CAPOFERRO MUSASHI “UNIVERSI PARALLELI

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CAPOFERRO MUSASHI “UNIVERSI PARALLELI
CAPOFERRO MUSASHI
“UNIVERSI PARALLELI DELLA SPADA MEDIEVALE”
di
Vincenzo Timeo
INDICE
INTRODUZIONE……………………………………………. Pag. 3
LA TECNICA SCHERMISTICA……………………………
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La guardia………………………………………………
“ 6
L’uso delle gambe………………………………………
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La misura……………………………………………….
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La velocità………………………………………………
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Il tempo…………………………………………………
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ALCUNE STRATEGIE E TATTICHE DEL COMBATTI –
MENTO……………………………………………………….
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GLOSSARIO………………………………………………….
“ 16
BIOGRAFIE………………………………………………….
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BIBLIOGRAFIA……………………………………………..
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INTRODUZIONE
E’ con l’umiltà dell’allievo che mi accingo a tentare di tracciare un
percorso parallelo tra due grandi maestri dell’arte della spada.
Considerando che Capoferro ha scritto il Gran Simulacro dell’Arte e
dell’Uso della Scherma nei primi anni del 1600 e Musashi Il libro dei
cinque anelli intorno al 1640, almeno la vicinanza temporale rende
possibile il parallelo tra queste due opere.
Sarà difficile mantenere una forma sintetica nella descrizione di
tecniche e strategie, perché in particolare nel caso del maestro Musashi
sono numerosi i paragoni con usi e arti del Giappone feudale, mentre più
stringato e tecnico è il trattato del maestro Capoferro, le cui uniche reiterate
raccomandazioni sono dedicate a coloro che hanno funzioni di controllo sui
militari non impegnati in guerre e battaglie. Un profondo senso etico estetico traspare continuamente da queste opere. Infatti, sebbene la
religione venga soltanto sfiorata, “rendendosi conto gli autori che si tratta
comunque di trattati dedicati a guerrieri – soldati e che la finalità della
spada è di ferire senza essere feriti”, persino durante le descrizioni di
carattere tecnico i due autori si lasciano andare a considerazioni di carattere
etico – morale sulla necessità da parte di che esercita l’arte della spada di
avere una profonda moralità, evitare le futilità, quindi di essere degni prima
come uomini che come praticanti la scherma. Un’altra impressionante
similitudine fra i due maestri si ha quando, in maniera decisa, essi invitano
a non lasciarsi abbagliare dal comportamento di alcuni maestri che
pretendono di insegnare la scherma praticando artifici atti a sbalordire gli
allievi. Entrambi inoltre affermano, quasi con le stesse parole, che la
conoscenza superficiale di una materia spesso è più nociva dell’ignoranza
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assoluta. Lo testimoniano ancora con l’aver scritto i trattati in età avanzata
come a voler lasciare traccia sicura e profonda delle loro scuole.
Musashi come Capoferro spinge l’allievo a confronti continui, anche se
i termini di paragone sono diversi. Egli, infatti, invita ad osservare e
recepire gli insegnamenti che possono derivare da tecniche diverse o da
altre scuole, mentre l’invito di Capoferro è più incentrato sull’esercizio e
sulla pratica continua.
E’ opportuno a questo punto fare una considerazione di carattere storico
per chiarire meglio la diversità tra le due posizioni. Mentre nel Giappone
feudale il confronto tra le scuole era possibile e nasceva anche durante un
semplice allenamento, considerato che erano parecchi i samurai al servizio
di uno shogun, i maestri in Europa erano in competizione tra loro ed era
perciò difficile che in un trattato il maestro facesse similitudini con altre
scuole. Ad esempio, è nota la rivalità tra la Scuola Spagnola e quella
Francese e molti sono stati i casi di scontri veri e propri tra maestri, basti
pensare a quello tra il maestro filosofo – matematico Pacheco de Nervaez
ed il suo antagonista Quevedo in Spagna.
I cenni storici da parte di Capoferro nel suo trattato tracciano una linea
di provenienza della scherma dal regno Assiro, attraverso Macedonia,
Grecia e Impero Romano fino al medioevo, mentre Musashi parla più di
confronti con altre scuole del suo stesso paese, anche se il termine samurai,
di provenienza cinese, lascia trasparire le commistioni tecniche dell’epoca
e le precedenti derivazioni.
Per concludere, ritengo necessario affermare che ciò che mi ha spinto a
scegliere questi due grandi maestri per delinearne un parallelo, è stato il
fatto che, ambedue puristi delle forme ed essenziali nelle tecniche,
descrivono e supportano con disegni (Musashi era anche un grande pittore)
l’uso delle due spade: spada e pugnale per Capoferro, Tachi e Wakizashi
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per Musashi. Ma mentre il trattato di Capoferro, in tutta la sua lunghezza,
parla poco o niente dell’uso del pugnale, della cappa o della rotella, nel
caso di Musashi, la Nitò o due spade ha ispirato addirittura il nome della
sua scuola che si chiamava “Niten” (Due Cieli).
Ritengo che uno dei motivi per cui Capoferro ha trattato l’uso di una
sola spada, come sola evoluzione possibile, sia dovuta anche ad una sua
considerazione sull’ormai frequente utilizzo di armi da fuoco in battaglie
che poco spazio lasciavano ormai a cavalieri e soldati. Ciononostante,
disegni e descrizioni trattano esaustivamente l’uso di spada e pugnale,
come per Musashi quello delle due spade, proprio per l’efficacia della
combinazione.
Cercherò quindi, per quanto possibile, di tracciare alcune similitudini,
quelle più evidenti, essendo d’accordo con coloro che affermano che i
grandi maestri vanno tradotti e interpretati da grandi maestri, e non da
semplici traduttori, che sicuramente snaturano e interpretano da profani
alcuni concetti che solo profondi conoscitori sanno leggere, evitando le
ripetitività, che, nel caso di Musashi, significano sicuramente altre cose.
L’assurdo più efficace e romantico sarebbe che Capoferro traducesse
Musashi per noi, e viceversa, ma purtroppo ciò non è possibile. Così
dicendo mi sono reso più facile il compito di chiedere scusa a questi due
grandi maestri per questo mio, seppur modesto, gesto di presunzione.
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LA TECNICA SCHERMISTICA
Ho incontrato difficoltà oggettive nell’individuare azioni o movimenti
schermistici che si possano definire uguali, sebbene tante azioni finiscano
sugli stessi bersagli. Per evitare ardui e poco verosimili paralleli, descriverò
le componenti fondamentali della scherma con qualche digressione sulle
posizioni di guardia, dalle quali partono i colpi, per sottolineare la
differenza tra le posizioni della scherma occidentale ed orientale.
La guardia
Il maestro Musashi specifica subito che le posizioni di guardia non
devono essere fisse o rigide secondo il primario concetto nella spada della
posizione “non posizione”, cosicché queste possano mutare in base alle
esigenze del momento secondo un preciso “ordine di battaglia” che vede
tutti i movimenti atti a colpire l’avversario. La prima posizione è centrale,
con la punta verso la faccia dell’avversario. E’ seguita, per indicazione del
maestro, da una parata sulla stessa linea spingendo la lama a destra e
deviando la punta dell’avversario verso il basso.
La seconda posizione prevede la possibilità di colpire l’avversario con
un fendente dall’alto verso il basso mentre questi attacca. Evidentemente la
punta della spada è rivolta in alto e le possibilità di varianti sono molteplici,
secondo il maestro Musashi per concezioni e tempi.
La terza posizione vede la spada reclinata verso il basso in modo da
colpire la mano dell’avversario anticipandolo, e, se questi dovesse legare o
spingere la spada verso il basso, colpirlo di traverso al braccio.
La quarta posizione permette, tenendo la spada di lato verso sinistra, di
colpire dal basso alla mano, e, quando l’avversario cerca di abbassare la
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nostra spada, seguire il movimento e colpire diagonalmente in direzione
delle proprie spalle.
Quest’ultima posizione vede la spada lateralmente sulla parte destra per
poi poter rispondere all’attacco dell’avversario, sollevando la spada di
traverso per colpire dall’alto verso il basso.
Dal maestro Capoferro vengono invece indicate quattro guardie
principali in base alla posizione che assume l’elsa della spada. Esse sono:
sopra le spalle, per la prima; alla medesima altezza per la seconda;
abbassandola, fuori del ginocchio della propria gamba destra, per la terza;
per la quarta indica l’elsa che si accomoda dentro alla coscia. Per ogni
guardia è definita la relativa posizione del pugno.
Nel libro vengono descritte e illustrate altre due guardie necessarie per
l’uso del pugnale. Capoferro distingue per le guardie diversità tecniche
rispetto ad altri maestri, in quanto a posizione delle gambe, dei passi e della
linea della spada, par alcuni alta, per altri bassa, e diversità di definizione
che queste acquistano in base ai capricci dei maestri! Infine, sebbene
indichi la terza e la quarta come contro guardie, dichiara che tutte possono
esserlo in base alla diversità della linea della spada.
E’ evidente come, trattando della guardia, io non sia riuscito a
descrivere solo le posizioni, ma, nel caso di Musashi, anche le finalità
perché è impossibile, secondo le indicazioni del maestro stesso, assumere
una qualsiasi posizione non finalizzata a ferire.
L’uso delle gambe
Il maestro Musashi suggerisce di muovere contemporaneamente sia il
destro che il sinistro, detto piede yin – yang, alla ricerca del bilanciamento
in particolare nelle parate, o indietreggiando, alla evidente ricerca della
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misura. Non ha nessuna simpatia per incedere diversi, passi saltellanti o
fissi.
Anche il maestro Capoferro indica pareri diversi dal suo, senza però
indicarli. Egli afferma che sia dalla destra che dalla sinistra dell’avversario
è bene muovere sempre il sinistro accompagnato dal destro, muoversi in
linea retta ed un piede deve spingere l’altro sia avanzando che
indietreggiando – la punta della spalla destra sempre avanti e la punta del
piede sinistro rivolta verso le proprie parti sinistre.
La misura
In quanto a definizione tecnica, la misura viene esaurita dal maestro
Capoferro con poche parole e cioè: “stretta o larga”. Larga, quando per
toccare l’avversario è necessario scendere in affondo (passo straordinario);
stretta quando si può colpirlo distendendo il braccio in passo giusto a piede
fermo, “offesa nella quale in detta guardia si cerca la misura stretta per
ferire”. Fa alcuni riferimenti alla necessità di colpire l’avversario dalla
strettissima misura con il pugnale.
In realtà tutta la scherma di Capoferro è tesa alla ricerca della giusta
misura dalla quale colpire l’avversario, ed in quasi tutte le spiegazioni
tecniche della scherma di spada sono indicati rispettivamente la posizione
da assumere con il ferro e il tempo da utilizzare. Fa un riferimento alla
misura per ogni caso: un tempo e mezzo per la più larga, un tempo, e
mezzo tempo per le misure che richiedono anche maggiore velocità di
esecuzione. Questo rende facile considerare che ora come allora la ricerca
della giusta misura sia fondamentale per la vittoria in combattimento.
Nell’epilogo del libro Mizu (L’acqua), Musashi indica tra i principi
fondamentali della scherma con la spada lunga, l’essere sciolto nei
movimenti e muovere quindi il busto e le gambe con estrema precisione.
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Ciò era evidentemente necessario perché la misura dalla quale i samurai
facevano partire i colpi di spada era alquanto stretta per poter così legare in
parata, con l’una o l’altra spada. Il maestro dà dettagliate istruzioni, ad
esempio, sul come restare attaccati all’avversario senza lasciare spazio tra i
due corpi (“colpo di lacca e colla”). E’ previsto che si possa cozzare contro
l’avversario con il corpo fino a farlo morire per questo, penetrando nello
spazio lasciato da lui indifeso. Anche nel ben descritto “colpo della
scimmia” con le braccia corte si può leggere una sotto misura, infatti questo
colpo prevede di toccare l’avversario avanzando rapidamente senza
distendere i gomiti; in alternativa a questi colpi ravvicinati, e se proprio
l’altezza dell’avversario dovesse sovrastarci, il maestro Musashi consiglia
di allungare il collo, le gambe ed il busto per essere sempre faccia a faccia
con lui.
La velocità
In quanto alla velocità, come definizione, i due maestri sono molto
sintetici. Capoferro, a parte qualche riferimento durante la descrizione del
tempo e della misura stretta, nella quale asserisce che “il tempo di questa
misura richiede prestanza (velocità) nel ferire o nel partirsi (sciogliere le
misure)”, non si dilunga ulteriormente. Indica solo alcune cause della
“tardezza”…: la mancanza di esercizio o l’eccessivo peso o magrezza della
persona. Tratta invece esaurientemente l’argomento velocità, senza peraltro
citarla, nel lungo capitolo dedicato al tempo.
Musashi tratta questo punto nel capitolo intitolato “la velocità nelle altre
scuole”, ma non la nomina, se non citandola come “fretta”. Dà più
importanza strategica la ritmo da seguire, qualsiasi cosa si faccia, facendo
riferimenti all’uso del ritmo nella arte come nella guerra. Anche nel caso
del maestro Musashi è possibile rendersi conto di quanto invece sia
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importante la velocità nell’esecuzione dei tempi. Per tale motivo ritengo
che, in questo capitolo, il maestro giapponese si riferisca solo alla fretta
nella esecuzione dei colpi da parte di altre scuole, fuori del controllo della
Hejò (strategia del combattimento), che è primaria invece nella sua
scherma.
Il tempo
Musashi considera negativo valutare un combattimento dalla sua
velocità o dalla lentezza, ma strategico lo studio dell’avversario e delle sue
tecniche per carpirne così il ritmo, come si evince dal libro Hi (Il fuoco). In
un passo di questo libro il maestro dichiara che, anche se non è detto si
debba assumere sempre l’iniziativa del combattimento, in linea di massima,
così facendo, si pone l’avversario in condizione di svantaggio. Consiglia
con ciò uno studio dei tre assalti iniziali: Ken no sen (primo assalto), Tai no
sen (assalto di attesa), Taitai no sen (assalto corpo a corpo). Ogni posizione
della scherma di Musashi è finalizzata a colpire (basta leggere i riferimenti
riguardanti le posizioni di guardia) e quindi alla ricerca del tempo e della
misura adeguati. Tuttavia è l’indicazione a scegliere il tempo per prendere
l’iniziativa, contenuta in questo capitolo, che me lo ha fatto scegliere come
esempio.
Il metodo del primo assalto è quello di anticipare in assoluto
l’avversario, sferrare l’attacco con movimenti fulminei delle gambe
vibrando il colpo con decisione violenta. Si otterrà così di soffocare
l’antagonista con la propria energia e, restando sereni, cioè svuotando la
mente da ogni dettaglio, ci si potrà assicurare la vittoria.
Per quanto riguarda l’assalto di attesa, vi sono due metodi. Uno è quello
di non mostrare interesse all’attacco dell’altro e, fingendosi in difficoltà,
ritrarsi sfuggendolo, ma quando questi sicuro si scoprirà, colpirlo con
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decisione. L’altro modo è quello di contrastare l’attacco dell’avversario con
un contrattacco di maggiore impeto, imponendo il proprio ritmo e quindi il
tempo. Così facendo si può rendere incerto il suo attacco conseguendo
facilmente la vittoria.
Nell’assalto corpo a corpo si colpisce l’avversario che avanza
rapidamente, quando è alla portata della propria spada con freddezza e
calma. Un altro metodo si ha quando, su una avanzata alquanto lenta
dell’avversario, e dopo aver studiato i suoi movimenti , lo si colpisce
vibrando un fendente dall’alto. Il maestro Musashi ammette, in questo caso,
come in altri, che vi sono difficoltà descrittive a causa della tradizione orale
nel tramandare le vie dell’arte della spada senza servirsi, come in questi
esempi, delle illustrazioni.
Capoferro, nelle descrizioni di massima, indica quattro tempi
principali: il primo tempo, i due tempi, il mezzo tempo ed il contro tempo.
Specifica che nel primo tempo a misura stretta o larga deve bastare un solo
movimento per colpire l’avversario. Per i due tempi almeno due
movimenti. Il mezzo tempo si usa per colpire dalla misura larga al
bersaglio avanzato, sia il braccio armato di spada che quello armato di
pugnale, sempre mezzo quando si colpisce l’avversario dalla stretta misura
mentre questi avanza. Sono questi i tempi di anticipo, ed indicano più il
tempo della misura che altro. Anche per il contro tempo il maestro
specifica che bisogna colpire l’avversario che tira la stoccata da una misura
a ferire incontrandolo e rubandogli tempo e misura.
E’ più reale la descrizione del tempo quando specifica che per ferire
bisogna anticipare l’avversario sia che questi parta da una misura per finire
in un’altra, sia d’anticipo quando solleva la spada per colpire. E’ “tempo”
colpire dopo aver parato ed infine quando, avendo la stoccata
dell’avversario superato il proprio bersaglio, si fa seguire la risposta.
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Il tempo nella scherma viene trattato esaurientemente in un intero
capitolo dal maestro Capoferro. La descrizione del tempo inteso come
velocità di esecuzione della scherma, fa sempre riferimento alla misura
dalla quale si eseguono i movimenti: più saremo vicini, minore sarà il
tempo, e quindi avremo mezzo tempo, tempo intero ed infine un tempo e
mezzo. Più volte, proprio per sottolinearne l’importanza si indica che il
tempo è la misura della quiete e del moto riferita alla misura
dell’avversario o alla punta della propria spada e viceversa, necessario per
evitare anche, ad esempio, di usare lo stesso tempo dell’avversario e finire
con il ferirsi a vicenda. Un’ultima raccomandazione la fa invitando a curare
la posizione del corpo e del braccio armato rispetto al tempo da eseguire,
valutare con cautela (“vadino con il calzar del piombo”) ed evitare di
perdere tempo con movimenti non finalizzati all’azione da eseguire. Come
sempre chiude, quasi come Musashi, con l’invito all’esercizio ed alla
pratica.
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ALCUNE STRATEGIE E TATTICHE DEL
COMBATTIMENTO
Per concludere questo mio elaborato, cercherò di tracciare alcune
similitudini tra le tattiche di combattimento dei due Maestri.
Dovrei limitarmi alle fasi di assalto puro, ma ciò è molto difficile. Infatti
ho dovuto ben capire le differenze di predisposizione al combattimento che
i due maestri hanno, per poterle, a mio modo, interpretare.
Molto simile una descrizione dell’atteggiamento che lo schermidore –
samurai deve avere nella vita come nel combattimento, sia nella tecnica che
nella forma mentale.
Per il resto, anche se le finalità del combattimento sono le stesse, per
Capoferro la scherma e la sua applicazione hanno funzione difensiva al
punto di dichiarare che “l’offesa è una difesa nella quale si cerca la misura
per ferire l’avversario”. Egli insiste ancora affermando che l’offesa è
l’ultimo rimedio della difesa perché a quel punto non si è più obbligati al
rispetto della vita di un avversario. A rinforzo di questa tesi, una
descrizione etimologica delle parola “scherma” la fa derivare appunto da
“schermo”, difesa. Su questo punto, Musashi esordisce sì parlando di un
ferire senza essere feriti, ma nello stesso periodo sostiene “vittoria sempre,
senza tregua, lasciando trasparire efficacemente l’atteggiamento che il
bushi deve assumere nei confronti dell’avversario”. Lo stesso maestro
diventa molto conciliante quando parla dell’Hejò – strategia, affermando
che appunto l’unico verso scopo della strategia è quello di combattere per
vincere il nemico, ma quanto al come, afferma anche che si deve schiantare
lo spirito di combattimento dell’avversario, distruggere fino in fondo. Fa
pure riferimenti alla necessità, a volte, di suscitare nell’avversario fastidio,
remissività, imprudenza.
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Capoferro avverte chi dovesse prepararsi all’assalto che è solo in virtù
della ragione della natura dell’arte e del continuo esercizio che si addurrà
alla vittoria. La cadenza, il senso del ritmo e le scelte della misura e del
tempo, strettamente collegato ad essa, sono altrettanto importanti e quindi
consiglia – ordina di “mai parare se non si risponde per ferire, né di andare
a ferire se non si è sicuri di parare la risposta”. Diffida dal parare di contro,
parare “per parata”… ed infine imparare a guadagnare i gradi del ferro
avversario.
Musashi risponde, in questo ipotetico dialogo, dichiarandosi d’accordo
sull’utilizzo della cadenza e del ritmo da imprimere all’assalto, (assalto?)
aggiungendo che un sicuro successo si avrà quando ci si sarà appropriati
del ritmo dell’avversario, magari inseguendolo. Afferma comunque, e qui
si sente la sua anima zen, che come fa un carpentiere con i suoi attrezzi, in
vista di una costruzione, così il bushi deve curare e scegliere le sue armi in
vista di un combattimento. L’atteggiamento in combattimento deve essere:
di una energica fissità, le braccia e il busto immobili, lo sguardo fisso
sull’avversario; si devono impostare tattiche di combattimento che non
devono mai essere ripetute più di due volte – ripetere una terza volta
sarebbe assolutamente deprecabile, oltre che mortale, a suo dire.
Entrambi i maestri, ciascuno a suo modo, invitano, attraverso
atteggiamenti fisici o col ferro, a conoscere le tecniche del proprio
antagonista.
Capoferro va avanti dichiarando che, anche se può essere utile l’uso
delle finte, ricordando che queste presuppongono il colpire al bersaglio
opposto, meglio sarebbe anticipare le stesse. Usare sempre i gradi giusti del
ferro forte para e debole ferisce, (punta). Grande importanza viene data
all’affondo nel cui disegno geometrico è chiaro lo sviluppo in avanti della
misura, o , come dice Capoferro, “accrescimento atto a ferire”.
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Per finire, che dovrebbe in realtà essere un iniziare a parlare di
Capoferro e Musashi, e dopo un’ultima raccomandazione molto sensata di
Musashi sulla necessità di gestire, sapendoli distinguere, i propri momenti
di incertezza durante il combattimento, vorrei segnalare due atteggiamenti
simpatici e che comunque nella nostra scherma sono codificati. Musashi
invita a sorprendere l’avversario con cambi di velocità e di tecnica, attacchi
estemporanei e urla improvvise senza dar tregua, mentre Capoferro invita a
muovere la testa in avanti o indietro rispettivamente per ferire o difendersi,
indicando infine il traccheggio con il meno bellicoso atteggiamento del
“passeggiar da banda”.
La mia ultima considerazione è che se ora noi insegniamo ai nostri
allievi che la scherma è “uno sport (precedentemente arte o scienza) che ci
insegna a vincere i combattimenti con le armi bianche”, le distanze che
separano Ridolfo Capoferro da Cagli e Miyamoto Musashi si sono, almeno
secondo questa breve analisi, ridotte, il beneficio di ciò per gli allievi
dipenderà da noi.
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GLOSSARIO
Bushi: guerriero
Chi: la terra
Hejò: la strategia
Hi: il fuoco
Kaze. il vento
Ku: il vuoto
Mizu: l’acqua
Niten ichi ryù: una scuola – due cieli
Nitò: due spade
Samurai: guerriero
Shogun: generalissimo; il governatore di fatto del Giappone feudale
Tachi: la spada lunga del samurai
Wakizashi: la spada corta del samurai
Zen: una setta buddista
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BIOGRAFIE
Ridolfo Capoferro da Cagli
Nonostante sia tra i più bravi maestri di scherma del passato e sia
considerato uno dei maggiori trattatisti dell’epoca sull’argomento, si
conosce poco o nulla sulla vita di Ridolfo Capoferro. Non si è certi neanche
che questo non sia altro che un soprannome. E’ documentato solo che,
arrivato a Siena, diventò maestro della scuola tedesca insediatasi a Siena
già dal XIV° secolo. Anche la datazione della sua opera Gran simulacro
dell’arte e dell’uso della scherma non è certa. Alcuni editori, che
vantavano il possesso di riedizioni manoscritte, la fanno risalire intorno al
1600. E’ comunque considerato il trattato di maggiori vedute dal Seicento
ad oggi. In esso Capoferro riesce quasi a colmare la differenza tra l’arte e
l’uso della spada, sottolineando per un verso che la causa efficiente di
questa disciplina sono la ragione, la natura, l’arte e l’esercizio, dall’altro, in
modo efficace e moderno, descrive in tredici capitoli i fondamenti tecnici
della scherma, tutt’oggi molto validi, con una esemplare descrizione
dell’affondo.
Miyamoto Musashi (Shinmen)
E’ stato il più grande maestro dell’arte della spada vissuto nel Giappone
feudale. Nato ad Harima nel 1584, fu in seguito adottato dalla famiglia
Miyamoto, profondo conoscitore della dottrina Zen che utilizzava
nell’insegnamento della spada. Fondò la scuola di scherma Niten Ichi Ryù
(Scuola dei due cieli) nella quale Musashi insegnava la tecnica di colpire
con due spade. Intorno al 1640, verso i sessant’anni, si ritirò in una grotta e
in meditazione ed estrema povertà scrisse il suo testamento spirituale
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dedicandolo al suo allievo prediletto e successore. Nasce così Il libro dei
cinque anelli (Chi – la terra, Mizu – l’acqua, Hi – il fuoco, Kaze – il vento e
Ku– il vuoto). Fu anche raffinato pittore, famose le sue opere
monocromatiche nello stile Genpitsutai, firmava le sue opere con lo
pseudonimo “Niten”.
BIBLIOGRAFIA
Ridolfo Capoferro da Cagli, Gran Simulacro dell’Arte e dell’Uso della
Scherma, Protagon Editori Toscani, Siena,1997
Miyamoto Musashi, Il libro dei cinque anelli, Edizioni Mediterranéé,
Roma, 1993.
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