concetti fondamentali nel diritto della crisi di impresa : crisi

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concetti fondamentali nel diritto della crisi di impresa : crisi
“CONCETTI FONDAMENTALI
NEL DIRITTO DELLA CRISI DI
IMPRESA: CRISI E
INSOLVENZA”
PROF. FABRZIO DI MARZIO
Università Telematica Pegaso
Concetti fondamentali del diritto della crisi di impresa
Indice
1 PREMESSA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 ‘CRISI’ E ‘IMPRESA’ -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 4 3 CRISI DELL’IMPRESA E INSOLVENZA DELL’IMPRENDITORE --------------------------------------------- 8 4 IL TRATTAMENTO GIURIDICO DELLA CRISI D’IMPRESA SECONDO IL CRITERIO
DELL’INSOLVENZA DELL’IMPRENDITORE ----------------------------------------------------------------------------- 11 BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Concetti fondamentali del diritto della crisi di impresa
1 Premessa
Lo studio del diritto della crisi d’impresa deve partire dai concetti fondamentali di cui si
compone. Essi sono: crisi (aziendale); insolvenza (dell’imprenditore); pianificazione aziendale (del
superamento della crisi); concorso dei creditori; deliberazioni concordatarie; contratti sulla crisi
d’impresa.
In questa lezione ci occupiamo dei concetti di crisi, insolvenza e pianificazione.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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2 ‘Crisi’ e ‘impresa’
Dei due concetti, il più difficoltoso è quello di ‘crisi’. La ricerca storica rimanda al termine ‘κρίσισ’,
di origine medica, che indica l’evento di cambiamento nella malattia: preludio a un esito fausto o
infausto. Nell’evoluzione dei significati, il momento di trasformazione è stato progressivamente
riferito anche a sistemi complessi, assumendo inoltre una connotazione negativa: giungendo a
indicare un fenomeno di disfunzione che colpisce particolari apparati (della società, della politica,
dell’economia, delle scienze, del diritto e così via).
Lo stato di crisi è caratterizzato dal progressivo cambiamento in peggio rispetto a una situazione
data e dall’esigenza della decisione affinché la negatività sopravvenuta possa essere arginata e
superata. La crisi descrive la premessa al momento di discontinuità che, effettivamente
sopraggiungendo, la compie esaurendola in un fatto storico. Questo momento di superamento della
crisi (in senso positivo o negativo) è chiamato ‘catastrofe’. «Laddove si dà catastrofe, la crisi è
decisa». Il segno di discontinuità giova al nitore concettuale del termine ‘catastrofe’, e spiega per
converso l’ineliminabile equivocità del termine ‘crisi’, denotativo di un divenire negativo in quanto
tale (a prescindere, cioè, dal momento di decisione e risoluzione dello stesso, che è il momento
della catastrofe). L’instabilità di questo divenire può cronicizzarsi nell’àmbito del sistema in cui si
svolge, se quest’ultimo è a sua volta costitutivamente integrato dal mutamento (in tal senso, e sotto
il profilo economico, si apprezza la teoria marxiana che vede la crisi come una funzione immanente
nel sistema capitalistico) (1).
Ambiguo è anche il termine ‘impresa’. Limitando il discorso sul terreno del diritto privato, già nelle
disposizioni del codice civile ‘impresa’ significa a volte ‘imprenditore’, altre volte ‘attività
economica professionalmente organizzata’, altre volte ancora ‘azienda’ (2). Si è così argomentata
una concezione ‘globale’ dell’impresa accolta nel codice civile. Secondo questa veduta, soggetto
dell’attività d’impresa (imprenditore) attività d’impresa (impresa) e oggetto dell’attività d’impresa
(1) Cfr. CACCIARI, voce «Crisi», in Enciclopedia filosofica Bompiani, IV, Milano, 2422 ss. (ove la citazione); invece per
la teoria della catastrofe cfr. THOM, Paraboles et catastrophes. Entretiens sur le mathématiques, la science et la
philosophie réalisé par G. Giorello – S. Morini, Paris, 1980.
(2) Cfr., per tutti, ASCARELLI Corso di diritto commerciale. Introduzione e teoria dell’impresa, Milano, 19623, 366.
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(azienda) costituiscono una realtà giuridica unitaria corrispondente a una organizzazione economica
complessa considerata nell’insieme (3).
Una qualche commistione deve particolarmente registrarsi tra le nozioni di ‘imprenditore’,
‘impresa’ e ‘società’, essendo quest’ultimo termine in sovrapposizione a volte del primo, altre volte
del secondo: e ciò in ragione del fatto che «la società è nel sistema del codice una forma di esercizio
collettivo dell’impresa» (4).
Con specifico riguardo al diritto della crisi d’impresa va poi segnalata la complicazione del diritto
positivo che, nello stabilire il soggetto passivo del fallimento, pone accanto all’imprenditore anche
l’impresa; e accanto all’imprenditore operativo l’imprenditore cessato o defunto e il socio
illimitatamente responsabile di società personale (cfr. artt. 1, 10, 11 e 147 l. fall.): così sollevando
una certa commistione tra le figure dell’imprenditore e dell’impresa; e facendo supporre la
possibilità di riferire il fallimento direttamente all’impresa (5), imponendo di conseguenza la
distinzione tra esdebitazione dell’imprenditore e risanamento dell’impresa (6).
(3) Cfr. OPPO, Realtà giuridica globale dell’impresa nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. civ., 1976, I, 591 s.; ID.,
Princìpi, in Tratt. dir. comm. diretto da Buonocore, Torino, 2001, 46 ss.; ma prima ancora v. ASQUINI, Profili
dell’impresa, in Riv. dir. comm., 1942, I, 1. Cfr., infine, SPADA, voce «Impresa», in Dig. it., disc. priv., sez. comm., VII,
Torino, 1992, 36 s.; più recentemente, TERRANOVA, L’impresa nel sistema del diritto commerciale. I. L’impresa e i
mercati. Problemi di metodo, in Riv. dir. comm., 2008, I, 2 ss.; A. MAZZONI, L’impresa tra diritto ed economia, in Riv.
soc., 2008, I, 655 s. Una oggettivizzazione del concetto può invece desumersi dalle discipline dell’amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in crisi: cfr., per es., PIEPOLI, Interessi individuali e interessi collettivi nel
risanamento della grande impresa, Milano, 1983, 201 ss.; v. più in generale la riflessione sulla crisi della grande
impresa in FLESSNER, Sanierung und Reorganization, Tübingen, 1982, 316 ss. Invece nella prospettiva dell’economia
aziendale la figura fondamentale è data dall’azienda, quale «coordinazione economica in atto» che assume le specifiche
forme dell’impresa (capitalistica) quando produce per lo scambio sul mercato (cfr., di recente, CAPALDO, L’economia
aziendale oggi, Milano, 2010, 5, 32).
(4) G. FERRI, Le società, in Tratt. dir. civ. diretto da F. Vassalli, Torino, 1971, 34. Merita attenzione anche l’assenza di
qualsivoglia definizione dell’impresa nel diritto comunitario, che pertanto si affida alla concezione sociale ed
economica, ossia all’uso linguistico largamente invalso: cfr. LIBERTINI, MAZZAMUTO, L’impresa e le società, in
AA.VV., Manuale di diritto privato europeo, III, a cura di Castronovo, Mazzamuto, Milano, 2007, 3 ss.
(5) In tal senso cfr. SEGNI, Impressioni sulla nuova legge sul fallimento, in Dir. fall., 1942, 47; in senso contrario cfr.
PUGLIATTI, Fallimento dell’imprenditore o dell’impresa, ivi, 1943, 5, con soluzione successivamente affermatasi (per
uno studio dedicato v. BUONOCORE, Fallimento e impresa, Napoli s.d. ma 1969, 7 ss.) Nella recente manualistica cfr.,
tra gli altri, GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, Torino, 20083, 15 s.
(6) Per l’impostazione del problema cfr. BALZ, Sanierung von Unternehmen order von Hunternehmensträgern?: Zur
stellung der Eigentümer in einem künftigen Reorganisationsverfahren, Köln, 1986, spec. 71 ss.; GROß, Sanierung durch
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E tuttavia, nonostante le segnalate opacità, per la tradizione della dottrina commercialistica con il
termine ‘impresa’ si significa l’attività economica professionalmente esercitata (7).
I nuclei di significato di ‘crisi’ e ‘impresa’ rilasciano una prima informazione sulle espressioni in
cui i due termini sono usualmente coniugati: ‘impresa in crisi’ e ‘crisi d’impresa’. Nella prima
espressione l’accento cade sull’attività d’impresa; nella seconda sulla crisi in cui essa si trova ad
essere. Ma in entrambe la crisi è presentata come uno stato in cui versa un’attività. Se infatti
l’ordine di significati del termine ‘crisi’ è selezionato in esclusivo riferimento alla scienza aziendale
e al diritto d’impresa, nonostante irrisolti profili di indecisione (ingenerati, si vedrà, dalla relazione
con il diverso concetto di ‘insolvenza’), esso indica una condizione propria dell’attività d’impresa
(8).
È questa una acquisizione preliminare ma fondamentale e niente affatto scontata. Se si considerano
l’origine medica del fenomeno e dunque il naturale riferimento della crisi al soggetto, rintracciando
l’esito dell’antico uso nella suggestione che ha spinto il legislatore recente a scrivere di
«imprenditore in stato di crisi» (artt. 160, comma 1 e 182 bis, comma 1, l. fall.), ci si avvede
dell’insidia terminologica, la quale si comprende meditando sulla emersione storica del concetto di
‘impresa’. L’autonomia concettuale dell’attività rispetto alla persona del suo artefice richiese infatti
Fortführungsgesellschaften in betriebswirtschaftlicher, rechtlicher und steuerlicher Hinsicht, Köln, 19882; infine,
BRAUN, FRANK, in BRAUN (Hrsg.), Insolvenzordnung (InsO), Kommentar, München, 20073, 1187.
(7) Nella dottrina risalente cfr., per tutti, VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, I, Milano, 19285, 100, che definisce
l’impresa come «organismo economico». Sulla matrice economica del concetto cfr., nell’ultima dottrina, A. MAZZONI,
op. cit., 649, che ricordando anche il pensiero di MOSSA, I problemi fondamentali del diritto commerciale, in Riv. dir.
comm., 1926, I, 246 ss., ravvisa una scarsa attenzione della dottrina commercialistica per la matrice economica del
concetto. Cfr., nella letteratura degli ultimi anni, BUONOCORE, L’impresa, in Tratt. dir. comm. diretto da Buonocore,
Torino, 2002; nella manualistica, VOLPE PUTZOLU, in AA.VV., Diritto commerciale, Bologna, 2007, 1 ss.; G. FERRI,
Manuale di diritto commerciale (a cura di Angelici e G.B. Ferri), Torino, 200612, 27 ss.; G.F. CAMPOBASSO, Diritto
commerciale. I. Diritto dell’impresa, a cura di M. Campobasso, Torino, 20065 21 ss.; LIBONATI, Diritto commerciale.
Impresa e società, Milano, 2005, 9 ss.; AG. GAMBINO, Impresa e società di persone, Torino, 2004, 13 ss. Cfr. anche,
nella dottrina tedesca, T. RAISER, Das Unternehmen als Organisation. Kritik und Erneuerung der juristischen
Unternehmenslehre, Berlin, 1969; KARSTEN SCHMIDT, Handelsrecht, Köln, 19995, 63 ss.
(8) Una generale ricostruzione critica nei saggi di GUATRI, Crisi e risanamento delle imprese, Milano, 1986; ID.,
Turnaround. Declino, crisi e ritorno al valore, Milano, 1995. Tra i giuristi che sottolineano il carattere prettamente
economico, piuttosto che giuridico, del termine ‘crisi’, cfr. per es. M. SANDULLI, La crisi economica dell’impresa, in
Giur. comm., 1985, I, 970; nella manualistica cfr. G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale. III. Contratti, titoli di
credito, procedure concorsuali, a cura di M. Campobasso, Torino, 20084, 327.
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il non agevole passaggio culturale dalla figura ottocentesca del ‘commerciante’ (che pone in essere
atti di commercio) a quella novecentesca dell’‘imprenditore’ (che esercita l’attività d’impresa). Per
conseguenza, nel diritto positivo il concetto di ‘impresa’ (peraltro mediato dalla codificazione
soggettiva della figura dell’imprenditore) sostituì, nel codice civile del 1942, quello precedente di
‘atto di commercio’ (9).
Il progresso reso possibile da questa acquisizione si coglie proprio nell’àmbito del trattamento
giuridico della crisi d’impresa. Accanto alla concezione tradizionale in cui il fallimento
rappresentava la tipica vicenda del commerciante e del suo patrimonio nelle forme dell’esecuzione
collettiva sui beni del debitore, poteva immaginarsi una concezione alternativa in cui il fallimento
avrebbe potuto rappresentare una vicenda dell’impresa, emancipandosi dalla dimensione atomistica
e individualizzante per una nuova dimensione: accomunante e organizzativa di soggetti atti e beni.
Proprio in quel frangente storico nella più ampia riflessione sul concetto di impresa - condotta a
partire dalla elaborazione della nozione economica di ‘Unternehmen’ - la dottrina austro-tedesca
elaborò il nuovo istituto che andava delineando come oggetto di diritti, rendendone così possibile
l’inclusione nella massa fallimentare, e facendone oggetto della decisione dei creditori concorsuali;
decisione, peraltro, non necessariamente liquidatoria ma anche gestoria (10).
Quella risalente intuizione, e la sua teorizzazione, inaugurarono una linea di legislazione e di
elaborazione dogmatica all’insegna del passaggio da visioni individualistiche e singolari a nuove
prospettive, aperte a considerare la complessità dei fenomeni. Così da avvicendare al vecchio
‘diritto fallimentare’ un nuovo e più attuale ‘diritto della crisi d’impresa’: fino all’arresto
determinato dalla recente riforma italiana (11).
(9) Per una sintesi critica sulla dottrina del tempo cfr. COTTINO, L’impresa nel pensiero dei Maestri degli anni
Quaranta, in Giur. comm., 2008, I, 5. Nella dottrina meno risalente cfr. SPADA, Impresa, cit., 34 s.; più di recente,
PORTALE, Il diritto commerciale italiano alle soglie del XXI secolo, in Riv. soc., 2008, I, 8. Per una ricostruzione del
fenomeno nella prospettiva della storia economica cfr. TONINELLI, Storia d’impresa, Bologna, 2006.
(10) Cfr., per tutti, DILCHER, LAUDA, Das Unternehmen als Gegenstand und Anknüpfungspunkt rechtlicher Regelungen
in Deutschand. 1860-1920, in HORN, KOCKA (Hrsg.), Recht und Entwicklung der Großunternehmen im 19. und frühen
20. Jaharhundert. Wirtschafts-, sozial-, und rechtshistorische Untersuchungen zur Industrialisierung in Deutschand,
Frankreich, England und den USA, Göttingen, 1979, 548 ss.
(11) Cfr., in tal senso, MAZZARELLA, Fallimento, autonomia contrattuale, impresa: itinerarii e figure fra Otto e
Novecento, in AA.VV., Autonomia negoziale e crisi d’impresa, a cura di Di Marzio, Macario, Milano, 2010, 194 ss. La
formula ‘diritto della crisi d’impresa’ (con alcune varianti) è entrata nell’uso. Tra i manuali cfr. M. SANDULLI, La crisi
dell’impresa. Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 2009; A. NIGRO, VATTERMOLI, Diritto della crisi
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3 Crisi dell’impresa e insolvenza dell’imprenditore
Il termine ‘insolvenza’ – di immediato e consolidato rilievo giuridico - designa lo stato soggettivo
di impotenza di chi, sovraindebitato, non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie
obbligazioni (cfr. art. 5 l. fall.). Precisamente, il termine ‘insolvenza’ reca due significati: indicando
l’incapacità di pagare (Zahlungsunfähigkeit) se riferito alla persona del debitore; e il
sovraindebitamento (Überschuldung) se riferito al patrimonio (12). Ma, ciò posto, il concetto di
‘insolvenza’ è particolarmente indefinito (13). La più difficile distinzione da tracciare è quella tra i
fenomeni della pre-insolvenza o pericolo di insolvenza e dell’insolvenza conclamata e irreversibile
quale situazione, quest’ultima, coincidente con la descrizione dell’art. 5 l. fall. Tale distinzione è
tuttavia fondata nella teoria e sussistente nella pratica. Essa è stata anche avvalorata dal diritto
positivo nella previsione dell’abrogato art. 187 l. fall., sulla temporanea difficoltà di adempiere
come condizione diversa dall’insolvenza e legittimante l’impresa ad accedere all’amministrazione
controllata (14).
delle imprese. Le procedure concorsuali, Bologna, 2009, (dove in premessa si avverte che la complessità del nuovo
diritto suggerisce «l’abbandono della vecchia (e gloriosa) dizione Diritto fallimentare»).
(12) Cfr. HÄSEMEYER, Insolvenzrecht, Köln, München, 20074, 5. In ogni caso, nelle definizioni legislative l’insolvenza
si presenta come un fenomeno di rilievo finanziario e non economico (cfr., con riguardo all’art. 5 l. fall., tra gli altri,
STANGHELLINI, La crisi d’impresa fra diritto ed economia. Le procedure di insolvenza, Bologna, 2007, 121; ma per una
diversa lettura, preoccupata di valorizzare la specificità dell’insolvenza commerciale come fenomeno tipico dell’attività
d’impresa, e perciò interessata al profilo non finanziario ma economico della crisi e a individuare in esso la specificità
dell’insolvenza – quale condizione di irrisanabilità dell’impresa – cfr. F. VASSALLI, Diritto fallimentare, Torino, 1994,
81 ss.).
(13) Nella vecchia dottrina cfr. DE VINCENTIIS, voce «Insolvenza colpevole», in D. I., XIII, Torino, 1902-1906, 1202). E
poi VIVANTE, op. cit., 347, secondo cui la dottrina non riesce a dare «dell’insolvenza che un concetto giuridico molto
generico, considerandola come impotenza a pagare, ed entro questo concetto possono stare i più disparati
apprezzamenti».
(14) Cfr., in generale, nella dottrina meno recente, G. FERRI, Insolvenza e temporanea difficoltà, in ID., Scritti giuridici,
Napoli, 1990, I, 603; e nella letteratura successiva, TERRANOVA, Stato di crisi, stato di insolvenza, incapienza
patrimoniale, in Dir. fall. 2006, I, 569, che conclude per l’identità dei concetti di ‘crisi’ e di ‘insolvenza’. In
giurisprudenza si tende ad affermare la distinzione tra insolvenza reversibile e irreversibile (cfr. Cass. 27 febbraio 2008,
n. 5215, in Fallimento, 2008, 715) e ad assimilare la temporanea difficoltà ad adempiere a uno stato di insolvenza
reversibile (v. Cass. 9 settembre 2005, n. 18066, in Giust. civ., 2006, I, 546). Per una rassegna di diritto comparato cfr.
SCHIANO DI PEPE, voce «Insolvenza in diritto comparato», in D. Disc. Priv., sez. comm., VII, Torino, 1992, 410; con
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I problematici rapporti tra i concetti di ‘insolvenza’ e ‘temporanea difficoltà di adempiere’ e il
dubbio sulla ammissibilità o meno di una insolvenza reversibile hanno indotto l’uso, nel linguaggio
giuridico, del termine ‘crisi’, sfornito di tradizione e perciò meno impegnativo e più sfumato del
precedente. Già la relazione alla legge fallimentare del 1942, a proposito del presupposto per
l’amministrazione controllata, discorre di «una temporanea crisi che rende impossibile l’immediato
e regolare soddisfacimento delle obbligazioni» (15). Ponendo i due termini sullo stesso piano
concettuale, e riferendo entrambi al soggetto, con ‘crisi’ si intende prevalentemente una situazione
di più vasto raggio in cui si inserisce l’insolvenza vera e propria (16).
Nella prospettiva aziendalistica si rinviene un uso linguistico opposto. Guardando esclusivamente
all’’attività e trascurando il soggetto, si afferma che «un’impresa è in stato di crisi quando mostra la
stabile presenza di meccanismi capaci, se non contrastati, di condurre in tempi più o meno brevi a
crescenti tensioni finanziarie e quindi all’insolvenza» (17). Crisi e insolvenza costituirebbero dunque
stadi successivi di un identico fenomeno degenerativo (18). Come si vede, le ambiguità registrabili
riguardo alle discipline sull’amministrazione straordinaria, cfr. R. ROSSI, Insolvenza, crisi di impresa e risanamento,
Milano, 2003; più di recente v. l’estesa trattazione di FRASCAROLI SANTI, Crisi dell’impresa e soluzioni stragiudiziali,
in Tratt. dir. comm. dir. pubbl. econ. diretto da Galgano, Padova, 2005, 55 ss.; per una ricapitolazione cfr. G. CAPO, Lo
stato di insolvenza, in Tratt. dir. fall. diretto da Buonocore, Bassi, I, Padova, 2010, 172.
(15) E tuttavia non si è mancato di stigmatizzare il richiamo al termine ‘crisi’ proprio per la vaghezza che lo connota: cfr.
PORTALE, La legge fallimentare rinnovata: note introduttive (con postille sulla disciplina delle società di capitali), in
Banca borsa, 2007, I, 369.
(16) Cfr. sempre in generale e tra i molti, TERRANOVA, Stato di crisi e stato di insolvenza, Torino, 2007; FRASCAROLI
SANTI, Insolvenza e crisi di impresa, Padova, 1999; A. AMATUCCI, Temporanea difficoltà e insolvenza, Napoli 1979;
ID., L’insolvenza come elemento oggettivo di collegamento tra le diverse procedure concorsuali, in AA.VV., Crisi
d’impresa e procedure concorsuali in Italia e in Europa, a cura di Ragusa Maggiore, Tortorici, Padova, 2002, 251;
CORSI, Crisi, insolvenza, reversibilità, temporanea difficoltà, risanamento: un nodo irrisolto?, in Fallimento, 2002,
948; PACCHI, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2005, 62; CENSONI, Il «nuovo» concordato preventivo, in Giur.
comm., 2005, I, 734; N. ROCCO
DI
TORREPADULA, La crisi dell’imprenditore, in Giur. comm., 2009,I, 216 ss.;
MACARIO, Insolvenza del debitore, crisi dell’impresa e autonomia negoziale nel sistema della tutela del credito, in
AA.VV., Autonomia negoziale e crisi d’impresa, cit., 40 ss.
(17) BRUGGER, Art. 160 l.fall. Profili aziendali, in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da Jorio e
coordinato da Fabiani, Bologna, 2006, 2302.
(18) Cfr. GUATRI, Crisi e risanamento delle imprese, cit., 11 ss. E poi, variamente, i saggi di ALTMAN, New strategies in
bankruptcy analysis, New York, 1983; VERGARA, Disfunzioni e crisi d’impresa. Introduzione ai processi di diagnosi,
risanamento e prevenzione, Milano, 1988; BERTOLI, Crisi d’impresa, ristrutturazione e ritorno al valore, Milano, 2000;
PICIOCCHI, Crisi d’impresa e monitoraggio di vitalità, Torino, 2003. Ciò vale anche con riguardo alla tradizione
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nel settore giuridico si ripropongono nel settore aziendale: mentre nel primo crisi e insolvenza sono
riferite al soggetto, invece nel secondo tendono a essere riferite all’attività.
In entrambe le concezioni il termine ‘insolvenza’ è utilizzato per significare l’epilogo della crisi. In
filosofia soccorre, si è accennato, l’uso del termine ‘catastrofe’ (19). Ed è preferibile emancipare
l’insolvenza da questa posizione finale rispetto al divenire della crisi perché, diversamente,
sfuggirebbe la differenza essenziale tra i due stati: posti su piani diversi perché l’uno riferito
all’attività e l’altro al soggetto (20).
Conclusivamente, benché la legge stessa non disdegni di discorrere di ‘imprenditore in crisi’,
sembra più appropriato evitare l’uso del termine ‘crisi’ per denotare fenomeni ricadenti nell’area
dell’insolvenza; e invece usare proprio il termine generale di ‘insolvenza’ per ricomprendere le
varie specie di cui si compone e che si denotano con varia terminologia: pericolo di insolvenza e
pre-insolvenza (stati di cui è pronosticabile l’evoluzione in insolvenza) (21); temporanea difficoltà
ad adempiere ed insolvenza reversibile (22); infine e tradizionalmente, insolvenza irreversibile.
accademica e scientifica anglosassone ed americana, nel cui ambito le strategie di corporate restructuring and
reorganization, facenti parte a pieno titolo del più ampio campo della corporate finance, hanno delle finalità
concettualmente anteriori rispetto a quelle della gestione del financial distress. La necessità per il management
aziendale di avere un atteggiamento proattivo nei confronti delle situazioni di crisi e discontinuità nasce oltretutto dalla
generale latente maggior incertezza indotta dalla globalizzazione. Come osservano WESTON,SIU, JOHNSON, Takeovers,
restructuring & corporate governance, Upper Saddle River, New Jersey, 2001, 346: «The restructuring of business firms
stems from a number of forces. One of the most basic is the need to meet global competition».
(19) Ma cfr., già nella dottrina fallimentaristica risalente, BOLAFFIO, Il concordato preventivo secondo le sue tre leggi
disciplinatrici, Torino, 1932, 2 s.: «Finché il debitore si mantiene alla testa del suo commercio, cautamente vigilato
perché non ne abusi, il credito non è interamente perduto; l’avviamento, se non immutato, tuttavia opera; sono vive le
relazioni d’affari; i parenti e gli amici naturalmente pieghevoli, se non addirittura solleciti, al soccorso; quindi le
condizioni che possono farsi ai creditori, sono indubbiamente migliori di quelle conseguibili dopo la catastrofe».
(20) In tal senso cfr. anche FARENGA, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza,
Milano, 2005, 34.
(21) Cfr. DE FERRA, Il rischio di insolvenza, in Giur. comm., 2001, I, 193; v. anche SMID, Grundzuege des neuen
Insolvenzordnung, München, 1999, 390. Sulla vicina e derivata nozione di ‘insolvencia inminente’ (perché non attuale e
tuttavia prevedibile) cfr. BELTRÁN SÁNCHEZ, Insolvencia, inolvenzia inminente e insolvencia cualificada, in AA.VV., Il
trattamento giuridico della crisi d’impresa. Profili di diritto concorsuale italiano e spagnolo a confronto, a cura di
Sarcina, Garcίa-Cruces González, Bari, 2008, 63 ss. Al rischio di insolvenza guardava il progetto di riforma dela legge
fallimentare elaborato dalla Commisione Trevisanato istituita dal Ministro della giustizia con d.m. 27 febbraio 2004
(pubblicato in AA.VV., La riforma delle procedure concorsuali. I progetti, a cura di Jorio, Fortunato, Milano, 2004, 35),
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Concetti fondamentali del diritto della crisi di impresa
Il trattamento giuridico della crisi d’impresa
secondo il criterio dell’insolvenza
dell’imprenditore
L’uso linguistico raccomandato permette anche di cogliere appropriatamente il nesso tra ‘crisi
d’impresa’ e ‘insolvenza’. Quale condizione dell’attività, la crisi mentre assume rilievo per le
discipline aziendalistiche invece tende a rimane indifferente al diritto. Il rilievo giuridico della crisi
d’impresa dipende da un altro e diverso – ancorché connesso - fenomeno: l’insolvenza del debitore.
Fino a quando la crisi dell’attività non compromette in apprezzabile misura la solvenza del
soggetto, essa rimane irrilevante per il diritto di settore. Quando invece la crisi determina
insolvenza, sorge la questione giuridica sul trattamento della crisi d’impresa: nell’interesse dei
creditori dell’imprenditore insolvente e a protezione degli altri interessi pregiudicati dal pericolo
della cessazione dell’attività in conseguenza dell’insolvenza.
Ed è superfluo annotare che la regolarità del nesso tra i due fenomeni della crisi d’impresa e
dell’insolvenza dell’imprenditore si accentua nella prassi economica contemporanea, dove
l’imprenditore individuale è figura sorpassata, e dove il patrimonio del soggetto coincide con il
patrimonio destinato all’impresa.
Nell’affermazione che la crisi d’impresa diviene giuridicamente rilevante nel diritto settoriale solo
quando si accompagna all’insolvenza dell’imprenditore, il concetto di ‘insolvenza’ è impiegato
nella vasta concezione che abbraccia, accanto al fenomeno dell’insolvenza irreversibile, anche
fenomeni meno gravi, riassumibili in stati di difficoltà economica variamente denominati ma
comunque eventualmente prodromici all’insolvenza irreversibile. La crisi d’impresa diviene
pertanto giuridicamente rilevante in occasione della difficoltà economica o dell’insolvenza
del’imprenditore.
nell’art. 2, lett. h), del quale si legge di una «situazione patrimoniale, economica o finanziaria, tale da determinare il
rischio di insolvenza».
(22) Alle quali figure va accostata la difficoltà economica estrinsecantesi nella cessazione dei pagamenti, purché
intervenuta da non più di quarantacinque giorni, prevista – in riforma della disciplina previgente sul règlement amiable
- dall’art. L. 611-4 code comm. quale requisito oggettivo per l’accesso alla procédure de conciliation accanto alle
situazioni di pre-insolvenza. Cfr. LUCAS, LÉCUYER, Entreprises en difficulté, in Petit Affiches, 2006, n. 28, che
giudicano la norma come «la plus innovante de la réforme».
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Questo affinamento concettuale trova giustificazione nel diritto positivo. Accanto a istituti che
presuppongono lo stato d’insolvenza irreversibile (definito nell’art. 5 l. fall.) – quali il fallimento e
l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi – si annoverano altri istituti,
compatibili con lo stato di insolvenza ma che presuppongono, più modestamente, uno stato di
difficoltà economica (secondo le parole della legge, di ‘crisi’ dell’imprenditore): come il concordato
preventivo, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e i piani attestati di risanamento.
La distinzione può essere sottolineata anche nell’insieme delle procedure concorsuali isolandovi,
al’interno, le procedure di insolvenza propriamente intese (fallimento e
amministrazione
straordinaria) rispetto alle procedure che prescindono dall’insolvenza (concordato preventivo e
liquidazione coatta amministrativa).
Nel trattamento giuridico si intrecciano (condizionandosi vicendevolmente) le risposte alla crisi
d’impresa e le risposte all’insolvenza del debitore. Il diritto rilevante stabilisce non soltanto il
trattamento giuridico dell’imprenditore ma anche i percorsi dell’impresa. Nelle procedure qui dette
‘di insolvenza’ – fallimento e amministrazione straordinaria - vale il criterio generale della
separazione dell’imprenditore insolvente (che non si emancipa dallo stato di insolvenza in cui è
caduto) dalla sua impresa, liquidata o riveicolata sul mercato secondo l’interesse tutelato dalla legge
(in genere, l’interesse dei creditori delusi). Nel concordato preventivo e nei contratti sulla crisi
d’impresa, ferma la necessità logica dell’improseguibilità dell’impresa da parte dell’imprenditore
che non recupera lo stato di solvenza, il componimento della crisi risponde direttamente a scelte di
mercato (confezionate nell’accordo contrattuale o nella proposta concordataria approvata dai
creditori).
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Bibliografia
Si rinvia alla bibliografia generale e alle note.
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