4. le armi da tiro nella rocca di campiglia marittima. frecce
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4. le armi da tiro nella rocca di campiglia marittima. frecce
4. LE ARMI DA TIRO NELLA ROCCA DI CAMPIGLIA MARITTIMA. FRECCE PER ARCO E DARDI PER BALESTRA 1. ALCUNE CONSIDERAZIONI DI METODO Per costruire una tipologia delle punte per freccia o per dardo, basata non sulle sole diversità morfologiche, occorre tener conto anche degli aspetti funzionali delle punte stesse e quindi affrontare alcune considerazioni di natura strettamente tecnica e balistica. Nel periodo storico qui considerato (secc. XIV-XV) le armi da tiro o a corda erano utilizzate in tre diverse situazioni: la guerra, la caccia e l’esercitazione. In ognuno di questi casi occorreva utilizzare delle punte per le frecce o per i dardi con caratteristiche morfologiche e funzionali appropriate. Occorre tenere presente che l’arco e la balestra, come armi da caccia, possiedono un notevole potere vulnerante (capacità di procurare profonde ed ampie ferite), ma non hanno un elevato potere d’arresto, prerogativa questa delle armi da fuoco1. Per la caccia, dunque, occorreva utilizzare delle punte con una lama piatta di forma triangolare o a foglia con bordi taglienti. Punte di questo tipo sono testimoniate in vari siti europei e sono state ritrovate ad esempio nel castello di Rougier in Francia datate alla fine del secolo XIII; ma anche in Italia non mancano rinvenimenti di questi particolari tipi di punte2. Per i piccoli mammiferi ed i volatili si usavano preferibilmente delle punte con la cuspide appiattita (blunt), in grado di stordire senza penetrare, allo scopo di non danneggiare il pelo o il piumaggio; un esemplare simile a quello descritto proviene dal castello di Suffembergo (UD)3. In ambito militare, l’evoluzione delle punte era strettamente connessa ai continui miglioramenti apportati agli armamenti difensivi individuali4. Fin dal tardo-antico la punta da guerra più usata era quella 1 Cfr. PIGNONE, V ERCELLI 1992, p. 81. Vedi di seguito catalogo tipo K, Tav. I, n. 4. 3 Cfr. PIUZZI 1994, p. 99, fig. 1, sporadico e un esemplare ritrovato a Castel Delfino - Savona, MILANESE 1982, p. 96, n. 83, datato al XIII secolo. 4 Per l’evoluzione dell’armamento difensivo vedi: BOCCIA 1973, SCALINI 1990, SETTIA 1993, p. 141. allungata e sottile a sezione quadrangolare5(che sarà appunto chiamata “quadrello”, intendendo con questo termine tutto il dardo), in grado di penetrare tra gli anelli d’acciaio degli usberghi. Con il sempre più massiccio impiego di elementi protettivi in piastra nelle corazze, che si registra a partire dal terzo quarto del Trecento6, e il conseguente uso di balestre sempre più potenti, le punte tenderanno a farsi più tozze e robuste, eliminando in pratica quei restringimenti di cui necessitavano le punte del periodo precedente. Accanto alla caccia e alla guerra, l’esercitazione e l’addestramento costituivano un’attività non meno importante. Dal XII secolo in poi, all’uso delle armi erano tenuti ad addestrarsi tutti i cittadini, in particolare gli addetti alle armi da tiro dovevano mantenersi in efficienza con periodici allenamenti che spesso erano incentivati dalle autorità con l’istituzione di vere e proprie competizioni7. Una volta scagliata, era quasi impossibile estrarre una freccia da caccia o da guerra, data la forte penetrazione, dal legno del bersaglio senza danneggiarla o romperla; per questa pratica dunque occorreva impiegare delle punte dalla forma conica oppure ogivale a sezione rotonda, atte cioè a non penetrare eccessivamente nel legno per essere estratte con facilità ed essere reimpiegate successivamente. Oltre a queste differenze d’uso, le frecce da arco e i dardi da balestra hanno caratteristiche profondamente diverse dovute alle differenze intrinseche dei due strumenti e cercheremo di illustrarle. 2. ARCHI E FRECCE L’arco, fin dal suo comparire nella preistoria è stato sempre largamente utilizzato sia come arma da caccia, sia come arma da guerra in tutte le 2 5 6 7 FOSSATI, MURIALDO 1988 Cfr. SCALINI 1990, p. 174. Vedi SALVEMINI 1905, p. 31 e segg. 397 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale parti del mondo. Nel medioevo con il sorgere delle fanterie comunali ebbe un nuovo periodo di largo impiego che fu solo in parte superato dalla diffusione della balestra. Quest’arma , nella sua semplicità è una ‘macchina perfetta’ la cui realizzazione presuppone una serie di conoscenze empiriche sulle caratteristiche tecniche dei vari tipi di legno e un’indiscussa maestria nella costruzione, capacità queste che non dovevano essere rare in ambito rurale8 anche se non mancano notizie di costruttori d’archi residenti nei centri urbani come ad esempio a Firenze nella seconda meta del Duecento9. Gli archi utilizzati nel medioevo in Europa erano essenzialmente di due tipi: uno, che per comodità definiamo “ semplice” , realizzato da un unico pezzo di legno sapientemente rastremato dalla zona centrale (impugnatura) verso le estremità cui era applicata la corda. Per la realizzazione di questo tipo di arco si utilizzavano legni aventi fibre lunghe e compatte in grado di fornire la necessaria elasticità10 quale il tasso, il nocciolo e il sambuco11, ma anche ad esempio da specie arboree quali l’olmo, il frassino, l’acero ed il rovere si potevano ricavare discreti archi. Il tasso (taxus baccata) grazie alla sua capacità di immagazzinare energia elastica è sicuramente il miglior legno per realizzare archi, infatti i famosi archi lunghi (longbows) degli arcieri inglesi erano realizzati in questo materiale. Questo tipo di arma trovò una larga diffusione soprattutto nelle regioni del nord-Europa caratterizzate da clima più umido e freddo quali appunto l’Inghilterra e la Francia, ma contrariamente a quanto si crede non sembra che abbia avuto una vasta diffusione nella nostra penisola. I motivi di ciò sono da ricercarsi proprio nelle caratteristiche intrinseche del legno di tasso che conserva appunto le sue alte prestazioni con un clima umido e freddo ma tende a rompersi se impiegato in clima asciutto e caldo come è quello mediterraneo. L’altro tipo di arco che veniva utilizzato, è quello che oggi chiamiamo ricurvo (dall’accentuata cur- 8 Nel Libro di Montaperti (PAOLI 1899, p. 90) è citato un «… Teste filio Tebaldini de Podio Sancte Cecilie comitatum Senarum,…» che riceve da Comune di Firenze una paga di 50 soldi per un mese di lavoro come armaiolo per gli arcieri. 9 DAVIDSHON 1977, vol. IV, p. 43, nota 4, in cui si accenna a « numerosi costruttori d’archi residenti nel sesto del Duomo» (Necrologio di S. Reparata). 10 GORDON 1979, p. 63-66. 11 Questi legni sono mensionati come idonei per costruire archi e balestre nella trattatistica medievale e rinascimentale. Cfr. De Crescenzi (ed. 1987) e BONELLI CONENNA 1982. vatura di bracci o flettenti) o composito (dall’insieme dei materiali con cui veniva realizzato) Gli archi compositi di provenienza orientale erano sostanzialmente diversi dagli archi occidentali. Mentre quest’ultimi erano realizzati in un unico travetto di legno, gli archi compositi orientali erano costituiti da più pezzi di legno sapientemente assemblati tra loro; inoltre sul ventre dell’arco (viene chiamata così la parte rivolta verso l’arciere che, durante la trazione, è sottoposta a compressione) veniva applicata una lamina di corno. Sul dorso dell’arco (la parte verso il bersaglio) invece, sottoposto a tensione, il legno era rinforzato con uno strato compatto di tendini. Quest’insieme permetteva all’arco di rimanere armato anche per lungo tempo, senza rompersi o perdere di elasticità e potenza12 (Fig. 1). Questo particolare tipo di arco doveva avere una certa diffusione; infatti, stando alle numerose testimonianze iconografiche medievali risulta il tipo più raffigurato, mentre risulta assente almeno nello stesso periodo, l’arco lungo introdotto nel XIV sec. verosimilmente nella penisola italiana dai mercenari inglesi che militavano nelle varie compagnie di ventura13. Passando alle caratteristiche tecniche e balistiche dell’arco e delle frecce, occorre rilevare che un arciere per effettuare un tiro efficace deve porre il bersaglio, l’asta della freccia, le braccia e gli occhi su una linea ideale (linea di mira), ma al momento dello scocco, la corda tende a spingere la parte posteriore della freccia (cocca) verso il centro dell’arco, lanciando la freccia lungo una traiettoria divergente dalla linea ideale di mira (paradosso dell’arciere)14. Affinché la freccia non compia questa deviazione è necessario che, nell’istante in cui la corda trasmette tutta l’energia elastica immagazzinata dall’arco alla cocca, l’asta subisca una flessione. È necessario dunque utilizzare aste con un determinato grado di flessibilità (spine) che deve tener conto di alcune variabili quali: potenza dell’arco, altezza dell’arciere e peso della punta della freccia. Partendo da questi dati è ovvio che l’arciere deve utilizzare delle frecce identiche tra loro nel peso, nella lunghezza e nel grado di flessibilità. La cura con cui venivano realizzate le aste delle frecce è inoltre documentata anche del maggiore costo di quest’ultime rispetto alle aste per dardi per balestra che, essendo rigide, richiedevano una la12 Sull’argomento vedi in particolare: LATHAM, P ATERSON 1979, MCEWEN , MILLER, BERGMAN 1991, pp. 64-70 e schede in DE L UCA 2002, p. 60. 13 DE L UCA, FARINELLI 2003, p. 458. 14 PIGNONE, V ERCELLI 1992, p. 74. 398 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 1 – 1: longbow arco ricavato da un unico pezzo di legno, in genere di tasso. La caratteristica di questo tipo di arco è che doveva essere lungo quanto l’altezza dell’arciere più un pugno; 2: arco composito di tradizione orientale molto apprezzato per le sue particolari doti di robustezza anche nella penisola italiana. (MCEWEN, MILLER, BERGMAN 1991, pp. 64-70). vorazione più standardizzata15. Le punte per frecce da arco ritrovate a Campiglia, hanno un peso che varia tra i 2,5 e i 27 grammi con un diametro della gorbia che va dai 7 agli 11 millimetri, e ciò indica che si utilizzavano archi diversi, alcuni dei quali particolarmente potenti. 3. BALESTRE E DARDI Il successo incontrato dalla balestra, fin dal suo affermarsi nel mondo occidentale, agli inizi dei secoli XI-XII (ma sarebbe più corretto parlare di un ‘riaffermarsi’ poiché essa era già nota nel mondo romano), si deve ad alcune caratteristiche fondamentali che ne facevano un’arma indiscutibilmente più efficace del semplice arco di legno usato in quel periodo nel mondo occidentale. La balestra possiede una frequenza di tiro indubbiamente più lenta dell’arco, ma rispetto a quest’ultimo essa è notevolmente più potente, più precisa e, aspetto non meno importante, richiede un tempo d’addestramento minore rispetto a quello necessario per l’uso dell’arco. Da un punto di vista puramente tecnico, la balestra è una geniale evoluzione dell’arco (Fig. 2). Il fatto di montare un arco in posizione orizzontale su un fusto (teniere) e di bloccare la corda ad un dispositivo di scatto (noce) di fatto scom- 15 DE LUCA, FARINELLI 2003, p. 466. pone l’azione del tiro in tre fasi: trazione, mira e sgancio. Ciò permette al balestriere di prestare il dovuto impegno su ognuna di queste azioni; mentre un arciere deve fare tutto in un’unica manovra. È quindi facile intuire che un discreto arciere, tale almeno da essere impiegato in operazioni belliche, necessitava di un lungo periodo d’addestramento nonché di un costante allenamento; addestramento ed allenamento che per l’uso della balestra erano invece sensibilmente ridotti, facilitando così la creazione di contingenti di balestrieri abbastanza numerosi. La balestra così si diffuse nelle città italiane; basti pensare a Genova che vide la bravura dei suoi balestrieri riconosciuta in tutta Europa a Venezia cui i balestrieri, imbarcati sulle navi, fornirono un contributo decisivo alla sua affermazione sul mare16. Firenze, per citare in altro esempio, nel 1358, schierò a protezione del valico appenninico dello Strale ben 3000 balestrieri17 e ancora all’indomani del tumulto dei Ciompi il governo popolare in soli due giorni organizzò una milizia di 1000 balestrieri18. Il tiro utile della balestra era notevole: a Lucca nel 1443 venne fissata una distanza di CXX passus (ca. m 88) per le gare di tiro, ma un tiro utile di circa 100 metri almeno nel XV secolo 16 Sull’argomento si veda in particolare il saggio di F. LANE, La balestra e la rivoluzione nautica del medioevo, in LANE 1983. 17 PIRILLO 1998, p. 271. 18 SALVEMINI 1905, p. 163. 399 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 2 – Le parti della balestra: 1. staffa; 2. arco; 3. noce; 4. teniere; 5. leva di scatto. Fig. 3 – Paolo Uccello (1436), Rotta di San Romano, (Londra, National Gallery); particolare. 400 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale doveva essere la norma19. Inoltre a Firenze si raccomandava la costruzione lungo le mura di una torre rompi-tratta ogni CC braccia (ca. m 117), che evidentemente corrispondeva alla distanza coperta delle grosse balestre da postazione della prima metà del Trecento20. Queste distanze ci permettono di trarre alcune considerazioni circa la Rocca di Campiglia nel XIV secolo; dal suo interno un esiguo gruppo di soldati (per l’esattezza un sergente e tre soldati) teneva tranquillamente sotto tiro sia le porte poste nelle vicinanze, distanti da essa 90-100 metri, sia l’intero tratto di mura posto alle spalle della rocca, distante 50-60 metri. Nella documentazione scritta di età medievale sono ricordati vari tipi di balestra: balestre grosse, a staffa, a leva, a torno, a girella, a due piedi tali denominazioni fanno riferimento alle dimensioni e ai vari dispositivi di armamento. Quindi si utilizzavano contemporaneamente tipi di balestre molto differenziate tra loro sia nelle dimensioni, sia nella potenza. Ovvio che ogni tipo di balestra doveva utilizzare dei dardi idonei nel peso e nella lunghezza. La grande varietà di punte di dardi provenienti dai siti archeologici, che si differenziano tra loro per le dimensioni, i diametri delle gorbie e per il peso, più che per le differenze morfologiche, è dovuta proprio a questa vasta eterogeneità dei tipi di balestra. La cosa può sembrare poco razionale, ma d’altro canto bisogna tenere presente che la necessità di standardizzare il munizionamento delle armi da tiro non era avvertita come una priorità21. Le balestre più piccole, più maneggevoli venivano armate utilizzando un crocco (Figg. 3 e 7) appeso alla cintura o una leva, mentre per i tipi più grandi e potenti (balestra grossa) che venivano caricate utilizzando un arganello (torno) con due o più coppie di ruote22. Il dardo della balestra è formato da un’asta di legno lunga 30-40 centimetri, ma poteva essere anche di dimensioni maggiori23. La parte posteriore, subito al di sotto delle alette24, era assottigliata lateralmente fino ad incastrarsi perfettamente nella fessura perpendicolare della noce. È opportuno tenere presente che l’altezza della fessura corrispondeva all’incirca al diametro dei dardi impiegati25. A tutt’oggi risulta abbastanza difficile stabilire se una punta con un diametro della gorbia inferiore ai 10-11 mm sia stata utilizzata con una freccia da arco o un dardo da balestra. È molto plausibile che stessi tipi di punta fossero compatibili sia per arco sia per balestra, almeno sino alla fine del XIII secolo- inizi del successivo. Il termine “ quadrellum” molto utilizzato proprio in questo periodo si riferisce ad un tipo di punta a sezione quadrata simile al tipo B1 (Tav. I n. 4 del nostro catalogo) relativo ad una freccia da arco. Il termine poi sarà stato utilizzato per indicare genericamente i dardi da balestra, almeno fino agli anni trenta primi decenni del Trecento quando ad esso si affiancherà guirrettone26. Con questo termine evidentemente si voleva indicare una punta sostanzialmente diversa dai tipi usati fino allora. Infatti, proprio in questi primi decenni del Trecento si diffonde un tipo di punta da balestra costituito da una corta e massiccia cuspide a sezione triangolare e da una lungo corpo conico che corrisponde al tipo R del nostro catalogo (Fig. 4). Punte sicuramente da balestra con la cuspide a sezione quadrata sono state rinvenute anche nella vicina Rocca San Silvestro27. A partire dai primi decenni del Trecento si registra un forte incremento dell’uso della balestra, dovuto probabilmente alle continue migliorie apportate sia all’arma sia ai vari meccanismi di caricamento. Il torno ad esempio, gia conosciuto ed utilizzato nel secolo precedente, dove sembra relegato però esclusivamente all’uso delle balestre grosse, ora probabilmente risulta essere uno strumento in grado di sviluppare maggiore potenza e la tempo stesso le sue dimensioni risultano notevolmente contenute almeno da essere trasportato dallo stesso balestriere. Sempre in questi primi decenni del secolo sembra comparire l’uso dell’arco di acciaio, ma si preferiva 19 SCALINI 1996b, p. 200. LUISI 1996, p. 36. 21 Ad esempio nel campo delle artiglierie, nonostante il loro rapido diffondersi dal basso medioevo in poi, i primi tentativi (tutt’altro che efficienti) di uniformare i calibri dei cannoni si avranno verso la metà del Cinquecento. (vedi CIPOLLA 2000, p. 15 e nota 22). 22 Per una definizione della terminologia relativa ai vari tipi di balestra vedi DE L UCA, FARINELLI 2002, p. 23 Durante l’indagine archeologica della Rocca posteriore sul monte Ingino di Gubbio (WHITEHOUSE 1987, p. 70, fig. 37, n. 222) è stata recuperata una punta simile alla n. 15 con parte dell’asta di legno peraltro incompleta della parte posteriore; la porzione di asta conservata misura cm 45,8 con un diametro di cm 1,1. 20 24 Nel dardo da balestra, le alette, che servono a stabilizzare il volo sono due (mentre nelle frecce per arco in genere sono tre). Di solito erano ricavate dalle penne di volatili quali oche, ma potevano essere anche di cuoio o in legno. 25 Noci di balestra sono stati rinvenuti in diversi scavi, in particolare un noce ricavata da un corno di cervo rinvenuta a Casteldipietra (GR) ha una tacca di circa 8 millimetri. (vedi DE LUCA, FARINELLI 2002, p. 478, tav. III, n. 1. 26 DE LUCA, FARINELLI 2003, p. 465. 27 Tre di queste punte da balestre provenienti da strati della prima metà del XIV secolo sono attualmente esposti al Museo del Temperino all’interno del Parco Archeominerario di Rocca San Silvestro – Campiglia Marittima (LI). 401 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 4 – Ricostruzione di due “ guirrettoni” : uno con impennatura naturale e l’altro con le alette in legno. Le punte, riproduzioni del tipo R, sono state eseguite da Fabio Gonnella, mentre le parti in legno e le impennature sono di Daniele De Luca. I due esemplari sono esposti al Museo di Campiglia. Fig. 5 – Disegno ricostruttivo di una corazzina, sulla base delle piastre rinvenute nella Rocca di Campiglia (vedi contributo Scalini402 in questo stesso volume). © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale montare sulle balestre l’arco composito che era altrettanto potente e al tempo stesso era molto più affidabile. Le balestre con gli archi d’acciaio diventeranno di uso comune solo nella seconda metà del XV secolo-primi decenni del XVI28. Ciò è dimostrato ad esempio dall’affresco raffigurante la battaglia di Punta Salvore di Spinello Aretino (Siena, Palazzo Pubblico, Sala di Balia) dove sono rappresentate numerose balestre con l’arco di legno29 (Fig. 5). Anche nella grande tavola della Rotta di San Romano dipinta da Paolo Uccello (conservata alla Galleria degli Uffizi) realizzata nel 1436 (Fig. 6), in cui sono raffigurate numerose balestre, tutte montano chiaramente archi compositi in legno (lo strato rosso con cui è dipinto l’esterno dell’arco potrebbe rappresentare la pergamena che ricopriva lo strato di tendine e colla). Mentre nella tavola raffigurante il martirio di San Sebastiano di Antonio e Piero del Pollaiolo (esposta alla National Gallery di Londra e realizzata intorno al 1475) gli archi delle balestre sono d’acciaio (Fig. 7). Di solito i dardi erano conservati in mazzi come nel caso della Rocca di Montemassi (… .ancho tre mazi di guirrettoni, …quatro mazi di guirrettoni… ) o in casse, come ad esempio nella camera del Comune di Siena (ma potevano essere conservate anche le punte, ferri di guirrettoni, separate dalle aste, guirrettoni sferrati).30 Oppure si conservavano direttamente all’interno di faretre, come nel caso della Rocca di Montefiascone31. 4. I REPERTI DI CAMPIGLIA Nel corso dell’indagine archeologica nella Rocca di Campiglia sono state rinvenute 560 punte di ferro relative a dardi o frecce, tutte in pessi- 28 I due tipi di arco sono stati utilizzati almeno fino alla fine del XV secolo indistintamente. Anzi con la stagione fredda si preferiva impiegare l’arco composito in legno che dava più garanzie. Sull’argomento vedi BOCCIA 1996, p. 200 e SCALINI 1996b, p. 200. 29 L’affresco di Spinello Aretino datato ai primissimi del Quattrocento (1406) è di notevole interesse oltre che per le armi da tiro rappresentate, anche per i tipi di equipaggiamenti difensivi indossati dagli armati, infatti si riconoscono bacinetti e corazzine abbastanza simili a quelli rinvenuti (datati alla seconda metà del XIV secolo) nello scavo della Rocca di Campiglia ( vedi anche il contributo di Scalini in questo stesso volume). 30 ASCHERI , C IAMPOLI 1990, p.56 e segg. 31 ...15 carcassios de corio plenos kadrellis…in .LANCONELLI 1999, p. 336, appendice 2, Armi e munizioni esistenti nella Rocca di Montefiascone “ infra cameram habitationis thesaurarii” (coll. 174, c. 36v.). mo stato di conservazione, tanto che in molti casi il totale degrado del ferro ha alterato le forme e le misure delle singole punte rendendone difficile se non impossibile l’identificazione. Il presente studio si limita all’analisi delle 277 punte più leggibili che sono state anche parzialmente restaurate (31 di esse completamente restaurate, sono attualmente esposte al museo di Campiglia). Delle punte prese in esame abbiamo fornito oltre alle consuete misure (lunghezza, diametro gorbia) anche il peso, pur con la consapevolezza che la corrosione ne abbia alterato il valore. Il peso, infatti, è un elemento fondamentale per la distinzione tipologica e funzionale delle punte stesse e poiché quelle da noi considerate provengono in maggioranza da un unico contesto (vedi infra) si stima che abbiano subito un degrado analogo e quindi alla fine abbiamo di nuovo, valori di peso paragonabili. CATALOGO PUNTE DA ESERCITAZIONE Tipo A n. 1. Punta di freccia per arco di forma conica con cuspide a sezione circolare non distinta dalla gorbia. Dimensioni: lu. mm 36, diametro gorbia mm 9, peso g. 2,5. US 1044, periodo IV, fase 2, attività 3. Datazione: seconda metà del secolo XIV. Confronti: vedi scheda n. 2. n. 2. Punta di freccia per arco di forma conica con cuspide a sezione circolare non distinta dalla gorbia. Dimensioni: lu. mm 49, diametro gorbia mm 11, peso g. 7,7 US 1043, periodo IV, fase 2, attività 3 Datazione: seconda metà del secolo XIV Confronti: MILANESE 1982 (Castel Delfino – SV), p.101, tav. VIII, n. 142, (sec. XIII); PIUZZI 1984 (Flagona), p. 37, n. 63, (secc. XIII – XIV); HALBOUT, PILET, VAUDOUR 1987 (Normandia), p. 219, n. 289, (metà del sec. XIV); PIUZZI 1987 (Montereale Valcellina – PD), p. 142, n. 6, (seconda metà del sec. XV); AMICI 1989 ( Ripafratta – PI), p. 461, tav. XV, nn. 10-12, (sec. XIV); GAMBARO 1990 (Zignago – SP), p. 389, tav. IX, n. 13, (inizi XIV sec.); JESSOP 1996 (Gran Bretagna), p. 194, fig. I, tipo MP9, (secc. XII- XV). Il tipo A si riferisce sicuramente a punte di frecce per esercitazioni; la loro forma conica, infatti, non consente una forte penetrazione nei bersagli e di conseguenza ne facilita il recupero. Come si vede dai confronti bibliografici, punte di frecce analoghe alle nostre sono state trovate un po’ in tutta Europa e sono datate tra il XIII e il XIV secolo. 403 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 6 – Paolo Uccello (1436), Rotta di San Romano, (Firenze, Galleria degli Uffizi); particolare. MP 10 (XVI sec.). Unico esemplare nello scavo, non sembra trovare particolari confronti (salvo un esemplare conservato al London Museum); la morfologia che consente una scarsa penetrazione lo rende particolarmente adatto ad essere utilizzato in tiri d’allenamento. PUNTE DA CACCIA Tipo K Fig. 7 – Antonio e Piero del Pollaiolo (1475), Martirio di San Sebastiano, (Londra, National Gallery); particolare. Tipo E n. 3. Punta di dardo da balestra di forma ogivale con cuspide triangolare appena accennata, non distinta dalla gorbia. Dimensioni: lu. mm 51, diametro gorbia mm 15, peso g. 15,1. US 1040, periodo V, fase 1, attività 2. Datazione: seconda metà del secolo XIV. Confronti: Medieval Catalogue 1940, p. 66, fig. 16, n. 5; JESSOP 1996 (Gran Bretagna), p. 194, fig. I, n. n. 4. Punta di freccia per arco con lunga cuspide lanceolata a sezione romboidale schiacciata, bordi taglienti, gorbia tronco-conica. Dimensioni: lu. mm 105, diametro gorbia mm 13, peso g. 27. USM 110: proviene da una nicchia dell’edificio A Datazione: post. XII sec. Confronti: Medieval Catalogue 1940 1993, p. 69, fig. 17, nn. 1-5 (sec. XIII); DÉMIANS D’ARCHIMBAUD 1980 (Rougiers), p. 446, fig. 426, n. 2. (fine del sec. XIII); CORTELLAZZO 1991 (Montaldo di Mondovì), p. 204, fig. 113, n. 3 (sec. XIII); FAVIA 1992 (Castel di Zuccola – UD), p. 266, tav. 7, n. 11, ( secc. XIII-XIV); SOGLIANI 1995 (Montale e Gorzano – MO), p. 102, n. 157, (secc. XII - XIII); LEBOLE DI GANGI 1999, (Trino – VC), p. 405, fig. 157, n. 81, (secc. X-XIII); Rocca S. Silvestro – LI, inedito, US 9415, esemplare simile (prima metà del secolo XIV). Questo tipo di punta può essere stato utilizzato per usi bellici, almeno nei secc. XII-XIII, ma difficilmente sarà stato impiegato per tali scopi nei secoli successivi. Sembra più probabile un suo impiego nella caccia, dove è particolarmente efficace con- 404 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Tav. I – Punte per freccia da arco (nn. 1, 2, 4, 5); punte per dardo da balestra (6-12). tro prede di grandi dimensioni, ad esempio ungulati di cui il territorio di Campiglia Marittima ancora alla metà del Cinquecento era particolarmente ricco: « Oltre ai lupi, i cervi costituivano una minaccia continua per le campagne coltivate ed anche contro questi animali i campigliesi dovettero difendersi» 32. 32 PAZZAGLI 1990, p. 55. PUNTE PER USO BELLICO Tipo S n. 5. Punta di freccia per arco o per balestra con corta cuspide bipiramidale a sezione quadrata, gorbia conica separata dalla cuspide da un accentuato restringimento. Dimensioni: lu. mm 40, diametro gorbia mm 7, peso g. 3,6 US 4132, periodo II, fase 2, attività 33. 405 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Datazione: seconda metà secolo XII. Confronti: MEYER 1976 (Bellinzona), p. 103, fig. 50, Tipo. K3, (secc. XI-XII). PIUZZI 1987 (Montereale Valcellina – PD), p. 143, tav. I n. 3, (sec. XV); DE MARCHI 1996 (Canton Ticino), p. 197, tav. II, n. 3, (sec. XIII-XIV); MOLINARI 1997 (Segesta – TP), p. 168, fig. 190, nn. I.3b e I.3c.; DE LUCA 2000 (Montemassi – GR), p. 218, tav. I, n. 8 (secc. XV-XVI). L’esemplare ritrovato a Montereale Valcellina (PD), datato al XV secolo, rappresenta un caso poiché la punta è stata rinvenuta accanto ad una moneta che presenta un foro quadrangolare ottenuto proprio dalla punta in questione. Questo fatto può essere indicativo dell’abilità degli arcieri o balestrieri del periodo. Tipo B1 n. 6. Punta di freccia per arco con cuspide bipiramidale a sezione quadrata distinta dalla gorbia conica da un restringimento. Parte della cuspide non conservata. Dimensioni: lu. mm 82, diametro gorbia mm 11, peso g. 18,8 US 1051, periodo III, fase 2 Datazione: XIII secolo. Confronti: FOSSATI, MURIALDO 1988 (S. Antonino di Perti – SV), p. 383, tav. XVIII, nn. 6-8, (sec. VII); SOGLIANI 1995 (Montale e Gorzano – MO) (con esaustiva bibliografia), p. 104, n. 171 (secc. XIII-XIV); DE MARCHI 1996 (Canton Ticino), p.197, tav. II, n. 4 (secc. XIII-XV); MOLINARI 1997 (Segesta – TP), p. 168, fig. 190, n. 1.3a (metà sec. XIII-XIV); JESSOP 1996 (Gran Bretagna), p. 194, fig. 1, n. M8 (metà sec. XIII- XV); DE LUCA 2000 (Montemassi – GR), p. 218, tav. I, nn. 5-13 (fine sec. XIII-prima metà del XIV secolo). BELLI 2002, (Castel di Pietra – Gr.) p. 146, Tav. 11, Tipo 2b, (fine del XIV secolo).DE LUCA, FARINELLI 2002, (Rocchette Pannocchieschi – Massa Marittima GR), p. 474, tav. I, n. 2, (metà del XIV secolo). L’esemplare n. 4 rappresenta uno dei tipi per uso bellico più diffusi in Europa; la lunga cuspide a sezione quadrata (bodkin) la rende particolarmente idonea a penetrare attraverso le maglie delle cotte di ferro. Questo tipo di punta era già utilizzato nel tardo-antico (MURIALDO, FOSSATI 1988) ed è stato impiegato fino al tutto il XIII secolo per poi scomparire nel corso dei primi decenni del successivo, quando il maggiore impiego d’elementi in piastra nell’armamento difensivo lo renderà inefficace. Tipo C1 n. 7. Punta di dardo con breve cuspide a sezione triangolare non distinta dalla gorbia cilindrica. Dimensioni: lu. mm 86, diametro gorbia mm 17, peso g. 38,9. US 1040, periodo V, fase 1, attività 2. Datazione: seconda metà del secolo XIV. Il tipo C, inedito, di notevoli dimensioni, era sicuramente utilizzato con potenti balestre da postazione. Tipo C2 n. 8. Punta di dardo con breve cuspide a sezione triangolare non distinta dalla gorbia cilindrica. Dimensioni: lu. mm 72, diametro gorbia mm 14, peso g. 21,5 US 1040, periodo V, fase 1. Datazione: seconda metà del secolo XIV. Confronti: PIPONNIER 1984 (Brucato – PA), p. 548, pl. 84, nn. 12.3.21, dataa alla fine del XIII-inizi XIV secolo. Tipo C3 n. 9. Punta di dardo da balestra con breve cuspide a sezione triangolare non distinta dalla gorbia leggermente conica Dimensioni: lu. mm 69, diametro gorbia mm 14, peso g. 17,1 US 1040, periodo V, fase 1, attività 2. Datazione: seconda metà del secolo XIV Confronti: PIPONNIER 1984 (Brucato – PA), p. 548, Pl. 84, n. 12.3.21 (fine del XIII-inizi del XIV secolo). DE LUCA, FARINELLI 2002, (Campiglia Marittima – LI.), p. 476, tav. II, n. 17, ( seconda metà del XIV secolo). Le misure del tipo C1 variano da una lunghezza minima di mm. 55 fino a mm. 80; il diametro della gorbia oscilla tra i 10 e 17 millimetri mentre il peso va dai 13,8 grammi ai 25,8. Tipo C4 n. 10. Punta di dardo con corta cuspide piramidale a sezione triangolare non distinta dalla gorbia conica. Dimensioni: lu. mm 75, diametro gorbia mm 17, peso g. 23,8. US 1040, periodo V, fase 1, attività 2. Datazione: seconda metà del secolo XIV. Questo esemplare è abbastanza simile al tipo C1, ma differisce da questo per la forma della gorbia conica. Vale quanto è stato detto per il tipo, anche se in questo caso la particolarità della forma conica riduce notevolmente la sua capacità di penetrazione. Le misure sono molto variabili. n. 11. Punta di dardo da balestra con corta cuspide piramidale a sezione triangolare non distinta dalla gorbia conica. Dimensioni: lu. mm 70, diametro gorbia mm 17, peso g. 24,5 US 1040, periodo V, fase 1, attività 2 Datazione: seconda metà del secolo XIV Vedi n. 9 Tipo D n. 12. Punta di dardo do balestra con cuspide accuminata a sezione triangolare, gorbia conica: Dimensioni: lu. mm 63, diametro gorbia mm 15, peso g. 15,6. US 1040, periodo V, fase 1, attività 2. Datazione: seconda metà del secolo XIV Confronti: PIPONNIER 1984 (Brucato – PA), p. 548, Pl. 84, n. 12.3.23 - 26 (fine del XIII-inizi del XIV secolo.) BELLI 2002, (Castel di Pietra – Gr.) p.146, Tav. 11, Tipi 6-7, ( secolo XIV-fine dello stesso). 406 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Tipo F Tipo T1 n. 13. Punta di dardo da balestra con cuspide piramidale a sezione triangolare distinta dalla gorbia da un lieve restringimento. Gorbia conica e leggermente rastremata. Dimensioni: lu. mm 70, diametro gorbia mm 9, peso g. 21,8. US 1040, periodo V, fase 1, attività 2 Datazione: seconda metà del secolo XV Confronti: PIPONNIER 1984 (Brucato – PA), p. 54 8, pl. 84, n. 12.3.17 ( fine del sec. XIII-metà del XIV). n. 17. Punta di dardo per balestra con cuspide corta e massiccia a forma piramidale con sezione triangolare nella parte superiore e tronco-conica nella parte inferiore; la separazione tra la cuspide e la gorbia è caratterizzata da un restringimento. Dimensioni: lu. mm 69, diametro gorbia mm 18, peso g. 18,3. US 1040, periodo V, fase 1, attività 2. Datazione: sec. XV. Confronti: AMICI 1989, (Ripafratta – PI) p. 108, n. 284, (secc. XIV-XV); CORTELLAZZO 1991 (Montalto di Mondovì – CN), p. 205, fig. 113, n. 25 (secc. XV-XVI). n. 14. Punta di dardo da balestra con cuspide piramidale a sezione triangolare distinta dalla gorbia da un lieve restringimento. Gorbia conica e leggermente rastremata. Dimensioni: lu. mm 70, diametro gorbia mm 16, peso g. 16,7 US 1040, periodo V, fase 1, attività 2 Datazione: seconda metà del secolo XV Confronti: vedi n. 13 Si tratta di punte robuste di non grandi dimensioni, destinate senz’altro all’uso militare, la cui forma insolita sembrerebbe indicare una produzione molto accurata con caratteristiche sostanzialmente simili ai tipi B e C. Fino ad oggi è stato possibile individuare un solo confronto abbastanza attendibile proveniente dallo scavo dell’insediamento di Brucato in Sicilia. Tipo G1 n. 15. Punta di dardo per balestra con cuspide bipiramidale a sezione quadrangolare distinta dalla gorbia, conica, da un restringimento. Dimensioni: lu. mm 69, diametro gorbia mm 15, peso g. 24,2. US 1040, periodo V, fase 2, attività 2. Datazione: seconda metà del XIV secolo. Non ci sono precisi confronti per questo tipo; la sua forma, piuttosto tozza, e la cuspide non eccessivamente appuntita sono da mettere in relazione alla grande potenza raggiunta dalle balestre sul finire del Trecento, quando lo sviluppo delle armature, ormai tendenti a ricoprire interamente il corpo, rendeva inutilizzabili le punte molto acuminate; a queste ultime erano preferite robuste e tozze punte, in grado di non piegarsi. Tipo G2 n. 16. Punta di dardo per balestra con breve cuspide piramidale a sezione quadrangolare poco appuntita, distinta dalla gorbia, conica, da un lieve restringimento. Dimensioni: lu. mm 68, diametro gorbia mm 16, peso g. 25,8 US 4032, Datazione: Confronti: AMICI 1989, (Ripafratta-Pisa) p. nn. 283 e 285 datati al XIII secolo Questo tipo di punta assomiglia concettualmente al tipo C, da cui si differenzia per la breve e poca appuntita cuspide a sezione quadrata. Essa trova precisi confronti con punte analoghe rinvenute nello scavo del castello di Ripafratta-Pisa. Tipo T2 n. 18. Punta di dardo da balestra con corta e massiccia cuspide a forma piramidale a sezione triangolare nella parte superiore e tronco-conica nella parte inferiore; la separazione tra la cuspide e la gorbia è caratterizzata da un restringimento. Dimensioni: lu. mm 86, diametro gorbia mm 19, peso g. 27. US 1040, periodo V, fase, attività 2. Datazione: seconda metà del XIV secolo. Confronti: AMICI 1989, (Ripafratta – PI): p. 108, n. 284 (secc. XIV-XV); CORTELLAZZO 1991 (Montaldo di Mondovì CN), p. 205, fig. 113, n. 25 (secc.XV-XVI). Il tipo T, nelle due varianti T1 e T2 sulla base della diversa lunghezza, è di difficile interpretazione poiché la forma, con forte restringimento dopo la cuspide, farebbe pensare ad una punta adatta ad una forte penetrazione, ma la corta cuspide piramidale molto schiacciata sembra poco idonea per quest’uso. Tipo L n. 19. Punta di dardo per balestra con piccola cuspide piramidale a sezione quadrata ben distinta dalla gorbia. Dimensioni: lu. mm 94, diametro gorbia mm 15, peso g. 21,3 US 1040, periodo V, fase 2, attività 2 Datazione: seconda metà del XV secolo Confronti: non evidenziati Tipo M n. 20. Punta di dardo per balestra con piccola cuspide piramidale a sezione triangolare leggermente distinta dalla gorbia. Dimensioni: lu. mm. 87, diametro gorbia mm. 11, peso g. 26,8. US 1040, periodo V, fase 2, attività 2. Datazione: seconda metà del XV secolo. Confronti: DÉMIANS D’ARCHIMBAUD 1980, (Rougiers – Francia) p. 446, fig. 426, n. 34 (sec. XIV-inizi del XV); PIPONNIER 1984, (Brucato – PA), p, 548, pl. 84, n. 12.3.22 (fine sec. XIII-metà del XIV secolo); RIGOBELLO 1986, (Torretta – VR), p. 118, tav. XI, n. 9 (sec. XIV); CORTELLAZZO 1991 (Montaldo di Mondovì – CN), p. 205, fig. 113, n. 24 ( seconda metà del XVI); AMICI 1990, p. 108, n. 294 (secc. XIV-XV); FAVIA 1994, p. 61, tav. II, n. 9/74 (secc. XII-XV). 407 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Tav. II – Punte per dardo da balestra. Tipo R1 Il tipo R, nelle sue varianti dimensionali R1, R2, R3, è il più attestato nella Rocca di Campiglia. Il sottotipo R1, (Lunghezza compresa tra i mm 61-79, con un diametro di mm 11-14) utilizzato probabilmente con balestre leggere, armate utilizzando un semplice crocco, è sicuramente il tipo di punta da dardo più diffuso in Europa ed in Italia dalla fine del secolo XIII secolo a tutto il successivo; rappresenta un’evoluzione del tipo a cuspide a sezione bipiramidale diffuso nel XIII secolo (quadrellum) e ne rappresenta un miglioramento funzionale, in relazione sia al potenziamento dell’armamento difensivo sia al progressivo miglioramento tecnico delle balestre. Queste ultime, infatti, diventano sempre più potenti anche grazie all’uso di strumenti (crocchi, torni) che permettevano di armare balestre fornite d’archi sempre più molto robusti. 408 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale n. 21. Punta di dardo da balestra con cuspide piramidale corta e massiccia a sezione triangolare ben distinta dalla gorbia da una strozzatura. La gorbia è conica e molto allungata. Dimensioni: lu. mm 73, diametro gorbia mm 16, peso g. 19,6. US 1040, periodo IV, fase 2, attività 3. Datazione: seconda metà del XIV sec. Confronti: SOGLIANI 1991, p. 196, tav. XLII, n. 1 (datati alla fine XIII-inizi XIV secolo); SOGLIANI 1995 (Montale e Gorzano – MO, con estesa bibliografia sui ritrovamenti pubblicati precedentemente), n. 183, p. 106 (secc. XIV-XV); DE MARCHI 1996, tav. II, n. 1, p. 197 (secc. XIII-XV); DE LUCA 2000 (Montemassi – GR), tav. I, p. 218, n. 1, (sec. XIV). BELLI 2002, (Castel di Pietra – Gr.) p. 146, Tav. 11, Tipo 5, (secolo XIV). ). DE LUCA FARINELLI 2002 (,Rocchette Pannocchieschi – Massa M. GR) p.474, tav. I, nn. 7/8 datati a XIV secolo e (Campiglia Marittima - LI.), p. 476, tav. II, nn. 18-20 ( seconda metà del XIV secolo). Tipo R2 Lunghezza compresa tra i mm (83-95, con un diametro della gorbia fino a mm 17) n. 22. Punta di dardo da balestra con cuspide piramidale corta e massiccia a sezione triangolare ben distinta dalla gorbia da una strozzatura. La gorbia è conica e molto allungata. Dimensioni: lu. mm 88, diametro gorbia mm 15, peso g. 34. US 1040, periodo V, fase 1, attività 2. Datazione: XV secolo. Confronti: vedi scheda n. 21. n. 23. Punta di dardo da balestra con cuspide piramidale corta e massiccia a sezione triangolare ben distinta dalla gorbia da una strozzatura. La gorbia è conica e molto allungata. Dimensioni: lu. mm 94, diametro gorbia mm 15, peso g. 23,4. US 1040, periodo V, fase 1, attività 2. Datazione: seconda metà del XV secolo. Confronti: vedi scheda 21. In particolare vedi le punte simili rinvenute a Rocca San Silvestro in FRANCOVICH et alii 1985, p. 355, tav. II, nn. 11-13 datati alla seconda metà del XIV secolo. Tipo R3 n. 24. Punta di dardo da balestra con cuspide piramidale corta e massiccia a sezione triangolare ben distinta dalla gorbia da una strozzatura. La gorbia, conica e molto allungata. Dimensioni: lu. mm 88, diametro gorbia mm 18, peso g. 31,2. US 1040, periodo V, fase 1, attività 2. Datazione: seconda metà del XV secolo. Confronti: vedi scheda n. 21 e seguenti in particolare SOGLIANI 1991 (Lugo) p. 196, tav. XLII, n. 14 (secc. XIV-XV). 5. CONCLUSIONI Dall’analisi dei reperti si possono trarre dati significativi. Il primo di questi dati è rappresentato dalla scarsa attestazione dell’attività venatoria, e ciò sembra concordare con quanto emerso dall’analisi dei reperti faunistici. Occorre però tener presente alcune considerazioni: i materiali rinvenuti nello scavo consistono, in maggioranza, in oggetti che erano conservati all’interno della Rocca e questo riguarda anche le armi che possono essere interpretate, dal dominio pisano in poi, come la dotazione (in quantità significative) delle varie guarnigioni di stanza nella Rocca stessa. Le armi da caccia invece erano probabilmente di proprietà dei singoli soldati, ciascuno dei quali poteva avere un arco e una decina di frecce al massimo, destinati a questo scopo. Inoltre, le poche frecce per arco e le relative punte possono essere state portate via, come patrimonio personale, ogni volta che una guarnigione abbandonava la rocca. Va poi aggiunto che mentre per le armi e i proiettili si formavano dei consistenti depositi dentro le rocche ed altri proiettili potevano depositarsi all’interno o nei pressi delle fortificazioni in episodi bellici, le punte da caccia, già in numero più esiguo di quelle da guerra, erano utilizzate e disperse nei boschi. Ci sono poi quattro punte (tre da arco una da balestra) di forma conica-ogivale che testimonia pratiche di tiro per allenamento all’interno della rocca. Le esercitazioni al tiro, insieme con altri esercizi di maneggio dei vari tipi d’armi, rientravano nelle normali attività sostenute dai soldati che presidiavano la rocca e ciò sembra confermato indirettamente da un graffito della lastra d’ardesia rinvenuta nel fondo cieco (vedi contributo di G. Bianchi in questo stesso volume); qui sono raffigurati alcuni arcieri e balestrieri nell’atto di scagliare frecce verso una torre, ma sullo sfondo è rappresentato un oggetto di forma rotonda montato su una sorta di cavalletto, interpretabile sicuramente come bersaglio per gli allenamenti al tiro degli arcieri. Ben 520 punte sono state recuperate negli strati situati all’interno del fondo cieco della torre B, insieme con altri oggetti frammentari di metallo, relativi a resti d’armamenti difensivi (vedi contributo di Scalini in questo volume). Il ritrovamento di un così cospicuo numero di punte non è comune negli scavi archeologici, ma è in ogni caso ben spiegabile se si pensa che esse facevano parte, in quantità ben più consistenti ed insieme alle balestre ed altri tipi d’armi, della normale dotazione presente all’interno dei fortilizi, come attestano inventari 409 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale del XIV e XV secolo33. Resta da spiegare perché un così alto numero di punte sia finito all’interno del fondo cieco, tenuto conto che comunque potevano essere riutilizzate.Le punte rivenute appartengono ad un contesto databile tra il XIV secolo e gli inizi del successivo. Il fatto che un cospicuo numero di esse provenga dallo strato 1040, datato alla seconda metà del XV secolo, come del resto il bacinetto, un notevole numero di piastre relative a corazzine e altri reperti metallici riferibili ai decenni finali del Trecento, può essere spiegato con una manomissione del deposito, nel momento in cui si è identificato quello spazio per lo smaltimento di materiale di risulta proveniente da modificazioni edilizie operate dai fiorentini proprio in questo periodo34. I reperti metallici infatti, pur provenendo da due diversi contesti (uno di “ butto” e uno di discarica edilizia), oltre ad essere tipologicamente omogenei, presentano lo stesso tipo di alterazioni dovute sia ai prodotti di corrosione, sia a vistose concrezioni calcaree. La spiegazione più plausibile 33 Si vedano gli inventari di Casseri (1335) e del Palazzo Pubblico (1460) in ASCHERI, C IAMPOLI 1990. Vedi contributo di G. BIANCHI, Cap. I, sez. II in questo stesso volume. dell’origine di questo ritrovamento di materiale relativo ad armamenti è che siano state occultate dai pisani prima dell’arrivo dei fiorentini nel 1406, perché non cadessero nelle loro mani. Il tipo più testimoniato (attestato nella rocca dall’inizio del XIV) è senz’altro il tipo R nelle sue quattro varianti dimensionali. Infatti, su un totale di 560 punte rinvenute in tutto lo scavo, solo su 277 si è potuto fare una distinzione tipologica, per i già accennati problemi di conservazione; di queste 277, ben 186 appartengono al tipo R che, nelle sue varianti, si concentra negli strati 1040, con 114 esemplari e negli starti 1042, 1043, 1044 con 62 unità. Ciò ci porta ad attestare che i dardi per balestra in dotazione alla guarnigione pisana erano “ ferrati” , in stragrande maggioranza, con punte di tipo R. Ad esso si affianca nel corso del seconda metà del XIV secolo il tipo C (80 esemplari), caratterizzato dalla completa eliminazione di ogni punto debole; questo può essere messo in relazione sia alla maggiore potenza della balestra sia all’incremento degli apparati difensivi che si registra proprio in questo periodo. 34 DANIELE DE LUCA BIBLIOGRAFIA AMICI 1989 S. AMICI, I reperti metallici e non metallici delle campagne di scavo 1983-1984, in F. REDI et alii, Ripafratta (Pisa). 3, « Archeologia Medievale», XVI. AMICI 1990 S. AMICI, Oggetti metallici e non metallici, in F. REDI (a cura di), Medioevo vissuto. Primi dati sulla cultura materiale del castello di Ripafratta. I reperti dello scavo, Pisa. ASCHERI, CIAMPOLI 1990 A.M. ASCHERI, D. CIAMPOLI (a cura di), Siena e il suo territorio nel Rinascimento, Siena 1990. BELLI 2002 M. 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