranno quelle che tengono mariti padri fratelli lontani
dalle lotte e dagli scioperi,se il maschio resta l'unico percettore di reddito.
Per questo l'elettorato femminile può tornare ad essere un'area della popolazione che la Chiesa manovra
mandandola o non a votare: si è già visto nel referendum sulla riproduzione assistita. L'emancipazione
femminile e il femminismo sono fenomeni ancora troppo recenti e troppo poco assunti nell'agenda politica
laica, per resistere alla crisi, al patriarcato, alla Chiesa cattolica. E ancora una volta può capitare che il
patriarcato anche inconsapevole della sinistra dia una mano al capitalismo: immettendo nella sinistra un tasso
di conservazione straordinario, ad esempio mantenendo la doppia morale e non dividendo quasi per nulla
il potere. E' capitato persino che ciò abbia prodotto equilibri più avanzati. Ma oggi può solo accrescere la
barbarie come si vede dall' intollerabile livello della violenza contro le donne.
Mercato del lavoro: Sbagliato il giudizio positivo della segreteria Cgil.
21/04/2012 (rifondazione.it)
di Nicola Nicolosi
Mentre in tutt'Europa avanza la richiesta di cambiamento del paradigma economico, politico e sociale, il
governo Monti continua ad ispirarsi al modello liberista che tanti danni ha causato.
Alla luce di tale consapevolezza, non sono d'accordo con il giudizio dato dalla segreteria nazionale Cgil in
merito al ddl presentato dall'esecutivo sul mercato del lavoro. In particolare sull'Articolo 18, l'interpretazione
fornita riguardo alla possibilità per i lavoratori di essere ancora reintegrati sul posto di lavoro è molto debole
e non ha elementi di fondatezza giuridica. La modifica dell'Articolo 18 non è accettabile e la Cgil ha il dovere
di resistere all'attacco del governo e di Confindustria. In caso contrario, ci assumeremmo una responsabilità
storica nell'avallare il cambiamento di una norma a discapito del sistema di protezione sociale e occupazionale
dei lavoratori.
La Cgil deve attestarsi su ben altra posizione: quella sancita dalla 'memoria' recapitata al Senato in occasione
della recente audizione delle parti sociali in commissione Lavoro: la Cgil ha assunto un orientamento positivo
e pienamente rispettoso del diritto al reintegro del lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa o
giustificato motivo. Riferendoci alle facoltà attribuite ai giudici del lavoro, abbiamo chiesto di reintrodurre il
'deve reintegrare', contro il 'può reintegrare' previsto dalla nuova formulazione, per evitare il sorgere di conflitti
tra scuole di pensiero all'interno della magistratura e forme di discrezionalità sulla pelle dei lavoratori. Inoltre,
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al Senato, abbiamo criticato duramente la definizione di 'manifesta insussistenza', chiedendo di eliminare
l'aggettivo 'manifesta' relativamente ai licenziamenti per motivi economici, individuali e collettivi.
La Cgil non smentisca se stessa: lo faccia anche per rilanciare il movimento di lotta e per fare in modo che il
Paese continui a guardare al più grande sindacato italiano come ad un baluardo della democrazia e dei diritti.
Altrimenti si potrebbe pensare, come taluni già stanno facendo, che la Cgil abbia ceduto la sua autonomia
ai tre partiti della maggioranza: è una lettura dei fatti da respingere ma, per poterlo fare, non deve essere
suffragata da decisioni assunte dalla Cgil al termine del suo Comitato Direttivo.
Nicola Nicolosi - Segretario nazionale CGIL, Coordinatore “Lavoro Società"
ART.18: LANDINI, SENZA DIRITTI NON È LAVORO
22/04/2012
MONTENERO DI BISACCIA (CAMPOBASSO) 22 APR - «Senza diritti non è un lavoro». Lo afferma il segretario
generale Fiom Maurizio Landini, a Montenero di Bisaccia, partecipando alla manifestazione pubblica in difesa
dei lavoratori «Fermiamo la demolizione dell'articolo 18», promossa dall'Italia dei Valori. «In un paese quando
le cose funzionano dovrebbero essere mantenute, qui invece si vuol mettere in discussione ciò che funziona»
dice. Ed a proposito del disegno di legge in Parlamento aggiunge: «non va bene perchè l'articolo 18 deve
garantire il reintegro sempre e non solo in alcuni casi e quello che si sta discutendo è un arretramento così
come non è accettabile mantenere la stessa precarietà di prima e non avere esteso gli ammortizzatori sociali
anche a quelli che non ce l'hanno. Così si rendono meno libere le persone». Rimettere in discussione un diritto
di questa natura per Landini «vuol dire dare mano libera alle imprese. L'Italia è il paese in Europa dove c'è
la massima precarietà con 46 tipi diversi di contratto di lavoro. Ci vuole una diversa politica per valorizzare il
lavoro e creare nuovi posti con gli investimenti».(ANSA).
Ma dov’è finita la patrimoniale straordinaria?
22/04/2012 di Valentino Parlato (il manifesto)
Se ben ricordo, il governo Monti nelle sue prime settimane registrò un successo che apparve straordinario: il
famoso spread subì un calo significativo. Sembrava l’assicurazione di essere sulla buona strada, ma proprio in
queste settimane lo spread è tornato a salire, mettendo in seria difficoltà il governo. Se lo spread torna a salire
vuol dire che siamo al punto di prima. In effetti lo spread era sceso non per interventi del governo, ma perché la
Banca Centrale Europea aveva fatto congrui acquisti di titoli di stato e, soprattutto, aveva rifinanziato in modo
sostanzioso le banche italiane con prestiti triennali all’1% di interesse. Bene, oggi siamo al punto di prima e
bisogna assolutamente frenare la crescita dello spread , anzi ridurlo.
Come? Sul Corsera del 14 aprile Lamberto Dini e Natale D’Amico propongono le «dismissioni di beni di
proprietà pubblica che azzeri il ricorso al mercato del Tesoro anche nei due anni che sono innanzi a noi». In
effetti Dini e D’Amico propongono la ripetizione delle privatizzazioni realizzate negli anni ’90, che ridussero il
debito di 10 punti rispetto al Pil, abbassandolo in circa cinque anni da 117 al 107 per cento, ma nel decennio
successivo il debito è tornato al 118 per cento. In questa situazione c’è più di un dubbio sulla proposta di
tornare alle dismissioni, che ridurrebbero il patrimonio dello stato, e quindi anche la possibilità di fronteggiare
nuovi aumenti dello spread, come sta avvenendo in questi giorni. In questa situazione forse sarebbe più
ragionevole e sicuro ricorrere alla famosa imposta patrimoniale straordinaria, della quale si era parlato all’inizio
del governo «tecnico», ma che ora è proposta solo dalla Cgil. A questo punto è inevitabile andarsi a rivedere
quel che su questa imposta scrisse Luigi Einaudi.
«L’imposta straordinaria sul patrimonio dice al contribuente: vivi sicuro e fidente. Io vengo fuori a intervalli
rarissimi, dopo una grande guerra, nel 1920 e poi, forse, nel 1946 per mettere una pietra tombale sul passato e
liquidare il grosso delle spese derivanti dalla guerra. Per l’avvenire tu pagherai solo le imposte ordinarie che tu
stesso, per mezzo dei tuoi mandatari avrai deliberato per far fronte alle spese correnti dello Stato». La crisi che
colpisce in questo 2012 ha fatto e fa più danni di una guerra.
A questo va aggiunto che, come documenta la Banca d’Italia e non un qualsiasi estremista, la ricchezza è
straordinariamente concentrata e un’imposta patrimoniale straordinaria (sottolineo straordinaria) dovrebbe
colpire soltanto l’area dei grandi ricchi, che dopo essersi arricchiti ai danni del paese potrebbero (dovrebbero)
contribuire al suo risanamento.
Ma di patrimoniale non se ne parla più. Ma gli altri: il Pd e le altre forze politiche che si dicono di sinistra anche
loro fanno finta di non sentire? Forse allora bisogna dar ragione a Francesco Giavazzi, che ha scritto un’ottima e
brillante prefazione al saggio di Einaudi, quando scrive che questa straordinaria patrimoniale è improponibile
perché «questi governanti hanno perduto la fiducia dei contribuenti. Non la riguadagneranno con una
patrimoniale, il cui beneficio oggi farebbe la fine delle privatizzazioni degli anni Novanta». Giavazzi scriveva
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queste parole nel 2011, quando c’era un altro governo. Ma il giudizio sugli attuali governanti non è cambiato?
E la patrimoniale è stata messa nel dimenticatoio?
LIBRI & CONFLITTI. Estratto da SCAMBIO CASA. Istruzioni per l'uso, di V. Strizzi e
A. Villarini - Quodlibet
22/04/2012 di isabella borghese
Libri & Conflitti. Scambio Casa. Istruzioni per l'uso, di Vanessa Strizzi e Andrea Villarini Quodlibet . Un
nuovo modo di viaggiare. Armarsi di istruzioni per l'uso e permettere agli italiani, soprattutto in tempo di crisi,
di concedersi una vacanza attraverso modalità alternative, economiche, in Italia come nel resto del mondo.
Occorre possedere una casa, iscriversi in qualche sito di riferimento, rispettare poche ma importanti regole ed
è fatta. Controlacrisi per Libri & Conflitti questa settimana ha scelto di strizzare l'occhio agli italiani, suggerire
un po' di leggerezza, una pausa dalla crisi e permettere così di scoprire e usufruire di questo modo di viaggiare.
Martedì prossimo l'intervista ad Andrea Villarini
CAPITOLO PRIMO
I PRIMI PASSI
Da dove si comincia
La prima cosa da fare, se avete deciso di viaggiare scambiando casa, è scegliere un sito internet al quale
iscrivervi e preparare tutto il necessario per completare la vostra iscrizione. Si tratta di fare delle foto del vostro
appartamento (gli interni più significativi, qualche esterno, uno scorcio di paesaggio nei pressi di casa vostra),
di voi e di chi viaggia con voi. Bisogna poi preparare una descrizione di casa vostra, indicazioni sulla zona o
quartiere dove abitate, sulla vostra città o regione. Inoltre, dovrete predisporre alcune lettere – possibilmente
in inglese – per proporre scambi e rifiutare le proposte che non vi interessano. Foto e descrizioni della casa vi
serviranno al momento dell’iscrizione, le lettere potranno tornarvi utili non appena iscritti, dal momento che
le prime richieste possono arrivare velocemente ed è meglio, quindi, farsi trovare preparati. Qui di seguito vi
forniamo tutti i consigli necessari. Vediamo insieme.
La scelta del sito internet Nella scelta del sito fatevi guidare dalle vostre esigenze (economiche e non): ne
esistono per tutti i gusti e le tasche, alcuni anche gratuiti. I siti sono per lo più generalisti e propongono
opportunità per tutti. Ne esistono, però, anche di specifici, dedicati ad esempio a docenti universitari in
cerca di alloggio per un anno sabbatico (sabbaticalhomes. com), a single che non possono offrire grandi
alloggi (singleshomeexchange.com), e ce ne è anche uno dedicato alle persone avanti con gli anni
(seniorshomeexchange.com). Insomma, basta sapere quello che si vuole e si ha solo l’imbarazzo della scelta.
In fondo al volume trovate una lista di siti con un breve commento di accompagnamento che vi può aiutare
nella scelta (p. 97). Nella nostra guida non ci concentreremo sui siti pensati per una tipologia specifica di
persone, ma su quelli dove chiunque può trovare qualcosa che faccia al caso suo. Attualmente i siti principali
per numero e varietà di offerta, specie per gli utenti italiani, sono scambiocasa. com (homeexchange.com
nella sua versione internazionale), homelink.it (homelink.org nella sua versione internazionale), intervachomeexchange.com. Sono i tre più diffusi e con il più alto numero di utenti (tra i 35.000 e i 40.000 ciascuno).
Quello con il maggior numero di iscritti dai paesi più diversi è scambiocasa.com. In generale, l’alto numero di
iscritti, oltre a essere una garanzia aggiuntiva contro eventuali imprevisti, è anche un vantaggio in termini di
maggiori opportunità per lo scambio di casa. I siti sono disponibili in lingua italiana, ma ne esistono versioni
nelle principali lingue del mondo: inglese, francese, spagnolo ecc. L’offerta di case non cambia, cambia solo
la lingua delle istruzioni per la navigazione nel sito. Noi ne abbiamo provati personalmente due e siamo molto
soddisfatti, mentre per il terzo abbiamo notizie di prima mano da amici iscritti che si trovano bene. I costi
per l’iscrizione a un sito a pagamento variano dai 90 ai 120 euro l’anno. In certi casi è prevista anche la
possibilità di risparmiare abbonandosi per periodi più brevi. La quota d’iscrizione presuppone un minimo di
serietà e d’impegno da parte degli aderenti e perciò tendiamo a consigliare (per chi può) di scegliere tra i siti
a pagamento. I siti offrono varie agevolazioni. Ad esempio, la possibilità di ottenere uno sconto per il secondo
anno di iscrizione, oppure quella di rinnovare gratuitamente la registrazione se al termine del primo anno non
siete riusciti a concretizzare uno scambio. Tra le varie offerte, due ci appaiono più utili di altre. La possibilità
di usufruire di una sezione last minute (su homelink.it e intervac-homeexchange.com) dove, proprio come
in un’agenzia di viaggi, è possibile all’ultimo momento organizzare uno scambio casa tra persone che non
hanno ancora trovato una soluzione per l’imminente vacanza, per coloro che hanno appena deciso di partire
o semplicemente si sono iscritti all’ultimo minuto al sito. In questi casi le offerte non sono certamente da
meno per quel che riguarda qualità dell’immobile, posizione o località. In altri termini, non va intesa come il
reparto degli scarti o della merce fallata di un qualche grande magazzino, ma come la sezione dove trovare
una certa disponibilità a concludere lo scambio in tempi rapidissimi, cosa che magari nel corso dell’anno è più
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rara. Altra opportunità molto utile è segnalare sul sito, con una sovrattassa molto ridotta, una seconda casa.
Chi ha la disponibilità di una seconda casa al mare, in montagna o in un altro luogo di villeggiatura può offrire
anche questa abitazione, aumentando le possibilità di concludere con successo uno scambio che interessa. È
possibile anche trovare un accordo con la stessa famiglia e trascorrere parte del viaggio in una casa e parte in
un’altra. A noi è capitato di stare qualche giorno a Parigi e qualche giorno in Bretagna, in due case di proprietà
della stessa famiglia, offrendo in cambio sia la nostra casa di città sia la nostra casa al mare. Nulla vieta,
ovviamente, di iscriversi contemporaneamente a più di un sito, cosa che però noi sconsigliamo per evitare
costi aggiuntivi di fatto inutili.
(...)
SCAMBIO CASA. Istruzioni per l'uso
di Vanessa Strizzi e Andrea Villarini
Quodlibet
prefazione di Curzio Maltese
pagine 115
euro 10,00
ISBN 9- 788874-623853
23 aprile 2012
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