Circolare Informativa n°19/2014 Le ultime novità in materia di lavoro

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Circolare Informativa n°19/2014 Le ultime novità in materia di lavoro
Circolare Informativa
n°19/2014
Le ultime novità in materia di
lavoro
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Dott. Nino Carmine Cafasso – Consulente Del Lavoro
Servizi di Gestione e di Organizzazione Aziendale
Consulenza alle Imprese
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Via Andrea Doria, 16/C – 00192 Roma – Tel./fax 06 64521581
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INDICE
1) Congedi per assistenza disabili a parenti ed affini entro il terzo grado
pag. 3
2) Utilizzo delle procedure standardizzate per la valutazione dei rischi
in aziende dimensionate fino a 50 lavoratori
3) Infortunio in missione e trasferta: i chiarimenti INAIL
pag.4
pag.4
4) Obbligo di formazione, informazione e addestramento per i lavoratori a
domicilio
pag.6
5) Procedura di licenziamento e agenzie di somministrazione
pag.7
6) Lavoro intermittente e addetto agli inventari
pag.8
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1)
CONGEDI PER ASSISTENZA DISABILI ESTESI A PARENTI ED AFFINI
ENTRO IL TERZO GRADO
In materia di congedi, l’INPS con la circolare n.159/2013 ha comunicato l’estensione del
congedo per assistenza al familiare affetto da handicap grave anche ai parenti ed affini entro il
terzo grado.
Nella specie, la circolare richiama la sentenza n.203/2013 della Corte Costituzionale che sancisce
l’illegittimità dell’art.42, co.5 del D.Lgs. n.151/2001 nella parte in cui esclude dal novero dei soggetti
preposti alla cura della persona disabile, i parenti e/o affini entro il terzo grado.
In precedenza, la Consulta si era già pronunciata in materia ampliando la cerchia dei soggetti
legittimati a beneficiare del congedo straordinario precisando che, la ratio del beneficio in esame era
quella di facilitare l’assistenza al disabile e garantire la continuità delle cure.
Fermo restando il rispetto di taluni principi costituzionali atti a valorizzare la famiglia intesa
quale centro di interessi tale da garantire il benessere e l’assistenza dei suoi membri, la Consulta fissa un
certo ordine gerarchico riguardo ai soggetti legittimati alla fruizione del congedo.
Per quanto precede, il congedo di cui all’art. n.42, co.5 del D.Lgs. n.151/2001 viene
riconosciuto al familiare o affine entro il terzo grado, convivente del disabile in situazione di
gravità nell’ipotesi di mancanza, decesso ovvero, in presenza di patologie invalidanti degli altri
soggetti legittimati dalla normativa in materia, secondo il seguente ordine gerarchico:
•
Coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità;
•
Il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona affetta da disabilità grave,
nell’ipotesi di mancanza, decesso o, in presenza di patologie invalidanti del coniuge
convivente;
•
Uno dei figli conviventi della persona affetta da disabilità, nel caso in cui il coniuge
convivente ed entrambi i genitori del soggetto disabile siano mancanti, deceduti o, affetti da
patologie invalidanti;
•
Uno dei fratelli o, sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità,
nell’ipotesi in cui il coniuge convivente, i genitori ed i figli conviventi siano mancanti,
deceduti o, affetti da patologie invalidanti;
•
Un parente o, affine entro il terzo grado convivente della persona affetta da grave
disabilità, nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori, i figli e i fratelli o
sorelle conviventi siano mancanti, deceduti o, affetti a loro volta da patologie gravi ed
invalidanti.
A riguardo, è importante specificare ulteriormente i requisiti indispensabili per fruire del
beneficio, ovvero:
•
“mancanza”: deve essere intesa non solo come assenza, bensì come qualsivoglia
condizione giuridica assimilabile ad esempio: divorzio, separazione legale, abbandono. Tale
condizione deve essere accertata dall’autorità giudiziaria;
•
“patologie invalidanti”: a riguardo si fa riferimento a quanto specificamente indicato dal
Decreto Interministeriale n.278/2000 concernente la materia dei congedi per eventi e cause
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particolari;
•
“convivenza”: tale condizione deve essere accertata d’ufficio.
La domanda di congedo straordinario deve essere presentata unicamente in modalità telematica,
utilizzando la modellistica specifica.
2)
UTILIZZO DELLE PROCEDURE STANDARDIZZATE PER LA
VALUTAZIONE DEI RISCHI IN AZIENDE DIMENSIONATE FINO A 50
LAVORATORI
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha presentato istanza di interpello circa la corretta
applicazione dell’art.29 comma 6 del D.Lgs. n.81/2008 nella parte in cui prevede la possibilità di
ricorrere all’utilizzo delle procedure standardizzate per le aziende che occupino fino a 50 dipendenti ed il
cui rischio chimico-biologico sia risultato “basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute dei
lavoratori” .
Ulteriori chiarimenti vengono richiesti circa l’impossibilità di applicare tali procedure
standardizzate nell’ipotesi di aziende dimensionate a 50 dipendenti che presentano un rischio chimico
“non basso in termini di sicurezza” ed un rischio biologico “non irrilevante per la salute dei
lavoratori”.
L’art.29 comma 6 del D.Lgs. n.81/2008 dispone che “I datori di lavoro che occupano sino a 50
lavoratori possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate.
Tale disposizione non trova applicazione nelle aziende in cui si svolgano attività tali da esporre i
lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connesse
all’esposizione ad amianto”.
Il T.U. in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro all’art.223 obbliga il datore di lavoro
di individuare preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di
lavoro e di valutare i rischi per la salute e pe la sicurezza degli stessi lavoratori derivanti dalla presenza
di tali agenti.
Per quanto precede, il Dicastero in risposta all’interpello n.14/2013 dispone che, laddove i
risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, relativamente al tipo, alla quantità di agente
chimico pericoloso, alle modalità di esposizione e dalla frequenza della stessa si rilevi un rischio basso
(anche chimico) per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro di
un’impresa che occupa sino a 50 lavoratori può adottare le procedure standardizzate, diversamente
non sarà possibile utilizzare le stesse, qualora dalle valutazioni fatte si rilevi un rischi chimicobiologico rilevante.
3)
INFORTUNIO IN MISSIONE E IN TRASFERTA: I CHIARIMENTI
DELL’INAIL
L’INAIL con la circolare n.52/2013 ha fornito delle delucidazioni e dei chiarimenti circa gli
infortuni occorsi ai lavoratori in missione e/o trasferta, sostenendo che tali eventi devono essere
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considerati alla stregua di “infortuni sul lavoro”.
Preliminarmente, l’Ente assicurativo parte dalla definizione di due istituti, quali l’ “occasione di
lavoro” e l’“infortunio in itinere”.
Occasione di lavoro
Inizialmente, il concetto di “occasione di lavoro” era fortemente legato allo svolgimento di
un’attività lavorativa tale da comportare un rischio specifico, condizione essenziale ai fini del diritto alla
prestazione assicurativa.
Col tempo la Giurisprudenza ha ampliato tale concetto, per cui sono stati ritenuti indennizzabili
tutti gli infortuni derivanti dai rischi connessi all’esercizio della prestazione lavorativa intesa nella sua
accezione più ampia, pertanto rientrano nella tutela assicurativa tutte le attività c.d. “prodronomiche” e
“strumentali” ovvero, tutte le attività strettamente interconnesse alla prestazione e quelle accessorie alla
stessa.
L’unico limite all’indennizzabilità è rappresentato dal rischio elettivo, che rammentiamo trattasi
di un rischio estraneo alla normale prestazione lavorativa in quanto correlato ad un comportamento
volontario, arbitrario ed abnorme posto in essere dal lavoratore e dettato da impulsi o, ragioni del tutto
personali.
Infortunio in itinere
L’assicurazione INAIL ricomprende anche gli infortuni accorsi al lavoratore durante il normale
percorso andata e ritorno dal luogo di abitazione al luogo di lavoro.
Nello specifico, affinché l’infortunio in itinere possa essere indennizzabile è necessario che il
percorso venga effettuato a piedi, ovvero utilizzando il trasporto pubblico, ovvero il mezzo privato “se
necessitato”.
Nel recepire tali criteri, l’art. 12 del D.lgs. n.38/2000 ha espressamente sancito: “Salvo il caso di
interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione
comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e
ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi
di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa
aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di
consumazione abituale dei pasti.
L'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza
maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti.
L'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché
necessitato.”
Infortunio occorso in missione e in trasferta
Per quanto precede, è necessario esaminare come i due istituti trovino applicazione con riguardo
all’ipotesi di infortunio in missione ed in trasferta.
Laddove il lavoratore venga inviato a svolgere la prestazione lavorativa in un luogo diverso da
quello abituale, il tragitto dall’abitazione al luogo di lavoro non è frutto di una libera scelta del
lavoratore, bensì è “imposto” dal datore.
A riguardo l’INAIL afferma che, essendo la missione caratterizzata da scelte imposte dal datore,
tutto ciò che vi accade deve essere considerato come verificato in attualità di lavoro, in quanto trattasi di
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circostanze accessorie e/o funzionalmente interconnesse all’attività lavorativa.
Nell’ambio della missione o, trasferta, l’evento non risulta indennizzabile laddove avvenga con
modalità o, circostanze tali da non identificare alcun collegamento di tipo finalistico o, topografico con
l’attività svolta in missione/trasferta, ovvero tutte le volte in cui il soggetto ponga in essere un
comportamento tale da generare un rischio diverso da quello normale individuato secondo un criterio di
ragionevolezza. (rischio elettivo)
In breve, nell’ipotesi di infortunio occorso al lavoratore in missione o, trasferta due sono le cause
tali da comportare l’esclusione dall’indennizzo:
•
infortunio riconducibile allo svolgimento di un’attività che, non presenti alcun legame
funzionale con la prestazione lavorativa dettata dal datore di lavoro;
•
infortunio riconducibile a scelte arbitrarie ed irragionevoli poste in essere dal lavoratore e
prive di collegamento con la prestazione lavorativa.
Infine, l’INAIL precisa che, sono indennizzabili anche gli infortuni occorsi al lavoratore in
missione/trasferta durante lo spostamento dall’albergo al luogo di lavoro in quanto considerati
“infortuni in attualità di lavoro”, allo stesso modo sono indennizzabili gli infortuni occorsi all’interno
della stanza d’albergo, in quanto trattasi di “infortuni avvenuti in occasione di lavoro” poiché, trattasi di
una condizione legata alla missione/trasferta.
Tali disposizioni trovano applicazione con riguardo alle fattispecie in istruttoria ed a quelle
relativamente alle quali sono in corso controversie amministrative o, giudiziarie.
Restano esclusi dall’indennizzo gli infortuni occorsi nella propria abitazione, stante la difficoltà di
stabilire un eventuale collegamento fra la condotta (abituale) del lavoratore e la funzionalità con lo
svolgimento della prestazione.
4)
OBBLIGO DI FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO
PER I LAVORATORI A DOMICILIO
Il Ministero del Lavoro con risposta ad interpello n.13/2013 ha fornito dei chiarimenti riguardo
agli obblighi di formazione, informazione e addestramento per i lavoratori a domicilio.
L’istanza presentata dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri aveva ad oggetto i lavoratore a
domicilio, nella specie si chiedevano chiarimenti in merito a quei lavoratori dipendenti di un’azienda, i
quali avevano come luogo di lavoro la propria abitazione e se il datore era obbligato nei loro riguardi a
fornire tutta l’informazione, la formazione e l’addestramento secondo quanto normativamente disposto
dal D.Lgs. n.81/2008 in particolar modo con riferimento alla formazione per addetto al primo soccorso e
addetto antincendio.
Preliminarmente, si rammenta che il lavoro a domicilio può essere reso sia in forma autonoma
che subordinata.
Tale ultima ipotesi ricorre qualora il lavoratore sia tenuto all’osservanza delle direttive
imprenditoriali circa le modalità di esecuzione, i requisiti e le caratteristiche del lavoro da svolgere,
diversamente il vincolo di subordinazione non sussiste laddove il lavoratore a domicilio organizzi il
lavoro autonomamente.
Per quanto riguarda la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, l’art.3 del D.Lgs.n.81/2008
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sancisce “fermo restando quanto disposto con la Legge n.877/1973, ai lavoratori a domicilio ed ai
lavoratori che rientrano nel contratto collettivo dei proprietari di fabbricati trovano applicazione gli
obblighi di formazione ed informazione di cui agli artt. 36 e 37.
Agli stessi devono essere forniti i dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive
mansioni assegnate.
Premesso ciò, la commissione per gli interpelli chiarisce che, il datore di lavoro deve fornire
adeguata informazione e formazione secondo quanto disposto dagli accordi Stato-Regioni del
21/12/2012 e non anche quella specifica per il primo soccorso ed antincendio, altresì viene precisato
che, il domicilio non è considerato luogo di lavoro secondo quanto disposto dall’art.62 del D.Lgs.
n.81/2008 nella specie “per luoghi di lavoro, sono da intendersi i luoghi destinati a ospitare posti di
lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza
dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro.”
5)
PROCEDURA DI LICENZIAMENTO E AGENZIE DI SOMMINISTRAZIONE
Il Ministero del Lavoro in risposta all’interpello n.27/2013 ha specificato che, nell’ipotesi di
licenziamento per giustificato motivo oggettivo la procedura obbligatoria di conciliazione trova
applicazione anche laddove il licenziamento venga posto in essere da un’agenzia di somministrazione.
Nella specie, l’istante chiede delucidazioni circa la possibilità di applicare la normativa di cui
all’art.7 Legge n.604/1966 così come novellata dalla Riforma Fornero art.1 co.40 sia con riguardo ai
dipendenti diretti dell’agenzia che a quelli inviati in missione presso le diverse imprese utilizzatrici
dislocate sul territorio nazionale.
A riguardo, il Dicastero ricorda che l’art.7 della legge n.604/1966 si applica con riferimento a
tutti i datori di lavoro (imprenditori e non imprenditori), i quali:
•
in ciascuna sede, stabilimento, filiale o reparto occupano alle proprie dipendenze più di 15
unità;
•
nello stesso ambito comunale occupano più di 15 lavoratori, sebbene ciascuna unità
produttiva non raggiunga tali limiti;
•
occupano più di 60 dipendenti su scala nazionale;
•
occupano più di 5 dipendenti se imprenditori agricoli.
Precedentemente, il Ministero del Lavoro con la circolare n.3/2013 aveva specificato che, ai fini
del computo circa le soglie dimensionali di cui sopra, il numero dei prestatori non doveva essere
conteggiato al momento in cui si procede con il provvedimento espulsivo, bensì sulla base della media
occupazionale degli ultimi 6 mesi, inoltre secondo quanto disposto dall’art.22 del D.lgs. n.276/2003 ai
fini del conteggio, i lavoratori somministrati non rientrano nell'organico dell'utilizzatore.
Per quanto precede, il Dicastero ha deliberato che non sussistono disposizioni tali da esimere le
agenzie di somministrazione dal tentativo obbligatorio di conciliazione, pertanto l’art.7 della Legge
n.604/1966 trova applicazione anche, laddove il datore di lavoro che procede al licenziamento sia
un’agenzia di somministrazione purché sussistano i requisiti dimensionali normativamente previsti ed il
licenziamento per giustificato motivo oggettivo riguardi quei lavoratori dipendenti dell’agenzia assunti a
tempo indeterminato, i quali si trovino alle dirette dipendenze dell’agenzia stessa oppure, vengano inviati
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in missione presso le imprese utilizzatrici.
6)
LAVORO INTERMITTENTE E ADDETTO AGLI INVENTARI
In risposta all’interpello n.26 del 20 settembre scorso, il Ministero del Lavoro ha fornito dei
chiarimenti circa la possibilità di applicare l’istituto del lavoro intermittente al soggetto “addetto” allo
svolgimento di attività legate alla redazione dell’inventario, incaricato al conteggio dei colli sia stoccati
che in vendita, servendosi di specifiche attrezzature fornite dal datore.
Nella specie, l’istante (Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro) ha chiesto
delucidazioni circa la possibilità di far rientrare tale figura professionale tra quelle contemplate nelle
tabella di cui al R.D. n.2657/1923, nello specifico trattasi di “Pesatori, magazzinieri, dispensieri ed
aiuti”.
Preliminarmente, il Dicastero ha chiarito che l’elenco allegato al R.D. n.2657/1923 identifica in
generale tra le attività caratterizzate da una certa discontinuità e per le quali è possibile ricorrere al lavoro
intermittente quelle categorie professionali impiegate nella quantificazione, sistemazione ed
organizzazione di differenti tipologie di merce nei diversi periodi dell’anno.
Premesso ciò, è possibile assimilare le figure dei pesatori e magazzinieri a quella degli addetti
agli inventari, laddove svolgano un’attività consistente nel conteggio di prodotti sulla base delle
direttive impartite dal coordinatore in occasione di chiusura di bilancio, ovvero del trimestre ovvero
dell’anno solare/fiscale.
Il Ministero conclude ritendo legittima l’applicazione della fattispecie del lavoro intermittente con
riguardo alla figura dell’addetto all’attività di inventario ed in particolare ai pesatori e magazzinieri.
Come sempre, il nostro quotidiano sforzo, tende a sintetizzare ed a segnalarVi le novità più
rilevanti del mondo del lavoro e come di consueto, la Struttura resta a completa disposizione per
qualsiasi approfondimento di sorta.
Cordiali saluti
Cafasso & Figli
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