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> ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO Cesare Dal Palù Cesare Dal Palù è nato a Venezia il 20 gennaio 1923. Dopo aver stabilito contatti con antifascisti veneziani quali Agostino Zanon Dal Bo e Giovanni Ponti, si lega al gruppo di giovani di S. Elena che costituiranno uno dei nuclei del battaglione garibaldino “Biancotto”. Arrestato insieme a Cesco Chinello nell’aprile del 1944, viene liberato da un’amnistia nel successivo novembre. Intervista di Giovanni Sbordone Padova, studio dell’intervistato presso l’Ospedale di Padova 2 febbraio e 17 marzo 2005 Cominciamo dall’inizio… Sono nato a Venezia il 20 gennaio 923. Dove abitava? Sono nato a Santa Fosca, poi ho abitato a San Moisè, poi ad Ancona, poi sono tornato a Venezia, a San Canciano: ho cambiato otto case! Durante la guerra abitavo in campo Rialto Nuovo. Quanto è stato, ad Ancona? Dunque, il papà è diventato direttore del Banco di Roma di Ancona nel 936, mi pare, io facevo la quarta ginnasio. Ancona era una città dove il ° Maggio, invariabilmente, sui muri del porto apparivano le falci e martello: una città anarchica e comunista. Avevamo un professore chiaramente comunista. Ricordo, per esempio, che ero ad Ancona quando è morto Pio XI, un Papa dal quale ci si aspettava che parlasse contro il nazismo; ricordo che c’era molta attesa per la nomina del nuovo Papa: poi siamo rimasti delusi. Ecco, vede, già allora c’erano germi di antifascismo, ma sempre un po’ confusamente perché, cosa vuole, noi a quell’epoca eravamo indottrinati, anch’io ero inquadrato – ero avanguardista ciclista – e sfilavamo. Come tutti… Sì, come tutti: per forza, la realtà era quella che era… Memoria resistente In famiglia che tipo di idee avevate? 982 Mah, il papà era abbastanza ligio alle regole; poi lui, nel 938 mi pare, è stato nominato direttore del Banco di Roma di Beirut, che allora era Siria francese; quando siamo entrati in guerra contro la Francia i francesi l’hanno messo in campo di concentramento, perché eravamo nemici; poi c’è stato l’armistizio con la Francia, l’hanno liberato ed è diventato direttore della sede di Istanbul. Per cui noi, per cinque anni, non l’abbiamo quasi mai visto. Io avevo anche uno zio liberale, ebreo, che mi ha aperto gli occhi: per esempio ricordo che una volta, da bambino, mi ha detto che Napoleone non era un grand’uomo, ma un avventuriero che faceva sempre guerra. Non so come dire, ma per un ragazzo era come vedere un mondo rovesciato. Ad Ancona avevamo un > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO professore, il professor Cattalini, comunista (allora non dichiarato), che ci spiegava in classe – nel ’37, pensi! – che se ci fosse stata una guerra l’avremmo persa, che l’impero inglese e l’America erano troppo potenti perché potessimo vincerla! Ecco, gente che ci apriva gli occhi, che un po’ alla volta ci faceva vedere una realtà diversa da quella che ci era stata inculcata coi “colli fatali di Roma” e così via. Voglio dire: l’importanza delle piccole cose, che poi maturano col tempo… Come si chiamava questo suo zio liberale? Cesare Guastalla. Durante l’ultima fase della guerra è stato nascosto, si è salvato. È lui che mi ha fatto leggere la Storia d’Europa di Croce: e già allora ho cominciato a intravedere qualcosa di diverso da quello che ci avevano insegnato. È importante avere qualcuno che ti mostri la possibilità di vedere le cose da un altro punto di vista, un punto di vista che noi non avevamo. Perché avevate sempre sentito una sola voce. Una sola voce che ci parlava di tutti questi trionfi, di questa grandezza. Mussolini era un oratore efficace, incisivo, c’è poco da dire; ben differente da Hitler, che era un isterico, un pazzo. Ricordo che ero in campo San Luca mentre la radio trasmetteva un discorso di Hitler: è andato avanti a parlare per tre ore e aveva una voce sgradevole, isterica; mentre Mussolini aveva una voce più gradevole, era molto conciso, efficace, trascinante per noi ragazzi, e non solo. Ho visto Hitler la prima volta che è venuto a Venezia, che era anche la prima volta che veniva in Italia: in impermeabile, accanto a Mussolini trionfante in divisa, sembrava il suo attendente, il suo servitore. Invece poi Mussolini è stato completamente dominato da lui. Era in Piazza San Marco? In Piazza San Marco, sì, con mio nonno paterno, sono andato a vederli. Che anno era? Credo fosse il ’34 o il ’35, ero piccolo. Hitler aveva appena preso il potere. Poi sono andato anche a vedere quella famosa sfilata dell’Impero a Roma; Mussolini parlava da Palazzo Venezia e ricordo che avevo vicino a me una giovane donna inglese impazzita per Mussolini, completamente impazzita. Chi la ha accompagnata, a Roma? Memoria resistente A Roma sono andato con mio papà. E quanti anni aveva? 983 Pochi, ne avrò avuti tredici. Sono sfilati i meharisti, truppe cammellate tripolitane, col turbante, la polizia coloniale con i mantelli rossi e neri, gli ascari eritrei con il cappello alto. Erano tutte manifestazioni che ci affascinavano, da bambini è difficile non essere affascinati da queste cose. E poi > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO eravamo tutti inquadrati nella Gioventù Italiana del Littorio, che organizzava campeggi estivi e invernali. A che età? Avrò avuto 4-5 anni, abitavo ad Ancona. Se non fosse stato per loro io non avrei mai sciato, perché mio papà era sì direttore di banca, ma a quel tempo un direttore di banca era un morto di fame rispetto a quello che sarebbe adesso. Non parliamo dell’automobile, ma non poteva permettersi neanche di mandarmi a sciare: io avevo i suoi calzoni risistemati, la sua giacca a vento enorme, il paletot rivoltato. Mi ricordo che una volta mio padre ha speso cento lire per comprare un libro, di quelli grandi, e mia madre si è arrabbiata moltissimo… Questo nel ’36-’37, quindi in anni in cui non c’era ancora la guerra: ma il nostro era un paese povero, non un paese ricco. La nostra generazione ha conosciuto diversi mondi: quello fascista di un’Italia povera, veramente povera; poi la guerra; poi il dopoguerra col miracolo economico e l’entusiasmo di una rinascita; poi questa morta gora attuale che, devo dire, è il periodo peggiore. È il peggiore, perché non c’è più slancio. Non è perché sono invecchiato… io sono invecchiato, questo è ovvio, però la volgarità che c’è adesso non c’è mai stata. Peggio anche del fascismo? Peggio del fascismo in assoluto no, perché bene o male c’è una sorta di democrazia. Ma sa: un ragazzo non poteva sentire l’oppressione del fascismo come la potevano sentire gli adulti e soprattutto gli intellettuali (perché agli altri basta mangiare, bere e…); e a quel tempo per noi c’erano anche queste iniziative che ci allettavano, come i campeggi o i treni popolari. Alla domenica c’erano i treni popolari, la gente prendeva il biglietto per 4 lire. Difatti ricordo che sono andato – non con un treno, ma con una “nave popolare” – da Ancona a Zara; ed è stata la prima volta che ho fumato una sigaretta, perché non costavano niente, essendo Zara porto franco. Memoria resistente Poi c’erano il dopolavoro e tutte quelle cose lì… Sì, effettivamente, anche per i ragazzi… Perché poi l’indottrinamento avveniva a scuola; là, in quei campeggi, si sciava. Sì, è vero, al mattino dovevamo assistere all’alzabandiera, ma insomma nell’alzabandiera non c’è niente di male. Bestemmiando, perché dovevamo alzarci presto, con un freddo boia, perché ad Asiago era molto freddo, ma insomma… Solo dopo abbiamo cominciato a capire, grazie appunto a certe letture, a certe frasi pronunciate da certi adulti; e quindi abbiamo cominciato a capire che le cose non erano così belle come ce le dipingevano. Per esempio: quando c’è stato l’intervento in guerra, lei cosa ne pensava? 984 Ecco, a questo proposito non concordo con certe cronache di oggi. Ricordo che ero in Piazza San Marco, vicino al campanile, quando c’è stata la dichiarazione di guerra di Mussolini. Io avevo sentito tutti i suoi discorsi (quello > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO delle sanzioni, quello dell’Impero, ecc.) e c’era sempre stato un entusiasmo indescrivibile; e invece quel giorno della dichiarazione di guerra devo dire che nella Piazza c’è stato il gelo. Sì, sotto l’Ala napoleonica c’erano i fascisti che urlavano come pazzi, come al solito, di entusiasmo; ma tutta la gente che era un po’ più in fondo, vicino a me… ho avuto proprio una sensazione di gelo, anche perché tutti si sono resi conto della gravità della situazione. E lei, personalmente? Anch’io: ero proprio angosciato. Ma non ve l’aspettavate, cioè, non era una cosa prevedibile? Mah, sì e no, insomma… Non saprei dirle quali fossero le attese. Io già allora avevo cominciato ad ascoltare una radio francese, mi pare, al Lido, dove i miei zii avevano una villa: andavamo in villa e sentivamo la radio; poi, durante la guerra, ascoltavo “Radio Londra”, e via via è stato un progressivo maturarsi. Torniamo un attimo indietro. Diceva che in quarta ginnasio è andato ad Ancona; fino a quando ci è rimasto? Ho fatto la seconda metà della quarta ginnasio, quinta ginnasio e prima liceo. In seconda liceo ero di nuovo a Venezia, al Foscarini. Con chi era in classe, al Foscarini? Con Gian Mario Vianello, per esempio; ma per poco, perché poi mi sono ritirato e ho studiato privatamente. Venivo da Ancona e l’idea di cambiare di nuovo professori, di dover ricominciare da capo… mi sono stufato e ho deciso di saltare la terza liceo. Poi ho studiato privatamente, anche con il professor Ponti, che sarebbe diventato un membro influente del Comitato di Liberazione Veneto. Il futuro sindaco. Sì, è stato anche sindaco. E poi ha dato l’esame di maturità… Ho dato l’esame due giorni dopo che era scoppiata la guerra. Memoria resistente Con un anno di anticipo, quindi. Due anni; perché io, essendo di gennaio, ho cominciato che non avevo ancora sei anni, quindi quasi due anni di anticipo. L’esame non è stato così difficile: era scoppiata la guerra, c’era una commissione interna ed erano abbastanza indulgenti. Poi si è iscritto all’università, qui a Padova? 985 Sì, ho cominciato a fare su e giù da Padova per andare all’università. Nei primi due anni, ’4-’42, praticamente la vita continuava abbastanza normale, la guerra era lontana, a parte qualche bombardamento, soprattutto a Trevi- > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO so, a Padova è stato nel ’44. C’erano pochi bombardamenti e la vita per noi studenti era la solita. La svolta è stata nel 943. Sì. Ma anche lo scoppio della guerra, nel settembre 939, è un momento che ricordo bene: ero in spiaggia e là ho avuto la notizia dell’invasione della Polonia (ero in spiaggia anche quando gli alleati sono sbarcati in Sicilia, e c’è stato il famoso discorso del Bagnasciuga di Mussolini). Noi poi la fronda abbiamo cominciato a farla quando eravamo universitari; mi ricordo che eravamo… non “giovani fascisti”, come si chiamavano? I Guf? Guf! Eravamo del Guf, andavamo a far campeggio di sci, d’inverno, e le gare di fondo, col moschetto, tiro in sagoma ecc. C’era anche Gian Mario Vianello. Prima del 943? Sì, prima del 943 o nell’inverno del ’43; e là già si parlava tra noi ridicolizzando il fascismo. Perché il fascismo ci appariva ridicolo, a noi universitari: ricordo che una volta, a Bormio mi pare, ci hanno radunati tutti in una grande spianata, con i centurioni della Milizia grassi e tronfi, e ci hanno fatto fare – a mezzogiorno e mezzo, con la fame che avevamo – la “prova della manifestazione di entusiasmo” per i camerati tedeschi. Robe da matti! Sulla neve? Sulla neve, con la fame. Figurarsi cos’è successo! Di tutto: urla, abbiamo buttato per aria i cappelli, ridevamo. Ed era la prova della manifestazione di entusiasmo. Poi abbiamo fatto una gara di fondo di quattro o cinque chilometri (quindi abbastanza impegnativa) e, arrivati morti di stanchezza e di fame, ci hanno fatto fare un saggio ginnico per i camerati tedeschi. Erano cose folli, per cui era logico che si creasse anche questo stato di irrequietezza, che non si credesse più in quello che ci avevano insegnato per anni. Per cui già allora, in questi campeggi, facevamo la fronda, che poi si è concretizzata per noi nella “Resistenza”. Grazie all’amicizia con Gian Mario Vianello ho preso contatto con il gruppo di Sant’Elena. C’era anche Cesco Chinello… Memoria resistente Cesco, che allora si chiamava Ivone; e c’erano Livio Maitan, Mario Marcé, Marco Stringari. Erano tutti di Sant’Elena? 986 Loro sì; io no, ma andavo là con loro. Ricordo che nel luglio del ’43, poco prima del 25 luglio, eravamo una sera sull’erba di Sant’Elena, con la “Amerigo Vespucci” attraccata accanto. Era una notte bellissima, c’erano poche luci > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO e si vedevano le stelle; e discutevamo tra di noi di come il re avrebbe potuto liberarsi di Mussolini. E così ho cominciato, con quel gruppo di Sant’Elena. Poi io avevo contatti anche con Zanon Dal Bo, che era del Partito d’Azione. Era stato suo professore al Foscarini? No, io ero nell’altra sezione; ma comunque l’avevo contattato, non so come. E ricordo l’annuncio della deposizione del “cavalier Benito Mussolini”, per radio, il 25 luglio. Una grande gioia, si credeva che… Che fosse finita… E invece cominciava, purtroppo, almeno per noi del Nord Italia. E poi ricordo che l’8 o il 9 settembre sono andato – non mi pare che ci fossero gli altri del gruppo – a casa dell’avvocato Giavi, non ricordo come mai, e c’erano questi vecchi socialisti che pensavano di andare con i moschetti 9 sul ponte del Littorio (allora si chiamava così) a bloccare i tedeschi che arrivavano coi carri armati1. Come nel 848! Sì, era un po’… fantascientifico, ecco. Un altro ricordo molto vivido è che ero alla stazione di Padova quando è passato il treno dei deportati da Roma, in ottobre credo; perché io facevo su è giù da Venezia a Padova per andare a lezione, ed ho visto quel treno merci su un binario laterale. Erano deportati militari? No, erano gli ebrei di Roma. Penso che fosse quel treno di cui tanto si è parlato, in ottobre, degli ebrei di Roma, che si è fermato anche a Padova2. Quello che mi ha colpito è stato che quella povera gente chiedeva acqua attraverso le feritoie: allora un nostro carabiniere ha preso un recipiente ed è andato alla fontanella per portargli dell’acqua, ma un tedesco che avrà avuto sì e no diciott’anni, con il mitra, l’ha cacciato via in malo modo. Queste sono le cose che poi uno ricorda perfettamente, anche se sono passati sessant’anni. E un altro vivo ricordo è quello dell’inaugurazione dell’anno accademico, con il famoso discorso di Concetto Marchesi, e il manipolo di repubblichini – ma quella volta non si chiamavano ancora così – che è entrato armato nell’aula magna; cosa che è assolutamente proibita, entrare armati all’università. E mi ricordo che è stata una scena indescrivibile, perché tutta l’aula di noi ragazzi urlava contro questo manipolo. Memoria resistente Ma Marchesi non era suo professore. No, io facevo medicina. Ma voi sapevate già, vi aspettavate che lui avrebbe detto qualcosa? 987 Noi sapevamo che c’era l’inaugurazione, ma non ci immaginavamo un discorso così forte. Io ci sono andato perché era l’inaugurazione dell’anno ac- > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO cademico, non pensavo che sarebbe diventato un evento memorabile. Lei all’epoca conosceva le idee di Marchesi? No, non sapevo niente. Poi, quando Marchesi ha fatto il discorso della “matta bestialità” e ha inaugurato l’anno accademico nel nome del popolo italiano (che era una forma inedita, rivoluzionaria), è stata proprio un’esplosione di entusiasmo, veramente… tutta l’aula che gridava, urlava. E quando poi siamo usciti c’erano questi repubblichini col mitra che ci dicevano: “Vigliacchi, se avete coraggio venite avanti!”: il che non era tanto facile, essendo loro col mitra e noi completamente disarmati. Me lo ricordo perfettamente, è stata veramente memorabile, quell’inaugurazione dell’anno accademico. E col militare, lei come ha fatto? No, io sono del 923, ero universitario, quindi avevo la proroga, non dovevo andare militare. Io studiavo, andavo su è giù da Padova; a un certo punto si scendeva a Ponte di Brenta, si passava a piedi il ponte che era andato giù e si risaliva su un treno dall’altra parte. L’avevano bombardato? Penso proprio di sì. Durante la guerra avevo anche una stanza a Padova: l’inverno ’44 è stato di un freddo terribile. Ricordo che compravo le patate americane per mettermele in tasca e scaldarmi le mani, e ho dato fuoco al letto perché ci ho messo la stufetta e hanno preso fuoco le lenzuola. L’acqua dei rubinetti era fredda, e ricordo che una mattina ha fatto il ghiaccio. Sono cose che si ricordano ma che sono irrilevanti, danno solo l’idea di quale fosse la situazione. Mia mamma si era inventata il dolce di fagioli, il dolce di carote, faceva il burro col latte: questa era la quotidianità. Ecco, e poi… aspetti che mi sono fatto anche degli appunti… Beh, nell’inverno 943-’44, una sera, non ricordo bene quando, Gian Mario Vianello mi ha portato ad una riunione (forse a casa di Turcato) perché c’era, così, un po’ l’idea che io potessi aderire al Partito comunista. E invece, quando sono stato là e si è cominciato a parlare, io mi sono messo a discutere e non se ne è fatto niente. Ma lei aveva già le sue idee politiche o… Io poi sono sempre stato socialista. Memoria resistente E prima di questo episodio? 988 Sì… ma sa, da ragazzi, a diciotto anni, è difficile avere idee molto chiare; tanto più che noi uscivamo dal fascismo, quindi era una realtà che conoscevamo solo per modo di dire. Ricordo che a un certo momento ero nascosto, non so perché, a casa di Marcé (uno del nostro gruppo, che poi è diventato ammiraglio) e Livio Maitan mi ha dato da leggere la vita di Trotskij, perché lui era già trotzkista; e così finché ero nascosto ho letto la vita di Trotskij. > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO Ma politicamente, allora, le mie idee erano confuse, anche se mi affascinava il socialismo. Eravamo tutti ammiratori dell’Armata Rossa, di cui seguivo l’avanzata su una bellissima carta geografica dell’Enciclopedia Treccani: ma quando Gian Mario mi ha portato a casa di Turcato io ho cominciato a discutere, non mi ricordo più perché o su che cosa, ed è finita che non se ne è fatto niente, perché per entrare nel Partito comunista bisognava essere abbastanza… allineati. Un altro episodio che ricordo molto bene è stato quando il professor Ponti, un certo giorno, mi ha mandato a Padova dal professor Meneghetti3 (ho letto che è successo anche a Cesco Chinello, ma non lo sapevo4) per avere da lui del fosforo giallo, che doveva servire a incendiare gli archivi del distretto militare a Venezia. Perché Meneghetti insegnava chimica all’università, quindi aveva per le mani queste sostanze… Era mio professore di farmacologia. E ricordo che sono andato da lui e gli ho detto: “Mi manda il professor Ponti”. E lui: “Ponti… Gio Ponti, l’architetto?” “No – ho detto – non Gio Ponti! Il professor Ponti! Per il fosforo giallo!” “Non conosco nessun professor Ponti”. Meneghetti era un uomo imponente e io sono rimasto completamente disorientato; era anche mio professore, per cui ero in soggezione, ed è finita che me ne sono andato con la coda fra le gambe. Ma poi ho capito che questi “resistenti” erano di un’ingenuità incredibile, e infatti dopo li hanno arrestati. E ancora ancora Meneghetti con me si è difeso: perché mandavano una persona sconosciuta, senza nessun affidavit, senza una parola d’ordine… avrei potuto essere una spia. Non lo avvertivano prima? Evidentemente no! O forse Meneghetti lo sapeva, ma non mi conosceva, non sapeva chi io fossi! A Cesco ha dato una boccetta contenente un liquido assolutamente innocuo; doveva essere acqua, altro che fosforo giallo. A me invece ha fatto questa sceneggiata, ha cominciato a dire: “Gio Ponti, l’architetto?”, e io mi sono completamente disorientato; anche perché ero molto giovane e abbastanza ingenuo, e quindi sono tornato a casa con la coda fra le gambe. Memoria resistente Con Ponti che rapporti aveva? 989 Era stato il mio professore privatamente, quando ho saltato la terza liceo andavo a lezione da lui. Cercavamo, assieme, di tradurre in qualche modo Tacito, ma ricordo che anche lui non lo traduceva così facilmente, perché era professore di italiano. Non so come mai, non mi ricordo come sia avvenuto il mio contatto con lui, ma in qualche modo Ponti mi ha detto di > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO andare da Meneghetti (non so neanche chi l’abbia chiesto a Cesco, non ne ho la più pallida idea). Sono episodi che restano nella memoria, flash che si ricordano come se fossero oggi, ma scollegati tra loro, in mezzo ci sono dei vuoti incolmabili. A volte sono cose di importanza modesta che ti rimangono impresse in mente, e altre no. In aprile, poi, mi hanno arrestato, perché c’è stato uno che ha fatto la spia. E ricordo che, quando siamo andati all’interrogatorio da Zani, io ero seduto da una parte della stanza, Cesco era seduto di fronte a me, e non potevamo né alzarci né parlare tra di noi; e invece vedevo che il terzo si muoveva con maggior disinvoltura e poteva parlare, allora ha cominciato a venirmi il sospetto che potesse essere la spia. Possiamo dire il nome, tanto l’ha scritto già Cesco. Sì, Pignatti. Questo interrogatorio era a Ca’ Giustinian? Era a Ca’ Giustinian, dove c’era Zani, la guardia repubblichina5. E ogni volta vi portavano a piedi da Santa Maria Maggiore a Ca’ Giustinian? Io sono andato all’interrogatorio una volta sola, mi pare: in lancia fino a S. Moisè e poi a piedi. Ricordo ancora la spiacevole sensazione delle manette ai polsi. C’era una fontana, allora, a S. Moisè, e molte donne con i secchi che raccoglievano l’acqua; e si capiva che erano dalla nostra parte e avrebbero voluto liberarci. All’interrogatorio ho fatto un nome, che mi hanno detto che si poteva fare, perché ormai era in salvo. Vi picchiavano? No, era un interrogatorio. Cosa sapevano di voi? Su che basi vi avevano arrestato? Mah, sapevano che noi avevamo costituito un gruppo e che facevamo della propaganda sovversiva. Infatti sia io che Cesco siamo stati condannati a due anni per “associazione sovversiva e propaganda anti-nazionale”, mi pare. In sostanza distribuivate volantini… Sì, volantini e cose di questo genere, allora era questo il genere di attività che si faceva. Memoria resistente Facevate anche scritte sui muri? 990 Mah, questo non me lo ricordo. Dopo, quand’ero in carcere, sono stato per vari giorni in infermeria (non ricordo più cosa avevo inventato per andarci) e andavo “all’aria” da solo; allora sul muro ho scritto “abbasso il duce”, sono stato anche cretino, così mi hanno rimandato in cella. Ma prima che mi arrestassero era quella l’attività che facevamo. Sa, è difficile ricordare tutto: ricordo l’episodio di Meneghetti perché quello è stato abbastanza particola- Memoria resistente > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO re. E poi i volantini e quelle cose là… Avevate anche armi? No, in quella fase no. Quando ci hanno arrestati era proprio la fase iniziale; erano passati solo pochi mesi dal settembre ’43, la Resistenza era ancora all’inizio. Vi hanno arrestato in aprile. Aprile del ’44, sì. E ricordo che all’aria – quando si andava a passeggiare per un’ora in un cortiletto oblungo, si diceva andare all’aria, l’ora d’aria – mi trovavo con Felisati e Gusso, che poi sono stati fucilati6. Li ricordo benissimo: uno dei due era stato marinaio, ci raccontava le sue avventure, il naufragio… Erano di San Donà? Di San Donà, sì. E poi all’aria con noi c’era, perlomeno che io sappia, un comunista importante, Gaddi, solamente che i fascisti non avevano capito chi era e quindi se l’è cavata. Invece voi lo sapevate chi era? 991 “Radio carcere” lo diceva: io sapevo che era Gaddi, però nessuno dei fascisti l’ha sospettato. E con noi c’era anche uno slavo (invece Cesco dice che era un comunista austriaco che si fingeva slavo) da cui avevo imparato “Smrt Fascismu Svoboda (o Sloboda) Narodu”, che vuol dire “morte al fascismo, libertà ai popoli”; e poi ci aveva insegnato anche una bestemmiaccia in slavo… Poche celle più in là c’era anche quello che aveva ammazzato a martellate sua nonna. E anch’io, come Cesco, da detenuto sono uscito dal carcere per fare un esame; due poliziotti – non repubblichini, poliziotti – mi hanno scortato fino a Padova e sono venuto qua, nell’Istituto di patologia medica. La sessione di esami era già finita, ma ho detto al vecchio bidello che ero un detenuto e che dovevo fare l’esame; e il professor Pari, che era antifascista, ha riunito la commissione e, coi due scagnozzi seduti in fondo all’aula, mi hanno interrogato; ho anche risposto abbastanza male, devo dire. Va bene che in carcere si studia bene perché non c’è altro da fare, ma non ho risposto bene; però mi hanno dato trenta e lode, date le circostanze e anche perché avevo un bel libretto. Poi, al ritorno, questi due poliziotti hanno detto a mia madre che non avevano mai sentito un esame bello come il mio. Al ritorno eravamo nel trenino della “Veneta” (perché quella volta da Padova a Venezia si andava con la Veneta, non con il treno) e c’erano i miei amici che non sapevano che ero detenuto; ero fra due poliziotti armati, ma non avevo le manette, e i miei amici mi venivano vicino a parlare male del fascismo! Per fortuna quelli della Questura, all’epoca, cominciavano ormai a capire come sarebbe finita la guerra. E in carcere ricordo anche un ebreo, al quale ho regalato un pullover quando l’hanno deportato; ma devo dire che nessuno in realtà sapeva quello che > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO succedeva agli ebrei in Germania; anche lui era convinto di andare a lavorare e diceva: “ho sempre lavorato, lavorerò anche là!”. Nessuno sapeva, almeno in quell’ambiente. Si ricorda il suo nome? Si chiamava Leone, non ricordo il cognome; era di Torino e si chiamava Leone. Sarà stato in agosto o settembre del ’44, quindi verso la fine della guerra, eppure non si sapeva dei Lager; è una cosa stupefacente, nessuno sapeva. E poi sono stato in cella con un altro che era del delta e mi raccontava che a casa sua, a Natale, appendevano una acciuga sul soffitto e, col pane, ognuno andava a toccar l’acciuga perché si insaporisse il pane; poi anche questo è stato deportato in Germania per lavorare con la Todt. Poi io – grazie a mia madre che ha corrotto il medico del carcere, che si è fatto dare un sacco di soldi – ho finto un attacco di appendicite (che da studente di medicina sapevo com’era) e sono stato trasferito nella cosiddetta “Sala custodia” dell’Ospedale Civile. A San Giovanni e Paolo? Sì: all’ingresso del chiostro c’era un reparto per detenuti, dove adesso ci deve essere un repartino di psichiatria. E là ricordo la notte della rappresaglia… La rappresaglia di Ca’ Giustinian? Sì. Quella notte è successa una cosa strana, una vera coincidenza. Noi sapevamo che ci sarebbe stata la rappresaglia: e nel mezzo della notte è venuto in Sala custodia un manipolo di repubblichini per portar via i carabinieri che ci sorvegliavano, che sono stati poi deportati in Germania, e sostituirli con dei repubblichini. Deportavano questi carabinieri in particolare, o i carabinieri in generale? I carabinieri in generale, credo perché erano fedeli al re, avevano fatto giuramento al re: per cui, a quel che si diceva, i carabinieri sono stati deportati tutti in Germania. Ecco, devo confessare che quello è stato per me l’unico momento di vero terrore, perché pensavo che fossero venuti a prendermi per la rappresaglia. Come avevate saputo dell’attentato? Memoria resistente Eh beh, in carcere si sapeva tutto! Ricordo per esempio che, quand’ero ancora in carcere, ero all’aria e “Radio carcere” ha diffuso la notizia che erano sbarcati gli americani in Normandia: è stato un momento di grande gioia per noi. Si sapeva tutto. Non si sa come arrivino le notizie, ma con “Radio carcere” si sa sempre tutto. E all’Ospedale, invece, eravate un po’ più isolati che in carcere? 992 Sì, ma della rappresaglia si sapeva, perché c’era stato l’attentato di Ca’ Giu- > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO stinian, non so se avessimo i giornali. Avrete sentito anche il botto, magari… No quello no, ma insomma… Là in Sala custodia, poi, hanno portato anche gli ebrei veneziani che avevano rastrellato. Quella volta della casa di riposo? Credo che fosse quella volta. In quei giorni, per una delazione, hanno preso anche mio nonno, che era ebreo, ed era nascosto in casa sua: c’era gente che voleva prendere la sua casa, per cui l’hanno denunciato. Una parte degli ebrei – ma non mio nonno – erano stati raccolti nella Sala custodia dell’Ospedale e ricordo che, quando sono venuti a prenderli per deportarli, il professor Spanio (che allora era il primario e poi è stato sindaco di Venezia: un uomo imponente, coi capelli bianchi) ha imposto ai repubblichini che mariti e mogli potessero abbracciarsi prima di partire. Li portavano via separati? Mah, non so bene: li hanno portati via. E ricordo l’ufficiale tedesco che è venuto a prenderli, con quell’ebreo triestino che ha fatto da spia7 e ha razziato tutti gli altri ebrei. Eh sì, c’era un ebreo triestino che aveva tradito. Erano loro due che sono venuti all’Ospedale: ricordo ancora la faccia e gli occhi di quell’ufficiale tedesco che ci passava in rivista uno per uno. E l’altra rappresaglia, quella dei Sette Martiri? No, di quella dei Sette Martiri non si è saputo niente… Ma quando sono venuti a prenderli… No, perché li hanno presi là, nelle case attorno, mi pare. Però i fucilati li hanno presi in carcere, se non sbaglio, a Santa Maria Maggiore. Non so bene, non credo; del resto io allora non ero più a Santa Maria Maggiore. Ma neanche Cesco ne parla tanto, di questo episodio; si è saputo meno, mentre Ca’ Giustinian è stato più clamoroso, diciamo così. Poi Cesco parla anche di questa visita medica che gli hanno fatto per decidere se mandarlo in Germania o no. Memoria resistente No, a noi non l’hanno fatta, perché è successo quando ero già in Sala custodia dell’Ospedale: essendo – teoricamente – malato, è chiaro che non serviva la visita… Quanto tempo è rimasto in ospedale? In tutto sono rimasto detenuto per sette mesi, di cui quattro in carcere; in Sala custodia credo di essere andato in luglio. Quando è stata Ca’ Giustinian? A fine luglio, mi pare… 993 Ero andato all’Ospedale poco prima, quindi doveva essere in luglio. > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO E fino a quando ci è rimasto? Sono rimasto fino a che ci hanno liberato, a novembre mi pare; c’è stata un’amnistia che non ci spettava ma, non so come, siamo riusciti ad averla lo stesso. Poi sono stato all’Ospedale militare di Sant’Anna, perché avrei dovuto andare militare e invece… Come mai non è partito militare? Perché noi universitari del ’23 siamo gli unici che non sono dovuti partire. Solo alla fine della guerra avremmo dovuto, ormai nel ’45. E io mi fingevo appunto malato, ero all’Ospedale di Sant’Anna come ammalato; ricordo la stanza, e che ero con Alvise Berengo, il fratello di Marino. Faceva finta anche lui o era malato sul serio? Mah, credo fosse là anche lui per finta… Poi, non so come, mi hanno licenziato come convalescente e sono uscito. Ma ormai era tutto in sfacelo. Per cui, di noi universitari del 923, nessuno è andato sotto le armi, o pochissimi credo. Tant’è vero che dopo, quando sono uscito, andavo anch’io con Cesco a San Tomà, dove c’era quel negozio con le armi. Il fabbro Tenderini? Sì, il fabbro con le armi. E poi ero con Cesco quando abbiamo disarmato quel repubblichino con la fidanzata a San Simeon Piccolo… Quindi era anche lei nel gruppo della “Biancotto”. Infatti: io sono partigiano del battaglione “Biancotto”, anche se non sono comunista; ma neanche Marcé era comunista, e neanche Livio Maitan. C’erano Gian Mario Vianello, Cesco Chinello e Marco Stringari che poi è morto in montagna, combattendo. Ricordo il discorso di Livio Maitan alla commemorazione di Stringari. Dov’era Stringari in montagna? Mi pare che fosse sull’Altopiano di Asiago; credo che sia stato ucciso dagli ucraini, sa che c’era una divisione ucraina in Veneto. Livio Maitan ne ha fatto, dopo la Liberazione, una commemorazione molto retorica, com’era nel suo stile. Memoria resistente Della “Biancotto” conosceva anche “Kim” Arcalli e gli altri? No, io conoscevo soprattutto il gruppo di S. Elena; poi, quando si faceva qualche azione, probabilmente c’erano anche gli altri, con cui però non avevo familiarità. Io poi avevo un po’ di paura, perché mia mamma era ebrea e quindi aveva l’obbligo di andare ogni giorno, o ogni due, in Questura, non so per quale motivo, credo per dei controlli. Ma non è stata deportata. 994 No, perché mio padre non era ebreo. Però lui era a Istanbul, dove dirigeva il > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO Banco di Roma, per cui mia mamma era sola e andava in Questura a registrarsi; non so perché, non so come fosse la prassi. E quindi io, come mezzo ebreo… anzi, secondo gli ebrei sono ebreo, perché il figlio di madre ebrea è ebreo. Lei era battezzato? Sono stato battezzato durante la guerra. E non ha mai avuto problemi? No, perché c’era l’accordo fra il Vaticano e Mussolini, per cui i figli di matrimoni misti dovevano essere tutelati, appunto perché potevano essere battezzati. Io sono stato battezzato: ho fatto battesimo, comunione, cresima, tutto insieme durante la guerra; avevo un cugino di mia nonna che era vicario di San Marco, un certo monsignor Macachek, cecoslovacco, perché mia nonna era mezza cecoslovacca. E se non si fosse battezzato? No, non cambiava niente; ma insomma, le precauzioni non sono mai troppe. Comunque questo essere “misto” mi rendeva un po’ più timoroso, sia per me che per mia madre; anche se non avevamo idea della tragedia che si stava consumando per il popolo ebraico. Mio nonno è morto, credo nella Risiera di San Sabba; o forse sul treno, perché aveva più di ottant’anni. E come dicevo mia madre doveva presentarsi sempre in Questura; ma già allora (fine ’44 – inizio ’45) in Questura erano molto più gentili, avvertivano la mamma se c’era qualche problema, perché capivano che ormai l’aria stava cambiando. Anche le guardie carcerarie, per esempio, si rendevano conto che stava cambiando l’aria, e allora era cambiato anche il loro modo di fare verso di noi. Il problema vero erano i fascisti sfegatati, spesso ragazzini: ricordo che in Piazza S. Marco ce n’era uno delle Brigate nere che avrà avuto quindici anni, col mitra. Ma devo dire che personalmente l’odio era più verso i tedeschi, che sentivamo come truppa d’occupazione: in fondo una truppa d’occupazione è sempre una cosa diversa, i fascisti bene o male erano dei nostri, anche se feroci. E poi i tedeschi erano più violenti, più decisi: come ho detto, mi ha veramente impressionato quella scena del treno alla stazione di Padova, il modo con cui quel ragazzino tedesco ha cacciato via un nostro carabiniere, non uno qualsiasi… Quindi capisce bene che episodi come questo colpiscono molto. Memoria resistente Perché dimostravano che lo stato italiano non contava più niente… 995 Non contava più niente. Erano praticamente dei fantocci in mano ai tedeschi, si sentiva che a comandare erano i tedeschi. Ecco, così: come vede sono flash, perché è difficile a distanza di sessant’anni ricordare tutto: anche se devo dire che sono fra le cose che si ricordano di più, altre vengono cancellate molto più velocemente. La cella, la ricordo ancora bene: i secondini che venivano di notte a battere sulle sbarre, il bu- > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO gliolo, quando venivano a bruciare i ferri della brandina perché c’erano le cimici. Le cimici si arrampicano sul soffitto e poi si lasciano cadere sul labbro: sono di una bravura unica! Infatti mia mamma, quando veniva a colloquio, la cosa che la impressionava di più era che continuavo a grattarmi: me l’ha detto dopo, continuavo a grattarmi. Avevate anche voi questi stratagemmi, come mettere l’acqua sotto i piedi del letto… No, questo non lo ricordo. Mi ricordo invece una notte, quando ero nella cella grande con Toni Lucarda (uno scultore che andava per la maggiore a Venezia, di quelli della buona società; l’avevano arrestato per borsa nera, un’accusa buona per tutte le stagioni: serviva per arrestare chiunque non fosse gradito al regime), che abbiamo acceso le candele: ho alzato il cuscino, è stata una fuga di pidocchi incredibile, una roba… me li ricordo come fosse adesso! In carcere avevate disponibilità di libri e cose del genere? Io mi sono letto tutta la letteratura russa, in carcere. Ma i libri ve li portavano da casa, oppure c’era una biblioteca del carcere o qualcosa di simile? C’era una biblioteca del carcere, c’era un prete che li portava, era un piccolo prete di San Giacometto. E arrivavano anche da casa, perché io ho studiato in carcere, quindi i libri di medicina sicuramente me li hanno portati da casa… Eh sì, non c’era tanto altro da fare. Quindi non era un regime carcerario particolarmente severo, da questo punto di vista… Sa, non è che leggere Dostoevskij o un libro di medicina fosse pericoloso per i fascisti. Memoria resistente E potevate anche scrivere? 996 Io non ricordo di avere mai scritto. Ho ricevuto lettere? Mi pare di no, anche se c’erano dei detenuti che facevano i postini (me ne ricordo uno che era dentro per truffa e sapeva tutti i codici a memoria, molto meglio di un avvocato: sono bravissimi, perché in carcere imparano tutto…). Ma sa, il regime carcerario è una cosa strana. Il primo giorno è tragico. La prima notte, quando ti prendono le impronte, ti portano via le stringhe, ti portano via la cinghia e ti mettono in questa cella… Il primo giorno è terribile, secondo me, perché si ha la sensazione di non poter fare quello che si vuole, di essere costretti: quella è una sensazione terribile. Dopo, come a tutto, l’uomo si adatta; ci si abitua insomma… Beh, si mangiava male, questo sì! Mi ricordo una volta che il pane era più ammuffito del solito e tutto il carcere si è messo a battere sulle gamelle coi cucchiai: un rumore infernale! Tutti, rit- > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO micamente, tutto il carcere, era veramente impressionante. E la mamma mi raccontava che a Rialto vedeva la polizia carceraria che raccoglieva le foglie di verza per terra, per far la zuppa a noi. Poi però qualche volta lasciavano che ci portassero le vivande da casa, e allora... Con la sua famiglia che contatti aveva? Le visite ogni quanto avvenivano? Eh, non erano tanto frequenti, no. Io ricordo un solo colloquio. In Sala custodia dell’Ospedale non c’erano colloqui, perché non c’era neanche lo spazio. Quando ero in Ospedale non ho mai visto mia madre, e in carcere l’avrò vista una volta o due. C’era un tramite, probabilmente era il sacerdote. Ecco una cosa di cui non si è mai parlato: detenuto con noi, in Sala custodia, c’era un fascista che era venuto dall’Argentina apposta per arruolarsi in guerra, era venuto con tutta la famiglia – la moglie e non so quanti figli – e aveva aderito a un certo “Fascio Bianco”, che doveva esserci; c’erano dei dissidenti tra i fascisti, ma non se ne è mai parlato e io non sono mai riuscito a capire cosa fosse. Voi che siete storici dovreste occuparvene: c’è stato un Fascio Bianco? Questo argentino si chiamava Napoleone (di questo son sicuro, ma il cognome non lo so) ed era un italiano di Argentina; era del Fascio Bianco: una sorta di setta, di eresia all’interno del fascismo repubblicano. E l’avevano incarcerato per questo? Mah, non si sa, perché poi non si capisce mai. Incarceravano così facilmente… Per esempio ricordo che, quando dall’infermeria mi hanno portato di nuovo in cella, ero in una cella al primo piano, mi pare; perché a quel punto ero già stato condannato e non ero più in una cella di isolamento (che poi era di isolamento per modo di dire, perché eravamo in tre, ma erano talmente piccole quelle celle che in tre proprio ci si stava appena); una volta condannati si va in una cella comune, diciamo così, non più in quella di isolamento, ed eravamo in celle a quattro o a sei, più spaziose. E là erano con me lo scultore Toni Lucarda, il parrucchiere Cappello e uno studente di architettura che si chiamava Gramola, l’ha citato anche Cesco Chinello. Eravate tutti politici o c’erano anche detenuti comuni? Memoria resistente No, loro non erano politici: una volta condannati non c’era più questa distinzione. All’inizio io ero al piano terra, braccio destro, politici: sono andato a rivedermi le celle due anni fa. Loro invece erano stati arrestati per borsa nera, che non si capisce bene… come ho detto era tutto un po’ confuso. Dunque, riassumendo: lei, sia prima che dopo il carcere, che tipo di azioni ha fatto? Volantinaggio… 997 Facevamo riunioni, volantinaggio, e queste azioni per disarmare qualche repubblichino. Quand’ero a Sant’Anna, Cesco voleva che io rubassi della stricnina per avvelenare un ufficiale tedesco… “Ma dove la trovo la stricnina?”; lui credeva che in Ospedale si trovasse la stricnina così! Eravamo gio- > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO vani, ingenui, forse molto più ingenui dei ragazzi di adesso. E poi le riunioni: prima per decidere se aderire al Partito d’Azione o no, poi la vicinanza col Partito socialista. Sa, tutti i passaggi è difficile ricordarli, perché si tratta di vita quotidiana; quello che si ricorda di più sono certi eventi, certi episodi, certi momenti, che sono i più importanti, cruciali: l’arresto, la rappresaglia, gli ebrei, la Liberazione a Ca’ Littoria, le azioni contro i repubblichini, le armi a San Tomà, queste cose qua. E poi si ricordano i compagni: Gusso, Felisati, Leone… Lei che conosceva il gruppo della “Biancotto”, sapeva ad esempio della Beffa del Goldoni, o l’ha saputo dopo? No, non ne sapevo niente. Quello era un gruppo più ristretto. Sì, era un gruppo più ristretto, e devo dire che li ho molto ammirati: trovo che sia stata una delle azioni più belle fatte nella Resistenza, e devo dire che è stata ricordata troppo poco: perché è stata efficace, è stata coraggiosa, incruenta, e quindi è stata un’azione molto bella, molto importante. E quando ha sentito la notizia, ha capito che erano stati questi ragazzi che lei conosceva? No, la notizia non si è saputa affatto, perché non l’hanno pubblicata sul “Gazzettino”. Ma non se ne parlava? Non ricordo quando l’ho saputo, può darsi che l’abbia saputo anche presto, ma è una cosa che mi sfugge completamente. So che ho avuto, dopo, una grande ammirazione per quelli che l’hanno compiuta, è stata un’azione molto bella, molto molto valida. E poi, quando c’è stata la Liberazione, ricordo che presidiavo… credo che fosse Ca’ Littoria, che non so dove sia, credo in Strada Nuova, vicino alla Ca’ d’Oro. Ca’ Littoria, sì, è in Strada Nuova, ai Santi Apostoli. Ma qual è? Sul Canal Grande, quel palazzo con le grandi colonne… infatti il vero nome di Ca’ Littoria è Palazzo Michiel delle Colonne. Memoria resistente Eh, sì, c’era l’atrio con queste grandi colonne. Da Rialto verso la Ca’ d’Oro, diciamo. Eh, infatti, ricordo che era là. Ca’ Littoria si chiamava. E invece adesso come si chiama? 998 Palazzo Michiel delle Colonne. Ma nel dopoguerra si è chiamata anche Ca’ > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO Matteotti, perché c’era la Camera del Lavoro. Ah, c’era la Camera del Lavoro. Ecco, io ero là che presidiavo Ca’ Littoria, e sono arrivati gli inglesi che ci hanno dato le “Navy Cut”, le loro sigarette con una concia molto particolare. Si ricorda anche quando l’avete presa Ca’ Littoria, al momento della Liberazione? No, non ricordo; doveva essere già stata abbandonata. Noi eravamo là coi fucili, il solito famoso moschetto 9. E che altri ricordi ha dei giorni della Liberazione? Beh, ovviamente ricordo le campane. E tutti i tedeschi prigionieri in Strada Nuova, perché si erano arresi… E ricordo che quella volta ho anche sbagliato, perché io un pochino sapevo il tedesco, l’avevo studiato quando avevo dieci-undici anni: dovevo dire “Deutschland kaputt!” e invece ho detto “è finita con la Germania”, “fertig mit Deutschland”, che non vuol dire niente perché “fertig” in tedesco non vuol dire “finito” nel senso che intendiamo noi, ma vuol dire una cosa compiuta, fatta. Per cui ho sbagliato… Forse avranno capito lo stesso! Sì, credo proprio che abbiano capito lo stesso. Io ero là a Ca’ Littoria, ricordo che c’era questa calletta, bisogna che ci torni; era una calletta stretta e noi eravamo là, armati. Doveva esserci ancora qualche fascista a qualche finestra o su qualche tetto verso i Santi Apostoli, perché mi ricordo che si sentiva sparare. E poi, appunto, questi prigionieri tedeschi che erano stati presi e andavano non so dove, verso i Santi Apostoli. Memoria resistente Erano prigionieri degli Alleati o dei partigiani? Eh, questo non me lo ricordo. Gli Alleati erano già arrivati, perché ci avevano dato le sigarette: sono venuti col motoscafo, di notte. Ma noi eravamo là già da un giorno. Adesso non ricordo quanti giorni siamo rimasti; ricordo questo andito con le colonne e la porta d’acqua, gli inglesi che arrivavano, io in questa calletta con questo fucile, i tedeschi ammassati che sfilavano in Strada Nuova, io che gli ho detto: “fertig mit Deutschland”… altro non mi ricordo. Poi ricordo che ero a casa mia, che aveva le finestre sul Canal Grande, ed è passato un barcone con tutti i Resistenti che cantavano “Bandiera Rossa”, Gian Mario Vianello che sventolava una bandiera rossa… Ma sono flash: grazie a Dio si dimenticano tante cose. E devo anche dire che nell’entusiasmo della vittoria, della fine della guerra, si pensava meno alla vendetta: mentre in carcere pensavo sempre a come vendicarmi della spia (che poi, poveretto, doveva essere malato ed è morto), dopo invece si dimenticano tutte queste cose, si è più presi dall’entusiasmo, dalla voglia di fare; si pensa al presente e al futuro. E ricordo che, essendo io poco fisionomista, 999 > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO a volte mi capitava di incontrare qualcuno – ricordo in particolare uno in Bacino Orseolo – che non riuscivo a ricordare se era un fascista, uno che avevo conosciuto in prigione, o magari qualcun altro che era indifferente a tutto; per cui non sapevo se dovevo salutarlo o no… Perché poi le cose si confondevano, tanto più che dopo la guerra tutti avevano cambiato casacca, per cui era anche difficile riconoscere quelli che erano stati fascisti, a meno che non si avesse avuto diretta esperienza… E mi ricordo perfettamente la perplessità che ho avuto, di non sapere più chi fosse questo che incontravo. Nel dopoguerra ho poi fatto anche dei comizi per il Partito socialista: non so neanche come mai li ho fatti, come mai mi sono iscritto al Partito socialista, forse mi hanno contattato loro. Mi ricordo un comizio a Mira e un altro in campo Santa Margherita, dove c’era una sede del Partito socialista, vicino a quelli che vendono il pesce… L’edificio isolato in mezzo al campo? Sì, quello piccolo, isolato, là. Adesso è il Consiglio di Quartiere, prima era stata una sede fascista. Questo succedeva subito dopo la guerra, nel 946? Il referendum… Sì, nel 945. Mi ricordo il referendum, l’attentato a Togliatti, la vittoria di Bartali… Sono tutte cose che si ricordano come flash. È difficile, impossibile… guai a ricordare tutto! E poi, siccome ero un medico e facevo ricerca, ho detto “adesso devo fare bene il mio lavoro”, e ho lasciato la politica attiva. Molto tempo dopo, nel 992, mi sono candidato al Senato con il Partito socialista, ma ho sbagliato tempi; oltretutto a Padova i socialisti non avevano mai avuto più del 7%… Nel dopoguerra lei ha avuto rapporti con l’Anpi o con altre associazioni partigiane? No, non ho avuto particolari rapporti con loro. Ho avuto però la tessera di partigiano, ho avuto qualche contatto con l’Anpi di Padova – mi pare fosse dove sono gli Istituti – ma non mi ricordo perché e come. Quando è venuto a vivere a Padova? Memoria resistente Mi sono trasferito nel 952, perché sono rimasto all’università e a Venezia non avevo più motivo di stare. Ma, dopo, i ricordi sono molto più vaghi, proprio perché avevo deciso che, essendo un tecnico, dovevo fare il mio mestiere e dovevo cercare di farlo bene. Diciamo anche che, dopo, sono successe cose meno eccezionali, rispetto alla guerra… 1000 Erano meno eccezionali. Mi ricordo la scissione di Saragat, e io sono rimasto nel Psi; non capisco come mai, invece, Livio Maitan è andato a finire con Saragat, e questa è una cosa che mi stupisce… Chi lo sa? Era trotzkista, dopo è diventato marxista-leninista. Ma non l’ho più visto. > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO Di questi suoi ricordi ha mai parlato in famiglia, o anche pubblicamente? No, non ne ho mai parlato. Ma devo dire che se ne parla adesso, perché prima non si è mai parlato di queste cose, neanche dell’Olocausto. È stato tutto sopito, in un certo senso. E questo probabilmente è dovuto al fatto che, essendoci stata la guerra fredda, tutto doveva essere normalizzato, diciamo. Poi ricordo il referendum, l’attentato a Togliatti, la scissione di Saragat; e dopo gli eventi più importanti sono stati qui in clinica, all’università. È la vita, no? Che ti prende e ti trascina; tanto più avendo io deciso di staccarmi dalla politica e di fare il tecnico. Pur partecipando sempre: ho sempre votato a sinistra, tanto eravamo abituati a essere perdenti… Mi ricordo che ero il solo, negli anni Ottanta, a dire, anche a mia moglie, che la storia cammina sempre e che quindi non si può pensare che le cose restino sempre immutate: in un modo o nell’altro cambieranno, non si sa come, non si sa quando, ma cambiano. Infatti sono cambiate: in peggio per molti versi, ma sono cambiate. Ho sempre avuto fiducia nel cammino ineluttabile e imprevedibile della storia. Eravamo abituati a votare, a perdere regolarmente, ad avere i democristiani. Un grande momento che ricordo è stata l’elezione di Giovanni XXIII; perché Pio XII era per me il peggio del peggio. Ricordo la Madonna Pellegrina: dovevo andare a fare una visita a Mestre, ero in ritardo e c’era il corteo della Madonna Pellegrina, ho osato suonare il clacson… Credevo che mi linciassero! Ho avuto più paura che coi fascisti! Era terribile, sa. Questo nel ’48? Sì, sarà stato il ’48 o il ’49. Pensi che in spiaggia, dopo la guerra, c’era la polizia in divisa, col metro, che ti misurava l’altezza dello slip, perché era proibito avere lo slip piccolo; e avevano il binocolo per guardare se quelli usciti con il pattino facevano l’amore o no: cose da pazzi! È stata dura, poi, vedere che tutti i fascisti erano là ai loro posti come prima, tranquilli e sereni. L’amnistia di Togliatti è stata un colpo di genio, politicamente; però, per chi aveva fatto la Resistenza, non era proprio il massimo. Bene: la ringrazio molto. Ecco, ho detto anche un sacco di cose inutili… Memoria resistente Meglio dire più cose che dimenticarne qualcuna… Devo dire che la Resistenza a Venezia non è stata cruenta; è stata più di propaganda, di preparazione per il dopo, a parte poche azioni che però sono state pagate. Quei disgraziati di San Donà, per esempio, probabilmente li hanno presi per non fucilare dei veneziani… Per limitare le reazioni a Venezia, vuole dire? Eh, penso proprio di sì. Per limitare la reazione popolare. Perché, tutto sommato, queste nostre erano zone in cui i fascisti erano la minoranza: si 1001 > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO ha voglia a dire che la maggior parte della popolazione è stata estranea alla Resistenza. Non è vero: la maggior parte della popolazione era antifascista, cioè lo era diventata, non che lo fosse inizialmente – erano tutti fascisti – lo è diventata dopo. Gli ebrei sono stati protetti dalla popolazione: se lei guarda il numero dei deportati in rapporto agli ebrei italiani, la percentuale è minore che in altri paesi, perché hanno trovato riparo nelle case, nei conventi, oltre confine. Mia suocera, nel Basso Vicentino, faceva la staffetta partigiana e aveva degli ebrei in casa. E poi il tedesco per il Veneto era un nemico storico. C’era la memoria della Grande Guerra… C’era quella memoria, ed era anche recente: cosa vuole che siano vent’anni? Se stiamo ancora discorrendo di cose accadute sessant’anni fa… E prima ancora c’era stato il Risorgimento, il 848, gli austriaci. Eh sì, erano passati solo vent’anni, vent’anni nella storia non sono niente… C’era gente che era scappata dal Veneto per paura dell’avanzata austriaca, che era andata a Firenze, profughi ecc. Quindi non è che i tedeschi fossero molto amati da noi, c’è poco da fare. Adesso emerge il concetto di guerra civile, ma noi odiavamo più i tedeschi, che per noi erano i nemici naturali. E poi erano arroganti, si sentivano superiori a noi: i fascisti al confronto sembravano dei poveri diavoli. Tant’è vero che dopo la guerra, come al solito, sono volati gli stracci (come sempre in questo paese): processavano i ragazzini ma i caporioni, tranne pochi, se la son cavata tranquillamente, e questo faceva rabbia. A Venezia due o tre fucilazioni in tutto. Per esempio c’era uno dei ragazzi che ci sorvegliavano in Sala custodia dell’Ospedale, uno di Mestre che avrà avuto diciassette anni e col quale ci prendevamo in giro perché loro dicevano di avere le armi segrete e noi dicevamo: “Armi segrete? Fra poco vi facciamo la festa!”; insomma si scherzava. E questo ragazzo, dopo la guerra, sono andato a difenderlo in tribunale, perché non aveva senso condannare proprio quelli quando viceversa c’erano ben altri colpevoli. Per esempio Zani e Cafiero8, due delinquenti. E sono stati fucilati. Memoria resistente Cafiero, soprattutto, era un personaggio losco. E dunque sono andato a difendere questo ragazzo in tribunale, a testimoniare che con noi erano stati gentili; devo dire, anzi, che quella volta i giudici non li ho amati tanto… Era la Corte d’Assise Straordinaria? 1002 No, era a Rialto. Il Pubblico Ministero ha cominciato a prendermi in giro perché ero venuto a difendere un fascista. E io mi sono arrabbiato moltissimo, perché ho pensato che magari lui non aveva fatto niente, mentre io ero stato in carcere per mesi; parlava di me come testimone prendendomi in giro, o forse mi faceva delle domande prendendomi in giro, non ricordo bene. Ma > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO io testimoniavo per un bravo ragazzo che non aveva fatto niente di male, era stato sempre gentile con noi; erano due ragazzini quelli che ci sorvegliavano, era tutto da ridere, non c’era un atmosfera di violenza… Era un periodo un po’ curioso. Va bene, insomma… cose di una volta. Però trovo giusto che la memoria storica rimanga; non per quello che abbiamo fatto noi, che sono cose di importanza relativa nell’economia generale della guerra e della Resistenza, ma è importante che non vadano dimenticate. E soprattutto che si sfati la leggenda di una guerra civile in cui la maggioranza della popolazione stava alla finestra: stavano alla finestra, però guardavano verso di noi. Perché i partigiani hanno trovato appoggio, c’è poco da fare: se non hai l’appoggio della popolazione non riesci a far niente di fronte a gente bene armata. Del resto, se i fascisti cantavano “Le donne non ci vogliono più bene, perché indossiamo la camicia nera”, vuol dire che avevano la consapevolezza di essere poco amati! Lei aveva mai preso in considerazione l’ipotesi di andare in montagna? Mah, sa… nessuno me l’ha mai neanche fatta balenare; all’epoca non sapevo neanche che esistesse una Resistenza in montagna. Da Venezia la montagna è lontana. Voglio dire, per uno che abita a Feltre è più facile. Venezia, non so spiegare, è una città un po’ particolare: non è mai stata bombardata, vedevamo le fortezze volanti che passavano, gli stormi, tutt’al più bombardavano Marghera, dal carcere sentivamo che bombardavano Marghera. Eravamo abbastanza sicuri che non avrebbero bombardato Venezia. E poi mi hanno arrestato subito, nell’aprile del 944, quindi non c’è stata per me l’opportunità di andare in montagna; quell’opportunità l’hanno avuta i militari, per esempio, che sono stati smobilitati e avevano paura di essere catturati dai tedeschi e mandati in Germania. Uno solo di noi, Marco Stringari, è andato in montagna; ma non so come mai ci sia andato, forse io ero già dentro quando è successo. Memoria resistente Ma ad esempio Cesco scrive che, dopo la fucilazione di Biancotto, lui ha subito pensato di andare a combattere in montagna per vendicarlo. Quindi c’era un po’ questa idea… 1003 Quand’ero nella Sala custodia dell’Ospedale, per esempio, c’erano stati dei tentativi di farmi scappare, organizzati da Gian Mario Vianello, da un altro amico – Gigi Di Stasi – e da mia mamma: avrei dovuto fare una visita specialistica, scavalcare il muro e scappare. Ma poi non se ne è fatto niente, non so perché, forse perché è venuta l’amnistia. Poi, sa, alla fine del 944 la guerra stava ormai per finire, quindi non c’è mai stata per me questa idea di andare in montagna; del resto nemmeno Chinello ci è andato. Le dirò che io non avrei saputo neanche dove andare, non ne avevo la più pallida idea. Vivevo nella nostra realtà veneziana, non avevo nessuna idea di altre realtà. Le informazioni erano molto scarse: se non si sapeva niente dello stermi- > ABBREVIAZIONI > BIBLIOGRAFIA > INDICE ALFABETICO > MAPPA > SOMMARIO nio degli ebrei, si figuri lei! Più che altro seguivamo sulla carta geografica l’avanzata dell’Armata Rossa: io ho imparato tutta la geografia della Russia, dell’Ucraina, dagli Urali alla Germania, conosco tutte le battaglie. Ascoltavate la radio… Sì, “Radio Londra” ma anche i bollettini di guerra tedeschi, che dovevano ben dire quel che succedeva. E avete mai pensato che i russi potessero arrivare qua prima degli americani? No, perché stavano avanzando anche gli americani in Italia. E poi non avevamo idea che ci potesse essere un conflitto tra russi e americani, anche perché gli americani aiutavano i russi. Ci interessava l’Armata Rossa, le sue vittorie. Dei crimini di Stalin non sapevamo assolutamente niente. Perché, non so come mai, ma nella propaganda fascista di questo non si parlava mai. Forse perché temevano che si facessero dei paralleli con quello che facevano loro… Eh, appunto! Perché contro la dittatura comunista non si scagliavano; in realtà tutto quello che io ricordo era contro le democrazie: imbelli, panciafichisti, demo-pluto-masso-giudocrazie. Di questo sì che sapevamo tutto: la presa in giro di Churchill, la demonizzazione degli ebrei ecc., ma non si parlava mai della Russia. Anche perché in mezzo c’è stato il periodo in cui la Russia e la Germania… Memoria resistente C’è stato il patto Molotov-Ribbentropp, fra Stalin e Hitler, era una situazione un po’ confusa. Era molto più evidente la presa in giro delle democrazie, che dovevano apparire come imbelli; l’appeasement del 938, Monaco, ecc. Ma dell’Urss non si parlava mai: e per noi era diventata un mito. 1004 note 1 L’episodio è raccontato con dovizia di particolari in A. Cerutti, Memorie, Marsilio, Venezia, Marsilio, 980, p. 00. 2 Si riferisce alla retata del ghetto di Roma del 6 ottobre 943; si veda G. Debenedetti, 6 ottobre 943, Roma OET, 945. 3 Su Egidio Meneghetti si veda C. Saonara, Egidio Meneghetti. Scienziato e patriota. Combattente per la libertà, Padova, Istituto veneto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea – CLEUP, 2003. 4 Questa intervista nasce dalla lettura, da parte dell’intervistato, dell’autobiografia di Cesco Chinello, La mia “educazione sentimentale”. Autobiografia resistenziale, in Nella Resistenza. Vecchi e giovani sessant’anni dopo, a cura di Giulia Albanese e Marco Borghi, Portogruaro, Nuova Dimensione, 2004 (riprodotta in questo volume), in cui lo stesso dal Palù viene più volte citato. È a questo testo che ci si riferisce più volte nel corso del colloquio. 5 Waifro Zani, già ufficiale del Regio Esercito, venne inquadrato nella Gnr col grado di Capitano. Fu conosciuto e temuto come uno dei più feroci torturatori fascisti in attività a Venezia. 6 Giovanni Felisati e Enzo Gusso, due dei tredici fucilati nella rappresaglia per l’attentato di Ca’ Giustinian (28 luglio 944). 7 Si trattava di Mauro Grini, ebreo triestino che collaborò attivamente con i nazisti nella ricerca e la cattura dei suoi correligionari nell’Italia settentrionale, sulla storia di questo allucinante personaggio si veda M. Franzinelli, Delatori. Spie e confidenti anonimi, l’arma segreta del regime fascista, Milano, Mondadori, 200, pp. 85-87. 8 Il 4 giugno 945 la Cas di Venezia si pronuncia contro Waifro Zani ed Ernani Cafiero: è la seconda sentenza emessa dalla Cas, che condanna a morte entrambi gli imputati (M. Borghi – A. Reberschegg, Fascisti alla sbarra. L’attività della Corte d’Assise Straordinaria di Venezia (945/47), Venezia, Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea – Comune di Venezia, 999, pp. 08-0, Sentenza 2/945).