“1. Con la decisione qui pubblicata, il giudice costituzionale

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“1. Con la decisione qui pubblicata, il giudice costituzionale
“1. Con la decisione qui pubblicata, il giudice costituzionale francese ha sottoposto per la prima
volta, ai sensi dell'art. 267 TFUE, una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'UE.
Tale decisione segna una tappa fondamentale - ma, probabilmente, non ancora il punto di arrivo - della
complessa vicenda giudiziaria, originatasi all'indomani dell'istituzione nell'ordinamento francese di un
sistema accentrato di controllo costituzionale, inerente il riparto di competenze tra il giudice
ordinario, costituzionale ed europeo nel sistema multilivello di protezione giurisdizionale dei
diritti e delle libertà fondamentali[1]. L'occasione per 'testare' il riparto di tali competenze, e i criteri
di integrazione tra i diversi ordinamenti - costituzionale, convenzionale ed eurounitario - che costituiscono
la trama reticolare dello spazio giuridico europeo[2], è stata offerta ancora una volta dalle disposizioni
nazionali di attuazione della decisione-quadro del 13 giugno 2002 sul mandato di arresto
europeo. Disposizioni non felici - è noto - quelle della decisione-quadro[3]; ancor meno quelle della
legge di trasposizione, introdotte frettolosamente dal legislatore francese mediante un emendamento alla
già controversa "Loi Perben II" del 2004[4].
2. La decisione in esame trae origine da una vicenda che ha occupato negli ultimi mesi sia la cronaca
francese che quella del Regno unito. Il ricorrente, un professore inglese fuggito dal proprio paese insieme
ad una studentessa di quindici anni e mezzo, è stato arrestato nella città di Bordeaux in esecuzione di un
mandato di arresto emesso dalle autorità giudiziarie britanniche per sottrazione di minore. L'indagato ha
acconsentito all'esecuzione del mandato senza tuttavia rinunciare al principio di specialità, regola
mutuata dall'estradizione che impedisce che la persona richiesta sia sottoposta ad un procedimento
penale, processata o punita per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale il mandato
è stato eseguito[5]. Accertato durante le indagini che i due avevano avuto rapporti sessuali durante la
fuga oltremanica, l'autorità giudiziaria inglese ha conseguentemente richiesto alla Francia, ai sensi
dell'art. 27 della decisione-quadro, l'estensione del mandato di arresto al ben più grave reato di violenza
sessuale. Nell'ambito della disciplina del mandato di arresto, la portata precettiva della clausola di
specialità risulta invero notevolmente affievolita dalle dettagliata previsione dei casi in cui lo Stato
richiesto è obbligato a prestare il proprio assenso ("l'assenso è accordato qualora il reato per cui è
richiesto dia esso stesso luogo a consegna conformemente al disposto della presente decisione-quadro")
nonché i casi in cui lo Stato richiesto deve (nei casi indicati nell'art. 3 della decisione) o può (nei casi
indicati nell'art. 4) rifiutarlo. La decisione - chiosa l'art. 27 della decisione-quadro - "interviene entro i
trenta giorni dal ricevimento della richiesta".
3. Sul fronte interno, il legislatore francese ha individuato nella Chambre de l'instruction l'autorità
giudiziaria competente a decidere sulla richiesta di estensione del mandato: quest'ultima dovrà prestare,
nel termine di trenta giorni dal ricevimento della richiesta, il proprio assenso ovvero il proprio rifiuto nelle
ipotesi che il legislatore d'oltralpe ha pedissequamente ripreso dalla decisione-quadro (cfr. art. 695-46, 4
comma, Code de procedure penale). Il legislatore francese, forse preoccupato di garantire che la
decisione dell'autorità giudiziaria nazionale sia resa nel termine di trenta giorni indicato nella decisionequadro, ha aggiunto alla succitata norma di trasposizione il sintagma "sans recours". In altri termini, e
nonostante il silenzio del legislatore eurounitario, nell'ordinamento francese la decisione di consegna
suppletiva è configurata, almeno alla luce del tenore letterale dell'art. 695-46, 4 comma, c.p.p., come un
provvedimento non impugnabile[6]. Le ricadute applicative di tale opzione possono rivelarsi
particolarmente gravi, come dimostra il caso di specie. Avendo le autorità inglesi richiesto la
consegna suppletiva per un reato ricompreso nella lista positiva di cui alla decisione-quadro, la
Chambre d'instruction si è vista obbligata a prestare il proprio consenso senza poter rilevare
che il fatto per cui era stata richiesta l'estensione del mandato non costituisce reato
nell'ordinamento francese (dove l'età consenso è fissata a quindici anni e non a sedici anni, come nel
Regno Unito). Di qui la scelta del ricorrente di proporre contra legem ricorso per cassazione avverso
la decisione resa dalla Chambre de l'instruction, sollevando contestualmente una questione
prioritaria di costituzionalità (QPC) per violazione dei principi di uguaglianza e di tutela
giurisdizionale effettiva, garantiti nell'ordinamento francese dagli articoli 6 e 16 della
Dichiarazione del 1789. La Chambre criminelle della Corte di Cassazione ha ritenuto la
questione non manifestamente infondata, trasmettendola così al Consiglio costituzionale[7].
4. Una volta approdata dinanzi ai saggi della Rue de Montpensier, la questione della competenza di questi
ultimi ad esercitare il controllo di legittimità costituzionale sulla legislazione nazionale di trasposizione
della decisione-quadro del 2002 si è rivelata meno scontata delle questioni di merito[8]. Il giudice
costituzionale ha infatti ritenuto che la questione della propria competenza vada affrontata alla luce di
quanto disposto dall'art. 88-2 della Costituzione, introdotto nel 2003 al fine di eliminare gli ostacoli posti
dalla Carta costituzionale alla trasposizione della decisione-quadro nell'ordinamento nazionale. È in tale
disposizione dal contenuto piuttosto lapalissiano ("la loi fixe les règles relatives au mandat d'arret
europeen"), che il giudice costituzionale francese ha individuato "la regola di coordinamento" tra i vari
ordini e tra le varie giurisdizioni chiamate a controllare la legittimità costituzionale e comunitaria della
disciplina del mandato di arresto[9]. Il ragionamento del Conseil è il seguente: (i) il costituente ha voluto,
mediante la citata disposizione, assicurare "copertura costituzionale" ad ogni norma attuativa di
disposizioni imperative adottate dal legislatore eurounitario in materia di mandato di arresto; (ii) il
controllo di legittimità costituzionale delle norme nazionali in materia di mandato è limitato alle sole
norme introdotte dal legislatore nazionale nell'esercizio del margine di apprezzamento che l'ordinamento
eurounitario gli riconosce; (iii) il giudizio di costituzionalità della non impugnabilità della decisione di
consegna suppletiva prevista dall'art. 695-46, comma 4, Code de procedure penale presuppone
un'interpretazione della disposizione eurounitaria, e segnatamente un apprezzamento sulla possibilità
che, alla luce di quest'ultima, la decisione resa dallo Stato richiesto possa essere impugnata con efficacia
sospensiva al di là del termine di trenta giorni previsto dall'art. 27 della decisione-quadro; (iv)
conformemente all'art. 267 TFUE, la Corte di giustizia dell'UE è l'unico organo competente a fornire tale
interpretazione; (v) il sindacato di costituzionalità deve essere sospeso nell'attesa che la Corte di giustizia
possa pronunciarsi sulla questione attivando possibilmente la procedura pregiudiziale di urgenza[10].
5. Alla luce di tale ragionamento, appare evidente che la decisione in esame si colloca, quanto al suo
oggetto, su un piano distinto rispetto a quello del controllo di legittimità convenzionale o comunitaria
della norma nazionale, vero e proprio tabù per il giudice costituzionale francese: dalla sentenza del 1975
sull'interruzione volontaria della gravidanza (IVG)[11] sino a quella più recente sulla compatibilità della
pena della reclusione prevista per il reato di ingresso e soggiorno irregolare con la direttiva rimpatri[12],
questi ha infatti sistematicamente escluso la propria competenza ad effettuare tale controllo
ritenendolo competenza esclusiva del giudice ordinario. La posizione del giudice costituzionale
francese sembra distinguersi altresì da quella seguita da altri tribunali costituzionali europei che, sempre
nell'ambito del controllo di costituzionalità delle disposizioni di trasposizione della decisione-quadro sul
mandato di arresto, hanno scelto la strada del dialogo diretto con la Corte di giustizia. A differenza del
rinvio operato nel 2005 dall'allora Cour d'arbitrage belga[13], e più di recente dal Tribunal constitucional
spagnolo[14], il giudice costituzionale francese non ha infatti richiesto alla Corte di giustizia di
pronunciarsi sulla validità/legittimità del parametro comunitario alla luce dei diritti fondamentali
riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE (CFUE) e garantiti nell'ordinamento europeo in
virtù dell'art. 6, comma 2°, TUE. Facendo prova di una fine capacità tattica - il giudice europeo potrà
infatti difficilmente esimersi dal confronto con i diritti e le libertà fondamentali riconosciute dalla CFUE - il
Conseil constitutionnel si è limitato a richiedere alla Corte di giustizia un'interpretazione della
disposizione eurounitaria per poter in seguito tirarne le conseguenze alla luce della "regola di
convivenza" tra ordinamento nazionale ed eurounitario prevista dall'ordinamento
costituzionale interno[15].
6. Se la lettura proposta è corretta, sembra potersi concludere che con la decisione in esame il Conseil
constitutionnel abbia raggiunto un duplice obiettivo. Da un lato, quello di preservare il principio, ormai
scolpito sulle colonne degli aurei saloni della Rue de Montpensier, in virtù del quale non spetta al
giudice costituzionale il controllo di convenzionalità della legge nazionale di trasposizione di
un atto normativo di fonte eurounitaria. Dall'altro, e questo è probabilmente il profilo più innovativo
della decisione in esame, il giudice costituzionale francese ha dato concretezza a quel dialogo tra
giudici così come "ordinato" dalla Corte di giustizia nella nota sentenza Melki[16]. In proposito,
occorre ricordare che con tale decisione - che aveva infine 'pacificato' le diverse corti superiori francesi
dopo le tensioni sorte in merito all'articolazione del controllo di legittimità comunitaria e costituzionale - i
giudici di Lussemburgo avevano precisato, proprio con riferimento al sindacato di una legge nazionale di
trasposizione di disposizioni imperative di fonte sovranazionale con riguardo agli stessi motivi che
mettono in discussione la validità di queste ultime (segnatamente dei diritti riconosciuti dalla Carta dei
diritti fondamentali dell'UE in virtù dell'art. 6, comma 2, TFUE), che "gli organi giurisdizionali nazionali,
avverso le cui decisioni non possono essere proposti ricorsi giurisdizionali di diritto interno, sono, in linea
di principio, tenuti, in virtù dell'art. 267, comma 3, TFUE, a chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi
sulla validità di detta direttiva e, successivamente, a trarre le conseguenze derivanti dalla sentenza
pronunciata dalla Corte a titolo pregiudiziale"[17].
7. Così "ordinato", il dialogo tra le Corti costituzionali e la Corte di giustizia evita che il procedimento
incidentale di legittimità costituzionale di una norma di trasposizione di una disposizione imperativa di
diritto europeo pregiudichi l'applicazione uniforme di quest'ultimo o conduca a decisioni, come quella
pronunciata dal Bundesverfassungsgericht nel 2005, che "corrono sul filo dell'illegittimità costituzionale
dell'atto comunitario"[18]. Tale risultato non può che essere accolto con favore. A condizione, tuttavia,
che la Corte di giustizia assuma a pieno il proprio compito di "Corte dei diritti" e non si limiti a riaffermare
il noto refrain che lo spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia sia permeato da "standard condivisi di
protezione dei diritti individuali" e che l'esigenza di assicurare l'uniformità del diritto europeo prevalga
necessariamente sull'esigenza di garantire nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia standard di tutela
più elevati e tradizionalmente riconosciuti dagli ordinamenti costituzionali nazionali[19]. Quanto al caso di
specie, appare evidente che non sarà facile per i giudici di Lussemburgo rispondere alla questione
inoltrata dal giudice costituzionale francese[20]. Tuttavia, ci sembra legittimo sperare che la Corte di
giustizia colga a pieno l'occasione che il giudice costituzionale francese le ha offerto. Rivendicando anche
rispetto alla decisione di consegna suppletiva che il diritto ad un ricorso effettivo è un principio generale
che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e
riconosciuto ribadito anche dall'art. 47 CFUE"[21], i giudici di Lussemburgo apporteranno un contributo
determinante alla costruzione nello spazio giuridico europeo di un "pluralismo ordinato"[22], fondato
sull'idea di rispetto del ruolo e dell'autonomia dei tribunali costituzionali nazionali e - soprattutto - vettore
di una tutela rafforzata dei diritti e delle libertà fondamentali[“
Luca D’Ambrosio, dalla rivista di diritto penale contemporaneo, I 2013
http://www.penalecontemporaneo.it/tipologia/0-/-/-/2230-/