Politica una casa da riparare

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Politica una casa da riparare
POLITICA, UNA CASA DA RIPARARE.
Confesso di non essere minimamente competente in materia di edilizia, ma ho voluto dilettarmi in
questo esercizio di metafora per fissare alcuni punti da cui, prima o poi, ripartire, quando questo
caos avrà finito di travolgere tutto e tutti, e ci ritroveremo con la nostra casa comune da riparare.
Uso questo termine non a caso, forse influenzato dal mio Santo patrono che fu chiamato a riparare
una Casa ben più alta, ma sono convinto che sia questa l’opera da compiere: riparare, non
ricostruire o rifondare, o peggio ancora rottamare. Corriamo il rischio, impulsivo e facilissimo, di
voler demolire tutto, spinti da quel sentimento rabbioso, ahimè giustificatissimo, che sta covando in
maniera crescente nella coscienza comune del popolo italiano. Buttare giù tutto per ricostruire
daccapo: affascinante, eccitante, ma la storia è piena di personaggi che proponendosi così han
finito per fare peggio di chi li ha preceduti. Sono un allergico al nuovismo fine a se stesso e a
quella specie di giovanilismo a tutti i costi che non ha niente a che vedere con una vera apertura di
spazi ai giovani, questa sì, assolutamente necessaria. Ma entro subito nella metafora…
La solidità di una casa dipende dalle fondamenta, ovvero nel nostro caso quella piattaforma
chiamata bene comune, costituita da ciò che il Cardinal Bagnasco ha definito «le sorgenti stesse
dell’uomo: l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel
matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi davanti
al tempo e al destino. Proprio perché sono “sorgenti” dell’uomo, questi principi sono chiamati
“non negoziabili”. Quando una società s’incammina verso la negazione della vita, infatti, “finisce
per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene
dell’uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita,
anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono” (Benedetto XVI, Caritas in
veritate, n. 28). Senza un reale rispetto di questi valori primi, che costituiscono l’etica della vita, è
illusorio pensare ad un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in realtà lo abbandona
nei momenti di maggiore fragilità. Ogni altro valore necessario al bene della persona e della
società, infatti, germoglia e prende linfa dai primi, mentre staccati dall’accoglienza in radice della
vita, potremmo dire della “vita nuda”, i valori sociali inaridiscono. Ecco perché nel “corpus” del
bene comune non vi è un groviglio di equivalenze valoriali da scegliere a piacimento, ma esiste un
ordine e una gerarchia costitutiva.» (Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza
Episcopale Italiana, Intervento di apertura al Forum del mondo del lavoro a Todi, 17.10.2011)
Le fondamenta sono indispensabili, senza di esse la casa crollerebbe. Ma una costruzione di sole
fondamenta non sarebbe comunque abitabile. Abbiamo vissuto nella storia recente due eccessi in
questo ambito: da un lato la colpevole omissione di questi valori dal programma politico a scopo
falsamente inclusivo, il che costituisce senza dubbio un errore di fondo, dall’altro troppo spesso ci
si è fermati alla sola enunciazione o difesa in senso stretto degli stessi, comunque sacrosanta, ma
che ne costituisce comunque un limite perché sono fondamenta che presuppongo un’architettura
costruita su di esse perché siano efficaci e “fruibili”. Un esempio su tutti: non basta la difesa solo
formale, per così dire, della famiglia se non si costruiscono politiche familiari strutturali e durevoli,
che diano respiro ad una cultura che chiede di diventare concretezza, a dei principi che devono
trovare applicazione nell’economia reale e che conducano finalmente ad un fisco equo. Basta
difendere a catenaccio in questo campo, si giochi in attacco, anche in contropiede, osando come
colpevolmente non è stato fatto in questi anni, e ora ne paghiamo tutti il prezzo.
Se le fondamenta sono buone, allora è possibile costruire una casa a più piani, dotata di scale e
ascensori perché siano comunicanti. Ciò che ad un piano è un solido soffitto rappresenta per il
piano superiore il miglior solaio. Nessuna generazione, nessuna categoria, nessun corpo sociale
vive ed opera per se stesso. È necessario ricreare il tessuto di un welfare solidale che non lasci
isolato nessuno. L’azione politica deve essere volta a creare le strutture affinché le misure non
siano discriminanti per alcune categorie sociali a scapito di altre, o peggio ancora penalizzino una
generazione ad eccessivo vantaggio di un’altra. Penso alla sproporzione abnorme che c’è in tema
di stipendi e vitalizi, o all’iniqua differenza di trattamento fra generazioni diverse per quanto
riguarda pensioni, concessioni di mutuo, etc. che rischia davvero di chiudere il futuro davanti a noi.
La sfida demografica, in questo senso, si impone come una pista obbligata da affrontare
nell’immediato futuro del nostro Paese, una vera e propria emergenza nazionale!
Perché la casa sia sufficientemente illuminata e trasparente, un buon architetto deve saper
posizionare numerose finestre e vetrate, distribuite in tutte le stanze, nei punti giusti e con eque
dimensioni. Fuor di metafora: la trasparenza è un concetto da applicare a tutte le “stanze” della
cosa pubblica e non solo alla politica. Da anni assistiamo ad un feroce attacco mediatico, che ha
raggiunto l’apice nei mesi recenti, condotto a senso unico contro la cosiddetta “casta”, intesa quasi
esclusivamente come la sola classe politica, dipinta quale male assoluto e nemico da abbattere. A
parte l’evidente contraddizione, colpevolmente taciuta, che a condurre questa battaglia sono le
stesse testate giornalistiche che dal salvadanaio della politica ricevono cospicui fondi senza i quali
avrebbero chiuso da tempo, resta il fatto che in tutto questo arco di tempo molte altre oligarchie
reali sono rimaste pressoché intoccabili. Se si vuol fare un taglio serio degli sprechi occorre
veramente intaccare quei meccanismi che rendono “obesi” alcuni organismi. Si parta pure dalla
politica, sono d’accordo, ma si proceda in maniera organica e non soltanto con misure episodiche
e appariscenti, iniziando dalla testa possibilmente (Parlamento, Ministeri e Quirinale) e non dalla
coda (Consigli comunali) come purtroppo ha fatto l’attuale Governo dei tecnici.
Mi piacerebbe poi un tetto solido ma leggero, con belle travi a vista e tegole che si possano
agevolmente rimuovere quando troppo usurate. È la parte finale della costruzione, non ne è il
fondamento, ma è a servizio della casa perché chi vi abita possa stare al sicuro. A mio avviso, il
tetto rappresenta proprio coloro che si dedicano a questo servizio della cosa pubblica, e mi
piace pensare che la struttura ricalchi quella di partito, con le travi a vista che sono le regole che
ne sostengono il funzionamento e le tegole i singoli membri, tutti necessari e ben compaginati, ma
solo appoggiati in modo da poter essere sostituiti nel tempo. Immagino sia più semplice fare un
tetto a campata unica (il partito del leader) o una struttura più rapida da costruire e meno rigida
(associazione, lista civica), ma resto convinto che la forma partito nella sua corretta applicazione
sia quella capace di dare continuità alla costruzione, ovviamente con la precisazione che ho fatto
sulle regole e sul ricambio dei membri. Valgano a titolo d’esempio, a dimostrazione della fallibilità
del partito del leader nel primo caso e della scarsa durevolezza dei movimenti cosiddetti civici nel
secondo, l’implosione che sta vivendo il PdL seguendo la parabola prima ascendente e poi
decadente del proprio capo (come è normale che avvenga in questi casi, nasce e muore con lui) e
la degenerazione del “fenomeno” grillino da un’apparenza strumentale di apertura e democrazia
alla vera sostanza autoritaria e dittatoriale (anche qui non sorprende, un sistema è reso
“democratico” con strutture e procedure, non sotto una spinta ideologica o la garanzia di un guru).
Il condominio si paga per quote millesimali, in base al piano e ai comfort della propria abitazione.
Quando c’è da sostenere una spesa, che si tratti di rata ordinaria o lavori straordinari, si divide
proporzionalmente. Il cosiddetto Governo dei professori in materia di equità è per parte mia
bocciato, mostrandosi forte con i deboli e debole con i forti, ossequioso al mondo della finanza che
appartiene a pieno titolo a quelle realtà indicate da Giovanni Paolo II nell'enciclica Sollicitudo Rei
Socialis come “strutture di peccato” (n.36). Mi dispiace ma su questo esprimo un giudizio secco e
politicamente scorretto, pur essendo consapevole di non essere condiviso da qualcuno.
Non servono solo tecnici e un bravo direttore dei lavori, ma anche carpentieri e artigiani qualificati:
competenza e preparazione sono requisiti necessari ad ogni livello della cosa pubblica. Un errore
marginale in un punto della casa può creare un’infiltrazione che danneggia l’intero edificio.
L’intervento del tecnico è necessario, ma la costruzione in senso stretto, in fondo, è in mano agli
operai. Tradotto in politica: l’azione dei tecnici è utile, dentro un lavoro di squadra, a volte è
occasionalmente necessario, ma è fondamentale che a rimettere mano alle istituzioni siano
persone preparate e formate alla politica, non mestieranti e faccendieri incapaci che rendano
nuovamente necessari interventi straordinari.
Attenzione a buttar via tutto, ci sono materiali ancora buoni: c’è un patrimonio di idee e proposte,
frutto di tanto lavoro da parte di non poche persone, che vorrei non veder buttato all’aria insieme al
tanto, troppo fango da scartare. Il pericolo è il proverbiale buttar via il bambino con l’acqua sporca.
Stanno finendo tutti nello stesso tritacarne con ladri e buffoni, una sorta di raccolta indifferenziata
che non rende giustizia ma soprattutto che non assicura, una volta buttato tutto il vecchio, che il
nuovo sia tout court migliore. Continuo a non credere nel sol dell’avvenire e negli uomini della
provvidenza. Stimo invece i tanti uomini e donne, nelle istituzioni e nei partiti, che anche in queste
ore tra il comico e il drammatico stanno portando avanti un lavoro silenzioso, lontano dal clamore
dei media, i cui risultati non vengono sbandierati perché non fanno notizia. Cito solo alcuni esempi:
guardando in casa mia penso a Sandra Monacelli, Luca Marconi ed altri, penso all’unica voce del
“popolo” rimasta nel Popolo della libertà, ovvero Giorgia Meloni e i tanti ragazzi (e non solo) in
gamba che lavorano con lei da anni, penso ad alcune anime inquiete in area Pd…
L’appalto della costruzione è bene che sia concesso a seguito di una gara aperta e pubblica. Delle
due l’una: o si istituiscono primarie serie e regolamentate per la scelta dei candidati a tutti i livelli o
si introducono le preferenze come strumento elettivo per tutte le istituzioni. L’esperienza recente
del centro-sinistra (lo dico da spettatore esterno) pur con tutti i suoi limiti ha dimostrato che nel
popolo italiano è più vivo il desiderio di politica, e vorrei dire di buona politica, che il sentimento di
anti-politica. Il problema è l’offerta politica che manca, non la domanda che è viva più che mai,
certamente sepolta da cumuli di disillusione e nausea.
Abbiamo molto lavoro da fare. Questi cumuli da spalare sono tanti e molto incrostati, speriamo che
pioggia e vento ci diano una mano. Poi ci sarà da metter mano a questa ristrutturazione, una volta
tornato il sole.
Speriamo che quando arriverà quel momento, trovi noi carpentieri volenterosi e preparati!
Francesco D’Andola