Un uomo, un viaggio e la sua meta

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Un uomo, un viaggio e la sua meta
XV edizione
I Colloqui Fiorentini – Nihil Alienum
Giuseppe Ungaretti. “Quel nulla d’inesauribile segreto”
Firenze, Palazzo dei Congressi
25 - 27 febbraio 2016
MENZIONE D'ONORE
SEZIONE TESINA TRIENNIO
UN UOMO, UN VIAGGIO E LA SUA META
Studenti: Lorenzo Boretti, Erika Del Prete, Matilde Epifani, Edoardo Folini
Classe V B
Scuola Liceo Scientifico "Leonardo da Vinci" Firenze
Docente Referente Prof.ssa Francesca Cometto
Motivazione: Un vero confronto con le parole e lo sguardo del poeta, inseguendo "quei fili invisibili all'interno
della mente per cui proviamo una sorta di nostalgia, come se la poesia fosse sempre appartenuta a noi".
Un lavoro capace di raffronti suggestivi e personali, tanto dettagliato quanto di grande spessore esistenziale.
"Quanti di voi conoscono Giuseppe Ungaretti?”
Si leva dal fondo della classe un sospiro di sollievo: niente interrogazione oggi, la professoressa spiega. Il
sangue riprende a circolare ma la domanda sta ancora lì. Giuseppe Ungaretti? Facile. In prima fila una ragazza,
sicura di sé, comincia a decantare una nota poesia:
“si sta come d’autunno…”1
La professoressa accenna un sorriso e la ferma: Rosa è sempre preparata ma oggi non basta. Ripete la
domanda.
“Quanti di voi lo conoscono?”
L’insegnante, stavolta, precisa:
“Non vi sto chiedendo di parlarmi del poeta della prima guerra mondiale, vi sto chiedendo se conoscete
Giuseppe Ungaretti, l’uomo.”
17 ragazzi e un silenzio assordante.
A Rosa si tingono le guance di rosso: avrebbe giurato che la risposta era giusta, questa nuova precisazione le
sembra superflua e quasi senza senso. Le parole della professoressa però iniziano a risuonarle in testa.
E’ comune pensare che per conoscere un attore basti guardare i suoi film. E’ comune pensare che per
conoscere un poeta basti leggere le sue poesie e averne presente i caratteri generali: le testimonianze della
prima guerra mondiale, il nesso quasi inscindibile tra titolo e poesia, il processo di scarnificazione della parola.
E invece no: Giuseppe Ungaretti, prima ancora di essere un poeta, è un uomo, una “creatura”2 che, come
tutte le altre, necessita di essere capita.
Con questa tesina il nostro scopo è quello di far conoscere questo poeta: cercare di mostrare che non c’è
soltanto “m’illumino/d’immenso”.3 Dietro la formulazione di queste poche parole si nasconde, infatti, un
1 Giuseppe Ungaretti, Soldati, in Girovago, L’Allegria, Vita d’un uomo-Tutte le poesie, ed. Oscar Mondadori, Milano 2015 p.125.
2 Id., Sono una creatura, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, edizione citata p.79.
3 Id., Mattina, in Naufragi, L’Allegria, ed. citata p.103.
intero processo creativo e umano che merita di essere approfondito. La nostra tesina cercherà di essere
un'analisi del suo approccio alla realtà: per far questo il nostro gruppo ha deciso di mettere da parte, per il
momento, ciò che viene insegnato ai ragazzi sui banchi di scuola.
Italo Calvino nella lettera a Germana Pescio Bottino afferma:
“io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere”.4
Indubbiamente la biografia di un poeta influenza notevolmente il suo modo di scrivere ed i temi trattati e
quindi risulta, quasi sempre, fondamentale: chi non ha mai combattuto in guerra non sa cosa sia la distruzione
e forse non riuscirà mai a capire veramente come possa, il cuore del poeta, essere "il paese più straziato"5.
Senza nulla togliere a quella che è stata la sua infanzia, i suoi incontri ed i luoghi che ha frequentato nel corso
della sua vita, il nostro desiderio è stato quello di basarci, quasi esclusivamente, sulle sue parole. Vorremmo
esaminare la sua poesia spiegando cosa essa susciti in noi e, al contempo, esporre una nostra personale
teoria.
Il poeta sembra essere continuamente in viaggio alla scoperta dell’universo: Ungaretti si nutre del mondo,
l’uomo è “ubriaco/d’universo”.6
Le domande, però, sono molteplici: in che modo egli intraprende questo viaggio? Che cosa può aiutarlo in
questa sua ricerca? Qual è la sua meta? Dio è, forse, "quel nulla/d'inesauribile segreto"?7
I sensi come mezzo e come limite di conoscenza
Quello che ci ha maggiormente colpito, è che Ungaretti fa leva sugli strumenti che accomunano tutti gli
uomini per trasmettere loro ciò che ha vissuto in prima persona. In questo ruolo hanno un posto privilegiato i
sensi, ovvero le prime cose sulle quali l'uomo può fare affidamento nel suo personale viaggio verso la
conoscenza della realtà. Soffermiamoci, per esempio, sulla figura del neonato: come mai i bambini piccoli
mettono in bocca tutto ciò che trovano? Per un neonato “bocca” è equivalente a “mano”: essendo, alla
nascita una delle parti più sensibili del corpo, possiamo dire che il bambino, con le labbra, ha la possibilità di
assaporare il mondo che lo circonda. Tutte le informazioni passano, direttamente, dalla bocca alla
testa. Ungaretti al fine di conoscere sembra quasi calarsi nei panni di un bambino: nella sua analisi della realtà
niente è messo da parte, niente è da considerarsi inutile. Tutto ciò che il poeta sente è fondamentale, ogni
“assaggio” del mondo rappresenta un tassello in più all'interno della sua ricerca.
“ora mordo/come un bambino la mammella/lo spazio”8
Grazie ai cinque sensi il poeta tocca con mano ciò che lo circonda e l'attimo dopo già sembra sentire la
necessità di comunicare le sue piacevoli “scoperte” al lettore. Il poeta è attento nel descrivere ciò che sente:
ogni suono risulta necessario al fine di ricreare, esattamente, la situazione in cui si è trovato. In particolare, è
ricorrente, all'interno delle sue poesie, la presenza di un “canto”:
4 Italo Calvino, I libri degli altri. Lettere 1947-1981, a cura di Giovanni Tesio, con una nota di Gianni Fruttero, Einaudi, Torino 1991,
p.479.
5 Id., San Martino del Carso, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.89.
6 Id., La notte bella, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.86.
7 Id., Il Porto Sepolto, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.61.
8 Id., La notte bella, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.86.
“Ascolto il canto delle sirene/del lago dov'era la città”9
“Quale canto s'è levato stanotte/che intesse/di cristallina eco del cuore/le stelle”10
“E non sapeva/sciogliere/il canto/del suo abbandono”11
Come lui stesso afferma:
“io rileggevo i poeti, i poeti che cantano. Non cercavo il verso […] cercavo il loro canto."12
Ci è sembrato che in questa parola il poeta condensasse la sua idea sui sensi. Infatti, essi non sono soltanto il
modo in cui percepisce la realtà, ma diventano anche il mezzo per comunicare le emozioni che ha provato.
Ungaretti, con “canto”, sembra intendere musica, ritmo, che attraverso il suono smuove quei fili invisibili
all’interno della mente per cui proviamo una sorta di nostalgia, come se la poesia fosse sempre appartenuta a
noi.
Altre volte il poeta, attraverso l'utilizzo della figura retorica della sinestesia ci rimanda, contemporaneamente,
a diverse sfere sensoriali legandole inscindibilmente. In “Mattina” Ungaretti accosta lo stimolo visivo della
luce che “m'illumina”13 a quello uditivo, collegabile al silenzio dell'immensità o magari a quello tattile che
potrebbe essere individuato nel calore dovuto alla luce. In “Tutto ho perduto”, invece, troviamo l'espressione
“roccia di gridi”14: in questo modo si ha l'accostamento di vista e udito che ci permette di vedere quella che
altrimenti è un’entità astratta. Anche nella lirica “Natale” Ungaretti fa percepire al lettore suoni e sensazioni
attraverso le peculiarità della sua poesia e l’utilizzo delle immagini. Infatti, i brevi versi del componimento,
risultato di un graduale processo di scarnificazione della parola, danno l’impressione di un “singhiozzo”, che
rimanda alla sfera sensoriale dell’udito. Il movimento del fumo del camino e la “cosa posata in un angolo”15,
rimandano allo stimolo visivo mentre il caldo del fuoco a quello tattile. Attraverso queste immagini Ungaretti
sviluppa il contrasto tra il “qui” del luogo, in cui il poeta si trova al momento e dove riesce a sentire il caldo
buono e rassicurante del focolare, e il “là” della trincea, dove si possono percepire solo freddo e crudeltà.
Oltre ad esprimere una cruda condizione di realtà, questo contrasto è fondamentale al fine di comprendere lo
stato d’animo dell’autore: Ungaretti è stanco, sia fisicamente che mentalmente, e non ha voglia di tuffarsi “in
un gomitolo/di strade”16 che lo riporta al caos della trincea. Per questo si paragona ad un oggetto, privo di
coscienza, desideroso soltanto di restare al caldo del focolare in una casa che può regalargli un po’ di pace. Ha
bisogno di stare momentaneamente solo con se stesso, non cosciente della sua esistenza e del dolore che sta
provando, poiché sa che dovrà tornare a combattere. Queste immagini di “calore” si rivelano una vera e
propria arma a doppio taglio: se da una parte sono utilizzate per rendere esplicite le sue piacevoli sensazioni,
dall’altra le stesse rimandano alla sua dolorosa esperienza. Il poeta vorrebbe non soffrire, ma la stessa visione
della “cosa/posata/in un/angolo/e dimenticata”17, in realtà, gli ricorda i corpi dei suoi compagni torturati e
9 Id., Nasce forse, in Ultime, L’Allegria, ed. citata p.47.
10 Id., La notte bella, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.86.
11 Id., In memoria, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.59.
12 Id., Ragioni d’una poesia, ed. citata p.9.
13 Id., Mattina, in Naufragi, L’Allegria, ed. citata p.103.
14 Id., Tutto ho perduto, in Tutto ho perduto, Il Dolore, ed. citata p.241.
15 Id., Natale, in Naufragi, L’Allegria, ed. citata p.100.
16 Ibid.
17 Ibid.
abbandonati sui campi di battaglia. La pelle è la stessa: quella sfiorata dal calore e quella che mille volte si è
trovata a contatto con la pietra del Carso e il contrasto è inevitabile.
E’ quindi giusto fare affidamento sui sensi se questi possono rivelarsi come mezzo ma anche come limite?
Se, da una parte, i sensi sono indispensabili alla comprensione degli eventi, dall'altra non sempre sono criterio
di verità. Facciamo un semplice esempio: abbiamo, davanti a noi, un bastone immerso nell'acqua.
Quest'ultimo, ad un primo sguardo, sembra spezzato: si tratta di un'illusione ottica dovuta alla traiettoria della
luce. Abbiamo quindi due lati della medaglia: i sensi come mezzi e come limite. Il poeta, però, non si comporta
come il bambino che, di fronte al bastone, potrebbe affermare, con sicurezza, che esso è spezzato. Ungaretti,
sì, fa appoggio sui sensi ma procede consapevolmente e non si accontenta di essi: il bastone potrebbe essere
spezzato, ma potrebbe anche non esserlo e il poeta deve scoprirlo. Egli deve, partendo da ciò di cui dispone,
arrivare a conoscere “quel nulla d'inesauribile segreto”18, quella verità che sta, celata, alla base di ogni
elemento. Nella poesia “Natale” Ungaretti non si ferma alla mera osservazione, bensì riesce ad utilizzare le
immagini di ciò che lo circonda per spiegare il suo stato interiore, dando così un significato più profondo alle
stesse: come il fuoco del caminetto, queste possono apparire normali. Infatti, siamo convinti che l’uomo non
possa, basandosi solo sui sensi e sulla propria esperienza, nemmeno avvicinarsi a “quel nulla d’inesauribile
segreto”, poiché è fondamentale quella componente dell'animo legata al singolo ed insita, allo stesso modo,
in ognuno di noi.
Come si può cogliere l’Assoluto attraverso mezzi finiti? Ungaretti nota che in Leopardi questa esigenza che si
tramuta in ironia “giunge sino al suo punto di humour nero più estremo”19 nell'“Infinito”:
“l’infinito non può essere noto all’uomo, essere finito, che a mezzo di oggetti finiti: cose la cui vista ci è esclusa
non foss’altro che da una semplice siepe, possono diventare “interminati spazi”20
Conoscendo la realtà attraverso i sensi, andando oltre ad essa e perseguendo il vero, il poeta può ritrovare se
stesso come uomo e come piccola parte di un tutto. Tutto ciò contribuisce a rendere l'uomo più consapevole
per quanto riguarda il suo posto nel mondo ed il suo rapporto con ciò che non è percepibile con i sensi, il
divino, Dio.
Dio e la brama d’eterno
Il nostro gruppo si è interrogato molto su cosa potesse essere la fede. Nel mondo antico era comune pensare
che fede e ragione fossero strettamente connesse. L’armonia fra queste due è sostenuta dai padri della Chiesa
ed è ben resa attraverso la frase di sant’Agostino “crede ut intelligas, intellige ut credas”21. Oggigiorno invece
c’è la tendenza a credere che la fede non sia altro che un atto di fiducia: un sentimento fortissimo e
incondizionato verso qualcosa o qualcuno che tuttavia appare incomprensibile al nostro intelletto. Come
afferma Kierkegaard la fede è un vero e proprio scandalo per la ragione:
18 Id., Il Porto Sepolto, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.61.
19 Id., Ragioni d’una poesia, ed. citata p.35.
20Ibid.
21 Sant’Agostino, Sermone 43,9.
“la vera ragione per cui l’uomo si scandalizza del cristianesimo è perché esso è troppo alto, perché la sua
misura non è la misura dell’uomo, perché vuol fare dell’uomo qualcosa di così straordinario che supera ogni
mente umana.”22
Parlando fra di noi ciò che si è rivelato più interessante è stato scoprire cosa ci spinge verso questa fede. E’
emerso come per alcuni la fede sia la speranza che le cose vadano nel verso giusto e come per altri consista
nella presenza eterna ed insostituibile della figura di un amico che ci aiuta a ritrovare la fiducia in noi stessi.
Ungaretti con le “quattro poesie religiose”23,così definite da Ossola, inviate a Papini verso la metà del Luglio
1916, si presenta come un semplice uomo vittima inerme dei terribili eventi legati alla prima guerra mondiale.
“Dunque, forse, sarebbe il nostro un secolo di missione religiosa?/Lo è. Potrebbe non esserlo con tanta
enormità di sofferenza intorno a noi, in noi?/Lo è. In verità, tale è sempre stata la missione della poesia.” 24
Così Ungaretti affida alla letteratura il compito privilegiato di cogliere e affermare la componente religiosa
della vita, legittimando il suo slancio verso il metafisico. Alla fine il poeta è solamente un uomo. Un uomo che
ricorda, che prova dolore e poi indaga sulla sua sofferenza. L'impatto con la realtà lo costringe ad andare oltre
ciò che tutti vedono ed a farsi domande che necessitano di un interlocutore e di risposte. Ungaretti desidera
un confronto con quello che, al momento, è solo uno sconosciuto. Si può dire che l'autore “brama d'eterno”25.
Ne “L'Allegria” si possono individuare i primi accenni di questo sentire religioso che è ancora lontano dal
cattolicesimo vero e proprio. Tuttavia è già presente il senso di comunione con gli altri uomini e l’amore
fraterno verso di loro che nasce come “involontaria rivolta/dell’uomo presente alla sua/fragilità”.26
Abbiamo notato che, all'interno delle sue poesie, ricorre frequentemente la parola “peso”. Infatti, come
esplicitato nell'omonima poesia, è per esempio “un peso” portare in guerra la propria anima “ben sola e ben
nuda/senza miraggio”27 al confronto di “quel contadino/che si affida alla medaglia/di Sant’Antonio/e va
leggero”.28 Fra le due strofe c’è una netta cesura spaziale: essa, allo stesso tempo, sottolinea la diversità tra i
due mondi ed anche il rammarico del poeta di non potersi affidare alla religione così come fa il contadino.
L’invidia di Ungaretti non è tanto per la religione in sé quanto per il fatto che al contadino è sufficiente un
“miraggio”29 perché la sua anima sia libera e forte davanti alle difficoltà. Si parla di “peso” anche in
“Preghiera”30, “Fase d’Oriente”31 e in opere di raccolte ben successive come “Senza più peso”32. Ungaretti non
trova pace: è oppresso da questa sensazione gravosa; è sgomento perché, se da un lato non sa spiegarsi la
causa di questo bisogno quasi innato, dall’altro non sa di preciso nemmeno come intraprendere questa
ricerca, potendosi basare solo sui sensi e sui mezzi finiti dell’uomo. Si scopre meravigliato e stupito da quello
che a lui stesso sembra un paradosso:
22 S.A. Kiekegaard, La malattia morale, in Opere, a cura di C. Fabro, Sansoni, Firenze 1972, pp.664-665.
23 Id., Il Porto Sepolto, a cura di Carlo Ossola, editore Marsilio, collana Letteratura Universale, Venezia 2015 p. 152 e 158.
24 Id., tratto da Ragioni d’una poesia, ed. citata p.18.
25 Id., Ragioni d’una poesia, ed. citata p.17.
26 Id., Fratelli, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.77.
27 Id., Peso, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.72.
28 Ibid.
29 Ibid.
30 “Quando il mio peso mi sarà leggero” Id., Preghiera, in Prime, L’Allegria, ed. citata p.135.
31 “con questo corpo/che troppo ci pesa” Id., Fase d’Oriente, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.65.
32 “Un’anima si fa senza più peso” Id., Senza più Peso, in L’Amore, Sentimento del Tempo, ed. citata p.235.
“Chiuso fra cose mortali
(Anche il cielo stellato finirà)
Perché bramo Dio?”33
Lui ce la presenta come sua “Dannazione”, esprimendo la dolorosa consapevolezza dei limiti dell'uomo e della
fragilità di ogni cosa esistente. Alla natura effimera delle “cose mortali” si oppone il verbo “bramo” ovvero il
desiderio incontrollabile e tuttavia incomprensibile che l'uomo ha di superare questi limiti e quindi giungere
all'Assoluto, al Perfetto, a Dio, forse. Il verbo "chiudere" non significa solamente "limitare", "costringere", noi
lo abbiamo piuttosto interpretato come una sorta di "siepe leopardiana" 34, come mezzo che permette di
andare oltre. Ci siamo chiesti se non fosse proprio questo mondo materiale, che ci “chiude”, il punto d'inizio,
l’unica testimonianza a cui potersi aggrappare. Tuttavia alla domanda “perché bramo Dio?”35 il poeta non
fornisce una risposta; è come se Ungaretti in qualità di uomo comune, almeno per il momento, non fosse in
grado di trovare una soluzione con i mezzi che possiede. Non a caso, le sue opere hanno la caratteristica di
possedere paradossi o contraddizioni, proprio per evidenziare l'ambiguità dell'argomento (“eterno”-“nulla”36,
“nulla”-“inesauribile segreto”37, “peso”-“va leggero”38, “cose mortali”-“bramo”39).
La sua unica certezza è proprio che non può smettere di interrogarsi.
Ed è così che il poeta cerca dentro di sé, nelle sensazioni che sono suscitate in lui da quella che per ora è
assenza di Dio: “Ha bisogno di qualche ristoro/il mio buio cuore disperso [...]Il mio povero cuore/sbigottito/di
non sapere”40.Un ristoro simile a quello che il contadino trova nella medaglia di Sant’Antonio.
Nel buio della situazione in cui vive un altro elemento prende posto, ovvero la luce, che da sempre
simboleggia la speranza. Sempre in “Perché?” il cuore “vuole tremare piano alla luce”, “vuole illuminarsi/come
questa notte/almeno di zampilli di razzi”.41 Anche nelle situazioni più tragiche come in “Destino” la parola
“travaglio”42 ci ha fatto riflettere: dopo il doloroso travaglio di una donna incinta una nuova vita viene alla
luce. Così sembra nascere una piccola speranza, la speranza che dopo tutto questo dolore e queste fatiche
finalmente “quando mi desterò/il mio peso mi sarà leggero”.43
In ultima analisi questa entità sembra portare conforto e consolazione, ristora l’anima dalle brutture della
realtà. Questo è ben testimoniato in “Risvegli”. Qui avviene una vera e propria rinascita della coscienza del
poeta. Ungaretti, dopo gli orrori della guerra che rimarranno sempre nella sua memoria, si risveglia e sviluppa
un forte senso di riscatto della coscienza nella consapevolezza che Dio è. Tuttavia Ungaretti non è ancora
giunto alla soluzione definitiva.
“Ma Dio cos’è?”44
Su questa domanda così diretta ci siamo sentiti interpellati in prima persona e ci siamo immersi in un'accesa
33 Id., Dannazione, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.73.
34 Ci riferiamo alla siepe di Giacomo Leopardi de “L’infinito”, dai Canti (1831).
35 Ibid.
36 Id., Eterno, in Ultime, L’Allegria, ed. citata p.43.
37 Id., Il Porto Sepolto, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.61.
38 Id., Peso, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.72.
39 Id., Dannazione, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.73.
40 Ibid.
41 Ibid.
42 “Volti al travaglio/come una qualsiasi/fibra creata” Id., Destino, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.76.
43 Id., Preghiera, in Prime, L’Allegria, ed. citata p.135.
44 Id., Risvegli, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.74.
discussione. Uno di noi ha commentato :- Sì, d’io!- alludendo ironicamente al fatto che secondo lui Dio non è
tanto un fattore “altro”, quanto piuttosto una proiezione esterna di quel mistero che avvolge noi stessi. Il
rapporto con il metafisico e religioso è da intendere quindi come: “l’uomo in preda, nel medesimo tempo,
all’esaltazione della infallibilità fantastica di facitore, e al sentimento della precarietà della propria condizione.
I due aspetti sono costante condizione della vita, che è creazione e distruzione, vita e morte. Che cosa poteva
essere la poesia se non la ricerca inesausta di tutto ciò?” 45
Conoscere se stessi per conoscere gli altri, per potersi relazionare, per sentirsi “un uomo” parte integrante di
un tutto. Prima di potersi sentire parte di un tutto armonioso Ungaretti deve conoscersi come uomo e per
questo egli decide di fare affidamento alla memoria. Egli sente, quasi, la necessità di guardarsi indietro; solo
volgendo lo sguardo dove è partito, egli può capire fino a dove è arrivato e dove riuscirà ad arrivare. Scoperto
il mondo esterno, il poeta potrà definire il suo ruolo in esso. Bagnandosi nell’Isonzo il poeta si scoprirà parte
dell’universo.
“Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo”46
Un altro ha ribattuto che questa tesi potrebbe travisare quella che è la sua poetica. Se ne”L'Allegria”, in parte,
è condivisibile questa visione, le tappe successive del suo percorso smentiscono questa tesi. Nel 1928 è
avvenuta la conversione al cattolicesimo e la raccolta del “ Sentimento del Tempo”, in particolare gli “Inni”, è il
fulcro della sua riflessione. Il poeta si rivolge direttamente al suo interlocutore, dandogli del tu, con un caldo
tono di supplica, di espiazione da una colpa.
“Dio, coloro che ti implorano/Non ti conoscono più che di nome?”47
“Dio guarda la nostra debolezza.”48
“Signore, sogno fermo,/Fa’ che torni a correre un patto”49
“Vorrei di nuovo udirti dire/Che in te finalmente annullate /Le anime s’uniranno”50
“Tu non mi guardi più, Signore …”51
Conclusione
In definitiva ci siamo domandati che cosa fosse questo “nulla di inesauribile segreto”52. Il mistero divino? La
realtà che ci circonda? Noi stessi? E’ difficile definirlo nella nostra vita così come in quella di Ungaretti perché
il mistero ci avvolge, ci penetra.
45 Id., Note a cura dell’Autore, sul Sentimento del Tempo, ed. citata p.594.
46 Id., I Fiumi, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.81.
47 Id., La Pietà, in Inni, Sentimento del Tempo, ed. citata p.208.
48 Ibid.
49 Id., La Preghiera, in Inni, Sentimento del Tempo, ed. citata p.214.
50 Ibid.
51 Id., Dannazione, in Inni, Sentimento del Tempo, ed. citata p.216.
52 Id., Il Porto Sepolto, in Il Porto Sepolto, L’Allegria, ed. citata p.61.
Siamo incapaci di dare una risposta a qualcosa che è più grande di noi.
Però arrivati a questo punto, ci sentiamo di aver capito appieno il significato di quell’articolo indeterminativo,
“un”, posto nel titolo: “Vita di un uomo”.
Ora che, più che mai, si affaccia l’imminente scelta universitaria, ognuno di noi, con i propri dubbi e ansie, ha
disperatamente bisogno di dare un senso alla sua vita. Probabilmente Ungaretti ci osserverebbe con quello
sguardo sottile e penetrante che si può vedere in qualche sua apparizione televisiva e le sue labbra si
atteggerebbero ad un sorriso benevolo, comprensivo. Non perché abbia vissuto le nostre preoccupazioni (ben
altre devono essere state le sue), né perché vi sia una qualche affinità tra le nostre esistenze, ma
semplicemente i suoi sarebbero gli occhi di un uomo che, armandosi di tutto ciò che possiede (l’esperienza, i
sensi), cerca di sopperire a quell’innato bisogno che è la ricerca della verità.