1633 catalogo 012 - Museo Poldi Pezzoli

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1633 catalogo 012 - Museo Poldi Pezzoli
Scheda tratta da Mauro Natale, catalogo dei dipinti, Milano 1982
Gottardo Scotti
Originario di Piacenza, documentato a Milano dal 1454 al 1485
Trittico della Madonna della Misericordia
Tavola centrale: Madonna della Misericordia e devoti
Sportello di sinistra, esterno: San Giovanni Battista;
interno:Angelo annunziante e i Santi Sebastiano e Nicola da Bari
Sportello di destra, esterno: Santo
annunciata e Adorazione dei Magi.
Stefano; interno: Vergine
Tempera su tavola; tavola centrale 136x58 cm, anta sinistra 121,5x29
cm, anta destra 122x29 cm (n. inv. 1633)
Firmato in basso al centro della tavola centrale:«GOTARDU[S[ [DE] [S]COTIS DE MELLO PINSIT».
Restaurato da L. Cavenaghi intorno ai 1901, questo trittico fu sottoposto ad un nuovo intervento di
consolidamento e di pulitura ad opera di G. Gregorietti nel 1958 (Archivio del Museo Poldi Pezzoli, Verbale di
Consiglio, 1958). Esso rivela vaste abrasioni e cadute di colore sulla cimasa (dove è quasi del tutto
scomparsa la figura di Dio padre benedicente), sul fondo dorato del pannello centrale (con la perdita di una
parte del nimbo della Vergine) e sull’abito del devoto inginocchiato in primo piano in basso a sinistra, in
origine dipinto a lapislazzuli. Ampie ridipinture si estendono sul manto della Madonna, un tempo
probabilmente di colore blu, sulla sua fodera verde, sull’abito della devota inginocchiata in secondo piano in
basso a destra e sulla pedana di marmo, dove una lacuna ha provocato la perdita dell’arma raffigurata nello
stemma e di alcune lettere che compongono il nome del pittore.
Lo sportello di destra soffre di minute cadute di colore soprattutto sul fondo dorato della Madonna annunciata;
il lato esterno del medesimo sportello rivela invece danni irreparabili lungo il bordo sinistro, forse provocati
dall’umidità. Lo sportello di sinistra mostra un migliore stato di conservazione, malgrado assai vaste lacune
sul piviale di San Nicola e alcuni ritocchi in basso al centro, in corrispondenza di una fenditura verticale del
supporto.
I danni subiti dai dipinto non compromettono il giusto apprezzamento della raffinata tecnica pittorica con cui
esso è stato eseguito, ben avvertibile nel finissimo segno dei punzoni, e nei galloni dorati velati a lacca che
impreziosiscono i bordi degli abiti. La superficie rivela alcuni graffi sacrileghi tracciati sulle figure e la traccia
del disegno inciso dall’artista sulla preparazione gessosa.
Questa importante ancona fu acquistata per il Museo Poldi Pezzoli da G. Bertini all’antiquario G. Baslini di
Milano il 20 aprile 1883 per 1200 lire (Archivio del Museo Poldi Pezzo faldone 14/a). Secondo una
testimonianza di E. Visconti Venosta (Archivio del Museo Poldi Pezzoli, Verbale di Consiglio, 12 gennaio
1902), l’opera sarebbe stata comperata da un falegname nella chiesa parrocchiale di Mello in Valtellina e da
questi rivenduta ad un secondo compratore che l’avrebbe infine ceduta a G. Baslini (Russoli, 1955, p. 209). In
realtà, come già aveva supposto M. Salmi (1929-1930, p. 395), essa corrisponde perfettamente alla «tavola in
legno che conservasi nella chiesa di Santa Maria in Mazzo, a piè della quale leggesi: “Gotardus de Scotis de
Mello pinsit”» menzionata da F.S. Quadrio una prima volta in una lettera da lui indirizzata al pittore Pietro
Ligari, datata 1739 (Bottari - Ticozzi, I, 1822, p. 551), e nuovamente nelle sue Dissertazioni critico-storiche
pubblicate a Milano nel 1756 (p. 510).
lI dipinto rimase nella sua collocazione originaria fino agli ultimi decenni del XIX secolo, allorché S. Monti
(1902, p. 259) ancora ne riportava la memoria, annotando che «ora è scomparsa; pare sia stata venduta
alcuni anni or sono».
L’antica pertinenza del trittico all’oratorio di Santa Maria a Mazzo è inoltre confermata, oltre che dal soggetto
raffigurato sulla tavola centrale che corrisponde al vocabolo dell’edificio, anche dall’identità dei santi dipinti a
monocromo sui lati esterni degli sportelli; Stefano è infatti il santo titolare della chiesa parrocchiale di Mazzo
mentre a Giovanni Battista è dedicato un oratorio posto in prossimità di quella (Varischetti - Cecini, 1963, pp.
121-122, nota 1). L’iscrizione che appare in basso della tavola centrale ha dato luogo ad interpretazioni
contrastanti sull’origine del pittore, nativo della Valtellina per taluni (di Mantello, per Quadrio, 1756, p. 510; di
Mello, per Monti, 1902, p. 259), proveniente da Milano per altri (Malaguzzi Valeri, 1902, pp. 217-218). Pare in
effetti probabile che «Mello» sia una libera abbreviazione di «MEDIOLANO» (il nome della città lombarda
appare variamente abbreviato in altri documenti contemporanei in «Medno» e in «Mlo») qui posto ad indicare
il domicilio del pittore e non il suo luogo di nascita, secondo un uso ricorrente in questo periodo (in un atto
notarile stipulato a Vercelli il 22 dicembre 1474 il pittore cremonese Cristoforo Moretti si definisce «civis Mli...
et civis Casalis»:Colombo, 1883, p. 390; analoga origine milanese si attribuisce il comasco Alvise de Donati
nei contratti di allocazione sottoscritti a Vercelli nel 1491-1495: Colombo, 1883, pp. 392-393). Non c’è quindi
ragione alcuna per dubitare che si tratti qui dello stesso pittore ricordato più volte dai documenti milanesi dal
1454: l’artista è detto originario di Piacenza negli atti fino al 1467 circa; da quella data il suo nome è registrato
senza indicazione del luogo di nascita, a prova di un suo stabile insediamento nella città ducale.
Menzionato una prima volta nel 1454 (Tea, 1951, p. 22) e poi per minuti lavori nei libri mastri Borromeo nel
1456-1457 (Biscaro, Note..., 1914, p. 88), «Gottardo de Scottis de Placentia» appare artista già notevolmente
impegnato nel 1457, allorché esegue decorazioni per un arco trionfale in onore di Cicco Simonetta (Annali...,
Il, 1877, p. 174: 22 settembre), un «capocielo» e la pittura del bordo della tribuna del coro nella cattedrale
milanese (Annali..., Il, 1877, pp. 176, 178). L’anno seguente è nuovamente attivo nella fabbricazione di un
arco trionfale in onore di «Zanetto» (Annali.., lI, 1877, p. 184: 10 ottobre), e dora e dipinge un paio di angeli
scolpiti che Ambrogio Trivulzio destinava alla chiesa parrocchiale di Locate, sulla strada per Pavia (Annali...,
Il, 1877, p. 180: 17 marzo). Nel 1459 stima con Cristoforo da Monza una Maestà eseguita da Ambrogio
Zavattari per l’altare maggiore del Duomo (Annali.., lI, 1877, p. 195: 12 dicembre) per la quale sarà egli stesso
incaricato di eseguire una «copertina» nel 1474 con la raffigurazione della Crocifissione, santi e angeli su di
un cielo stellato (Annali..., Il, 1877, p. 284: 9 agosto). Ancora ingaggiato nel 1460 per eseguire un arco di
trionfo in onore di Tristano Sforza (Annali..., Il, 1877, p. 196: 22 gennaio), Gottardo Scotti riappare nei libri
mastri Borromeo nel 1464 (per la pittura della facciata della Confraternita dell’Umiltà: Biscaro, Note..., 1914, p.
89) e nel 1465 per la doratura di due angeli scolpiti per l’altare di Santa Maria «Pedone» (Biscaro, Note...,
1914, p. 90). Continuano nel frattempo i suoi impegni di lavoro con la Fabbriceria del Duomo, per la quale
dipinge e dora la cassa dell’organo nuovo (Annali..., lI, 1877, pp. 245-247: 26 ottobre-19 dicembre 1465) ed
esegue un paliotto per l’altare di Santa Tecla con il Cristo di Pietà tra le Sante Tecla e Pelagia (Annali..., Il,
1877, p. 248: 31 dicembre 1465). L’anno seguente si cimenta nell’intaglio e nella doratura di un rilievo a tre
figure (Annali..., Il, 1877, p. 252), in quattro paliotti per altrettanti altari della cattedrale di cui tre con
l’immagine della Pietà ed uno con quella della Madonna in adorazione del Bambino (Annali..., lI, 1877, p. 253:
5 luglio), nella pittura delle ante dell’organo (Annali..., lI, 1877, pp. 253, 254: 5 luglio-11 settembre), e ancora
nella doratura di due angeli destinati all’altare maggiore (Annali..., lI, 1877, p. 255: 6 dicembre). Nel 1467
compie una serraglia per la chiesa di San Giovanni al Ponte (Tea, 1951, p. 23), mentre al 1470 risalgono altri
due angeli da lui stesso scolpiti e dorati per il Duomo (Annali..., lI, 1877, p. 270: 17 ottobre); all’anno seguente
spetta un gonfalone dei SantiAmbrogio, Gervasio e Protasio (Annali..., lI, 1877, p. 274: 26 ottobre) e una targa
processionale
chiamata
«Idea», destinata ad essere esposta durante la rituale processione del 2 febbraio (Annali..., Il, 1877, p. 272:
23 febbraio), sul tipo di quella conservata al Museo del Duomo a Milano che tuttavia non è frutto della sua
mano (Bossaglia - Cinotti, 1,1978, p. 84, nn. 165 a-b).
Nei 1472 stima con Giovanni Vismara gli affreschi eseguiti da Zanetto Bugatto nella chiesa di Santa Maria
delle Grazie presso Vigevano (Calvi, lI, 1865, pp. 193-194; Malaguzzi Valeri, 1902, p. 131) e nei due anni
seguenti lo vediamo dipingere su muro nella cappella di Galeazzo Maria Sforza al Castello di Milano (1473:
Baroni - Samek Ludovici, 1952, p. 104; Dell’Acqua, 1978, p. 126; in collaborazione con Bonifacio Bembo,
Zanetto Bugatto, Giovan Pietro da Corte e Costantino da Vaprio) e in quella del Castello Sforzesco a Pavia
(1474: Baroni - Samek Ludovici, 1952, p. 159: in collaborazione con Giovan Pietro da Corte, Pietro
Marchesi, Stefano de Fedeli e altri). A lui sarà inoltre affidata la pittura di alcune delle chiavi di volta scolpite
(Annali..., Il, 1877, pp. 280, 284: 1473, 1474) e dei quattro medaglioni monumentali con i Padri della Chiesa
inseriti nei pennacchi del tiburio del Duomo (Annali..., lI, 1877, p. 302: 1478), che oggi più non conservano
traccia dell’antica policromia. Sempre per il Duomo di Milano nel 1475 esegue una «Maestà» da porsi dietro
l’altare maggiore (Annali..., lI, 1877, p. 287: 16 novembre), forse da identificarsi con quella stessa che l’anno
seguente è destinata ad essere esposta «ad jubileum» (Annali..., Il, 1877, p. 289: 20 maggio). Nuovamente
attivo per i Borromeo nel 1475 (Biscaro, Note..., 1914, p. 96: «dipintura de 5 tele de pertiche da sparvieri»),
Scotti invia nel 1480 una «Maestà», protetta dalla relativa «cortina», «ad Ganduliam» (forse Candoglia,
presso Mergozzo: (Annali..., Il, 1877, pp. 310,315: 15 gennaio, 7 ottobre), e due anni dopo ancora compirà
vari lavori per la cattedrale (pittura di chiavi di volta, esecuzione di un ex voto e di un capocielo per il pulpito:
Annali..., III, 1880, pp. 14-15: 3 aprile, 25 novembre), dove è definito «pictor fabricae» nel 1485 (Annali..., III,
1880, p. 26: 23 luglio). Nel frattempo l’artista era stato eletto tra gli otto delegati dell’Università dei pittori nel
1481 (Motta, 189S, p. 409; Malaguzzi Valeri, 1902, p. 217); una memoria lo ricorda creditore l’anno
seguente di Pietro da Corte (Beltrami, 1916, p. 165) ed è inoltre probabile che sia lui quel Gottardo da
Piacenza che il 19 maggio 1482 si impegna ad eseguire per la chiesa di San Terenzo in Lerici un altare con
la Madonna, il Bambino e i santi (Alizeri, I, 1870, pp. 335, 336). La ricchezza dei documenti e la varietà delle
informazioni che essi conservano mettono in luce la polivalente attività dell’artista e l’importanza del ruolo
che egli svolse a Milano nella seconda metà del Quattrocento. Le sue attestate qualità di intagliatore ci
consentono di ritenere che alla sua mano spetti anche l’esecuzione della cornice scolpita che racchiude le
tavole dipinte del trittico del Poldi Pezzoli. In esse, già sfiorate dalla parlata foppesca nell’articolato profilo
della figura di San Sebastiano, affiorano cadenze che risentono non solo dei modi di Bonifacio e di
Benedetto Bembo, di cui un ricordo è avvertibile nella tipologia dell’angelo annunziante, ma anche della
cultura padovana.
Gli studiosi hanno inoltre sottolineato l’ispirazione «mediterranea» di quest’opera, riconoscendo nell’esile
grazia del dipinto e nella sua tersa gamma di colori echi della pittura fiamminga e di quella antonelliana qui
composte con una sintassi linguistica non dissimile da quella del «Maestro della Madonna Cagnola» o
supposto Zanetto Bugatto, sebbene in un’accezione meno cosmopolita e più modesta e artigianale.
L’autografia di Gottardo Scotti è stata giustamente riconosciuta da F. Malaguzzi Valeri (1902, pp. 217-218),
e dopo di lui da S. Monti (1902, p. 259), C.J. Ffoulkes e R. Malocchi (1909, p. 23, nota 3), T. Borenius
(Crowe - Cavalcaselle, 1912, p. 394, nota 1), P. Toesca ([1912],1966, p. 229, nota 4) e M. Salmi (1929-
1930, p. 395) in una tavola con forte carattere butinoniano della Collezione Cologna a Milano, raffigurante
sei episodi della Vita della Vergine. Da escludere è invece l’ascrizione al pittore del trittico con la Natività e i
Santi Ilaria e Stefano della chiesa parrocchiale a Casorate Sempione, a lui attribuito da G.C. Sciolla (1967,
p. 53, nota 3; ma da Malaguzzi Valeri, 1912, p. 48 proposto a Zanetto Bugatto o a Leonardo Ponzoni) e di
quattro tavole con l’Annunciazione, la Natività, la Strage degli innocenti e la Disputa di Cristo nel Tempio
(anch’esse in Collezione Cologna) riferite al pittore da M. Salmi (1929-1930, p. 395) ma caratterizzate da
forti accenti nordici e provenzali con una cadenza assai simile a quella del pittore piemontese Giovanni
Canavesio. Uno stile prossimo a quello di Gottardo Scotti rivela invece una pala con la Madonna in
adorazione del Bambino, sette santi e un donatore, nella chiesa parrocchiale a Sormano (Erba).
Va infine rilevato che la raffigurazione del leggio a braccio snodato innanzi al quale è inginocchiata la
Madonna pare piuttosto rara nella pittura lombarda contemporanea. Un modello identico figura in una
Annunciazione che corona un dossale dipinto ad affresco raffigurante la Madonna, il Bambino, quattro santi
e un donatore in San Giovanni Battista a Vespolate (Mortara); essa è dovuta ad un pittore legato alla
tradizione degli Zavattari, cui spettano egualmente gli affreschi dell’oratorio Mantegazza a Cascine Olona
(riprodotti in Mazzini, 1965, pp. 460-461, figg. 186-189: attribuiti dubitativamente a Gian Giacomo da Lodi).
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