Transazioni commerciali: i ritardi nei pagamenti
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Transazioni commerciali: i ritardi nei pagamenti
APPALTI articolo Transazioni commerciali: i ritardi nei pagamenti Il D.Lgs. 192/2012, che ha recepito la dir. n. 2011/7/UE in tema di ritardati pagamenti, ha introdotto le nuove regole sui termini di pagamento e sulla decorrenza degli interessi moratori per le transazioni commerciali tra i soggetti che operano nel settore della contrattualistica pubblica e privata. Le novità investono pienamente il settore dei pagamenti negli appalti di lavori pubblici e dei pagamenti relativi a contratti tra imprese nell’ambito del settore dell’edilizia privata e pubblica sia concernenti l’esecuzione dei lavori sia la progettazione delle opere. Elisabetta Mariotti Avvocato La modifica del D.Lgs. 231/2002, a opera del D.Lgs. 192 del 9 novembre 2012 (G.U. 267 del 15 novembre 2012), riprende ampiamente le indicazioni della normativa europea che ha ritenuto necessario un passaggio deciso verso una cultura dei pagamenti rapidi, in cui, tra l’altro, l’esclusione del diritto di applicare interessi di mora sia sempre considerata una clausola o prassi contrattuale gravemente iniqua, per invertire tale tendenza e per disincentivare i ritardi di pagamento. Tale passaggio dovrebbe inoltre includere l’introduzione di disposizioni specifiche sui periodi di pagamento e sul risarcimento dei creditori per le spese sostenute e prevedere, tra l’altro, che l’esclusione del diritto al risar- cimento dei costi di recupero sia presunta essere gravemente iniqua. Nei considerando della dir. n. 2011/7/UE1 si legge (considerando n. 12) che i ritardi di pagamento costituiscono una violazione contrattuale resa finanziariamente attraente per i debitori nella maggior parte degli Stati membri dai bassi livelli dei tassi degli interessi di mora applicati o dalla loro assenza e/o dalla lentezza delle procedure di recupero. Di conseguenza, secondo l’Europa, si dovrebbe provvedere a limitare, di regola, i termini di pagamento previsti dai contratti tra imprese a un massimo di 60 giorni di calendario. Le novità della direttiva europea, introdotte nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 192/2012, Dir. n. 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. 1 1512 | Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1512 01/08/13 10.13 APPALTI articolo investono pienamente il settore dei pagamenti negli appalti di lavori pubblici e dei pagamenti relativi a contratti tra imprese nell’ambito del settore dell’edilizia privata e pubblica sia concernenti l’esecuzione dei lavori sia la progettazione delle opere. Le fonti della nuova disciplina In ordine cronologico le norme di riferimento per regolare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali in materia sono: – codice civile; – Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006 e successive modificazioni, in seguito Codice); – regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici D.P.R. 207/2010; – dir. n. 2011/7/UE; – D.Lgs. 231/2002 come modificato dal D.Lgs. 192 del 9 novembre 2012; – circolare del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 1293 del 23 gennaio 2013. L’entrata in vigore del D.Lgs. 231/2002 Le nuove disposizioni del D.Lgs. 231/2002 e successive modificazioni si applicano alle transazioni commerciali (e quindi ai contratti pubblici e privati del settore edile) concluse dal 1° gennaio 2013. Quindi dal 1° gennaio 2013, i debitori soggetti al diritto privato così come la Pubblica amministrazione dovranno pagare i propri creditori/fornitori ordinariamente entro 30 giorni, salvo poter derogare dal predetto termine al più entro 60 giorni. Nelle transazioni commerciali tra imprese private, se non diversamente specificato in contratto, il termine di pagamento ordinario è di 30 giorni. Tuttavia le parti possono stabilire contrattualmente un diverso termine che, però, non dovrebbe superare i 60 giorni e non deve ri- sultare gravemente iniquo per il creditore. La deroga al termine ordinario di pagamento di 30 giorni si applica alle imprese pubbliche tenute al rispetto dei requisiti di trasparenza e agli enti pubblici che erogano prestazioni di assistenza sanitaria, nonché – previo accordo tra le parti – in tutti quei casi in cui vi sia una oggettiva giustificazione in base alla natura o all’oggetto del contratto, ovvero in relazione a particolari circostanze esistenti al momento della conclusione dell’accordo. Trascorsi tali termini, senza che sia avvenuto il pagamento, decorre automaticamente il computo degli interessi di mora al tasso BCE (vigente al 1° gennaio o al 1° luglio, come comunicato dal MEF in Gazzetta Ufficiale entro 5 giorni) maggiorato di 8 punti percentuali. Le clausole presenti nei contratti sottoscritti dopo il 1° gennaio 2013 che rechino termini diversi da quelli indicati nella nuova disciplina possono essere qualificate come clausole inique per il creditore e, in tal caso, saranno soggette a nullità parziale e verranno automaticamente sostituite dalle nuove disposizioni. È il caso delle clausole o pattuizioni che, sottoscritto dopo il 1° gennaio 2013, rechino termini per la decorrenza degli interessi diversi da quelli imposti dalle nuove disposizioni: le nuove regole impongono alle parti di dare l’espressa motivazione della eventuale previsione di tali diversi termini contrattuali superiori a quelli stabiliti nel D.Lgs. 231/2012, soprattutto quando sono maggiori di 60 giorni. Altrettanta cautela andrà impiegata nel caso di contratti redatti mediante formulari antecedentemente alla data di applicabilità del decreto, ovvero per quei rapporti che, pur essendo riconducibili alla transazione commerciale o al contratto, vengono conclusi in forma orale o attraverso l’accettazione di proposte unilaterali di contratto. Anche tra imprese private l’addebito degli interessi di mora è automatico e computato al tasso BCE maggiorato di 8 punti percenConsulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1513 | 1513 01/08/13 10.13 APPALTI articolo tuali; tuttavia le parti possono concordare l’applicazione di un diverso tasso. Tutti gli accordi tra debitore e creditore formalizzati in contratti e volti a escludere l’operatività delle norme relative agli interessi di mora in caso di ritardato pagamento sono nulli per presunzione assoluta, senza possibilità di prova contraria. Le clausole e le prassi gravemente inique per il creditore nel caso in cui si verifichi qualsiasi grave scostamento dalla corretta prassi commerciale sono nulle. La nullità colpisce anche clausole che escludono il risarcimento dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente pagate. L’art. 8 del nuovo testo del D.Lgs. 231/2002 per stabilire mezzi efficaci e idonei a impedire il continuo ricorso a clausole contrattuali inique, delega alle associazioni di categoria rappresentate nelle Camere di commercio, ovvero nel CNEL, di proporre azioni in giudizio al fine di far sanzionare adeguatamente clausole contrattuali e prassi inique. La regola secondo cui le nuove norme si applicano ai contratti sottoscritti a partire dal 1° gennaio 2013 opera anche per i subcontratti stipulati in esecuzione dei contratti principali e per l’esecuzione dei primi, ancorché questi siano stati stipulati anteriormente e dunque siano regolati dalle vecchie regole. Le finalità della normativa europea Nei considerando della dir. n. 2011/7/UE si leggono le finalità della riforma imposta dall’Europa agli Stati membri, le quali, in sintesi, esprimono le ragioni di policy e gli aspetti giuridici posti alla base della riforma della disciplina per i ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali. Sulla base dei principi di diritto privato, nel mercato interno europeo la maggior parte delle merci e dei servizi è fornita da operatori economici ad altri operatori economici 1514 | e ad amministrazioni pubbliche secondo un sistema di pagamenti differiti, in cui il fornitore lascia al cliente un periodo di tempo per pagare la fattura, secondo quanto concordato tra le parti, precisato sulla fattura del fornitore o stabilito dalla legge. Nelle transazioni commerciali tra operatori economici o tra operatori economici e amministrazioni pubbliche molti pagamenti sono effettuati più tardi rispetto a quanto concordato nel contratto o stabilito nelle condizioni generali che regolano gli scambi. La direttiva sottolinea che sebbene le merci siano fornite e i servizi prestati, molte delle relative fatture sono pagate ben oltre il termine stabilito. Tali ritardi di pagamento influiscono negativamente sulla liquidità e complicano la gestione finanziaria delle imprese. Essi compromettono anche la loro competitività e redditività quando il creditore deve ricorrere a un finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti. È chiaro alla Commissione europea che «il rischio di tali effetti negativi aumenta considerevolmente nei periodi di recessione economica, quando l’accesso al finanziamento diventa più difficile». Oltre al ricorso alla giustizia nei casi di ritardi di pagamento, agevolato dai regolamenti che istituiscono un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento, per disincentivare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali è stato riconosciuto come necessario stabilire disposizioni aggiuntive. Nella comunicazione del 25 giugno 2008 dal titolo “Una corsia preferenziale per la piccola impresa – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa (un Small Business Act per l’Europa)”, la Commissione europea aveva già sottolineato la necessità di agevolare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese (PMI) e di creare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali. Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1514 01/08/13 10.13 APPALTI articolo È utile evidenziare che nei considerando della direttiva viene riconosciuta alle Pubbliche amministrazioni una particolare responsabilità al riguardo. Già con una delle azioni prioritarie della comunicazione della Commissione del 26 novembre 2008 intitolata “Un piano europeo di ripresa economica” veniva prevista la riduzione degli oneri amministrativi e la promozione dell’imprenditorialità, in particolare assicurando, in linea di principio, il pagamento entro un mese delle fatture relative a forniture e servizi, comprese quelle alle PMI, per alleviare i problemi di liquidità. Pertanto con la dir. n. 2011/7/UE l’ambito di applicazione della presente direttiva viene limitato ai pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo per una transazione commerciale, suggerendo l’esclusione alle transazioni con i consumatori, agli interessi relativi ad altri pagamenti, per esempio pagamenti a norma di legge per assegni o titoli di credito o pagamenti effettuati a titolo risarcimento danni, ivi compresi i pagamenti effettuati da un assicuratore, ai debiti oggetto di procedure concorsuali, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito. Nel considerando n. 9 la direttiva traccia l’ambito di applicazione delle nuove regole a tutte le transazioni commerciali a prescindere dal fatto che siano effettuate tra imprese pubbliche o private ovvero tra imprese e Amministrazioni pubbliche, dato che alle Amministrazioni pubbliche fa capo un volume considerevole di pagamenti alle imprese. Essa pertanto si riferisce a tutte le transazioni commerciali tra gli appaltatori principali e i committenti e tra gli appaltatori principali e i loro fornitori e subappaltatori. L’art. 1 ribadisce che «Lo scopo della presente direttiva è di lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese e in particolare delle PMI». L’ambito di applicazione della direttiva e della normativa interna L’art. 2 della dir. n. 2011/7/UE stabilisce che per “transazioni commerciali” si intendono le transazioni tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo. Per “Pubblica amministrazione” si intende qualsiasi amministrazione aggiudicatrice quale definita all’art. 2, par. 1, lett. a), della dir. n. 2004/17/CE e all’art. 1, par. 9, della dir. n. 2004/18/CE, indipendentemente dall’oggetto o dal valore dell’appalto. Per “impresa” si intende ogni soggetto organizzato, diverso dalle Pubbliche amministrazioni, che agisce nell’ambito di un’attività economica o professionale indipendente, anche quando tale attività è svolta da una sola persona. Il D.Lgs. 192/2012 che ha modificato il D.Lgs. 231 del 9 ottobre 2002, recependo la dir. n. 2011/7/UE, ha accolto letteralmente le previsioni europee stabilendo il campo di applicazione a ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale, con esclusione dei debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito e ai pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore. Quanto alla definizione di “transazioni commerciali”, l’art. 2 della norma interna, ha ribadito, come la norma europea, che tali devono intendersi i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e Pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1515 | 1515 01/08/13 10.13 APPALTI articolo pagamento di un prezzo e quindi tutti i contratti oggetto della disciplina del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006 e successive modificazioni) e i contratti che riguardano i lavori e attività tecniche nell’edilizia privata. Per “Pubblica amministrazione” si devono intendere le amministrazioni di cui all’art. 3, comma 25, del D.Lgs. 163 del 12 aprile 2006, e ogni altro soggetto, allorquando svolga attività per la quale è tenuto al rispetto della disciplina di cui al D.Lgs. 163/2006 (cosiddetto Codice dei contratti pubblici ovverosia la disciplina degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture). Il diritto agli interessi di mora senza necessità di sollecito L’art. 3 della dir. n. 2011/7/UE ha stabilito che gli Stati membri, nel recepire la direttiva con un proprio provvedimento legislativo, assicurino che nelle transazioni commerciali tra imprese il creditore abbia diritto agli interessi di mora senza che sia necessario un sollecito, qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: a. il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge; e b. il creditore non ha ricevuto nei termini l’importo dovuto e il ritardo è imputabile al debitore. Qualora siano soddisfatte queste condizioni il creditore avrà diritto agli interessi di mora a decorrere dal giorno successivo alla data di scadenza o alla fine del periodo di pagamento stabiliti nel contratto. Se la data di scadenza o il periodo di pagamento non sono stabiliti nel contratto, il creditore avrà diritto agli interessi di mora alla scadenza di uno dei termini seguenti: – 30 giorni di calendario dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento; – se non vi è certezza sulla data di ricevimento della fattura o della richiesta equi- 1516 | valente di pagamento, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi; – se la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi; – se la legge o il contratto prevedono una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto e se il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento anteriormente o alla stessa data dell’accettazione o della verifica, trenta giorni di calendario da tale data. Infine, la direttiva dispone che, ove sia prevista una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto, la durata massima di tale procedura non dovrà superare 30 giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore. Secondo la direttiva europea il periodo di pagamento stabilito nel contratto non deve superare i sessanta giorni di calendario, se non viene diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore. Ai sensi dell’art. 4 della direttiva, anche nelle transazioni fra imprese e Pubbliche amministrazioni, quando il debitore è la Pubblica amministrazione, alla scadenza del periodo di pagamento, il creditore deve avere diritto agli interessi legali di mora senza che sia necessario un sollecito, qualora il creditore abbia adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge e non abbia ricevuto nei termini l’importo dovuto e il ritardo è imputabile al debitore. Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1516 01/08/13 10.13 APPALTI articolo Il calcolo degli interessi di mora Già nel considerando n. 15 , la dir. n. 2011/7/ UE stabilisce che interessi legali di mora per ritardato pagamento dovrebbero essere calcolati come interessi semplici su base giornaliera secondo il reg. n. 1182/71 (CEE, Euratom) del Consiglio del 3 giugno 1971, concernente le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini. La decorrenza e i termini per applicare gli interessi Secondo i dettami della dir. n. 2011/7/UE, in caso di ritardo di pagamento, il creditore dovrebbe applicare interessi di mora senza alcun preavviso di inadempimento o altro simile avviso che ricordi al debitore il suo obbligo di pagare. Ancora secondo la direttiva europea, ai fini del diritto agli interessi di mora, è tardivo il pagamento del debitore qualora il creditore non possa disporre della somma a lui dovuta alla data di scadenza, a condizione che egli abbia adempiuto ai suoi obblighi legali e contrattuali. La direttiva sottolinea che l’equo risarcimento dei creditori, relativo ai costi di recupero sostenuti a causa del ritardo di pagamento, serve a disincentivare i ritardi di pagamento. Per questa ragione, la norma europea stabilisce che tra i costi di recupero dovrebbero essere inclusi anche i costi amministrativi e i costi interni causati dal ritardo di pagamento. Il risarcimento delle spese di recupero dovrebbe essere determinato fatte salve le disposizioni nazionali in base alle quali l’autorità giurisdizionale nazionale può concedere al creditore un risarcimento per eventuali danni aggiuntivi connessi al ritardo di pagamento del debitore. Oltre ad avere diritto al pagamento di un importo forfetario per coprire i costi interni legati al recupero, il creditore dovrebbe poter esigere anche il risarcimento delle restanti spese di recupero sostenute a causa del ritardo di pagamento del debitore. Tali spese dovrebbero comprendere, in particolare, le spese sostenute dal creditore per aver affidato un incarico a un avvocato o a un’agenzia di recupero crediti. Per quanto riguarda la posizione delle Pubbliche amministrazioni, la direttiva osserva che esse godono di flussi di entrate più certi, prevedibili e continui rispetto alle imprese. Molte Pubbliche amministrazioni possono inoltre ottenere finanziamenti a condizioni più interessanti rispetto alle imprese. Allo stesso tempo, per raggiungere i loro obiettivi, le Pubbliche amministrazioni dipendono meno delle imprese dall’instaurazione di relazioni commerciali stabili. Lunghi periodi di pagamento e ritardi di pagamento da parte delle Pubbliche amministrazioni per merci e servizi determinano costi ingiustificati per le imprese. Di conseguenza, la direttiva prescrive che «per le transazioni commerciali relative alla fornitura di merci o servizi da parte di imprese alle Pubbliche amministrazioni è opportuno introdurre norme specifiche che prevedano, in particolare, periodi di pagamento di norma non superiori a trenta giorni di calendario, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò sia obiettivamente giustificato alla luce della particolare natura o delle caratteristiche del contratto, e in ogni caso non superiori a sessanta giorni di calendario» (considerando n. 23). Nel considerando n. 24, si osserva che occorre tener conto della situazione specifica delle Pubbliche amministrazioni che svolgono attività economiche di natura industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato come impresa pubblica. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati, a determinate condizioni, a prorogare il periodo legale di pagamento fino a un massimo di sessanta giorni di calendario. È sicuramente nuova la previsione comunitaria secondo cui dovrebbe essere proibito Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1517 | 1517 01/08/13 10.13 APPALTI articolo l’abuso della libertà contrattuale a danno del creditore. Di conseguenza, quando una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso di interesse di mora o al risarcimento dei costi di recupero non sia giustificata sulla base delle condizioni concesse al debitore, o abbia principalmente l’obiettivo di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore, si può ritenere che si configuri un siffatto abuso. A tale riguardo e conformemente al progetto accademico di quadro comune di riferimento, qualsiasi clausola contrattuale o prassi che si discosti gravemente dalla corretta prassi commerciale e sia in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza dovrebbe essere considerata iniqua per il creditore. In particolare, secondo il dettame europeo, l’esclusione esplicita del diritto di applicare interessi di mora dovrebbe essere sempre considerata come gravemente iniqua, mentre l’esclusione del diritto al risarcimento dei costi di recupero dovrebbe essere presunta tale. a. 30 giorni dalla data di ricevimento da par- I termini di decorrenza nel diritto interno La deroga ai termini di decorrenza • I patti tra operatori privati Il D.Lgs. 231/2002, come modificato dal D.Lgs. 192/2012, all’art. 3 recepisce l’impostazione europea e sancisce che «il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori sull’importo dovuto, ai sensi degli artt. 4 e 5, salvo che il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile». L’art. 4, disciplinando la decorrenza degli interessi moratori, dispone che «gli interessi moratori decorrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento». Ai fini della decorrenza degli interessi moratori si applicano i seguenti termini: 1518 | te del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento; b. 30 giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento; c. 30 giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi; d. 30 giorni dalla data dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data. Il nuovo testo dell’art. 4, comma 3, del D.Lgs. 231/2002 (come modificato dal D.Lgs. 192/2012) ammette che «nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a quello previsto dal comma 2. Termini superiori a sessanta giorni, purché non siano gravemente iniqui per il creditore ai sensi dell’art. 7, devono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto». • Le clausole dei contratti pubblici Il D.Lgs. 231/2002, come modificato dal D.Lgs. 192/2012, all’art. 4, comma 4, riconosce la possibilità alle Pubbliche amministra- Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1518 01/08/13 10.13 APPALTI articolo zioni di derogare al termine di trenta giorni per il pagamento dei debiti e per la decorrenza degli interessi moratori. La disposizione citata prevede che «Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una Pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto». Merita senz’altro attenzione la previsione che il patto tra le parti diretto a deroga il termine di 30 giorni fino al massimo termine di 60 giorni deve essere esplicitato e accompagnato da una motivazione che rappresenti che l’esigenza della Pubblica amministrazione trova fondamento nella natura o nell’oggetto del contratto o nelle circostanze esistenti al momento della sua conclusione. Il comma 5 dell’art. 4 del novellato D.Lgs. 231/2002 stabilisce che il termine di trenta giorni è raddoppiato ope legis: a. per le imprese pubbliche che sono tenute al rispetto dei requisiti di trasparenza di cui al D.Lgs. 333 dell’11 novembre 2003;2 b. per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tale fine. Anche in tal caso, come per le transazioni tra soggetti privati, l’accordo deve essere provato per iscritto. La nullità delle clausole contrattuali L’art. 7 del D.Lgs. 231/2002, come modificato dal D.Lgs. 192/2012, introduce una ipotesi di nullità per contrasto con una norma imperativa di legge. Il comma 1 stabilisce che «Le clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di recupero, a qualunque titolo previste o introdotte nel contratto, sono nulle quando risultano gravemente inique in danno del creditore. Si applicano gli artt. 1339 e 1419, comma 2, cod. civ.». Ai sensi dell’art. 1339 cod. civ. le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge (o da norme corporative) sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti. Il combinato di queste disposizione permette di comprendere che in caso di previsione contrattuale antecedente alla entrata in vigore della nuova disposizione oppure nel caso di clausole introdotte nel contratto successivamente, queste sono nulle quando risultano gravemente inique in danno del creditore e si applica l’art. 1339 cod. civ. con l’effetto di avere la sostituzione delle clausole legali del D.Lgs. 231 al posto delle clausole difformi apposte dalle parti. Il giudice dichiara, anche d’ufficio, la nullità della clausola avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, tra cui il grave scostamento dalla prassi commerciale in contrasto con il principio di buona fede e correttezza, la natura della merce o del servizio oggetto del contratto, l’esistenza di motivi oggettivi per derogare al saggio degli interessi legali di mora, ai termini di pagamento o all’importo forfetario dovuto a titolo di risarcimento per i costi di recupero. Il comma 3 dell’art. 7 offre un supporto interpretativo al concetto di clausola gravemente iniqua, precisando che si considera tale la clausola che esclude l’applicazione di interessi di mora. Secondo il comma 4 del medesimo art. 7 si D.Lgs. 333 dell’11 novembre 2003, “Attuazione della dir. n. 2000/52/CE, che modifica la dir. n. 80/723/CEE relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, nonché alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese”, G.U. 276 del 27 novembre 2003. 2 Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1519 | 1519 01/08/13 10.13 APPALTI articolo presume che sia gravemente iniqua la clausola che esclude il risarcimento per i costi di recupero di cui all’articolo 6 del decreto. In ordine alla circostanza che non hanno alcuna validità le clausole predisposte dalla stazione appaltante in deroga ai tempi di pagamento previsti dal D.Lgs. 231/2002 e gli interessi per ritardato pagamento scattano oltre il termine di pagamento fissato dal citato D.Lgs. 231/2002 senza necessità di previa costituzione in mora del debitore, si era già pronunciata l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e la giurisprudenza amministrativa. L’AVCP con il parere n. 170 del 6 ottobre 2011, aveva chiarito che «la dir. n. 2000/35/CE, recepita in Italia con il D.Lgs. 231/2002, contiene norme imperative applicabili anche alle Pubbliche amministrazioni, che non sono derogabili mediante la presentazione, nell’ambito di una gara di appalto, di una offerta che tacitamente accetti dichiarazioni difformi imposte dalla stazione appaltante. Pertanto, devono ritenersi inique le clausole di un bando di gara che prevedono: il pagamento del corrispettivo a 60 giorni dal ricevimento della fattura, anziché ai 30 giorni, previsti dall’art. 4 del D.Lgs. 231/2002; la decorrenza degli interessi moratori dal 180° giorno, anziché dal 30° giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento, previsto dall’art. 4; il saggio di interesse dell’1% anziché dell’8% (1% tasso BCE, più 7 punti di maggiorazione) previsto dall’art. 5 (cfr. sul punto, Cons. Stato, Sez. V, 1° aprile 2010, n. 1885; Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2010, n. 469; TAR Lazio, Roma, Sez. I, 26 giugno 2009, n. 6277)». La giurisprudenza aveva evidenziato che la normativa comunitaria di cui alla dir. n. 2000/35/CE si applica anche agli appalti pubblici con la conseguente declaratoria di invalidità delle norme di capitolato che prevedono il pagamento della fatture oltre i 30 giorni e un saggio di interessi inferiore a quello prescritto dall’art. 5 del D.Lgs. 231/2002, che ha recepito detta direttiva (Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2010, n. 469; Cons. Stato, Sez. V, 30 agosto 2005, n. 3892; 1520 | TAR Piemonte, Torino, Sez. I, 4 dicembre 2009, n. 3260). Le sentenze amministrative avevano precisato che la PA non ha il potere di stabilire unilateralmente le conseguenze del proprio inadempimento contrattuale (come gli interessi moratori o le conseguenze del ritardato pagamento), né può subordinare la possibilità di partecipare alle gare all’accettazione di clausole aventi simili contenuti, se non a costo di ricadere sotto le sanzioni di invalidità, per iniquità, vessatorietà e mancanza di specifica approvazione a seguito di trattative. Analoghe clausole introducono un ingiustificato vantaggio per l’amministrazione predisponente, concretandosi nella aperta violazione della disciplina di riequilibrio delle diverse posizioni di forza, la cui tutela la direttiva comunitaria è proprio diretta a rafforzare. Secondo la giurisprudenza, le clausole che si pongono in diretta violazione degli artt. 4 e 5 del D.Lgs. 231/2002 non sono legittime poiché dispongono una deroga non ammessa dalla legge né dall’autonomia delle parti; nella presentazione della offerta può rinvenirsi il diverso accordo contrattato dalle parti solo a seguito di apposita contrattazione e trattativa sul punto, che evoca un concetto di contatto di tipo pararapportuale (o precontrattuale) che non può rinvenirsi certo nel binomio “bando-presentazione dell’offerta”, che già integra (quantomeno in parte) la conclusione del contratto. Inoltre, tali clausole si pongono in modo indubbio nel senso di introdurre un ingiustificato vantaggio per l’amministrazione predisponente, concretandosi nella aperta violazione della disciplina di riequilibrio delle diverse posizioni di forza, la cui tutela la direttiva comunitaria è proprio diretta a rafforzare. La prima interpretazione ministeriale della nuova disciplina Con circ. prot. n. 0001293 del 23 gennaio 2013 il Ministero dello sviluppo economico Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1520 01/08/13 10.13 APPALTI articolo congiuntamente con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno offerto la prima interpretazione delle disposizioni del D.Lgs. 192/2012 (recante modifiche al D.Lgs. 231 del 9 ottobre 2002). Con riguardo all’ambito di applicazione, la circolare, richiamando la nota prot. n. 2667 del 20 dicembre 2012, della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Settore legislativo del Ministro per gli affari europei, ha rilevato che l’ambito di applicazione del decreto legislativo concerne tutti i settori produttivi. La Presidenza ha precisato che, sebbene il provvedimento in parola non lo menzioni espressamente, esso deve ritenersi applicabile anche al settore edile. Ciò è stato argomentato sia sotto il profilo formale, rimarcando che l’espressione “prestazione di servizi” abbraccia inevitabilmente anche i lavori, sia a livello sistematico, rilevando che la disciplina generale, di matrice sovranazionale, in tema di ritardati pagamenti, non può che prevalere su regolamentazioni nazionali con essa eventualmente confliggenti. Per quanto riguarda il settore dei lavori pubblici, la circolare ne afferma l’attinenza sulla base dell’esplicita opzione del concetto ampio di “Pubblica amministrazione” di cui all’art. 2 della predetta dir. n. 2011/7/UE e la necessità, espressa nel considerando n. 14, di applicare, ai fini della direttiva medesima e per motivi di coerenza della legislazione dell’Unione Europea, la definizione di “amministrazioni aggiudicatrici” di cui alla dir. n. 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi. Si aggiunge che il complesso dei lavori preparatori e prodromici all’adozione della direttiva sui ritardi di pagamento e le corrispondenti normative nazionali di recepimento degli altri Stati membri costituiscono tutti elementi che concorrono a far ritenere assoggettati alla normativa europea sui ritardi di pagamento anche i pagamenti di corrispettivi dell’intero settore dei pubblici appalti. I due Ministeri, richiamando il considerando n. 11 della dir. n. 2011/7/UE ribadiscono lo scopo perseguito dalla direttiva stessa di assoggettare anche i lavori pubblici a un’uniforme regolamentazione per i pagamenti derivanti dai relativi contratti. La necessità di un’uniforme regolamentazione, applicabile anche in caso di contratti di lavori pubblici, si afferma inoltre perché nella stessa direttiva si stabilisce che è da intendersi come Pubblica amministrazione «qualsiasi amministrazione aggiudicatrice quale definita all’art. 2, paragrafo 1, lett. a), della dir. n. 2004/17/CE e all’art. 1, par. 9, della dir. n. 2004/18/CE, indipendentemente dall’oggetto o dal valore dell’appalto» (art. 2, comma 1, n. 2, dir. n. 7/2011), con la conseguenza che, ove una di tali amministrazioni si rivolga al mercato per acquisire dietro corrispettivo un’utilità necessaria alla propria organizzazione o alla propria attività (sia essa un bene, un servizio, un lavoro), vale comunque la disciplina sui pagamenti posta dalla direttiva stessa. Tale regolamentazione, che si vuole uniforme per l’intero territorio dell’Unione Europea e per tutti i casi di ricorso al mercato da parte delle Pubbliche amministrazioni di tutti gli Stati membri, risponde alla finalità già evidenziata “di garantire il corretto funzionamento del mercato interno” (art. 1, comma 10, dir. n. 7/2011), perché i ritardi nei pagamenti rappresentano un fattore distorsivo della concorrenza influendo negativamente sulla “liquidità”, “gestione finanziaria”, “competitività” e “redditività” delle imprese che trattano con le pubbliche amministrazioni, a maggior ragione «nei periodi di recessione economica, quando l’accesso al finanziamento diventa più difficile» (considerando n. 3, dir. n. 7/2011). Occorre considerare anche la nuova definizione di “Pubbliche amministrazioni”, le quali sono tutte le “amministrazioni di cui all’art. 3, comma 25, del D.Lgs. 163 del 12 aprile 2006 e ogni altro soggetto, allorquanConsulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1521 | 1521 01/08/13 10.13 APPALTI articolo do svolga attività per la quale è tenuto al rispetto della disciplina di cui al D.Lgs. 163 del 12 aprile 2006” (nuovo art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 231/2002). Si tratta di una definizione che non solo individua gli enti soggetti alla nuova disciplina sui pagamenti, ma contribuisce a definire anche le tipologie di contratti pubblici per i quali s’applica tale nuova disciplina, considerato che l’affidamento dei contratti aventi a oggetto l’esecuzione dei lavori pubblici rientra nell’ambito di applicazione del predetto D.Lgs. 163/2006, recante il Codice dei contratti pubblici. Con questa impostazione risulta chiaro che nell’ambito di applicazione della nuova regolamentazione rientrano tutti gli organismi di diritto pubblico e le società miste e di capitali che sono soggette all’applicazione del Codice dei contratti pubblici. La circolare ministeriale aggiunge, de jure condendo, che la nuova proposta di direttiva in tema di appalti pubblici, che sostituirà la vigente dir. n. 2004/18/CE, all’art. 2, punto 9, definisce gli “appalti pubblici di servizi” come appalti pubblici aventi per oggetto la prestazione di servizi diversi da quelli relativi alla progettazione e all’esecuzione dei lavori, da cui si desume che i lavori sono comunque, in via generale, compresi nell’accezione dei servizi. Sulla scorta di queste considerazioni, la circolare ministeriale ritiene che la nuova disciplina dei ritardati pagamenti si applica ai contratti pubblici relativi a tutti i settori produttivi, inclusi i lavori, stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2013, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 192/2012. Ne consegue che, secondo l’interpretazione dei due Ministeri, le disposizioni dettate dal Codice dei contratti pubblici e dal regolamento di attuazione già vigenti per il settore dei lavori pubblici, relative ai termini di pagamento delle rate di acconto e di saldo nonché alla misura degli interessi da corrispondere in caso di ritardato pagamento, devono essere interpretate e chiarite alla luce delle 1522 | disposizioni del D.Lgs. 192/2012, ritenendosi prevalenti queste ultime sulle disposizioni di settore confliggenti, tenendo conto anche dell’espressa clausola di salvezza, secondo cui restano «salve le vigenti disposizioni del codice civile e delle leggi speciali che contengono una disciplina più favorevole per il creditore» (art. 11, comma 2, D.Lgs. 231/2002). I chiarimenti sull’applicabilità del termine di decorrenza degli interessi La circ. prot. n. 0001293 del 23 gennaio 2013 del Ministero dello sviluppo economico congiuntamente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti offre ulteriori chiarimenti sull’applicabilità delle nuove disposizioni sul termine di decorrenza degli interessi rispetto alla disciplina di settore dettata dal D.P.R. 207/2010 (regolamento del Codice dei contratti pubblici) in tema di esecuzione e contabilità dei contratti pubblici di lavori. La disciplina vigente prevede la corresponsione all’esecutore di pagamenti in acconto nel corso dell’esecuzione dei lavori, sulla base di Stati avanzamento lavori (SAL) emessi dal direttore dei lavori al raggiungimento dell’ammontare dei lavori eseguiti fissato dal contratto e la corresponsione della rata di saldo a seguito del collaudo. La difficoltà interpretativa sottoposta dagli operatori al Ministero deriva dalla circostanza che i pagamenti sono comunque soggetti a verifiche della corrispondente prestazione eseguita; in particolare per le rate di acconto, il responsabile del procedimento, entro 45 giorni dalla maturazione di ciascun SAL, emette il certificato di pagamento con il quale è liquidato il credito, da corrispondere all’esecutore entro i successivi 30 giorni; mentre per la rata di saldo, è prevista la verifica della conformità della prestazione complessiva attraverso il certificato di collaudo provvisorio o di regolare esecuzione, sulla base del quale entro 90 giorni è effettuato, Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1522 01/08/13 10.13 APPALTI articolo dietro presentazione di garanzia fideiussoria, il pagamento del saldo, fermo restando che il termine decorre dalla data di presentazione della garanzia fideiussoria se non presentata preventivamente. Gli operatori hanno osservato che talune delle previsioni sopra descritte non sono compatibili con i termini massimi di pagamento previsti all’art. 4 del D.Lgs. 231/2002, come modificato dal D.Lgs. 192/2012. Infatti, il comma 2 stabilisce che il pagamento è corrisposto entro il termine di trenta giorni decorrente, secondo le circostanze, dalla data di ricevimento della fattura ovvero dalla data della prestazione ovvero dalla data dell’accettazione o della verifica della prestazione, nel caso in cui siano previste dalla legge o dal contratto. Il successivo comma 4, relativamente alle transazioni commerciali in cui il debitore è una Pubblica amministrazione, prevede, inoltre, che le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a trenta giorni, e comunque non superiore a sessanta giorni, quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione. Il comma 6 dello stesso articolo stabilisce infine che, quando è prevista una procedura diretta ad accertare la conformità dei servizi al contratto, essa non può avere una durata superiore a trenta giorni dalla data della prestazione, salvo che sia diversamente ed espressamente concordato dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore. Le difficoltà applicative sopra richiamate vengono risolte dall’interpretazione ministeriale, la quale offre una serie di soluzioni interpretative secondo cui: – il termine di 30 giorni di cui all’art. 143, comma 1, secondo periodo, del regolamento per il pagamento delle rate di acconto dall’emissione del certificato di pagamento, risulta ancora applicabile in quanto coincidente con quello fissato dall’art. 4, comma 2 del D.Lgs. 231/2002; – il termine di 45 giorni previsto dall’art. 143, comma 1, primo periodo, del regolamento per l’emissione del certificato di pagamento dalla maturazione del SAL, risulta non compatibile con la previsione del comma 6 dell’art. 4 del D.Lgs. 231/2002, che fissa in trenta giorni il termine per la verifica preordinata al pagamento; detto termine deve pertanto essere inteso come ridotto a trenta giorni, ove non sia previsto nella documentazione di gara – e pattuito espressamente nel contratto – un termine maggiore, ma comunque, in virtù del già richiamato art. 11, comma 2, D.Lgs. 231/2002 che fa «salve le vigenti disposizioni del codice civile e delle leggi speciali che contengono una disciplina più favorevole per il creditore» non superiore ai 45 giorni; – il termine di 90 giorni previsto dall’art. 141, comma 9, del Codice e dall’art. 143, comma 2, del regolamento, per il pagamento della rata di saldo a decorrere dal collaudo, risulta non compatibile con la previsione del comma 2 dell’art. 4 del D.Lgs. 231/2002, che prevede il termine di trenta giorni dalla verifica della prestazione, ovvero un termine superiore, pattuito dalle parti in modo espresso, comunque non superiore a 60 giorni, quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione; detto termine deve pertanto essere inteso come ridotto a 30 giorni, ove non sia pattuito espressamente nel contratto un termine maggiore, comunque non superiore a sessanta giorni, al ricorrere delle condizioni sopra indicate previste dall’art. 4, comma 4, del D.Lgs. 231/2002; – il termine di 6 mesi, elevabile fino a un anno, di cui all’art. 141, comma 1, del Codice dei contratti pubblici previsto per l’emissione del certificato di collaudo, nonché il termine di tre mesi di cui all’art. 141, comma 3, del medesimo Codice, previsto per l’emissione del certificato di regolare esecuzione, risultano ancora applicabili, Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1523 | 1523 01/08/13 10.13 APPALTI articolo laddove siano espressamente concordati dalle parti e previsti nella documentazione di gara ai sensi dell’art. 4, comma 6, del D.Lgs. 231/2002. Il superamento dell’applicazione dei commi 2 e 3 dell’art. 144 del regolamento sui contratti pubblici Secondo l’interpretazione offerta dalla circ. prot. n. 0001293 del 23 gennaio 2013 del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non sono più applicabili i commi 2 e 3 dell’art. 144 del regolamento che prevedono per il ritardato pagamento, rispettivamente, degli acconti e del saldo, la corresponsione degli interessi nella misura del tasso legale per i primi sessanta giorni e degli interessi moratori al saggio stabilito annualmente con decreto interministeriale previsto dal successivo comma 4, a decorrere dal giorno successivo fino alla data del pagamento. Per le stesse motivazioni, il Ministero ritiene che non sia più applicabile l’art. 142, commi 1 e 2, del regolamento che prevedevano rispettivamente che «nel caso di ritardato pagamento delle rate di acconto rispetto ai termini indicati negli artt. 143 e 144 sono dovuti gli interessi a norma dell’art. 133, comma 1, del Codice» e che «I medesimi interessi sono dovuti nel caso di ritardato pagamento della rata di saldo rispetto ai termini previsti dall’art. 141, comma 9, del Codice, con decorrenza dalla scadenza dei termini stessi». Il ritardo nell’emissione del certificato di pagamento Riguardo all’ipotesi relativa al ritardo nell’emissione del certificato di pagamento per causa imputabile alla stazione appaltante, la circ. prot. n. 0001293 del 23 gennaio 2013 del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ritiene che sia ancora applicabile il comma 1 dell’art. 144 del regolamento che prevede 1524 | la decorrenza degli interessi corrispettivi al tasso legale per sessanta giorni e, in caso di ritardo ulteriore, la decorrenza degli interessi moratori nella misura stabilita dal sopra richiamato decreto interministeriale. Infatti il D.Lgs. 231/2002, come modificato dal D.Lgs. 192/2012, nel fissare un termine di trenta giorni per la fase di verifica della prestazione (che, come detto, si conclude con l’emissione del certificato di pagamento), non prevede alcuna conseguenza nel caso che il termine non venga rispettato. Per tale ipotesi dunque, rimane salva la disciplina speciale contenuta all’art. 133, comma 1, del Codice e all’art. 142, comma 4, del regolamento, che non presenta profili di contrasto con le disposizioni della direttiva. È infatti da ritenersi che, per effetto dalla nuova normativa, il comma 1 dell’art. 133 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) rimane applicabile, con le modalità ivi indicate, relativamente agli interessi conseguenti al ritardo nell’emissione del certificato di pagamento e non anche dei titoli di spesa relativi agli acconti e alla rata di saldo, atteso che per questi ultimi, come sopra specificato, si applicano le nuove regole in tema di interessi moratori. Infine, poiché il D.Lgs. 231/2002 specifica che gli interessi moratori decorrono senza che sia necessaria la costituzione in mora dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento, rimane fermo il principio stabilito dall’art. 142, comma 4, del regolamento che esclude la necessità di apposite domande o riserve e precisa che l’importo degli interessi per ritardato pagamento viene computato e corrisposto in occasione del pagamento immediatamente successivo a quello eseguito in ritardo. Il ritardo per la mancanza di disponibilità del finanziamento della PA Ben prima dell’entrata in vigore della nuova regolamentazione sui ritardi nei pagamenti, a fronte della prassi consolidata del ritardo Consulente immobiliare 936-2013 CI936_1512-1525.indd 1524 01/08/13 10.13 APPALTI articolo della Pubblica amministrazione ascritta al ritardo nel ricevere il finanziamento del contratto da enti terzi, la giurisprudenza e l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici sono intervenute per chiarire che tale ritardo per mancata erogazione del finanziamento di un ente terzo non costituisce causa di forza maggiore, tale da escludere l’imputabilità del ritardo all’amministrazione che ha sottoscritto il contratto con l’operatore privato. La mancata tempestività dell’ente finanziatore nel mettere a disposizione le risorse finanziarie, non può ricadere sul terzo contraente perché costituisce, secondo la giurisprudenza, la conseguenza di fattori organizzativi dell’amministrazione stessa. Quindi in siffatti casi, si sarà di fronte a un ritardo ascrivibile unicamente all’amministrazione e quindi inidoneo a inibire l’applicazione delle nuove disposizioni sui termini di pagamento e sulla decorrenza automatica degli interessi moratori. Quanto all’incidenza del patto di stabilità interno sull’imputabilità dei ritardi nei pagamenti, l’art. 9 del D.L. 78/2009, in materia di tempestività dei pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni, prevede l’obbligo, per le Pubbliche amministrazioni stesse, di adottare le opportune misure organizzative per garantire il tempestivo pagamento delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti ed evitare la formazione di debiti pregressi. Dunque, il funzionario che adotta provvedimenti che comportano impegni di spesa ha l’obbligo di accertare preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti sia compatibile con i relativi stanziamenti di bilancio e con le regole di finanza pubblica (il Patto di stabilità interno). PROFESSIONI TECNICHE NOVITÀ IL RESPONSABILE TECNICO PER L’AMBIENTE E SICUREZZA Compiti, funzioni e responsabilità di P. Masciocchi Il volume intende rappresentare uno strumento professionale completo per l’esercizio dell’attività dei responsabili tecnici per l’ambiente e la sicurezza, ed è strutturato in tre distinte parti. La prima affronta il tema del responsabile tecnico in gestione dei rifiuti, mettendo in evidenza ed approfondendo tutti gli aspetti normativi di interesse, dalle caratteristiche professionali, ai requisiti della formazione ed alle competenze tecniche. Nella seconda parte del volume vengono invece illustrati, nel dettaglio, obblighi e adempimenti richiesti al R.S.P.P., le capacità e i requisiti professionali nonché tutti i compiti, sia di gestione diretta che di supporto all’attività del datore di lavoro, che il D.Lgs. 81/08 affida al R.S.P.P. 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