gnostico, cioè perverso - intervista di a. socci

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gnostico, cioè perverso - intervista di a. socci
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911019SAB_GBC3.pdf
data
19/10/1991
Contesto
GBC
Relatore
GB Contri
Liv. revisione
Pubblicazione
Lemmi
Affezione
Banalizzazione
Chiesa
Gnosticismo
Grazia
Ireneo di Lione
Lingua
Odio
Perversione
IL SABATO
N. 42
19 OTTOBRE 1991
GIACOMO B. CONTRI
GNOSTICO, CIOÈ PERVERSO
Intervista di Antonio Socci a Giacomo B. Contri sul «fattore il»
«Ahi! Pesante è la schiavitù che arriva col cristianesimo!... Minaccioso è il volto del loro Dio. Tutto quel
che insegna, tutto quel che dice è: “Morrete!”». È il pensierino, di un filosofo Maya, che domenica 13, come
ogni mattina, Guido Ceronetti propina ai lettori, con aria ispirata, sulla prima pagina della Stampa.
Scrittore altezzoso fa parte di quella che fu definita “la banda dei nuovi gnostici”. Quasi mai, per la verità,
esibisce così palesemente il suo viscerale odio anticattolico. Anzi questi uomini “pneumatici” (spirituali) si
sono conquistati interi territori ecclesiastici. Fino ad aver riflessi pure sul linguaggio del messale della
Chiesa (esempio “il Cristo”).
«Gnosi? Perversione e schizofrenia»: un sabato pomeriggio d’autunno, a Milano, attorniato dai volumi
dell’opera omnia di Freud in tedesco e dalle dispense dei seminari parigini di Lacan, ascoltiamo questa
rigorosa di agnosi da un medico di tutto rispetto. Giacomo Contri, psicanalista dall’aspetto aristocratico e
cortese, uscito appunto dalla scuola di Jacques Lacan (delle cui opere ha curato l’edizione italiana per
Einaudi). Si definisce con ironia “libero pensatore”. A quella diagnosi sta lavorando da qualche anno.
«Non lo crederà, ma ho lavorato molto sulla grande opera di sant’Ireneo contro gli gnostici, l’Adversus
haereses, e mi è stato utilissimo per curare i miei pazienti».
Dunque è così importante quell’articolo “il” Cristo?
Non so per i teologi... Nella logica del linguaggio è importantissimo. Vede, un giovanotto un giorno incontra
una donna, se ne innamora, magari la sposa. Normale. Ma se costui, invece che una donna, credesse di aver
sposato la donna, allora le garantisco che saranno guai.
Potenza di un articolo...
Già. Sapeste che guai poi quando si pretende di dire la Scienza, o peggio la Società.
Vogliamo far la guerra all’articolo determinativo?
Ah no, è un capitale da conservare. Vede questo articolo designa la specie, la categoria, la classe. E non
bisogna rinunciare agli universali. Ma va usato correttamente. La Chiesa, per esempio, ci tiene a poter dire
“l’uomo”, “il cristianesimo”. Mi risulta che tutta la dottrina del peccato originale crollerebbe se non si
potesse dire l’uomo.
E perché non “il” Cristo?
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Non mi interesso di teologia, ma del legame fra logica e linguaggio. E dico che a rigor di logica l’espressione
“il” Cristo è la classica truffa linguistica dello gnosticismo. L’articolo determinativo designa il genere e non
si può assegnare al genere ciò che è solo del singolo. Cristo è solo uno, quell’uomo lì. Uno che i carabinieri
potevano fermare per strada chiedendogli le generalità. Dire “il” Cristo significa trasformare una persona
storica particolare in un principio universale.
Ma Baget Bozzo invece ha scritto che la parola Cristo designa una funzione e che per questo si può
dire “il” Cristo.
Falso. Una funzione che non è disseminabile nella specie, un titolo che designa una sola persona è un nome
proprio. Non è un ruolo, ma un uomo, il suo nome proprio. Non esiste la specie dei “cristi”. A meno che,
appunto non si attinga alle mitologie gnostiche, per le quali esistevano più cristi.
Quindi dietro una banale scelta espressiva si celano tutti questi contenuti?
Prima di tutto attenzione al “banale”, perché è la violenza più perversa e infatti è lo strumento preferito della
gnosi. Comunque per la gnosi può benissimo essercene uno solo di “cristi”. Purché si accetti che il Gesù
Cristo storico fu solo l’occasione empirica, individuale, per farci cogliere la “cristicità”, un’essenza di cui lui
era espressione. Insomma Cristo come esempio.
Difficile da capire.
C’è una epistola dove san Paolo dice: «Se anche darete il vostro corpo per essere bruciati, ma non avete la
carità sarà tutto vano». Cioè, se anche sarete cristiani ferventi, c’è il pericolo che in Gesù Cristo adoriate in
realtà una vostra idea, che lo adoriate trasformandolo in “cristicità”, in un’essenza, che finalmente vi ha
rivelati a voi stessi. La vera eresia della gnosi non sta tanto nell’immaginare una pluralità di “cristi”, o Gesù
Cristo solo come una epifania... Sta nell’idea che il fatto reale è in fondo solo un pretesto per la rivelazione di
un’essenza già interna a noi e promessa da tempo. È la perversione più pericolosa per il cristianesimo.
Ma lei che non è un teologo, né un intellettuale, da chi l’ha imparato questo?
L’ho imparato da don Luigi Giussani. Ciò che definisce un cristiano è un legame affettivo con Gesù Cristo, i
cristiani sono coloro che hanno questo legame affettivo. Io sono uno psicanalista e so che non è possibile
avere un legame affettivo con una “funzione”, un “ruolo”, o con un “essere rivelato”. È possibile solo con
una persona. Concreta e vivente. L’affezione è individuale, è a quella persona lì, non a un’essenza...
Poco fa segnalava la presenza dello gnosticismo nella pretesa che l’uomo abbia già in sé “il” Cristo. È
un problema scottante. Nel 1950 Pio XII scrisse la “Humani generis” proprio in difesa della totale
gratuità della grazia.
Come uomo razionale mando al diavolo qualunque teologo che nella nozione di grazia non mi comunica o
tradisce il suo senso etimologico, gratis. La difesa che la Chiesa fa della gratuità della grazia è ineccepibile.
Nelle volgarizzazioni odierne di quel principio gnostico si tende a presentare il cristianesimo come
frutto di una riflessione su di sé, un prender coscienza della propria natura...
Ma come possono sapere così poco della natura? Chi ha mai detto che l’idea di autocoscienza sia salutare,
benefica? L’acquisizione alla coscienza di quella parte di me che ancora non aveva ceduto alla coscienza è il
passaggio più tipicamente perverso che esista. Intendo proprio la definizione clinica della perversione, che è
l’opposto della nevrosi (il bisogno di non far arrivare qualcosa alla coscienza).
Per gli gnostici al fondo dell’io, sotto lo sterco del corpo c’è la perla, la propria vera natura, Dio.
Già, rileggevo pochi giorni fa un testo gnostico, il Vangelo di Tommaso, proprio con la leggenda della perla.
Scimmiotta la parabola del Figliol prodigo, ma sono rimasto sconcertato dal confronto. Ciò che caratterizza
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lo gnostico è l’assoluta banalità pronunciata con la ieraticità di chi rivela profonde verità. La banalizzazione
è sempre sintomo di un odio profondo.
Le dispiace ora farci un esempio di banalità gnostiche?
L’idea della Madonna come archetipo dell’eterna madre. O la Trinità ridotta al modello della famiglia
piccolo borghese, papà, mamma e figlio. Infatti si può senz’altro diagnosticare che “il” Cristo degli gnostici è
nel profondo un perverso e uno schizofrenico nelle sue conseguenze cliniche. Dico sul serio. È pieno
dell’odio invidioso del piccolo borghese. Un’autocoscienza che deve necessariamente sublimare la propria
realtà di povero cristo in “il” Cristo.
Bisogna almeno riconoscere che la gnosi è un sistema filosofico.
No, l’argomentare gnostico non è mai logico, è sempre paralogico. È per questo che Ireneo, dovendo esporre
tutte le banalità delle loro mitologie, almeno settanta volte sbotta: «Absurdum», «Ma è assurdo». Non ce la
faceva, i loro sistemi proprio ripugnavano alla sua ragione, sono insopportabili per una ragione sana. Ho
preso il libro di Corbin sul monoteismo e l’ho richiuso dopo poche pagine. Non trovavo che sciocchezze
volgarucce e perfino etimologie del tutto arbitrarie. Il loro solo presupposto è la ingannabilità universale.
Lo gnostico sarebbe quel suo nemico metaforico che fa sempre capolino nella sua rubrica su questo
giornale che chiama “il” Professore?
Sì, “il” Professore: è lo stesso “il” che qui si discute. “Il” Professore è chi ha trasformato la piazza in aula
universitaria. E questo, si sa, per gli intellettuali è sempre una tentazione irresistibile, ovvero usare
politicamente l’università, l’accademia. È la grande operazione del nostro secolo: poco importa se Lenin
brandiva Il Capitale e Hitler Mein Kampf. I libri di testo si possono cambiare. Vanno bene anche quelli
“religiosi”. Occorre essere molto, ma molto cretini per sentire come alleato chi non si pronunci troppo male
su Dio. La contraffazione religiosa è sempre stata avvertita dalla Chiesa come il nemico più perverso.
Perché parla spesso di perversione?
Perché lo gnosticismo ha inventato le forme generali della perversione, cioè l’idea che la lingua perverte, è
perversa in se stessa; il cristianesimo ha inventato, nell’incontro anzitutto con gli gnostici, il concetto di
perversione (Ireneo in particolare).
Le “innovazioni linguistiche” introdotte fra i cattolici sono tante. Di solito si giustificano con la
necessità di “parlare all’uomo di oggi”.
Ma quando mai la Chiesa si è posta questo problema? Vogliamo tradurre, per il nevrotico, il paranoico, lo
schizofrenico, le definizioni dogmatiche della Chiesa? Ci sarebbe da ridere. Certo Gesù Cristo ha detto: «Sono venuto per i peccatori, per i malati». Ma lui ha parlato all’uomo malato con il linguaggio della sua
normalità futura, gli ha parlato da guarito. Gli ha fatto credito. Anche con i suoi discepoli ha fatto così: gli ha
anticipato hic et nunc la loro guarigione, proprio come quando una banca ci fa credito. Con la differenza che
qui tutto è gratis.
© Studium Cartello – 2007
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